Lacrime di pioggia, Andrea Buccianti

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In uscita il 31/3/2023 (1 ,50 euro)

Versione ebook in uscita tra fine marzo e inizio aprile 2023 ( ,99 euro)

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ANDREA BUCCIANTI LACRIME DI PIOGGIA

Edizioni
ZeroUnoUndici

ZeroUnoUndici Edizioni

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LACRIME DI PIOGGIA

Copyright © 2023 Zerounoundici Edizioni

ISBN: 978-88-9370-600-1

Copertina: Immagine Shutterstock.com

Prima edizione Marzo 2023

A Sandra, cui molto devo

Si rese conto di essere nudo, buttato su di un gelido tavolo d’acciaio. Mentre cercava di capire cosa diavolo fosse successo, il ricordo degli ultimi attimi della propria vita si affacciò prepotente alla sua mente. Percepì l’atmosfera perfetta del suo ufficio, né troppo caldo né troppo freddo, la comodità della sua poltrona ergonomica, il conforto del grande schermo ad alta definizione collegato al laptop che era il prolungamento del suo essere, un gioiello tecnologico senza il quale era un uomo morto. Già un uomo morto.

L’ultima cosa che si ricordava era che lavorava di notte, perché era alle prese con il bilancio di previsione. Non sarebbe uscito fino a che i numeri giusti non fossero stati inseriti a sistema. Uomo morto, dead line… Per quanto abituali quelle parole lo mettevano a disagio, chissà poi perché.

Era il manager responsabile del settore Ricerca e Sviluppo, il cuore pulsante di una società farmaceutica. Il suo dipartimento lavorava per identificare nuove molecole che potessero essere utilizzate sia nei farmaci futuri sia in quelli attuali, pronte per essere trasferite ai processi produttivi per migliorarli.

Le sue performance erano a cinque stelle e trovavano riscontro nel suo stipendio irrobustito da bonus e incentivi. La Mercedes GLA parcheggiata nel garage aziendale era una delle molteplici testimonianze concrete. Proprio adesso che aveva per le mani la bomba, la scoperta che avrebbe cambiato le sorti della società, ma soprattutto le proprie, si ritrovava su quel gelido tavolo d’acciaio inabile a tutto.

Sentiva il cervello torpido e poco reattivo e non riusciva a collegare il comfort del suo ricordo con il gelo attuale, la brillantezza dei suoi ricordi con l’opacità attuale.

Poi, una conversazione sgradevole irruppe nella sua mente. Non distingueva le parole, erano impastate e indistinte, ma il tono generale era via via più angoscioso fino a che…

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Avrebbe voluto alzarsi e scappare da quell’orribile posto così gelido e inospitale, ma sapeva che non sarebbe mai stato possibile. Perché quello era un tavolo d’autopsia e lui era morto.

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CAPITOLO UNO

Le strade erano ingombre di camion fumosi e lenti, di pulmini stracolmi, di auto malmesse e poveretti, curvi sotto i sacchi rigonfi di mercanzie, che vagavano come anime dannate sotto la pioggia.

L’asfalto, mille volte rappezzato, metteva a dura prova le sospensioni dell’auto che avanzava con un cigolio costante. Il rumore dei tergicristalli, che spazzavano via l’acqua che cadeva, era ipnotico. Poi, all’improvviso una brusca frenata e lo schianto. Non capivo cosa diavolo fosse successo, avevo solo la percezione della pioggia che mi rigava il viso attraverso il vetro sfondato e la sirena di un’inutile autoambulanza sempre più vicina…

Riemersi a fatica dall’incubo e, quasi senza rendermene conto, agguantai il cellulare pulsante e lo accostai all’orecchio, senza neanche guardare chi mi chiamasse.

«Che cazzo…»

«Elena qui è un casino, devi venire subito.»

La voce di Basilio, uno dei miei collaboratori, trasmetteva panico. Stavo riprendendo contatto con la realtà e il panico non lo sopportavo.

«Basilio niente panico altrimenti metto giù, tu ti arrangi e io mi rimetto a dormire. A proposito che ore sono?»

«Le due di notte.»

«Adesso fai un bel respiro e mi aggiorni in maniera chiara e coincisa come ti ho insegnato. Che cosa è successo di tanto grave?»

«Federico Greco, il responsabile Ricerca e Sviluppo è stato assassinato.»

L’enormità e l’assurdità di quella cosa mi svegliarono in un attimo.

«Sicuro? Non può trattarsi di un suicidio?»

«No Elena, la polizia è già qui. Greco si è fermato in ufficio fino a tarda sera, gli capita spesso. Dopo mezzanotte sono andato a fare il solito giro di controllo. Passando dal suo ufficio, la luce era accesa e lui era

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riverso sul suo tavolo. È stato ucciso da un colpo di pistola alla testa, so distinguere un omicidio da un suicidio.»

Del resto Greco non era tipo da suicidio né, per quanto ne sapessi io, ne aveva il motivo.

«Hai sentito rumori o incontrato nessuno nel tuo giro?»

«Negativo su entrambi. Ora devo andare, c’è la polizia che mi reclama. Vieni prima possibile, ma tranquilla, so quello che devo fare anche in questi casi.»

«Lo credo bene, comunque arrivo subito.»

La procedura che avevo preparato era chiara. Nessun ostacolo all’attività della polizia e piena collaborazione mediante una testimonianza attiva, ma possiamo rifiutare qualsiasi accesso ai dati aziendali se non previo mandato della magistratura. Nel caso poi di eventi criminali di particolare gravità, era sempre bene testimoniare alla presenza dell’avvocato, si sa mai che ci si trovi nelle peste. Mi vestii rapidamente ma con cura, in fondo ero il manager responsabile della sicurezza alla Biothecnology Pharmaceutical. Sciatti e trasandati non si va da nessuna parte neppure alle due di notte.

Fino ad allora il mio lavoro era concentrato sulla sicurezza aziendale, sulla tutela dei big data inclusi cyber sicurezza e crittografia, video sorveglianza, anti contraffazione e tutela dei brevetti aziendali, sicurezza internazionale delle nostre affiliate e consociate, insomma cose così. Routine in un’industria farmaceutica all’avanguardia nel campo delle biotecnologie.

Era il mio primo lavoro dopo la laurea in criminologia e l’avevo trovato senza alcuna fatica. Il tramite era stato l’università, grazie alla mia laurea con il massimo dei voti e al tirocinio fatto all’estero in una società farmaceutica. Un lavoro di routine ben pagato, ma qualcosa mi diceva che la pacchia era finita.

L’edificio della Biothecnology Pharmaceutical era composto dalla sede storica dell’azienda, allargato a un opificio adiacente. Il tutto era stato sapientemente ristrutturato e cablato, per adattarlo a un’azienda tecnologicamente molto avanzata.

Parcheggiai la macchina sul viale poiché l’ingresso al garage aziendale era transennato. Il buio della notte era squarciato dalle luci

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dell’autoambulanza, della scientifica e delle macchine della polizia buttate qua e là davanti all’ingresso della società. Come previsto, i due agenti di guardia della mobile non mi fecero passare.

«Sono Elena Ferrari il responsabile della sicurezza dell’azienda e non ho dubbi che il vostro capo voglia parlare con me.»

«Ha dato disposizione che nessuno deve entrare.»

«Chiamatelo.»

«No, anzi si allontani per favore.»

«Va bene come volete.»

Mi allontanai di qualche passo e mandai un whatsapp al gruppo della sicurezza aziendale che avevo creato, di sicuro qualcuno l’avrebbe raccolto.

Dopo qualche minuto arrivò quello che doveva essere un ispettore, giacché era senza divisa. Scambiò qualche parola con gli agenti e si diresse deciso verso di me.

Era alto e prestante, portava un orecchino e i capelli erano raccolti in un codino. L’abbigliamento era sportivo con jeans e giubbotto di pelle, ma di qualità. L’atteggiamento era conforme all’abbigliamento, rilassato ma attento.

«Salve dottoressa, sono l’ispettore Conti. Conferma che lei è il responsabile della sicurezza aziendale?»

«Sì certo.»

«È meglio che lei parli con il commissario capo Andrea Barbieri. I suoi uomini si sono chiusi a ostrica, non vorrei che fossero indagati a loro volta per intralcio alla giustizia e favoreggiamento, il che potrebbe coinvolgere anche lei.»

«Dai, sono frasi fatte. Per provare l’articolo trecentosettantasette e trecentosettantasette bis che prevedono l’intralcio alla giustizia e l’induzione a non rendere dichiarazioni o dichiarazioni mendaci, dovreste provare una dazione di denaro o minacce e non ci riuscirete mai, perché non ci sono. Invece per l’articolo trecentosettantotto, favoreggiamento, qui non stiamo eludendo niente, si tratta semplicemente di capire bene cosa volete e perché. Sono qui per questo.»

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L’atteggiamento di Conti cambiò, anche se impercettibilmente, come quello di tutti gli uomini con cui avevo a che fare. Avevo i capelli rossi ed ero alta e più formosa di quanto desiderassi, anche se mi tenevo a dieta e frequentavo assiduamente una palestra. Inoltre, madre natura mi aveva dato un tono di voce morbido e sensuale, o almeno così dicevano i miei ex. Insomma, non passavo inosservata ai maschi, i cui ormoni impazziti in un primo momento prendevano l’intera scena e il cervello non prestava attenzione a quello che dicevo. Quando la botta ormonale perdeva d’intensità e una parte del cervello riprendeva a funzionare, si rendevano conto che magari meritavo la loro attenzione. Conti sorrise e alzò le mani in segno di resa.

«D’accordo dottoressa mi arrendo, la faccio parlare con il commissario.»

Passammo dai varchi del controllo badge, temporaneamente inabilitati e ci fermammo nella saletta riservata ai visitatori. Conti si dileguò e dopo qualche minuto tornò con quello che doveva essere il commissario. D’accordo, erano le tre di notte passate, ma l’aria da letto disfatto dell’uomo era inconcepibile. Portava gli occhiali e aveva l’aria di uno scrittore impegnato piuttosto che di un commissario operativo. La trasandatezza non riusciva a coprire del tutto il bell’aspetto e gli occhi inquieti e vivaci, specchio di una mente attiva. Avevo il mio termometro personale e gli ormoni del mio interlocutore erano perfettamente sotto controllo. Mi porse la mano e mi fece cenno di sedermi.

«Sono il commissario capo Andrea Barbieri.»

«Elena Ferrari security manager della Biothecnology Pharmaceutical.»

«Bene Elena diamoci del tu. Io ti dico cosa mi serve e tu me lo dai.»

La domanda era diretta e ruvida, ma il tono di voce era calmo e gentile.

«Dipende. Dimmi cosa vuoi e vedrò cosa posso fare.»

«Sai bene che devi sempre dare la massima collaborazione alla polizia, in particolare quando si tratta di un crimine grave.»

«Spiegami prima cosa è avvenuto e cosa vuoi e vedrò cosa posso fare per aiutarti.»

Andrea sospirò.

«Federico Greco, immagino tu sappia chi è, è stato ucciso nel suo ufficio poco dopo mezzanotte. Purtroppo abbiamo un buco temporale

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fra quando è stato visto dalla security ancora vivo, circa alle dieci, e quando è stato trovato morto.»

«Posso vedere la scena del crimine?»

«No.»

«È un errore e tu lo sai. Conosco la persona e l’ufficio e tu no.»

«Non sei esperta di…»

«Sono laureata in criminologia, ammetto che lavorando qui ho fatto un po’ di ruggine, ma non sono né inesperta né sprovveduta.»

«D’accordo, poi ti accompagno. Mi devi consegnare i nastri delle telecamere di sorveglianza.»

«No.»

«Come no?»

«Sai bene che ci potrebbero essere degli elementi che violano la sicurezza e la privacy aziendale e comunque hai bisogno di un mandato del magistrato. Lo avrai sicuramente, ma non lo hai in mano adesso. Niente mandato niente nastri.»

«Mi metti i bastoni fra le ruote.»

«Io non te li do, ma non ho detto che non li puoi vedere. Anzi li guardiamo assieme. Voglio capire perché se è entrato qualcuno non è stato controllato dalla security.»

«Assieme dici?»

Suo malgrado Andrea sorrise.

«Non vedo cosa te ne viene a guardarli da solo. Vale quanto detto per la scena del crimine.»

«D’accordo andiamo.»

Dovevo ammettere che quell’uomo era pronto di mente e di decisioni. Questo primo game era andato in sostanziale pareggio e vista la situazione non era male.

Eravamo seduti accanto a Basilio nella guardiola della security. Avevamo scelto le telecamere che inquadravano l’area ascensori e le scale di sicurezza al piano di Greco. Salvo che l’assassino non si fosse arrampicato dall’esterno, cosa assai improbabile, doveva per forza essere passato di lì.

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Sia pur per un tempo brevissimo, qualcuno attraversò la scena. Senza dire nulla Basilio tornò indietro e riavviò la sequenza rallentandola. Non trattenemmo un sospiro di delusione quando fu evidente che l’uomo non era riconoscibile. Un passamontagna leggero di tipo militare ne rendeva impossibile l’identificazione. L’ora sul video segnalava le ventitré e quindici. Lo stesso uomo era uscito alle ventitré e trentanove. Andrea ruppe il silenzio.

«Qualcuno è riuscito a entrare nonostante la sorveglianza.»

«Questo è evidente», risposi.

«Com’è stato possibile?»

«La porta a vetri principale, quella che si affaccia sulla strada, di notte è sempre chiusa, si apre solo con il badge aziendale in orario di ufficio. Se qualcuno fosse passato da lì, sarebbe stato visto dalla sicurezza.»

«Sempre che non fosse d’accordo.»

Prevenni le rimostranze inevitabili di Basilio: «Certo, ma perché azzardare un’ipotesi difficile quando ce n’è una facile?»

«C’è?»

«L’assassino è passato dal garage aziendale. È protetto da una sbarra che si attiva solo con il badge, è video sorvegliato, però a piedi si riesce a passare a fianco della sbarra. Da lì, per entrare nell’edificio sarà passato dalle porte tagliafuoco che, fino a che l’ultimo dipendente non lascia l’ufficio, non sono allarmate. In questo caso, per l’appunto, era Federico Greco che, prima di uscire, avrebbe dovuto comunicare alle guardie che lasciava l’edificio in modo da attivare l’allarme delle porte tagliafuoco.»

«Assurdo. Com’è possibile?»

«Bravo, è da qualche tempo che lo dico, ma l’unica soluzione sarebbe stata attivare l’allarme delle porte sempre, costringendo i dipendenti a passare dall’ingresso principale dopo aver lasciato l’auto in garage. Sono pochi passi, ma tutti si sono opposti. Quel che è stato è stato, adesso Basilio ci troverà la registrazione dell’entrata del nostro uomo, anche se temo che non sarà identificabile. Noi nel frattempo andiamo a guardare la scena del crimine.»

«Sai che gli estranei non possono accedere alla scena del crimine. Passerei dei guai.»

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«Lo sappiamo solo tu e io. La scientifica avrà finito, il magistrato non è ancora arrivato e non sono un’estranea. Soprattutto, se non vedo la scena del crimine la nostra collaborazione si ferma qui.»

«Vedrò cosa posso fare.»

La mia occhiata fu eloquente.

«D’accordo, ci andiamo assieme.»

«Sento che tu e io andremo molto d’accordo.»

«Siete un colabrodo!» proruppe Andrea ed Elena sospirò.

«Riconosco che siamo più attenti alla sicurezza informatica che non a quella verso l’intrusione di minacce fisiche, però le telecamere ci sono e qualcuno avrebbe dovuto controllare il monitor vero Basilio?»

«Certo, siamo in due e uno sta sempre incollato al video.»

Fermai con un gesto Andrea che allargava le mani, sconsolato.

«Incollato un cazzo perché fra le ventitré e la mezzanotte non avete prestato alcuna attenzione ai video, ammesso che abbiate controllato l’ingresso principale.»

«L’ingresso principale sì, lo giuro.»

«Non i monitor.»

«Elena qui di notte non succede mai niente…»

«E quindi?»

«Antonio e io fra il giro delle dieci e quello di mezzanotte di tanto in tanto ci facciamo una partitina a carte.»

«Di conseguenza vi serve un tavolo e, brutti coglioni, andate a giocare nell’area visitatori dell’atrio, tanto se qualcuno cerca di entrare lo vedete. E siccome come tutti i coglioni siete abitudinari, qualcuno sa che magari non giocate tutte le sere, ma quando lo fate, è sempre alla stessa ora e fino al giro di controllo successivo non ci siete per nessuno.»

«Sì, ma come faceva a sapere l’assassino che proprio quella sera avremmo giocato a carte?»

«Perché il commissario farà verificare ai suoi la presenza di una cimice nell’area visitatori. Col via vai che c’è, chiunque può averla messa. Il nostro uomo se ne sta comodamente in macchina e quando inizia a sentire voi due che giocate a carte, fa quello che deve e se ne va. Questo ci dice anche che l’uomo sa molto della nostra azienda, il che è assai preoccupante.»

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Basilio, fece per alzarsi.

«Dove vai?» Il mio sguardo lo inchiodò. «A controllare la saletta riunioni.»

Andrea sospirò. Feci il possibile per dare un tono tagliente alla mia voce: «Che cosa ho detto io? Ho detto a te di bonificare la saletta visitatori?»

«No, ha detto…»

«Lo so quello che ho detto, sei tu che non sai quello che fai. Questa è la scena di un crimine, compresa la verifica dell’installazione di sistemi audio non autorizzati, quindi non toccare niente, lasciamolo fare alla polizia.»

«Okay Elena.»

«Bravo. Mentre noi andiamo sulla scena del crimine, tu metti su una USB la copia dei video delle ultime quarantotto ore per il commissario e quando torniamo gliela dai.»

«Elena non hai sempre detto che…»

«Ho sempre detto che prima di fornire qualsiasi dato aziendale alle forze dell’ordine ci vuole un mandato dell’autorità giudiziaria. Purtroppo ho a che fare con due coglioni, cerchiamo almeno di farci perdonare aiutando il commissario. Andrea qualche domanda?»

Andrea sorrise. Compresi che ero salita abbastanza nella scala della sua considerazione.

«Hai detto tutto tu. Riamane un problemino. Anche ammettendo che l’assassino abbia usato il silenziatore, deve essere stato comunque un bel botto e questi due coglioni non hanno sentito niente.»

«Piano con le offese, solo io sono autorizzata a dargli del coglione.

Osservazione acuta, i soffi silenziati dei film sono solo scenici, c’è una riduzione del rumore, ma rimane sempre un discreto botto. C’è un però.»

«Spara…»

Andrea sorrise e non potei che esserne contagiata.

«I nostri due solerti vigilanti sono al piano terra mentre Greco è al decimo piano. Devi sapere che i nostri manager sono un po’ paranoici, quindi i loro uffici sono stati rivestiti di materiale fonoassorbente. Così abbiamo sia evitato l’inquinamento acustico esterno, sia garantito la loro privacy. A patto che la porta fosse chiusa. Direi che a quell’ora di

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notte Federico lavorava con la porta aperta perché non c’era nessuno. L’assassino è entrato nel suo ufficio chiudendo la porta. Poi sotto minaccia della pistola, Federico ha scaricato i file per i quali l’assassino era lì su una USB, mentre l’assassino era alle sue spalle…»

«Sei sicura che lo scopo dell’assassino fosse unicamente quello di trafugare dei file? Poteva esserci qualche altro motivo.»

«Ammetto che sono un po’ paranoica a riguardo, ma mi sembra un buon movente. Sarò più precisa quando saprò a cosa stava lavorando Federico. Un segreto industriale importante può valere milioni di euro. Avuti i file che gli interessavano, l’assassino l’ha eliminato.»

«Sul movente approfondiremo in seguito, adesso andiamo sulla scena del crimine.»

Il cadavere di Federico Greco giaceva riverso sulla scrivania. L’impatto del proiettile era ben visibile nella nuca. Il foro d’entrata era abbastanza circoscritto, mentre quello di uscita doveva essere più ampio, anche se non era ben visibile, coperto com’era dalla testa reclinata sulla scrivania. Il piano di lavoro e il pc erano imbrattati dal sangue e dalla materia celebrale del disgraziato. Il suicidio era escluso.

Elena cercava di ricostruire la traiettoria del proiettile una volta uscito dal cranio della vittima. Non aveva impattato sul laptop che era integro.

«Che tipo era?»

La domanda di Andrea mi fece sobbalzare.

«Uno stronzo, arrivista e spietato, ma nel suo lavoro era bravissimo. Dai video sappiamo che l’assassino ha avuto almeno una quindicina di minuti per scaricare su un hard disk i file che gli servivano. Da un ultra notebook veloce come questo, con un hard disk portatile solid state se ne scaricano di dati in circa quindici minuti.»

«Se era lo scopo dell’assassino.»

«Se non è così allora perché trattenersi tanto tempo sul luogo del delitto? Non c’è stata colluttazione, Federico è alla sua scrivania, l’assassino era alle sue spalle, tipico di chi aspetta il trasferimento dati…»

«Mi hai convinto. Di che mole di dati parliamo? Sono un po’ ignorante in materia.»

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«Un hard disk consente di scaricare…mah…quasi un Tera di dati in un quarto d’ora. Un Tera equivale a qualche milione di pagine di dati Office o se preferisci più di duecento mila foto o infine cinquecento ore di video. In altre parole, non doveva neppure conoscere la struttura dell’hard disk di Federico Greco, poteva copiarselo quasi tutto.»

«Perché non si è preso il laptop e buonanotte?»

«Io non lo avrei fatto. Questi pc hanno bisogno dell’impronta per avere l’accesso. Copiarsi i dati evita ogni rogna futura. Oltretutto avrebbe reso comprensibile il movente.»

«I due potevano essere in combutta, poi qualcosa è andato storto.»

«Conoscendo Federico è stato costretto. Viveva per l’azienda o meglio per la propria auto affermazione e la scalata al vertice. Non per niente era qui dopo le undici di sera.»

«Lo conosci così bene?»

«Non è difficile. Per lui tutto era pubblico e tutto contribuiva alla sua immagine vincente. Ostentava le macchine, la casa, i locali che frequentava, le vacanze e le ragazze.»

«Ammettiamo che il delitto sia connesso alla società, te ne sarei grato se dall’interno…»

Non lo lasciai finire.

«Perché dovrei farlo?»

«Per il tuo piacere.»

Mio malgrado sorrisi.

«Prima dovrei capire a cosa stesse lavorando di così importante Federico. Sono cose delicate e riservate, ne va della mia etica professionale.»

«Voglio sapere solo quello che è utile all’indagine, niente di più.»

«E in cambio? A parte il mio piacere.»

«Avrai accesso ad alcuni rapporti che altrimenti vedresti con il binocolo, come ad esempio il rapporto della scientifica e dell’autopsia. Anche qui ne va della mia etica professionale, non dovrebbero girare fuori dell’ambito della polizia.»

«Affare fatto, scambiamoci i biglietti da visita con i contatti.»

«Okay, qui non abbiamo più niente da fare. Ci aggiorniamo nei prossimi giorni. Ciao Elena.»

«Ciao Andrea.»

Ci saremmo rivisti molto prima.

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CAPITOLO DUE

Giovanni Ricci si godeva il suo secondo Kokroko al Republic di Accra in compagnia di Patricia, la sua splendida segretaria, e non poté fare a meno di schioccare la lingua assaporando il Kokroko, una delizia di cocktail forte e speziato, a base di hibiscus. Il Republic era un’istituzione della vita notturna ghanese, anche se era una semplice baracca con i tavolini in strada lambiti dalle macchine, con un tetto di paglia e una pedana di legno dove si esibivano gli artisti. Sedie di plastica sgangherate o miseri sgabelli ne costituivano l’arredamento. Nonostante tutto, era diventato un locale di tendenza quindi i migliori disk jockey e le band di successo transitavano dal Republic attirando la gente che conta.

Più tardi avrebbe assaporato anche Patricia, che nel frattempo chiacchierava del più e del meno inguainata nel suo abito rosso che ne fasciava le forme generose. Già…Patricia, scelta per la sua bellezza sfacciata, ma che si era rivelata assai sveglia e soprattutto aveva gli agganci giusti evitandogli noiose anticamere.

Più tardi, mentre Giovanni dormiva profondamente nell’ampio letto del suo residence cullato dal soffio del condizionatore, Patricia sgusciò via dalle lenzuola nuda e silenziosa per non svegliarlo. Andò in cucina, s’infilò i guanti usa e getta prendendoli dal contenitore sul piano della cucina e prelevò un altro paio di guanti e un sacchetto di plastica per riporre i surgelati. Prese anche l’affilatissimo coltello che Andrea usava per sfilettare il pesce crudo.

Tornò in camera e piantò decisa il coltello nella parte destra gola di Giovanni Ricci che gli si offriva indifesa, stando attenta a non andare troppo a fondo per non incastrarsi nelle vertebre cervicali. Rapidamente lo fece scorrere verso sinistra. Il getto di sangue che ne scaturì soffocò in un gorgoglio qualsiasi reazione di Giovanni che misericordiosamente passò dal sonno alla morte, dal sogno all’Aldilà.

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Finalmente si era liberata dal giogo di quel porco che dava per scontato che i suoi servizi continuassero anche a letto. Lei era stata al gioco, sicura che un giorno gliene sarebbe venuto un tornaconto e ora quel giorno era arrivato. L’idiota non sapeva chi era Patricia Blay, peccato che non avrebbe più avuto modo di capirlo. Aveva bisogno di un ultimo favore da Giovanni. Vincendo il ribrezzo, con il coltello ben affilato recise di netto il suo indice. Lo tamponò bene con il lenzuolo aspettando qualche minuto che il flusso si arrestasse, lo rivestì con un fazzoletto di carta e lo infilò dentro al sacchetto. Niente è troppo macabro quando sei determinata, si disse. E poi senza quel maledetto dito, tutto quel casino sarebbe stato inutile. Il sangue aveva macchiato i guanti ma non Patricia che, mollati coltello e guanti sul letto, si rivestì velocemente. Le sue tracce biologiche sul luogo del crimine non erano un problema, tutti sapevano che Giovanni se la fotteva. Il suo salvacondotto era che nessuno avrebbe potuto affermare che lei era lì quella sera.

Si rivestì e prima di uscire prelevò il cellulare di Giovanni dal comodino e il laptop dal soggiorno. Tutto quello che era rimasto imprigionato nella mente di Giovanni, era adesso nelle sue mani per sempre. Questa volta non c’erano mezze misure, aveva dovuto ucciderlo, anche se non poteva negare che era stato meno sgradevole di quel che aveva temuto.

Per confondere le acque e per non farsi mancare niente, prelevò dal suo portafoglio anche il contante e le carte di credito.

Uscendo dal residence, allungò mille cedis a testa ai due ragazzi della sicurezza che passavano la notte nella guardiania. Sorrise pensando che erano i soldi di Giovanni. I ragazzi non rischiavano niente, nessuno li avrebbe accusati del delitto, una pattuglia della polizia di passaggio si sarebbe intrattenuta con loro il tempo necessario per costruirgli un solido alibi.

In ogni caso non l’avrebbero tradita, non tanto per i mille cedis, ma per suo padre. Nessuno avrebbe mai osato mettersi contro il padre di Patricia, per nessun motivo al mondo. L’idiota di Giovanni aveva ignorato una delle regole auree dell’Africa: devi sapere tutto delle persone con cui vai a letto.

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Anche eventuali ospiti del residence che l’avessero vista in compagnia di Giovanni, nulla avrebbero potuto contro il suo alibi di ferro. Era costituito dai ragazzi della security, ma soprattutto da Dennis Antwi, sovrintendente capo della polizia ghanese, che quella notte avrebbe giurato di averla passata con lei, dal momento in cui Giovanni l’aveva riportata a casa dopo un cocktail al Republic fino all’alba.

Che diavolo era successo? Era un fottuto incubo, doveva finirla di bere quei maledetti Kokroko. Aveva la mente intorpidita e questo era normale, era disteso e anche questo era normale, ma la sensazione di gelo tremendo che avvertiva non era per niente normale. La durezza di quel letto era strana, confrontata con il suo materasso memory che lo avvolgeva come una carezza. No, c’era qualcosa che non andava. Il cadavere di Giovanni Ricci finalmente ebbe contezza di sé vedendo le inutili ventose dell’elettrocardiogramma appoggiate sul proprio petto. Da lì a poco sarebbe tornato l’anatomopatologo per certificare la sua morte e procedere all’autopsia. Era una procedura lunga, inutile e fastidiosa per un cadavere.

Come aveva potuto ridursi così, finendo all’obitorio dell’ospedale militare di Accra per essere sezionato? Era un managing director, un uomo ricco e rispettato con prospettive brillanti e dalla vita aveva avuto tutto. E allora perché quella misera fine in quel posto orribile?

Bè era colpa sua e su questo non c’erano dubbi. Era finito in un gioco più grande di lui e ne aveva pagato le conseguenze. E poi via…fidarsi di Patricia, anche un idiota avrebbe capito che non era una semplice segretaria, ma molto di più, con tutte quelle conoscenze e quelle porte che si aprono. Lui non era malaccio, ma di sicuro lei non gli si era data con passione giusto per farsi una scopata, c’era ben altro. Lui da perfetto idiota l’aveva capito solo lì, in quel posto orribile ed estremo. Quello che lo crucciava di più era che era passato direttamente dal sonno alla morte, nemmeno il tempo per prepararsi, per sistemare le proprie cose, per dare addio alla vita. Oramai era tardi per le recriminazioni ed entro breve avrebbe perso ogni ricordo e rimpianto. Alla fine, pensò che fosse meglio così.

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CAPITOLO TRE

I giorni precedenti erano trascorsi nel casino più totale, con la polizia che aveva invaso l’azienda alla ricerca di elementi utili all’indagine e il management in preda al panico.

Finalmente, quella mattina era stata indetta una riunione per definire i passi futuri nei confronti sia dell’autorità inquirente, sia del mondo esterno. L’immagine dell’azienda era stata seriamente compromessa dal delitto e servivano azioni decise per ridarle smalto nei confronti della proprietà, degli investitori, del mercato e dei fornitori.

Inoltre le sedi estere dovevano avere delle linee guida per rafforzare la propria sicurezza. Non era ancora chiaro se vi erano altri bersagli a rischio. Nel frattempo, era meglio esercitare il principio della massima cautela.

Alla riunione partecipavano, oltre all’amministratore delegato, i manager di produzione, garanzia di qualità, controllo di qualità, questioni regolamentari, il vice di Federico per ricerca e sviluppo, catena di fornitura, marketing, risorse umane e infine la responsabile delle finanze.

Trovarli tutti assieme testimoniava la gravità del momento. Sapevo che toccava a me prendere la parola.

«Buongiorno. Anzitutto un breve aggiornamento su quello che sappiamo. Federico Greco è stato ucciso da un professionista, tutto porta a questa conclusione. La polizia ritiene che l’arma del delitto sia una pistola Glock 23 calibro 40. L’assassino non aveva tempo da perdere e non si è dato pena di raccogliere il proiettile che, dopo aver attraversato la vittima, ha scheggiato il bordo della scrivania e si è schiantato sul pavimento. Ha sparato dall’alto verso il basso, dal che si desume che era in piedi e gli veniva naturale. Ha sparato sì dall’alto in basso, ma con poca angolazione per evitare che il proiettile danneggiasse il laptop di Federico. Non l’ha fatto perché un video

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esploso può proiettare schegge ovunque che avrebbero rischiato di colpire l’assassino. Dal che si desume che è un professionista, ipotesi confermata dall’arma usata. La Glock 23 è un’arma potente ma abbastanza compatta da portarla disinvoltamente. Non entro nei dettagli, ma il modo in cui si è introdotto nei nostri uffici conferma che abbiamo a che fare con gente organizzata e pericolosa.»

Parecchie domande m’interruppero.

«Uno per volta prego. Fabrizio?» Era Fabrizio Tempesta il vice presidente delle risorse umane. Formalmente dipendevo da lui.

«Questo apre delle prospettive inquietanti. Senza entrare nella privacy di Federico Greco, posso comunque affermare che non aveva mogli gelose, nessun debito esigibile dalla malavita organizzata, un passato oscuro o amicizie pericolose. Insomma niente di niente di personale che possa far pensare che sia stato ucciso da qualcuno che gli voleva male. Elena che cosa dobbiamo pensare?»

«Che l’unica ipotesi sensata sia che l’omicidio abbia a che fare con la sua vita professionale e quindi con l’azienda.»

Altra pletora di domande ed esclamazioni.

«Cerchiamo di evitare questo casino. Arnaldo?» Arnaldo Bianchi, manager di produzione.

«Siamo tutti in pericolo?»

«Possibile, anche se è ancora prematuro per affermarlo. Prima di tutto bisogna sapere a cosa stava lavorando Federico. Sicuramente Alfredo Gallo il suo vice di Ricerca e Sviluppo ne sa qualcosa.»

Intervenne invece il COO Pietro Romano.

«Sono ricerche e progetti riservati dottoressa.»

Raccolsi il cellulare e chiusi il coperchio del laptop che avevo sul tavolo della riunione. Ero fatta così, o bianco o nero.

«Quando è così, la mia riunione è terminata. Se non ho gli elementi fondamentali per esercitare il mio ruolo di analisi e prevenzione, tanto vale che della security si occupi qualcun altro. Fabrizio è quello più adatto.»

Pietro mi fermò con un cenno.

«Via Elena non tragga conclusioni affrettate. Suggerisco che la riunione proceda in forma più ristretta. La nostra fiducia in tutti voi è illimitata, ma è proprio per ridurre i rischi per ognuno ed evitare confusione che

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suggerisco di proseguire con un gruppo ristretto formato da me, Elena, Fabrizio e Alfredo. Vi faremo avere via mail un vademecum sulle misure di security da adottare in funzione della situazione che si è venuta a creare. Buon lavoro a tutti.»

Fermai con una mano i colleghi che si stavano già alzando. «Il primo punto delle procedure di security sarà non parlare con nessuno dell’accaduto, soprattutto non con i giornalisti. Saranno famelicamente a caccia di notizie e i manager di quest’azienda rappresentano una preziosa fonte. Ricordo anche che ogni dichiarazione potrebbe avere ripercussioni sulla nostra quotazione sui mercati, quindi per cortesia lasciate la comunicazione solo a chi è preposto in questo momento e che ha tutti gli elementi per farlo, il COO.»

Con qualche mormorio e mugugno la sala si svuotò. Il COO dette la parola ad Alfredo subentrato a Federico Greco alla Ricerca e Sviluppo. «Alfredo sarà meglio che spieghi a tutti a cosa stava lavorando Federico.»

«Okay. Appena cinque anni fa la terapia genetica era considerata futuribile e di nessuna applicazione pratica, ma adesso il segmento farmaceutico sta vivendo il maggiore sviluppo industriale degli ultimi trent’anni proprio grazie alla terapia genetica. Alla fine, l’industria sanitaria non sarà più quella che conosciamo. Tra le applicazioni più importanti ci sono le immunoterapie.»

Intervenni: «Questo è risaputo, ma oramai sono ricerche quasi routinarie.»

«Non tutte, ti posso assicurare che quello cui stiamo lavorando è tutto meno che routine. Stiamo sviluppando delle ricerche veramente innovative e soprattutto sviluppabili industrialmente che agiscono sul potenziamento o la modifica del sistema immunitario per combattere diverse malattie.»

«Stavate lavorando a qualcosa in particolare?»

«Tutti guardano al cancro, ma ci sono diverse altre possibilità meno sfruttate, come ad esempio le malattie trasmesse dalle zanzare, come dengue, febbre gialla, febbre del Nilo occidentale, Chikungunya, Zika e filariosi, fino ad arrivare alla “big killer” ovvero alla malaria. Questo ceppo di malattie causa nel mondo circa settecentoventicinquemila morti all’anno. Fino a ora non si parlava di vaccinazione, che per queste

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malattie non esiste, bensì di una profilassi generica e una cura dopo aver contratto l’infezione, a volte poco efficace. Chi trova la soluzione sia per la prevenzione, quindi una vaccinazione vera e non una profilassi, sia per una cura efficace fa bingo.»

«Perché?»

Fu Pietro a rispondere: «La cura del cancro è il numero uno della ricerca, per ovvi motivi economici ma anche perché colpisce i paesi ricchi. Invece, il ceppo delle malattie trasmesse dalle zanzare affligge il terzo mondo, quindi per dirla asetticamente è un mercato meno lucroso. Se arriviamo alla produzione di un farmaco commerciabile, avremmo il primato dell’esclusiva, con prospettive enormi. Certo, siamo di fronte a paesi e popolazioni in genere povere, ma l’esclusiva potrebbe cambiare le sorti di una società che non è una big farma come la nostra. Non ci sono solo i governi, ma il turismo, le compagnie che lavorano nelle aree a rischio come le compagnie minerarie e molti altri, quindi è un mercato potenzialmente enorme.»

«E noi siamo pronti a entrare in questo mercato?»

Pietro invitò Alfredo a continuare.

«Per spiegarti dobbiamo parlare della trasmissione delle malattie all’uomo tramite le zanzare. Il processo è assai complicato e comprende varie metamorfosi. Si parte dallo sporozoita, che entra in circolo con la puntura della zanzara e migra nel fegato. Merozoita, in cui il patogeno esce dal fegato e invade i globuli rossi riproducendosi. Trofozoita, che prospera nelle cellule sanguigne, fin tanto che queste s’ingrossano ed esplodono, diffondendo altre merozoiti nel sangue e causando un attacco di febbre. Gametocita…»

«Mamma mia sono già in confusione.»

Alfredo sorrise.

«Se non lo fossi avresti un grande futuro come biologa. I gametociti emergono in un secondo tempo dai globuli rossi, invadono il circolo sanguigno e sono raccolti dalle zanzare che pungono la persona infetta per succhiarne il sangue. Dopodiché in pratica il ciclo ricomincia.»

«Ho capito quanto basta. A che punto siamo noi nella ricerca?»

«Poiché è difficile agire sulle zanzare ed evitare con certezza di essere punti, abbiamo preparato un farmaco che impedisce allo sporozoita di trasformarsi in un Merozoita che invade i globuli rossi del sangue. Con

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lo stesso principio impedisce al Merozoita di trasformarsi in Trofozoita che causa gli attacchi di febbre malarica.»

«Avete raggiunto un doppio risultato quindi, sia di prevenzione sia di cura.»

Fu Pietro a rispondere: «Siamo a uno stato avanzato per la protezione del fegato, perché è lì che si annidano gli sporozoiti. Sulle cavie il farmaco lo protegge senza effetti collaterali di rilievo, tanto è vero che Federico aveva iniziato a interloquire molto con Giovanni Ricci, il managing director della nostra succursale in Ghana. Il West Africa è un’area flagellata dalla malaria e il Ghana è il paese più avanzato, quindi poteva essere perfetto per il lancio della nostra sperimentazione. Scusa Elena ho una chiamata urgente. Devo assolutamente rispondere perché è stata preceduta da un whatsapp inquietante.»

La chiamata fu breve, una serie di sì e no terminata da “ti richiamo dal mio ufficio”.

«Vi comunico la notizia così come l’ho ricevuta. Giovanni Ricci è stato ucciso ad Accra nel suo residence stanotte. Il cellulare e il laptop sono spariti. La polizia pensa a un furto finito male, ma non ci credo neanche un po’, ci sono troppe coincidenze. Ci aggiorniamo a quando ne saprò di più. Elena nel frattempo cerca di prendere contatto con il ministero degli esteri e le autorità consolari. Che gran casino. La nostra società è in pericolo, mi aspetto molto da tutti voi e soprattutto da te Elena.»

I tre rimasero di marmo, ciascuno immerso nei propri pensieri anche dopo lo sbattere della porta della sala riunioni che si chiudeva. Poi, Elena si alzò con un sospiro e lasciò la sala senza profferire verbo.

«Sono in un casino Andrea, i due omicidi sono collegati, ma non riesco ad avere nessuna informazione di quello che è avvenuto in Ghana, alla Farnesina sono chiusi come ostriche.»

«Sai benissimo che le indagini sono gestite dalla polizia ghanese, la Farnesina ne è a malapena informata.»

«Che cosa facciamo?»

«Facciamo che sei una donna fortunata, chiamo il colonnello Russo, l’addetto militare all’ambasciata italiana di Accra. È un colonnello dei carabinieri con cui ho avuto modo di collaborare durante alcune

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indagini in Italia prima che partisse per Accra. È un tipo assai sveglio. Ti faccio sapere a breve.»

Andrea richiamò dopo un paio di giorni.

«Ci è andata bene Elena. Russo ha mosso già i suoi contatti e mi ha promesso che per mezzogiorno di dopodomani, ora di Milano, mi avrebbe saputo dire qualcosa. Puoi partecipare, ma, ovviamente, quanto ci diremo rimane fra noi. Mi aspetto di sapere a cosa stava lavorando Federico Greco e se c’era un legame con Giovanni Ricci.»

«Purtroppo c’è.»

«Cazzo! Dimmi di più.»

«Non adesso e non per telefono. Ci vediamo dopodomani.»

Il collegamento Skype era molto buono. Il colonnello Russo dimostrava una quarantina d’anni, ma probabilmente ne aveva di più. Nei carabinieri era impossibile arrivare a quel grado prima dei quarant’anni, anche con uno stato di servizio di primordine. Era sicuramente un bell’uomo, atletico, abbronzato il giusto e vestito in stile casual firmato. Un bel contrasto con Andrea che, pur avendo un aspetto meno stazzonato della notte dell’omicidio, dimostrava chiaramente che il look non era certo in vetta ai suoi pensieri.

«Andrea, preferivo parlare solo con te.»

«Elena è la security manager della Biothecnology Pharmaceutical e sa a cosa stavano lavorando i due manager assassinati. È fondamentale per le indagini. Elena per cortesia raccontaci quello che sai.»

Li aggiornai a grandi linee sul progetto in cui erano coinvolti i due. Antonio Russo rifletté un attimo prima di parlare.

«Faccio fatica a immaginare come movente per due delitti un segreto industriale, ma non sono del ramo e non so valutare la portata della vostra scoperta.»

«In termini di soldi le potenzialità sono enormi, parliamo di un fatturato con almeno otto zeri, ma forse anche nove a regime, e profitti stellari.»

«Perché uccidere un manager nell’ufficio principale e un altro nella succursale del Ghana, non condividono gli stessi dati?»

«Non è detto, in sede c’è una parte del processo concernente la biotecnologia di base, nella consociata c’è il programma di sperimentazione e sviluppo industriale. Gli assassini, avendo i file di

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entrambi sono sicuri di non tralasciare niente. In più, con il laptop di Giovanni Ricci hanno accesso anche alle email.»

«Visti in questa luce i delitti cambiano prospettiva. La polizia ghanese ritiene che si tratti di un omicidio a scopo di rapina, ci sono pressioni dall’alto per chiuderla così.»

«Tu cosa ne pensi?»

«Bè, ci sono diversi elementi che non collimano. Anzitutto, Giovanni Ricci è stato ucciso nel suo appartamento in un residence provvisto di una valida sorveglianza e protetto da un alto muro di cinta. I ragazzi della security non hanno visto entrare nessuno e hanno due testimoni inoppugnabili che confermano la loro versione. Nelle ore cruciali erano addirittura a fraternizzare con i poliziotti di un’auto di pattuglia passata lì per caso. I poliziotti smontavano e invece di correre a casa hanno fatto nottata con i loro amici della security.»

Andrea interruppe.

«Troppo bello perché sia vero.»

«Appunto. Guarda caso Patricia Blay, la segretaria con cui Giovanni Ricci ha passato la sera in un noto locale, ha un alibi ancora più di ferro. Giovanni proprio quella sera dopo cena l’ha riaccompagnata a casa, mentre sappiamo che normalmente lei rimane con lui tutta la notte, visto che hanno una relazione. Ha trascorso la notte a casa sua assieme a un certo Dennis Antwi e sapete cosa fa il buon Dennis nella vita?»

«Ho qualche sospetto.»

«Il sovrintendente capo della polizia ghanese. Insomma, la polizia ghanese ha passato quella nottata a costruire alibi per Patricia. Se in più ci metti che Patricia è la figlia di un ex ministro del precedente governo ghanese, sul cui conto corrono voci mai confermate di corruzione e di riciclaggio, direi che c’è qualcosa in più di un delitto a scopo di rapina.»

«Che cosa hanno portato via dalla casa del Ricci?»

«Ovviamente hanno rubato contanti, carte di credito e cellulare, ma anche il laptop.»

Feci una domanda di cui subito mi pentii: «E per la password?»

«Qualsiasi password è violabile con il tempo, ma i nostri assassini non avevano tempo da perdere. È questo il particolare prezioso che grazie ai

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miei contatti sono riuscito a sapere. Si accede al laptop di Giovanni mediante riconoscimento d’impronta digitale e ovviamente non ha importanza se chi accede, è morto o vivo. Guarda caso al cadavere manca l’indice della mano destra e con quello chi ha commissionato il delitto ha accesso al laptop di Giovanni Ricci. Direi che il particolare del dito tagliato, ci dice con certezza che lo scopo del delitto non è una rapina generica, ma il furto dei file contenuti nel laptop.»

Sospirai.

«Adesso sì che siamo nella merda. Non erano sicuri di aver recuperato tutti i dati necessari con il primo delitto e quindi si sono portati avanti uccidendo Ricci e rubandogli il laptop. A questo punto è chiaro che il target non è il singolo ma l’azienda e i due delitti sono collegati.»

Intervenne Andrea: «Già, ma del delitto in Ghana riusciremo a scoprire pochissimo se la polizia è collusa, sarà un buco nero dal quale non uscirà niente. Antonio, riesci ad avere qualche informazione in più su questa Patricia Blay? È l’unico contatto certo che abbiamo con i mandanti dei due delitti.»

Antonio sorrise.

«Andrea come al solito mi stai chiedendo l’impossibile, però sai anche quello che detesto di più al mondo.»

«La noia.»

«Esatto. Tra l’altro la polizia ghanese la chiude qui, ma la Farnesina non è tanto contenta di un barbaro delitto insoluto che coinvolge un nostro concittadino. Inoltre anche a livello politico locale, non tutti sono felici. Non è un bel messaggio per le imprese come la Biothecnology Pharmaceutical che vogliono investire qui. Mi darò da fare, ho i miei contatti.»

Andrea lo guardò implorante.

«Siamo nella merda, due omicidi e con le indagini siamo in pratica a zero.»

«Capisco che è urgente, ma se anche domani vedrò il mio contatto, poi ci vuole qualche giorno perché lui attivi a sua volta le sue conoscenze e per avere le informazioni, e almeno un giorno perché le passi a me.

Questo nella più rosea delle ipotesi. Ne riparliamo la prossima settimana stessi giorno e ora.»

Andrea sospirò.

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«Okay, fissiamo un net meeting mercoledì a quest’ora.» Chiuse la video chiamata.

«Andrea, temo che la faccenda sia assai più ingarbugliata di un semplice furto d’informazioni industriali per quanto siano importanti. C’è dietro qualcosa d’altro.»

«Perché Elena?»

«Dietro il furto di un segreto industriale coronato da omicidi, non può esserci una big farma, in breve tempo si scoprirebbe l’autore del furto. È gente senza scrupoli, ma non così. Noi abbiamo comunque le prove delle ricerche già fatte e quindi sarebbe facile portare l’autore dello spionaggio industriale in tribunale.»

«Sarebbe un processo indiziario che magari durerebbe anni e nel frattempo gli utili della produzione industriale di un prodotto così innovativo galopperebbero per chi avesse la formula.»

«Non credo che funzioni così, non tieni presente che un’approvazione alla produzione, seguendo i canoni ufficiali richiede tempo e, in caso di sentenza negativa, rischierebbe di vanificare i costi sostenuti per lo sviluppo industriale e la messa in produzione che sono enormi. Nessuna industria seria correrebbe questo rischio oltre ai problemi etici e d’immagine.»

«Che cosa hai in mente?»

«Rimane solo gente senza scrupoli che con la ricerca e il piano industriale che ci ha sottratto, mettano in produzione nel minor tempo possibile il farmaco in qualche paese con controlli meno ferrei e magari con autorità di vigilanza dei farmaci corruttibili. Saltando i protocolli ufficiali in breve tempo il prodotto sarebbe sul mercato.»

«Illegalmente.»

«Diciamo nella zona grigia, comunque potrebbero fare una sperimentazione e vendere il prodotto non del tutto illegalmente, specialmente in alcuni paesi. Il mercato sarebbe potenzialmente enorme, sia per i vacanzieri o gli uomini d’affari, sia per le élite dei paesi dove queste malattie sono endemiche.»

«Combattere contro un’organizzazione illegale che non esita ad assassinare per raggiungere i propri scopi non è come combattere contro i colletti bianchi dello spionaggio industriale. Ok direi di pensarci sopra. Bisogna cercare con discrezione dei riscontri e in questo

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Antonio può essere molto utile. Mi aspetto molto da lui. Allora Elena come rimaniamo d’accordo?»

«Oggi pomeriggio sarò presissima per preparare tutti i comunicati di sicurezza per sede e consociate. Quando pensi di avere i rapporti della scientifica e dell’autopsia?»

«Non prima di qualche giorno. Potremmo fare il punto la mattina della videochiamata con Antonio, dopodiché vediamo i passi successivi.»

Quei giorni sospesi nel nulla mi esasperavano, ma non c’erano scelte, non ero io a condurre le danze. Andrea mi risvegliò dai miei pensieri. «Elena?»

«D’accordo Andrea.»

«Vista l’ora Elena che ne diresti di andare a mangiare qualcosa assieme?»

Con me non funzionava così, puoi fare di meglio Andrea. «Mangiare qualcosa non rientra nei miei piani.»

«Certo, non sei tipo da quel che c’è nel piatto, va bene. Pensavo a un posto qui vicino, dove vado spesso. Hanno piatti vegetariani e vegani usando prodotti biologici di qualità. Prodotti sani ma gustosi. Se un giorno avrai voglia di andare fuori a cena, pensavo a qualche locale con musica, ne conosco di carini, anche a me non piace uscire per cenare e basta, da solo poi è una noia.»

Eccolo là Andrea, sei un disastro nel vestire, che poi non si sa magari interpreti lo stile grunge a modo tuo, ma in realtà sai come gira il mondo femminile. Intanto hai capito cosa mi piace e poi hai buttato lì con nonchalance che sei single. Alzandomi sorrisi.

«Così è meglio, andiamo.»

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INDICE CAPITOLO UNO ..............................................................................7 CAPITOLO DUE ............................................................................17 CAPITOLO TRE .............................................................................20 CAPITOLO QUATTRO ....................................................................30 CAPITOLO CINQUE .......................................................................38 CAPITOLO SEI ..............................................................................43 CAPITOLO SETTE..........................................................................56 CAPITOLO OTTO...........................................................................61 CAPITOLO NOVE ..........................................................................70 CAPITOLO DIECI ..........................................................................93 CAPITOLO UNDICI ......................................................................109 CAPITOLO DODICI ......................................................................123 EPILOGO ....................................................................................133

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