La prigione

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16 * * * «Smettila, fermati!» Ma Nico non si fermò. «Vada via.» «Smetti di fingere! Se tu avessi voluto davvero andare via non ti avrei ritrovato qui fuori una volta uscito dal locale. Saresti scappato a gambe levate!» Nico rallentò, e sentì l’uomo avvicinarsi. «Ce l’hai un posto dove andare, questa notte? Puoi venire da me, se vuoi.» «Non metterei piede in casa sua neanche morto!» L’uomo ridacchiò, apparendo al suo fianco. «Non dovresti dire una cosa del genere. Prima o poi ci verrai, ne sono certo.» «Cosa sa di me? Cosa crede di sapere?» «Sono un buon osservatore, te l’ho detto.» «E cosa ha visto?» «Non hai mai guardato l’ora neppure una volta. Non devi tornare a casa, nessuno ti aspetta.» «Io ce l’ho una casa!» «Indubbiamente, ne sono sicuro. Ma non stasera.» «Che ne sa? Posso aver cambiato idea e aver deciso di tornare!» «No, non puoi.» «Perché?» «Non lo so il perché, ma non puoi. O forse dovrei dire non vuoi? No, credo che tu non possa, è diverso.» «Si diverte a fare questi giochini con la gente?» Lui ridacchiò. «A dire il vero sì.» «E che altro si diverte a fare?» «Niente di quello che immagini. In fondo sono un tipo innocuo.» Nico si fermò a guardarlo, come fosse la prima volta. Lo vide chiaramente, come una persona, e non era un tipo comune. Quei capelli prematuramente bianchi gli davano un’aria saggia, matura, il volto sempre sorridente invece lo ringiovaniva. Non riusciva a inquadrarlo, era diverso da chiunque altro avesse mai conosciuto. «Credi di sapere tutto della vita, vero? E ne sei terrorizzato.» Nico non sopportava più che quell’uomo scavasse dentro di lui in quel modo. Era inquietante. Scosse il capo. Lo sorpassò e accelerò.


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