Delitto al Passo Zovo

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28 «Allora ti richiamo fra una decina di giorni, e ci mettiamo d’accordo per vederci». «Volentieri! Mi farebbe molto piacere incontrarti, e poi questa storia è così intrigante…» «Senti, vorrei chiederti una cosa». Il Capitano esitò. «È vero che i maya facevano sacrifici umani?» «Sì, è assolutamente provato. Sinceramente, però, mi sembra inverosimile che ai nostri giorni, in Italia, ci sia qualcuno che emuli quei riti propiziatori». «Anche a me sembra incredibile… però non ho altri indizi, perciò sono costretto a seguire quella pista, con il tuo aiuto, naturalmente». «Va bene, allora ci sentiamo quando torno. Ciao Lorenzo, mi ha fatto davvero molto piacere averti parlato». «Anche a me, grazie fin d’ora, ciao». La comunicazione fu chiusa contemporaneamente. Il capitano Guidi si trovava nel suo studio. Sorrise soddisfatto all’idea che il suo ex compagno di scuola lo avrebbe aiutato in quel caso che non lo faceva dormire la notte. Rivedeva il volto dei genitori dello sfortunato studente, quando gli aveva comunicato che il loro figlio era stato trovato morto. La madre era caduta a terra colta da un malore, e il padre aveva cominciato a singhiozzare così convulsamente che pareva soffocasse. Avrebbe proprio voluto consegnare alla giustizia il criminale o, più probabilmente, i criminali, che avevano commesso quell’orribile delitto. Lui aveva visto il cadavere all’obitorio, una cosa raccapricciante. Nella ferita, che andava dal torace all’addome, erano entrati terra, foglie e insetti. Come era possibile fare simili cose? Era evidente che si trattava di un delitto premeditato. Il ragazzo, in qualche modo, era stato attirato in quella zona. Secondo il medico legale era stato ucciso altrove e portato là, dov’era stato trovato, successivamente. La mano che stava sotto terra faceva il pugno, come se il giovane avesse voluto stringere qualcosa, forse la spilla. Poi magari gli era scivolata fra le dita ed era andata a finire fra le foglie… Sentiva che dietro a quell’oggetto si nascondeva qualcosa, ed era sollevato al pensiero che di lì a pochi giorni un vero esperto l’avrebbe esaminato. Ma, forse, ho letto troppi libri gialli, pensò.


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