La figlia della Dea

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Giordana Gradara

La figlia della Dea

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LA FIGLIA DELLA DEA Copyright © 2010 Zerounoundici Edizioni Copyright © 2010 Giordana Gradara ISBN: 978-88-6307-330-0 In copertina: Shutterstock.com Finito di stampare nel mese di Novembre 2010 da Logo srl Borgoricco - Padova


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Prologo

Corpetto di cuoio allacciato stretto e coltello alla mano: Nilys era pronta per l'assalto. Il mare era calmo e una brezza costante alimentava le loro vele. L'agilità con cui la Vecchia si muoveva tra le onde avrebbe fatto il resto; per la Pescecane, imbarcazione imperiale che solcava i mari da oramai trent'anni, il destino era scritto. “Agile, forte e veloce” si ripeteva Nilys urlando quelle parole dentro di sé. Erano gli ordini che le aveva impartito il grande Falco nero, più famoso tra i pirati occidentali e, nondimeno, suo fratello maggiore. “Occhi puntati su di lei” si diceva, invece, Garrett, giovane e promettente membro della ciurma. “Se le capita qualcosa il capitano non me la farà passare liscia…” In effetti Daniel, questo era il vero nome del Falco nero, sull'argomento era stato perentorio: se sua sorella avesse per disgrazia riportato anche un banale graffio sarebbe toccato al ragazzo pagarne le conseguenze. Accettare di diventare la guardia personale di quella canaglia non si era propriamente rivelato un affare vantaggioso, soprattutto considerato il fatto che cacciarsi nei guai per Nilys era naturale quanto respirare, ma a Garrett era indubbiamente servito per mettere in mostra le sue abilità. Tra i pirati non contava in quale famiglia fossi nato, ma solo quanto realmente valevi e questo significava poter ambire a posizioni importanti anche per un errante come lui, se solo fosse riuscito a dimostrare ciò di cui era capace. Mentre la ciurma si attrezzava per l’arrembaggio, Daniel osservava la sua preda conscio del fatto che non gli sarebbe fuggita. A causa dei sempre più frequenti ammutinamenti che le flotte imperiali stavano subendo, l'equipaggio della Pescecane era probabilmente ridotto al minimo essenziale. Il capitano non capiva come mai non si fossero arresi dopo quasi due giorni di inseguimento a vele nere issate, ma poco importava. “Se hanno deciso di finire così la loro vita in mare non vedo perché non accontentarli” “Pronti con gli archi!” disse non appena la vicinanza tra i due scafi fu sufficiente. “Incoccare!” ordinò attendendo che i dieci tiratori scelti compissero i loro movimenti. “Tendere... lanciare!” comandò infine, seguendo attento le frecce che tracciavano una volta in cielo e si conficcavano nel bersaglio.


4 Le vele della Pescecane erano state colpite, ma non era sufficiente; per farla rallentare ancora servivano altri tiri. La stessa operazione fu compiuta più e più volte, sino a che il Falco nero non diede l'ordine di lasciar perdere gli archi e di preparare i rampini, segno che l'attacco era imminente. Nilys, accucciata a terra, non poteva che attendere il suo momento imprecando contro Garrett, che continuava a trascinarla in punti in cui potesse essere al sicuro, ma che non le offrivano una buona visuale sugli avvenimenti. Presto però, vale a dire dopo che l'avanguardia lasciò le sue armi per l'abbordaggio e cominciò a invadere la nave nemica, per la prima volta anche lei sarebbe potuta entrare in scena. Non ci volle molto; i nemici lasciarono rapidamente le loro posizioni per barricarsi a prua, dove speravano di poter resistere. La mischia che seguì l’arrembaggio risvegliò dentro Nilys un istinto selvaggio e animale. Armata di coltello e sciabola cominciò a menar innocui fendenti all'impazzata, risultando solo un grosso peso per chi aveva il compito di sorvegliarla. Ancora a battaglia in corso, sotto gli occhi attenti del Falco nero, Garrett si trovò costretto a compiere un gesto che aveva quasi del miracoloso pur di trarla in salvo e, di conseguenza, scampare all'ira del capitano. Avvedutosi dell'uomo che la stava assalendo alle spalle si frappose fulmineo tra lui e lei, deviando il colpo tanto da sbilanciare l'avversario e farlo cadere. Poi si voltò di scatto parando un secondo fendente destinato alla ragazza con il pugnale che teneva nella mano sinistra. L'impatto fu tale che bastò un semplice calcio per far cadere anche il secondo nemico. Al giovane non servì altro per costringere i due imperiali alla resa. L’attacco si concluse in favore dei pirati e il bottino fu superiore alle più rosee aspettative di ogni membro della ciurma. Casse di vino a volontà, cereali, lana, stoffa e persino della carne essiccata, per non parlare di alcuni gingilli preziosi che Daniel esaminò a lungo, ma solo una volta finito di imbavagliare e legare ognuno dei superstiti. “Queste provviste ci basteranno per il viaggio di andata e di ritorno verso la Pietà di Satil” sentenziò. L'isola in questione faceva parte di un arcipelago pressoché disabitato a diversi giorni di navigazione dal continente. Si trattava del luogo in cui i pirati erano soliti portare chi era stato tanto intelligente da preferire la resa e, in tempi in cui la vita veniva anteposta all’onore, non erano pochi: almeno una ventina ogni attacco. “Ma serviranno anche a festeggiare il fidanzamento ufficiale di mia sorella con chi non ha avuto paura di rischiare la sua vita per salvarla” a quel punto del discorso l'equipaggio si fece più attento. “Garrett, il tuo gesto eroico non è passato inosservato: vuoi onorarmi accettando il fidanzamento con Nilys?”


5 Il ragazzo finse stupore, ma erano oramai diversi mesi che attendeva quella proposta. Nilys stava crescendo velocemente e, di giorno in giorno, si faceva sempre più donna, cosa non facile da gestire per il capitano di una nave normale, figuriamoci per quello di una nave pirata. Secondo il giovane pirata l'obiettivo del Falco nero era trovarle un fidanzato che esibisse una notevole abilità con la spada, cosicché i bollenti spiriti degli altri bucanieri incontrassero un pesante deterrente. Ma in verità Daniel credeva fermamente che, presto o tardi, Garrett avrebbe lasciato la pirateria: legare Nilys a lui era un modo astuto per assicurarsi che sua sorella abbandonasse il mare per una prospettiva di vita più tranquilla. “Cosa?” domandò la ragazza, l’unica ad aver intuito il secondo fine del fratello. Non ottenne attenzione. “Accetto” dichiarò l’errante senza stupire nessuno, conscio di non provare alcun sentimento per lei, ma ben consapevole dei vantaggi materiali che quella risposta avrebbe portato con sé.


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Osservando il braccialetto ramato che il fratello le aveva donato per il fidanzamento, Nilys vi scoprì incise alcune lettere, ma il monile era vecchio e l'usura aveva reso quelle parole incomprensibili. “Avanti, vieni a vedere!” la chiamò Daniel, distraendola dai suoi futili pensieri. Il Falco nero stava immobile, in piedi, con lo sguardo fisso su di una trave di legno consunta. Con la mano destra, che penzolava lasciva lungo il fianco, reggeva un affilato coltello da lancio. Il tiro fu rapido e preciso. La lama s’infilò al centro del bersaglio designato lasciando Garrett a chiedersi come fosse possibile non riuscire mai a superare quell’avversario. Fu Sgrunt, un vecchio uomo storpio che si occupava delle cucine, ad andare a recuperare le armi. “Avete vinto anche questa, mio signore…” disse nel porgere il manico del coltello a Daniel. “Non c’è gusto a sfidare i miei uomini se mi fanno vincere sempre!” dichiarò il Falco nero stuzzicando gli altri. Garrett, che come al solito si era impegnato a fondo, rispose alla provocazione con un sorriso ironico, mentre sentiva Nilys sogghignare alle sue spalle. “Smetti!” le impose. Essere il suo uomo, dopotutto, gli aveva portato il vantaggio di poterle impartire degli ordini. “Su, non te la prendere, dopotutto mio fratello è il miglior lanciatore di coltelli dei Sei Domini e io sono la sua degna sorella!” Garrett non poté far altro che alzare occhi e braccia al cielo sospirando, per poi voltarsi e andarsene. Forse aveva sbagliato ad accettare la proposta di Daniel? Fidanzarsi con Nilys l'aveva messo in una posizione di rilievo, ma domare quella scontrosa non si era rivelato facile. Pur essendo nel complesso avvenente, Nilys era ben lungi dall’essere la ‘ragazza ideale’. Innanzi tutto non lo ascoltava mai, continuando ad agire di testa sua, in secondo luogo credeva di non aver più nulla da imparare, cosa che lo inalberava non poco, per non parlare del fatto che, più il tempo passava, più la sua femminilità veniva soffocata dalla vita di bordo. Nilys lo guardò allontanarsi. Cosa c'è? Ti sei pentito di aver accettato la sorella del capitano come futura sposa? pensò malinconica. Essere stata usata in quel modo le faceva male, ma ancora di più gliene faceva sapere


7 che l'artefice del piano era qualcuno di cui si fidava. Per quanto pedante potesse essere, aveva sempre considerato Garrett un amico, mentre ora la stava trattando come banale merce di scambio. Eppure, se quel giorno non fosse intervenuta lei, Daniel non avrebbe mai acconsentito a far imbarcare un errante sulla sua nave. Gli erranti, o raminghi del nord, erano odiati in tutti i Sei Domini. Considerati ladri e traditori, venivano puntualmente cacciati da ogni città in cui osavano presentarsi. Vivevano in villaggi sparsi su tutto il territorio dell'Impero, ma, per lo più, si concentravano nel Giardino degli Dei, una delle foreste più antiche del regno. Era stata Nilys a intercedere in suo favore. Certo, l'aveva fatto credendo che lui potesse sostituirla come mozzo, ma le reali abilità che Garrett dimostrò di possedere lo collocarono da subito qualche grado sopra di lei. Mentre la ragazza pensava ai torti subiti, improvvisamente la testa cominciò prepotentemente a dolerle e la vista a venirle meno a poco a poco, ma costantemente. Il mare, oltre al parapetto, divenne una grande massa uniforme e incolore, i visi dei suoi compagni tante macchie rosee. Solo i barili di viveri accatastati l'uno sull'altro, a ridosso del castello di prua, rimasero nitidi; loro e l'uomo che gli stava passando sotto non rendendosi conto che erano in procinto di cadere. “I barili, Garrett!” gridò allungando una mano innanzi a sé, come a volerlo fermare. Lui si arrestò e gli altri pirati si voltarono di scatto per vedere cosa stesse capitando. Vi fu un attimo in cui tutti rimasero immobili; tutti comprese quelle botti. Nilys scosse il capo pensando di aver avuto un'allucinazione: nulla si stava rovesciando e nessuno era in pericolo. Ma, improvvisamente, un boato fragoroso ridestò la sua attenzione e quella degli altri pirati. Due fusti caddero a ridosso di Garrett e lo fecero rovinare a terra, ma senza colpirlo in pieno e senza arrecargli danni. In diversi corsero a sincerarsi dell'accaduto per poi preoccuparsi di salvare i viveri che si stavano spargendo sul ponte. Sgrunt, però, si guardò bene dal fare altrettanto; restò impassibile alle spalle della ragazza ghignando; nessuno gli avrebbe impedito di provocarla un po’. “Stolto chi somma donna e salpare, non fa che provocar gli dei del mare. Venti e burrasca sa trascinare, gravi lutti che non puoi scongiurare”.


8 Gracchiò, attendendo una reazione della giovane. Nilys serrò i pugni e digrignò i denti, ma non rispose, aspettando che l'altro riprendesse quella canzone da lei tanto detestata, in attesa di scoprire se ne avrebbe avuto veramente il coraggio. “Giorni di pioggia, di stenti, di fame, giorni di morte e taglienti lame. Lunghi capelli e suadenti occhi son oppio alla mente di voi sciocchi!” Il silenzio calò gelido sulle due figure contrapposte; lui aveva dipinto in volto un sorriso maligno e sarcastico, mentre lei stava cercando di non perdere il controllo, cosa che non le era mai riuscita troppo bene. “E’ immenso il dolore che porta, sciagure, disgrazie di ogni sorta... Credimi, te ne devi liberare: al primo scoglio la devi piantare…” Le mano destra della ragazza finì sull'elsa del pugnale, ma senza estrarlo dalla cintola. Il vecchio, incurante, riprese la sua nenia. “Prendi coraggio, dai, falla saltare! Un tuffo nel blu, mangiata dal mare lui le disgrazie sa intrappolare e nuovi giorni può far arrivare!” "Un' altra parola corvaccio della malora e sarà la tua testa a finire in mare!" scattò Nilys infuriata, brandendogli il pugnale contro. Sgrunt aveva esagerato e Nilys, per quel giorno, aveva già esaurito la sua limitata scorta di pazienza. Il vecchio alzò le spalle ed emise un rumore simile a uno squittio. “Preannunci incidenti e poi pretendi che non si creda a questa canzone?” le chiese, per poi superarla, urtandola, e allontanarsi sottocoperta. Lei dovette far appello a tutto il suo autocontrollo, ma alla fine riuscì a non rispondere all’affronto. Garrett, che aveva seguito l'intera scena, la stava implorando di rimanere calma, ma lei finse di non vederlo: non aveva voglia di ascoltare nessun altro. Con passi lunghi e pesanti si diresse verso la cabina, colma di rabbia contro Sgrunt 'corvaccio della malora', come l’avrebbe chiamato da quel giorno in avanti.


9 Quell’uomo non le era mai piaciuto, sin da quando Daniel l'aveva fatta imbarcare, circa due anni prima. Il vecchio riteneva fosse lei la responsabile di quanto era accaduto alla sua gamba, senza rendersi conto che erano state le sue azioni a renderlo uno storpio. Quando il Falco nero, divenuto capitano, decise di far rotta verso la bettola dove Nilys lavorava come sguattera per strapparla alla vita di stenti cui era destinata, Sgrunt si accanì contro quell'idea. Le donne a bordo portavano morte e sciagura, era risaputo. Proprio per questo, la prima notte che Nilys passò sulla nave, lui tentò di ucciderla, cercando di coinvolgere altri membri della ciurma, che però avevano finito col tradirlo. Il Falco nero fu anche troppo clemente; per reati simili veniva prevista la morte per impiccagione, mentre Daniel lo destinò a subire il giro di chiglia, punizione riservata agli infami, alla quale difficilmente si sopravviveva. Con mani e piedi legati venne calato in mare, in modo che la schiena restasse aderente allo scafo della nave, poi venne fatto passare sotto di esso per ben tre volte. Quando lo issarono sul punte e lo slegarono aveva il dorso maciullato e ricoperto di sangue, ma respirava e il cuore batteva ancora. Nei giorni successivi, però, le ferite riportate al polpaccio destro si dimostrarono troppo gravi, tanto da far decidere per l'amputazione dell'arto. “Non è stata colpa mia, è stato lui a cercare d'uccidermi!” sbraitò Nilys sfogando la stizza tra le lenzuola. Rimase stesa cercando il sonno per diverso tempo, ma in quell'ora di pomeriggio e in quelle condizioni era difficile trovarlo. Infine ci riuscì, ma non fu nulla di riposante, tutt’altro. Risvegliandosi di sera praticamente più stanca di prima, si alzò dal letto stiracchiandosi goffamente. Fu in quel momento che si accorse di lui. “E tu? Da quanto sei qui?” chiese al fratello che la stava guardando seduto su di un piccolo sgabello. “Non è importante. Garrett mi ha detto cosa è successo” “Quello lì non ha ancora imparato a farsi gli affari suoi!” borbottò sdegnata. “Quello lì è il tuo futuro marito, sarà bene che tu lo tenga più in considerazione. Era preoccupato per te, ma non è questo il punto” continuò il capitano con calma serafica. Lei cominciò a spazientirsi, se suo fratello voleva dirle qualcosa che lo facesse senza impiegarci troppo tempo. “Quindi?” “Quindi Sgrunt mi ha detto la sua in proposito”


10 “Quindi?” continuò lei, risoluta. Daniel si alzò dallo sgabello tenendo ancora le braccia incrociate, la squadrò e solo dopo qualche istante afferrò la maniglia della porta per uscire. “Quindi non ho intenzione di dover continuare a difenderti. Smetti di cacciarti in queste situazioni e, per l’amore degli dei, stai lontana da Sgrunt!” La ragazza annuì, sapeva di non poter fare altro. Si sentiva incompresa anche dal fratello, sino ad allora suo più grande amico e pressoché unico confidente sulla Vecchia. Quella sera non cenò; non aveva voglia di vedere gli altri e di sentirsi i loro sguardi puntati addosso. Rimase lì, in un cantone, a tirare e ritirare il suo coltello su un’asse piazzata alla parete per potersi allenare lontana da occhi indiscreti. Lanciare era sempre stato un ottimo passatempo. La distraeva e le permetteva di distendere i nervi, rendendola in grado di ragionare con un po' di freddezza. Serviva concentrazione, in un certo senso. Movimenti netti, rapidi e precisi. Tiri che sarebbero riusciti a uccidere un uomo ficcandosi proprio sotto il collo del malcapitato e portando la sua anima dritta all’altro mondo, evitandogli una morte lenta e penosa per dissanguamento. Sapeva che, prima o poi, durante un attacco o una rissa tra pirati, le sarebbe capitato di dover togliere la vita a qualcuno e che in quel momento non avrebbe dovuto provar rimorsi. Se per quel giorno non fosse ancora riuscita a estirpare il lato sentimentale di sé, avrebbe dovuto far finta di nulla. Non poteva permettersi di dar adito a voci su una sua esagerata ‘femminilità’ o ‘sdolcinatezza’... non facendo parte della ciurma ed essendo la sorella del Falco nero. La pirateria era la sua vita, la sua salvezza dalla povertà. Quando Daniel le aveva dato l'opportunità di lasciare Derag, il villaggio in cui era stata abbandonata diversi anni prima da loro madre, lei non aveva fatto altro che ringraziarlo per mesi interi. A terra, da sguattera, l'unica cosa in cui poteva sperare era di crescere bella, in modo da riuscire ad attrarre qualche avventore della locanda che le avrebbe dato di che vivere per il giorno successivo. Adesso, invece, che era la sorella del pirata più famoso dei Sei Domini, poteva sperare di vivere ancora qualche anno a bordo della Vecchia guadagnandosi un bel gruzzoletto. In fondo non le sembrava che il suo prima arrembaggio fosse andato troppo male. Doveva ammettere, però, che con il tempo si stava ritrovando di fronte a una triste realtà: aveva capito che lei, per quanto grezza, forte, coraggiosa potesse dimostrarsi, lì sopra sarebbe stata sempre sola. Anche Garrett le aveva voltato le spalle. Eppure non aveva intenzione di andarsene. Era troppo testarda e orgogliosa per tornare indietro, troppo cocciuta per correggere


11 la rotta. E il mare era veramente la sua vita, l’unica che desiderasse, solo un po’ più difficile di come l’aveva sempre immaginata. Quella sera neanche lanciare il coltello le fu utile e, dopo un numero elevato di tentativi, finalmente si arrese. Riprese la sua arma, la infilò nella cintola e si distese sul letto. “Un buon sonno aiuta sempre…” si disse, per la verità non troppo convinta. Ma c’era una cosa che la faceva sorride. L’indomani sarebbero sbarcati a Ethrill, la loro città natale. In quei due anni le volte che aveva rimesso piede sulla terraferma si potevano contare sulla punta delle dita e ora era curiosa di vedere se il luogo dove aveva trascorso l' infanzia era effettivamente come lo ricordava. Non si sarebbe stupita del contrario. Infondo, quando la loro madre li aveva abbandonati, lei non aveva ancora sette anni. La mente le volò al pensiero della donna. Un volto, una sensazione, una ninna nanna: nulla più. La ricordava bella, molto più di quanto lei avrebbe mai potuto sperare d’essere, e serena. Questo le bastava. Nilys non conosceva il motivo per cui aveva allontanato i suoi due unici figli, ma sapeva che una ragione più che valida esisteva. Doveva esistere, altrimenti perché farlo? Ma c’era una cosa che le dispiaceva più d’ogni altra. Di anno in anno le occasioni in cui la ragazza ripensava a quel viso materno andavano scemando e questo la spaventava. Se un giorno avesse smesso di pensare a lei, sarebbe più stata in grado di ricordarla? Quel giorno mi scorderò anche della sua faccia? si domandò nel silenzio assoluto della stanza rigirandosi nel letto, poco prima di chiudere gli occhi.


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Nilys si svegliò di buon'ora. Gli avvenimenti del giorno precedente non erano che un brutto ricordo e stavano lasciando posto all’euforia per lo sbarco imminente. Stando a quanto diceva Daniel avrebbero attraccato al porto di Ethrill durante la mattinata e la ragazza sapeva di potersi fidare della previsione: il Falco nero non sbagliava mai. L’equipaggio, quanto meglio lavato, pulito e ben vestito, lavorava già a pieno ritmo, pregustando l'oramai leggendario sidro di Juana, il migliore di tutta la costa ovest. Nilys stava sul ponte a rimirare il paesaggio. L’allegra cittadella era sempre più vicina e i suoi colori, inondati dalla calda luce del sole, predisponevano al buon umore. Ormai si riuscivano a scorgere le due torri d’avvistamento che servivano all’Impero per controllare l'arrivo di quelli come loro, ma era conscia che l’avrebbero fatta in barba alle autorità ancora una volta; la Vecchia, prima di essere una nave pirata, era stata un mercantile e ciò l’aiutava a confondersi tra le altre imbarcazioni ancorate al porto. Il tempio, situato su di un'altura, era già visibile. Si trattava della costruzione più importante di tutta Ethrill. Non era solo un luogo di culto, ma anche il posto dove recarsi per ricevere udienza dal Sommo Sacerdote, l'uomo più importante della città, che ne guidava la religione e le scelte politiche promulgando le leggi. Ai piedi della collinetta si susseguivano, uno dopo l'altro, altri edifici influenti, come le abitazioni dei funzionari che erano, seguendo la scala gerarchica dei Sei Domini, subordinati del Sommo Sacerdote e svolgevano compiti di rilevanza pubblica; in particolare occupandosi della vita giuridica. Tra essi erano annoverati giudici e consultori, ovvero i dispensatori di giustizia e i creatori delle leggi cittadine. Anche il vecchio faro era, a suo modo, una costruzione prestigiosa. Torreggiava sopra la città e dava il benvenuto ai viaggiatori con una serie di riflessi abbaglianti, generati da specchi di metallo ricurvi che diffondevano la luce di un fuoco costantemente alimentato dai novizi, i giovani che intraprendevano la carriera religiosa. Quella vista per Nilys era il segnale.


13 Tornò in camera sua, si spogliò e si rivestì con i panni smessi del fratello che, per la verità, le stavano troppo larghi. Indossò un vecchio mantello estivo che le arrivava circa all’altezza del ginocchio, si legò i capelli, li nascose dentro all’immenso cappuccio e, solo in ultimo, diede una rapida occhiata alla sua immagine riflessa allo specchio. Era pronta. Daniel preferiva non far notare a nessuno che avevano trasportato una ragazza. Certo, sulle navi mercantili poteva accadere che, di tanto in tanto, qualche signora abbisognasse di un passaggio, ma si trattava di un evento fuori dall'ordinario e, come tale, idoneo a far scaturire curiosità e domande indesiderate. Lui, dal suo canto, considerava il farla sbarcare un privilegio, una gentile concessione che lo riempiva di preoccupazioni di cui avrebbe fatto volentieri a meno. Ma anche sua sorella cresceva e aveva delle esigenze. Inoltre poteva sempre contare sulla sorveglianza costante di Garrett, che non l'avrebbe mai persa di vista. “Non allontanarti troppo, non girovagare da sola e fa in modo di tornare a bordo prima che sia tramontato il sole e…” le aveva ordinato il fratello, ma a quel punto lei aveva già smesso di ascoltarlo. Quando Nilys tornò fuori coperta l’ancora stava per esser gettata. Cercò con lo sguardo il Falco nero, mentre sul ponte il caos regnava sovrano. “Pronta?” domandò Daniel comparendole dietro le spalle. “Come sempre!” rispose lei, risoluta. “Allora avanti!” Il capitano scimmiottò un inchino regale e abbozzò un invito a lasciare la nave per mettere piede sulla terraferma. Il porto pullulava di gente. Donne, uomini e bambini passeggiavano in ogni angolo della strada. Il mercato di Ethrill aveva sempre attirato una gran folla di visitatori e Nilys, in un certo senso, era orgogliosa di appartenere a una città così opulenta. Gli odori non erano cambiati, perlomeno non al porto. Il lezzo del pesce le riempì le narici all’istante e un nitido ricordo di lei bambina che visitava quelle bancarelle in braccio alla madre, mentre Daniel le precedeva mettendo a dura prova la pazienza della donna, le affiorò alla mente. Ora, con sua somma felicità, comprendeva come quel luogo non fosse mutato e se ne rallegrava con nostalgia. Era un po’ come non aver perso completamente la sua infanzia. Si accodò al fratello che, insieme a Garrett e Roger, si stava dirigendo verso l’interno della città. Non li voleva perdere di vista. Non l’avrebbe mai immaginato, ma tutta quella gente e tutto quello spazio la stavano mettendo in difficoltà, come se d’un tratto si sentisse schiacciata dalla folla di sconosciuti.


14 Allungò il braccio e afferrò l’orlo della camicia del capitano quasi senza accorgersene, mentre titubante, ma curiosa, voltava lo sguardo prima a destra poi a sinistra, come a non volersi perdere nulla di quello spettacolo. Daniel le lanciò un'occhiata di rimprovero e spostandola la fece avvicinare a Garrett. Era lui il suo promesso sposo ed era da lui che doveva cercare protezione, possibile che non l’avesse ancora capito? Roger il capomastro e Daniel guidavano il gruppo. Il primo sceglieva cosa acquistare, l'altro pagava. Nilys li seguiva a ruota e come lei Garrett, ‘marinaio scelto’; così l’aveva qualificato il Falco nero stesso, un ruolo che rivestiva una qualche importanza solo a livello linguistico, considerato che, per il momento, rimaneva un marinaio come tutti gli altri, sebbene destinato a sposare la sorella del capitano. Il giovane dimostrava poco più di venti primavere. Mediamente alto, fisicamente asciutto, con gli occhi di un indefinito color verde muschio, i capelli castani e la barba rada, aveva la classica faccia del bravo ragazzo. Se si fosse dimostrato per giunta ricco, avrebbe incarnato ciò che ogni genitore desidera per la figlia, ma doveva evitare di mostrare gli avambracci, su cui era tatuata la sua provenienza. Gli erranti come lui non erano i benvenuti pressoché in nessun angolo dell'Impero, ma lui sperava di essersi lasciato le sue origini alle spalle. Si era imbarcato sulla Vecchia poco più di un anno prima come mozzo, distinguendosi per la sua riservatezza e la sua semplicità, poi, come marinaio, aveva dato prova anche di spiccata intelligenza e di grande lealtà, infine, come guardia del corpo di Nilys, era riuscito a dimostrare un'indiscussa abilità con la spada. Ora che aveva ottenuto il fidanzamento con la ragazza si sentiva in diritto di aspirare a diventare il braccio destro di Daniel, in fondo suo consigliere già supponeva di esserlo. Per una buona ora non fecero altro che gironzolare attorno ai mercanti di beni alimentari. Farine, spezie, frutta secca e cereali sopra ogni altra cosa; cibo non dannatamente tendente a marcire in pochi giorni. Solo dopo qualche ora si concessero il lusso di un buon pasto entrando in una piccola taverna e sedendosi a un tavolo. Oltre a loro era presente soltanto un bardo alticcio, che cercava d’attirare l’attenzione della locandiera approssimando versi mediocri. “Maestri d’arte, maestri d’amore” canticchiava strimpellando la cetra. “Che di magia riempivate il cuore” tentò d’improvvisare. “Nessun uomo potrà immaginare… chi questo mondo vi fece lasciare”.


15 Il giovane, convinto di aver fatto colpo, cercò l’approvazione della padrona di casa, che però non lo degnò di uno sguardo. Non era facile farsi notare dalle giovani e ambiziose ostesse, neanche sfruttando la malinconica storia degli spiriti della foresta, scomparsi anni addietro dai Sei Domini. Come sua abitudine il Falco nero si mantenne silenzioso durante tutto il pasto, mentre Garrett lo era di natura. Sembrava proprio che solo Nilys e Roger avessero voglia di parlare; ma la prima era inibita dal fratello che ancora le imponeva il travestimento e il secondo, per evitar magre figure in mezzo a quel tavolo di muti, si trattenne e continuò a giocherellare con il bicchiere. Mangiarono sino a essere sazi, ovviamente fu il Falco nero a offrire lasciando anche una discreta mancia alla donna che lo guardò da prima stupita, poi ammirata, lanciandogli un largo sorriso malizioso. “Non ve ne andrete a breve, vero signore?” Ben poche donne potevano vantarsi di non aver ceduto al suo fascino. “Oh, mi dispiace deluderla, ma ripartiremo tra pochi giorni” rispose salutandola con un lieve cenno del capo. “Peccato…” osservò lei. “Speravo proprio di potervi rivedere…” Grazie! Con tutto quello che ti ha lasciato! considerò malignamente Nilys. “Ad ogni modo io son sempre qui…” continuò la locandiera, sempre più lasciva e ambigua. “Non lo dimenticherò, signora. I miei saluti” concluse il capitano con un mezzo inchino prima di aprire la porta per andarsene. Uscito dalla locanda, ai commenti maliziosi e insistenti del vecchio Roger, il Falco nero non poté che rispondere sogghignando e dando, infine, una grossa pacca sulla spalla dell'amico. “Siamo o non siamo in libera uscita? Questa sera ci facciamo trovare qui e…” ma quando gli caddero gli occhi sulla sorella minore s'interruppe. Lei era un maschiaccio, questo era indubbio, ma lui ancora conservava quel minimo di buonsenso che gli permetteva di trattenersi dal conversare di certe cose in sua presenza, finezza che la maggior parte degli altri membri dell’equipaggio non aveva mai considerato. Camminarono sotto il sole cocente del primo pomeriggio, fecero gli ultimi acquisti, scambiarono qualche chiacchiera tra di loro e, solo infine, quando Daniel decise che voleva passare un po’ di tempo solo con la sorella, Garrett e Roger si ricordarono che avevano altro da fare. “Voglio che tu mi segua in un posto” si limitò a dirle.


16 Lei non poté far altro che annuire mesta; chiedere spiegazioni in quel momento, lo sapeva, era inutile. Ma Nilys era, disgrazia sua, giovane e piena di positività. Positività e immaginazione. Positività e voglia di realizzare un sogno che si vergognava di nutrire ancora. Si ritrovò a pensare che il fratello l’avrebbe riportata a casa, che avrebbero fatto visita a loro madre, che le sarebbe stata data una spiegazione a tutto: al loro allontanamento improvviso, alla mancanza di contatti durante quel lungo periodo e al perché di tante altre piccole cose. Infine, quella che all’inizio era consapevole essere solo una fantasia, si trasformò in una certezza. Seguì il fratello radiosa, senza batter ciglio, mantenendo un’andatura veloce e saltellando entusiasta, ma purtroppo quella speranza venne spezzata presto. I primi dubbi affiorarono in lei quando cominciarono a percorrere un sentiero stretto e ripido che portava verso una collina, a ridosso della costa. Lei ricordava d’esserci già stata, ma non riusciva a portare alla mente né il perché né la destinazione finale. La vegetazione era brulla e per lo più bassa. In cima vi era uno spiazzo sabbioso, al centro del quale si ergeva il luogo di culto più importante della zona. L’imponente Tempio della dea proteggeva da sempre la città, il suo porto e i suoi commerci; era il punto dove i credenti si recavano per pregare e offrire sacrifici. La costruzione era di marmo, massiccia, nel complesso austera e solenne. Due file di colonne scanalate si susseguivano precedendo il tempio vero e proprio, privo di porte, al quale si accedeva tramite un’ampia apertura frontale. “Nessuno deve chiedere permesso per parlare con gli dei” proferì il Falco nero nel salire la scalinata, apprestandosi a varcare la soglia. Nilys non si mosse, un po’ delusa e un po’ spaventata dall’improvviso incontro con i luoghi di una religione da lei mai praticata. Rimase immobile a osservare il fratello finché non fu lui a chiamarla. Lei cominciò lentamente a salire le scale, non rendendosi conto che quanto stava provando era timore reverenziale. L’odore forte di incenso riempì le sue narici nauseandola, mentre il fumo denso che rimaneva imprigionato all’interno della grande sala principale cominciava a farle lacrimare gli occhi. “Questo non è il posto per me” si affrettò a dire, compiendo qualche passo indietro, dopo aver visto la grande e maestosa statua della dea Ethrill che si ergeva austera al centro della sala.


17 “Non dire sciocchezze e non far capricci inutili, se ti ho portato con me ho le mie ragioni. Adesso vedi di rivolgere le tue preghiere alla dea come conviene in questi casi, avanti! E cavati il mantello, non ti serve un travestimento qui dentro” le intimò il fratello sottovoce, ma mantenendo il suo fare autoritario. La ragazza obbedì mugugnando qualcosa. Si inginocchiò ai piedi di quell’Ethrill marmorea e gigante che incuteva rispetto. Cominciò così la sua preghiera interiore. Proteggi la Vecchia e tutto il suo equipaggio. Fa che nessuno osi più pensare che la mia presenza a bordo porti sventura e, nel caso, frena la mia mano e la mia lingua perché da sola, in verità, penso di non esserne capace. Fa in modo che non sia costretta a sposare Garrett, mio fratello ha combinato tutto solo perché pensa che lui non rimarrà un pirata in eterno e che, quindi, possa riportarmi a vivere sulla terraferma... non capisce che la mia vita è in mare. Per favore, fa che se ne renda conto. So di non conoscere le parole giuste per pregarti, non è colpa mia, non mi sono state insegnate, ma immagina che io le abbia dette... Le si formò un blocco in gola. Non stava parlando, non veramente, ma faticò a continuare. Non credo di esser la persona adatta a chiedere il tuo aiuto, io che non ho mai acceso un cero in tuo onore, forse preferisci soddisfare prima i desideri di chi ti è veramente devoto… Quindi si trovò sul punto di voler chiedere un favore alla dea. Un grosso favore, ma si fermò. Forse non aveva il diritto di farlo, suo fratello si era sempre preso cura di lei e non le aveva mai fatto mancare nulla, mentre sua madre, a quel che ne sapeva, l’aveva abbandonata. Eppure lo fece. Ti prego, fammi aver notizie di mia madre, voglio solo sapere il perché. Ed era vero, non voleva altro che conoscere la verità sul suo passato. Nel frattempo il suo sguardo si era fatto serio e triste. Se ne accorse anche il Falco nero, che le appoggiò con gentilezza una mano sulla spalla sinistra, invitandola a seguirlo. Con stupore di Nilys, però, non si diressero verso l'entrata da cui erano passati poco prima, bensì verso il fondo della sala. Giunsero a una piccola porticina di legno, quasi invisibile da lontano tanto era in ombra. Daniel l’aprì e fece segno alla sorella di seguirlo all’interno di uno stretto corridoio illuminato solo da quattro feritoie sulla parete destra. Sul terminare del passaggio si poteva scorgere un’altra porta, semplice e decadente; in tutto e per tutto identica alla prima. Il Falco nero bussò. “Avanti, avanti…” rispose una voce.


18 Entrarono in uno stanzino tutto sommato piccolo o forse reso tale dall’enorme quantità di cianfrusaglie che vi erano ospitate, tutte rigorosamente ammassate senza apparente ordine logico. In piedi su uno sgabello, intenta a sistemare sopra una scaffalatura ricoperta di polvere una pila di libri e alcune pergamene, stava una donna dall’età indefinibile. Alta, dai fianchi un poco abbondanti e le spalle larghe, con lunghi riccioli castani che le incorniciavano il viso e le ricadevano sino alla vita. Esta sarebbe stata una bella donna, non fosse stato per l'aria trasandata e la fuliggine che le macchiava il viso. “Ah, sei tu…” disse voltando il capo per poi balzare giù dal suo trespolo. “Del resto solo tu e il Sommo Sacerdote entrate nel mio studio passando per il tempio, anziché per l'altra porta” continuò, indicando un'entrata più larga che dava sull'esterno della costruzione. “Timetheous, però, tenta sempre di evitarmi. Evidentemente teme che possa ricordargli quali sono i doveri che deve ancora compiere. …” precisò. La donna si avvicinò a loro due e osservò con attenzione la ragazza, studiandola spudoratamente. “Immagino che questa sia tua sorella, vista la somiglianza” concluse dopo alcuni secondi. “Sono Nilys” “Nilys, ovvero mia sorella” “Io sono Esta, ma bando ai convenevoli, cosa posso fare per voi? L’ultimo articolo che mi è arrivato è fenomenale, me lo hanno portato dei commercianti dalla terra di Lillia”. Il Falco nero, che bene sapeva dove intendesse arrivare l’altra, la bloccò subito. “No, no, no, Esta. Siamo qui perché questa sciagurata ha avuto una visione, o, almeno, credo ne abbia avuta una” “Oh!” esclamò lei sedendosi sul suo scanno e studiando con interesse la ragazza, sebbene la sua espressione non fosse troppo convinta. “Ma ne sei sicuro? Voglio dire, è altamente improbabile, mai nessuno nella tua famiglia ha avuto il dono della vista, e certe cose si trasmettono con il sangue, credi a me”. Il Falco nero sospirò e spiegò alla donna l’accaduto, pregando che potesse fornirgli una soluzione adatta. Esta lo guardò attentamente, portandosi una mano al mento, poi concluse delusa. “Tutto qui? Pensi che possa bastare?” “Esta, so che può sembrarti una sciocchezza, ma non vorrei che, se dovessimo attraversare un periodo difficile, i miei uomini cominciassero a credere alle vecchie leggende”.


19 La religiosa lanciò un altro sguardo a Nilys che cominciava a sentirsi a disagio; non le capitava di frequente di essere oggetto dell'attenzione di qualcuno. “Stolto chi somma donna e salpare, non fa che provocar gli dei del mare…” canticchiò l'altra senza distogliere gli occhi dalla ragazza e andando molto vicino a scatenare le ire di quest’ultima. “E bla, bla, bla, sciocchezze di questo tipo, vero?” domandò infine. Nilys, raggiante, s’affrettò ad annuire, ma fu Daniel a bloccarla prima che potesse rispondere. “Insomma, vorrei prendere tutte le precauzioni possibili perché non si ripeta” “Ho capito, ho capito. Vedrò cosa posso fare” assentì impaziente Esta, agitando la mano destra e liquidando il Falco nero con un’occhiata rapida, mentre i suoi occhi scuri e grandissimi continuavano a posarsi sulla giovane. “Ah, sapevo che non mi avresti deluso! Sei la più grande sacerdotessa della costa ovest!” la ringraziò Daniel. Sacerdotessa? Pensò Nilys. Questa qui sarebbe una sacerdotessa? “Nella tua famiglia ci sono mai stati casi simili? Certo, tu non lo saprai, ma posso affermare con relativa sicurezza che questo sarebbe il primo. Secondo punto: hai vincolato la tua anima a qualche divinità per riceverne un dono? Certe richieste sono fatte quasi per scherzo, ma rarissime volte vengono esaudite”. Nilys fu un po’ sorpresa da quelle domande e la sua espressione non lo nascose. “Non so neanche come ci si rivolga a una divinità, non so pregarla e figuriamoci se posso conoscere il modo per invocarla. La prima volta che ho provato è stato pochi minuti fa al tempio e certamente non ho chiesto nulla di simile” rispose. La sacerdotessa rabbrividì a quelle parole, lanciò un’occhiata di disappunto a Daniel, cercò di trasmettere al pirata tutto il suo rammarico e poi continuò con le domande. “A volte servono formule precise, a volte basta una semplice imprecazione, ma giunti a questo punto immagino che non ci troviamo di fronte a questo caso, a meno che tu non abbia avuto rapporti con…” “Esta!” sbottò Daniel. “Zitto tu e fammi condurre il mio lavoro!” s'indignò la sacerdotessa. “Allora carina, ti sei concessa a qualche divinità?” riprese interessata. Nilys trattenne a stento una risata. Come era possibile concedersi a una divinità? Non ne aveva mai vista una e, in ogni caso, non poteva assolutamente concepire che fossero fatte di carne e ossa come loro.


20 “Neanche a una minore?” insistette l’altra con una vena di perfidia. “A questo punto immagino che, vista la tua assoluta ignoranza del nostro culto, tu non abbia mai portato con te simboli religiosi, giusto?” Anche la risposta a quel quesito era scontata. “Bene, posso concludere che tua sorella è normalissima e che se i tuoi uomini decidessero di prendersela con lei per qualcosa non dimostrerebbero altro se non che di essere un branco di scimmioni desiderosi di avere un capro espiatorio. Buona serata Daniel” terminò voltandosi e alzando un gran polverone nell’appoggiare a terra alcuni vasi per far posto ad altri libri sugli scaffali già stracolmi. “Ma Esta, sei sicura che…” insistette il pirata. La donna sbuffò. “Devo ammettere che a volte sei davvero insistente. E va bene, fatti portare da Stinco l’Amuleto dei Venti, che impedisce al soggetto che lo indossa di compiere qualsiasi tipo di magia, e sparisci per qualche altro mese, che devo lavorare, io!” Ma di Stinco, l’aiutante che lavorava per il tempio, non c’era nessuna traccia. La donna alzò gli occhi al cielo spazientita. Prese dalla mensola più vicina un grosso amuleto a forma di triangolo, lo lanciò alla ragazza, li salutò con tono risoluto e li fece dirigere verso la porta senza chiedere nessun tipo di pagamento. I due tornarono in prossimità del porto e, dopo circa un’ora di cammino, il Falco nero salutò la sorella e la pregò di far subito ritorno alla nave dal momento che l’ora si stava facendo tarda. Lei non fece storie e si mise a correre verso l’imbarcazione. Il sole era calato dietro all’Arco di Iarim, la catena montuosa che si diramava all’interno dei Sei Domini visibile anche dalla costa. La temperatura era notevolmente diminuita e la luce del giorno cominciava a lasciar spazio alle tenebre. Il perlaceo disco lunare era già immerso nell’abbraccio di un cielo bruno e di una leggerissima foschia. Passo dopo passo, uno più veloce dell’altro, Nilys aveva raggiunto la nave, ma c’era qualcosa che la rendeva inquieta. Un presentimento? Un altro? S’impose di non pensarci. Evidentemente troppi discorsi su sacerdoti e magia le avevano dato alla testa, ma, proprio mentre si ripeteva questo concetto, con la coda dell’occhio scorse sul pavimento legnoso un’ombra. Una figura scura che apparve e scomparve, fulminea. La ragazza si fermò, si voltò e scrutò il ponte. Non notò nulla; nessun rumore, nessuna ombra, niente di niente.


21 Riprese a camminare, decisa ad arrivare nel più breve tempo possibile alla sua cabina, ma ecco provenire da destra uno scricchiolio sinistro. “Chi va là?” gridò voltandosi di scatto e chinandosi ad afferrare il pugnale che teneva nello stivale, portandosi poi, repentina, in posizione di difesa. Ed ecco un altro scricchiolio, questa volta da dietro le spalle. Spaventata si voltò nuovamente e lo vide: un grosso uomo che brandiva una mazza. Senza pensarci due volte tentò di affondargli il pugnale nelle viscere, ma in quel momento sentì solo un dolore lancinante alla nuca. Cadde in avanti, tra le braccia dell'individuo che l’aveva appena aggredita. Stava lentamente perdendo i sensi, ma non voleva darsi per vinta e cominciò a dimenarsi all’impazzata. Purtroppo era una battaglia persa; con un pugno sferrato all’altezza dello stomaco e un manrovescio in pieno volto il grosso bestione le fece perdere ogni speranza. Nilys rovinò a terra e l’uomo che l'aveva colpita cominciò a legarle polsi e piedi.


22

3

L’oscurità era già calata e il caldo afoso del pomeriggio era stato rimpiazzato da un leggero venticello che portava con sé l’odore pungente della salsedine e ne riempiva le vie di Ethrill. Le strade si stavano spopolando, ma la ciurma della Vecchia non aveva ancora deciso di tornare al porto. Sparsi come tante oche per strada, appena fuori dal locale di Juana, gli uomini di Daniel aspettavano che passassero i segni più evidenti della sbronza prima di rimettere piede sulla nave. Nel frattempo il Falco nero cercava di sorvegliarli senza risultare troppo oppressivo, non allontanandosi mai dai paraggi e controllando che nessuno si ficcasse nei guai. Continuava a camminare avanti e indietro per quelle vie senza dire una parola; cupo e pensieroso. Era sempre stato così; ogni volta che sbarcavano in una città importante aveva il terrore di esser scoperto e, di quei tempi, non poteva permettersi di lasciare segni del suo passaggio, non con la flotta imperiale alle calcagna. “Non preoccuparti, in queste condizioni sono pericolosi quanto un gregge di agnellini ancora da svezzare” gli disse Garrett riferendosi ai compagni. “La prudenza non è mai troppa, imparalo” rispose secco il capitano. L'errante era di certo un bravo ragazzo sebbene, a volte, risultasse troppo invadente. “Forse, ma le preoccupazioni eccessive non fanno mai bene” “Il tuo ragionamento ha senso” si limitò a constatare Daniel, senza degnarlo di troppa attenzione. Il Falco nero poteva anche accettare le ragioni altrui, poteva rendersi conto di essere palesemente in torto, ma difficilmente sarebbe tornato sui suoi passi o avrebbe modificato le sue azioni. Del resto non doveva che essere così; questo era quanto tutti si aspettavano da un buon capitano. Da un buon fratello, invece, ci si aspettava che proteggesse sempre la sorella e che cercasse, per quanto possibile, di condurla verso una vita migliore, ma questo Nilys non pareva comprenderlo. Daniel aveva dichiarato il fidanzamento per aiutarla, invece lei aveva cominciato a evitare l'errante. Pensare a questo inconveniente sarebbe stato un compito per il Falco nero, come tutto, del resto.


23 “Senti Garrett, visto che parrebbe tu sia l’unico in grado di camminare diritto e di ragionare lucidamente, vai alla nave, assicurati che Nilys vi abbia fatto ritorno e poi mettiti a controllare la cambusa. La sola sorveglianza del vecchio Sgrunt non mi lascia tranquillo” ordinò dopo alcuni minuti, sperando che l'essere da soli sulla Vecchia potesse scatenare qualcosa di diverso dall'indifferenza tra i due giovani. “Nilys! La apri questa porta sì o no?” a Garrett ci vollero alcuni secondi per capire che Nilys non era sulla nave e per riordinare le idee. Il suo capitano non sarebbe sicuramente stato felice di apprendere che la sorella era sgattaiolata via di notte, disobbedendo alle disposizioni ricevute. Fortunatamente l'errante non cadeva facilmente vittima dell’agitazione; mantenne la calma e pensò che, con ogni probabilità, avrebbe ritrovato la ragazza a gironzolare per le vie di Ethrill. Dopotutto per Nilys trasgredire agli ordini del fratello non era una novità, non vedeva perché questa volta le cose dovessero essere andate diversamente. Il ramingo scese di fretta dalla Vecchia e con passo veloce cominciò a cercare la ragazza nella zona del porto, ma tra tutte le facce che si susseguivano, perlopiù mendicanti e ubriaconi, non scorse quella della sua promessa sposa. La cercò in ogni tipo di locale, vecchie bettole in cui la gente passava il tempo trastullandosi con le carte o con la Piramide del Destino (un gioco a dadi molto amato in quella zona dei Sei Domini) oppure si sfidava al lancio del coltello tra una bevuta e l’altra. Non sarebbe stato affatto sorpreso di scovare Nilys in una situazione del genere, ma la ricerca non ebbe successo. Rendendosi conto che il tempo passava e della sorella del capitano non si era ancora vista l’ombra il sangue freddo di Garrett, per quanto proverbiale tra i suoi compagni, cominciò a vacillare, sebbene la logica continuasse a suggerirgli che l’avrebbe rivista la mattina seguente, pronta a tornare a bordo come se nulla fosse accaduto. In quel momento, però, aveva solo una certezza: doveva avvisare Daniel. Lo trovò intento a far ritorno alla nave. “Nilys non c’è” “Cosa?” “Non c’è” ripeté l'errante agitato.


24 “Dannazione, quella stupida…sarà scesa a farsi un giro al porto, va a vedere se è lì” suggerì il Falco nero, con tono e fare ancora tranquilli. “Non c'è, ho già provato” “Cosa? Dovrò cercarla per tutta la città?” sbottò, più che altro infastidito dalla perdita di tempo che quell’inconveniente gli avrebbe procurato. “Mi sono preso la briga di cercarla in ogni locale del porto. Ognuno. Uno per uno. Bettole e non bettole, ma non l’ho vista”. Il volto di Daniel si accigliò: cominciava a essere in ansia, ma si ostinava a non volerlo dare a vedere. “Torniamo alla nave e aspettiamo domani mattina; è tutto quello che si può fare per ora” ordinò ai suoi uomini precedendoli con passo rapido. Il capitano camminò fino alla Vecchia senza dire una parola. Garrett intuiva la sua preoccupazione, ma sapeva anche che il capitano non avrebbe perso la lucidità e la freddezza che lo contraddistinguevano. Il giovane pirata non osava immaginare come avrebbe reagito il Falco nero al ritorno della sorella e certo non voleva essere nei panni di quest’ultima. Come aveva fatto quella sciagurata a non pensare alle conseguenze del suo gesto? Avventata lo era sempre stata, ma non stupida a tal punto. Una volta giunti sulla Vecchia si salutarono tutti senza troppi convenevoli e se ne andarono a dormire, quando, però, anche le ultime ore della notte passarono e la luna lasciò il suo posto all’aurora Daniel non si sentiva di certo riposato. Mentre l’equipaggio dormiva ancora profondamente soltanto la sua sagoma vagava sul ponte; una sagoma che non si dava tregua, ingobbita e pensierosa. Per quell’ombra il sonno non era stato nient’altro che un continuo stato di dormiveglia tormentato dai pensieri più funesti. Inutile dire che, nel momento stesso in cui i suoi occhi stanchi si posarono sulla chiazza color rosso scuro che imbrattava il ponte, le sue preoccupazioni si raddoppiarono, ma era pur sempre il capitano e doveva mantenere una certa dignità. Non si scompose o, perlomeno, cercò di non farlo. Provò a studiare meglio il tutto senza farsi prender dall’agitazione, ma ai suoi occhi vi era ben poco da studiare. Sangue, non poco, e qualche graffio nel legno. Si diresse con passo svelto alle cuccette dove sapeva che avrebbe trovato Garrett e lo destò. Non fu difficile, dal momento che neanche l'errante stava riposando a dovere. Per quanto non volesse mostrarsi preoccupato, l'assenza di Nilys l'aveva messo in ansia. Forse era colpa sua, forse la ragazza aveva deciso di scappare perché contraria alla possibilità di un matrimonio con lui, forse il suo piano geniale era servito solo a creare un grosso guaio.


25 “Vieni immediatamente sul ponte, voglio farti vedere una cosa” gli intimò Daniel. La testa le doleva, così come le gambe, le spalle e la schiena. Il collo era completamente indolenzito. “Si sta svegliando” sentì pronunciare da qualcuno. A quel punto capì che era stata portata in braccio sin lì e che stava venendo adagiata sul terreno, ma era ancora intontita. Tentò di aprire gli occhi e vide due figure davanti a lei. Due uomini. Uno giovane, alto ed esile, l’altro più maturo e spropositatamente grosso. Ancora non riusciva a metterli bene a fuoco e la scarsità di luce di certo non aiutava a farlo. Era notte fonda e non si trovavano in città. Non una casa, non una strada, non una persona. Soltanto una fiaccola accesa portata dai due assalitori forniva al gruppo quel poco di luce necessaria per proseguire. Tutt'attorno a loro unicamente terra ed erba, altissima e incolta, che ospitava sciami di insetti affamati e insopportabili. “È sveglia, finalmente” disse quello più magro. “Te l’avevo detto che non si era fatta niente, ti preoccupi troppo” “Mi preoccupo troppo? Io mi preoccupo troppo? Un altro po’ e l’accoppavi! Le hai servito un manrovescio che le avrebbe potuto spezzare la mascella!” “Sciocchezze! Sapevi bene che si sarebbe dovuto fare in fretta e questa qui continuava a dimenarsi come una puledra, ho dovuto…” “Sì, hai dovuto, come no…” li interruppe Nilys, cercando di mettersi seduta e rendendosi conto che aveva sia mani che piedi legati. I due uomini, in aggiunta, le avevano tolto anche stivali e cintura. Perfetto: niente pugnali, pensò lei. “Attenta! Non fare movimenti bruschi!” le suggerì gentilmente quello giovane, avvicinandosi e aiutandola a sedersi con una grazia innaturale per un ragazzo. “Hai perso del sangue” l'avvisò. “Molto sangue, per la verità” precisò guardando torvo il compare. Nilys era un po’ turbata da quel comportamento equivoco. Forse a causa della botta in testa non aveva afferrato qualche passaggio di quell’assurda avventura. Ma quelli erano i suoi assalitori sì o no? Cosa importava a loro di come stava? E perché non avevano rubato quanto c’era da rubare nella cambusa e non se ne erano tornati da dove erano venuti senza di lei? E dove erano ora? E dove stavano andando?


26 “Non esagerare, un po’ di sangue, non molto” tentò di giustificarsi quello più anziano. “Sì, Toro, molto sangue. Sicuramente molto più di quanto avrebbe dovuto. Saremo rimproverati sicuramente per questo e certo non abbiamo fatto una buona impressione alla nostra nuova sorella”. Sorella? Nilys non era sicura di aver capito bene. Veramente non era neanche sicura di essere cosciente. Forse stava solo sognando. “Già…” ammise l’altro. “Poverina, chissà per quanti giorni le farà male quel livido” “Hai ragione, hai ragione, ma cosa avrei dovuto fare?” protestò l’uomo, irritato dal fatto che Stinco, ai suoi occhi poco più di un ragazzino, s’assurgesse a gran capo della spedizione e si arrogasse il diritto di rimproverarlo. Il più giovane non rispose, si limitò a guardare Nilys e a sorriderle con fare amichevole, porgendole dell'acqua. La ragazza scansò quanto le venne offerto con decisione, ma lui non si arrese. Frugò nella sua sacca e le offrì un pezzo di formaggio, lei rifiutò decisa anche quello. Quando i due cominciarono a proporle la loro fiasca di vino Nilys si sentì più perplessa che mai. No! Allora non ci siamo capiti! Io sono vostra prigioniera, non dovete essere gentili con me! Non dovete preoccuparvi di quello che voglio mangiare! Non dovete angosciarvi se ho perso troppo sangue e tanto meno se questo livido impiegherà molto tempo a sparire! avrebbe voluto gridare. I due strani figuri si guardarono, portarono le braccia ai fianchi e sospirarono all’unisono, quindi si rialzarono e aiutarono la loro nuova compagna a mettersi in piedi senza dire una parola, facendola camminare nell'erba alta. “Perché ti ostini a non fidarti? D’accordo, ammettiamo di averti fatto prigioniera, ma questo non significa che dobbiamo trattarti male per forza” precisò quello esile e giovane. Nilys si rifiutò di pensare cosa avrebbero potuto implicare quella frase e quel modo di fare, probabilmente non sarebbe riuscita a capirlo comunque. Sperava solo che, perlomeno, avessero una destinazione. Forse, una volta raggiunta, tutta quella storia assurda avrebbe potuto acquisire un senso. Una volta giunto fuori coperta Garrett esaminò la chiazza di sangue sotto il vigile controllo del suo capitano. Sapeva che Daniel si aspettava da lui


27 un resoconto dettagliato di quanto accaduto, così come sapeva che era impossibile fornirglielo; il legno di cui era costituito il ponte non era certo paragonabile al terriccio o all’erba sui quale aveva imparato a leggere le tracce. “Allora?” gli chiese impaziente il Falco nero. “C’è poco da dire…” rispose il ragazzo, abbassandosi per esaminare meglio quanto aveva sotto gli occhi. “Come sarebbe c’è poco da dire? Sei o non sei tu quello tra di noi che ha passato tutta la sua infanzia tra gli erranti, i raminghi del nord? Dovresti essere un esperto di queste cose, dovresti…” Garrett non lo ascoltava, era troppo intento a svolgere il suo compito per poter porre attenzione su un discorso di cui, tra l’altro, poteva immaginare il contenuto. La macchia, per la verità abbastanza grande, in un punto era stata visibilmente strisciata via da qualcosa. Un panno? Dei vestiti? No, dei capelli, dal momento che ne trovò qualcuno intrappolato tra le assi di legno. Capelli lunghi e castani, capelli di Nilys. “Penso che sia caduta, abbia perso del sangue e l’abbiano portata via” La striscia lasciata presumibilmente dalla chioma della ragazza non era tanto lunga. “Poi l’hanno presa in braccio” concluse. Non era tanto, con un po’ d’immaginazione ci sarebbe arrivato chiunque. Stancamente si alzò e scrutò il resto della scena. Solo in quel momento si accorse che vi erano delle impronte, sebbene poco visibili. Impronte rosse, di calzature. Garrett le osservò attentamente prima di aggiungere dell’altro. “Sicuramente c’era un uomo, anche bello grosso a giudicare dalla grandezza della pianta del piede, ma forse c’era anche un altro individuo, però non posso affermarlo con altrettanta sicurezza” “E dove sono andati?” “Fuori dalla nave, altro non riesco a dirvi…” Daniel e Garrett erano precipitosamente giunti alla prima e più elementare conclusione. Nilys era stata fatta sparire da un membro della ciurma. Ma c’era solo una persona in tutto l’equipaggio che poteva odiare a tal punto la ragazza e questa non era in grado sopraffarla in uno scontro fisico. Mentre il Falco nero, però, aveva imparato che la soluzione più semplice non corrisponde mai a verità e preferì ponderare ulteriormente sull’accaduto, Garrett era passato immediatamente all’azione.


28 Non che l’errante fosse impulsivo per natura, ma aveva preso l’accadimento come un’offesa personale. Sgrunt aveva sicuramente provveduto a eliminare Nilys a causa dei suoi pregiudizi e facendo ciò aveva compromesso l'ascesa di Garrett dimostrandone l'incapacità di difendere la ragazza. Il vecchio non ambiva a posizioni più elevate e non vedeva il ragazzo come un avversario, ma, semplicemente, non sarebbe mai sottostato ai comandi di uno sporco errante. “Chi hai pagato?” sbraitò il ramingo spingendo lo storpio in un angolo della cambusa, dove l’aveva trovato attaccato a un una bottiglia di liquore. “Allora è vero che vi va subito il sangue alla testa…” sibilò con tono ironico l’aggredito sputando poi a terra. Garrett non si fece fermare dall’insulto. “Voglio i nomi! Dimmi chi è stato!” Il vecchio non si scompose. Spalle al muro, aveva ancora il coraggio di replicare cinicamente. “Mi spiace, non ne so niente, ma non ti nascondo che sarei orgoglioso di avere macchinato un piano simile”. Per Garrett quelle parole furono troppo. Accecato dall’odio spintonò l’insolente a terra. Il fracasso che stavano causando, però, aveva cominciato a richiamare l’attenzione di altri pirati. Non importava quanto Sgrunt palesasse la sua zoppia chiedendo appoggio, tutti gli spettatori avevano cominciato a incitare il ramingo a colpire nuovamente. Fortunatamente Garrett era abbastanza assennato da evitare di cominciare una rissa, però questo non placò il Falco nero che alla vista di uno spettacolo tanto pietoso intimò a tutti d’uscire e ordinò all’errante di seguirlo. Con suo grande rammarico Garrett non era stato in grado di intravedere i centinaia di indizi che potevano scagionare Sgrunt. Il Falco nero sospirò serio, l'ombra di alcune storie che aveva sentito in passato calò su di lui mentre constatava che l’artefice del rapimento di sua sorella era da cercare fuori dalla nave. Portò le braccia ai fianchi e guardò Garrett dritto negli occhi, distogliendo lo sguardo dal mare, unico spettatore di quel dialogo. “Pensi che qualcuno avrebbe rischiato tanto solo per i pochi spiccioli in possesso di Sgrunt?” Daniel aveva ragione. Nessuno a bordo della Vecchia l’avrebbe fatto, proprio perché tutti ricordavano il modo in cui era stato punito il vecchio


29 la prima e unica volta che tentò di uccidere Nilys. Per la stessa ragione Sgrunt non ci avrebbe mai riprovato, non era sciocco sino a quel punto. Fu proprio in quel momento che alcuni membri della ciurma si avvicinarono al capitano per riferirgli come il pirata, secondo la loro opinione, fosse innocente: semplicemente non poteva aver ordito nulla dal momento che era sempre stato in compagnia di alcuni compagni. Seccava ammetterlo, ma pareva proprio estraneo all'avvenimento. Detto ciò il gruppetto si ritirò dal ponte non senza l'impressione che tale onestà li avesse indotti a commettere uno sbaglio. “Non posso salpare” dichiarò dopo alcuni istanti il capitano. “Lo so, Daniel” rispose Garrett. Comprendeva bene le ragioni di tale affermazione dal momento che neanche lui poteva lasciare il porto. Sorvegliare Nilys era un suo compito, soprattutto da quando aveva accettato di sposarla. “Tuttavia non posso costringervi a rimanere a terra. Tanto più che abbiamo l’Impero alle calcagna” constatò il capitano. “Penso che tutti accetterebbero volentieri il tuo comando. Ti rispettano come capitano e si fidano di te: se ordini di non salpare nessuno oserà contraddirti” tentò di rassicurarlo il ramingo, che però capiva bene la pericolosità insita in un piano simile. “Quanto vorrei che fosse vero. Sì, mi rispettano, non lo metto in dubbio, ma se la cosa dovesse protrarsi a lungo non saprei come tenerli a bada. Comincerebbe a dilagare il malumore e farebbero presto a rimpiazzarmi e a ripartire con la mia nave e un altro capitano. Non posso imporre loro un ordine che può condurci a questo. Sono la mia ciurma e io sono il responsabile della loro sorte. Sono uomini di mare, non posso tenerli in città troppo a lungo. Qui hanno tutti, chi più chi meno, dei demoni da cui scappare”. A Garrett udire il suo capitano parlare in quel modo provocò uno strano effetto; un po’ lo commosse, un po’ lo fece sentire in debito, un po’ gli diede la forza di proporre una soluzione alternativa. “Fa riunire il Concilio. Domanda di partire alla ricerca di tua sorella e attendi la decisione”. L’idea dell’errante era quantomeno ardita. “Potrebbe essere negativa” “Tutti adorano Nilys; non lo sarà” “Non esserne tanto sicuro. Lei è mia sorella ed è stata accettata per questo, ma la ciurma è legata alle vecchie tradizioni e la storia di Sgrunt non è certo stata utile a migliorare la sua posizione a bordo” “Solo qualche idiota potrebbe dar retta a Sgrunt, gli altri saranno con te. Non sono io a doverti ricordare che il plebiscito vale per tutti”.


30 Il capitano annuì. “Hai ragione. Il consenso ottenuto con il voto sarà sicuramente più forte del consenso ottenuto con l’imposizione e se queste sono le mie due uniche alternative credo proprio di non aver scelta... inoltre ogni pirata che si rispetti si ritiene vincolato alla decisione del Concilio”. Era vero. Anzi, era sacrosanto. Il Concilio consisteva in una riunione straordinaria di tutto l’equipaggio che veniva indetta in occasioni particolarmente delicate. Al suo interno tutti godevano del diritto di voto e ogni posizione aveva la stessa importanza. Era l’unico caso in cui la parola del capitano equivaleva a quella dell’ultimo mozzo imbarcato. La decisione era detta, appunto, plebiscito, ovvero, in quel contesto, la legge per tutti i componenti della ciurma. Le modalità con cui questo rito si compiva erano rimaste invariate nei secoli e si narrava che fosse stato Rakon, il primo dei pirati, a introdurre questa forma di voto. Rakon poteva essere definito come un eroe della categoria, tanto più che secondo la leggenda, quando giunse il momento della sua morte, Satil, il dio delle acque che lo aveva in simpatia, decise di regalargli nuove sembianze; gli donò una meravigliosa coda da pesce, quindi lo invitò a unirsi a lui nella sua dimora, dove avrebbe goduto per sempre dell’opulenza della sua corte. Appeso al soffitto ondeggiava un vecchio lampadario che reggeva due grossi ceri, ma che non riusciva di certo a illuminare sufficientemente l'ambiente angusto. Riunito nella penombra, tutto l’equipaggio della Vecchia attendeva attorno al tavolo di legno che la votazione avesse inizio. Il capitano esordì tentando di rimanere impassibile. “Come sapete ieri notte mia sorella è scomparsa. È scomparsa e io non ho la minima idea di dove possa essere, tanto più che sul ponte sono state ritrovate tracce che inducono a pensare al rapimento. Mia sorella la conoscete. È su questa nave da circa due anni, probabilmente più di quanto la maggior parte di voi possa vantare. È un membro della ciurma. È un buon elemento. È scaltra e conosce bene il mare, per non parlare del fatto che ha sempre mostrato la massima fedeltà verso il nostro gruppo. Come capitano non me la sento di abbandonare un pirata simile. È per questo che chiedo il vostro intervento. La mia proposta è di fermarci qui a Ethrill per qualche tempo, onde provare a ritrovarla. Capisco però che questo potrebbe implicare diversi disguidi per voi che siete uomini di mare. Nilys, però, rimane mia sorella e io rimarrò qui in ogni caso, anche per dovere morale


31 nei suoi confronti. Questa volta non me la sento di decidere anche per voi. Rimetto nelle vostre mani le nostre sorti, compagni”. Detto questo Daniel sospirò pesantemente, guardò i suoi uomini uno a uno e poi pronunciò la formula solenne con la quale si dava ufficialmente inizio al rituale. “Apro questo Concilio in nome di Satil, implorando che la sua conoscenza di quello che è stato, che è e che sarà possa guidare la nostra parola”. Iniziò così la notte del dibattito; ovvero il lasso di tempo in cui i membri dell’equipaggio discutevano tra loro le varie implicazioni della scelta e, infine, votavano. Si poteva esprimere il proprio giudizio nel momento in cui si desiderava, purché prima che sorgesse il sole, e nel farlo bisognava pronunciare l’espressione rituale in modo esatto, altrimenti il voto sarebbe stato annullato, dopodiché ci si doveva allontanare. Ognuno poteva scegliere di partecipare o meno, ma non farlo era considerato segno di scarso interesse verso la vita di bordo, marchio che certo non avrebbe desiderato nessun pirata, almeno secondo i canoni di chi formava l’equipaggio della Vecchia. Dopo le parole del capitano calò il silenzio in tutta la stanza. Garrett sapeva già che avrebbe votato per rimanere in porto, ma non poteva permettersi di abbandonare la discussione sul nascere. Dal momento che chi esprimeva la propria opinione doveva poi allontanarsi, riteneva più fruttuoso partecipare al dibattito per ostacolare chi avrebbe tentato di convincere il resto della ciurma a salpare. Roger, invece, non era dotato d’altrettanta astuzia. Era un buon pirata, questo era vero, e sul campo di battaglia sapeva il fatto suo, ma per le questioni diplomatiche era negato. Candidamente, alzandosi per primo, pronunciò la formula correttamente e dichiarò il suo favore all’idea del Falco nero, quindi si allontanò lasciando cadere la sua moneta nel recipiente dei favorevoli. Garrett l’osservò senza dire una parola e altrettanto fece Daniel, guardarono gli altri e questa volta fu Sgrunt a parlare. “Dunque? Devo forse ricordarvi io le vecchie usanze? Nessuna femmina a bordo! Nessuna! Guardate in che stato ci ha ridotti! Sono mesi che l'Impero ci da la caccia. Mesi che scappiamo! E questo ancora non è nulla! La sua influenza negativa è ridotta perché lei è ancora giovane! Se continuerà a essere con noi anche una volta cresciuta e divenuta donna diventeremo cibo per squali!” Garrett mal sopportava l’ignoranza, soprattutto quando veniva ostentata con tale superbia. “Sono accuse infondate! Nient’altro che sciocche superstizioni! Tutti i pirati sono ricercati, con o senza donne a bordo!


32 Invece che parlare di cose non probabili, parliamo di fatti! Parliamo di lei come se fosse uno di noi. Ottimo lanciatore di coltelli. Ottimo marinaio. Fedele compagno. Questo è quello che so. E questi sono i fatti. E la nostra legge ci impone di aiutare gli altri membri dell’equipaggio. Chi osa contraddirla?” Ma Sgrunt lo interruppe, additandolo. “Tu, tu che sai sempre tutto cadi in un errore così grossolano… lei non è un membro dell’equipaggio! Lei è la sorella del capitano, tenuta a bordo per nostra gentile concessione! Concessione che è ora di revocare! Devo forse ricordarti io che Rakon stesso, quando dettò le regole della pirateria, impose la presenza di soli uomini sulle nostre navi?” tuonò lo zoppo, spostando il dito contro gli altri uomini e indicandoli uno a uno, proseguendo poi con voce sempre più minacciosa e ritmo sempre più incalzante. “Devo forse ricordarvi io cosa accade a chi non rispetta le regole del nostro fondatore? Del pupillo di Satil?” In quel momento Robbio, un ragazzino dai capelli rossi e dal fisico minuto, si alzò e con voce tremante pronunciò la formala: lui non avrebbe appoggiato Daniel. “Attribuisci a Rakon ciò che non è provato esser stato detto da lui! Giochi sulla paura dei tuoi compagni e sul rispetto che nutrono per il nostro fondatore!” riprese poi Garrett, ora più che mai deciso a tener testa al vecchio. “Ma io vi dico che fu il Vecchio Gilar, il vostro precedente capitano, il primo a decretare che delle donne su una nave non sono una sciagura. Sapete tutti che fu lui a mettere insieme questa ciurma e a renderla così famosa! Fu lui a conquistare questa nave! Fu lui il miglior pirata del suo tempo! Pensate dunque che un uomo del suo calibro potesse far una scelta che attirasse le ire di Satil su di sé? Il timore che nutriva verso il suo dio è tutt’oggi leggenda, osate negarlo? Non eravate dunque voi a dire che era guidato dallo spirito di Rakon? Mentivate o vaneggiavate forse?” Questa volta fu il turno di Rualto, anche lui pronunciò la formala e quindi espresse il suo appoggio a Daniel. La notte proseguì su questi toni e il dibattito fu così intenso che alla fine i due duellanti erano stanchi come se avessero combattuto con spade anziché con parole. Mancava solo un’ora al sorgere del sole quando, finalmente, tutti espressero il loro voto, decidendo così il futuro della Vecchia.


33

4

Il sole era sorto già da diverse ore, ma ancora i suoi rapitori non accennavano a volersi fermare sebbene, di tanto in tanto, Stinco si rivolgesse a lei per chiederle se desiderasse mangiare qualcosa o per assicurarle che non mancava troppo all’arrivo. Stinco… dove l’ho già sentito questo soprannome? si chiedeva Nilys mentre avanzava tra la vegetazione, con i polsi legati e il gladio dell’uomo più grosso, il Toro, che le punzecchiava la schiena intimandole di proseguire. Da che aveva ripreso coscienza non aveva fatto che interrogarsi; inizialmente sul perché l’avessero catturata, poi su dove si stessero dirigendo e, infine, sui nomi dei suoi rapitori. Certamente Stinco e Toro non potevano essere i nomi scelti dalle loro madri, a meno che non si trattasse di donne dal dubbio gusto. Probabilmente erano originari di Ethrill, dove ai ragazzi veniva affibbiato un soprannome che li avrebbe contraddistinti fino al resto dei loro giorni e che avrebbe soppiantato il nome originale, il quale, di lì in avanti, sarebbe risultato utile solo nella redazione dei documenti ufficiali. Quando era partito, dieci anni prima, Daniel aveva già il suo: Falco, per la sua straordinaria capacità visiva. In quell'occasione gli ethrilliani non avevano di certo dato prova di grande immaginazione, ma al ragazzo l'appellativo piacque tanto che lo mantenne anche tra i pirati. Nilys, invece, come la maggior parte delle ragazze, ne era sprovvista poiché, di norma, quell'usanza era riservata ai maschi. La primavera era agli sgoccioli e la calura estiva si faceva già sentire. La fronte della ragazza si stava imperlando di sudore e le loro riserve idriche cominciavano a scarseggiare, quando giunsero di fronte al fiume Eco, il più grande corso d’acqua che bagnava quella zona della costa ovest. Nilys cercò subito d’intuire dove potessero trovarsi con esattezza, riportando alla mente le vecchie mappe del fratello, ma la capacità di concentrarsi le difettava. I rapitori erano intenti a cercare la loro zattera tra la vegetazione alta che cresceva sulla sponda del torrente e la trovarono in pochi minuti, qualche decina di metri più avanti. Non attesero oltre per cominciare la traversata che durò relativamente poco, del resto quella era una zona in cui l’Eco riduceva drasticamente la distanza tra le rive.


34 Come ridiscesero a terra, lasciato il compito di nascondere nuovamente la zattera al Toro, Stinco avvisò Nilys. “Per noi è un onore averti nel nostro gruppo, tuttavia, volendo evitare spiacevoli inconvenienti, dobbiamo informarti che se mai qualcuno, per tua bocca, dovesse venire a sapere come raggiungere il posto dove ci stiamo dirigendo, avrai decine e decine di abilissimi guerrieri alle calcagna. Per ucciderti, ovviamente”. Lei si domandò se da quelle parti fossero soliti dare avvertimenti del genere alle ‘sorelle’ mentre li guardava stranita; non era esattamente abituata a essere minacciata di morte da chi, fino l’istante prima, l’aveva trattata da regina. Neanche Garrett, che aveva tradito la sua amicizia usandola per i suoi fini, era stato capace di tanto. “E perché non mi avete bendato allora?” “Lui non voleva” rispose atono il Toro. “Lui?” chiese Nilys rivolgendo il capo verso Stinco. “No” risposero gli altri due in coro. “Allora lui chi?” richiese, esasperata. “Vedi, ragazzina, è difficile spiegarti ora chi è lui, ma immagino che lui preferirebbe presentarsi di persona. A ogni modo lo saprai presto” tagliò corto Stinco, mentre si assicurava che la zattera fosse nascosta adeguatamente. Nilys, nel frattempo, li guardava con sospetto, espressione che non era insolita sul suo volto. “Ma vi rendete conto che qui ci può arrivare benissimo chiunque? Non abbiamo fatto altro che camminare verso est e attraversare il fiume!” “Piano!” l’ammonirono nella speranza di farle abbassare la voce. “Non è che non si debba sapere dove è qui, ma cosa è qui!” “E cosa sarebbe qui?” la ragazza non capiva se l'avesse stancata di più il viaggio o la compagnia. Lasciò cadere le sue domande nel vuoto evitando d'aggiungerne altre che, stando a quanto era riuscita a intuire, non avrebbero trovato risposta. “E va bene, e va bene! Basta che ci muoviamo ad arrivare da questo lui!” sbuffò infine, cercando di non perdere la calma. “Hai fretta, ragazzina?” “Ho fretta?” rispose accalorata ai due rapitori. “Voi che ne dite? Non siete stati capaci di dirmi niente! Posso sapere cosa mi accadrà una volta raggiunta questa maledetta destinazione?” li rimproverò, ma sui loro volti si stava dipingendo un’espressione strana, un’espressione che sembrava implorarle di tacere. Le ci volle qualche secondo per capire che la domanda non era giunta da quei due singolari figuri. Si volse di scatto, dalla vegetazione stava avanzando un’ombra.


35 “E quindi la nostra ospite non è rimasta contenta del vostro operato…” disse il nuovo venuto, facendo segno agli altri due di allontanarsi. La sorella del Falco nero annoverava diversi difetti, ma di certo nessuno poteva dire che non fosse sveglia. “E adesso tu chi saresti? Il lui di cui parlavano un attimo fa?” chiese, mentre Stinco e il Toro si dileguavano. “Perspicace, brava”. Passò qualche secondo in cui nessuno dei due disse nulla, ma Nilys, si sa, non disponeva di grande pazienza e, oltretutto, il tono saccente con il quale l’uomo le aveva rivolto la parola non le era piaciuto affatto. “Non dovresti presentarti ora?” “Hai dimostrato di saper già chi sono” “D’accordo, signor lui, io sono Nilys, Nilys di Ethrill” “Veramente mi risulta che a Ethrill tu ci abbia passato ben poco tempo ultimamente” “Allora Nilys e basta, o Nilys da Derag, come più ti aggrada” rispose con ben più di una punta d’ironia. “Bene, Nilys, io sono Draug”. Finalmente anche lui era riuscito a svelare la sua identità. Non che questo cambiasse di molto le cose. Draug era un nome abbastanza comune nei Sei Domini, sebbene non appartenesse propriamente a quella zona, ma fosse più in uso nelle città della costa nord. “Se mi sleghi i polsi ti potrei anche stringere la mano” la ragazza cercò di sfidare la sorte e la pazienza dell'altro, ma se pensava di avere a che fare con un novellino si sbagliava di molto. Quell'uomo ‘faceva la guerra’ da molto tempo prima di quando lei aveva cominciato a giocare ai pirati. “Hai ragione” rispose lui tagliando le corde che le legavano le mani. “Ma lasciati ricordare che le tue armi le abbiamo noi, come i tuoi stivali, che questa è la mia terra e che questo luogo pullula dei miei uomini” “Ehi, non avevo mica intenzione di scappare!” Invece l’aveva, eccome! Inoltre la sua impulsività le stava suggerendo di buttarlo a terra e correre verso la zattera, ma la stazza dell'uomo la fece desistere. “Non ho mai dubitato delle parole di una donzella. Dunque, venendo a cose più serie, potrai cavalcare su Igoro fino alla nostra destinazione, del resto immagino che il viaggio ti abbia stancato”. A quelle parole Stinco e il Toro sbucarono fuori dalla vegetazione da cui era uscito il loro capo un attimo prima portando quello che a Nilys pareva solo un banalissimo palafreno nero. Anche in questo caso, però, si sbagliava, come il veterano non mancò di farle notare. “Igoro è un ottimo cavallo. Forte, robusto, resistente. Capirai che se ti do il permesso di montarlo ti sto facendo un grosso favore”.


36 Nilys guardò l’uomo con espressione indecifrabile. Lui mi fa un grosso favore e io non ho idea di come si monti su quel coso! Scommetto che se glielo dico si offende pure… ma queste furono tra le poche parole che non trovò mai il coraggio di pronunciare. “Come mai quella faccia?” domandò Draug non intuendo minimamente i pensieri della ragazza. Non ottenendo risposta decantò ancor più dettagliatamente l’animale sottolineandone il fisico asciutto ed energico, senza trascurare il comportamento mordace e il portamento elegante. Quando l'animale le fu vicino, complice anche la presentazione regale fornita da Draug, Nilys impallidì nel capire che lei non arrivava nemmeno alla spalla di quel portento. “Alto, come vedi. Al garrese più alto di te. Adatto a cavalieri esperti…” Ecco, appunto, esattamente quello che non sono, fu tentata di sottolineare. “Pelle sottile che lascia trasparire la muscolatura ben definita, manto morbido e morello…” Morello? “Criniera e coda lisce, ma corpose…” “Ehm, aspetta” si decise finalmente a interromperlo. “Io non so cavalcare neanche un asino”. Il veterano, per tutta risposta, scoppiò a ridere. Se quella sciacquetta pensava davvero che le avrebbe lasciato cavalcare lo stallone aveva ancora molto da imparare sugli uomini e sui cavalieri. Nessuno poteva toccare il loro cavallo e lei non faceva eccezione. “Se credi che qualcuno che non sia io o pochi altri uomini fidati possa portare questo esemplare ti sbagli di grosso! Io davanti e tu dietro, ragazzina. A meno che tu non voglia provare l’ebbrezza di trovarti con l’osso del collo rotto”. Nilys sospirò rassegnata e, grazie all’aiuto del Toro, montò finalmente in groppa a Igoro per percorrere l’ultima tappa del viaggio. Forse non avrebbe mai provato l'ebbrezza di trovarsi con l'osso del collo rotto, ma quella d'esser rapita da un tipo egocentrico e megalomane la conosceva benissimo. Quel Draug cominciava a ricordarle Daniel e la cosa preannunciava tempesta. Presero a percorrere uno stretto sentiero che si snodava sempre più in profondità nel Giardino degli Dei, mentre Stinco e il Toro rimanevano indietro, essendo costretti a continuare a piedi. “Andiamo alla base” la informò senza che lei avesse chiesto nulla. “Se tu sei una di noi quello è il nostro villaggio, se tu sei una semplice cittadina dell’Impero quello è il vecchio tempio di Ethrill, se tu sei una che sa della nostra esistenza quello è Eth, per il momento ti basti conoscere questo”.


37 Quando venne avvisata dell'arrivo Nilys dovette allungare il collo. Draug stava davanti a lei ed era troppo alto perché potesse vedere qualcosa senza spostarsi. Innanzi ai suoi occhi, nel mezzo della fitta vegetazione, sorgeva una strana e rudimentale struttura bassa e massiccia a pianta rettangolare, dalle rifiniture arcaiche e rovinate dallo scorrere del tempo. Sulla facciata spiccavano tre monumentali aperture e quella centrale, da sola, risultava grande quanto la somma delle due laterali. “Noi viviamo qui. La sala centrale è la mia, la trovi dritto per dritto, seguendo il corridoio al quale accedi dall’ingresso principale. Prima della mia sala, sulle pareti di destra e di sinistra, troverai l’accesso a un’infinità di piccoli spazi in cui i sacerdoti di un tempo si rintanavano a riflettere e innalzare preghiere a Ethrill; si tratta di celle abbastanza grandi da ospitare uno o due pagliericci senza troppe difficoltà. Ti sistemerai in uno di questi, per noi sono delle camere, dovrebbe essercene ancora qualcuna libera. Ogni camera, come avrai intuito, ha due entrate, quella collegata al corridoio principale e l’altra, che versa su uno dei due corridoi laterali…” tentò di descriverle l'uomo. “Percorrendoli si arrivava a un grosso giardino situato al centro della costruzione, dietro la sala principale. Quello spazio aperto è l’area in cui solitamente ci alleniamo. Più dietro, invece, troverai alcuni capannoni, sono i nostri magazzini e le nostre stalle”. Nilys sentì il torace di Draug sollevarsi sotto la sua stretta e alzò lo sguardo; l’uomo stava sorridendo spavaldo. Era orgoglioso di quanto descritto. I suoi lineamenti marcati, evidentemente, non erano in grado di celare le emozioni. La voce di Nilys, però, arrivò puntuale alle sue orecchie come una nenia petulante, destandolo dai suoi pensieri. “Quando saprò?” “Cosa?” “Tutto!” “Dopo. Una donna ti ha preparato un bagno caldo. Scendi da cavallo ed entra nel vecchio tempio, la troverai ad attenderti. Quando sarai pronta potrai mangiare, ti dirigerai nella mia stanza e, solo in quel momento, saprai” “Ma…” le parole le morirono in gola. Il tempo che la separava dalla conoscenza era troppo, infinito, ma non aveva la forza di controbattere. Del resto era stata abituata ad attendere i comodi altrui da quando era ancora una bambina e ogni mattina sperava che fosse giunto il momento in cui, finalmente, qualcuno l’avrebbe ricondotta a casa da sua madre. Aveva atteso per ben otto anni che qualcuno la portasse via da Derog e poi ne aveva dovuti aspettare altri due perché Daniel le concedesse di visitare Ethrill, cos’erano poche ore al confronto? Inoltre era stanca, dolorante e


38 affamata; se voleva mettere qualcosa sotto i denti le conveniva non creare noie. Fu così che Nilys mise piede per la prima volta nel vecchio tempio, mentre l'uomo la guardava avanzare pensieroso. Come poteva essere diversamente? Non era certo così che la gente s’immaginava la figlia di una dea. La ragazza varcò la soglia sentendo gli occhi di Draug puntati su di sé e la cosa la infastidì, ma non ci pensò a lungo. Vide subito la donna di cui lui le aveva parlato, si chiamava Ericlea, era molto alta, aveva spalle e fianchi larghi e un aspetto regale, al limite dell'autoritario. Vantava due occhi neri e profondi, vispi come quelli di una giovane, e portava i capelli raccolti sulla nuca. L’unico segno dell’età avanzata erano alcuni fili argentei tra la chioma e una sottile ragnatela di rughe attorno agli occhi. “Mi segua” le disse con tono inespressivo, ma sorridendole rasserenante. Nilys lo fece e fu condotta in una cella. Vi si accedeva tramite una porta fatta di sbarre, esattamente come se si trattasse di una prigione, ma l’intimità dell’interno era protetta da una pesante tenda color porpora. Come le aveva spiegato Draug, in fondo alla stanza vi era un’altra porta che conduceva a uno dei corridoi laterali tramite i quali si giungeva al giardino centrale. All’interno di quella ‘camera’ stavano un giaciglio fatto di paglia, una cassapanca e una tinozza colma d’acqua fumante; molto più di quanto possedeva sulla Vecchia. “L’ho finita di riempire proprio ora. Spero che il bagno sia di suo gradimento” fece la donna. “Andrà benissimo”. Ericlea annuì benevola e allungò il braccio nella tinozza, afferrando una spugna. “Cosa vuoi fare?” chiese Nilys allibita. “Che domande, la lavo”. A nulla servirono le proteste della ragazza che asseriva di sapersi lavare da sola; alla fine fu costretta a spogliarsi e a immergersi in acqua. “Sei una serva?” chiese alla donna. Non vedeva come poteva essere diversamente, per questo rimase stupita quando la donna affermò d'esser sì stata in servizio presso una delle più importanti famiglie funzionarie di Deros, ma di aver scelto di sua spontanea volontà di dedicare il suo lavoro a servire il villaggio. “Immagino ci sia bisogno di una persona con molta esperienza per rendere il giusto benvenuto a qualcuno del suo calibro” “No, guarda, ci deve essere un errore…”


39 L’altra sorrise. “Può darsi che ci sia, ma ora non è importante. Al limite assaporerai cosa significa essere una funzionaria, il che non è certo cosa di tutti i giorni” concluse Ericlea, decidendo autonomamente di abbandonare l'uso delle forme reverenziali verso quella ragazzetta che, doveva ammetterlo, già le piaceva. Il lato pragmatico di Nilys, che era stata sia sguattera che mozzo di bordo, pensò che la donna avesse ragione, se il fato le offriva un trattamento da regina, chi era lei per rifiutarlo? L’acqua era fumante e Ericlea si preoccupò di lavarle la schiena e i capelli castani, ai quali applicò uno strano intruglio profumato. La fece poi alzare e le porse dei vestiti puliti. Nilys, da che aveva memoria, aveva sempre posseduto solo due completi: quello estivo e quello invernale. Al limite, se proprio era costretta a lavare i suoi panni, indossava qualcosa di Daniel. Quei nuovi abiti, oltretutto, le piacevano. Non erano straccetti da tortura femminili, ma comode tenute da caccia, come le aveva fatto notare l’altra. Indossò i pantaloni di pelle e una casacca di lino, decorata semplicemente agli orli, legata in vita da un’ampia fascia, poi la donna prese a lisciarle i capelli, districandole i nodi uno per uno con un pettine d’osso, operazione tutt'altro che indolore. Perché fosse pronta alla cena ci vollero quasi due ore, passate le quali Ericlea l'accompagnò nella stanza centrale; la stanza di Draug. Era uno spazio ampio e al centro si trovava un tavolo sopra il quale potevano scorgersi vecchie mappe e qualche pergamena logorata dal tempo. Draug la stava attendendo e bastò un suo gesto della mano per far sì che Ericlea cominciasse a sgombrare il tavolo, congedandosi solo a lavoro finito con un mezzo inchino e dichiarando che la cena sarebbe stata servita a minuti. Nilys si sedette in attesa che l'altro facesse altrettanto, finalmente era giunto il momento tanto atteso! “Ora immagino tu voglia sapere tutto... dammi solo il tempo di capire da dove cominciare…” “Dal perché sono qui? Non ti sembra un buon inizio?” “Inizio? Oh, no, quella è soltanto la fine mia cara! L'inizio pare oramai così lontano... a ogni modo sì, credo proprio che comincerò da lì”. In quel momento Ericlea e Stinco entrarono con le portate, ma Draug fece loro cenno di non far rumore e proseguì il discorso mentre i due


40 apparecchiavano e servivano una zuppa fumante di cipolle e carote, a giudicare dall'odore. “Vi è stato un tempo in cui ogni città si governava in tutto e per tutto autonomamente. Veramente, non son passati troppi anni da allora…” Nilys annuì senza intervenire, certe cose erano talmente elementari che le conosceva pure lei, inoltre la sua attenzione era completamente rapita dalla pietanza che aveva davanti agli occhi. “All’epoca facevo parte dell'esercito regolare di Deros, ma come tu saprai, dieci anni or sono, per combattere gli invasori che venivano da oriente, le nostre città si riunirono sotto un vessillo comune e formarono la Lega dei Sei Domini. Così divenni un soldato imperiale, ma preferisco non parlare di questo capitolo della mia vita”. La ragazza annuì ancora, ma quella spiegazione aveva già l'aria di essere troppo lunga per i suoi gusti. A lei interessava sapere perché si trovava lì e basta. “Scongiurato il pericolo in teoria tutto sarebbe dovuto tornare come ai vecchi tempi, ma l'ambizione e la sete di potere fecero decidere alle città di rimanere ancora unite sotto la stessa egida e di andare alla conquista dei territori orientali da dove proveniva il nemico. All'inizio non sembrava male. La cooperazione tra le diverse capitali aveva fruttato non pochi vantaggi, ma tutto ciò...” “Tutto ciò portò all'inizio di una guerra di conquista verso le terre orientali che ancora non vede fine e al rafforzarsi della Lega, che, se in un primo momento s'occupava solo della vita militare di noi cittadini, con il passare dei mesi passò a voler comandare anche i restanti aspetti della quotidianità, sino a che non diventò quello che esiste oggi: l'Impero dei Sei Domini. Detto questo?” “Vedo che sei informata”. Non poteva non esserlo. Non con un fratello che continuava a lamentarsi degli imperiali giorno dopo giorno e con un futuro marito che le ripeteva nozioni di storia, sia antica che contemporanea, sino allo sfinimento. “Non su tutto. Per esempio, non so perché sono qui” puntualizzò. “La nascita dell'Impero portò alla fine dell'autonomia politica, amministrativa e militare di cui avevano sempre goduto le città. Prima il Sommo Sacerdote era la più alta carica cittadina, ora non è che un subordinato dell'imperatore, così come i nostri funzionari. Il nostro esercito non può più esserci, è divenuto illegale, può esistere solamente quello imperiale.


41 A parte ciò, il più grande cambiamento rispetto al passato, è che oggi giorno le città devono essere unite e non possono farsi la guerra tra di loro come erano solite fare. Per fartela breve io e buona parte dei miei uomini, disertando le truppe regolari, abbiamo deciso di costituite Eth come schiera di resistenza e simbolo di libertà”. La ragazza notò perplessa che Draug continuava a parlare di 'nostri' funzionari e 'nostro' Sommo Sacerdote, come se fosse un ethrilliano lui stesso, contrariamente alle origini dichiarate in precedenza. “Ed è un male che non possano più nascere guerre interne?” Nilys non era affatto sicura di essere la persona giusta per poter definire cosa fosse bene e cosa no; era pur sempre membro di una nave pirata, ma quanto affermato dal veterano le risultava inconcepibile. “In teoria no. In pratica, però, siamo solo uomini ed è impossibile per noi dimenticare i vecchi conflitti perché ci viene imposto dall'alto, così come pare essere impossibile domare il desiderio di ogni città di voler primeggiare sulle altre o quello di ogni Sommo Sacerdote di governare sugli altri, che poi è la stessa cosa”. Nilys era incredula. L'uomo non rispondeva a nessuno dei suoi interrogativi, ma tutta quella storia si stava facendo affascinante. “In sostanza... Ethrill è la perla dei Sei Domini. La sua posizione strategica fa sì che possa primeggiare nei commerci, sia quelli via terra che quelli via mare. Il suo clima mite rende i raccolti sempre abbondanti. La nostra biblioteca è la più grande dell'Impero e attira studiosi provenienti da ogni dove. Siamo oggetto di numerose invidie, soprattutto da parte di Deros, che sembra si stia organizzando per attaccarci”. L' ex militare evitò di precisare che erano già stati mandati degli uomini in avanscoperta e che erano tornati senza confermare quella supposizione. “Cosa? E perché? E come? Deros non ha un esercito!” “Oh, no, ma in teoria neanche Ethrill, eppure noi siamo qui”. L'affermazione dell'uomo era incomprensibile. Non solo era illegale costituire altri eserciti oltre a quello imperiale, ma era a dir poco impossibile che nessuno fosse mai venuto a conoscenza di ciò. Quegli uomini non sapevano a cosa stavano andando incontro. Forse l'imperatore era già informato riguardo la loro posizione, forse avrebbe teso loro un agguato a giorni, forse erano già accerchiati... “Penserai che sia strano che l'Impero non ci abbia ancora scoperto, vero?” domandò Draug quasi leggendole nel pensiero. “Per una ragazzina della tua età è normale ragionare in questo modo, ma vedi piccola, l'Impero non è altro che un grosso ammasso di imbecilli accecati dal miraggio di


42 conquistare terre lontane da qui, ben lungi dal pensare ai suoi problemi interni. Certo, di tanto in tanto invia qualche soldato, ma non attende mai troppo prima di richiamarlo verso le zone di confine. Anche ora, che abbiamo il sospetto che Deros stia organizzando un attacco verso la nostra città -attacco contrario a ogni legge vigente- non ha mosso un dito. È passato più di un mese da quando il nostro Sommo Sacerdote ha inviato all'imperatore la prima richiesta d'aiuto, eppure non abbiamo ricevuto risposte concrete. Anche alcune delle più importanti famiglie funzionarie sono intervenute, ma con pochi risultati”. Nilys rimase allibita. Da quanto le stava raccontando l'uomo pareva proprio che il Sommo Sacerdote della divinità, massima autorità religiosa e politica, fosse a conoscenza dell’esistenza del villaggio di dissidenti. Anche questa volta fu il veterano a chiarirle la situazione. “Se non ci fossi ancora arrivata, ti comunico che il Sommo Sacerdote è il finanziatore di tutto ciò. Eth sta ancora in piedi esclusivamente per merito suo. Gli siamo comodi, nella speranza che la nostra presenza serva a fomentare il desiderio di indipendenza dei suoi cittadini, i quali ovviamente non ne sono completamente all'oscuro”. Nilys cercò di non dare a vedere lo stupore e tentò di riprendere le fila del discorso, ragionando su come quanto le stava venendo raccontato potesse avere a che fare con lei. “Quindi mi hai rapito perché cerchi l'aiuto dei corsari? Guarda. Sarò pure la sorella del Falco nero, ma ti assicuro che non sono poi così importante” precisò tra un cucchiaio di zuppa e l'altro, senza farsi alcun problema nel rivelare la sua identità: oramai dava per scontato che Draug la conoscesse. Lui, invece, la guardò un attimo stupito; a quanto pareva la ragazza era sin troppo ingenua, ma, in fondo, doveva riconoscerle di possedere dell'inventiva. Tentò di decidere se dietro a Nilys si nascondesse molto meno che la sorella di un pirata famoso o molto di più. “No, ma la tua idea non sarebbe stata male. Però non è questo il motivo. Tuo fratello è un pirata, se ci alleiamo a lui diventeremo dei fuorilegge” “Ma già lo siete!” “No! Attenzione! Formalmente siamo solo un gruppo di onesti cittadini che teme per la propria incolumità e che ha chiesto aiuto a chi ha il dovere di proteggerlo…” Nilys decise di non voler capire e, inoltre, quel particolare non le interessava assolutamente. “Io ancora non so perché mi avete rapito” “Perché tu sei la nostra salvatrice”. La ragazza cominciò a credere di essersi addormentata dopo aver fatto ritorno alla nave; probabilmente stava solo vivendo un sogno bizzarro.


43 Forse, l'indomani mattina, non avrebbe nemmeno ricordato nulla di quella conversazione assurda... Draug percepì la sua indecisione e le afferrò le mani guardandola negli occhi, bisognava ammettere che in quanto a determinazione aveva ben pochi rivali. “Nilys, tu sei la prescelta, tu sei la figlia della dea!” Il silenzio calò su di loro, quella dichiarazione aveva a dir poco dell'inverosimile. Lei non aveva parole. Continuò a osservarlo allibita attendendo che le venisse fornita una spiegazione razionale e credibile, ma capì ben presto che non l'avrebbe ottenuta. Cercò dentro di sé il modo per contraddirlo, rendendosi conto che non ne sarebbe stata capace. Come poteva essere figlia di una dea se lei gli dei a stento li conosceva? “È la cosa più assurda che io abbia mai sentito” dichiarò incredula portandosi un cucchiaio di zuppa fumante alla bocca. “Non so neanche pregare, figuriamoci se posso essere la figlia di una divinità!” “Sciocchezze. Tutti sanno pregare” osservò l'altro guardandola con un'aria di sufficienza che la fece sentire terribilmente inadeguata e fuori posto. “Corrispondi alla ragazza della profezia. Questo è quanto” “Profezia?” “Sì. Come dice la profezia vieni dalle onde del Grande Mare. Vieni portata da uno degli uomini che più di ogni altro in questi tempi è caro agli dei. Sei nativa di questa città. Non hai un padre, non conosci il tuo potenziale, ma questo esploderà in tutta la sua grandezza con la tua crescita. Il primo potere che scoprirai di avere sarà la visione del futuro, esattamente come ti è capitato sulla nave…” “Aspetta!” esclamò bruscamente. “Come sai delle visioni?” “Stinco l'ha capito subito, non appena ha sentito la tua storia, al tempio. Anche per un ragazzo giovane come lui è stato facile riconoscere in te la nostra protettrice”. Improvvisamente tutto quello che le era accaduto nelle ultime ore cominciò ad assumere forma e sostanza. Ecco perché quel nome non le era sconosciuto, Stinco era l'aiutante della sacerdotessa! Come aveva fatto a non ricordarselo prima? “Dice di aver origliato la vostra conversazione, ma non fargliene una colpa, l'ha fatto per dovere. Fortunatamente io mi trovavo in città, così è corso ad avvisarmi. Purtroppo, però, avevo alcune faccende urgenti da sbrigare qui al villaggio, quindi ho affidato a lui e al Toro l'incarico di portarti da me”.


44 Nilys addentò un pezzo di formaggio particolarmente buono, intenta a chiedersi se fosse più assurdo l'essere stata rapita, l'esserlo stata perché ritenuta la figlia di una qualche dea o trovarsi all'interno di quel covo di fuorilegge. “So che potrà sembrarti incredibile, ma la profezia corrisponde. Vieni dal mare. Vieni portata dal Falco nero, colui che, più di ogni altro uomo ai nostri tempi, è protetto dalla benevolenza degli dei, provieni dalla nostra città e non hai famiglia, ma stai crescendo e solo ora cominci a conoscere i tuoi veri poteri, la tua vera natura. Nilys, sei tu la nostra salvatrice, sei tu la figlia di Ethrill” “Ma io ho una madre. Una madre in carne e ossa” protestò lei, visibilmente spaesata. “Ma certo, Ethrill ha permesso alla tua madre mortale di partorire la forma umana di sua figlia. Mi pare ovvio che non potevi mostrarti al mondo con le tue sembianze divine, ne saremmo morti, gli uomini non sono ancora pronti per una tale visione. Ma non è la prima volta che succede, sai? Anche altre divinità, prima di lei, mandarono tra noi impuri i loro figli e questa prole si trasformò in leggenda! Ovviamente lo saprai già, il contrario sarebbe imbarazzante. Non conoscere queste cose sarebbe sinonimo di un'ignoranza a dir poco paurosa!” concluse spavaldo e sicuro di sé, commettendo un grosso errore. Per sua sfortuna Nilys non solo non sapeva nulla dei miti religiosi della sua terra d'origine, ma era anche molto orgogliosa; non avrebbe mai ammesso la sua ignoranza e, ancor di meno, l'avrebbe fatto davanti al suo rapitore. Si alzò dalla sedia all'istante. “Voglio dormire. Sono stanca e il mal di testa dovuto al trattamento che mi hanno riservato i tuoi uomini è insopportabile. Buonanotte” disse categorica lasciando il militare solo. Draug rimase attonito a guardare il tendaggio purpureo dell'entrata ondeggiare: aveva osato andarsene! Quella stupida aveva osato lasciarlo a metà della cena!


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5

Il sole si ergeva dalle calme acque al largo del porto di Ethrill, ma Garrett non prestava attenzione a quello spettacolo secolare. Tutt'altro; gli occhi verdi del giovane pirata erano assenti, lontani mille miglia da lì e assorti in scomodi pensieri. Negli ultimi anni era sempre riuscito a ottenere quanto prefissato e tornare ad assaporare la sconfitta non era certo semplice per lui. “Sono solo un mediocre” affermò senza voltarsi verso il suo capitano. “Non pensarci. Sgrunt a volte…” “No, Daniel. Non ci sono parole utili” la voce era rassegnata, ma risoluta, le spalle ricurve e lo sguardo perso. Quella notte troppi pensieri avevano bussato alla sua porta senza essere invitati. Mostrarsi ferito, però, non faceva parte della sua indole. Poteva anche essere un debole, ma per nessuna ragione avrebbe dovuto darlo a vedere; si sarebbe reso vulnerabile e questo non poteva permetterselo. Fare il pirata per il resto dei Sei Domini poteva anche significare essere un miserabile fuorilegge, ma per lui voleva dire fuggire dallo stato di reietto per costruirsi un avvenire. Non era diventato il braccio destro del Falco nero per la sua fama di essere un piagnucolone: anche questa volta avrebbe dovuto reagire. “Basta. Se non possiamo avere l'appoggio degli altri è inutile pensarci, accontentiamoci di poter rimanere sulla nave per qualche giorno e guardiamo avanti. Non siamo stati sconfitti del tutto, in fondo”. Daniel sorrise. Capiva benissimo che l’altro fingeva una felicità che non gli apparteneva, ma stette al gioco; a volte fingere uno stato d’animo è il miglior modo per approdarci. “Hai ragione. Il concilio ha votato per lasciare Ethrill, ma nonostante questo buona parte della ciurma ha deciso di seguirmi. Come capitano sono molto onorato di ciò e sono anche molto fiero di te”. Nonostante nutrisse pareri alterni a proposito, in quell'attimo il Falco nero pensò di aver fatto la scelta giusta riguardo al futuro della sorella. L'errante si sforzò di sorridere, ma durante la notte i suoi demoni terrestri erano tornati prepotentemente a tormentarlo per mezzo della lingua tagliente di Sgrunt. Non avrebbe mai potuto cancellare il suo passato, così come non avrebbe mai potuto lavar via i tatuaggi che gli ricoprivano le braccia, segno indelebile della sua provenienza. Eppure anch’essi


46 facevano parte di lui e, presto o tardi, avrebbe dovuto capirlo. C'era stato un tempo in cui poteva permettersi di credere d'esserseli lasciati alle spalle, ma era tristemente giunto a termine. Poco distanti da loro, Aga, Miros e Lucans, tre giovani pirati imbarcati da pochi mesi, stavano attendendo nuovi ordini, mentre i loro compagni erano ancora sottocoperta. Anche loro avevano deciso di appoggiare Daniel nella sua ricerca, se non altro perché sicuri che il Falco nero avrebbe continuato a pagarli, almeno per i primi tempi. Lucans e Aga erano originari della stessa città, Ortaka, situata al centro dei Sei Domini, poco distante dal Deserto d'Ossa e consacrata all'adorazione del dio Ortak, identificato con la guerra, la lotta, le passioni e la forza. Erano entrati a far parte della ciurma da poco, ma avevano dimostrato di sapersela cavare bene come pirati. Miros, invece, veniva da molto più lontano, da una terra chiamata Lillia che, per gran parte degli abitanti dei Sei Domini, era leggenda più che realtà. Una zona situata a nord-est dei Sei Domini, ben oltre i Sacri Boschi di Pacta, ultimo confine settentrionale dell'Impero. Vedendoli il Falco nero decise che quella sarebbe stata la squadra con il compito di perlustrare la città alta e che sarebbe stata guidata direttamente da lui. Infondo quella zona non era vasta e più persone rischiavano solo di dare nell'occhio, inoltre non si trovava esattamente nei panni di chi avesse molta scelta... I quattro pirati partirono una volta che Daniel ebbe finito di propinare le varie indicazioni a Garrett sui restanti particolari della ricerca, con circa un'ora di anticipo sugli altri due gruppi che avrebbero dovuto occuparsi, rispettivamente, del centro città e della zona portuale. Miros e Aga riuscivano a mimetizzarsi piuttosto bene tra i cittadini di Ethrill. Entrambi castani e dalla carnagione abbronzata, potevano benissimo esser scambiati per abitanti del luogo. La stessa cosa non si poteva dire per Lucans. I capelli biondi, del resto rari anche nella sua città d'origine, davano all'occhio quanto il maglio, dal quale non si separava mai. Nonostante questo, complice anche l'orario più che mattutino, giunsero dalle parti del tempio senza esser disturbati e cominciarono immediatamente le ricerche in quell’area, dove si poteva trovare ben poco oltre alle abitazioni funzionarie. L'immensa struttura era un gioiello architettonico senza eguali tra le costruzioni dei Sei Domini e non si sarebbe potuto trovare abitante dell'Impero in grado di non provare un forte senso di devozione a quella


47 visione; dopotutto la dea Ethrill era una dei sei sovrani dei domini primordiali, quelli scomparsi assieme alla nascita dell'uomo e il cui nome -Sei Domini, appunto- continuava ancora a indicare quell'insieme specifico di terre. Il mito diceva che Tenebra e Splendore, esistenti prima di ogni altra cosa, crearono queste lande e le diedero in dono ai loro primi sei figli: Satil, signore incontrastato dei mari, governatore dell'Arcipelago che portava il suo nome, al largo della costa occidentale. Pacta, madre della vita e dei raccolti, che estendeva il suo dominio dalle Verdi colline sino al confine settentrionale del regno. Ortak, incarnazione della guerra, il quale pretese e ottenne il regno a cavallo tra l'Arco di Iarim e il Deserto D'Ossa. Fornost, padrone dei venti, a cui venne ceduto il comando sulla costa meridionale. Deros, enigmatico custode dei morti, al quale spettava l'amministrazione delle lande che si estendevano dalle Piccole Alture fino al Grande Mare. Infine, Ethrill, la più splendente delle figlie di Tenebra, la quale ricevette il potere sul fertile territorio che dalle spiagge occidentali seguiva il corso del fiume Eco, percorrendo il rigoglioso Giardino degli Dei. Ma in quel gruppetto male assortito di giovani pirati c'era qualcuno che non poteva comprendere tutto questo. "Inutili e superflue sono le costruzioni in onore di chi non esiste…” s'apprestò a osservare il lilliano. Aga e Lucans si lanciarono uno sguardo seccato; Miros si apprestava a tener loro un'altra lezione di religione non richiesta. “Fermati, non ti vogliamo ascoltare” “Avete paura del confronto?” “Tu parli del nulla” replicò Lucans. “Noi parliamo di cose visibili a tutti!” continuò cercando di far capire all'amico quanto sciocco fosse credere in cose intangibili, come faceva lui. A quelle parole Aga alzò gli occhi al cielo, aveva capito che gli sarebbe toccato assistere all'ennesima diatriba religiosa tra gli altri due. “È qui che sbagli! Io parlo del tutto, non del vuoto!” “Fammelo vedere questo tutto e poi forse ti dirò che hai ragione!” “Perché, tu vedi forse Ethrill, o Satil... o Ortak?” chiese Miros ancora calmo. “Io vedo le stelle, il mare e la guerra!” Il lilliano non mancò di obiettare come le cose non combaciassero. “È la forma con la quale si fan vedere da noi!” insistette l’ortakese.


48 “E perché? Me lo puoi spiegare? Che senso avrebbe non mostrarsi?” domandò Miros a un sempre più accaldato Lucans, che, però, non aveva risposte. “È l'Energia a creare e governare tutto. Ciò di cui tu parli non è che il frutto della vostra mente” “E allora i nostri sacerdoti con chi parlano?” “I vostri sacerdoti dicono di parlare. Al più credono di parlare con gli Dei. I nostri eremiti studiano, imparano e agiscono comprendendo l'Energia e a volte riescono persino a manipolarla facendolo vedere a tutti. Tramite la manipolazione dell'Energia riescono a sovvertire il corso naturale degli eventi, non ne hai mai sentito parlare? Eppure è cosa nota a molti e documentata da diverse persone. Chi ha mai sentito una divinità parlare con un sacerdote?” “I vostri eremiti non sono altro che tre vecchi dispersi per chissà quali montagne a predicare il bene per…” “No! Sciocco. Non il bene! L'Equità!” Lucans, rosso in viso e visibilmente alterato, stava per rispondere, ma Aga decise di intervenire. “Su, basta. Non ci può capire. Viene dal suo paese e crede nelle sue....ehm... 'cose', non diamogli peso” “Il nostro amico dimostra di essere saggio, ascoltiamolo” concluse Miros, mentre Lucans cercava di ritrovare la calma. Dentro di sé Draug sperava di trovare una sola buona ragione per rispedirla da dovere era venuta, ma sapeva benissimo che oramai era impossibile; tutti i suoi uomini avevano appreso la notizia dell'arrivo della figlia di Ethrill tra loro e tutti si erano lasciati cullare dalla speranza che, finalmente, la dea avesse deciso di aiutarli a riportare la loro città agli antichi splendori. Lasciarla partire li avrebbe resi insoddisfatti e, quel che era peggio, troppo vulnerabili. Nessuno meglio di lui sapeva quanto fosse importante il morale degli uomini durante una battaglia e se per raggiungere i suoi scopi avesse dovuto inginocchiarsi ai piedi di quella ragazzina viziata, ebbene, l'avrebbe fatto. Inoltre, pensare al terrore che avrebbe provato Igarius, il Sommo Sacerdote di Deros, nell'apprendere che la ragazza era giunta ad aiutarli come annunciato dalla profezia, e immaginare il suo volto mentre ne veniva a conoscenza valeva di per sé lo sforzo di sopportarla, per quanto potesse essere irritante.


49 Si alzò dal tavolo solo una volta terminata la cena e si diresse verso la stanza di Nilys. L'ultima remora lo raggiunse quando mancava solo un passo a destinazione, ma non se ne curò. Con fare deciso aprì la cella e attraversò le tende. “Ehi!” gridò lei. Non che l'avesse svegliata, tutt'altro. Sebbene stesse raggomitolata sotto le coperte in realtà stava escogitando un piano di fuga per l'indomani mattina, ma lamentarsi le dava una certa soddisfazione. “È questo il modo di entrare nella stanza di una ragazza?” “Non vedo ragazze” rispose lui d'istinto per poi mordersi la lingua. Doveva convincerla a rimanere di sua spontanea volontà abbracciando la loro causa; solo così avrebbe avuto qualche speranza di farla obbedire ai suoi ordini. “D'accordo, ricominciamo. Scusami, ma vivere prima nell'esercito e poi in questo villaggio mi ha fatto evidentemente dimenticare le buone maniere. Sono imbarazzato, se mia madre sapesse che son diventato un tale barbaro se ne vergognerebbe con tutti gli altri membri della casata” “Casata?” Lui la guardò sorpreso, dimenticava sin troppo spesso che chi non lo conosceva non poteva saper nulla delle sue origini altolocate, del resto era passato così tanto tempo che, a volte, se ne scordava lui stesso. “Già, la mia famiglia è funzionaria da generazioni”. Nilys ne rimase stupita. Per quanto ricordasse lei non aveva mai parlato con un funzionario. Loro, solitamente, ricoprivano i ruoli più importanti all'interno delle città e si tramandavano quelle posizioni di padre in figlio generando una cerchia ristretta e inaccessibile di persone dalla mentalità chiusa e bigotta. “E come ha fatto un funzionario a finire qui?” domandò andando subito al punto, come era solita fare. Lo sguardo di Draug si fece cupo. Si trattava di avvenimenti risalenti a decenni prima, ma non per questo meno dolorosi. “E come ha fatto una ragazzina a finire su una nave di pirati? La vita, a volte, prende strade impensabili”. Nilys non rispose a quella che le suonò come una provocazione. Si limitò a coprirsi le gambe nude con il lenzuolo pulito che Ericlea le aveva procurato e a voltare il capo dall'altra parte. “Nilys…” sospirò lui avvicinandosi. “Ti prego, ti prego, noi abbiamo bisogno di te! Sei la nostra unica speranza, l'unica!” ammise stringendole le mani tra le sue e sforzandosi di guardarla come se stesse pregando Ethrill stessa di concedergli una grazia.


50 “Dimostra di amare ancora la terra dei tuoi padri! Noi non abbiamo che te!” continuò sedendosi accanto a lei, sul suo pagliericcio. “Non temere per tuo fratello, non appena raggiungeranno nuovamente questo porto mi impegnerò personalmente affinché siano avvisati riguardo la tua posizione. La vostra nave è salpata questa mattina all'alba. Cosa potresti fare tu ora, da sola, in città?” mentì. La notizia rattristò Nilys, la quale, però, non si aspettava certo che il fratello anteponesse i vincoli di sangue alla ciurma. “D'accordo, rimarrò qui sino a che non rientrerà in porto la Vecchia” concesse infine. Il capo villaggio gustò il dolce sapore della vittoria scimmiottando un sorriso smagliante che, forse, alla penombra delle candele, poteva anche apparire naturale. Farla sentire indispensabile aveva funzionato. Funzionava sempre, con tutte le donne. FINE ANTEPRIMA CONTINUA...


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