Anteprima - Malattie infettive pediatriche

Page 1

Susanna Esposito Andrea Pession

Malattie infettive pediatriche

Prefazione

In un’epoca in cui la medicina si evolve di continuo e nuove sfide emergono costantemente, è fondamentale disporre di risorse aggiornate e approfondite per comprendere e affrontare le malattie che colpiscono i bambini. Le malattie infettive rappresentano una delle principali cause di morbilità e mortalità in età pediatrica in tutto il mondo. La loro gestione non solo richiede competenza medica, ma anche una comprensione approfondita degli agenti eziologici, dell’epidemiologia e delle strategie di diagnosi, prevenzione e controllo.

È con grande piacere e responsabilità che presentiamo questo volume dedicato alle malattie infettive pediatriche, che si propone di fornire una panoramica esauriente e aggiornata su questo importante ambito della medicina. Attraverso una trattazione chiara e approfondita, speriamo di offrire ai medici e a tutti i professionisti della salute un’utile risorsa per affrontare queste sfide con competenza e consapevolezza.

Nella prima sezione, abbiamo trattato gli agenti eziologici causa di malattie infettive pediatriche, dai batteri ai virus, dai protozoi ai funghi fino ai parassiti. La loro variabilità e la loro capacità di mutare e adattarsi rendono essenziale una costante vigilanza e una comprensione sempre aggiornata delle modalità di trasmissione, dei fattori di rischio e dei meccanismi patogenetici.

Nella seconda sezione abbiamo illustrato le manifestazioni cliniche in rapporto all’età del bambino e i principi generali della gestione clinica. Ogni capitolo è strutturato in modo da fornire una panoramica completa della malattia, comprese le caratteristiche cliniche, le modalità di diagnosi, le opzioni terapeutiche e le strategie preventive. Una particolare attenzione è riservata alle malattie infettive emergenti e riemergenti, in un contesto in cui la globalizzazione e i cambiamenti ambientali posso -

no favorire la diffusione di nuovi patogeni o la ricomparsa di vecchi. È fondamentale che gli operatori sanitari siano preparati ad affrontare queste sfide in continua evoluzione e questo libro fornisce gli strumenti necessari per farlo.

Da ultimo, vi è un’appendice in cui abbiamo descritto i principali test diagnostici, l’immunizzazione attiva e passiva e le raccomandazioni per soggetti o situazioni a rischio. È importante sottolineare che la prevenzione riveste un ruolo essenziale nella gestione delle malattie infettive pediatriche. Pertanto, abbiamo dedicato ampio spazio alla discussione dei programmi di vaccinazione, delle pratiche di igiene e delle misure di controllo delle infezioni, anche nosocomiali, fornendo consigli pratici per proteggere i bambini e la comunità dalle malattie infettive.

Profonda gratitudine va a tutti coloro che hanno contribuito a realizzare questo libro, offrendo una prospettiva diversificata e aggiornata su questo vasto argomento. È grazie al loro impegno che possiamo offrire una trattazione esaustiva, riflettendo le più recenti evidenze scientifiche e le migliori pratiche cliniche.

Infine, rivolgiamo un invito agli operatori sanitari di ogni livello a utilizzare questo libro come guida e risorsa nella loro pratica quotidiana. Affrontare le malattie infettive pediatriche richiede non solo competenza clinica, ma anche un approccio empatico e consapevole delle sfide che i pazienti e le loro famiglie devono affrontare. Con una solida base di conoscenza e una dedizione al servizio, possiamo lavorare insieme per garantire un futuro più sano e prospero per tutti i bambini.

Buona lettura e buona pratica clinica.

I curatori Susanna Esposito Andrea Pession

Indice generale

Parte A - Agenti eziologici

Batteri

Febbre ricorrente da Borrelia recurrentis

Micoplasmi genitali: Ureaplasma urealyticum, Mycoplasma hominis e Mycoplasma genitalis

o endemico: Rickettsia typhi

Tifo epidemico o dei pidocchi: Rickettsia prowazekii

8.3.3 Tifo delle boscaglie o fluviale giapponese: Orientia tsutsugamushi

8.3.4 Febbre bottonosa del Mediterraneo: Rickettsia conorii

Prefazione III Autori IV
1 - COCCHI GRAM POSITIVI 4 1.1 Stafilococchi 4 1.1.1 Staphylococcus aureus 4 1.2 Stafilococchi coagulasi-negativi (CoNS) 10 1.3 Streptococchi 13 1.3.1 Streptococcus pyogenes 13 1.3.2 Streptococcus agalactiae 19 1.3.3 Streptococchi del gruppo C o G di Lancefield 22 1.3.4 Streptococchi viridans 23 1.3.5 Streptococcus pneumoniae 24 1.4 Enterococchi 26 2 - COCCHI GRAM NEGATIVI 31 2.1 Infezioni da Moraxella catarrhalis 31 2.2 Infezioni da meningococco 33 2.3 Infezioni da gonococchi 38 3 - BACILLI GRAM POSITIVI 43 3.1 Corynebacterium diphtheriae 43 3.2 Mycobacterium tuberculosis 45 3.3 Micobatteri non tubercolari 52 3.4 Listeria monocytogenes 54 4 - ENTEROBATTERI 58 4.1 Introduzione 58 4.2 Enterobacter 59 4.3 Escherichia 60 4.4 Klebsiella 64 4.4.1 Klebsiella granulomatis 64 4.4.2 Klebsiella pneumoniae 65 4.5 Proteus 66 4.6 Salmonella 67 4.7 Serratia 70 4.8 Shigella 71 4.9 Yersinia 74 4.9.1 Yersinia enterocolitica e pseudotuberculosis 74 4.9.2 Yersinia pestis 76 4.10 Pseudomonas 78 4.11 Stenotrophomonas 80
5 - COCCOBACILLI GRAM NEGATIVI 82 5.1 Bartonella 82 5.2 Brucella 83 5.3 Bordetella 84 5.4 Campylobacter 86 5.5 Haemophilus influenzae 87 5.6 Helicobacter pylori 88 5.7 Kingella 90 5.8 Legionella 92 6 - SPIROCHETE 95 6.1 Introduzione 96 6.2 Treponemi 96 6.2.1 Sifilide congenita 9 6 6.2.2 Sifilide acquisita 9 9 6.3 Leptospira 100 6.4 Borrelia 103 6.4.1 M alattia di Lyme da Borrelia burgdorferi sensu lato 103 6.4.2
106 7 - BATTERI ANAEROBI 10 9 7.1 Introduzione 109 7.2 Clostridium botulinum 109 7.3 Clostridium tetani 112 7.4
difficile 114 7.5 Actinomyces 118 7.6 Altre infezioni da batteri anaerobi 118 8 - BATTERI INTRACELLULARI 123 8.1 Mycoplasma 123 8.1.1 Mycoplasma pneumoniae 123 8.1.2
127 8.2 Chlamydia 128 8.2.1
pneumoniae 129 8.2.2
132 8.2.3 Chlamydia psittaci 135 8.3 Rickettsia 136
136 8.3.2
138
139
Clostridioides
Chlamydia
Chlamydia trachomatis
8.3.1 Tifo murino
140

Miceti

Parte B - Quadri clinici

Indice generale ISBN 978-88-08-89984-2 VI Virus 9 - PARVOVIRIDAE 144 9.1 Introduzione 14 4 9.2 Bocavirus 144 9.3 Parvovirus B19 145 10 - PAPILLOMAVIRIDAE 149 10.1 Papillomavirus umani 149 11 - ADENOVIRIDAE 153 12 - HEPADNAVIRIDAE 156 12.1 Virus dell’epatite D 156 12.2 Virus dell’epatite B 157 13 - HERPESVIRIDAE 16 3 13.1 Herpes simplex 1 e 2 16 3 13.1.1 Infezione neonatale 163 13.1.2 Infezione in età pediatrica 165 13.2 Cytomegalovirus 165 13.3 Virus Epstein-Barr 168 13.4 Herpes virus 6, 7 e 8 169 13.5 Virus varicella-zoster 171 14 - PICORNAVIRIDAE 175 14.1 Enterovirus 175 14.2 Rhinovirus 183 14.3 Virus dell’epatite A 185 15 - CALICIVIRIDAE 189 15.1 Norovirus 189 15.2 Virus dell’epatite E 190 16 - ROTAVIRUS 192 17 - TOGAVIRIDAE 197 17.1 Alphavirus 197 17.2 Virus della rosolia 200 18 - FLAVIVIRIDAE 202 18.1 Introduzione 202 18.2 Flavivirus 202 18.3 Virus dell’epatite C 207 19 - ORTHOMYXOVIRIDAE 213 19.1 Virus influenzali 213 20 - PARAMYXOVIRIDAE 217 20.1 Introduzione 217 20.2 Virus del morbillo 218 20.3 Virus della parotite 219 20.4 Parainfluenza 222 20.5 Virus respiratorio sinciziale 222 21 - RHABDOVIRIDAE 228 21.1 Introduzione 228 21.2 Virus della rabbia 228 22 - CORONAVIRIDAE 233 23 - RETROVIRIDAE 239 23.1 Retrovirus 239
24 - MICETI 242 24.1 Introduzione 242 24.2 Candidosi 242 24.3 Criptococcosi 24 6 24.4 Aspergillosi 248 24.5 Istoplasmosi 252 24.6 Pneumocistosi 253 24.7 Altri patogeni fungini 256 24.7.1 Blastomyces dermatitidis 256 24.7.2 Coccidioides 256 24.7.3 Paracoccidioides brasiliensis 256 24.7.4 Penicillium marneffei 257 24.7.5 Sporothrix spp. 257 24.8 Micosi mucocutanee 257 Parassiti 25 - PROTOZOI 262 25.1 Giardia duodenalis 262 25.2 Toxoplasma gondii 264 25.3 Cryptosporidium 269 25.4 Amebiasi 270 25.5 Leishmaniosi 273 25.6 Malaria 275 26 - ELMINTI 284 26.1 Introduzione 284 26.2 Cisticercosi 284 26.3 Malattia idatidea 291 26.4 Strongiloidiasi 293 26.5 Toxocariasi 295 26.6 Trichinellosi 296 26.7 Schistosomiasi 297
27 - INFEZIONI CONGENITE, PERINATALI E NEONATALI 303 27.1 Toxoplasmosi (Toxoplasma gondii ) 304 27.2 Virus dell’immunodeficienza umana (HIV) 306 27.3 Virus varicella zoster 3 07

27.4

27.5

27.8

27.9

27.10

27.11

27.12

Indice generale ISBN 978-88-08-89984-2 VII
Parvovirus B19 310
Chlamydia trachomatis 310
Treponema pallidum (sifilide) 310
Rosolia 311
27.6
27.7
Cytomegalovirus (CMV) 312
Herpes simplex
2 313
tipo 1 e
Virus dell’epatite B (HBV) 314
Virus dell’epatite C (HCV) 316
Sepsi neonatale 317
Meningite neonatale 320 28 - SEPSI E SHOCK SETTICO 324 29 - INFEZIONI DEL CAVO ORALE 332 29.1 Stomatite 332 29.2 Parotite 336 29.3 Scialoadenite 339 30 - INFEZIONI DELLA GOLA 341 30.1 Faringite 341
Tonsillite 345 31 - INFEZIONI DELL’ORECCHIO 347 31.1 Otite media acuta 347 31.1.1 O tite media acuta ricorrente 3 52 31.1.2 Otite media con effusione 3 52 31.2 Otite esterna 352 32 - INFEZIONI DEL NASO E DEI SENI PARANASALI 355 32.1 Rinite acuta infettiva 355 32.2 Rinosinusite 355 33 - INFEZIONI DELLE BASSE VIE RESPIRATORIE 359 33.1 Tracheite 359 33.2 Laringotracheite virale o croup 360 33.3 Bronchite acuta 361 33.4 Polmonite 361 33.5 Pleurite 366 34 - INFEZIONI DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE 368 34.1 Meningiti 368 34.2 Encefaliti 374 34.2.1 Encefaliti ed encefalomieliti acute 374 34.2.2 Encefaliti ed encefalomieliti croniche 377 35 - INFEZIONI OCULARI 379 35.1 Infezioni anteriori del bulbo oculare 379 35.1.1 Congiuntivite neonatale 379 35.1.2 Congiuntivite batterica 3 80 35.1.3 Congiuntivite virale 3 80 35.1.4 Cheratite batterica 3 81 35.1.5 Cheratite virale 3 81 35.1.6 Cheratite fungina 3 82 35.1.7 Cheratite parassitaria 3 82 35.2 Infezioni posteriori del bulbo oculare 3 82 35.2.1 Uveite 3 82 35.2.2 Retinite 3 83 35.2.3 Endoftalmite 3 85 36 - MALATTIE ESANTEMATICHE 387 36.1 Morbillo 387 36.2 Scarlattina 392 36.3 Rosolia 394 36.4 Quinta malattia 397 36.5 Sesta malattia 398 37 - MONONUCLEOSI INFETTIVA 402 38 - INFEZIONI DELL’APPARATO GASTROINTESTINALE 405 39 - EPATITI 413 39.1 Epatite da adenovirus 415 39.2 Altre epatiti infettive 419 39.2.1 Virus della febbre gialla 420 39.2.2 Distomatosi epatobiliari 420 39.2.3 Leptospirosi 421 39.2.4 Echinococcosi 422 40 - INFEZIONI DELL’APPARATO URINARIO 423 40.1 Infezioni delle vie urinarie 423 40.2 Glomerulonefrite post-infettiva 430 41 - SINDROME EMOLITICO-UREMICA 433 41.1 SEU da E. coli produttore di tossina Shiga 435 41.2 SEU da S. pneumoniae 437 41.3 SEU atipica 438 42 - INFEZIONI DELL’APPARATO GENITALE 441 42.1 Candidosi 441 42.2 Clamidia 442 42.3 Gonorrea 444 42.4 Human Papilloma Virus (HPV) 445 42.5 Sifilide 447 42.6 Infezioni da Trichomonas vaginalis 449 43 - INFEZIONI DELL’APPARATO MUSCOLO-SCHELETRICO 450 43.1 Infezioni osteoarticolari 4 50 43.2 Infezioni muscolari 455 43.2.1 Miositi acute benigne 4 55 43.2.2 Piomiositi 4 57 43.2.3 Fascite necrotizzante 4 58 44 - INFEZIONI DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE 459 44.1 Endocardite 4 59 44.2 Miocardite 466
27.13
30.2

44.3 Pericardite

44.4 Vasculiti 477

44.4.1 Vasculite associata a infezione da HCV 4 80

44.4.2 Vasculite associata a infezione da HBV 4 81

44.4.3 Vasculiti associate a infezione da HIV 4 81

44.4.4 Altre vasculiti secondarie infettive 4 83

45 - INFEZIONI DELLA CUTE E DEI TESSUTI MOLLI

45.1 Impetigine

45.2 Scabbia

45.3 Infezioni micotiche

45.4 Verruche 490

45.5 Altre infezioni dei tessuti molli 491

45.5.1 Cellulite, erisipela e fascite 4 91

45.5.2 Ascessi cutanei 4 93

45.5.3 Cellulite orbitale e periorbitale 4

46 - LINFOADENITI

48 - INFEZIONE DA SARS-COV-2 E COVID-19

49 - RISCHIO INFETTIVO DELLE IMMUNODEFICIENZE PRIMITIVE 540

49.1 Classificazione 541

49.1.1 Immunodeficienze combinate 5 41

49.1.2 Immunodeficienze combinate associate a sindromi 5 42

49.1.3 Difetti anticorpali 5 43

49.1.4 Malattie da immuno-disregolazione 5 46

49.1.5 Malattie da difetto dei fagociti 5 47

49.1.6 Immunodeficienze da difetti dell’immunità intrinseca e innata 5 48

49.1.7 Malattie autoinfiammatorie 5 49

49.1.8 Immunodeficienze da difetti del complemento 549

49.1.9 Insufficienze congenite del midollo osseo 5 50

49.1.10 Fenocopie degli errori congeniti del DNA 5 50

49.2 Conclusioni 550

50 - INFEZIONI NEL PAZIENTE CRONICO-COMPLESSO 552

50.1 Pazienti con impairment neurologico 553

50.2 Fibrosi cistica 556

50.2.1 Riacutizzazione polmonare 5 57

50.2.2 Infezione polmonare cronica 5 59

50.3 Deficit del sistema immunitario 559

50.4 Conclusioni 563

Parte C - Appendici

51 - TEST DIAGNOSTICI PER PATOGENI COMUNI 567

51.1 Introduzione 567

51.2 Test diagnostici per infezioni batteriche 569

51.3 Test diagnostici per infezioni virali 570

51.4 Test diagnostici per infezioni fungine 572

52 - IMMUNIZZAZIONE ATTIVA E PASSIVA 575

52.1 Attiva: vaccini 575

52.1.1 Vaccinazioni di routine 575

52.1.2 Vaccinazioni in soggetti particolari 5 83

52.1.3 Vaccinazioni nei viaggiatori 5 85

52.2 Passiva: immunoglobuline 587

52.2.1 Eventi avversi 5 88

52.2.2 Utilizzo adeguato di Ig 5 88

52.2.3 Profilassi contro il virus respiratorio sinciziale (RSV) 588

52.2.4 Interazioni tra vaccini e immunoglobuline 590

53 - R ACCOMANDAZIONI IN SITUAZIONI O SOGGETTI A RISCHIO

53.1 Vita di comunità

53.1.1 Scuola

53.1.2 Attività ludiche 596

53.2 Infezioni ospedaliere 59 6 53.3 Traumi (punture, morsi) 599

53.3.1 Contatto con animali domestici 59 9

53.3.2 C ontatto con animali della fattoria e con animali selvatici 6 02

53.3.3 Contatto con altri esseri umani 6 03

53.3.4 Contatto con insetti 6 03

53.3.5 C ontatto con animali potenzialmente velenosi 6 05

53.3.6 Contatto con animali marini 6 06

53.4 Viaggi internazionali (farmacia da viaggio) 608

53.5 Infezioni sessualmente trasmesse in adolescenza

Indice generale ISBN 978-88-08-89984-2 VIII
471
485
485
486
488
94
496
HIV
AIDS 515
47 - INFEZIONE DA
E
527
593
593
593
Crediti 622 Indice analitico 623
614

CAPITOLO 1 COCCHI GRAM POSITIVI

1.1 Stafilococchi

Gli stafilococchi rappresentano una delle cause più frequenti di infezioni batteriche localizzate e sistemiche e sono commensali ubiquitari della pelle e delle mucose. Sono cocchi Gram positivi che crescono in un caratteristico pattern che ricorda un grappolo d’uva. Si possono suddividere mediante il test della coagulasi in Staphylococcus aureus (coagulasi-positivi) e altre specie coagulasi-negative. Queste ultime sono meno virulente e agiscono come patogeni opportunisti in pazienti che sono immunocompromessi e/o sono portatori di dispositivi invasivi. La maggior parte degli stafilococchi sono in grado di crescere e potenzialmente causare malattie in varie condizioni, per esempio in atmosfera aerobica e anaerobica, in presenza di un’elevata concentrazione di sale (come il cloruro di sodio al 10%) e a temperature comprese tra 18 e 40 °C. Il genere è composto da oltre 80 specie e sottospecie, molte delle quali si trovano sulla pelle e sulle mucose degli esseri umani.

Gli stafilococchi causano infezioni opportunistiche e un’ampia gamma di malattie sistemiche potenzialmente fatali, tra cui infezioni della cute, dei tessuti molli, muscolo-scheletriche e delle vie urinarie. Le specie che provocano più comunemente infezioni sono S. aureus (il membro più virulento e conosciuto del genere), S. epidermidis , S. lugdunensis e S. saprophyticus. La maggior parte delle altre specie stafilococciche non produce coagulasi e sono definite collettivamente come stafilococchi coagulasi-negativi (CoNS).

1.1.1 Staphylococcus aureus

S. aureus rappresenta un patogeno rilevante per l’uomo. La maggior parte dei ceppi rimane sensibile agli antibiotici comunemente usati (tranne la penicillina) e vengono definiti S. aureus-meticillino-sensibili (MSSA). La meticillina è un vecchio antibiotico β-lattamico a spettro ristretto, ora non più utilizzato. I ceppi di S. aureus-meticillino-resistenti (MRSA) sono resistenti anche alla flucloxacillina; spesso sono resistenti anche ad altre classi di antibiotici, come i macrolidi. MRSA è noto per causare gravi infezioni sia in pazienti ospedalizzati sia in comunità (Figura 1.1).

■ Epidemiologia

S. aureus è ubiquitario e colonizza la cute e le mucose nel 30–50% degli adulti e dei bambini

Figura 1.1 Immagine al microscopio elettronico a scansione di Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA) e di un neutrofilo umano morto.

sani. Le narici anteriori, il faringe, il perineo, il retto e il moncone ombelicale del neonato sono siti frequenti di colonizzazione. Tassi di colonizzazione > 50% si riscontrano nei bambini con patologie cutanee, ustioni o che fanno uso frequente di aghi (diabete mellito, emodialisi, uso di farmaci per via endovenosa). La colonizzazione materna è stata associata alla colonizzazione neonatale.

S. aureus è una delle cause più frequenti di polmonite associata ad assistenza sanitaria dopo i CoNS ed è il patogeno più comune responsabile delle infezioni del sito chirurgico e di infezione nel soggetto con malattia granulomatosa cronica.

L’infezione si può sviluppare sia sottoforma di infezione endogena, quando i batteri commensali diventano invasivi, sia come infezione esogena, se viene acquisita da altre persone per contatto diretto con una persona infetta o indiretto con un ambiente contaminato.

Gli stafilococchi sono suscettibili alle alte temperature e a disinfettanti e soluzioni antisettiche. Tuttavia, gli organismi possono sopravvivere su superfici asciutte per lunghi periodi. Gli operatori sanitari colonizzati a livello nasale o cutaneo possono fungere da serbatoio per la trasmissione di S. aureus direttamente al paziente o da un paziente all’altro.

A partire dagli anni ’80 del secolo scorso, ceppi di MRSA sono diventati endemici in ambiente ospedaliero. I fattori di rischio per le infezioni da MRSA associate all’assistenza sanitaria comprendono ospedalizzazione, intervento chirurgico, dialisi, degenza a lungo termine nell’arco dell’anno precedente, presenza di un dispositivo fisso, presenza di ferite e storia di precedente infezione o colonizzazione da MRSA. Dagli anni ’90 sono emerse infezioni da MRSA associate alla comunità attribuibili a ceppi diversi dai tradizionali MRSA associati all’assistenza sanitaria che causano frequentemente ascessi cutanei e dei tessuti molli, oltre a infezioni più gravi. Queste infezioni comunitarie si verificano negli ambienti affollati, in condizioni di contatto cutaneo tra persone diverse, condivisione di oggetti personali, scarsa igiene personale, contatto con cute non integra

(es. piercing). I ceppi di MRSA associati alla comunità possono circolare anche negli ospedali. Il periodo di incubazione è variabile e può essere lungo, in alcuni casi, anche fino a 10 giorni.

■ Patogenesi

La patogenesi degli stafilococchi comprende la capacità di evadere il sistema immunitario, di produrre proteine di superficie che mediano l’adesione dei batteri ai tessuti dell’ospite durante la colonizzazione e di causare malattia mediante l’elaborazione di specifiche tossine ed enzimi idrolitici che portano alla distruzione dei tessuti.

S. aureus produce molte tossine, tra cui cinque tossine citolitiche o danneggianti le membrane (alfa, beta, delta, gamma e leucocidina P-V), due tossine esfoliative (A e B), numerose enterotossine (da A a E, da G a X, oltre a molte varianti) e TSST-1. Le citotossine possono lisare i neutrofili, causando il rilascio di enzimi lisosomiali che danneggiano successivamente i tessuti circostanti. La tossina esfoliativa A, le enterotossine e TSST-1 appartengono a una classe di polipeptidi noti come superantigeni. Ciò provoca un’elevata liberazione di citochine sia da parte dei macrofagi, sia da parte delle cellule T. Le enterotossine provocano le malattie correlate agli alimenti. Sono state identificate numerose enterotossine stafilococciche distinte, con l’enterotossina A associata più comunemente all’intossicazione alimentare. Le enterotossine C e D si trovano nei prodotti lattiero-caseari contaminati, mentre l’enterotossina B causa l’enterocolite pseudomembranosa stafilococcica. Pertanto, una volta che un prodotto alimentare è stato contaminato da stafilococchi produttori di enterotossine e le tossine sono state prodotte, né il riscaldamento leggero del cibo né l’esposizione agli acidi gastrici saranno protettivi.

Queste tossine sono prodotte dal 30 al 50% di tutti i ceppi di S. aureus. Non è ancora chiaro il meccanismo preciso dell’attività delle tossine, che sono superantigeni capaci di indurre l’attivazione non specifica delle cellule T e il rilascio massivo di citochine.

CAPITOLO 1 / Cocchi Gram positivi ISBN 978-88-08-89984-2 5

Tabella 1.1 Meccanismo patogenetico tossino-mediato di Staphylococcus aureus.

Manifestazione clinica

Sindrome della pelle scottata da stafilococco (SSSS)

Meccanismo patogenetico mediato dalle tossine

Tossine esfoliative (ETA e ETB)

Intossicazione alimentare da stafilococco Enterotossine

Sindrome da shock tossico (SST)

Esotossina TSST-1

Enterotossine B e (raramente) C

I ceppi di S. aureus possiedono due forme di coagulasi: la forma legata, che può convertire direttamente il fibrinogeno in fibrina insolubile e far agglomerare gli stafilococchi, e la forma libera, che produce lo stesso risultato reagendo con un fattore globulinico plasmatico (fattore reagente della coagulasi) per formare stafilotrombina, che è un fattore simile alla trombina.

Tutti i ceppi di S. aureus producono diverse lipasi che idrolizzano i lipidi e assicurano la sopravvivenza degli stafilococchi nelle zone sebacee del corpo.

Nella Tabella 1.1 vengono riassunte le principali condizioni cliniche causate dall’azione delle tossine di S. aureus.

■ Manifestazioni cliniche

Le manifestazioni cliniche causate da S. aureus sono spesso dovute all’attività delle tossine, tra le quali troviamo la sindrome della pelle scottata, l’intossicazione alimentare e la sindrome da shock tossico. Tra le principali infezioni localizzate sono descritte celluliti, ascessi della cute e dei tessuti molli, foruncoli, impetigine bollosa e non, sinusite, ascessi peritonsillari, infezione di ferita. La batteriemia può essere associata a complicanze localizzate come osteomielite, artrite settica, endocardite, polmonite, empiema, pericardite, ascessi. La meningite si può verificare nel neonato pretermine in presenza di shunt ventricolo-peritoneali o di difetti acquisiti o congeniti della dura madre. L’infezione da S. aureus può essere grave e in alcuni casi fulminante nei soggetti portatori di device come un catetere, un drenaggio, una valvola o una protesi articolare. Allo stesso modo, i pazienti con malattie congenite associate a una risposta chemiotattica o fagocitica compromessa (es. la sindrome di

Job, la sindrome di Wiskott-Aldrich, la malattia granulomatosa cronica) sono più suscettibili all’infezione da S. aureus

Sindrome della pelle scottata da stafilococco (SSSS) o malattia di Ritten [→ Capitolo 45]

La sindrome della pelle scottata stafilococcica è uno spettro di malattie caratterizzate da dermatite esfoliativa ed è mediata dalle tossine esfoliative A e B. È una malattia che colpisce principalmente l’età neonatale e l’infanzia, con un tasso di mortalità inferiore al 5%, ed è caratterizzata dall’insorgenza improvvisa di un eritema periorale localizzato che si diffonde su tutto il corpo entro due giorni. Una leggera pressione sposta la pelle (segno di Nikolsky positivo) e successivamente si formano grandi vesciche o bolle cutanee, seguite dalla desquamazione dell’epitelio. L’epitelio torna integro entro 7–10 giorni, quando compaiono gli anticorpi contro la tossina, senza formazione di cicatrici perché è coinvolto solo lo strato superficiale dell’epidermide. La mortalità è dovuta a un’infezione batterica secondaria delle aree cutanee denudate. Le infezioni negli adulti di solito si verificano in ospiti immunocompromessi o pazienti con malattia renale e, a differenza dei neonati, la mortalità può arrivare al 60%. L’impetigine bollosa è una forma localizzata di SSSS e si verifica principalmente nei neonati e nei bambini piccoli ed è altamente contagiosa. In questa sindrome, specifici ceppi di S. aureus produttori di tossine sono associati alla formazione di vesciche cutanee superficiali. A differenza dei pazienti con manifestazioni disseminate di SSSS, S. aureus è presente nelle vesciche localizzate dei pazienti con impetigine bollosa. L’eritema non si estende oltre i confini della vescica e il segno di Nikolsky non è presente.

PARTE A – BATTERI ISBN 978-88-08-89984-2 6

CAPITOLO 13 HERPESVIRIDAE

13.1 Herpes simplex 1 e 2

Herpes simplex (HSV) 1 e 2 sono virus capsulati a DNA appartenenti alla famiglia degli Herpesviridae (Figura 13.1). HSV-2 è la causa principale di encefalite neonatale da HSV, mentre HSV-1 è più frequente nei bambini. L’infezione si trasmette principalmente per via orale. La principale causa di morbidità è legata alla neurovirulenza del patogeno e alla sua capacità di latenza. Il virus solitamente penetra nell’organismo attraverso le mucose, ascendendo al ganglio nervoso tramite il sistema nervoso periferico. Ha la capacità, dopo la prima infezione, di rimanere latente bloccando la sua replicazione, solitamente nel ganglio trigeminale o della radice dorsale. Di solito la prima riattivazione si presenta nei bambini e negli adolescenti, ma può avvenire in ogni momento. La riattivazione causa malattie ricorrenti nell’area di innervazione del ganglio interessato (es. herpes labiale ricorrente o herpes genitale).

13.1.1 Infezione neonatale

■ Epidemiologia

L’incidenza è diversa tra i vari Paesi, più comune negli Stati Uniti (1:3000–1:20 0 00) rispetto all’Europa (1:60 0 00). Si trasmette principalmente dalla madre al bambino durante il parto. Sono stati descritti rari casi di infezione transplacentare, ancora più rara l’infezione trasmessa da lesioni orali da contatto. La prima infezione materna nel periodo peripartum ha un rischio più alto di trasmissione rispetto a una riattivazione. I casi di infezione neonatale da HSV sono principalmente associati a un’infezione

Figura 13.1 Immagine al microscopio elettronico a trasmissione (TEM) di Herpesvirus I virioni con un centro scuro hanno un capside senza DNA, mentre il virione con centro chiaro presenta un nucleocapside, costituito da un capside, più il suo nucleo di DNA.

materna asintomatica. Altri fattori che possono influenzare la trasmissione sono la prolungata rottura delle membrane, il parto vaginale e l’utilizzo di strumenti esterni che danneggiano le membrane muco-cutanee (forcipe, elettrodi applicati sullo scalpo fetale). Il periodo d’incubazione per l’HSV neonatale è di 1–6 giorni.

■ Manifestazioni cliniche

La severità delle manifestazioni cliniche è da ricondurre alla relativa immaturità della risposta immunitaria del neonato e alla capacità del virus di evadere la stessa. Le manifestazioni cliniche si possono distinguere in 3 patologie che possono sovrapporsi: sindrome pelle-occhi-bocca, malattia del sistema nervoso centrale (SNC) e forma disseminata

Tabella 13.1 Manifestazioni cliniche di infezione neonatale da HSV.

Sindrome pelle-occhi-bocca Malattia del SNC Disseminata*

Frequenza 45% 25% 30%

Manifestazioni cliniche

Vescicole diffuse (pelle, bocca, cuoio capelluto) o congiuntivite/ cheratite

Età d’insorgenza 5–14 giorni

Epatiti simil-sepsi, trombocitopenia, CID, polmoniti, interessamento del SNC, lesioni cutanee

5–10 giorni

Letargia, febbre, convulsioni, lesioni focali al neuroimaging

2–4 settimane

* Sindrome caratterizzata da infezione sistemica, con o senza interessamento del sistema nervoso centrale.

Abbreviazioni: SNC, sistema nervoso centrale; CID, coagulazione intravascolare disseminata.

(Tabella 13.1). La forma disseminata e la forma a interessamento del SNC sono quelle con maggior rischio di sequele e di mortalità.

■ Diagnosi

Gli esami di laboratorio strumentali da eseguire in neonati con sospetta infezione da HSV sono:

• colture da tamponi di superficie (tampone cutaneo della lesione sfregata, nasofaringeo, buccale, anale, congiuntivale) nelle prime 24 ore, per isolare il patogeno;

• esame colturale su liquor e sangue. Essenziale il liquor in caso di encefalite, seppur nelle prime ore di vita potrebbe risultare negativo in quanto la carica virale potrebbe essere ancora bassa. Va eseguita anche la conta cellulare e l’esame chimico-fisico su liquor;

• neuroimaging (TC o, meglio, RMN + ecografia cerebrale + EEG);

• emocromo, emocoltura, funzionalità epatica;

• consulenza oculistica per escludere retinite da HSV.

■ Trattamento

Il trattamento dell’infezione neonatale da HSV si basa principalmente su antivirali ed è illustrato nella Tabella 13.2. Dopo il trattamento, nel paziente con interessamento cerebrale è consigliato ripetere la ricerca di HSV-PCR su liquor. È consigliato il trattamento preventivo (aciclovir/valaciclovir) in donne con HSV genitale ricorrente in gravidanza dalla 36a settimana di età gestazionale per ridurre la comparsa delle lesioni al parto, riducendo quindi la necessità di cesareo. Infatti, il parto cesareo è consigliato nelle donne sintomatiche o con lesioni attive al parto, e dovrebbe essere eseguito entro 4–6 ore dalla rottura delle membrane. È stato dimostrato che questi approcci ostetrici possono ridurre, ma non eliminare, il rischio di trasmissione

Tabella 13.2 Trattamento dell’infezione neonatale da HSV (neonati con normale funzione renale e idratazione).

Trattamento acuto

Dalla nascita ai 3 mesi di vita > 3 mesi

Aciclovir EV: 20 mg/kg 3 volte/die per 21 giorni

Profilassi contro la ricorrenza di HSV

Dalla nascita ai 3 mesi di vita

• Aciclovir os: 300 mg/m2 3 volte/die per almeno 1 anno

• Valaciclovir os: non raccomandato in epoca neonatale (nessuna dimostrazione di efficacia)

Aciclovir EV: 10 mg/kg 3 volte/die per 21 giorni

Immunocompetenti > 3 mesi

• Aciclovir os:

– 300 mg/m2 3 volte/die per 6–12 mesi, oppure

– 1340 mg/m2 2 volte/die per 6–12 mesi

• Valaciclovir os: da un mese a 12 anni 25–40 mg/kg 3 volte/ die per almeno 3 mesi

Immunocompromessi > 3 mesi

• Aciclovir os:

– 300 mg/m2 3 volte/die per almeno 1 anno, oppure

– 1340 mg/m2 2 volte/die per almeno 1 anno

• Valaciclovir os: da un mese a 12 anni 25–40 mg/kg 3 volte/ die per almeno 1 anno

PARTE A – VIRUS ISBN 978-88-08-89984-2 164

CAPITOLO

22 CORONAVIRIDAE

Alla famiglia dei Coronaviridae appartengono i coronavirus, un gruppo di virus a singolo filamento di RNA a senso positivo, non segmentato, con involucro. Il nome deriva dall’aspetto coronale della sua superficie quando osservato al microscopio elettronico. Esso presenta infatti degli spike proteici che lo rivestono. A differenza della maggior parte dei virus avvolti, la “corona” formata dalle glicoproteine permette al virus di resistere alle condizioni del tratto gastrointestinale e di diffondersi anche per via oro-fecale.

I coronavirus sono classificati nell’ordine dei Nidovirales. Possono infettare l’essere umano e varie specie animali, causando diverse sindromi cliniche. Sono stati descritti quattro generi distinti: Alphacoronavirus , Betacoronavirus , Gammacoronavirus e Deltacoronavirus . Gli HCoV 229E e NL63 appartengono al genere Alphacoronavirus. Gli HCoV OC43 e HKU1 appartengono al lignaggio A, il SARS-CoV-1 e il

Figura 22.1 Immagine al microscopio elettronico a trasmissione (TEM), colorata in digitale, delle particelle del virus SARS-CoV-2.

SARS-CoV-2 (Figura 22.1) appartengono al lignaggio B e il MERS-CoV (Figura 22.2) appartiene al lignaggio C del genere Betacoronavirus.

I coronavirus sono la seconda causa più diffusa di raffreddore comune (i Rhinovirus sono la prima), ma possono anche causare epidemie con manifestazioni cliniche più gravi, come la sindrome respiratoria acuta grave (da cui deriva il nome SARS-CoV). Inoltre, casi di positività per coronavirus sono anche stati riscontrati in bambini e adulti con gastroenterite.

■ Epidemiologia

La maggior parte dei coronavirus umani replica a una temperatura ottimale di 33–35 °C,

Figura 22.2 Immagine al microscopio elettronico a trasmissione (TEM), colorata in digitale, dell’involucro del virione del coronavirus della sindrome respiratoria mediorientale (MERS-CoV).

per questo motivo l’infezione generalmente resta localizzata alle vie respiratorie superiori. Il virus determina una sintomatologia simile al raffreddore comune causato dai Rhinovirus, ma con un periodo di incubazione più lungo (3 giorni di media). SARS-CoV e MERS-CoV possono replicare anche a temperature di 37 °C e possono causare manifestazioni cliniche sistemiche. L’infezione può anche esacerbare quadri di patologie croniche polmonari come asma e bronchite e in alcuni casi può causare polmonite.

I sierotipi HCoV 229E, OC43, NL63 e HKU1 sono diffusi in tutto il mondo. Causano la maggior parte dei quadri infettivi nei mesi invernali e primaverili dei climi temperati. L’esposizione è comune nella prima infanzia, con circa il 90% degli adulti sieropositivi per HCoV 229E, OC43 e NL63 e il 60% sieropositivi per HCoV HKU1. La trasmissione avviene principalmente per via aerosolica o per contatto diretto soprattutto nei primi giorni di malattia, con la comparsa delle manifestazioni cliniche, quando la carica virale nelle secrezioni respiratorie è al massimo. Il periodo di incubazione per HCoV-229E va da 2 a 5 giorni (mediana di 3 giorni).

Il SARS-CoV-1 ha causato un’epidemia in Cina nei primi anni 2000. Il virus è probabilmente l’evoluzione di un virus simile che ha come serbatoio naturale il pipistrello e che ha causato l’infezione dell’essere umano attraverso un animale ospite intermedio presente nei mercati alimentari della Cina. Gli interventi di sanità pubblica hanno infine interrotto l’epidemia. L’ultima segnalazione di SARS-CoV-1 nell’essere umano risale al 2004, in seguito a un’infezione acquisita in laboratorio.

Il MERS-CoV si è probabilmente evoluto dai coronavirus dei pipistrelli e ha infettato cammelli e dromedari prima e l’essere umano poi, determinando un’epidemia in Medio Oriente. Il periodo di incubazione del MERS-CoV è stimato da 2 a 14 giorni. I casi di MERS-CoV continuano a verificarsi in questa regione, principalmente a causa del contatto ravvicinato con cammelli o tra persone infette. La trasmissione da individuo a individuo avviene generalmente in contesti sanitari e meno frequentemente

in contesti domestici e si ritiene che si verifichi più comunemente attraverso la diffusione per via aerosolica o per contatto diretto.

Il SARS-CoV-2 è emerso a Wuhan, in Cina, verso la fine del 2019. L’infezione si è rapidamente diffusa nella provincia di Hubei e in tutta la nazione. Nel gennaio 2020 sono stati rilevati i primi casi al di fuori della Cina. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato il SARS-CoV-2 una “emergenza sanitaria di rilevanza internazionale” il 30 gennaio 2020. L’OMS ha dichiarato lo stato di “pandemia globale” l’11 marzo 2020. A marzo 2021, si contavano più di 112 milioni di casi e 2,5 milioni di morti a livello globale. Il SARS-CoV-2 si trasmette principalmente attraverso goccioline e particelle respiratorie di grandi e piccole dimensioni tra persone vicine (generalmente entro un raggio di 2 metri), sebbene la trasmissione possa avvenire anche a distanze maggiori. Gli spazi affollati, chiusi e scarsamente ventilati sono ambienti particolarmente problematici per la trasmissione di SARS-CoV-2. Le persone infette sono contagiose da 2 giorni prima dell’insorgenza dei sintomi fino a 10 giorni dopo l’insorgenza dei sintomi. La carica virale è più elevata nelle prime fasi dell’infezione per poi ridursi con il passare del tempo. I pazienti con malattia grave o che sono gravemente immunocompromessi possono rilasciare il virus vitale per più di dieci giorni. La trasmissione di SARS-CoV-2 è anche associata all’assistenza sanitaria, sebbene i focolai di infezione da SARS-CoV-2 si verifichino più facilmente in ambienti di aggregazione (es. strutture di assistenza a lungo termine, case-famiglia, carceri, rifugi, luoghi di lavoro aggregati, dormitori) e nelle famiglie.

■ Patogenesi

Il processo infettivo inizia con l’ingresso del virus nella cellula ospite. Questo avviene grazie all’interazione della proteina S che forma gli spike virali con i recettori cellulari di membrana. L’interazione tra proteina S e recettori cellulari è il principale determinante del tropismo tissutale dei coronavirus. Gli organi maggior-

PARTE A – VIRUS ISBN 978-88-08-89984-2 234

CAPITOLO

23 RETROVIRIDAE

23.1 Retrovirus

I Retrovirus sono virus a RNA a singolo filamento positivo avvolto con una morfologia e una modalità di replicazione uniche.

I Retrovirus presentano una struttura sferica, sono capsulati e hanno un diametro che varia dagli 80 ai 120 nm. L’envelope virale, contenente glicoproteine virali, avvolge il capside che contiene due copie identiche del genoma a singolo filamento positivo a RNA (Figura 23.1). Il genoma virale dei Retrovirus più semplici contiene tre geni maggiori che codificano per tre

p15 Nucleocapside

p19 Matrice

p24 Capside

p62/p32 RT

gp21 Transmembrana

gp46 Envelope

proteine enzimatiche e strutturali: GAG, POL ed ENV. Il genoma dei Retrovirus più complessi come HTLV, HIV e altri Lentivirus esprime proteine che codificano per fattori di virulenza che richiedono dei processi trascrizionali più complessi (es. TAT, REV, VIF, VPU). Come dimostrato nel 1970, i Retrovirus codificano per una polimerasi deossiribonucleica RNA-dipendente e replicano attraverso un intermezzo di DNA definito provirus. La copia di DNA del genoma virale è quindi successivamente integrata nel cromosoma dell’ospite e viene trascritta in un gene cellulare.

Figura 23.1 HTLV: rappresentazione schematica della struttura di un virione.

Tabella 23.1 Sottofamiglie dei Retrovirus.

Sottofamiglia Ceppo Caratteristiche

Oncovirinae HTLV-1, HTLV-2, HTLV-5 Unici virus che hanno la capacità di trasformare le cellule target. Sono classificati dalla morfologia del core e del capside in tipo A, B, C e D

Lentivirinae HIV-1, HIV-2

Spumavirinae –

Virus lenti associati a patologia neurologica e immunosoppressiva

Sono in grado di esercitare un effetto citopatologico ma non sembrano essere in grado di causare patologia clinica

Il primo retrovirus a essere stato isolato è il virus di Rous, in grado di produrre tumori solidi (sarcomi) nei polli e presenta, come la maggior parte dei retrovirus, un limitato range di ospiti e specie che possono contrarre l’infezione.

Attualmente i Retrovirus sono suddivisi in tre differenti sottofamiglie, le cui caratteristiche sono riportate nella Tabella 23.1

Bibliografia

Manual of Childhood Infections: The Blue Book , by Royal College of Paediatrics and Child Health. 4th Edition, 2016.

Red Book: 2021-2024 Report of the Committee on Infectious Diseases, by Committee on Infectious Diseases, American Academy of Pediatrics, 32nd Edition, 2021.

PARTE A – VIRUS ISBN 978-88-08-89984-2 240

CAPITOLO 25 PROTOZOI

25.1 Giardia duodenalis

■ Eziologia

Giardia duodenalis (nota in passato come Giardia lamblia e Giardia intestinalis) è un protozoo flagellato che esiste in forma di trofozoita e di cisti; la forma infettiva è la cisti. Giardia subisce un ciclo di vita semplice che alterna la cisti ingerita per via orale al trofozoita mobile che risiede e si moltiplica nell’intestino tenue. L’incistamento avviene nell’intestino tenue inferiore e le cisti sono infettive quando vengono espulse (Figura 25.1).

L’infezione è limitata all’intestino tenue e alle vie biliari.

■ Epidemiologia

La giardiasi ha una distribuzione mondiale ed è la più comune infezione parassitaria intestinale dell’essere umano identificata a livello globale. Il picco di malattia si verifica dall’inizio dell’estate all’inizio dell’autunno. La trasmissione di G. duodenalis si verifica soprattutto in situazioni in cui è probabile l’esposizione a feci infette, tra le comunità infantili (es. le scuole), aree del mondo in cui la malattia è endemica, contatto ravvicinato (anche sessuale) con persone infette, ingestione di acqua contaminata. La durata della escrezione delle cisti è variabile, ma può variare da settimane a mesi.

La giardiasi è trasmissibile per tutto il tempo in cui la persona infetta espelle le cisti. Il periodo di incubazione è solitamente compreso tra una e tre settimane.

■ Manifestazioni cliniche

I sintomi dell’infezione da G. duodenalis sono attribuibili alla disfunzione dell’intestino tenue causata dai trofozoiti e vanno da un quadro asintomatico, nella maggior parte dei casi, a diarrea fulminante e disidratazione. I bambini sono più spesso sintomatici degli adulti. I pazienti sintomatici lamentano spesso crampi e gonfiori addominali intermittenti, con flatulenza e feci maleodoranti. Quest’ultima evenienza può essere peggiorata anche dalla concomitante intolleranza al lattosio e dal malassorbimento che si verifica in questi pazienti, provocando l’emissione di diarrea voluminosa spesso descritta come “grassa o untuosa” e maleodorante. L’infezione cronica è comune e spesso si accompagnata a perdita di peso. I sintomi cronici, simili a quelli della sindrome dell’intestino irritabile, possono essere confusi con la giardiasi e sono anche sequele della giardiasi stessa.

A volte predominano i sintomi atipici del tratto gastrointestinale superiore, come eruttazione, nausea e vomito. Febbre, muco e sangue nelle feci sono decisamente atipici e suggeriscono un’infezione da parte di un altro agente. La storia naturale delle infezioni acquisite e non trattate non è ben documentata. In questi casi la durata dell’infezione è in genere prolungata e può essere particolarmente lunga nei giovani, potendo durare anche anni nei soggetti immunocompromessi. Nei bambini, lo sviluppo dell’immunità è scarso e le infezioni ripetute sono comuni. La giardiasi non è associata a eosinofilia.

Contaminazione di acqua, cibo e mani con cisti infettanti

Anche trofozoiti sono emessi con le feci ma non sopravvivono nell’ambiente esterno

Stadio infettante

Stadio diagnostico

Cisti

Trofozoiti

Cisti

■ Diagnosi

Le cisti o i trofozoiti di G. duodenalis non sono presenti in modo costante nelle feci dei pazienti infetti. La sensibilità diagnostica può essere aumentata esaminando 3 campioni di feci nell’arco di diversi giorni. I nuovi test molecolari generalmente includono G. duodenalis come patogeno target. Le tecniche diagnostiche comprendono anticorpi a fluorescenza diretta (DFA, considerato il gold standard), test rapidi immunocromatografici, kit di immunoassorbimento enzimatico (EIA), microscopia con colorazione tricromica e test molecolari.

■ Trattamento

Alcune infezioni sono autolimitati e il trattamento può non essere necessario. Tinidazolo, metronidazolo e nitazoxanide sono i farmaci di scelta (Tabella 25.1).

Un ciclo di 5–7 giorni di metronidazolo ha un’efficacia dell’80–100% nei pazienti pediatrici. Una singola dose di tinidazolo ha un’efficacia mediana del 91% e ha meno effetti avversi del metronidazolo. Un ciclo di 3 giorni di nitazoxanide ha un’efficacia simile a quella del metronidazolo. Se il trattamento è necessario durante la gravidanza, la paromomicina ha un’efficacia del 50–70% ed è il trattamento raccomandato. Tra i bambini e gli adulti infetti da HIV senza AIDS, un’efficace terapia antiretrovirale combinata (ART) e una terapia antiparassitaria idonea sono i principali trattamenti iniziali per queste infezioni. Se la giardiasi è refrattaria al trattamento standard, i pazienti con infezione da HIV e AIDS vanno sottoposti a una durata più lunga del trattamento o va effettuata una terapia antiparassitaria combinata (es. tinidazolo, nitazoxanide o metronidazolo più uno dei seguenti: paromomicina, albendazolo o quinacrina).

CAPITOLO 25 / Protozoi ISBN 978-88-08-89984-2 263
Figura 25.1 Ciclo vitale e vie di trasmissione di Giardia intestinalis

eseguiti i test sierologici per IgG, IgM e IgA nel neonato. Devono essere inoltre inviati per la ricerca di T. gondii con PCR il liquido cerebrospinale, l’urina e il sangue intero. La presenza nel neonato di IgM anti-Toxoplasma positive (dopo 5 giorni di vita) e/o IgA positive (dopo 10 giorni di vita), insieme a IgG positive, permette di porre diagnosi di toxoplasmosi congenita. La diagnosi di toxoplasmosi congenita può essere fatta definitivamente anche in un bambino con persistenza di IgG per T. gondii dopo 12 mesi di vita.

I neonati valutati per la toxoplasmosi dovrebbero essere sottoposti anche a esami ematochimici comprensivi di emocromo con formula leucocitaria e funzionalità epatica oltre all’esame chimico-fisico del liquor che nei soggetti con infezione mostra pleiocitosi, proteine elevate, eosinofilia e ipoglicorrachia. Alla nascita è importante eseguire una valutazione oftalmologica e audiologica oltre a un’ecografia cerebrale o risonanza magnetica cerebrale. L’ecografia addominale è utile per valutare la presenza di epatosplenomegalia o di calcificazioni intraepatiche.

I neonati asintomatici con basso sospetto di toxoplasmosi congenita ma che inizialmente erano IgG positivi ma IgM e IgA negativi dovrebbero essere sottoposti a follow-up con ripetizione di IgG a intervalli di 4–6 settimane fino alla completa scomparsa, che di solito si verifica entro 6–12 mesi. Ciò permette di escludere con sicurezza la diagnosi di toxoplasmosi congenita.

■ Trattamento nella gravida

In caso di infezione materna certa o sospetta è normalmente indicato un trattamento con spiramicina, alla dose di 3 milioni di unità ogni 8 ore, allo scopo di prevenire la trasmissione materno-fetale dell’infezione. Perché tale trattamento risulti efficace è importante che la terapia venga iniziata il più precocemente possibile dopo l’infezione materna. In assenza di infezione fetale la terapia con spiramicina va proseguita senza interruzioni fino al parto. In caso di infezione fetale accertata è indicato modificare il trattamento, sostituendo la spira-

micina con l’associazione pirimetamina-sulfadiazina che sono in grado di superare in modo significativo la barriera placentare e quindi curare già in utero l’infezione fetale. La pirimetamina si somministra per via orale alla dose di 50 mg/die e la sulfadiazina alla dose di 3 g/die ripartiti in 2–3 somministrazioni. Questo trattamento è controindicato nel primo trimestre di gravidanza per la potenziale teratogenicità della pirimetamina e dovrebbe essere evitato in prossimità del termine della gravidanza (sospendere due settimane prima del parto) per il rischio di kernicterus nel neonato legato al sulfamidico.

■ Trattamento nel neonato

I neonati e i bambini con toxoplasmosi congenita confermata/fortemente sospetta devono ricevere una terapia orale con pirimetamina, sulfadiazina e acido folinico, solitamente per 12 mesi. Lo schema terapeutico è differenziato per quanto riguarda la pirimetamina a seconda che il neonato sia sintomatico o asintomatico ( Tabella 27.1 ). Tra gli effetti collaterali della terapia quello principale è la tossicità midollare con neutropenia reversibile (30%), anemia (20%), nausea e vomito. In presenza di segni clinici e/o strumentali di processi infiammatori in fase attiva come encefalite o corioretinite è raccomandata l’associazione di un corticosteroide (prednisone 1 mg/kg/die in 2 dosi per via orale) alla terapia di base, che andrà gradualmente sospeso dopo la risoluzione dei segni infiammatori. Durante il trattamento i neonati/ lattanti devono eseguire un follow-up clinico, ematochimico e sierologico. È importante inoltre eseguire un follow-up oftalmologico con fundus oculi, audiometrico e neurologico-comportamentale a lungo termine.

27.2 Virus

Virus a RNA, della famiglia Retroviridiae. Esistono due tipi (1 e 2, il tipo 1 più comune fuori dall’Africa Occidentale) e anche diverse classi

PARTE B – QUADRI CLINICI ISBN 978-88-08-89984-2 306
dell’immunodeficienza
umana (HIV)

Tabella 27.1 Trattamento della toxoplasmosi congenita in base alla sintomatologia del neonato.

Neonato sintomatico

Pirimetamina: 2 mg/kg/die per i primi 2 giorni poi 1 mg/kg/die per 6 mesi, poi 3 volte/settimana per altri 6 mesi +

Sulfadiazina: 100 mg/kg/die in 2 somministrazioni per 12 mesi +

Acido folinico: 10 mg 3 volte/settimana

Se encefalite con protidorrachia > 1 g/dL o corioretinite

Prednisone: 1 mg/kg/die in 2 dosi (da iniziare 72 ore dopo l’inizio della terapia per Toxoplasma e proseguire fino a protidorrachia < 1 g/dL)

Neonato asintomatico

Pirimetamina: 2 mg/kg/die per i primi 2 giorni poi 1 mg/kg/die per 2 mesi, poi 3 volte/settimana per altri 10 mesi +

Sulfadiazina: 100 mg/kg/die in 2 somministrazioni per 12 mesi +

Acido folinico: 10 mg 3 volte/settimana

Durata del trattamento: 1 anno

o sottotipi (denominati A, B, C, D, E, F, G, H, J e K), diffusi in diverse regioni geografiche. Oltre il 90% dei casi di HIV in età pediatrica è associato alla trasmissione madre-bambino del virus, in calo grazie alla possibilità di trattare con terapia antiretrovirale (ART) le donne gravide. La trasmissione risulta ridotta nei Paesi industrializzati, e stabile purtroppo nei Paesi in via di sviluppo. I cut-off di riferimento per la viremia e per considerare la replicazione virale soppressa variano secondo i Paesi. Secondo le linee guida europee (2021) e italiane (2017) si considera soppressa la replicazione quando l’HIV-RNA materno risulta, in prossimità del parto, < 50 copie/mL. In Italia viene eseguito un parto vaginale solo se la replicazione è soppressa e i CD4+ risultano superiori a 200 cellule/ mm 3, in caso contrario è consigliato il taglio cesareo. Gli stessi cut-off vengono utilizzati per la somministrazione intrapartum di zidovudina profilattica (2 mg/kg in 60 minuti, seguiti da 1 mg/kg/ora in infusione continua fino al parto). Il bambino può contrarre il virus dalla madre in utero, durante il parto o tramite il latte materno. In tutti i neonati, anche in caso di madre trattata e con viremia soppressa, è consigliato l’ART profilattico per ridurre il rischio di trasmissione (entro 6–12 ore di vita). La scelta del farmaco da somministrare al bambino varia in base alla valutazione dei rischi materni, neona-

tali (quindi al rischio d’infezione, Tabella 27.2) e all’età gestazionale al parto. Essenziale il confronto multispecialistico tra neonatologo, infettivologo pediatra e ginecologo.

L’infezione materna da HIV è una delle poche cause di non somministrazione di latte materno. È dimostrato che, anche in caso di assenza di virus circolante o viremia soppressa, il DNA virale rimane identificabile a livello intracellulare, quindi può essere trasmesso con il latte materno. Ovviamente questo vale per i Paesi industrializzati, dove il latte in formula è una soluzione praticabile.

Il neonato sottoposto ad ART va monitorato in follow-up da un punto di vista clinico, ma anche laboratoristico (emocromo con formula, bilirubina, funzionalità epatica e renale). La letteratura consiglia il follow-up clinico anche nei pazienti esposti al virus e alla terapia materna in gravidanza. È da intraprendere la profilassi con cotrimossazolo dalla 4–6 a settimana di vita nei neonati infetti (per tutta la vita) e con infezione indeterminata (per il periodo di follow-up), per il rischio di polmonite da Pneumocystis jirovecii

27.3 Virus varicella zoster

L’infezione del feto conseguente alla varicella materna durante il primo e l’inizio del secon-

CAPITOLO 27 / Infezioni congenite, perinatali e neonatali ISBN 978-88-08-89984-2 307

Tabella 34.1 Manifestazioni cliniche della meningite.

Segni da compressione delle radici dei nervi cranici e spinali

Secondari all’azione esercitata dal liquor iperteso. Più evidenti nel bambino di età superiore all’anno che nel lattante perché, quando la fontanella anteriore non è ancora chiusa, parte dell’aumentata pressione liquorale si può scaricare attraverso di essa, con ovvia riduzione della compressione delle radici nervose

• Difficoltà a piegare il capo

• Difficoltà a passare dalla posizione supina a quella seduta e a mantenere le gambe estese

• Mantenimento della posizione supina, con la testa iperestesa, le ginocchia flesse sulle cosce e queste sul bacino

• Opistotono (iperestensione del dorso)

• Segno di Kernig (flessione degli arti inferiori nel passaggio dalla posizione supina a quella seduta)

• Segno di Brudzinski (flessione degli arti inferiori in seguito alla flessione del capo sul tronco)

• Segno di Lasegue (limitazione della flessione delle gambe in estensione sul bacino)

Segni di ipertensione endocranica

Meno evidenti nel lattante per l’azione riducente sull’ipertono liquorale svolta dall’apertura della fontanella bregmatica

Segni di sofferenza cerebrale

Segni di irritazione sensitivo-sensoriale e del sistema neurovegetativo

Segni psichici

Segni di compromissione generale

Maggiormente presenti nel lattante

subdoli e atipici sono i sintomi, quali cefalea, fotofobia, vomito e rigidità del collo. In particolare, la cefalea è segnalata nel 2–9% dei bambini con meningite batterica fino a 1 anno di età e nel 75% dei bambini di età superiore a 5 anni. La febbre è il sintomo più comunemente riportato nella meningite batterica infantile, con un tasso di insorgenza del 92–93%. Il vomito è segnalato nel 55–67% dei bambini affetti da meningite batterica. Le convulsioni sono state segnalate nel 10–56% dei bambini. Uno stato mentale alterato è stato segnalato nel 13–56% dei casi di meningite batterica infantile. Alcuni segni o sintomi sono associati a specifici patogeni della meningite infantile: l’eruzione petecchiale e purpurica è solitamente segno di

• Cefalea, vomito (non correlato all’assunzione di cibo e non preceduto da nausea)

• Papilla da stasi (specie nei casi che datano da alcuni giorni)

• Convulsioni, paresi e paralisi dei nervi cranici e spinali, alterazione dei riflessi superficiali e profondi

• Fotofobia, ipersensibilità ai rumori, iperestesia cutanea, dermografismo rosso o bianco, sepsi, alterazione del respiro, bradicardia

• Agitazione psicomotoria, allucinazioni, delirio, torpore, stato stuporoso, coma

• Febbre elevata, apatia, astenia, inappetenza, anoressia, possibile quadro settico, segni di coagulazione intravascolare disseminata, emorragie diffuse cutanee e/o viscerali e possibili deficit funzionali degli organi colpiti (soprattutto nell’infezione da meningococco)

malattia meningococcica, sebbene un’eruzione cutanea sia stata descritta anche nella meningite pneumococcica. Altri segni classici di irritazione meningea descritti da Kernig e Brudzinski (Figura 34.1) hanno dimostrato di avere scarsa sensibilità (5–30%) per diagnosticare la meningite batterica. Focolai extrameningei d’infezione, come otite, sinusite, polmonite o endocardite, sono presenti in circa il 43% dei pazienti e sono più probabili negli episodi di meningite pneumococcica (51%) che in quelli da infezione meningococcica (6%).

Le complicanze della meningite batterica possono essere a breve termine come sindrome da inappropriata secrezione di ADH (SIADH), coagulazione intravascolare disseminata, shock

PARTE B – QUADRI CLINICI ISBN 978-88-08-89984-2 370

Figura 34.1 Segni da compressione delle radici dei nervi cranici e spinali: segno di Brudzinski e segno di Kernig.

Figura 34.2 Esecuzione di una puntura lombare in un neonato. Controindicazioni: l’aumento della pressione intracranica aumenta il rischio di ernie; possibile cellulite nella zona della puntura; disturbi emorragici.

settico, cerebrite o infarto cerebrale, empiema subdurale e ascesso cerebrale, sepsi meningococcica. Le complicanze a lungo termine sono rappresentate da ritardo mentale, ritardo nell’acquisizione del linguaggio, convulsioni, disturbi comportamentali e sordità neurosensoriale.

■ Diagnosi

Quando si sospetta una meningite batterica acuta la diagnosi deve essere tempestiva così come precoce l’uso di antibiotici empirici. L’esecuzione della puntura lombare (Figura 34.2) per l’analisi e la coltura del liquido cefalorachidiano (LCR) è fondamentale per la diagnosi. Questa procedura può essere eseguita nella maggior parte dei casi in sicurezza a eccezione di rari casi in cui

è raccomandata l’esecuzione di un imaging cerebrale come la tomografia computerizzata (TC) all’encefalo: deficit neurologici focali (escluse paralisi dei nervi cranici), convulsioni di nuova insorgenza, stato mentale gravemente alterato (punteggio alla Glasgow Coma Scale < 10), stato di grave immunocompromissione.

Nei pazienti privi di queste caratteristiche, l’imaging cranico prima della puntura lombare non è raccomandato. Rappresentano controindicazioni all’esecuzione della rachicentesi la presenza di una coagulopatia, una trombocitopenia severa, una diatesi emorragica severa o l’infezione nel sito di puntura lombare. Nei neonati con meningite batterica la conta leucocitaria, il glucosio e i livelli delle proteine nel liquor sono fre-

CAPITOLO 34 / Infezioni del sistema nervoso centrale ISBN 978-88-08-89984-2 371
Segno di Kernig Segno del collo di Brudzinski Il liquido cerebrospinale viene raccolto A) B)

Figura 36.6 Esantema facciale di colore rosso tipico della quinta malattia. Le guance sembrano essere state “schiaffeggiate”.

pruriginosa – di solito si diffonde soprattutto nelle zone cutanee foto-esposte (braccia e gambe), ma anche al tronco, per poi attenuarsi in un paio di settimane.

Altre manifestazioni cliniche. Il Parvovirus B19 può essere responsabile di crisi aplastiche nei pazienti con anemia emolitica cronica (anemia falciforme), condizione molto grave e life threatening. Anche l’infezione del feto in gravidanza è potenzialmente fatale (specialmente nelle prime 20 settimane), potendo causare idrope fetale e aborto (rischio che si aggira fra il 2–6%). Nei soggetti in età pediatrica e negli adulti immunocompetenti l’infezione da Parvovirus B19 può essere responsabile della sindrome papulo-purpurica a guanto e calza ( petechial , papular-purpuric gloves-and-socks syndrome, PPGSS), con il caratteristico rash da cui la sindrome prende il nome.

Inoltre, l’infezione è stata associata a piastrinopenia, neutropenia e linfocitopenia; in rari casi si è assistito a casi di miocardite, epatite acuta, encefalopatie e linfoistiocitosi emofagocitica.

Negli adulti l’infezione è più spesso causa di poliartrite acuta.

■ Diagnosi

La diagnosi è essenzialmente clinica. Per la diagnosi di certezza, tuttavia, devono essere rilevate le IgM specifiche o la presenza del DNA virale tramite RT-PCR. La diagnosi di certezza

è fondamentale in alcune situazioni cliniche, per esempio in gravidanza per porre diagnosi differenziale tra eruzione cutanea da rosolia o da megaloeritema infettivo. L’isolamento virale non viene eseguito di routine.

■ Diagnosi differenziale

Include cause infettive e non infettive, tra cui altre infezioni virali (rosolia, morbillo, gastroenteriti), patologie cutanee e a carattere reumatologico (artrite acuta), reazioni a farmaci con conseguente rash.

■ Trattamento

Trattamento di supporto volto ad alleviare la sintomatologia (analgesici, antipiretici, antistaminici per la sintomatologia pruriginosa). Non vi è un trattamento antivirale specifico. Esistono dei vaccini per i Parvovirus felini e canini, ma non per quello umano.

La terapia endovenosa con immunoglobuline deve essere tenuta in conto nel trattamento dell’infezione da Parvovirus B19 in pazienti immunocompromessi, sebbene il regime posologico e la durata ottimale non siano univocamente definiti.

Nelle donne in gravidanza l’evidenza di un’infezione acuta da Parvovirus B19 deve essere attentamente monitorata, per esempio con esami ecografici seriati; in queste donne, inoltre, il liquido amniotico e i tessuti fetali devono essere considerati infettivi e quindi maggiori precauzioni devono essere impiegate in caso di probabile esposizione. Tuttavia, vista l’elevata prevalenza dell’infezione, la bassa incidenza di effetti avversi sul feto e la possibilità di diminuire ma non eliminare completamente il rischio di esposizione, l’esclusione delle donne incinte dal luogo di lavoro in cui si verificano casi di quinta malattia non è raccomandata.

36.5 Sesta malattia

I virus che causano la sesta malattia (conosciuta anche come roseola infantum o esantema critico), prevalentemente HHV-6B e in alcuni casi

PARTE B – QUADRI CLINICI ISBN 978-88-08-89984-2 398

HHV-7, appartengono al genere Roseolovirus, sottofamiglia Betaherpesvirinae , appartenenti alla famiglia degli Herpesviridae . Sono virus ubiquitari con tropismo linfocitario: si stima che percentuali superiori al 60–70% della popolazione sia sieropositivo per HHV-6 e HHV-7 già a partire dall’età di 2 anni, fino a sfiorare la quasi totalità della popolazione adulta. Per quanto riguarda la classificazione, dal 2012 HHV-6A e HHV-6B sono riconosciute come due distinte specie e non più varianti della stessa specie. Contrariamente a HHV-6B, l’infezione primaria da HHV-6A non è stata associata con alcuna patologia riconosciuta.

■ Patogenesi, immunità e cenni epidemiologici

L’infezione si verifica molto presto nel corso della vita. Il virus si replica nelle ghiandole salivari, per cui è presente in elevate quantità nella saliva e nei droplet; infatti, quella aerea è tra le principali vie di trasmissione. Questi virus, dopo la fase infettiva iniziale, solitamente stabiliscono un’infezione latente che dura per tutta la vita. HHV-6 B in particolar modo stabilisce un’infezione latente nelle cellule progenitrici ematopoietiche e nei linfociti T CD4+ che sono le prime cellule a essere infettate. Il virus nello stato latente può replicarsi una volta avvenuta l’attivazione delle cellule.

Similmente a ciò che avviene nell’infezione da Cytomegalovirus (CMV), le cellule in cui HHV-6 e HHV-7 si replicano appaiono molto grandi, con occasionali corpi di inclusione intranucleari e intracitoplasmatici. L’immunità cellulo-mediata gioca un ruolo fondamentale nel controllare la replicazione virale. Un’altra analogia che lega questi virus al CMV è il rischio di attivazione nei pazienti affetti da AIDS o disturbi linfoproliferativi/immunosoppressivi: in questi casi il rischio di malattia opportunistica è elevato. L’infezione da HHV-6 o una sua riattivazione è anche associata a reazione da ipersensibilità a farmaci come la sindrome DRESS (Drug Rash with Eosinophilia and Systemic Symptoms; rash da farmaci con eosinofilia e sintomi sistemici).

■ Manifestazioni cliniche e complicanze

Il periodo medio di incubazione per HHV-6B varia fra 9 e 10 giorni; per HHV-7 il periodo di incubazione non è conosciuto.

La roseola è una condizione benigna e auto-limitantesi; l’infezione acuta da HHV-6B è di solito accompagnata da una caratteristica linfoadenopatia post-occipitale cervicale (a distanza di 2–4 giorni dopo l’inizio della febbre), da sintomi gastrointestinali o respiratori e spesso da infiammazione delle membrane timpaniche (sono stati descritti anche casi di congiuntivite palpebrale). La febbre può essere molto alta con temperature superiori a 39,5 °C, potendo persistere dai 3 ai 7 giorni; è spesso accompagnata da irritabilità (ma in molti altri casi le condizioni generali sono buone, con bambini vigili e reattivi). Si stima che una percentuale attorno al 25% delle visite in pronto soccorso dei bambini febbrili tra 6 e 12 mesi di vita siano attribuibili a HHV-6B.

Alla risoluzione della febbre compare solitamente un rash, che può durare da ore a giorni.

Circa il 10–15% dei bambini con infezione primaria HHV-6B sviluppa convulsioni febbrili, prevalentemente tra i 6 e i 24 mesi; in effetti, sebbene si tratti solitamente di un’infezione che non comporta gravi complicanze, la sesta malattia è la più comune causa di crisi convulsive febbrili in età pediatrica, che in taluni casi possono progredire sino allo stato di male epilettico.

L’infezione da HHV-7 comporta manifestazioni cliniche meno chiare rispetto a quelle da HHV-6B: la maggior parte delle infezioni primarie da HHV-7 presumibilmente decorre in modo asintomatico o lieve, quindi spesso non vengono diagnosticate. Alcune infezioni primitive possono presentarsi come una tipica sesta malattia e possono spiegare casi di roseola ricorrente. Anche durante l’infezione da HHV-7 la febbre può essere molto alta, comportando anche in questo caso la presentazione di crisi convulsive.

Caratteristiche del rash. Eruzione cutanea eritematosa-maculo-papulare a livello del collo e

CAPITOLO 36 / Malattie esantematiche ISBN 978-88-08-89984-2 399

Tabella 39.1 Eziologia e diagnosi differenziale delle epatiti in età pediatrica. Adattata da Pediatria di Nelson, 2023.

Infezioni epatiche virali

Virus epatotropici

• HAV

• HBV

• HCV

• HDV

• HEV

• Epatite da virus non-A-E

Infezioni epatiche non virali

• Ascessi

• Amebiasi

• Brucellosi

• Sepsi batterica

Epatiti autoimmuni

• Epatite autoimmune

• Colangite sclerosante

Epatiti di origine metabolica

• Deficit di α-1-antitripsina

• Tirosinemia

Epatiti da intossicazione

• Iatrogena o farmaco-indotta (paracetamolo)

Epatiti derivanti da danno strutturale

• Cisti del coledoco

Epatiti di origine emodinamica

• Shock

• Scompenso cardiaco congestizio

Steatosi non alcolica

• Idiopatica

cali del mondo, ma casi sporadici sia nell’adulto sia nel bambino sono stati riportati anche in Europa. La peculiarità dell’infezione da HEV è rappresentata dal grave rischio di mortalità nelle donne in stato di gravidanza.

I virus epatitici minori possono causare epatopatia acuta di grado variabile nel corso dell’infezione sistemica e sono responsabili di circa l’1,5% dei casi totali di epatite virale. Le

Infezione sistemica comprensiva di epatite

• Adenovirus

• Arbovirus

• Coxsackievirus

• Cytomegalovirus

• Enterovirus

• EBV

• Virus “esotici” (febbre gialla)

• Herpes simplex

• Virus dell’immunodeficienza umana acquisita (HIV)

• Paramyxovirus

• Rosolia

• Varicella zoster

• Sindrome di Fitz-Hugh-Curtis

• Istoplasmosi

• Leptospirosi

• Tubercolosi

• Lupus eritematoso sistemico

• Artrite reumatoide giovanile

• Malattia di Wilson

• Ambientale (pesticidi)

• Atresia biliare

• Sindrome di Budd-Chiari

• Sindrome di Reye

epatiti virali sono estremamente diffuse, ubiquitarie, endemiche e alcune di esse mostrano una particolare stagionalità. I principali agenti eziologici sono il virus Epstein-Barr (EBV), il virus Herpes simplex (HSV), il Cytomegalovirus (CMV), il virus della varicella-zoster (VZV), il virus dell’immunodeficienza umana acquisita (HIV), il virus della rosolia, l’adenovirus, gli Enterovirus, il Parvovirus B19 e gli Arbovirus

PARTE B – QUADRI CLINICI ISBN 978-88-08-89984-2 414

Tabella 48.3 Caratteristiche dei principali test diagnostici per infezione da SARS-CoV-2.

Metodo Caratteristiche

Test molecolare

Test antigenico

Test sierologico

• Gold standard diagnostico

• Può essere eseguito solo da personale addestrato

• Può fornire informazioni sulla carica virale

• Può tipizzare le varianti

• Meno sensibile, ma ugualmente specifico

• Può essere autosomministrato

• Maggior numero di falsi positivi

• Può fare diagnosi di malattia acuta o pregressa

• Non è valido da solo per diagnosticare la malattia in atto

• Un risultato negativo non esclude una pregressa infezione o vaccinazione

associata a leucocitosi, dovuta alla necrosi o all’apoptosi dei linfociti. La gravità della linfocitopenia è direttamente proporzionale alla gravità delle manifestazioni cliniche. In aggiunta, si potrà rilevare un aumento degli indici di flogosi aspecifici come la proteina C reattiva (PCR). Possono essere aumentate anche la ferritina sierica e la lattato-deidrogenasi sierica; meno frequentemente pro-calcitonina, solitamente elevata in caso di coinfezione, la velocità di eritrosedimentazione (VES) e IL-6. I marcatori di coagulopatia come il d-dimero possono essere elevati e, meno frequentemente, i biomarcatori di danno d’organo come i parametri di funzionalità epatica, la troponina, il peptide natriuretico di tipo pro-B (proBNP) e la creatinina chinasi MB (CK-MB).

La radiografia (Rx) del torace è l’esame strumentale da eseguire in caso di clinica suggestiva per polmonite. L’Rx mostrerà opacità a chiazze (Figura 48.1). La TC del torace è un esame riservato ai soli casi severi di malattia, e mostrerà opacità a vetro smerigliato, margini mal definiti, ispessimento interlobulare settale liscio o irregolare, broncogramma aereo, ispessimento della pleura.

■ Complicanze

Sebbene la COVID-19 sia stata una malattia relativamente lieve nella maggior parte dei bambini, spesso i casi gravi portano allo sviluppo di complicanze come insufficienza respiratoria, danno cardiaco acuto, danno renale acuto,

Figura 48.1 Radiografia (Rx) del torace in presenza di polmonite da COVID-19.

shock, coagulopatia e insufficienza multiorgano, ma possono presentarsi anche complicanze più gravi e complesse, come la MIS-C o il cosiddetto “Long COVID”.

Sindrome infiammatoria multisistemica nei bambini (MIS-C)

La MIS-C o sindrome infiammatoria multisistemica pediatrica temporalmente associata alla SARS-CoV-2 (PIMS-TS), è una condizione infiammatoria post-infettiva associata ad anomalie della funzione immunitaria, disfunzione cardiaca ventricolare sinistra, aneurismi coronarici, blocco atrioventricolare e deterioramento clinico con coinvolgimento multiorgano, simile per manifestazioni cliniche e laboratoristiche alla malattia di Kawasaki con cui entra in

CAPITOLO 48 / Infezione da SARS-CoV-2 e COVID-19 ISBN 978-88-08-89984-2 531

qualsiasi altro dispositivo (es. tubo gastrostomico oppure cateterizzazione vescicale) – pur con tutte le differenze date dalle specificità dei singoli dispositivi medici impiegati – che in definitiva garantiscono al paziente e al nucleo familiare un aiuto nella gestione quotidiana delle problematiche disabilitanti, per ottenere un fattivo miglioramento della qualità di vita. In tale contesto, la gestione del rischio infettivo è fondamentale.

A chiusura di tale sezione si possono estrarre dei principi generali in termini di approccio e gestione, per attuare una riduzione del rischio infettivo in questo particolare setting:

• team multidisciplinare che sceglie in accordo col nucleo familiare la migliore strategia terapeutico-assistenziale, coadiuvata se necessario da dispositivi medici;

• periodo adeguato di formazione genitoriale nell’utilizzo di tali dispositivi;

• verifica dell’apprendimento pre-dimissione;

• verifiche periodiche delle condizioni cliniche del paziente, dello status dei devices e del loro corretto impiego;

• cambiamenti periodici, possibilmente programmati, dei dispositivi.

50.2 Fibrosi cistica

La fibrosi cistica (FC) – patologia multisistemica causata da varianti patogenetiche del gene CFTR, situato sul cromosoma 7 – può essere presa a modello di malattia cronico-complessa dove, peraltro, il tema del controllo del rischio infettivo e degli episodi infettivi (grazie al miglioramento della terapia antibiotica e alle nuove opportunità terapeutiche) ha determinato proprio il cronicizzarsi della condizione di base assieme al miglioramento della qualità di vita di questi pazienti.

In effetti le infezioni polmonari sono le principali determinanti della patologia polmonare cronica (Figura 50.1), che rimane la causa primaria di morbilità e mortalità in questi pazienti.

■ Workout diagnostico e terapeutico

L’approccio al trattamento delle infezioni nei pazienti con FC è proteiforme: da un lato l’antibioticoterapia, che nelle ultime decadi ha prodotto sia nuovi farmaci sia nuove metodologie di somministrazione, specifiche per la condizione polmonare di base; dall’altro lato

PARTE B – QUADRI CLINICI ISBN 978-88-08-89984-2 556
Figura 50.1 TAC del torace ad alta risoluzione di un paziente affetto da fibrosi cistica. A) B) C)

CAPITOLO

TEST DIAGNOSTICI

PER PATOGENI COMUNI 51

51.1 Introduzione

Nell’ottica di ottimizzare i trattamenti nella popolazione pediatrica, evitando abuse, ma anche misuse di antibiotici, risultano fondamentali gli strumenti di diagnostica per l’identificazione dei patogeni, cause del quadro clinico.

La diagnosi può avvenire in tre modalità (Figura 51.1): diretta, finalizzata a stabilire la presenza dell’agente patogeno, la sua identità e la sua sensibilità agli antibiotici, direttamente nel campione mediante esame microscopico, esame colturale (isolamento), identificazione (a livello di specie), antibiogramma; rapida, che permette in tempi brevi un’identificazione mediante ricerca di antigeni e ricerca di sequenze geniche; indiretta, che avviene mediante la rilevazione della risposta immunitaria, di tipo anticorpale, dell’ospite all’agente infettivo.

1. Diagnosi diretta .

• Esame microscopico. Il campione può essere osservato previa colorazione (es. colorazione di Gram), per la ricerca “mirata” di specifici gruppi microbici/patogeni, oppure “a fresco”, ossia non colorato. Sulla base del patogeno sospettato viene utilizzata una diversa tecnica: microscopia in campo chiaro (frequente utilizzo), microscopia in campo oscuro (es. per visualizzare Treponema pallidum), microscopia a contrasto di fase (frequente utilizzo), microscopia in fluorescenza (con maggiore sensibilità perché si utilizzano anticorpi per la ricerca del microrganismo).

• Isolamento del patogeno su terreni semi solidi (agarizzati) e liquidi (brodi nutritivi). Sul-

la base della qualità dell’informazione che forniscono, si distinguono i seguenti terreni: non selettivi (consentono la crescita batterica di gran parte delle specie note), selettivi (consentono la crescita di una/alcune specie batteriche, inibendo la crescita delle altre), elettivi (favoriscono la crescita di una o alcune specie batteriche, sebbene non inibiscano la crescita di altre), differenziali (consentono di differenziare le specie batteriche sulla base delle loro caratteristiche biochimiche).

• Per l’identificazione microbiologica si utilizzano:

– metodiche biochimiche, attraverso la definizione del corredo enzimatico del microrganismo in esame;

– metodiche sierologiche, attraverso la ricerca di antigeni specie-specifici utilizzando anticorpi complementari. Per esempio: reazione di agglutinazione, reazione di immunofluorescenza, saggio immunoenzimatico (Enzyme-Linked ImmunoSorbent Assay, ELISA);

– metodiche molecolari, con ricerca di sequenze nucleotidiche (DNA o RNA) specie-specifiche. Per esempio: amplificazione genica (Polymerase Chain Reaction, PCR), con cui una sequenza genica viene amplificata fino alla sua rilevazione, ibridazione con una “sonda”, ossia una sequenza di acido nucleico a singolo filamento (RNA oppure DNA) complementare rispetto alla sequenza target di uno specifico patogeno.

• Antibiogramma. Tra le tecniche utilizzate per l’esecuzione dell’antibiogramma viene

Infezioni ematiche

Infezioni delle basse vie respiratorie

Infezioni delle vie urinarie

Infezioni del sito chirurgico

Infezioni gastrointestinali

Infezioni a occhi, orecchie, naso, gola

Altre infezioni

Figura 53.2 Infezioni correlate all’assistenza (ICA) divise per tipologia e fascia d’età. Adattata da Zingg, 2017.

■ Strategie per la riduzione

La prevenzione e il controllo delle ICA in tutte le strutture assistenziali rappresentano interventi irrinunciabili per ridurre l’impatto di queste infezioni e, più in generale, per ridurre la diffusione dei AMR e in particolare i batteri antibiotico-resistenti (ABR). La Figura 53.3 riassume l’articolazione del Piano Nazionale di Contrasto all’Antibiotico-Resistenza (PNCAR) 2022-2025.

Al fine di ridurre le ICA risulta fondamentale definire un elenco di buone pratiche di assistenza. Le seguenti rappresentano le misure di base:

• lavaggio corretto delle mani;

• riduzione di procedure diagnostiche e terapeutiche non necessarie;

• corretto uso di antibiotici e di disinfettanti;

• sterilizzazione dei presidi e rispetto dell’asepsi;

• controllo del rischio di infezione ambientale;

• adeguata profilassi antibiotica;

• corretta immunoprofilassi di pazienti e operatori sanitari;

• sorveglianza delle infezioni con identificazione e controllo tempestivi delle epidemie.

Nello specifico, l’OMS e il Centers for Disease Control and Prevention (CDC) raccomandano diverse strategie:

• pianificare una sorveglianza epidemiologica;

• implementare i sistemi di sorveglianza esistenti;

• attuare interventi di prevenzione;

• istituire un sistema di segnalazione rapida di alert organisms e cluster epidemici;

• organizzare protocolli operativi per le emergenze infettive;

• diffondere informazioni relative a ICA sia agli operatori sanitari sia alla popolazione generale (Figura 53.4).

53.3 Traumi (punture, morsi)

In qualsiasi contesto il bambino può trovarsi a interagire con altri individui, animali o insetti. Da questa interazione possono verificarsi diverse tipologie di traumi, come morsi, graffi, punture e colpi che possono causare danni, in particolare problematiche di tipo infettivologico, dovute ai microrganismi che possono penetrare attraverso la porta di ingresso creata (Tabella 53.4).

PARTE C – APPENDICI ISBN 978-88-08-89984-2 598
con infezioni per sito (%) Fasce d’età < 1 mese 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 1–11 mesi 1–4 anni5–10 anni≥ 11 anni
Bambini

Piano Nazionale di Contrastro all’Antibiotico-Resistenza (PNCAR) 2022-2025

Sorveglianza e monitoraggio

• ABR

• ICA

• Uso antibiotici

• Monitoraggio ambientale

Appendice: funghi, virus e parassiti

Prevenzione delle infezioni

• ICA

• Malattie infettive e zoonosi

Buon uso antibiotici

• Ambito umano

• Ambito veterinario

• Corretta gestione e smaltimento

Informazione, comunicazione e trasparenza Ricerca, innovazione e bioetica

Figura 53.3 Piano Nazionale di Contrasto all’Antibiotico-Resistenza (PNCAR) 2022-2025. Abbreviazioni. ABR, antibiotico-resistenza; ICA, infezioni correlate all’assistenza. Adattata da Ministero della Salute, 2022.

Prevenzione e controllo delle infezioni

• Igiene delle mani

• Screening per i portatori/pazienti potenzialmente infetti da batteri multiresistenti

• Isolamento dei pazienti infetti o portatori

Programmi di gestione degli antibiotici

Formazione del personale sanitario

Educazione e informazione dei pazienti e dei loro parenti su ciò che possono fare per prevenire le ICA e sull’uso prudente degli antibiotici

Sorveglianza delle ICA a livello locale e nazionale

Miglioramento del supporto da parte dei laboratori di microbiologia negli ospedali e nelle strutture di lungodegenza

Figura 53.4 Misure di prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza. Adatta da Zingg, 2017.

53.3.1 Contatto con animali domestici

Morsi e/o graffi di cane. Il numero dei cani domestici è recentemente aumentato; i bambini possono essere facilmente morsi o graffiati da cani (propri o altrui) perché giocano frequentemente con loro e, involontariamente (o, talvolta, volontariamente), possono infastidirli o far loro del male.

Come prevenire morsi/graffi di cane: non lasciare mai soli bambini e cani; chiedere al proprietario del cane se ci si può avvicinare e interagire con esso; non infastidire i cani mentre mangiano, dormono o sono con i propri cuccioli; non infastidire cani che sembrano affamati, malati o arrabbiati; non toccare cani sconosciuti senza padrone, anche se appaiono socievoli e in salute; utilizzare il guinzaglio (e in alcuni contesti

CAPITOLO 53 / Raccomandazioni in situazioni o soggetti a rischio ISBN 978-88-08-89984-2 599
Governance Formazione
Cooperazione nazionale e internazionale

© 2024 CEA - Casa Editrice Ambrosiana, viale Romagna 5, 20089 Rozzano (MI) [89984] CEA - Casa Editrice Ambrosiana è un marchio editoriale di Zanichelli editore S.p.A.

Diritti riservati

I diritti di pubblicazione, riproduzione, comunicazione, distribuzione, trascrizione, traduzione, noleggio, prestito, esecuzione, elaborazione in qualsiasi forma o opera, di memorizzazione anche digitale e di adattamento totale o parziale su supporti di qualsiasi tipo e con qualsiasi mezzo (comprese le copie digitali e fotostatiche), sono riservati per tutti i paesi. L’acquisto della presente copia dell’opera non implica il trasferimento dei suddetti diritti né li esaurisce.

Fotocopie e permessi di riproduzione

Le fotocopie per uso personale (cioè privato e individuale, con esclusione quindi di strumenti di uso collettivo) possono essere effettuate, nei limiti del 15% di ciascun volume, dietro pagamento alla S.I.A.E. del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Tali fotocopie possono essere effettuate negli esercizi commerciali convenzionati S.I.A.E. o con altre modalità indicate da S.I.A.E.

Per le riproduzioni ad uso non personale (ad esempio: professionale, economico, commerciale, strumenti di studio collettivi, come dispense e simili)

l’editore potrà concedere a pagamento l’autorizzazione a riprodurre un numero di pagine non superiore al 15% delle pagine del presente volume.

Le richieste vanno inoltrate a: Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali (CLEARedi), Corso di Porta Romana 108, 20122 Milano e-mail: autorizzazioni@clearedi.org e sito web: www.clearedi.org

L’autorizzazione non è concessa per un limitato numero di opere di carattere didattico riprodotte nell’elenco che si trova all’indirizzo www.zanichelli.it/chi-siamo/fotocopie-e-permessi

L’editore, per quanto di propria spettanza, considera rare le opere fuori del proprio catalogo editoriale. La loro fotocopia per i soli esemplari esistenti nelle biblioteche è consentita, anche oltre il limite del 15%, non essendo concorrenziale all’opera. Non possono considerarsi rare le opere di cui esiste, nel catalogo dell’editore, una successiva edizione, né le opere presenti in cataloghi di altri editori o le opere antologiche. Nei contratti di cessione è esclusa, per biblioteche, istituti di istruzione, musei e archivi, la facoltà di cui all’art. 71-ter legge diritto d’autore. Per permessi di riproduzione, diversi dalle fotocopie, rivolgersi a ufficiocontratti@zanichelli.it

Licenze per riassunto, citazione e riproduzione parziale a uso didattico con mezzi digitali

La citazione, la riproduzione e il riassunto, se fatti con mezzi digitali, sono consentiti (art. 70 bis legge sul diritto d’autore), limitatamente a brani o parti di opera, a) esclusivamente per finalità illustrative a uso didattico, nei limiti

Realizzazione editoriale: Epitesto, Milano

Indice analitico: Epitesto, Milano

Disegni: Giuseppe Maserati

Prima edizione: giugno 2024

di quanto giustificato dallo scopo non commerciale perseguito. (La finalità illustrativa si consegue con esempi, chiarimenti, commenti, spiegazioni, domande, nel corso di una lezione); b) sotto la responsabilità di un istituto di istruzione, nei suoi locali o in altro luogo o in un ambiente elettronico sicuro, accessibili solo al personale docente di tale istituto e agli alunni o studenti iscritti al corso di studi in cui le parti di opere sono utilizzate; c) a condizione che, per i materiali educativi, non siano disponibili sul mercato licenze volontarie che autorizzano tali usi.

Zanichelli offre al mercato due tipi di licenze di durata limitata all’anno accademico in cui le licenze sono concesse:

A) licenze gratuite per la riproduzione, citazione o riassunto di una parte di opera non superiore al 5%. Non è consentito superare tale limite del 5% attraverso una pluralità di licenze gratuite, B) licenze a pagamento per la riproduzione, citazione, riassunto parziale ma superiore al 5% e comunque inferiore al 40% dell’opera. Per usufruire di tali licenze occorre seguire le istruzioni su www.zanichelli.it/licenzeeducative L’autorizzazione è strettamente riservata all’istituto educativo licenziatario e non è trasferibile in alcun modo e a qualsiasi titolo.

Garanzie relative alle risorse digitali

Le risorse digitali di questo volume sono riservate a chi acquista un volume nuovo: vedi anche al sito www.zanichelli.it/contatti/acquisti-e-recesso  le voci Informazioni generali su risorse collegate a libri cartacei e Risorse digitali e libri non nuovi Zanichelli garantisce direttamente all’acquirente la piena funzionalità di tali risorse.

In caso di malfunzionamento rivolgersi a assistenza@zanichelli.it

La garanzia di aggiornamento è limitata alla correzione degli errori e all’eliminazione di malfunzionamenti presenti al momento della creazione dell’opera.

Zanichelli garantisce inoltre che le risorse digitali di questo volume sotto il suo controllo saranno accessibili, a partire dall’acquisto, per tutta la durata della normale utilizzazione didattica dell’opera. Passato questo periodo, alcune o tutte le risorse potrebbero non essere più accessibili o disponibili: per maggiori informazioni, leggi my.zanichelli.it/fuoricatalogo

Soluzioni degli esercizi e altri svolgimenti di compiti assegnati

Le soluzioni degli esercizi, compresi i passaggi che portano ai risultati e gli altri svolgimenti di compiti assegnati, sono tutelate dalla legge sul diritto d’autore in quanto elaborazioni di esercizi a loro volta considerati opere creative tutelate, e pertanto non possono essere diffuse, comunicate a terzi e/o utilizzate economicamente, se non a fini esclusivi di attività didattica.

Diritto di TDM

L’estrazione di dati da questa opera o da parti di essa e le attività connesse non sono consentite, salvi i casi di utilizzazioni libere ammessi dalla legge. L’editore può concedere una licenza. La richiesta va indirizzata a tdm@zanichelli.it

Copertina: - progetto grafico: Falcinelli & Co., Roma - immagine di copertina: Olga Yastremska, New Africa, Africa Studio/iStockphoto

Ristampa: prima tiratura 5 4 3 2 1 2024 2025 2026 2027 2028

Realizzare un libro è un’operazione complessa, che richiede numerosi controlli: sul testo, sulle immagini e sulle relazioni che si stabiliscono tra loro. L’esperienza suggerisce che è praticamente impossibile pubblicare un libro privo di errori. Saremo quindi grati ai lettori che vorranno segnalarceli.

Per segnalazioni o suggerimenti relativi a questo libro rivolgersi a: segreteria_cea@ceaedizioni.it

Per comunicazioni di tipo commerciale rivolgersi a: universita@zanichelli.it

Stampa:

per conto di Zanichelli editore S.p.A.

Via Irnerio 34, 40126 Bologna

Susanna Esposito

Malattie infettive pediatriche

Inquadra e scopri i contenuti!

Le risorse digitali universita.zanichelli.it/esposito-pediatria

A questo indirizzo sono disponibili le risorse digitali di complemento al libro. Per accedere alle risorse protette è necessario registrarsi su my.zanichelli.it inserendo il codice di attivazione personale contenuto nel libro.

Libro con Ebook

Chi acquista il libro nuovo può accedere gratuitamente all’Ebook, seguendo le istruzioni presenti nel sito.

L’accesso all’Ebook e alle risorse digitali protette è personale, non condivisibile e non cedibile, né autonomamente né con la cessione del libro cartaceo.

Le malattie infettive sono tra le principali cause di morbilità e mortalità in età pediatrica in tutto il mondo. La loro gestione richiede una comprensione approfondita degli agenti eziologici, dell’epidemiologia e delle strategie di diagnosi, prevenzione e controllo; comprensione che questo manuale si propone di impostare e sostenere con uno strumento solido, utile e rapido da consultare.

Nella prima sezione si descrivono gli agenti eziologici causa di malattie infettive pediatriche, dai batteri ai virus, dai protozoi ai funghi e ai parassiti. La loro variabilità e la loro capacità di mutare e di adattarsi impone una comprensione dinamica delle modalità di trasmissione, dei fattori di rischio e dei meccanismi patogenetici.

Nella seconda sezione si illustrano i quadri clinici: ogni capitolo presenta le caratteristiche cliniche, le modalità di diagnosi, le opzioni terapeutiche, le strategie preventive e gli strumenti per la gestione delle patologie. Particolare attenzione è riservata alle malattie infettive emergenti e riemergenti, in un contesto di globalizzazione e di cambiamenti ambientali che può favorire la diffusione di nuovi ola ricomparsi di vecchi patogeni. In appendice si descrivono i principali test diagnostici, gli aspetti dell’immunizzazione attiva e passiva e le raccomandazioni per soggetti o situazioni a rischio. La prevenzione ha un ruolo essenziale nella gestione delle malattie infettive pediatriche; perciò, ampio spazio è riservato ai programmi di vaccinazione, alle pratiche di igiene e alle misure di controllo delle infezioni.

Susanna Esposito è professoressa ordinaria di Pediatria presso l’Università di Parma e direttrice dell’UOC Clinica Pediatrica all’Ospedale dei Bambini Pietro Barilla dell’AOU di Parma.

Andrea Pession, già professore ordinario di Pediatria presso l’Alma Mater Studiorum Università di Bologna, è stato anche direttore dell’UO di Pediatria dell’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola di Bologna.

ESPOSITO*MALATTIE INF PEDIA (CEALUM Q IS BN 978 -88- 08 - 89984-2 9 788808899842 5 6 7 8 9 0 1 2 3 (64S)

Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.