Catalogo OrganicoInorganico

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con il patrocinio del Comune di Vicenza

CURATORE Maria Yvonne Pugliese INTERVENTO CRITICO Renato Barilli COORDINAMENTO MOSTRA E CATALOGO Maria Yvonne Pugliese COORDINAMENTO UFFICIO MOSTRE COMUNE Ida Beggiato SEGRETERIA ORGANIZZATIVA Giovanna Segalla FOTOGRAFIE Samuele Carini Silvia Morandi Elena Nardi Alberto Rizzini Floriana Russo Giorgio Tamagnini STUDIO GRAFICO ED IMPAGINAZIONE Union Made - EU STAMPA Pixart

copertina: Traslitterazione (particolare), acciaio inox, granito, poliacrilici su multistrato, 100x200x36, 2010


ILER MELIOLI

OrganicoInorganico testo critico a cura di Renato Barilli

Vicenza - 1 marzo / 22 aprile 2012



A Yvonne Sospeso, come sospinto in alto, appeso a un chiodo per non cadere mostra dentro, più dentro, più in fondo, sul verde smeraldo l’ombra di un’ala volata via, oltre il buio della cornice. Iler

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Allestimento nella sede della galleria YvonneArtecontemporanea Installazione nella sede della galleria Yvonneartecontemporanea


OrganicoInorganico Renato Barilli

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La bella mostra che la Galleria Yvonne Artecontemporanea ha dedicato a Iler Melioli presenta un nutrito numero di opere in cui l’artista sviluppa e porta a esiti brillanti le sue impostazioni precedenti su cui avevo già avuto modo di soffermarmi nel lungo testo da me steso in occasione della sua retrospettiva del 2005 ospitata ai Chiostri di San Domenico di Reggio Emilia. Pertanto non ritengo opportuno, su queste pagine di catalogo, ripetermi o apportare minime varianti, mi limito a fornire un florilegio dei brani più significativi con cui, in quell’occasione, avevo inquadrato da vicino il percorso del nostro artista. Tuttavia, tra le novità che certo questa sua ennesima apparizione vicentina offre in abbondanza, o diciamo meglio tra le conferme e maturazioni di valide premesse già avanzate in passato, ce n’è una che merita un esame approfondito, sia per la sua consistenza intrinseca, sia per una prospettiva di destinazione finale che la attende. Già il titolo, Ondosauro, è molto significativo e innovativo. Ritroviamo la principale eredità che Melioli ricava da un illustre passato a lui antecedente, il Minimalismo della fine dei Sessanta, quale si esprimeva negli artisti statunitensi sul tipo di Bob Morris e Donald Judd, e contemplava il ricorso a solidi geometrici regolarissimi, cubi, prismi, parallelepipedi, oltretutto realizzati in duro metallo. Ma a compensare quelle forme già ampiamente sfruttate dalle avanguardie storiche, interveniva l’evidente spinta a invadere, ad abitare lo spazio, fino quasi a cancellare la troppa regolarità delle sagome. Del resto, che quella ostentazione di meccanomorfismo fosse eccessiva e dannosa, se ne accorse ben presto lo stesso Morris, fino a rovesciarlo nel suo esatto contrario dando il via alla fase detta dell’Anti-Form, sostituendo ai metalli il ricorso a morbidi strati di feltro. Poi, ci fu la rivolta ben più consistente messa in atto dalle varie tendenze note come “ripetizione differente” “citazionismo, “ mode rétro”, roba che interessò i nati tra il 1940 e il 1950. Ma il nostro Iler appartiene a una generazione ulteriore che intende praticare una sorta di sintesi hegeliana tra quei due estremi opposti, il troppo di rigore ad angolo retto del Minimalismo, il troppo di concessione al colorismo e all’ornamento dell’ondata successiva. Veniamo a verificare questi caratteri di superamento, o contemperamento reciproco, dei due estremi. Certamente questo dinosauro sui generis ostenta una specie di colonna vertebrale degna appunto di un gigantesco animale preistorico, dove tuttavia le inevitabili imperfezioni della sostanza organica vivente sono riveduti e corretti in senso ingegneresco, come se fossimo in presenza di una cancellata, di un muro di sbarramento. E tuttavia, questa valenza regolarista non è confermata fino in fondo, in quanto la cresta di questa spina dorsale o cassa toracica o muro di cinta si conforma al bellissimo ed elastico andamento di un’onda, che è un pattern assolutamente

alieno all’universo dell’inorganico e dei metalli, mentre caratterizza, da un lato, le manifestazioni della vita, tanto animale quanto vegetale, e dall’altro, l’universo oggi assolutamente dominante dell’elettromagnetismo, col suo svolgimento nell’elettronica. Non per nulla la metafora di base per caratterizzare tutto questo ambito è proprio di “onda” elettromagnetica. Si potrebbe dire dunque che in questo sauro di nuova generazione si conciliano davvero i due cicli su cui si era retta e si regge la nostra civiltà, il meccanico e l’elettronico. Qualcosa di simile si troverebbe nel maggiore architetto vivente, il catalano Calatrava, a dimostrazione che gli artisti non agiscono mai da isolati ma colgono in ogni caso uno Zeitgeist che li porta a soluzioni assai prossime. Queste parole valgono a inquadrare la concezione in sé dell’opera di Iler, presente nella sede della mostra attraverso un bozzetto di formato ridotto. Ma evidentemente era già nello spirito del Minimalismo storico svilupparsi in grandi dimensioni, uscir fuori dallo spazio protetto delle gallerie, e lo stesso si deve ripetere per il neo-minimalismo di cui Melioli è protagonista, tanto più che all’inerzia e staticità tipiche dei prodotti metallurgici si aggiungono la fluenza e scorrevolezza che appartengono ai movimenti ondulatori. Vale più che mai in questo caso l’invito a “prendere l’onda, a fare il surf”, seppure mentalmente, dato che in definitiva quest’opera intende fissarsi in un assetto definitivo, ma acquistando le giuste dimensioni e andando ad abitare lo spazio pubblico della città. Se ne prevede infatti una lunghezza di quasi otto metri e un’altezza di due. Non c’è contraddizione tra l’attuale presenza in una galleria privata, costretta ad attenersi ai formati ridotti, e un auspicabile destino di opera pubblica, chiamata ad allietare i luoghi in cui normalmente viviamo, magari sottraendoli al triste stato di “non-luoghi” cui li condanna la monotona confezione del contesto ambientale. Si delinea un fertile rapporto di sussidiarietà, il privato dà all’artista i mezzi per sperimentare e abbozzare, ma poi dovrebbe intervenire il momento pubblico per consentire la realizzazione vera e propria a scala monumentale. Nei secoli d’oro della nostra arte la trafila era proprio questa, gli artisti venivano chiamati a lavorare per chiese e palazzi pubblici, non si vede perché oggi le amministrazioni di vario tipo non si decidano a ripercorrere le medesime strade, e dunque c’è da augurarsi che l’Ondosauro prenda fissa dimora nel luogo prescelto e che i cittadini di Vicenza lo adottino, così da reclamare che non sparisca dalla scena ma resti a imporvi il suo carattere di poderosa sintesi tra due cicli del nostro tempo.


Dalla geometria euclidea ai frattali Renato Barilli 2005 - cat. mostra di Iler Melioli - Ed. Mazzotta L’opera che Iler Melioli viene elaborando da circa vent’anni a questa parte si iscrive in una specie di minimalismo, a patto di prendere questo termine in senso lato, quasi alla lettera, e senza un riferimento preciso al movimento statunitense condotto da Bob Morris e compagni, cui peraltro si deve l’averne offerto la versione, per così dire, più ufficiale e rigorosa. Ma un qualche minimalismo scatta immancabilmente quando si voglia reagire a una fase precedente di abbuffata eccessiva, di tuffo nel pittoresco, nel colorismo più trito e sfacciato. […] A partire dalla metà dei Settanta si era avuto un fragoroso, tumultuoso ritorno al pittoricismo e a schemi barbarici di figurazione, il che, fra l’altro, nel nostro Paese aveva fatto nascere la Transavanguardia, a braccetto con i Nuovi Selvaggi tedeschi. Da qui, appunto verso la metà degli Ottanta, la necessità di sottoporre il corpo della ricerca artistica a una nuova inevitabile dieta, con la necessità di far rientrare in scena un neo-minimalismo, un po’ come, nelle piste della Formula 1, non appena si crea un groviglio di vetture, è necessario “azzerare” il circuito facendovi circolare lo safety-car. Non per nulla negli appunti teorici, parchi ma esatti, che Melioli accompagna alla sua produzione diretta compare un esplicito rifiuto del clima della “citazione”, che era stato l’alibi sotto la cui ala quel ritorno al pittoricismo e al figurativo aveva tentato di giustificarsi. Scattarono dunque, allora, a metà degli ottanta, nei vari Paesi più qualificati sul fronte della ricerca artistica, nuovi impulsi ad azzerare, a comporre in un clima di esasperata economia, con materiali neutri, acromi, pronti a sacrificare, davanti alle attrattive del volume, ogni compiacimento di pelle, di testura. Credo di aver riassunto molto bene quello stato di neo-minimalismo quando, nel ’91, ho organizzato uno dei miei soliti spaccati internazionali distribuiti in varie sedi della nostra Regione, Anninovanta. E vi si potevano ammirare appunto i vari Peter Halley, John Armleder, Günther Förg, assieme a tanti altri campioni di quella che allora si disse anche la New Geo, il ritorno alla castità di forme suggerite da un buon manuale di geometria euclidea. E non a caso Melioli figurava in quella schiera, assieme ad altri italiani quali Arienti, Cavenago, De Paolis, Di Palma ecc.

Iler Melioli e Yvonne Pugliese durante l’allestimento

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Ma abbiamo anche imparato che questi “ritorni”, ovvero queste oscillazioni del pendolo, a differenza dell’aggeggio meccanico da cui pure il fenomeno trae la denominazione, non si verificano mai nello stesso modo, ne verrebbe un effetto intollerabile di noia, di piétinement sur place; ovvero, per dirla in termini ancora per un momento di ordine fisico, è proprio come succede col pendolo di Foucault, che la terra nel frattempo ruota, e dunque le oscillazioni successive tracciano i loro segni non più sui solchi anteriori, ma su un terreno vergine, non ancora scalfito; ovvero, la storia non si ripete tale e quale, i “ritorni” non mancano di trarre qualche profitto dai casi contro cui pure pretendono di reagire. La nostra intera vicenda si può anche riportare allo scontro dialettico tra lo hard, che è il principio direttivo di questi vari minimalismi di cui sto ragionando, e il soft proprio di schemi, motivi, forme attinenti alla famiglia dei fenomeni vitalistici, non racchiudibili quindi in modo agevole entro linee schematiche. Ebbene, la nuova fase hard, ovvero il neominimalismo cui Melioli partecipa per intima propensione non manca di strizzare l’occhio al principio avverso, o in altre parole ama iniettarsi qualche goccia di vitalismo, tentando di innestare il codice genetico, se non degli animali, almeno dei vegetali, entro la grammatica altrimenti assai scarsa di combinazione che regge l’universo dei corpi inorganici, delle rocce, dei cristalli. In termini di geometria, è come se il buon manuale classico impostato più di due millenni fa da Euclide strizzasse l’occhio a un ben più recente trattato di matematica dei frattali. I meccanismi di Melioli, pur sobri, schietti, essenziali, non vogliono cedere interamente il campo delle variazioni, degli accidenti, delle intermittenze al mondo opposto della vita organica, ma cercano di reggere una sfida, seppure a modo loro, senza cioè tradire, d’altra parte, un codice di rigore meccanico, quasi si vorrebbe dire un codice d’onore di sapore militaresco, rendendo omaggio fino in fondo a un gusto per forme lucide e pulite. […] Ma c’è di più e di meglio, su questa strada di seducenti ibridazioni tra lo hard e il soft, come già si è accennato sopra. Infatti ho già detto che Melioli inocula entro il rigido DNA dell’inorganico qualche embrione più proprio del mondo organico vegetale. Succede allora che i suoi bastoni, i suoi monoliti metallici non possono evitare di biforcarsi, di ramificarsi, sono cioè costretti ad adottare, quasi loro malgrado, tutte le possibilità dell’arborescenza. Almeno in un’opera il nostro artista ricorre a un titolo quanto mai significativo parlando di “alberazione”: ecco la parola magica, i suoi duri bastoni euclidei sono costretti ad assumere a un tratto il ben diverso codice dell’”alberazione”, in cui sta il principio stesso della vita nel suo primo enunciarsi. Sembra quasi il riproporsi del miracolo attraverso cui Giuseppe venne designato al suo alto e misterioso ruolo di consorte di Maria e di padre putativo di Gesù, proprio per il fatto che un ramo secco da lui portato emise all’improvviso una gemmazione impensata. Allo stesso modo Melioli fa “gettare”, germogliare, fogliare la sua foresta di alberi e rami

rettilinei, di sbarre inflessibili, altrimenti morte, inanimate. E non abbiamo ancora finito, nell’esame di queste così allettanti possibilità di ibridazione conquistate da Melioli per la sua arte. Infatti fin qui abbiamo messo a confronto, e tentato di portare a sposalizio reciproco, due regni del mondo naturale, quello dell’inorganico, delle formazioni geologico-metalliche, e quello organico, la biosfera, almeno a cominciare dalle sue manifestazioni più semplici affidate ai vegetali. Ma sappiamo bene che in mezzo sta un terzo regno, quello delle energie elettriche, inanimato, se si vuole, come quello dell’inorganico, ma d’altra parte dominato da schemi aperti, flessi, arborescenti, assai più prossimi alle proprietà della biosfera. Ebbene, c’è una via regia secondo cui le sbarre, le verghe metalliche dovunque e comunque siano confezionate riescono a esprimere energia, e dunque a stabilire imprevisti rapporti di continuità con l’elettrosfera. Ciò avviene secondo leggi che ci vengono enunciate da qualsivoglia manuale di fisica. Sappiamo bene che appunto gli elementi ridotti di spessore, rettilinei, protesi in lunghezza risultano assai adatti a cogliere l’energia elettrica aleggiante nello spazio, a convogliarla verso le loro punte, e da qui a irradiarla nell’etere. Se insomma quelle verghe si assottigliano, pervengono alla natura degli aghi, delle punte, che come giavellotti sparano energia nello spazio; o al contrario la catturano, comportandosi in pratica come dei parafulmini. Questi poteri, di una scienza che sfiora la magia, gravano sull’intera famiglia dei monoliti elaborati da Melioli. Col che, si noti, egli ristabilisce buoni rapporti di contiguità rispetto ad artisti e fenomeni che appartengono al ramo principale della famiglia minimalista. E’ ben noto alla critica che il Minimalismo di Morris si continua nella Land Art di Walter De Maria, in cui si trova appunto uno strenuo cultore di ogni risorsa insita nei tratti rettilinei prolungati. Una delle più note realizzazioni di De Maria è il Letto di spine, una sorta di campo minato costituito da centinaia di sbarre, così acuminate nelle loro punte, da ferire un qualche imprudente visitatore che osasse sfiorarle, tanto che prima della visita a una simile installazione si richiede la firma di un documento di piena accettazione del rischio. Quel Letto di spine diviene anche uno sbarramento di parafulmini, il che però ci porta anche a ricordare che questi ultimi, quando scoppiano, rigano il cielo con arborescenze del tutto consone alle indicazioni della matematica dei frattali. Quando si raggiungono le dimensioni in cui si svolge la Land Art di De Maria siamo ormai fuori dai confini tra le due e le tre dimensioni, ci muoviamo in un campo multidimensionale che, se vogliamo, ammette di nuovo certi esiti quasi esclusivamente grafici: in fondo, le bellissime arborescenze disegnate dai lampi sono quasi un superbo disegno tracciato in cielo da una popolazione di Giganti, di Dei dell’Olimpo. Per questa via ci è possibile volgerci a considerare anche la consistente opera bidimensionale realizzata da Melioli, senza che ciò significhi, da parte del nostro artista, un voler concedere troppo a un universo


fondato su tradizionali pittoricismi ed edonismi cromatici. Tanto per cominciare, infatti, nelle sue opere su carta i colori sono quanto mai freddi, fondati sul ricorso a certi azzurri che non si può mancare di definire metallici, o a certi gialli che evocano la luce elettrica o al neon. Ma soprattutto, è degno di nota che le sagome alquanto tradizionali incastonate in questi fogli, e rispondenti alla vecchia geometria euclidea, sul tipo dei quadrati o dei rettangoli, ci appaiono avvolte in strani filamenti: come se fossero placche metalliche di supporto, che devono servire solo per fornire un piano d’appoggio a dei circuiti stesi, diramati a catturare-irradiare energie imponderabili, invisibili, smaterializzate. In fondo, la “pittura” di Melioli non è certo un passo indietro, verso traguardi più tranquilli e sicuri, ma piuttosto un passo avanti, a inquietare nuove dimensioni dello spazio, della materia, del pensiero.

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Loggia del Capitaniato Vicenza Monumento di Andrea Palladio dove è stata installata la scultura di Iler Melioli ONDOSAURO, 780x200x80, 2005


Icaro, acciaio inox, granito nero, 70x182x35, 2011 Opera installata nell’atrio di Palazzo Da Porto Festa, Andrea Palladio.


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Fitogenesi, acciaio inox, poliacrilici e granito nero, 200x110x50 cm - 2009


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Fitogenesi, acciaio inox, poliacrilici e granito nero, 200x70x35 cm, 2009


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Diapason Orfico, acciaio inox e granito nero, 60x200x20 cm, 2010


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Bosco ligure acciaio inox, policromo e granito nero, 200x120x40 cm, 2011


Ondosauro Mediterraneo acciaio inox, policarbonato e granito nero, 200x70x26 cm, 2010


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Traslitterazione acciaio inox e granito nero, poliacrilici su multistrato 200x100x36 cm, 2010



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“Senza titolo”, fusione in alluminio, 14x60 cm - 1992


Giardino pensile, tempera, legno, resina, acrilici,40x38x4 cm - 2010


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Giardino pensile, tempera, legno, resina, acrilici,44x44x5 cm - 2010


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Giardino pensile - resina e acrilici, 20x20x2,5 cm - 2011


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Yellow spring, poliacrilico su pvc e acciaio policromo, 59x67x3 cm - 2008


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Scansione, pastello su carta,50x50 cm - 2008


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Scansione, pastello su carta,50x50 cm - 2008


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Scansione, pastello su carta,50x50 cm - 2008



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Vernissage in galleria


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Biografia La sua prima formazione a indirizzo artistico avviene presso l’Istituto di Belle Arti di Reggio Emilia. Al termine degli studi intraprende l’attività di insegnamento dell’educazione visiva e della storia dell’arte nei licei. Nei primi anni Ottanta l’incontro con S. Sarduy, scrittore e saggista legato alla cerchia di R. Barthes, consente a Melioli l’acquisizione di strumenti euristici che si rivelano fondamentali per lo sviluppo della sua ricerca artistica orientata verso la riduzione del processo formale all’essenzialità di strutture geometriche anamorfiche. Nella seconda metà del decennio, in aperta antitesi con ogni modello di citazione, Melioli ha ormai maturata la sua opzione verso quelle poetiche dell’oggetto che già mostravano i loro margini di latenza negli anni precedenti. Nel 1980 una sua mostra alla galleria Il Poliedro di Cremona viene presentata da Elda Fezzi. Nel 1985 i Civici Musei di Reggio Emilia presentano una sua personale curata da R. Daolio e S. Sarduy ,dove il processo linguistico rifondato sulle potenzialità di una riduzione di stampo geometrico lo porta a sagomare le tele partendo da un punto di vista interno alle superfici stesse. Verso la fine degli anni Ottanta, con una personale curata da Francesco Poli e promossa dai Musei di Rimini a Palazzo Gambalunga, Melioli delinea un’elaborazione della sua ricerca fondata sulle poetiche dell’oggetto che prevede uno sviluppo della forma sulla grande scala dimensionale. Il suo linguaggio fa parte di uno dei “ritorni” alla materia e alla castità delle forme, chiamato, nel 1991, Neo Geo (neo-geometric conceptualism). In quello stesso anno, con AnniNovanta, Renato Barilli storicizza la ricerca di Melioli nel quadro del Neominimalismo accanto al gruppo della East Coast americana formato da J. Koons, H. Steinbach e P. Halley, oltre ad altri autorevoli esponenti europei quali J. Armleder, G. Förg, S. Arienti e S. Fermariello. Nel 1994, all’interno della mostra Itinerari curata da Dede Auregli e Luigi Meneghelli, promossa dalla GAM di Bologna, Melioli presenta alcune opere di grandi dimensioni che delineano un raffreddamento del mezzo espressivo comparato all’utilizzo

di tecnologie provenienti dalla metallurgia industriale. Il suo frequente utilizzo dei profilati in acciaio inossidabile, come l’uso di sistemi computerizzati di taglio laser a controllo numerico, comportano l’adozione di processualità eidetiche e operative che riconoscono nello strumento tecnologico l’emblema di un mondo della precisione che ha plasmato e trasformato i nostri abiti mentali e i nostri modelli comportamentali. Nel corso dell’ultimo decennio la ricerca artistica di Melioli procede verso un’evoluzione della scultura oggettuale e comprende lo sviluppo di un linguaggio visivo strutturato su di una nuova geometria articolata per adattarsi al quadro pittorico-bidimensionale e a quello tridimensionale delle forme plastiche. Nel 2005 viene promossa dai Civici Musei di Reggio Emilia una sua grande retrospettiva curata da Renato Barilli. Nel 2009 la Galleria Galaverni organizza una sua personale curata da C. Cerritelli dove accanto all’utilizzo dell’acciaio policromo si sviluppa una ricerca sull’alchimia industriale e sui nuovi materiali che vede accrescere l’intervento del colore all’interno di una totalità cromo plastica che muove verso nuove dimensioni dello spazio, della materia e del pensiero, mentre la scienza arriva a sfiorare la magia.

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Principali mostre personali 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1990 1993 1996 1998 2002 2005 2007 2009 2012

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Sale espositive, Civici Musei, Crema Galleria Il Poliedro, Cremona Palazzo del Capitano del Popolo, Reggio Emilia Galleria Il Poliedro, Cremona Sale espositive Civici Musei, Crema Galleria Il Poliedro, Cremona Sale espositive Civici Musei, Reggio Emilia Galleria Cicconi, Macerata Iler Melioli - Sale espositive Palazzo Gambalunga, Civici Musei, Rimini Galleria Alphacentauri, Parma Studio Jelmoni, Piacenza Studio Jelmoni, Piacenza Iler Melioli - L’ottagono Comune di Bibbiano (Reggio Emilia) ler Melioli - Chiostri di S.Domenico, Civici Musei di Reggio Emilia Iler Melioli - Galleria Studio Fornaciari Iler Melioli - Saletta Galaverni, Reggio E. Iler Melioli – OrganicoInorganico – Galleria Yvonneartecontemporanea Vicenza

Principali mostre collettive 1983 1984 1986 1987 1991 1992 1993 1994

Regesto, Attualità della ricerca artistica, Reggio Emilia Senza titolo, Biblioteca S.Ilario d’Enza RE Il fascino della carta, Pari&Dispari Civici Musei Reggio Emilia La misura della notte, Chiostri di S. Domenico, Reggio Emilia Emergenze, Galleria Neon, Bologna Ambientalia, Antico Foro Boario, Reggio E. Generazioni a confronto, Casalgrande,RE AnniNovanta, Galleria d’Arte Moderna, BO Sculture, Galleria Rino Costa, Casale Monferrato (AL) Tre artisti nel quadro degli anni novanta, Teatro Valli, Reggio Emilia Sala Comunale esposizioni, Cavriago, Biblioteca Comunale Rubiera Dal sacro al profano, Regione Campania, Ravello, Salerno Per la casa di un sindacato, Foro Boario, Reggio Emilia Quattro artisti per la nuova sede della Camera del Lavoro, Parma Una generazione italiana, Rocca Paolina, Perugia Itinerari, Galleria d’Arte Moderna, Bologna

1995 1996 1997 2000 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Pinacoteca Civica, Ravenna Giardino dell’Arte, Assessorato Cultura e Ambiente, Torino Una generazione neominimalista, Galleria 8,75 Reggio Emilia La raccolta d’Arte della Camera del Lavoro, Reggio Emilia L’attività artistica negli anni 70 e 80 tra Modena, Reggio Emilia e Parma Castello della Rocca, Comune di Montecchio Emilia, (RE) Vedere le idee, Galleria 8,75 Reggio Emilia Cinquanta monumenti per Corrado Costa,Civici Musei, Reggio Emilia Scolpire la Città, Civici Musei, Reggio Emilia Questione di segni, Triennale Bologna 2000, Sale museali Baraccano, Bologna Galleria Pari & Dispari, Un cuscino per sognare, Reggio Emilia Venti artisti con l’Africa, cat. mostra Festa Reggio 2005, Reggio Emilia Un’arte glocale, Palazzo Magnani. Centro Cultural de la Asunciòn, Albacete Spagna Contro_E_ Vento, Centrale idroelettrica Ligonchio,RE Contro_ E_ Vento, Museo del mare, GE Collettiva, Galleria Studio Fornaciari,RE Collettiva, Officina delle Arti, Musei Civici, Reggio Emilia Arte Energia Impresa, Castello di Terrarossa, Licciana Nardi (MS) Proposte per una collezione, Galleria Galaverni ,Reggio Emilia Celeste Galleria, Musei Civici, Reggio Emilia Collezionare l’Arte Contemporanea, Comune di Bibbiano, L’Ottagono Arte Contemporanea Proposte per una collezione, Galleria Galaverni, Reggio Emilia Galleria Emmediarte, Arte contemporanea italiana, dal 16/6 al 3/7/10 alla Bürgersaal Costanza (D) Galleria Galaverni1960-2010 Cinquant’anni di passione per l’arte, Reggio Emilia Fusion Art Gallery Le regole del giocoE.Bertrand, I.Melioli, P.Mussini, Torino Galleria Emmediarte – Maestri dell’arte contemporanea . Milano, Galleria Galaverni, Proposte per una collezione, Reggio Emilia Officina Solare Gallery Ancora Uniti 150°Anniversario Unità d’Itala a cura di B.Brollo – Castello di Termoli


Principali critici che hanno scritto dell’artista D. Auregli, R. Barilli, B.Brollo, C. Cerritelli, E. Crispolti, R. Daolio, V. Dehò, G. Di Genova, E. Di Mauro, E. Fezzi, F. Gualdoni, L. Meneghelli, M. Miretti, M. Mussini, F. Poli, S. Sarduy, M. Sciaccaluga. Breve antologia critica Il linguaggio visivo di Iler Melioli fa parte di uno dei “ritorni” alla materia e alla castità delle forme, chiamato, nel 1991, Neo Geo (neo-geometric conceptualism). In quello stesso anno, con AnniNovanta, Renato Barilli storicizza la ricerca di Melioli nel quadro del Neominimalismo accanto al gruppo della East Coast americana formato da J. Koons, H. Steinbach e P. Halley, oltre ad altri autorevoli esponenti europei quali J. Armleder, G. Förg, S. Arienti e U. Cavenago. L’artista conduce da anni un percorso di ricerca rivolto all’umanizzazione dei nuovi materiali avvalendosi di processualità eidetiche il cui potere trasfigurante giunge a conferire dignità simbolica alle tecniche e alle materie provenienti dalla metallurgia e dall’alchimia industriale. Il sistema linguistico-espressivo che Melioli ha sviluppato delinea un rapporto di stretta coappartenenza tra pittura e scultura dove gli elementi lineari in acciaio policromo dei suoi assemblati descrivono percorsi strutturali intorno o dentro la superficie omologhi alle simbiosi programmate delle sue alberazioni realizzate su resina in terza dimensione. La memoria del giardino diventa in tal modo un luogo fisico e mentale in cui l’artista modula il segno plastico, le campiture del colore, e la funzione costruttiva di una geometria le cui relazioni interne sembrano moltiplicarsi in un numero senza fine di variazioni. Hanging garden e Fitogenesi ordinati su quadri sinottici e scansioni alludono a probabili simbiosi dove il codice genetico dei vegetali può essere trasformato dal programma per assistere alle ibridazioni che ne nascono, a infinite mutazioni del mondo vegetale,a paesaggi astratti, planimetrie mentali e sequenze di universi variabili dove convergono molteplici identità del visibile, che Melioli sa metabolizzare attraverso la totalità cromo-plastica del suo inconfondibile stile. Bibliografia essenziale E. Fezzi, Iler Melioli, cat. mostra Galleria Il Poliedro, Cremona, 1980 E. Fezzi, Iler Melioli, cat. mostra Palazzo del Capitano del Popolo, Reggio Emilia, 1981 E. Fezzi, Iler Melioli, cat. mostra, Civici Musei, Crema, 1983 E. Farioli, Regesto, Attualità della ricerca artistica a Reggio Emilia, Civici Musei, Reggio Emilia, 1983

G. Bonini, Senza titolo, Biblioteca Civica, S.Ilario d’Enza, Reggio Emilia, presentazione della mostra,1983 R. Daolio, Iler Melioli, cat. mostra, Civici Musei, Reggio Emilia, 1985 Severo Sarduy, Tre spiagge per Iler Melioli, cat. mostra, Civici Musei, Reggio Emilia 1985 E. Silvi, Iler Melioli, “la Gazzetta di Reggio” 24 maggio 1985 V.Bonifazi, Iler Melioli, cat. mostra Galleria Cicconi, Macerata, 1986 Massimo De Nardo, “Flash Art” giugno 1986 M.Pecchioli, Ambientalia cat. mostra, Antico Foro Boario, Reggio Emilia, 1987 G. Berti, Generazioni a confronto, cat. mostra, Sala Civica Comune di Casalgrande, (RE) 1987 R. Casarin, Introibo, cat. mostra, Concordia, (MO) 1989 M. Mussini, Disegni, Saletta Galaverni, Reggio Emilia, 1989 F. Poli, Iler Melioli, cat. mostra, Palazzo Gambalunga, Musei Comunali, Rimini 1990 R. Barilli, AnniNovanta, cat. mostra Ediz.Mondadori Arte, 1991 R. Barilli, Tre artisti nel quadro degli anni ‘90, cat, mostra, Teatro Valli, Reggio Emilia, 1991 M. Rosci, In scena gli AnniNovanta, La Stampa – tuttolibri – 6 giugno 1991 B. Torresin, AnniNovanta il gioco d’artificio, la Repubblica 26 maggio 1991 C. Coluccio, Dal sacro al profano, Regione Campania, cat. mostra, Ravello (SA) 1992 S. Parmigiani, La raccolta d’arte della Camera del Lavoro di Reggio Emilia, cat. mostra Ediz Mazzotta 1992 G. Cavazzini, Melioli, i dialoghi di un minimalista, Gazzetta di Parma 20 febbraio 1993 E. Di Mauro, Una generazione italiana, cat. mostra Ediz. Multidea, Torino 1994 D. Auregli, L. Meneghelli, Itinerari, cat. mostra Galleria d’Arte Moderna, Bologna 1994 E. Di Mauro, Giardino dell’arte, cat. mostra Ediz. Multidea, Torino 1994 M. Miretti, A confronto con lo spazio, Il Resto del Carlino, Bologna 19 gennaio 1994 Luigi Meneghelli, Oltre la scultura, Titolo Arte Contemporanea, maggio-giugno 1994 E. Bovo, Itinerari, L’Arena di Verona, Verona 7 febbraio 1994 M. Vescovo, Itinerari, La Stampa, Torino 24 gennaio 1994 D. Trento, S’avanza lo scultore dell’arte elettronica, La Repubblica 10 febbraio 1994 V. Masala, Itinerari d’arte visiva, L’Unità, Bologna 13 gennaio 1994 S. Ghinassi, Gli artisti e la tecnologia, Il Messaggero, Roma, 16 gennaio 1994 E, Crispolti, Iler Melioli in La pittura in Italia, vol. III, Electa, Milano, 1994, p. 276

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Tele Reggio – Iler Melioli – intervista - ottobre 2009 Saletta Galaverni, 1960-2010 C.Cerritelli, S.Parmiggiani - Cinquant’anni di passione per l’arte, cat. mostra ediz. Galaverni TeleReggio – ottobre 2010 Il MeseReggio magazine, dicembre 2010, Il personaggio del mese – Intervista di Chiara Serri - Iler Melioli, artista dalla nascita Iler Melioli – Teoria e storia dell’arte dagli anni ’60 agli anni zero – 9/5/2011, CCPL RE Marica Rossi – Melioli e le forme Neo Geo L’arte incrocia la scienza. Il Giornale di Vicenza 1/3/12 Maria Lucia Ferraguti - Iler Melioli, La Domenica di Vicenza - 3 marzo 2012


LAVORI IN PERMANENZA Senza titolo, 1985, tecnica mista 125x125 CM. Civici Musei Reggio E.; Stele 1992, acciaio inox cm 210x20x6 Camera del Lavoro, Reggio E.; Alberità frazionale, 1993, acciaio inox cm 230x60x4 nuova sede della Camera del Lavoro, Parma; Segno monumentale dedicato a G. Dossetti nel 50° della Costituzione Italiana, 1997 P.le A. Moro di Reggio E. Amministrazione Provinciale di Reggio Emilia; Angelo, 1997 argento fresat. Comput. Laser cm 35x12x4 Civici Musei di Reggio E.; Alberità simbionte, 2002, acciaio inox e marmo cm 238x60x20 Nuovo Teatro di Bibbiano (R.E.); Logaritmica, 1991, acciaio inox cm 280 x 60 x 22 Civici Musei Reggio Emilia; Simbiosi programmate, 2004-2005 installazione a dimensione variabile, acciaio inossidabile verniciato cm 2005 x 120 x 210 CCPL, Reggio Emilia; Senza titolo(portaventi e porta eliche), 2004 acciaio inossidabile lucidato e legno cm 36 x 17 x 5, 41 x 28 x 3 CCPL Reggio Emilia; Alberazione adamantina, 1994/2005 acciaio inox e marmo, cm 244x90x13 – 244x60x13 – 244x30x13 CCPL; Onde perturbanti, 1991,cm 290x64x22 CCPL Reggio Emilia; Giardino italiano, 1991, acciaio inox cm 70 x 200 x 30 CCPL, Reggio Emilia; Scansione, installazione, resina acrilici acciaio inox, granito nero, cm 110 x 200 x 30 CCPL, Reggio Emilia. 39


Finito di stampare marzo 2012



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