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Per contattare l’Associazione e partecipare al progetto: Associazione Xmas Project ONLUS Via Luigi Settembrini, 46 20124 Milano Fax: 02 700 308 57 info@xmasproject.org @xmas_project XmasProjectOnlus

www.xmasproject.org

È il regalo che vogliamo farci quest’anno a Natale. E che abbiamo scelto di farci per tutti i prossimi Natali...

Port de Paix, Haiti

L’Associazione Xmas Project è nata nel settembre del Duemilauno. I soci sono Roberto Bernocchi, Dario Bertolesi, Elena Casadei, Francesca Castelnuovo, Francesca Colciaghi, Alberto Cometto, Maurizio e Stefano D’Adda, Jacopo Dalai, Claudio Elie, Matteo Fiorini, Filippo Marconi, Benedetta Nocita, Sarah Nocita, Sara Panizza, Renato Plati, Viviana Sprefico. ll Gruppo Media, azienda di arti grafiche, e Beecreative, Web Agency, sono partner del progetto.

Il Librosolidale Il libro che state tenendo in mano è un libro speciale. È un “Librosolidale”. Non è in vendita, ma se lo desiderate, potete contribuire a crearlo, a diffonderlo e soprattutto a finanziarlo. Il Librosolidale è il frutto dell’impegno di molti. Questi molti sono il Xmas Project. Un’Associazione costituita per dare sostanza e realtà a microprogetti di solidarietà, in giro per il mondo, là dove c’è del bisogno. Chi vuole sostenere il progetto, e quindi aderire al Xmas Project, prenota una certa quantità di Librisolidali e versa un contributo proporzionale alle copie ricevute. Potrà così utilizzare i libri come doni, in occasione del Natale, trasformandoli in ambasciatori del progetto stesso. Non solo: questi doni saranno particolari, perché conteranno qualcosa di “proprio”. Perché chi aderisce al Xmas Project contribuisce in prima persona alla costruzione del Librosolidale, fornendo un proprio contributo: una foto, uno scritto, una poesia, piuttosto che semplicemente la propria firma. Se avete ricevuto questo libro in dono da qualcuno, sfogliatelo: vi troverete un suo segno. L’aspirazione, di Natale in Natale, è quella di costituire una Collana di solidarietà. Contattateci: è questo il regalo che anche voi potete donare e donarvi il prossimo Natale.

Xmas Project 2011

Xmas Project | Librosolidale 2011

L’Associazione Xmas Project

Port-de-Paix, Haiti, Mar dei Caraibi, America Centrale. Posizionato sul bordo della faglia Caraibica e sulla rotta degli uragani e delle tempeste tropicali che periodicamente flagellano i Caraibi, Haiti è il paese più povero delle Americhe. Il 12 gennaio 2010 un potente terremoto si è abbattuto sulla capitale e la zona sud dell’isola, provocando oltre 250mila morti. Un numero enorme di vittime segno di un profondo sottosviluppo economico e della mancanza di ogni politica di prevenzione. A nord ovest, a 250 km dalla capitale, in una zona di estrema frontiera e povertà, opera una piccola comunità di suore Lasalliane in una casa accoglienza per oltre 100 bambini haitiani. Un punto di riferimento per la popolazione locale priva di sostegno pubblico, un rifugio prezioso per tanti bambini traumatizzati e sopravissuti al terremoto. Xmas Project ha scelto di sostenere la comunità delle sorelle Lasalliane: assistenza medica ai bambini, vaccinazioni, integratori alimentari, supporto psicologico e anche un forno, per la panificazione. ________________

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“E se non puoi la vita che desideri cerca almeno questo per quanto sta in te: non sciuparla�

Costantino Kavafis


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Xmas Project

Xmas Project è il regalo che vogliamo farci a Natale. E che abbiamo scelto di farci per tutti i Natali. Ci siamo regalati un’idea, la speranza e il coraggio di farla diventare realtà. Le abbiamo dato un nome, Xmas Project, l’abbiamo fatta diventare Associazione, le abbiamo consegnato un compito da portare a termine; faremo un libro, diverso ogni anno. Tutti coloro che desiderano farsi questo regalo: sono loro il Xmas Project. L’idea nasce dalla necessità di dare una soluzione a un vecchio disagio, a un bisogno che non aveva ancora trovato risposta: il disagio del regalo inutile, della forma che ha perso significato, del piacere di donare divenuto sterile. Tutti noi facciamo regali diversi, in occasione del Natale: regali colmi di affetto, regali innamorati, regali pazientemente cercati, regali che non potevamo non fare, regali riciclati, regali “socialmente corretti”, regali di rappresentanza, regali frettolosi. Mille regali. Tanti soldi. Un vecchio e trito discorso. Che si lega a un’altra, solita, considerazione: l’inimmaginabile divario fra il tanto che noi sprechiamo e il poco che altri non hanno. Xmas Project si sostituisce al regalo di Natale, diventa dono, si fa libro che propone un’idea e che contemporaneamente la realizza. Perché il libro racconta di se stesso, del progetto di aiuto che, con i suoi proventi, riesce a realizzare e raccoglie i volti, le frasi, i disegni, le speranze di tutti coloro che hanno contribuito a esso. Puoi scegliere anche tu di regalare e regalarti il Xmas Project, è molto facile: basta credere in un progetto di solidarietà; scegliere all’interno della tua cerchia di parenti, amici, conoscenti, clienti i destinatari di questo dono; quindi acquistare le copie del Librosolidale, alla cui realizzazione hai partecipato con un tuo segno, e contribuire così alla realizzazione del progetto, da un lato finanziandolo, dall’altro diffondendolo. Milano, settembre 2001


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Un tempo le catastrofi naturali erano eventi eccezionali. Terremoti, alluvioni, eruzioni. Di quanto avveniva nel mondo ci arrivava solo qualche notizia, qualche foto, qualche testimonianza. Ma il più rimaneva distante chilometri da noi. Oggi le notizie arrivano su twitter, le foto vengono subito postate su Facebook, e viviamo in diretta col mondo. Nulla è più lasciato all’immaginazione. Le catastrofi naturali sono diventate uno spettacolo della stessa natura. Le tragedie sono raccontate da dentro. Servizi, interviste, video rubati alla morte. Molti organi di informazione sono trepidanti e solerti al tempo stesso nel descrivere i minuti, le facce, le parole, i pianti della catastrofe. Attenzione morbosa, scientifica, ma in fondo superficiale. Dopo qualche giorno, settimana o eccezionalmente mese, il faro che ha illuminato la tragedia si sposta sui nuovi fatti del momento. E tutto quello che è successo prima rimane un ricordo vivido che appartiene al passato. Le storie si chiudono. Le luci si spengono. Le vite vivono o muoiono, poco importa. Non ci è mai dato di conoscere il finale. È questo uno dei motivi che ci ha spinto a scegliere Haiti. Un paese alla ribalta per qualche mese. Un paese che ha beneficiato della solidarietà internazionale e poi è tornato nell’ombra. Invece Haiti esiste ancora e vive tuttora in mezzo alla difficile impresa della ricostruzione, ecco perché l’abbiamo scelta. L’abbiamo fatto in fondo anche per educare noi stessi a non subire i meccanismi del “faro illuminante”. Perché è facile lasciarsi guidare dalla luce, ma è terribilmente comodo e terribilmente ingiusto: ci abitua al sensazionalismo e alla superficialità e ci allontana dalla sincera e intima solidarietà umana. C’è molto altro nella scelta di Haiti – che ancora oggi molti confondono con Tahiti, splendida e florida isola della Polinesia francese. Vi è il desiderio di interrogarsi, ancora una volta, sull’ingiustizia planetaria, sulla povertà, sulla disuguaglianza. Haiti occupa la parte occidentale dell’isola di Hispaniola, nel mar dei Caraibi. È il paese meno sviluppato dell'emisfero settentrionale e uno dei più poveri al mondo. A est, sulla stessa isola, confina con la Repubblica Dominicana, che vive di tutt’altra situazione economica e sociale. Il terremoto ha colpito Haiti e risparmiato la Repubblica Dominicana. Morte e distruzione solo dove c’era povertà. Non è questa una eccezionale occasione per interrogarsi sul senso della vita? In questa isola stanno lavorando Gaetano Vivo e Giovanni Cassani, due nuovi amici del Xmas Project. Entrambi lavorano in importanti organizzazioni internazionali e conoscono bene la realtà di Haiti. È loro la narrazione a parole e a immagini che vi accompagnerà nelle prossime pagine (mentre sono di Francesco Giusti, che ringraziamo, gli impressionanti scatti fotografici post terremoto). Gaetano e Giovanni ci hanno raccontato la difficile sfida per la sopravvivenza che si consuma quotidianamente su quest’isola disperata. Una sfida spesso animata da persone coraggiose e straordinarie, come le suore lasalliane che gestiscono la casa di accoglienza a Port de Paix, che grazie a loro abbiamo incontrato e conosciuto e delle quali vogliamo quest’anno occuparci, insieme a voi. In questo angolo di mondo da sempre si vive di stenti. E il terremoto non ha fatto altro che peggiorare le condizioni di

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vita già difficili di milioni di persone. La tragedia non li ha però abbattuti. Sono caduti e si sono rialzati. Di queste persone ci colpisce la dignità, la forza e la capacità di lasciarsi alle spalle le difficoltà per ricominciare a immaginare un futuro. Questa dignità ha ogni volta qualcosa di straordinario. Per questo abbiamo scelto come tema “In piedi”. “In piedi” esprime la capacità delle persone di rialzarsi, dopo che il destino avverso le ha ferite. “In piedi” è il motto che può valere per tutti noi, ogni volta che affrontiamo piccoli grandi cambiamenti della nostra vita e sappiamo farli diventare occasioni di crescita, di rinnovamento. Su questo tema abbiamo raccolto i vostri contributi, le pagine delle aziende che ci sostengono e, da quest’anno, in una forma a loro adatta, abbiamo anche raccolto gli straordinari contributi di molti bambini, elaborati in classe con la guida dei loro insegnanti. Allora buon Natale anche quest’anno. Un Natale che speriamo ci veda uniti nel desiderio di ritrovarsi in piedi, pronti per cambiare e per fare la propria parte. E, se guardiamo all’Italia e al mondo, ci sembra che mai come oggi ci siano i germogli del cambiamento. Che la sconfitta, la caduta, la crisi, la decadenza, chiamatela come vi pare, sia l’occasione per ripartire in direzioni più nobili. Il momento è teso. Ci servirà molto impegno e tanta fortuna.

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Natale 2011, Port de Paix, Haiti

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Indice Progetto 2011: Port de Paix, Haiti

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Il budget: tra le suore di frontiera che ridanno il sorriso ai bambini

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Noi, Xmas Project 2011

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Xmas Project... nelle scuole!

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Xmas Project... e le aziende

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2001-2010: i nostri progetti

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Xmas Project 2012: segnalateci i vostri progetti

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Il progetto 2011

“Tanti morti ci sono negli occhi della mia isola�. Louis-Philippe Dalembert


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FOTO FRANCESCO GIUSTI

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Haiti. Il Paese più povero del nord del mondo. Lo stemma di Haiti è stato introdotto nel 1807 e ha assunto la sua forma attuale nel 1986. Rappresenta una palma con attorno 6 bandiere, 6 lance e due cannoni su un prato inglese nel quale si può notare una catena con un anello spezzato, simbolo contro la schiavitù. Vi sono anche due ancore, un tamburo e una bugola (una specie di tromba). Alla sommità della palma si trova un berretto frigio (simbolo di libertà adottato dalla Rivoluzione francese e utilizzato come simbolo anche dall'Esercito degli Stati Uniti); al di sotto si trova il motto “L'union fait la force".

La Zuppa dell’Indipendenza La "Soupe au Giraumon" (il giraumon è una sorta di zucca locale), è forse il piatto più tipico della cucina creola haitiana. È soprannominata “Soupe de l'Independance” perché un tempo era vietata agli schiavi e dopo l'indipendenza di Haiti (nel 1804) questo piatto è diventato un simbolo del paese. È una tradizione che si consuma in famiglia, anche se c'è sempre abbastanza zuppa da servire agli amici e a chi passa per augurare loro un buon anno nuovo. Ingredienti ½ kg. di petto di manzo - ½ kg. di stinco di vitello - 250 g. di zucca - 1 cipolla media - 250 g. di pasta (tipo vermicelli) - 2 o 3 carote - 1 porro e 1 cavolo (medio) - 1 pezzo di pancetta magra 1 pezzo di pancetta grassa - 1 gambo di sedano - 3 chiodi di garofano - 1 cucchiaio da zuppa di burro - 1 cucchiaio di aceto. Preparazione Lavare tutta la carne con del limone e condirla con del succo d'arancio e un pugno di sale. Metterla a bollire in 3 o 4 litri d'acqua. Quando la carne si è intenerita, aggiungere le verdure e poi la zucca che una volta cotta dovrà essere poi passata. Aggiungere i vermicelli, salare e pepare quanto basta. Quando la zuppa è quasi pronta, fare dorare le cipolle in rondelle in un cucchiaio d'olio, aggiungere il burro e l'aceto e mescolare il tutto alla zuppa.

Dati e numeri Popolazione: 9.719.932 (0-14 anni: 35,9%; 15-64: 60,1%; oltre i 65: 3,9%) Gruppi etnici: neri 95%, mulatti e bianchi 5% Forma di governo: repubblica Capitale: Port au Prince (2.143.000 abitanti) Lingue: francese e creolo Religioni: cattolici 80%, protestanti 16% Età media: 21,4 (Italia 43,5) Indice natalità: 24,4/1000 (Italia 9,2) Indice di mortalità alla nascita: 300/1000 (Italia 5/1000) Aspettativa di vita : 62,17 (Italia 81,77) Accesso ad acqua potabile: 63% popolazione Indice di analfabetismo: 47,1% popolazione Diffusione HIV/AIDS: 1,9% popolazione Indice di disoccupazione: 40,6% Popolazione sotto indice di povertà: 80% Pil procapite: $1.200 (Italia $30.500)


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Haiti è il paese più povero delle Americhe, con il 54% della popolazione che vive con meno di un dollaro al giorno. Un altro 24% arriva appena a due euro. Muoiono 74 bambini ogni mille nati vivi. Quelli che ce la fanno hanno un’aspettativa di vita di 52 anni. Nel 2010 occupava la 145esima posizione su 169 nella graduatoria dell'indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite. Per molti aspetti è forse il paese caraibico più vicino all’Africa occidentale, da quando circa trecento anni fa i francesi costruirono un immenso ed involontario ponte migratorio: dalle porte del non ritorno del Benin o del Senegal, milioni di persone hanno lasciato il continente ed una gran parte di essi fu deportata nell’attuale Haiti, per lavorare nelle piantagioni agricole della loro colonia più ricca.

tempo l’altra metà dell’isola, quella chiamata oggi Santo Domingo) e la Germania. Riconquistata la sua indipendenza nel 1934, Haiti si è purtroppo dimostrata incapace di gestire il futuro della sua gente, sperimentando il dilagare della corruzione, della violenza incontrollata, delle ambizioni sanguinarie e dittatoriali di colonnelli e generali che hanno usato la forza delle armi per spartirsi le ricchezze dell’isola. La “presidenza a vita” di Papa Duvalier (dal ’57 al ’71) e poi del figlio Baby Doc (fino all’86) alla quale ha fatto seguito un itinerario ininterrotto di colpi di stato che hanno prostrato il Paese. Dall'inizio del 2004 Haiti è al centro di una rivolta popolare che ha causato disordini e violenza ed ha portato il 29 febbraio alla partenza dall'isola del dimissionario presidente Jean-Bertrand Aristide. Il governo è stato retto ad interim dal presidente della Corte di cassazione, Boniface Alexandre, fino alle elezioni presidenziali tenutesi il 7 febbraio 2006 da cui, pur tra molte proteste ed accuse di broglio da parte dei suoi avversari, è uscito eletto René Préval. L'isola, colpita nell'estate 2004 dall'uragano Jeanne e nel gennaio 2010 dal disastroso terremoto, vive in uno stato di emergenza umanitaria. Attualmente è in corso una missione internazionale di aiuto sotto l'egida dell'ONU, che vede la presenza di un contingente guidato dal Brasile.

Haiti è un paese situato nel Mar dei Caraibi. La sua capitale è Port au Prince. Un tempo colonia francese, è stata, dopo gli Stati Uniti, una delle prime nazioni delle Americhe a dichiarare la propria indipendenza dalla Francia, il 1 gennaio 1804. Il territorio haitiano copre la parte occidentale dell'isola di Hispaniola, cosi chiamata da Cristoforo Colombo prima di ritornare in Europa, e confina a est con la Repubblica Dominicana. Il sistema economico si basa quasi esclusivamente su agricoltura e turismo. Secondo la Banca Mondiale, dopo una pesante recessione nel 2004, il paese ha imboccato un percorso di ripresa che si è però interrotto nel 2008, con pesanti scontri di piazza. Il Fondo monetario internazionale stima una crescita del 2,7% per il 2010. L’agricoltura vale quasi un terzo del Pil, l’industria è del tutto marginale mentre i servizi, soprattutto il turismo, pesano per circa il 40% dell’economia. Ad Haiti la disoccupazione supera il 60% della popolazione. Nonostante il consistente export di zucchero, caffè, banane e mango il commercio con l’estero è in costante rosso. Tutti gli indicatori di sviluppo economico e sociale vedono

Haiti in forte ritardo sugli altri paesi dell’area caraibica e dell’America Latina. Sulla stessa isola, quella di Hispaniola, la Repubblica Dominicana ha trovato un percorso, pur limitato, di crescita e benessere sconosciuto ad Haiti. Il reddito medio pro capite dei dominicani è il doppio rispetto a quello degli abitanti di Haiti e la povertà è un fenomeno limitato: solo il 3% della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno. A fare la differenza è stata almeno in origine la dominazione coloniale subita: spagnola per la Repubblica Dominicana, francese per Haiti. Ciò ha voluto dire rimanere sola in un’area tutta sotto il controllo di Madrid e di conseguenza anche isolata dal punto di vista linguistico. Anche il territorio di Haiti è meno favorevole allo sviluppo del turismo e delle coltivazioni rispetto ai vicini. Ma la definitiva chiusura verso l’estero e l’arretratezza sono venute poi in epoca più recente dalle dittature del paese che tra corruzione e malgoverno ha letteralmente defraudato il paese delle sue poche risorse. Il paese è gravato da un pesante debito anche se la scorsa estate Fmi e Banca Mondiale ne hanno cancellato l’80%, per 1,2 miliardi di dollari, dopo aver constatato i progressi nelle riforme economiche e nella lotta alla povertà.

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Gli Stati Uniti d’America occuparono l’isola con un colpo militare nel 1915 per tenere alla larga le ambizioni delle potenze europee, in particolare la Francia (che controllava a quel

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12 gennaio 2010: In una situazione di profondo sottosviluppo economico, insicurezza sociale e fragilità delle istituzioni, si è abbattuto su Haiti il terremoto del 12 gennaio 2010, provocando oltre 250mila morti, quasi lo stesso numero di vittime che lo tsunami del dicembre 2004 aveva causato in un'area vastissima dell’Oceano Indiano.

Haiti ha una storia senza eguali in termine di disastri naturali: più di novanta dal 1900 ad oggi, in larga parte dovuti alla sfortunata combinazione di una posizione geografica che colloca l’isola sul bordo della faglia Caraibica e sulla rotta degli uragani e

delle tempeste tropicali che periodicamente flagellano i Caraibi. Nonostante il rischio sismico elevatissimo e noto ai geologi e sismologhi, l’estrema povertà di Haiti, la corruzione e l’inesistente amministrazione hanno consentito di edificare senza alcun criterio


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FOTO FRANCESCO GIUSTI

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ore 16:52 antisismico. Non solo per quel che riguarda gli edifici in legno o muratura povera, costruiti senza alcuna regola e in modo cosi affollato da lasciare le strade così strette da impedire il passaggio dei soccorsi, ma anche per quel che riguarda le costruzioni in

cemento. Sono questa estrema e profonda povertà e la mancanza di prevenzione che espongono larga parte della popolazione a rischi ancor più elevati di fronte alle catastrofi naturali. Le stesse calamità colpiscono infatti e purtroppo anche altri paesi dove oppor-

tune strategie per ridurre la propria vulnerabilità permettono però di contenere il numero delle vittime: nel 1995 in Giappone, a Kobe città di 2milioni di abitanti, un terremoto di magnitudo analoga a quello che ha colpito Haiti ci sono stati 5mila

morti, un numero 50 volte inferiore a quello registrato sull’isola caraibica. Nonostante ciò, quel terremoto fece scalpore e fu per i giapponesi una grande sconfitta, essendo il Paese rinomato per avere un piano di prevenzione dai terremoti di grande efficienza.


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La felicità di rimettersi in cammino Sta albeggiando e la città si strappa a fatica dal sonno, ancora avvolta nei fumi di un’altra nottataccia. La sesta di fila.

Lei prende il secchio più grande e parte ad affrontare la vita. Un ultimo sguardo al figlio addormentato. «La mamma è in piedi» gli dice, «la mamma va a cercarti l’acqua». «Soltanto dio ha il diritto di riposarsi il settimo giorno. Dormi bambino mio. La mamma non ha dimenticato la strada per la sorgente».

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Jean-Euphele Milcé

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Sotto la tenda, nel mezzo di un’enorme colonia di rifugiati, scampati alla disgrazia, alla negligenza, a una vulnerabilità così ben nascosta, lei sta sognando senza speranza un’altra razione d’acqua, una mano piena e tesa verso di lei. Suo figlio dorme. Nella mano destra stringe la bambola della sorellina morta sotto le macerie e abbandonata sul marciapiede da sei giorni, sotto un lenzuolo bianco.

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Da due giorni le voci da sotto le macerie tremano sempre di meno e le urla isteriche non squarciano più il silenzio. Ma quale silenzio? Un misto di mormorii, di piccoli pianti e talvolta — ma così raramente — una risata timida strozzata per necessità, dall’obbligo di vergognarsi di un barlume di felicità.

FOTO FRANCESCO GIUSTI

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Un giorno nella vita a Port de Paix, Haiti


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Testi di Gaetano Vivo - Foto di Giovanni Cassani

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Da Port au Prince a Port de Paix

Dopo circa quaranta minuti il piccolo aereo ha ormai attraversato in lungo tutto il paese e può cominciare la discesa verso Port de Paix. Atterriamo con un po’ di sobbalzi su una pista di ghiaia e in un nuvolone di polvere. Quando scendiamo la scaletta troviamo una processione di donne che portano taniche d’acqua, venditori di banane e perfino due muli carichi all’inverosimile di sacche di carbone. E cominciano le prime sorprese: la pista dell’aeroporto di Port de Paix è in realtà lo stradone principale della città, un

luogo di transito per motorini, venditori, muli da soma, qualche capra. Due volte al giorno, all’arrivo e al decollo dell’aereo per Port au Prince, la sola guardia dell’aeroporto deve fare una bella fatica per sgombrare dalla pista-strada tutta questa massa in transito. Un poliziotto ci attende al controllo passaporti, ma non sembra particolarmente preoccupato. Con la mano ci fa segno di passare e, mentre aspettiamo che ci portino i bagagli, gettiamo uno sguardo incuriosito alla sala d’attesa con quelle poltroncine rosse, che sembrano prese da uno scuolabus, piazzate all’ombra di altissime palme. Erilien ci viene incontro festoso. Da quando era ragazzino è il fidato autista delle suore. Carichiamo i bagagli sul suo pick-up bianco e attraversiamo il centro della città. Siamo al tramonto, il mercato sta per chiudere e i venditori urlano ancora più forte per cercarsi gli ultimi clienti della giornata. Attorno a noi scene africane: donne sedute per terra che vendono frutta e verdure in piccoli mucchietti, cipolle, carote, melanzane. Mi fermo a chiacchierare con una di loro e chiedo della provenienza della verdura. Mi dicono “Port au Prince”, che può anche voler dire Repubblica Domenicana o Stati Uniti. Fingo di cercare il riso locale, quello che coltivano nella regione dell’Artibonite, soli 50 kilometri più a sud, ma non si trova in tutto il mercato perché è troppo caro, inarrivabile per le magre tasche della popolazione locale. Così, paradossalmente, nel piatto degli haitiani si trova quasi esclusivamente riso vietnamita e soprattutto americano, il cui prezzo, grazie ai generosi sussidi governativi all’agricoltura, straccia quello locale. Lo stesso succede col caffè Blue Mountain, uno dei più rinomati (e costosi, il prezzo al kilo è di circa 100 euro) che viene coltivato solo in pochissimi posti al mondo tra cui Haiti. Bisogna andare nei bar più chic di Manhattan e Parigi per trovare il caffè prodotto nel paese più povero dell’emisfero occidentale: Haiti, terra di mille contraddizioni, dove tesori e brutture immonde sono vicinissimi, si sfiorano, e a volte si scambiano quasi di posto.

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Finalmente ci chiamano per imbarcare. Tutti i dodici posti del piccolo aereo sono occupati. I nostri compagni di viaggio sono un gruppo di missionari americani, una famiglia di haitiani della diaspora con figli e nipoti al seguito. L’aereo si stacca dalla pista e in qualche minuto lasciamo sotto di noi le bidonvilles che negli ultimi quarant’anni hanno riempito la striscia di terra compresa tra la pista dell’aeroporto e la costa: Cité Soleil, Wharf Jeremie, La Saline. Migliaia di tetti di lamiere sorti come funghi su un’enorme palude riempita di rifiuti e diventata discarica della capitale. La vista dall’alto è agghiacciante. Mucchi di immondizie che bruciano e tetti di lamiera. In una delle bidonville più grandi del Nord del mondo, a meno di due ore di volo da Miami, mezzo milione di persone vivono senza fogne, acqua corrente, energia elettrica.

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Il piccolo aereo bimotore della compagnia nazionale haitiana Tortug’Air è fermo sulla pista dell’aeroporto regionale di Port au Prince. Due ore di ritardo in partenza a causa di un guasto tecnico. Sono le tre del pomeriggio e il piccolo terminal è un forno. Siamo in piena stagione delle piogge e, con la cappa di umidità e inquinamento che avvolge la città, i 35° si sentono tutti. Io e Giovanni ci piazziamo su una panca davanti all’unico ventilatore: siamo intorpiditi dall’afa e quel refrigerio improvviso concilia un’inattesa siesta pomeridiana...


Le sorelle Lasalliane

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Arriviamo dalle suore che il tramonto è quasi finito. Giusto in tempo. Suor Marjorie, la superiora della comunità delle sorelle Lasalliane di Port de Paix, ci sta già aspettando sotto al portone. Ci saluta contenta ma sembra soprattutto preoccupata di farci strada e accompagnarci in casa. D’un tratto, alla fine del viale, ci troviamo davanti sessanta pargoletti vestiti con l’uniforme della scuola, disposti in file ordinatissime sugli scaloni dell’ingresso. Ci stavano aspettando per salutarci e darci il benvenuto con una canzoncina. Le suore intonano, parte un coro festoso. Ci guardiamo un po’ confusi ma il coro e la gioia dei bambini sono contagiosi... In un attimo ci sediamo per terra sulla scalinata e cominciamo a cantare anche noi. Suor Linda, comandante in seconda della comunità, ci mostra le cellette dove passeremo le prossime notti. Sono semplici, ma non manca niente. Il piccolo lettino è avvolto con cura dalla zanzariera che è appesa al soffitto. Il perché lo capiremo qualche ora più tardi, quando cominceremo a essere divorati da fameliche zanzare che sembrano farsi un baffo anche dei nostri repellenti. Le colline tutto intorno sembrano infiammate da un tramonto arancione. Non c’è l’acqua calda ma dopo tutta l’afa e la polvere del pomeriggio la doccia è un toccasana comunque. Intanto sono le sei e mezza ed è già ora di cena.

I bambini scendono nel refettorio ordinatissimi, si dispongono al loro posto senza fiatare. Dicono la preghiera e ringraziano chi ha preparato loro il cibo. I più grandi si spazzolano le pennette al sugo in pochi minuti e senza fiatare. I piccoli invece si distraggono e le suore devono assicurarsi che non si alzino prima di aver finito. In tavola arriva la frutta e stasera c’è pure il dolce. Le squadre responsabili dello sparecchiare e del lavare i piatti si alzano prima di tutti e sono già al lavoro. L’organizzazione del refettorio è perfetta, una sequenza di procedure collaudate ed efficientissime: sembra di stare nel Nord Europa… C’è chi aiuta a preparare da mangiare, chi apparecchia e sparecchia, chi spazza le aree comuni, chi raccoglie il bucato steso ad asciugare. Ognuno contribuisce come può alla vita della comunità.


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Un sabato sera, a ricordare Nel dopo cena rimaniamo a fare due chiacchiere con le suore. Da Port au Prince, insieme a un po’ di articoli che ci avevano chiesto, ci siamo portati dietro un pezzo di Parmigiano e una bottiglia di Aglianico, entrambi ricordi di una recente vacanza in Italia.

Le suorine fanno uno strappo alla regola e si consentono due dita di rosso ciascuna. Dopotutto è sabato sera. Inevitabilmente la conversazione si incentra sul terremoto, sembra quasi scontato. Ad Haiti chiedere “Tu dov’eri il 12 gennaio?” è diventata una domanda rituale, quasi come chiedere “Che fai nella vita?”. Tutti quelli che il 12 gennaio 2010 alle 16:52 erano ad Haiti si ricorderanno per

sempre di quello che stavano facendo, del posto in cui erano, di quello che hanno pensato nell’udire quel boato spaventoso, col pavimento che ballava sotto i piedi che sembrava di stare in barca, col cielo diventato d’un tratto buio per i nuvoloni di polvere saliti da palazzi interi crollati come castelli di carte. Quel pomeriggio, come ogni giorno, suor Marjorie e suor Linda stanno aiutando i loro bambini a fare i compiti, quando una chiamata di padre Herman, loro fratello maggiore e padre spirituale, le scuote da quello che sarebbe rimasto un anonimo martedì pomeriggio di gennaio. “C’è stato un terremoto fortissimo a Port au Prince, è venuto giù tutto... L’intera città è di strutta; ci sono centinaia, mi gliaia di persone sotto le macerie”. Provano a chiamare le consorelle Lasalliane di Port au Prince ma i cellulari sono muti... Nessun segnale di chiamata, solo un messaggio automatico: “L’utente non è raggiungibile”. Sarà così per i due giorni seguenti, fino allo squillo liberatorio del telefono: “Stiamo tutte bene, ma parte della casa è crollata e per adesso siamo nel giardino, sotto una tenda che ci ha dato l’Unicef”. A Port de Paix, che è a 250 kilometri a nord di Port au Prince e che pure si trova in una zona ad alto rischio sismico, il terremoto non si è sentito quel 12 gennaio ma nei giorni immediatamente successivi, quando le prime colonne di sfollati, in macchina, bus, e perfino a piedi sono cominciate ad arrivare. Centinaia, forse migliaia di sfollati dalla capitale, gente che all’improvviso si è ritrovata senza casa, senza lavoro o, ancora peggio, senza genitori, fratelli, figli. E così il terremoto scuote pure la piccola comunità delle suore. Arrivano una, due, tre telefonate per chiedere aiuto, poi decine. Sono i parenti di bambini rimasti orfani dal

terremoto che chiedono di portarli dalle suore, perché non c’è nessuno che si possa occupare di loro. Arrivano addirittura le telefonate di tre sindaci della regione metropolitana, la più colpita dal sisma: l’eco delle suore di Port de Paix è arrivato fino alla capitale. Chiedono di poter mandare alcuni dei loro bambini da loro per qualche mese, almeno i casi più disperati. Per suor Marjorie, Linda, Chantale, Sauvanie e Magda, che da anni lavorano al fianco dei più piccoli in una delle zone più povere del pianeta, tutta quest’attenzione è una cosa nuova. Sono prese alla sprovvista, si consultano, discutono, ma non servono troppe parole. Davanti a quelle richieste di aiuto è ovviamente impossibile tirarsi indietro, lo impone loro la “caritas” cristiana e prima ancora l’amore per i bambini, soprattutto quelli abbandonati. Così accettano la sfida: i bimbi da 30 passano a 120. Ai nuovi arrivati serve di tutto: cibo, vestiti, materassi, lenzuola. Ma soprattutto servono cure mediche, in alcuni casi specializzate. Molti dei bambini sono stati traumatizzati, fisicamente e psicologicamente, dal sisma. Alcuni di loro sono rimasti giorni interi sotto le macerie, certi hanno visto la morte strappargli una mamma, un papà, un fratellino. Le suore lavorano notte e giorno per preparare la casa ai 90 bambini in arrivo. Per fortuna ci pensa la “Provvidenza” a sostenerle: l’associazione ANPIL di Milano, da anni vicina ai missionari Lasalliani, manda loro un container di aiuti dall’Italia. Il “fratello maggiore” Hermann e la comunità dei Lasalliani si trasformano in loggisti, autisti di camion, traduttori. Alcuni vanno addirittura a trattare coi poco raccomandabili doganieri alla frontiera con la Repubblica Domenicana, pur di far passare il più rapidamente possibile il camion e fare arrivare gli aiuti a Port de Paix. Sembrano personaggi d’altri tempi questi missionari. Nelle zone di frontiera del mondo, là dove non arrivano Nazioni Unite o diplomatici di sorta, ci sono solo loro a fare gli interessi dei più deboli.


Suor Linda non mi fa neppure finire la domanda: “Il valore aggiunto di vivere in comunità è proprio quello: sapere che puoi contare sulle altre quando ti senti sola e quando il coraggio ti viene meno. La cena per noi è il momento più bello, condividiamo la nostra giornata, ci raccontiamo le cose belle e brutte che ci sono successe. Ecco: la cena è quando ci sentiamo veramente comunità”. Mi guardo intorno, non ci sono televisori e neppure un telefonino in vista. La semplicità di queste suore è contagiosa. Ho bisogno di fermare nella mente tutto quello che ho visto e sentito oggi. Me ne vado sul tetto. Una vista aperta a trecentosessanta gradi e una striscia di stelle che sembra di stare nel profondo dell’Africa. Port de Paix è un capoluogo di regione nel buio pesto. Solamente il 15% delle case sono allacciate alla rete elettrica, ancora di meno nelle zone rurali. Le suore hanno il loro generatore e le batterie ricaricabili per illuminare le stanze. Ma per funzionare il generato-

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Intanto si sono fatte le nove e bisogna mettere i più piccoli a letto. Prima però bisogna lavarli e giocare un po’ con loro finché non si addormentano. Le tre suore più giovani ci salutano per andare a occuparsene. Rimaniamo con Marjorie e Linda, le fondatrici e le vere colonne portanti di questa piccola comunità. Vorrei chiedere loro tante cose, vorrei sapere qual è il loro segreto, come fanno in cinque a “fare da mamme” a più di cento bambini. Qualcosa come venti figli a testa da lavare, nutrire, curare. Da accudire ed educare ogni giorno. Tutti i giorni della settimana, tutti i mesi dell’anno. Chiedo loro cosa le ha spinte a diventare suore e a entrare in comunità. Suor Marjorie non esita un attimo: i bambini sono la sua “vocazione”. Lei che è la direttrice della scuola e che, anche senza stare dietro la cattedra, quei bimbi li conosce meglio di qualsiasi maestra. “Quando ero più giovane pensavo di farmi una famiglia, ma un giorno ho capito che con un marito e i figli non mi sarei potuta dedicare totalmente all’altro”. Non c’è neppure bisogno di essere credenti. Sono parole pesanti di fronte alle quali non sai che rispondere. Chiedo a suor Linda qual è la cosa che la rende più soddisfatta alla fine della giornata. “Vedere i bambini contenti”, mi risponde. “È incredibile vedere i progressi che fanno. Quelli che hanno vissuto il terremoto sono arrivati qui fragilissimi, malati, soffrivano la lontananza da casa, l’adattamento al nuovo ambiente. E pensare invece che quando abbiamo chiuso per le vacanze estive alcuni sono tornati ancora prima del previsto perché avevano nostalgia di noi!”. Non riesco a trattenermi e chiedo “Ma voi vi sentite mai sole?”.

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re brucia diesel e con quello che costa lo si può tenere acceso solo quattro-cinque ore al giorno, non di più. Alle dieci in punto, quando suor Marjorie

spegne il generatore, la casa piomba nell’oscurità. Ora che lo sferragliare del generatore si è arrestato si sentono solo i grilli e il vento che soffia dal mare.


Regina e Guerlain sono due fratellini di cinque e tre anni. Appena arrivato, due mesi dopo il terremoto, Guerlain se ne sta in silenzio tutto il giorno ma scoppia in pianti inarrestabili nel cuore della notte. Regina invece è iperattiva, corre tutto il giorno da una parte all’altra della stanza, indossa abiti alla rinfusa, uno sull’altro, spesso si comporta in modo strano. Un giorno, durante un temporale, Regina si avvicina a suor Marjorie spaventata da un tuono assordante e comincia a parlare, per la prima volta da quando è arrivata dalle suore, del “suo” 12 gennaio, il giorno del tremendo terremoto. “Il rumore era proprio così, fortissimo. Non potevamo muoverci... eravamo tutti morti. Poi sono venuti e ci hanno portati in ospedale”. Regina ha una grossa cicatrice sulla fronte: sembra sia stata causata da un pezzo di muro che le è crollato addosso e che per miracolo non l’ha uccisa. Dopo il sisma i genitori di Regina e Guerlain non sono più stati rintracciati. Nessuno sa dove siano, se sono vivi o morti. Suor Marjorie mi racconta che il piccolo Guerlain, che negli ultimi mesi ha ripreso a giocare e a sorridere, spesso s’illumina di gioia alla vista di qualche visitatore perché pensa che sia suo padre, venuto finalmente a prenderlo per portarlo a casa. Servirebbero assistenti sociali, psicologi dell’infanzia. Ma come si fa a trovarne, quando a Port de Paix mancano perfino i medici di base? Le suore si arrangiano come possono: dove non arrivano gli specialisti arriva l’amore di cinque “nuove mamme” per aiutare Regina e Guerlain a rimettersi in piedi. Ma non sono gli unici a essere stati lasciati soli troppo presto. Come loro, altri sei bambini non hanno né padre né madre. E spesso quelli che i genitori ancora li hanno non riescono a vederli, perché non possono permettersi di pagare mille gourdes (circa 20 Euro) del biglietto di corriera fino a Port de Paix. Per alcuni, senza traccia di familiari né di documenti, è impossibile risalire all’identità anagrafica. A un bambino un medico ha dovuto contare i denti prima di poter stabilire l’età certa. Figurarsi risalire a vaccinazioni, patologie o problemi specifici. Nell’epoca dell’informatizzazione generalizzata, delle tracce digitali per ogni minima cosa detta o fatta, a questi bimbi bisogna contare i denti pur di poter trovare loro uno straccio d’identità, almeno quella anagrafica.

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Eravamo tutti morti...

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Una domenica... L’indomani mattina la sveglia suona alle cinque. Alle cinque e mezza siamo già in marcia con i bambini verso la parrocchia di Fatima per la messa domenicale. Il cielo è color rosa pesca, le albe a queste latitudini sono uno spettacolo. Il percorso verso la chiesetta è tutto un saliscendi di strade sterrate. Incrociamo ogni tanto piccoli fuochi con cui gli abitanti del quartiere bruciano la spazzatura, che qui non viene raccolta da nessuno, se non occasionalmente nel centro della città. Passano un paio di donne con due asinelli che trasportano verdure. I passanti si fermano a guardare la colonna ordinatissima di bambini con le loro uniformi bianchissime, impeccabilmente lavate e stirate con amore dalle suore. Qui si fa tutto in casa. In estate, quando non c'è scuola e i ritmi rallentano, le suore cuciono le uniformi per i bimbi. Come fanno con solo due settimane di ferie all’anno? Queste suore hanno una fibra indistruttibile, non si fermano mai. Dopo la messa, ci fermiamo fuori alla chiesa a fare due chiacchiere con Virgile, un avvocato e attivista locale di diritti umani. Sem-

bra sorpreso della nostra visita. Port de Paix, ci dice, non è una destinazione da weekend per quelli che stanno nella capitale. Gli spieghiamo del progetto, del libro attraverso il quale vogliamo raccontare un po’ di Haiti e di Port de Paix in Italia. Ci ascolta interessato, l’iniziativa lo incuriosisce. Ci invita a sederci con lui all’ombra del grande mandorlo sul sagrato della chiesa. “In tutta la regione del Nord Ouest, le suore Lasalliane sono state le prime a creare una struttura organizzata per i bambini, con lo scuola, il dormitorio, lo spazio per la ricreazione”. Gli chiedo cosa pensano delle suore la comunità e le istituzioni locali: mi ripete quello che frate Herman mi aveva già detto mentre mi preparavo a questo viaggio. “Le suore sono diventate un punto di riferimento non solo per i bambini, ma per la città intera”. La loro Casa si trova a Desrouiln, uno dei quartieri della periferia rurale di Port de Paix. Qui trovare qualcuno che sappia leggere e scrivere è quasi impossibile. La gente vive in condizioni di povertà estrema. L’unica fontana che pompa acqua dista 30 minuti di cammino, alcuni raccolgono e

bevono l’acqua direttamente dai canali. La gente è abbandonata a se stessa. Così le suore si trovano a dovere dirimere litigi, distribuire cibo, a volte semplicemente ascoltare i guai di tanti, soprattutto donne, che non sanno dove sbattere la testa. Per non parlare dell’assistenza medica: suor Linda, che è infermiera, si ritrova a fare visite domiciliari in alcune famiglie della zona che non possono permettersi di vedere un medico. Il dispensario delle suore è una piccola farmacia d’emergenza per tutto il quartiere; la loro jeep serve all’occasione da ambulanza e ben più di una volta l’affidabile autista Erilien è stato buttato giù dal letto nel cuore della notte dai genitori di un bambino malato o dal marito di una donna che stava per partorire. Sono tanti i disgraziati che bussano alla porta delle suore, gente che non ha niente e nessuno che possa aiutarli, poveri e per di più con la sfortuna di essere nati nella periferia dello stato più povero del nord del mondo. Si sentono dimenticati dal loro Governo, che sembra per lo più concentrato sulle guerre politiche in corso nella capi-


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tale e comunque da sempre più attento a quello che avviene a Port au Prince che in queste lande desolate.

Hanno perso la fiducia negli “internazionali”, perché da queste parti i Land Rover bianchi delle organizzazioni umanitarie probabilmente non ci arriveranno mai. Fortuna che almeno il portone di quelle cinque piccole suore haitiane per loro non chiude mai. Dopo la chiacchierata con Virgile torniamo dalle suore, dove troviamo la colazione della domenica mattina già in tavola. Pane fresco, burro d’arachidi piccante (mamba) e caffè locale. Niente male davvero. Suor Linda arriva con un

cesto pieno di manghi appena colti. Li ha portati la mamma di una delle bambine; è il suo modo per ringraziare le suore di quanto fanno per la loro piccola. Suor Linda sorride. Per lei che stravede per quei piccoli, la gratitudine di una mamma è la cosa che la rende più felice al mondo.

Per il Natale 2011 Xmas Project si propone di aiutare le Suore di Port de Paix a dare accoglienza a un numero crescente di bambini e a garantire loro una visita medica mensile e le spese sanitarie necessarie per restituire loro l’opportunità di crescere sani e felici.

...in prima linea

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Haiti, Nord Ouest: terra di frontiera Più tardi andiamo a trovare un collega delle Nazioni Unite di stanza a Port de Paix. Si chiama Mike, è kenyota. Quando l’abbiamo avvisato del nostro passaggio a Port de Paix ha insistito affinché lo andassimo a trovare. Da queste parti le visite sono rare e lui sembra avere una gran voglia di chiacchierare. Ci ha invitato a pranzo nella villetta di due piani a picco sulla scogliera che gli fa da casa e ufficio. Stappa due birre ghiacciate e ci fa sedere sulla piccola terrazza, proprio di fronte a l’Ile de la Tortue, l’Isola della Tortuga, la leggendaria isola di Emilio Salgari. Il sole allo zenit fa luccicare il mare blu cobalto. In mezzo al quale l’unico puntino bianco è la vela di un caicco che sta puntando verso Port de Paix. Mike è un veterano degli interventi umanitari e non è uno che s’impressiona facilmente. I nove anni passati col Programma Alimentare Mondiale in Sudan gli hanno lasciato come ricordo le cicatrici di tre proiettili che l'esercito di Khartoum gli aveva sparato addosso, perché portava cibo ai ribelli del Sud. Dopo il

Sudan lo hanno mandato in Somalia e infine ad Haiti. Dice che, malgrado le apparenze di sonnolenta città di periferia, a Port de Paix bisogna stare attenti: non dare fastidio a nessuno per evitare problemi. Parla delle Nazioni Unite, di come hanno le mani legate dalla loro stessa burocrazia. L’Ile de la Tortue, ad esempio, è off limits per i caschi blu dell’ONU e quindi una terra di nessuno per contrabbandieri, trafficanti di armi, droga. Qui perfino la polizia locale ha paura di farsi vedere troppo in giro. D'altra parte, con soli quattro poliziotti a gestire un territorio di 200 Km2 e quasi 40.000 abitanti, lo Stato haitiano ha grosse difficoltà a far sentire la sua presenza in quest'isola che, a cominciare dal 1600, è stata il regno di pirati (i “bucanieri”) e malviventi di mezzo mondo. Suonano alla porta. È il loggista, Joseph, un haitiano nato proprio su l’isola de la Tortue. Parla benissimo l’inglese, con un forte accento americano. Ha lasciato l’isola a 17 anni, diretto come molte altre migliaia di Haitiani in Florida, a Miami, dove si è pure fatto sette anni di carcere. Ci fa capire che non vuole parlarne, e noi lo assecondiamo. Invece ha voglia di parlare di casa sua, l'Ile

de la Tortue. “La terra è fertilissima - ci racconta - per quasi 6 mesi all'anno, cioè finché piove”. Mais, piselli, cavolfiori sono tra-


Purtroppo però a la Tortue succede anche altro. L'isola è una vera e propria zona franca per i traffici illeciti di ogni tipo e per la sua posizione è uno scalo strategico per le rotte di droga e armi tra l'America Latina e il Nord America. Ma non sono solo droga e armi a transitare per la Tortue. Di notte l’isola è uno dei principali punti di imbarco per i clandestini, i famigerati “boat people”, come li hanno battezzati gli americani. Le Isole Turks and Caicos, protettorato britannico, sono a 350Km; Cuba dista 270Km, le Bahamas appena 150.

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Le rotte dei disperati che scappano dalla miseria passano tutte da qui. Ci sono quelli che, più coraggiosi o incoscienti, provano ad arrivare via mare negli Stati Uniti, l’unica vera terra promessa per molti haitiani. Ma con le motovedette americane che pattugliano la costa e che negli ultimi anni hanno cominciato a spingersi fino dentro le acque territoriali haitiane, i rischi sono sempre più grandi. “Il costo è lo stesso, può arrivare fino ai quattromila dollari, documenti inclusi”, ci racconta Joseph che sembra parecchio informato. La rotta più sicura è quella per Cuba, lo stato che tra tutti quelli della regione è più benevolo nei confronti degli haitiani. “A Cuba si riesce perfino sostare qualche giorno per mettere a punto lo scafo e finire qualche passaporto”. Alle Bahamas la sorveglianza dei guardiacosta è alta, ma le molteplici isolette che compongono l'arcipelago sono un potenziale approdo in caso di avaria. E non è un'eventualità rara. L’ultima solo qualche settimana fa, quando una dozzina di boat people haitiani che tentavano di arrivare alle isole Turks su una barchetta a vela tradizionale sono annegati. Il mare in tempesta ha spezzato il loro sogno quando ormai erano a meno di 15 miglia dalla costa. Ci mettiamo in macchina. Erilien dice che non possiamo tornare a Port au Prince senza aver visto una delle spiagge più belle del Nord Ouest. Allora ci porta a Cap

Rouge, una spiaggia di sabbia finissima a una ventina di kilometri verso est, ma quasi un’ora e mezza di strada sterrata che corre parallela alla costa. Dobbiamo persino attraversare due fiumi, fortuna che la jeep 4x4 delle suore è abituata a questi percorsi. Ai lati della strada scene di desolazione. Un ragazzo arrampicato su una vecchia nave arrugginita sta smontando tutto il ferro che riesce a recuperare per poi rivenderlo. Altri stanno scaricando sacchi di cemento da una barchetta tradizionale. Arrivano da Cap Haitien, per fare soli 200km devono farsi quasi due giorni in mare. In camion ce ne vogliono otto ma c’è il rischio che diventino molti di più se il camion rimane bloccato nel fango o in un fiume o che venga saccheggiato da predoni di passaggio. Dopo due ore di una strada polverosa e piena di buche una nuotata nel mare caldo al tramonto è rigenerante. Sulla strada del ritorno un gruppo di ragazzi ai bordi della strada ci ferma chiedendoci un passaggio. Sembrano contenti, tornano da una festa di paese e hanno bisogno di uno strappo fino a Port de Paix. Li facciamo salire sul pick up, ci fanno grandi sorrisi per ringraziarci: il giorno volge al termine e non speravano più di trovare un passaggio a quest'ora. D'altronde col buio pesto di queste strade è un’impresa orientarsi persino a piedi. Con i nostri nuovi amici assiepati sul cofano del pick up torniamo spediti dalle suore che ci aspettano per la cena. Davanti a noi c’è un tramonto arancione come un tuorlo uovo.

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sportati sulle barchette tradizionali e vendute al mercato di Port de Paix, a volte fino a Port au Prince. Se solo le strade lo permettessero, questi prodotti potrebbero sfamare un bel po’ di persone nel nord di Haiti. Invece per arrivare fino a Cap Haitien, seconda città di Haiti e capitale economica della regione del Nord, a soli 200 Km, ci vogliono fino a otto ore e una buona jeep. Quando la stagione piovosa finisce però, a novembre, i locali sono costretti a svernare sull’isola madre alla ricerca di altri lavori. Il motivo è che la gente non ha dispositivi per stoccare acqua, e quindi per irrigare.

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OSPEDALE DI LEH L’entrata dell’ambulatorio di diagnosi e terapia della sordità e delle patologie uditive costruito e allestito da Ascolta e Vivi terminato nel 2002.

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In piedi!

Il terremoto li ha feriti ancora più profondamente, nel corpo e nell’anima. Insieme ai religiosi della mia comunità e con l’aiuto di tutti i fratelli e le sorelle del mondo, vogliamo rialzarci e rimetterci in piedi. In piedi per essere a tutti gli effetti apostoli presso i bambini più sfortunati del mio paese. In piedi per permettere ai bambini di Haiti di sorridere alla vita. In piedi per dare ai bambini il migliore futuro possibile. Con la solidarietà, l’amicizia e la preghiera possiamo riuscirci.

©

Frate Hermann Austinvil Fondatore della Comunità dei Fratelli e Sorelle Lasalliani di Haiti

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Che immagine assurda! E che triste situazione per i bambini di questo paese. Erano già troppi i bambini abbandonati, traumatizzati, sfruttati, sottovalutati, privati di qualsiasi diritto, di qualsiasi supporto materiale, psicologico e spirituale.

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Il terremoto del 12 gennaio 2010 ha avuto conseguenze enormi su tutto il paese. La nostra Haiti è ancora più in ginocchio, ha le mani tese e la bocca aperta.

FOTO FRANCESCO GIUSTI

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Il progetto 2011

Tra le suore di frontiera che ridanno il sorriso ai bambini


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Ad Haiti l’80% della sanità è privata: visite mediche, farmaci, ricoveri ospedalieri sono di fatto a carico della popolazione. In un paese in cui quasi il 50% della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno e circa il 70% con meno di due dollari al giorno, prevenire e curare malattie, anche banali, risulta spesso impossibile. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità solamente sei bambini su dieci ricevono tutte le vaccinazioni necessarie. Quasi un terzo di tutti i bambini haitiani sotto i cinque anni soffre di crescita stentata e manca di vitamina A e il 75% di tutti i bambini tra i 6 e i 24 mesi soffre di anemia. La mortalità materna è sei volte più alta della media della regione caraibica, con solamente un parto su quattro seguito da un’ostetrica o da personale qualificato. Il colera, che oggi è una delle malattie infettive più semplici da prevenire e curare, ha ucciso in un anno più di 6.500 persone per la difficoltà di isolare i focolai di contagio e fornire le cure appropriate ai gruppi più vulnerabili della popolazione. Enormi sono le difficoltà per fare arrivare nelle zone più isolate del Paese cloro, antibiotici e soprattutto i messaggi per la prevenzione della malattia. Per molti haitiani, ogni giorno, la mancanza di un sistema sanitario accessibile ed efficace equivale a una condanna a morte. Oltre alla barriera insormontabile dei costi, per la grande maggioranza dei più poveri l’accesso alla sanità è anche difficile in senso “logistico”. In media, in tutto il paese, un malato su cinque deve percorrere più di 5 Km per trovare una struttura sanitaria di base e quasi il 50% dei malati è costretto a recarsi a piedi in ospedale o a un dispensario. Nelle aree rurali e in quelle più isolate del paese, dove le strutture sanitarie sono ancora più rade, la situazione è catastrofica. Port de Paix e il dipartimento del Nord Ouest hanno l’indice di accesso ai servizi sani-

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tari di base (calcolato dal rapporto tra numero delle strutture sanitarie e del personale medico con quello della popolazione) tra i più bassi di Haiti. Non stupisce quindi che per le Suore di Port de Paix garantire un’assistenza medica regolare ai bambini della loro casa sia complicato e costoso. Complicato perché trovare personale sanitario qualificato non è sempre possibile: non sono molti i medici che decidono di andare a lavorare nel remoto dipartimento del “Far West”, come è soprannominato dagli stessi haitiani. Costoso perche i pochi medici disponibili sono quindi tutti privati e nessun sistema sanitario pubblico copre le loro prestazioni, tantomeno le prescrizioni, gli esami di laboratorio, il trasporto dei malati. Nel difficile contesto igienico-sanitario della zona, la prevenzione delle malattie infettive e di quelle trasmesse da insetti o attraverso l’acqua passa da misure d’igiene e profilassi scrupolose. Si comincia dalle vaccinazioni e si continua con piccoli gesti di prevenzione quotidiana come il lavarsi le mani prima di mangiare, proteggersi con una zanzariera quando si dorme, bere acqua pulita, avere un’alimentazione equilibrata. Diarrea, malaria, colera, polmoniti sono patologie relativamente semplici da curare e da prevenire nel resto dell’emisfero occidentale, ma che ad Haiti uccidono ancora. Xmas Project 2011 si propone di aiutare le Suore di Port de Paix ad Haiti a fornire ai bambini ospiti della loro Casa una serie di servizi basilari, per molti di noi insignificanti, ma che per un bambino haitiano possono diventare dei veri salvavita. Ci si propone anche di finanziare l’acquisto di un forno (e del diesel necessario per alimentare il gruppo elettrogeno) per la panificazione, grazie al quale è possibile migliorare la “dieta” dei bambini, ridurne i costi, offrire un servizio alla comunità circostante e generare così anche introiti aggiuntivi per le suore.


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Il budget

COSTO I ANNUALITÀ

COSTO II ANNUALITÀ

€ 5.500

€ 5.500

(un giorno a settimana)

(un giorno a settimana)

Vaccinazioni e profilassi per malattie infettive (micosi, parassitosi, etc.)

€ 1.500

€ 1.500

Farmaci ed esami di laboratorio

€ 3.000

€ 3.000

(a necessità)

(a necessità)

€ 1.000

€ 1.000

Un corso di “Igiene e prevenzione” condotto da un medico o paramedico qualificato per i bambini ospiti della Casa

€ 600

€ 600

Corso e kit di primo soccorso per le suore e personale della Casa

€ 600

Cibi energetici, integratori e vitamine

€ 2.000

€ 2.000

Acquisto di un forno per panificazione e accessori

€ 7.000

Diesel per alimentazione gruppo elettrogeno

€ 1.500

€ 1.500

€ 22.700

€ 15.100

Un medico in servizio presso la Casa (e reperibile per urgenze)*

Materiali e prodotti per igiene (disinfettanti, bollitori, etc.)

TOTALE

*Il medico deve garantire la predisposizione di una “cartella clinica” per ogni bambino con informazioni su vaccinazioni effettuate, patologie particolari, etc.

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VOCE SPESA


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http://lasalliennes.wordpress.com


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Foyer d'Accueil Lasallien pour Enfants Rue De La Salle Port de Paix (Nord-Ouest) – Haïti E-mail : foyer.enfant@gmail.com Téléphone : (+509) 3845 63 84 Soeur Majorie Jean Pierre S.L.J. Directrice de l'école

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“In piedi, nonostante tutto. In piedi, per ricominciare. In piedi, per denunciare quello che non ci piace e per gridare quello che riteniamo giusto. In piedi, per sognare un mondo migliore. Perché ogni volta che il cambiamento ci travolge, o più semplicemente porta disordine nelle nostre vite, quella è anche l’occasione per ricrearla, per tentare di immaginare cosa vorremmo di migliore, di più bello, di più felice.”

Illustrazione di Viviana Spreafico

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Noi, Xmas Project 2011


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…….. La vita non è altro che un’ombra che cammina; un mediocre attore che si pavoneggia e si dimena sul palcoscenico per il tempo della sua parte e poi non si ode più oltre. È una favola narrata da un idiota, piena di strepito e furia e senza significato alcuno. MACBETH: ATTO V, SCENA V Daniela Medici

Sei seduto sul ciglio di un burrone ed aspetti…. proprio lì, dove la terra finisce e comincia il vuoto… Provi a guardare sotto, oltre l’infinito, cerchi di scrutare un qualsiasi movimento, ma non si muove nulla…. Ti giri e il sentiero è sempre meno chiaro, oramai da qua seduto ti sembra tutto incredibilmente lontano…. Avanti a te solo freddo e nebbia. La testa ti fa male, troppi pensieri impazziti che si colpiscono tra di loro. Si scontrano a velocità fotoniche…. non si fermano mai, non ti lasciano neppure la notte.. Senti la terra che si sgretola sotto, cerchi di arretrare un po’ per evitare di cadere… non vuoi ancora cadere, vuoi credere, vuoi aspettare ma aspettare cosa…. Hai la terra tra le mani, i pugni chiusi, sporchi e consumati. E non sai cosa fare, non sai cosa sperare, non sai come reagire. Oramai è sera, non vedi piu la strada che ti ha portato fino a qua, forse non ti resta che alzarti in piedi e provare a volare, ma chissà…. non vuoi ancora cadere, vuoi credere, vuoi aspettare, ma aspettare cosa…….. Marco Tuffi

Carissimi ragazzi, siete sempre ammirevoli per il vostro impegno. Come contributo per il libro, alleghiamo un biglietto che ci ha inviato dal Giappone la nostra nipotina Maha ed è lo stesso messaggio "Gambaru" (traduzione compresa) che si scambiavano i giapponesi dopo il disastroso terremoto. Jenny e Franco Manzocchi

Tutti noi sogniamo, c’è chi insegue i sogni, chi li dimentica, chi li mette nel cassetto, chi li rimanda. Io ho alcuni sogni che cerco di realizzare, ma ce n’è uno in particolare che vorrei si compiesse per primo e presto: che i sogni dei bambini della casa di Port de Paix si avverassero, tutti. Sergio Dell’Anna


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Voglio diventare grande Voglio diventare grande soltanto per un minuto giusto il tempo per porgere ai miei figli un saluto. Voglio diventare grande solo per sbirciare dove alla fine ho scelto di andare a lavorare. Voglio diventare grande per essere più matura o forse per provare la tecnologia futura.

Sofia Guerrato

Se non si sta in piedi non ci si diverte. Se penso ai bambini che non possono stare in piedi mi vengono in mente tutte le cose belle che posso fare io, che ho la fortuna di camminare e di muovermi. Perché, mi domando, allora io sono pigra? Irene Fiorini

La forza che vi serve per stare in piedi ! Cari bambini di Haiti, io vorrei che voi trovaste l’energia per rimettervi in piedi nonostante quello che è accaduto. La forza che vi serve, la dovete trovare dentro di voi. Con affetto, Niccolò Rossetti

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nonno. iuto e sposato il sc no co i ha do dino e le tue r me inizia quan o orto, il tuo giar La tua storia pe tu il , sa ca crifici. Il a tu la felici: di guerra e di sa ni an , si co Sono stati anni ti fa . Sono stati anni Hai imparato a ello e il marito. quattro bambine at fr il to es pr o troppo tempo ti ha tolt va anche tue forze. lle utavi chi richiede ai e contare solo su te di o en m ancare una a chi aveva hai mai fatto m on N . Pensavi sempre ne io nz te tua famiglia. mpagnia e at a preghiera alla un e o solo un po’ di co lt co as di , un silenzio ata anche se si tanea e inaspett parola affettuosa on sp lessi. ia on ir n co irci di quanto tu vo Eri capace di stup a che ti rendeva meno operosa ente. alatti ola forte e sorrid cc pi sì co o rd trattava della m co i ri i per tutti noi. T Sei stata in pied esempio. Grazie. un a m o, ot vu un to Non hai lascia Tua Francesca

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Voglio diventare grande per poter essere ascoltata per cambiare questa Terra più pacifica, meno armata.

se, Cara nonna Giu


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...ma sulle punte

La panchina di sasso

- per esserci ma non invadere troppo lo spazio altrui - per fare poco rumore - per ricordarmi che mi piaceva ballare il valzer - perché ho ancora voglia di “sprintare” - per nostalgia dei tacchi alti che non metto più

Un giorno di sole, ritrovo la panchina di sasso, grigia e anonima sulla riva del lago. Vi avevo appoggiato il mio malessere dei giorni oscuri quando nulla e nessuno poteva aiutarmi il dolore vissuto pare ancora travolgermi mentre l’acqua ha bagliori cosi intensi che sembrano accecarmi e lo splendore delle camelie è così forte che rasenta la sofferenza.

...ma soprattutto per allargare il mio spazio visivo e veder oltre la mia “altezza”. Augusta Mamoli

Ritornerò sulla panchina di sasso in un giorno di sole oppure di vento, vi appoggerò le mie contraddizioni, tra il rosa di una camelia e lo schianto di un ramo caduto, tra la pace di un tramonto e l’angoscia di un’attesa. Sarà il mio luogo segreto solitario ed anonimo, un luogo, o forse un tempo, dove sostare. "IL COLORE DEI GIORNI", ROSANNA TRAVAGLINO Paola Masini

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Ferrero Mauro

In questa data magica abbiamo preso una seggiola, a turno siamo saliti per dirci cosa non ci piace: Cristina: “Non mi piace quando insieme ragioniamo sull’elenco delle spese del mese e non riusciamo più a distinguere ciò che è superfluo.” Lara: “Non mi piace quando litigo con le amiche per una sciocchezza, magari pretendendo di avere pure sempre ragione; non mi piace nemmeno quando tutto ci sembra dovuto.” Rino: “Non mi piace essere architetto e non riuscire ad esprimere la mia creatività perché mi sento un precario, incapace di non lavorare senza tregua e senza spazio per un hobby, ritrovandomi troppo stanco per coltivare gli affetti di coloro che amo.” Non ci piace pensare che il nostro Paese, quest’Italia malandata, non possa trovare la forza per ricominciare e la dignità che si merita agli occhi del resto del mondo. Dedicato a tutti coloro che in questo momento non hanno nemmeno la seggiola su cui salire perché noi cerchiamo le verità nei nostri capricci elevando sempre più la soglia delle nostre necessità ed adattandoci facilmente all’idea che vada bene così mentre buona parte dell’umanità si alza in piedi, giorno dopo giorno, per sopravvivere. Cristina Poletti, Lara e Rino Cimmino


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Ogni caduta è anche una nuova esperienza e quindi mi permetto di dire ad ognuno che “cade”: “Alzati fiducioso con serenità e rafforzata volontà. Rimettiti in piedi e cammina che sei ricco di maggiore esperienza, ottimismo e entusiasmo.” Antonio Panizza

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Carissimi amici del Xmas Project, anche quest’anno avete scelto un tema attuale "in piedi", bene.

Piedi Quando sei felice i tuoi piedi camminano leggiadri come nuvole e fedeli al tuo cuore sfregano tra di loro sotto le lenzuola scintillanti. Stretti nel buio soffocante di una scarpa camminano per ore, sotto la pioggia, sulla sabbia, sulla neve, sulla strada, su pezzi di vetro, senza accorgersi di nulla. Nudi si adagiano sui sassi, nell’acqua, sull’erba, sentono la brina dei campi, del legno la porosità e della lana il calore. Sono pronti a sorreggerti sempre, anche quando i piedi hanno perso la terra. Mary Pantano


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In piedi. Rimettersi in piedi. Riguadagnare una posizione di “salute”, un “come-è-naturale-che-sia”. Nei testi di storia sembra che la conquista della posizione eretta da parte dell’uomo primitivo sia una conquista fondamentale per lo sviluppo della coscienza e dell’uomo in senso stretto. Nello sviluppo del bambino mettersi in piedi è una delle tappe evolutive più significative. Percepirsi in piedi dà una visione differente del proprio corpo situato nel mondo: cambia lo stato fisico e cambia tutto il mondo. Mettersi in piedi: da quel momento niente sarà più come prima. Tuttavia questo punto di partenza è l’esito di altri fenomeni meno visibili ma non per questo meno importanti. Un bambino non nasce in piedi, anche se nell’immaginario collettivo vediamo il nascituro innalzato alla vita tenuto per i piedi. Tutto l’organismo prepara se stesso a questa “rivoluzione” di postura. Tutto contribuisce a raggiungere questo passaggio. L’equilibrio, l’armonia, il coordinamento, i muscoli, l’apparato scheletrico, la vista… ogni apparato si perfeziona senza istruzioni esterne, si realizza nelle sue funzioni per un processo naturale, spontaneo, irresistibile di completamento, di assimilazione del mondo e di interazione reciproca ed adattamento ad esso. Ogni apparato, ogni facoltà, ogni organo si sviluppa non da solo, ma in un concerto crescente di accordi con gli altri. E anche il mondo che accoglie il nuovo essere che cammina necessariamente muta. Gli adulti che ci sono intorno ne facilitano tutte le azioni, sistemano lo spazio affinché il piccolo si possa sentire sempre più sicuro e stabile. Camminare va di pari passo con lo sviluppo della fiducia. La chiamano “fiducia di base”. Non consiste in una singola azione ma in processi per cui un essere umano acquisisce fiducia nelle altre persone, da quelle significative a quelle sempre più esterne, a partire dall’accudimento che tutte queste le accordano, fino al resto del mondo. E parallelamente e unicamente così acquisisce fiducia in se stesso, nel fatto che sia una persona amabile, degna di essere protetta ed amata, che possa avere bisogni, emozioni, desideri. Riceve convalida nel fatto che sia lecito avere dubbi, timori e paure. Riceve convalida e risposte positive di accoglimento quando è in difficoltà: è degna di essere sostenuta per il

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solo fatto non di meritarselo bensì di essere semplicemente al mondo. Così il bambino impara, fa esperienza del fatto di poter ricevere aiuto e avendone fatto esperienza diretta potrà un giorno passarla a chi sarà bambino vicino a lui o lei. Non è scontato tutto questo, basta un niente a perdere la fiducia di base. La percezione di un tradimento dalla vita. Ma si può ricostruire, relazionandosi ad altre persone che si avvicinano e sono disponibili a entrare in relazione, anche se la dimensione della fatica c’è. È appena il bambino si mette in piedi che avverte impellente il bisogno di ricevere rifornimento affettivo, aiuto, che ricerca ancora più vicinanza al genitore: realizza che così come lui può allontanarsi dall’adulto per esplorare il mondo allora anche l’adulto, quell’adulto a cui cominciando a camminare somiglia sempre di più, può allontanarsi e non essere più a portata di vista e di mano. Stare in piedi e camminare è assumersi il rischio di cadere, è non avere più la certezza che qualcuno ci aiuterà o consolerà ma avere la fiducia che questo possa accadere. La fiducia che ci si possa ancora meravigliare: ci si può rialzare. Parafrasando un proverbio africano, chi vuole arrivare primo cammina da solo, chi vuole arrivare bene cammina in gruppo. Ecco, questa è anche l’avventura di Emanuela, Cristina, Stefania, Graziella, Sara insieme ad Elisa e Andrea, a cui poi si aggiunge un’altra Elisa, (e l’aiuto costante e quotidiano esterno e custodito dentro ciascuna di mariti, fidanzati, figlie, figli, ma anche di amici consolidati e inaspettati e conoscenti). Nel testo di cui sopra alle parole “bambino”, “organismo” sostituite il nome “Il Nostro Giramondo”. Questa è la descrizione migliore che trovo per parlare nella nascita del nuovo nido a cui ciascuna di noi ha prestato i piedi (ma anche braccia, occhi, orecchie, cuore, schiena, pancia, testa…). Il nuovo nido si chiama “Il Nostro Giramondo”, così simile e così diverso da quel Giramondo, già protagonista del Xmas Project. E la qualità che gli consente di stare in piedi è proprio in quel “Nostro”. Ci appartiene. Mettersi in piedi non è non cadere ma sentire che ci si può rialzare, assumersi la fatica di farlo e stare nella responsabilità quotidiana di conservare la salute emotiva e fisica perché ciò sia possibile. Barbara D’Ambrogio

A tutti i bambini che vanno protetti e amati, perché non c’è niente di più bello che vedere il loro naso all’insù come a guardare il cielo, e con gli occhi “sognanti” che brillano come le stelle. Angela Sansone


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che ci stai facendo fare... grazie per portarci ogni Natale a scoprire che nel mondo esistono sofferenza e disperazione e ci sentiamo ogni anno degli esploratori del volontariato grazie a questi microprogetti. Il tema di quest’anno è impegnativo la dignità di ogni uomo è un elemento fondamentale della vita e un diritto di ognuno di noi, e deve essere rispettata sempre e dovunque. Bisogna capire quanto è importante testimoniare e salvaguardare la parola dignità. Siamo attorniati da molte persone, tanti amici e conoscenti che hanno conosciuto momenti di autentica disperazione, perdendo la loro dignità, la loro speranza nel futuro ed hanno creduto di non farcela distrutte da un lutto, dalla paura della recessione economica oppure dai semplici problemi di tutti i giorni che a volte sembrano montagne invalicabili da scalare. Ma mediante un percorso di crescita personale e di battaglie talvolta eroiche, sono riuscite a risollevarsi ed a tornare “in piedi”. Bisognerebbe riuscire a condividere di più con le persone che ci stanno accanto i propri momenti di difficoltà, aprirsi con il nostro racconto e trovare il coraggio di reagire a un momento buio, alla depressione o a un’ingiustizia. Ma bisogna sperare, bisogna sempre sperare, il comportamento peggiore, quindi, è restare indifferenti. Grazie a tutti i ragazzi del Xmas Project per la speranza che ci regalate ogni anno perché abbiamo il diritto di credere o almeno sognare che il domani non ci potrà + mettere paura!

Mio nonno mi ha insegnato che è difficile trovare l’alba nell’imbrunire, ma non è così... basta solo un pizzico di coraggio e una manciata di volontà, solo questo serve per “rialzarsi e mettersi in piedi”. Alice Chiapparino

Bruno Quaini

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Grazie Xmas Project per il giro del mondo della solidarietà

Nonostante il passare degli anni, nonostante la furia delle intemperie, loro rimangono al loro posto, saldi, forti, grandi monumenti naturali. È la prima cosa cui ho pensato quando ho letto il tema di quest’anno di questo libro; capita spessissimo, nelle terribili immagini di catastrofi naturali che televisione e giornali ci propongono, di vedere che i palazzi sono crollati, travolti dalla furia degli elementi, ma magari l’albero a fianco ad un alto palazzo ora in briciole è rimasto lì, al suo posto, fedele alla sua posizione e al suo ruolo nella natura. È un bel simbolo, una bella immagine cui rifarsi per darsi una carica, uno sprone ad andare avanti nonostante tutto... è uno spunto per pensare che con tutta la nostra tecnologia, il nostro “tutto” non resisterà in eterno, che in ogni caso c’è qualcosa di più grande e potente, che ha già insito in sè la capacità di rimanere saldo! Federica (e MassiMatiGioia)

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Rimango sempre molto impressionata dai grandi alberi...


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IN PIEDI potrai camminare IN PIEDI potrai correre IN PIEDI potrai fermarti IN PIEDI puoi parlare ed ascoltare tutti IN PIEDI puoi vedere il cielo e la terra più da vicino IN PIEDI puoi bere e mangiare IN PIEDI puoi essere sempre uguale agli altri IN PIEDI potrai fare meglio la pace SOLO IN PIEDI sei LIBERO di scegliere se fare un passo avanti o uno indietro. Diego

I nostri piedini! Lorenzo e Francesco

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Cadere: giù nel baratro infinito Risalire: fino a toccare l’infinito. Cla …IN PIEDI. Per favore! …che sdraiati ci staremo per l’eternità! Simone

Perché: “la ripresa dei vostri sogni….. è il nostro sogno.” “La speranza e il coraggio di pochi, lasciano segni indelebili.” Bartolomeo I…nsieme N…oi P…ossiamo I…mmaginare E…laborare D…edicarci I…ntervenire …per un futuro migliore… quindi … IN PIEDI! Margherita

IN PIEDI: …per il bisogno di realizzare il sogno in cui ho sempre creduto. Anna

Claudia Mazzei, Paola Di Bello, Bartolomeo Carbone, Margherita Ghilardi, Simone Brogi, Anna Carbone, Diego, Giorgio e Federico Rallo, Vincenzo con Lorenzo e Francesco e... ...anche se invisibili Rosy, Aldo, Ross e gli altri “isolani e non”.


Il “95” era un numero qualunque durante la settimana... ... e non lo consideravo nemmeno tutte le volte che lo vedevo passare vicino a casa. Ma alla domenica era improvvisamente importante e per me diventava LA 95! Era un semplice autobus arancione dell’azienda dei trasporti milanesi ma di domenica è come se si facesse bella per uscire con noi. Almeno questo è quello che pensavo io perché mi brillavano gli occhi mentre la vedevo arrivare in fondo al viale fino a fermarsi davanti a me che l’aspettavo insieme al mio papà. Ci portava allo stadio. A vedere il Milan. Sulla 95 si stava sempre in piedi. All’andata o al ritorno non c’era mai posto. Del resto salivamo 4 fermate dopo il capolinea ed era già piena. Ci reggevamo agli appositi sostegni fino a san Siro così come al ritorno ma eravamo sempre in piedi e io piccolo bimbo (avrò avuto sette o otto anni) stavo aggrappato ai calzoni tra le gambe di mio papà. Due gambone forti che resistevano alle frenate e alle ripartenze. Resistevano anche alle spinte di chi saliva nonostante l’autobus fosse al limite della capienza ma non riuscivano a proteggermi dalle flatulenze che ogni tanto mi bucavano le narici. Era la fine degli anni 70 e le domeniche erano ancora contraddistinte dal pranzo dalla mamma. Le donne cucinavano cassoeula con la polenta in inverno o bolliti misti o cotechini che sballottati negli stomaci dal trasporto pubblico scatenavano gli sfinteri più educati. In piedi io subivo e annusavo anche se non volevo e il viaggio da via cermenate a piazza axum era davvero un calvario. Sempre in piedi guardavo fuori dal finestrino e man mano che capivo che ci stavamo avvicinando allo stadio stringevo tra le braccia il cuscinetto rossonero come se fosse il mio orsetto preferito al quale dicevo di tenere duro. Arrivati ai cancelli altra fatica, si stava in fila. Ma tanto. Si stava in piedi. Tanto! Sempre in piedi. E allora nell’attesa davo dei piccoli morsi al panino con la cotoletta senza quasi tirarlo fuori dalla tasca del giubbotto

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ma il più delle volte addentavo anche la stagnola e il tovagliolo di carta che mia mamma aveva avvolto dentro. Passati i cancelli era una corsa forsennata per mano a papà fino al tunnel che portava all’interno. Una volta dentro mi guardavo attorno in preda allo stupore ma senza il tempo di godermi quella visione. Papà mi tirava per il giubbotto perché il mio indugiare ad ammirare lo stadio ci faceva perdere secondi preziosi non tanto perché la partita stava per cominciare ma perché “ci portavano via il posto” diceva lui. Il nostro posto era sempre lo stesso. Nel parterre. Una lingua di cemento rigato di 5 scalini piatti e lunghi che divideva il campo dagli spalti. Un territorio neutro dove si poteva stare perché era il punto di collegamento tra i vari settori dello stadio ma anche un luogo unico dove si vedeva la partita rigorosamente in piedi. Senza seggiolini. Senza gradoni. Senza possibilità di sederci. Solo in piedi si poteva stare. Mi aggrappavo alla recinzione che all’epoca era di ferro ma di un bellissimo colore verde smalto e si trovava appuntita sul terrapieno di fronte a me a protezione del campo. Infilavo la testa tra le due sbarre in modo che solo gli occhi avrebbero potuto seguire la palla e i giocatori sul campo. Stavo in piedi fino alla fine del primo tempo. “In piedi” era la prima cosa che mi diceva mio papà al termine dell’intervallo. Quel quarto d’ora era l’unico momento in cui potevo sedermi sui gradoni ruvidi perché poi ricominciava la partita e riprendevo la mia posizione con la testa tra le sbarre. Mio papà mi proteggeva da spintoni e strattoni mettendosi dietro di me rigorosamente in piedi e io sapevo che così non mi avrebbe mai disturbato nessuno. Il momento più bello era quando il Milan faceva gol perché l’Emilio mi tirava su di peso fin sopra al muretto che sorreggeva la cancellata e stavo in piedi e gridavo gridavo gridavo con la testa fra le sbarre. Mi tirava giù solo quando la gente dietro di noi cominciava a urlare e a lamentarsi gridando di farmi sedere. Terminata la partita tornavamo a casa ancora in autobus. La 95 ci riportava lenti a casa inghiottiti nel traffico e nel buio presto dell’ora solare. In piedi come una giraffa dormivo con la testa appoggiata al corrimano e sempre in piedi facevo pipì ai giardinetti appena sceso alla fermata. Ora a san Siro ci sono dei bellissimi seggiolini colorati ma alla fine del primo tempo io e papà anziché stare seduti ci alziamo sempre in piedi. Chissà come mai... Dario Bertolesi

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La crisi La sensazione che provo mentre pigio sui pulsanti della tastiera è che questi ultimi dieci anni abbiano consegnato alla storia così tanti fatti, così tanti avvenimenti da aver reso tutto più piatto. Ogni giorno hai la sensazione che non possa non capitare qualcosa. Si vive con un costante senso di paura, una vibrante percezione del pericolo. Lo vivi così tanto che se e quando qualcosa di davvero drammatico succede anche a te sei incredulo. E pensi: “è capitato davvero”. Ma la voracità dell’informazione, la rapidità con la quale viene rilanciata una notizia, i titoli ultra drammatici che appaiono sui giornali, le previsioni apocalittiche rinnovabili e qualcuna persino retroattiva si sprecano. E se vedere un telegiornale di questi tempi è come assistere ad un horror, considerando che il coefficiente di terrore è pari ad un romanzo di Stephen King, intuisco perché il cinismo ha sempre più spazio. La prima volta che ho scritto per Xmas project si era appena consumato il più assurdo attentato terroristico della storia occidentale. Da quella occasione il mondo ha assistito a centinaia di fatti drammatici: terremoti, tsunami, alluvioni e attentati in diretta televisiva e video su youtube rilanciati pochi istanti dopo. Nessun filtro. Ora si somma il pericolo reale che accomuna tutti. La profezia dei Maya dedicata ai nostri portafogli. C’è la crisi. La più grande di sempre. Così grande da non sembrarci vera. E finalmente vedo la consapevolezza nella gente. La crisi come la malattia. La stessa reazione di incredulità, di speranza angosciata, di incomprensione sui termini che vengono usati per comprenderla. I medici e gli esperti di Borsa parlano quello stesso linguaggio criptico che rende la soluzione qualcosa di sfuggente e indipendente dalla tua volontà. E se il termine “spread” suscita lo stesso disagio che provi nel sentire la parola “virus” significa che devi appellarti a santi che prima non invocavi e torni a frequentare te stesso, con quei corsi e ricorsi al passato di quando non avevi troppe responsabilità, e la vita sembrava comunque migliore di quanto sia adesso. Vedo la preoccupazione ovunque, gente che ha saputo dell’amico licenziato, del parente disoccupato da due anni che non riesce a trovare un lavoro, della paura di non riuscire a tenersi il proprio di posto.

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A qualcuno basta una brutta occhiata del capoufficio o le voci di una chiusura per accorgersi che la propria esistenza è del tutto senza controllo. Poi assisto a fatti drammatici come le alluvioni a Genova o nel Veneto e vedo quelle persone che arrivano per aiutarne altre. Senza chieder niente. Così, per il solo scopo di aiutare chi è più in difficoltà. Rifletto sul fatto che in questi ultimi anni ho perso amici senza nessun motivo, semplicemente hanno preso a interessarsi sempre meno degli altri e tolto la spina dal rapporto umano, dalla telefonata una tantum, dalla pizza insieme per via degli impegni, dei figli, il lavoro, la stanchezza e ragioni senz’altro valide. E allora penso che alcuni drammi, come quello di lungo corso che stiamo vivendo, abbiano un compito che ancora la maggior parte delle persone sembra ignorare. E sono arrabbiato per questo. Deluso. Adesso che le cose vanno male ho rivisto persone che prima erano introvabili. Piccoli accenni ma significativi. Magari è solo una speranza ma se un disastro, qualunque forma abbia, può avere un compito, oltre a quello di distruggere e terrorizzare, è di dar fondo al suo paradosso: unire. I rapporti umani sono il bene più sottovalutato e mortificato dei nostri tempi, intangibile per molti, superfluo per alcuni, comunque non indispensabile. Chissà che rimettersi in piedi non significhi soprattutto restare insieme anche una volta finita la ricostruzione. Senza scuse. Lapo De Carlo

Non abbandonarti Non abbandonarti, tienti stretto, e vincerai. Vedo che la notte se ne va: coraggio, non aver paura. Guarda, sul fronte dell’oriente di tra l’intrico della foresta si è levata la stella del mattino. Coraggio, non aver paura. Son figli della notte, che del buio battono le strade la disperazione, la pigrizia, il dubbio: sono fuori d’ogni certezza, non son figli dell’aurora. Corri, vieni fuori; guarda, leva lo sguardo in alto, il cielo s’è fatto chiaro. Coraggio, non aver più paura. RABINDRANATH TAGORE Stefano D’Adda

Avanti Sono all’ombra di una pianta d’ulivo guardo il mare, è un olio uno spettacolo, c’è pace. All’improvviso sento voci, voci di aiuto una catastrofe, un terremoto, forse una nuova guerra. La pace finisce. Penso, ripenso, mi agito, che fare? Mi risolvo e decido, c’è molto fare. Un solo modo di fare, dare un mano. I colori sono molti, sono diversi, stringiamo più forte tiriamoci su le maniche e avanti camminiamo, fronte alta, dritti come fusi. Gianpiero Fiorini


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Il pugno poggiato al suolo, terminale d’essenza, intersezione con la terra, ove i piedi fanno leva, assecondando tutto il corpo a seguire la spinta verso l’alto, che nasce dalle falangi completamente aderenti che sono fulcro, punto di gravità, luogo dell’anima. Sul fulcro, gioca, la natura bivalente della forza che spinge a sollevarci o a non piegarci, a rinascere o a resistere, a inventare o a lottare, dove serve, ciò che serve. Punto di partenza o ultimo baluardo, prima di tornare punto di partenza. Omo su de tera! Alberto Cometto

Patrizia Sevieri

Volteggio, salto, doppio salto, faccio spaccate e giravolte ma per fortuna alla fine cado sempre in piedi!

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Camilla Fiorini

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Cado e mi rialzo, cado un’altra volta e mi rialzo ancora ... è così che ho imparato a camminare ... da sola ... sempre ... Paola Toniolo


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“In piedi con... www.geniuslady.com” ... Chi scrive continuamente dei cervelli italiani in fuga all’estero non ha certo considerato la genialità di alcuni che invece restano qui, in questo Paese in piena crisi, ad aiutare e a sostenere l’eccellenza che da sempre ci contraddistingue. C’è crisi, c’è grossa crisi… e si sa che la necessità aguzza l’ingegno. Riporterò qui solo uno di questi piccoli gioielli di estro e fantasia, scelto tra mille perché in linea con il tema di quest’anno. Vorrei avere avuto io un’idea così. Ma non sono mai stata un genio. Francesca

Saltimbanco Corre forte, un filo teso, senza mani ad aggrapparsi. Giochi d’aria, obbligate pirouettes, sospesi dal fragore del batter delle mani. Ad atterrare in piedi, in bilico, su questa terra che scivola via. E di nuovo. Fabio Russo

Mi alzo in piedi ogni giorno con un sonno della madonna. Matteo Fiorini

Elenco delle cose per le quali vale la pena stare “In piedi” nonostante tutto (esclusi gli affetti e le persone)! Un sorriso Un bacio Un abbraccio Una lacrima Un progetto Una telefonata La bicicletta

Il cioccolato “Martin Eden“ (il libro) “Local Hero“ Dire Straits (On the Night, 1993) “Caterpillar“ (radio) Il cineforum Il quotidiano (purché letto al bar) Il “boca“ (vino)

L’eternità si costruisce coi lego Ho costruito un castello coi mattoncini e poi ho messo una bandierina in cima alla torre e proprio mentre lo guardavo felice e immaginavo di abitarlo, è caduto. È stato il vento oppure una mano sbadata, oppure sono stato io che guardandolo troppo da vicino gli ho chiesto di cadere. Ho pianto tanto perché era bellissimo e soprattutto perché avevo impiegato molto tempo a costruirlo mettendoci tutto l’impegno possibile. Era diventato più grande e più bello di quanto immaginassi, all’inizio l’ho inventato io, ma poi è stato come se si costruisse da solo, io mettevo i pezzi che lui mi chiedeva, uno per uno. Dopo è caduto, ha fatto tanto rumore e ho pianto senza consolazione. I pezzi erano sparsi per tutta la casa, ovunque pezzetti di quel mio castello. Ora non ne ho più, no, non parlo dei

La birra La pizza (Margherita) Il “Barattolino” (alla crema) “Poang” (poltrona) Ipod shuffle ... Federica Poletti

mattoncini di legno, delle lacrime. Sono stato seduto a guardare la confusione, pensavo a quanti pezzi si erano persi, e credevo che non mi sarei mai ricordato come si costruisce un bel castello. Era finita la magia. Senza lacrime non posso più piangere e allora ho chiesto alla luna di farmi venire in mente un pensiero che mi facesse sentire ancora capace di fare cose grandi. La luna mi ha risposto. “Guarda me e ascolta. Le cose nascono per finire e finiscono per rinascere”. Io l’ho guardata e senza dire niente ho preso in mano il mattoncino rosso e poi quello verde e poi quello blu e poi quello giallo… Mary Pantano


Perché stai lì, seduto, occhi al televisore, mani al cellulare, gambe penzoloni, cuore addormentato, mente chissà dove… hai le orecchie, non solo per sentire, hai la voce, non solo per annuire… osserva…ascolta…parla… muoviti…agisci… questo mondo aspetta soprattutto te! In piedi, per ricominciare alzati e cammina! come tanti lazzaro ora più che mai volgi lo spirito a quel Cristo fatto uomo che pronunciò queste parole… saper riconoscere la voce giusta può aiutarti a riprenderti la vita che ti sei fatta togliere… non è ancora giunta, la morte! In piedi, per sognare un mondo migliore non preoccuparti di cadere in piedi, preoccupati piuttosto di rialzarti, quando cadi: vedrai,

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ti sentirai degno di chiamarti essere umano, ti sentirai finalmente “diverso”, non più quel giocattolo “sempreinpiedi” che tutti spingono di qua e di là. In piedi, nonostante tutto! Chiara Palmieri

La mia maestra, la montagna... mi ha insegnato a resistere agli eventi esterni, anche a quelli più erosivi... e stando diritto ci si accorge (a volte) addirittura di crescere, piano piano, e di risultare più forti, nonostante tutto... l’importante è non stare mai fermi. Sergio Virdis

Controcorrente Pontificare, suggerire, sentenziare, argomentare, incoraggiare, dimostrare, sforzare. Bla, bla, bla... troppi inutilmente in piedi. A parte importanti eccezioni, a mio parere, oggi sarebbe meglio un proficuo “siediti!” Enrica Mamoli

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In piedi, per denunciare

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Impegnamoci a riconoscere la preziosità di ogni singolo giorno e alziamoci a guardare in faccia alla vita nella sua pienezza e nella sua brevità. Elena Lamera


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23-11-2011

Io: stazione eretta correttamente mantenuta possibile senza appoggio, normale tono e trofismo muscolare. Tu: tetraparesi flaccida con atrofia muscolare. Io: piegata di fronte a te con le insicurezze e paure che mi accompagnano da sempre. Tu: “in piedi” con la forza della tua fede e la sicurezza dei tuoi principi. Io: marcia autonoma, consentita con buona ampiezza del passo, deambulante senza meta. Tu: deambulazione non possibile, non valutabile, “in piedi” in viaggio verso il tuo destino con lo sguardo fermo e il sorriso sereno.

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sla, sla SLA. Evoca un rumore dolce, il calmo sciacquio delle onde. Invece entra nella tua vita con la forza devastante di uno tsunami e a nulla valgono barriere, cure e difese. Ci si trova immediatamente senza tetto perché tutto ciò che ti sta intorno deve essere riadattato con rapidità alle nuove esigenze. Ti servono un esercito di volontari che possano permetterti di spostarti, nutrirti, respirare. Ad Angelo, con grande affetto, perché mi ha dimostrato giorno dopo giorno il significato di “in piedi nonostante tutto” . Ad Ivana ed ai suoi ragazzi perché gli angeli custodi, ne sono certa, hanno i tratti del loro volto.

Io: seduta accanto a te carica di dubbi e domande che mi impediscono stupidamente di comprendere fino in fondo. Tu: “in piedi” con la tua forza, la tua dignità e bontà ad indicarmi la via.

Cristina Poletti

Eri tu e sei sempre stato tu in piedi con il tuo bastone, sulla tua carrozzina e nel tuo letto di fronte alla vita e di fronte a me, angelo mio. Laura

Grazie papà "Se anche non avete potuto ascoltare la mia voce... Se anche non avete potuto raccogliere il mio abbraccio... Sappiate che il mio cuore oggi è pieno anche di voi... Delle vostre premure, delle vostre parole, delle vostre carezze. La mia preghiera è che ogni persona che incontrerete dopo di me possa ricevere la stessa semplice ma presente cura che voi avete avuto per me. Poiché se questo cammino è tanto difficile... forse lo è un po’ di meno nel sentirsi ancora vivo... Ancora ascoltato... Ancora semplicemente guardato”. Grazie, Angelo Queste parole sono state dettate da papà Angelo a Diego, prima di lasciare l’ospedale, per ringraziare tutti coloro che lo avevano assistito. Uno degli insegnamenti che il nostro papà ci ha donato è la capacità di dire grazie. Oggi lo faremo noi per lui. Lo faremo noi con lui. Grazie a tutti voi che oggi siete qui e che lo avete visitato in questi giorni. Questa dimostrazione di affetto fa molto piacere a papà. Ha seminato tanto amore, non poteva che raccogliere tanto affetto. Questo non è un momento di tristezza. Papà non vuole che noi si scivoli nell’abisso della tristezza e del dolore; piuttosto che ci si innalzi, tutti insieme, nella celeste e profumata armonia di un cielo splendente di serenità e speranza. Grazie a voi tutti. Grazie a tutti coloro, e sono tanti, che, nei lunghi giorni della malattia, sono stati prima la sua compagnia, poi le sue gambe, infine il suo

respiro. Grazie amici cari. Durante la degenza in ospedale, tutte le mattine, con la docile complicità di Laura, ci inviava un messaggio. Uno di questi messaggi recita: “Ringrazio Dio di avervi avuto come figli.” Questo grazie è per noi. Grazie Loredana, grazie Mariano, grazie Diego e grazie a me. Per tutto quello che abbiamo fatto, per tutto quello che avremmo voluto fare e per tutto quello che non siamo riusciti a fare. È bello essere fratello in questa famiglia. Un grazie speciale, particolarmente caloroso e carico di affetto, per mamma Ivana. Prima di tutto perché Angelo, non sarebbe questo Angelo, l’Angelo che tutti conosciamo, senza Ivana. Poi per la forza, il coraggio, la dignità, la serenità e la fiducia che ci ha infuso durante la malattia di papà e soprattutto in questi giorni. Un esempio per tutti noi e per tutti coloro che hanno reso omaggio a papà. Grazie mamma. È bello essere figlio in questa famiglia. Infine grazie a te. Grazie papà. Per tutto quello che hai fatto e che farai per ognuno di noi. Grazie semplicemente per il papà che sei stato. E grazie per il nonno che sei stato. Ieri parlando di te, Alice mi ha detto: "Se ci fosse una gara dei nonni, il nonno vincerebbe, perché è un supernonno". È bello essere nipote in questa famiglia. A tutti noi restano due doni di papà Angelo: il calore del suo sorriso per scaldare il cuore; la serenità e la speranza del suo sguardo per aiutarci a guardare la vita. Grazie papà. Loredana, Stefano, Mariano e Diego


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Massimo Si cade e ci si rialza, dicono. E tutte le volte che tu sei caduto, e noi lo sappiamo quante sono state, sono caduta un po’ anch’io. E tante volte ti ho preso per un braccio e ho tirato finché non ti rialzavi. Testona e stupida forse. Ma ti volevo in piedi. E lo so che era troppo difficile per te. Ho passato più di vent’anni con il terrore di perderti, venendo a recuperarti in situazioni terribili e temendo ogni volta di non fare in tempo. E alla fine basta, sei caduto per l’ultima volta.E ora ci provo a convincermi che non hai sofferto, che eri felice perché stavi andando dalla tua bambina, che il tuo cuore si è fermato senza darti il tempo di capire. Ma non so se ci riesco. So che da luglio io in piedi non riesco più a starci.

Sono in piedi, nonostante tutto. Non soccombo al fuoco dei proiettili, alla censura, alla violenza indiscriminata. È per questo che sono immobile? Sarah Nocita

Sandra Casadei

Allegria di naufragi Versa il 14 febbraio 1917 E subito riprende il viaggio come dopo il naufragio un superstite lupo di mare. GIUSEPPE UNGARETTI

la mia mano prenderebbe la tua contro il vento, contro il tempo… Oltre il mare, oltre il male che la vita serberà, il mio volto nuova pace al cuore tuo donerà. Marika Cenerini

quarante-huit | quarante-neuf

Se vacillassi

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Stefano D’Adda


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In piedi sulle mani. Cadere, poi rialzarsi. Rialzarsi, poi cambiare. Sembra proprio che dietro ad ogni tragedia, dolore, lutto, o dispiacere si nasconda sempre il germe del cambiamento. Tutte le volte che qualcosa di brutto colpisce le nostre esistenze, la nostra vita cambia. A volte in meglio, a volte in peggio. A volte si reagisce bene, altre male. In tutti i casi ci trasformiamo. E più riusciamo a reagire in positivo, più sarà facile ricominciare e riorganizzare la propria quotidianità. Succede nelle grandi tragedie, quando una catastrofe naturale è capace di azzerare centinaia, migliaia o milioni di vite contemporaneamente, e succede tutti i giorni, nella vita di qualcuno di noi, prima o dopo. Il dolore è talmente connesso al cambiamento, che anche l’etica cristiana, (permettetemi questa piccola eresia, so che in molti rimarranno infastiditi), per dare un senso al male, ha “prodotto” l’idea della prova che ci fa crescere, che ci aiuta a riconfermare la nostra fede e a ritrovare nuova convinzione. A volte il dolore sembra quasi una fortuna: meno male che c’è il male, che ci aiuta a riscoprire la nostra virtù, che riporta in auge, ogni volta, il bene assoluto. Beh, molto sinceramente, ne farei anche a meno. Ma non farei a meno del cambiamento, perché è quello che dà ritmo alle nostre vite. E allora mi piacerebbe cercare di cambiare, prima ancora di cadere. Potrebbe forse essere un modo per cadere di meno. Come fare? L’idea me la suggerisce il tema di questo libro: “in piedi”.

Per stare in piedi e cambiare, senza cadere, potrei provare a stare in piedi sulle mani. Fare al contrario tutto quello che sto facendo. Un modo per porsi le domande giuste e stimolare il cambiamento. Se lavoro sempre fino a tardi, domani uscirò alle sei. Se sputo dal mio divano sulla politica corrotta, domani proverò a fare politica. Se evito immigrati ai semafori e nelle metropolitane, domani gli offrirò un panino. Se guardo tutte le sere il TgLa7, domani guarderò il Tg4 e capirò molte cose. Se uso l’auto o la moto per andare al lavoro, domani ci andrò coi mezzi. Se aspetto un invito a cena dai miei amici, domani mi autoinviterò. Se la domenica mattina faccio pulizie di case, domani andrò al rito valdese. Se i bambini li mette a letto lei, se è lei che cucina, stira, lava e organizza le vacanze, domani lo farò io. Se non ho mai tempo per me, per te, per loro, domani me lo inventerò. Se ho perso le parole d’amore, d’amicizia, d’affetto, domani le ritroverò. Se le parole sono più dei fatti, domani parlerò poco. Se il passato è sempre meglio del presente, farò un viaggio nel futuro. Se a Natale spendo soldi in regali, domani regalerò pensieri. Se domani è tutto come ieri, mi rileggerò questo pezzo. Scommetto che qualcosa cambierà davvero. Roberto Bernocchi

Non sempre una volta a terra ci si può rialzare.

In piedi, piccole mie, e se proprio non sempre in piedi perlomeno mai stravaccate!

A volte diventa impossibile, tanto è il peso che dobbiamo sopportare. E quando a cadere sono dei piccoli bambini, costretti dalla Natura e dalla Vita a diventare grandi troppo in fretta, non basta la fede ad aiutarli, senza l’amore e la generosità delle persone giuste. Aiutarli a rialzarsi, ma soprattutto a camminare da soli per tornare a rincorrere quei sogni che ogni essere umano ha diritto di inseguire.

Papà Matteo

Renato Plati

B ea tric e Pe nz

Io voglio stare “in piedi” nonostante il mistero di non sapere Io voglio stare “in piedi” Nonostante la lotta continua io voglio stare “in piedi” Nonostante la tristezza Voglio migliorare Voglio vivere Voglio essere felice. Cyndra Velasquez

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Don’t give up ’cause you have friends don’t give up you’re not the only one don’t give up no reason to be ashamed don’t give up you still have us don’t give up now we’re proud of who you are don’t give up you know it’s never been easy don’t give up ’cause I believe there’s the a place there’s a place where we belong PETER GABRIEL

Benedetta Nocita

cinquante | cinquante et un

oschi

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do Bri Riccar

Quando sono giù di morale so che devo tirarmi su, solo che non è facilissimo. E credo che per i bambini di Haiti sia almeno il triplo più difficile. Diego Plati


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Ci sono persone che indossano le ali e planano verso chi ha bisogno d’aiuto... ...tra queste persone ci sono gli Angeli col fango sulle magliette di Genova. Nel 1970 un’intera generazione si trovò a vivere una straordinaria avventura di solidarietà e di libertà. Il simbolo di quei giorni era l’impronta di una manata sporca di fango che i ragazzi si davano vicendevolmente sulle magliette. Bastava quella per salire su un autobus (allora c’erano i bigliettai) senza pagare e la gente ti guardava con rispetto e ammirazione. Si viveva fuori casa, si spalava per ore e ore sotto il sole e dai negozi di ogni strada (gente che aveva perso tutto o quasi) arrivava sempre la focaccia calda da mangiare e un fiasco di vino. Le regole abbastanza rigide di allora saltarono completamente (quasi più che durante il ’68) e, per la prima volta, la generazione dei "capelloni" che la serissima Genova aveva sempre considerato con una punta di severità, si guadagnò sul campo la stima di tutti. Per le strade fiorirono i cartelli "Grazie giovani" e i giornali lanciarono una specie di concorso di idee per ringraziare gli "angeli col fango sulle magliette". Massimo Razzi Nel 2011, su Facebook, un gruppo di giovani genovesi, crea una pagina per raccogliere l’entusiasmo di chi vuole risollevare Genova. Il loro nome deriva da quello dato dai genovesi ai ragazzi che si mobilitarono durante l’alluvione del 70. Ho visto un fiume cancellare una via, ho visto una città piegarsi sotto i colpi, ma poi ho visto prendere fiato e rialzarsi all’istante, quando non ci sono più beni materiali l’unica cosa che rimane è l’umanità... Non ho più visto il nero del cemento ma il marrone del fango, ho visto però ben chiare le lacrime cadutevi sopra, ho visto poi persone accorrere e prendere una pala ancora prima di dire “cosa faccio?”. Ho sentito menzogne dalle persone che non avevano più nulla... “pazienza andremo avanti”, ho bevuto un succo di frutta offertomi da un lupetto, odio il succo ma era la sua maniera di rendersi utile perché troppo esile per una pala, ho visto tatuaggi in vista, orecchini, piercing, sciarpe a coprire i volti... ma erano solo ragazzi... magari diffidati da uno stadio ma con tanta voglia di aiutare il prossimo, ho visto persone bere birra... perché di acqua ne hanno vista troppa... non ho visto nessuno tirarsi indietro alla domanda sei stanco? “no!” ma da quanto sei qui? “3 giorni...” ho sentito più leggero quel secchio di fango, perché c’era qualcuno dietro di me ad aiutarmi senza neanche chiederlo, non ho più visto detriti ad un certo punto, e mi sono accorto che c’erano migliaia di persone sporche attorno a me, fai del bene e dimenticalo dicono, ma una città capace di questo deve essere ricordata a vita col suono degli applausi, dico tutto questo non per celebrazione ma tante emozioni in un giorno solo ti riempiono così tanto che anche non volendo esondano... Enrico

Pensavo al mio futuro e non vedevo molte alternative, ma poi ho visto i nostri giovani al lavoro e questo mi ha ridato speranza... ...una nuova luce che il mondo può ancora cambiare. Pietro Sono arrivato sabato a Genova, fango, temporali... un inferno, me ne vado oggi col cuore gonfio d’orgoglio, sole, sorrisi!!! Poter dare una mano là dove la natura è stata inclemente, e poter aiutare tanta gente a tornare alla normalità è stata una bellissima esperienza!!! C’è ancora da fare, ma sicuramente si è imboccata la strada giusta!!! Daje Zèna!!! Davide


C’erano una volta gli Angeli del fango: avevano i capelli lunghi, le camicie a fiori, i pantaloni a zampa d’elefante, ascoltavano i dischi di vinile col mangiadischi, amavano i Beatles e i Rolling Stones... ci sono oggi gli Angeli del fango, hanno l’Iphone, smanettano sul Pc, interagiscono col telefonino, sono globalizzati... ma nulla è cambiato: stessa abnegazione, stessa voglia di mettersi a disposizione di chi più ha bisogno... una sola differenza siamo passati dal bianco e nero al colore. Un monumento!!!! Subito!!!!!!!!!!!!!! Giampaolo Sono uscita, ovunque persone silenziose, passi lenti e sguardi tristi, spersi... ...una tristezza pesantissima... ...e poi c’erano loro, sporchi di fango, stivaloni e vanga, sorrisi sinceri e tanta voglia di fare, tutti giovanissimi e bellissimi: grazie ANGELI!!! Rosanna

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Quando i bambini torneranno a giocare in questo parco, non penseranno a chi lo ha ripulito... ...ma è questo il magico lavoro degli angeli: esserci quando c’è bisogno, senza però mai farsi vedere. Carlo

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Il Fereggiano ci ha portato via. I Ragazzi ci hanno restituito bontà, coraggio e generosità. GRAZIE Angeli del Fango. Da un cartello su un negozio

Tutti i commenti sono stati estrapolati dalla pagina Facebook “Angeli col fango sulle magliette”. Per le foto degli angeli di Genova ringraziamo Silvia Aresca. Un ringraziamento infinito anche a tutti gli angeli che hanno aiutato a risollevare la Lunigiana e lo spezino e, in particolare, a Gabriella Barresi, per la raccolta del materiale.

Sembrava la fine... ...più mi accingevo a levare il fango più ne trovavo... ...la pala mi scappava dalle mani ormai esauste di tenere il bastone... ...ma troppe mani mi chiedevano aiuto e tra un’imprecazione e un forza Mauro ancora un metro andavo avanti... ...dopo 13 ore e dopo aver contribuito come molti altri il premio più bello il tuo grazie chiunque tu sia... Mauro

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In piedi!

Se Patrizia

vieri

Anche il mio paese ha avuto la sua terribile catastrofe quest’anno, non naturale, anzi, direi innaturale, prima la bomba e poi Utoya. L’affetto di voi amici ci ha sostenuto enormemente in quel triste momento! Quel folle ci voleva indebolire; ha ottenuto il risultato opposto: semmai siamo più compatti e più uniti che mai. Tristi, ma fieri, addolorati, ma fiduciosi. Non cerchiamo vendetta, ma giustizia. E con l’amore si soffocherà l’odio. “Se un sol uomo può mostrare così tanto odio, pensate a quanto amore possiamo mostrare tutti insieme.” STINE RENATE HÅHEIM, SOPRAVVISSUTA

Pensavo una volta di essere Dio Pensavo di esserci solo io Pensavo che il mondo davanti a me fosse un frutto amaro ma tutto mio Pensavo che un attimo Quando si sente parlare di fosse eterno nel battito disastri naturali o di conflitti, delle ali di un angelo solo mio le immagini catastrofiche che ci In piedi, in piedi vengono in mente spesso si io resterò, io resterò associano a quelle di volontari Senza voltarmi indietro e operatori umanitari che si Camminerò, camminerò adoperano per la ricostruzione Ed ora che guardo e per cercare di restaurare la il mio volto allo specchio capacità delle istituzioni e delle mi accarezzo i capelli d’argento comunità locali in modo che Ah, il tempo scorre e va via possano fronteggiare il periodo non sa dire nessuna bugia di transizione generato da tale non sa chiedere scusa disastro. Il vero obiettivo di Né sa, cosa sia, cosa sia questo processo di transizione Ed ora che ho capito perché è infatti rimettersi in piedi, Tutto passa anche per me ricostruire in meglio e ridare La ricchezza più grande che c’è forza e dignità alle persone che È vivere hanno subito perdite a livello In piedi, in piedi economico ma anche affettivo in Io resterò, io resterò modo che possano andare avanti Senza voltarmi indietro e ricostruirsi una vita. Camminerò, camminerò Allo stesso modo speriamo e In piedi, in piedi auguriamo che il 2012 porti Io resterò, io resterò miglioramenti anche nella vita Senza gettare un solo istante mai più dei bambini di Port de Paix Mai più dormirò ad Haiti! Ed ora che ho capito perché Tutto passa anche per me Samantha Bobbo La ricchezza più grande che c’è È vivere... I NOMADI Massimo Nocito

Berit Ness Johnsen

“Stomaco vuoto non ha orecchie” “Seven for One” è una fondazione nata dall’iniziativa di sette giovani haitiani uniti per aiutare le vittime del terremoto del 12 gennaio 2010 a Sarazin, una delle frazioni montuose più isolate della regione metropolitana di Port-au-Prince, raggiungibile solo a piedi con trenta minuti di cammino in una zona assai impervia. Dopo aver fornito assistenza medica e psicologica a molti feriti nei giorni immediatamente successivi al 12 gennaio, questi giovani si sono messi al lavoro per aiutare le vittime del terremoto a ritornare a una vita normale. Hanno cercato e trovato fondi per permettere ai bambini di Sarazin di ritornare a scuola. Il loro primo successo è stato che, a fine anno scolastico, tutti gli alunni della scuola hanno superato l’esame di scuola elementare. Oggi la fondazione sta cercando fondi per poter riabilitare la scuola distrutta dal sisma, assumere professori per garantire corsi regolari, e offrire al mattino, un pasto ai bambini prima dell’inizio delle lezioni. Perché, come recita un vecchio adagio haitiano, “stomaco vuoto non ha orecchie”. Yolene Surena, Medico e Coordinatrice Protezione Civile di Haiti


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Ho scelto quest’immagine per il mio contributo di quest’anno. C’è tutto in questa foto, la forza distruttiva e la potenza originale della natura. Durante l’alluvione accaduta in Thailandia una scimmia salva un cucciolo di cane: non c’è molto da dire, né da spiegare. Si cade e ci si rialza, a volte più forti di prima, a volte più acciaccati ed insofferenti, ma si va avanti... è la forza della vita, sono le motivazioni quotidiane, forse è il non sapere cosa sarà domani, forse la speranza che quel domani sarà migliore. Io sono curiosa e, dunque, lotto, vado avanti per scoprire cosa ne sarà di me, fino a dove mi spingerò. E quando sono stanca, stanca morta, chiudo gli occhi, visualizzo i visi dei miei cari, immagino la musica del tuo respiro e solo così mi calmo e mi rimetto in piedi.

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In piedi! Per guardare oltre il muro! Qualcuno ha uno sgabello? Silvia Bailo

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Erica Brovelli


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Il magazzino della compagnia teatrale Scarti... si trovava a Padivarma una zona dell’entroterra spezzino colpita dall’ondata di fango dopo lo straripamento del fiume e l’insistente pioggia. Molti nelle vicinanze hanno perso la casa e anche la vita. La compagnia teatrale molto famosa a La Spezia e affermatasi anche a livello nazionale grazie all’ultimo spettacolo messo in scena, ha subito notevoli danni alle attrezzature elettroniche, ai costumi e alle scenografie. Sin dal giorno successivo alla dannata notte in cui tutto è andato perduto ci siamo messi al lavoro per liberare dal fango quel che era rimasto. Ci siamo riuniti tutti, grandi e piccini, ognuno ha fatto ciò che era nelle sue possibilità ma nessuno si è tirato indietro. Sono stati giorni difficili quelli del recupero... e più difficili sono stati quelli dopo in cui ci si è accorti di dover ricominciare da capo dopo anni di sacrifici e conquiste. Nelle foto ho ritratto Alice, figlia di due musicisti spezzini (“Le canzoni da Marciapiede”)... anche lei era li con noi in quei giorni di fatica... a metterci un po’ di allegria con il suo sorriso. Ilaria Zappelli

à. Chiusi su noi stessi, come la nostra citt In piedi! (auto personal training) A volte mi sento proprio giù, non so più cosa fare… In piedi allora! Tutto mi sembra senza senso, non vedo una direzione… In piedi allora! Mi sembra di lasciarmi andare, tutto intorno a me mi demoralizza… In piedi, forza! Ma dove troverò mai la tenacia per resistere e reagire? Ma come fanno tutti gli altri!?... In piedi, adesso, in piedi! Questo nostro Paese, sempre così incasinato e litigioso, immorale, pieno di ladri e di furbi, le cose che non cambiano mai … In piedi, presto, in piedi! Il mondo che stiamo uccidendo, i disastri ambientali, il riscaldamento climatico, siamo 7 miliardi, non possiamo farcela… In piedi, in piedi ora, prima che sia tutto perduto, prima di non rialzarti mai più! Trova la parte migliore di te in fondo al tuo cuore. Lei è al tuo fianco. Non scoraggiarti! Stefano D’Adda

e il vento di tramontana. Schivi, come il nostro territorio. Forti com eggono tra le ombre piccole Sorprendenti , come i carrugi che prot mugugno, uno sport che si perle architettoniche. Pratichi amo il tivo. tramanda di padre in figlio in modo istin ovesi? La solidarietà, sempre La cosa che più mi stupisce di noi Gen qualsiasi situazione. e comunque, in qualsiasi momento, in e nuovamente IN PIEDI. Pronti a tenderti la mano per farti star Laura Aiello


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to ontribu Il mio c t 2011 Projec al Xmas ho scattato to che è una fo e dune di Pilat: o all in agost tano, tono, lot te, is s e r e h on smet i quelli c …a tutt ifficoltà, a chi n sperare, d di a chi è in nostante tutto, terra no c r pe hé la a… a visit nque un u m o c vale onsonni Agnese C

A Dani, che ci ha chiesto di guardare in alto.

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Francesca Colciaghi


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Cambiare Sono abbastanza certo che cambiare lavoro è proprio una di quelle cose che mettono profondo disordine nella mia vita. Non credo sia particolarmente “giusto” (è questo il peso che il lavoro deve avere nella mia esistenza?), ma è successo in passato e mi sta accadendo di nuovo in questi giorni. Oltretutto è un fatto che ha un po’ smesso di essere una vicenda solo mia personale, ma ha un certo impatto anche sulle persone che mi circondano e credo su quelle che mi circonderanno. Porto disordine nelle vite degli altri, senza chiedere il permesso. Chiedo scusa. Ma è la vita che va avanti e le cose accadono anche senza cercarle e forse sono proprio queste le occasioni che ci vengono date per rigenerarci, per migliorare e per cambiare qualcosa nella sfera delle cose sulle quali possiamo avere influenza. Io me lo auguro e nel ripercorrere come in un film i miei ultimi quattro anni di gioie e dolori, aspettative e delusioni, gratificazioni e fatiche al Sole, vorrei abbracciare tutte le vite che ho incontrato e lanciarle come stelle luminose in un futuro radioso. Sole 24 ORE : Aprile 2007 - Dicembre 2011 Alessandro che mi chiama e mi propone la cosa – L’incontro con Fabio, che personaggio! – Andrea, rassicurante e concreto – Fabio che insiste: scelta lungimirante, entusiasmo contagiante – Ci sto e faccio incazzare Antonello – RGV in Sala Collina, mi presento e ritrovo un sacco di colleghi (anche se grasso e canuto risulto un po’ irriconoscibile…) - La Fiore, un angelo subito al mio fianco – Nell’ufficio di Ferruccio a parlare di femminile: i carbonari ex RCS… - Renata, un grande sostegno su qualsiasi tema – Primo impatto con “le argomentazioni di vendita”, con i “materiali” e, soprattutto, con i “progggetti”: molto fumo, ma necessario - Nuovi prodotti: House e Luxury... - Il contatore giornaliero e le mail cazzute del Vacca: “Pensate al vostro futuro…” – Le riunioni di vendita: “Vi arriva un missile in testa… non state fermi sulla collina!” - Gran gruppo al Mktg, ci si diverte e soprattutto si fanno bambini! – La Brambi che si markettizza e (finalmente) si separa – La riunione a Villa Torretta con gli assegnoni, la standing ovation a Giovanna, il photobook – La fuga della Gatti e l’arrivo di Spez e della Franci – Quel matto di Renato - L’arrivo di Grazia – La Bain e Gabriele e quegli altri pazzi di consulenti – In Sardegna con i “romani”: il Rena, il Mata e soprattutto l’Antonellina - Torino e Stefano, Firenze e la Susi, le due Luciane… – La quotazione e lo spot TV e il road show – “La cultura dei fatti”, cos’è San Patrignano? – Quella notte a finir presentazioni con Gio, gli account, certe foto… - Con Daniele a trattare Quadratum - Compleanno in maglia granata – La festa di Natale e l’incredibile coro assoldato dalla Betty - Bormio e il team building. La It’s Cool. La cena al rifugio, sotto la neve, tutti ubriachi, gran cover band. La tenuta da sci di Davide. Marco al piano. Le ragazze del marketing che fan perdere la testa a tutti – Todi, la Claudia e la sbevazzante compagine dell’estero – Con Gio, a Pechino, si mangia di tutto. Ale e il vassoio di one shot. Tatuaggi notturni. Ale e la vespa. MariLu e il codazzo di portaborse ai grandi magazzini del falso. Barbara e le confidenze su vecchie amicizie Cazzo Fiore questa non ci voleva – Mauro, gli speciali e la sua risata che rimbomba nel corridoio – Elena la timida, gran coraggio e due pargoli in arrivo – Il lancio di IL e l’amico Walter - La cultura che mai decolla e la Gamadasi - La Michi e le sue ansie alla pizzata di Natale - Il ritorno della Fiore - Prima le voci poi le certezze: Fabio se ne va - Seefeld e il giro di grappini – FdB torna al CdS e arriva Gianni - Andrea dg e una grande sintonia – Il torneo delle concessionarie, ancora imbattuti! - Greta e i mitici gemelloni - Un’altra stella al mktg: Cristina - Todi e la gara di cucina – La RGV con i video dei ragazzi e Andrea immenso sul palco e le navi in fiamme – Camilla! E Fede in paradiso - Andrea che torna dal Perù, asciugato… – I gemelli di Elena al bar del Sole - Il Melograno e il doppio con Rena, Stefano e Danilo - Il tabloid e le ricerche con Renata e Barbara – I 10 temi di Ventiquattro e la straordinaria cena a casa di Fernanda - Se ne va anche CC e poi arriva DT - Giovanni all’estero, sbocchi commerciali

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per i “miei account” - Madonna di Campiglio e Fabio che si rompe – Con Roberta, Franca, Laura, Ginevra a chiacchierare una sera sul piazzale, su quelle sedie strane - La gara per la Nazionale, Stage up e la nostra squadra – Finalmente Quadratum, le ricette filmate, X-System e le improvvisate a casa di Claudia e Fabio con Paola – Il Road show di MPS, Cinzia e il mitico Cira - Anche Ale se ne va, in un anno è cambiato tutto – Con Guido e poi Marina ed Elena a inseguire un’idea: prima o poi la realizzeremo - Il Sud Africa, Andrea-Rena-Ale e soprattutto lo Spez e soprattutto che botta – Porto Quatu e l’entusiasmante coro sardo – Un giorno d’estate, a passeggio in centro, abbuffata al giapponese e acquisto di jeans - L’Anto a casa e poi Tommaso! - La strana alleanza, il pretesto tabloid e le tensioni crescenti – Andrea malato e Alfo in difficoltà – Con Alessandra a scaricare le tensioni a spasso per la città – Via Alessandro: nuovi programmi… - Ciao Beba e ciao Michele: non servite più… – L’arrivo di GV e, puntuali, dei primi sabati lavorativi - L’uscita di Andrea, mi mancherà molto - Camillo! – Cri che ci lascia e le sue lacrime di crescita - La fiducia di Gianni e le difficoltà e le ansie dei ragazzi della System – Tutte le sera a casa dopo le nove – Davide all’immobiliare: la sua gratitudine, la sua determinazione - Non c’è più spazio per la Gio, ma chissenefrega: arriva Pietro! - Madonna di Campiglio, la gara di sci, il viaggio con Fabio, la Betty e Alberto, la rottura del crociato, Michele e Giorgia – È allo studio la “graaande riorganizzazione” - Il “comunicato sindacale” dei ragazzi, le cose non funzionano e io che non sono nelle condizioni di porvi rimedio - Il lavoro con Alberto, i documenti sull’organizzazione, l’unico vero scazzo con Gianni - Il marketing unico senza la Emi, bell’amico che sono – La sintonia con Marco, le preoccupazioni di Elisa, il rassicurante sorriso di Laura – La frustrazione di Michela e il suo tirare comunque avanti - La dolcezza e pacatezza di Cristina - Le operation uniche: l’amarezza di Gino, la fatica di Marina, pranzo al giappo – Il numero speciale di Ventiquattro, Elisa stremata sulle scale, il timone in redazione con Daniele - L’arrivo del vulcanico Napoletano – Anche per Marina, fine collaborazione: purtroppo si taglia ovunque si può – I libretti della Domenica in tre settimane – Tre settimane, se va bene, è lo standard per ogni progetto – Il mktg unico: bell’idea poco smalto, le aspettative dei ragazzi, la stanchezza delle persone, il senso di abbandono di chi non ottiene mai riconoscimenti – Gli occhioni lucidi di Chiara - Le mail delle “collateraliste” – L’ultimo numero di Ventiquattro, il cambio di nova, i progetti di femminile. Le affettuose recriminazioni di Fernanda, la fermezza di Luca, le attese di Walter – Crescere tra le righe e il piccolo mondo dell’editoria, Andrea e la sua perseveranza - Con Luca e i bimbi: pellegrinaggio granata (con immancabile sconfitta) - La riorganizzazione della rete e l’arrivo di Romano, colazione e feeling al Biffi – Fabio (non ce l’ha con me), poi Rena (ce l’ha con me), poi Stefano (non lo so): si cambia pelle - L’arrivo di Alberto e le telefonate estive con il suo nuovo amico… - L’amarezza di Willy, la sua rincuorante energia - Cena e confidenze a casa di Fabio e l’Ale che sfreccia con il rosso – Romano, quanti casini, come aiutarlo? – La grande crisi economica, il giornale che vende, i Quiz, le tirature e le fogliazioni. Inutili tensioni con il Direttore: ma non si può proprio mai lavorare uniti e sereni?- Enrico e un’estate sfigata, poi però arriva Niccolò – Anna che mi sorride e che detesta la mensa - Il ritorno a settembre e Gianni che mi chiede di cambiare passo… incontentabile! – Marco al web in cerca di chiarezza e Barbara che si chiede se ne vale la pena - I tagli sulla rete e gli sguardi dei colleghi: perché io? - La prima RGV a rete unica, la carica del Direttore – Spez cerca fortuna altrove, la troverà - Le dimissioni: l’abbraccio di Gianni, lo sconforto di Romano, i consigli di Alfonso - Negli occhi dei ragazzi molto affetto, timori e speranze, senso di abbandono e nuove opportunità, anche un po’ di comprensibile stizza. Mi mancheranno molto. Tutti quanti.

Si cade e ci si rialza, si avanza e ci si ferma. Il passato e il futuro si intrecciano e si intrecceranno ancora. Arrivederci. Maurizio D’Adda


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A chi un giorno il tetto è caduto sulla testa A chi un giorno un terremoto ha spazzato via i ricordi. A chi un giorno ha osservato il proprio sogno infrangersi come il cristallo. Dalle macerie di quel giorno non si vede né passato né avvenire. Alzarsi in piedi è faticoso ma serve per guardare avanti. Serve ad accogliere e costruire nuovi tetti, nuovi ricordi e nuovi sogni all’orizzonte. Martina Nencini

Un giorno potrebbe essere l’ultimo e il primo di molti altri.

Hai mai guardato i bambini in un girotondo ? O ascoltato il rumore della pioggia quando cade a terra? O seguito mai lo svolazzare irregolare di una farfalla ? O osservato il sole allo svanire della notte? Faresti meglio a rallentare. Hai mai detto a tuo figlio, “lo faremo domani?” senza notare nella fretta, il suo dispiacere ? Mai perso il contatto, con una buona amicizia che poi finita perché tu non avevi mai avuto tempo di chiamare e dire "Ciao"? Faresti meglio a rallentare. Quando corri cosi veloce per giungere da qualche parte ti perdi la metà del piacere di andarci. Quando ti preoccupi e corri tutto il giorno, come un regalo mai aperto... gettato via. La vita non è una corsa. Prendila piano. Ascolta la musica. Gianluca Sanvito

Rimango su per un soffio... per le parole di una canzone, il ricordo di un periodo in cui stare in piedi era questione da nulla. C’è chi si fa un the, chi si nasconde dentro le pagine di un libro e affonda nella vita di qualcun altro. Chi nella solitudine trova l’equilibrio e chi invece, nel silenzio, trova soltanto più confusione. Non ho idea di quale sia il metodo, mi chiedo se ce ne sia uno e se qualcuno l’abbia mai trovato. So solo che questa vita và così, uno strattone e sei già per terra. Tu, io, una nazione. Si evoca la propria forza, si stringono i pugni, i denti, ci si fa promesse e si continua a vivere, a inseguire le idee e i sogni, aspettando che il vulcano spento ricominci a singhiozzare. Valentina Piletti

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Danza lenta

cinquante-huit | cinquante-neuf

Federica Capuzzo


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M

aura, E amma L

mma, M

arco.

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Bruno Alberto

Per Chiara ,

Don Alessio ed i

Ed

maratoneti della

pace

Gaia, Mad

dalena, e G Vi guardo e iulio p e n so a lasciarvi ca quanto sia dere e rialz difficile per arvi da soli noi genitori evitarvi ogn .... L’istinto i caduta, og c i p o rterebbe ad ni difficoltà capaci di asp ; ma quand ettare abbia o siamo stati l’orgoglio pe m o potuto ve r dere sui vost sufficientem avercela fatta da soli... ri volti .V ente lontan i par lasciarv i seguiamo da vicino ma i scoprire d i avere la fo la volontà p rz ae er stare in p iedi da soli... Monica Neu burger

e, Simone a, Alessia, Matild sc ce an Fr a, ar hi copo, Alice, C y, Alessandro, Ja o, Davide, Tomm

In piedi, confidenti nel futuro! Isabel, Matteo, Pablo e Vania


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passi del nostro fortissima ai primi ne io oz m e ’ un n co o ro della sala, o assistit essersi alzato al cent po Due mesi fa abbiam do e , ra se a un a ssi e una caduta, 15 mesi. Er a camminare, due pa to cia piccolo Federico, di in m co ha i, lu sì per un bel po,’ iglia era lì con ed ha continuato co va lza mentre tutta la fam ria si i po , ta co di gioia, ssi e una cadu sentito, quasi ubria ai m o am poi si rialzava, due pa ev av lo n volta che , ridendo come no della sua vita. Ogni o op sc ile ab traballando, ridendo er sid de e colo si iunto il più grande nfermarsi che il mira co a e m co ù, pi come se avesse ragg di cora pre più sembrava ridere an sederino, via via sem l su do ian isc str riusciva a rialzarsi, va ta sul mondo, in o sei mesi che si spos ttiva, e di prospettive pe os poteva ripetere. Eran pr a ov nu a un che ascoltare le a finalmente lui. Era bellissimo an r pe veloce, ma ora avev re alt te ol m o vano aprend i lo stupore per la quel modo, se ne sta i loro volti incredul su e ar rv o avesse se os e lli te fra mbrava che Federic Se . so te at o reazioni gioiose dei ltr ra pe ttata di un evento ogliere la forza realizzazione inaspe vamo tutti, per racc ra e c’ i cu in , to en tutta l’intensa ed mom dere, con tutti noi, scelto proprio quel ivi nd co r pe e i no di tutti dell’incoraggiamento ia conquista. di quella straordinar ne io oz zzoni incredibile em Michela e Dario Rega

San Siro I ragazzi di

ola Matteo e Nic

Viola, Anita & A rianna

Su per le scale buio ma la luce corre dentro agli occhi. Sono un bambino io con ancora i graffi sui ginocchi. Dalla cucina, una voce cara, mia madre che mi dice: “Non farti cadere le braccia, corri forte va più forte che puoi”. Non devi voltare la faccia non arrenderti né ora né mai. Non so se ti è capitato mai di dover fare una lunga corsa e a metà strada, stanco, dire a te stesso: adesso basta. Eppure altri stan correndo ancora intorno a te e allora non farti cadere le braccia, corri forte, va più forte che puoi. Non devi voltare la faccia non arrenderti né ora né mai. EDOARDO BENNATO Giorgia Lodigiani

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soixante | soixante et un

e. la bellezza del viver ni la tua vita felice e avanti. ag ad gu ci rò pe , so re olto fatico ettere in piedi e anda e fatto Alzarsi in piedi è m i mi sono dovuta m et cu av e in m si co ca i lta olt vo m a o m Io ho avut datevi l’ulti or ric , rra anni te a 10 , te da ire lin nt Per cui quando vi se etto e fedeltà. Tanti Auguri! Chiara Ze aff e, e ricordatevi amor a basket, duto mentre giocavo ca no so do an qu , Una volta re in panchina. giato e volevo anda rtita. ag or sc ito nt se no mi so la pa to e ho continuato Invece mi sono rialza giocavo all’oratorio, mi sono fatto tre Un’altra volta, men n far perdere uato a giocare per no i di 8 anni in nt co ho male, ma ait H di ei che i bambini la mia squadra. Vorr come me. Alberto, 8 anni ne come me, stessero be ssero all’asilo mbini di Haiti anda Vorrei che tutti i ba . Elena, 5 anni re ra rtante impa po im è hé rc pe la uo e a sc


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Xmas Project... nelle scuole!

Quest’anno il Xmas Project è entrato in alcune scuole come progetto educativo e di lavoro di classe. Sotto la guida dei loro insegnanti, che ringraziamo di cuore, i bimbi hanno prodotto alcuni lavori collettivi, stimolati dal breve testo in calce. Ecco quindi i loro straordinari contributi!


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“Sull’is ola Gli piac di Haiti i bam e fare i b tuffi, gi ini vanno a s vanno cuola. oc a pesca col pap are a palla e Poi un qualche à. gio volta fa, com rno la terra tr e quand ema. Tr ema co o son spa me tan riti tutt vi racconta la ti an i m i dove ne ssuno c dinosauri. E c aestra, che po ni os i i Allora ho biso vorrebbe stare ì diventa un p gno che osto p ritornar ci aiuta iù... e l’isola te voi a più bell farla a che c ’è.”

soixante-deux | soixante-trois

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soixante-quatre | soixante-cinq

Classi II sez. A/B/C Scuola G. Rodari Mazzo di Rho (MI)


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soixante-six | soixante-sept

Classi II sez. A/B/C Scuola G. Rodari Mazzo di Rho (MI)


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Classi II sez. A/B/C Scuola G. Rodari Mazzo di Rho (MI)


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soixante-dix | soixante et onze

Classi II sez. A/B/C Scuola G. Rodari Mazzo di Rho (MI)


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Classi II sez. A/B/C Scuola G. Rodari Mazzo di Rho (MI)


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soixante-quatorze | soixante-quinze

Classi II sez. A/B/C Scuola G. Rodari Mazzo di Rho (MI)


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soixante-seize | soixante-dix-sept

Classe III sez. C Istituto Iseo Milano


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L’isola più bella che c’è Nell’isola più bella che c’è i nonni hanno tante panchine per raccontare le loro storie e un grande pino per rilassarsi e fare il pic nic. Nell’isola più bella che c’è i bambini hanno giochi di legno e di corde per arrampicarsi e scavalcare gli ostacoli e un hotel a dieci stelle per mangiare gratis tutti giorni e una scuola di nuoto, di musica di calcio, di disegno e di lingue dove le maestre aiutano e i bambini sono liberi. Nell’isola più bella che c’è gira una ruota panoramica per vedere il cielo e l’isola tutta intera, c’è un grande parco con splendide fontane magiche e un lungo scivolo per fermarsi un po’. Nell’isola più bella che c’è ci sono musei belli e interessanti ci sono orti rigogliosi per raccogliere la frutta e la verdura e spiagge dorate per riposarsi all’ombra degli ombrelloni e un prato fiorito per restare sdraiati a guardare le nuvole. Poesia scritta a 24 mani dai bambini di IV B

Classe IV sez. B Scuola Duca degli Abruzzi Milano


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soixante-dix-huit | soixante-dix-neuf

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La città si trova su un’isola, in parte pianeggiante e in parte collinare. Ci si può arrivare solo con la nave e, in casi di emergenza, con l’aereo. L’aeroporto, infatti, serve solo per gli aerei che volano intorno all’isola. C’è anche un trenino che serve a mostrare agli ospiti le bellezze di Kidsland. Kidsland è formata da tante strade, ma solo una di queste è una “via”, cioè una “strada con tutte le case intorno”. Non ci sono piazze. C’è uno zoo con dentro un circo, tanti campi da baseball, da calcio, una pista di motocross, una di skateboard, un campo di blade blade. C’è anche un centro commerciale, un punto vendita Ikea, un Decathlon, e un negozio “che vende tutto e ripara tutto”. Ci sono anche tantissimi ristoranti, uno vista mare e uno molto lontano dal mare. E tanti hotel, che servono a ospitare i genitori. Kidsland è una città popolata solo da bambini. I genitori possono andarli a trovare due (o anche tre) volte alla settimana per 24 ore. Non si cresce e non si muore. Non ci si ammala e non vengono le carie. Quando ci si ammala si va al centro dell’isola

dove c’è un grande fuoco che guarisce da tutte le malattie. Ma ci si va solo di mercoledì. In questa città tutto è gratis, non esistono i soldi. I bambini si divertono tutto il giorno, giocano a pallone e a baseball e non vanno a scuola. Ma chi sente la mancanza dei propri genitori è libero di tornare a casa quando vuole. Una volta all’anno alcuni bambini “specializzati in questo lavoro” vanno sul continente con la nave a prendere i bambini che desiderano abitare a Kidsland. Arrivati sull’isola, i bambini nuovi possono darle un’occhiata facendo un giro sul trenino, e decidono se vogliono rimanere o no. Gli autori della città vivono tutti in una reggia: ce n’è una per la primaveraestate e una per l’autunno-inverno. La reggia ha quattro piani ed è più larga che alta. Ha un campo da baseball, uno da calcio, uno da basket e uno da rugby, una pista di atletica e un Mc Donald’s. Dettagli tecnici: Kidsland è una città “vista dall’alto”, che è stata disegnata dai bambini su 46 fogli uniti tra di loro con lo scotch. È stata colorata con i pastelli a cera. Manca ancora lo sfondo, che sarà realizzato con una polverina multicolor (tranne il nero e con poco marrone.)

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Kidsland

quatre-vingts | quatre-vingt-un

Classe III sez. A Scuola Luigi Galvani Milano


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Classe III sez. C Scuola Luigi Galvani Milano

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La nostra isola...

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Classe III sez. C Scuola Luigi Galvani Milano

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... e i nostri pensieri

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Classe III sez. B Scuola Luigi Galvani Milano


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Classe IV sez. B Scuola Bacone Milano

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La nostra isola...

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re re, di sogna e d e r c i d e r e Non smett e se è difficile che si ch n a a erso le una cos uando hai p q e h c n a i r avve un po’ ranze basta e p s oto rsi su. Andrea ioia per tira Prima del marem g i d ti ai H la di i bambini dell’iso adesso lavano, giocavano, saltel i bambini c’è fango, e molt e verso gli altri or am L’ o. on oi u m ssima, e noi li Alcune persone pensano che è una cosa belli e, degli ir ru st co a le cose difficili non si possono o m aiutere rli fa er p la o u sc risolvere … in verità basta asili, e delle ntenti. co e ci li fe affrontare con un po’ di re ve vi o st te to es u q o tt speranza. A me è successo e, Abbiamo scri mettervi as tr er p e adesso, io e la mia famiglia e or con il cu LA É H C R E P to siamo di nuovo felici. un sentimen TIMA A L U L’ È Sofia A Z N SPERA MORIRE ! e Camilla e Agnes

Per me per tornare a sorridere basta un abbraccio. Marco

to abbattuto Quando mi sen qualcuno ho bisogno che poco per mi parli: basta il morale. farmi tirare su J.P.

Io ho paura di tante cose però le supero. arle, Anche se è difficile affront TERE ci si aiuta (ci si può RIMET sa IN PIEDI). Anche se la co ccesso è molto difficile come è su molte persone e molte a Haiti dove sono morte avere la speranza e stare abitazioni. È importante ò fare di più, tutti uniti perché così si pu ore! Alice così ci sarà un futuro migli

Se non provi a fare le cose non è detto che avrai un’altra opportunità oltre a quella che ti è già stata data. Anche se hai dei problemi devi riuscire ad affrontarli. Fabiola

Nei momenti più brutti non mollare mai! Tommaso Ivaldi

di sprofondare ra b m se i m o d Quan che mamma e papà cerco l’aiuto di a. sono la mia forz Cristiana


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Classe IV sez. B Scuola Bacone Milano

... e i nostri pensieri

Io ho p aura di ta alcune nte cose : sono an imposs ibil ch che pos i ma io ho pau e s ra a no s ho pau ra di m uccedere. io olte ma ho anche p cose gravi au banali; di tutte ra di cose Una volta mi sono sentita queste gravi e c o n s o e n, m giù come se mi mancasse un po’ d i affetto i serve solo qualcuno, ma mia sorella per tor n a r e mi ha sollevato il morale. con il s orriso. Sento tante persone che mi N.P. vogliono bene. Tea

Ho avuto tanta tristezza quando la mia mamma se ne è andata in Perù. Ero molto trsiet e depressa perché ero senza la mia mamma. Un giorno una mia compagna di classe mi ha raccontato che era successo anche lei e da quell’ora in poi ho avuto la speranza di sorridere di nuovo. Laura Vorrei dire a quelle persone che stanno facendo il proprio meglio di non disperarsi. Sara Una settimana fa mi papà, con suo fratello gemello, è andato a Brugnato dove c’è stata un’alluvione. Dove c’era un portico e un giardino con i fiori, ora c’è il fango … mia nonna e la mia bisnonna hanno recuperato poche cose ma sono felici perché l’abbraccio dei figli ha dato loro la forza. Benedetta

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quatre-vingt-douze | quatre-vingt-treize

Classe I sez. B Scuola Bacone Milano


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Classe I Scuola GEIS Arese

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Classe II Scuola GEIS Arese

Classe III Scuola GEIS Arese


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quatre-vingt-quatorze | quatre-vingt-quinze

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Classe IV Scuola GEIS Arese

Classe V Scuola GEIS Arese


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Ogni anno alcune aziende scelgono di supportare il Xmas Project utilizzando il Librosolidale come loro regalo di Natale. Devolvono così le loro risorse a una causa sociale; deducono il costo come contributo a Onlus; comunicano in modo “responsabile” ai loro dipendenti, clienti e fornitori; regalano loro un prodotto (questo libro) che abbiamo l’ambizione di ritenere di buona fattura. Ringraziamo quindi queste aziende per la loro sensibilità e generosità. Eccole.

Xmas Project... e le aziende


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quatre-vingt-seize | quatre-vingt-dix-sept

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Illustrazione di Yiying LuŠ

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BEECREATIVE WEB AGENCY


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SAFETY PARTNER SRL


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FORAK


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FONDAZIONE PROADAMO


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cent | cent un

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CAPRICORN SRL


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SPEED TRANSPORT SERVICE ITALIANA SRL


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DEVELOPMENT ENGINEERING AUTOMATION SRL


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amy dario enrica francesca giacomo larry louise marika martina matteo patrizia paoletta paola raimondo riccardo tina

EUROLOGOS MILAN & SHANGHAI


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cent quatre | cent cinq

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PENTAPHOTO SRL


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Xmas Project 2011 è cecilia digiuni ♥ michele dalai ♥ chiara baj ♥ fabrizio lepri ♥ silvia saler ♥ lia gugino ♥ samuele maruca ♥ alice marangon ♥ melanie del genio ♥ silvia maria mora ♥ lara cimmino ♥

erika godi ♥ elena colli ♥ beniamino valsesia ♥ laura franco ♥ bertrand galbiati ♥ nicolò e matteo galbiati ♥ andrea bizzetti ♥ davide manzo ♥ carmela d’antonio ♥ marika callegari ♥ graziella tabozzi ♥ giuliana dall’ara ♥ mara fiorini ♥ annalisa castelli ♥ mimma giannetto ♥ delicatissimo ♥ michele teresa vittoria e matilde secco d’aragona ♥ caterina d’agostino ♥ agnese consonni ♥ matteo marta cristina e alberto cannistrà ♥ fabrizio colciaghi ♥ claudio dozio ♥ lucrezia giaime maura e giacomo ferrigno ♥ sandra graffigna ♥ guido bichisao ♥ elena fratti ♥ serena todesco ♥ roberto bernocchi ♥ giuseppe bettoni ♥ veronica d’angelo ♥ graziella e antonio panizza ♥ benedetta nocita ♥ graziella e popi nocita ♥ sara giampaola e sandro mazzucchelli ♥ sara panizza ♥ margherita bertolesi ♥ vania panizza ♥ isabel aranda ♥ matteo e pablo panizza ♥ nicola carrù ♥ chiara foglia ♥ federico fontana ♥ andrea simone rosy e luca traverso ♥ laura maya milo umberto occoffer ♥ mauro buratti ♥ marco tuffi ♥ gianmarco pappalardo ♥ barbara castiglioni ♥ paola castiglioni ♥ francesca colombo ♥ barbara lanzillo ♥ jenny e franco manzocchi ♥ lorenzo e alice vigorito ♥ greta spoladore ♥ titì fiorini ♥ elisa e pierfranco crosti ♥ emma e francesco cometto ♥ valentina russello ♥ alberto viganò ♥ chiara e goffredo bonasi ♥ paola masini ♥ giuseppe bruno ♥ patrizia sevieri ♥ walter roffinoli ♥ anna dall’osso ♥ raimondo gissara ♥ heather yang ♥ davide rossi ♥ edoardo sheila mauri bini ♥ monica marini ♥ katia tumidei ♥ cicci carini ♥ sarah nocita ♥ giulia utili ♥ chiara utili ♥ elena casadei ♥ monica burdese ♥ alberto bruno ♥ emma e marco bruno ♥ alessandro bruno ♥ alessandro febbi ♥ alberto lazzaretti ♥ virgilio beltrando ♥ barbara boffa ♥ giorgio bertolo ♥ daniele allocco ♥ franca miretti ♥ loris genesio ♥ giorgia morra ♥ marco patagarro eula ♥ romeo russo ♥ alice serena lara e maurizio ♥ federico michela dario chiara alberto e elena regazzoni ♥ federica poletti ♥ piero macchi ♥ luisa baldini ♥ elena palli ♥ chiara sofia e andrea tomasoni ♥ barbara alberti stefano e pietro ♥ raffaella capellaro ♥ amparo restrepo ♥ lucia camilla e irene fiorini ♥ valentina vanoni ♥ annamaria bichisao ♥ alberto ciancio ♥ jessica manfreda ♥ monica botto ♥ stefano errico ♥ matteo errico ♥ max garbo ♥ massimiliano tinelli ♥ elena marina e vittorio salvini ♥ luca buratti ♥ marco mangini ♥ manuela bocco ♥ massimo durante ♥ marco di gregorio e donatella ♥ andrea ceccarelli ♥ federico barral ♥ massimo santambrogio ♥ elena pini ♥ luca musumeci ♥ stefania spennacchio ♥ stefano ronzoni ♥ giovanna giuliana ♥ federica rovelli ♥ paola budini ♥ paolo brosio ♥ patrizia manzone ♥ stefano stirpe ♥ stefania e fabrizio barale ♥ sandra abbona ♥ isabella valletti ♥ maura semprevivo ♥ luca agnelli ♥ samuela bozzoni ♥ silvana terrini ♥ elisabetta broglio ♥ ricard solé ♥ andrea saetti ♥ adriano tomasetta ♥ martina casadei ♥ claudia mazzei ♥ alessandro gallio ♥ maurizio d’adda ♥ alessandro gullo ♥ francesca piovaccari ♥ nicole e flavia galimberti ♥ giacomo moletto ♥ nicola moletto ♥ danilo daniela margherita veronica marco e davide fava ♥ roberto garavaglia ♥ silvana anzil ♥ laura anzil ♥ alessia castelli ♥ lorella bazzani ♥ leo conti ♥ laura pacchioni ♥ marco panza ♥ davide e alessandro mustica ♥ gianluca sanvito ♥ gianluca falsitta ♥ elisabetta vezzani ♥ associazione musicaingioco ♥ stefano d’adda ♥ marcello casadei ♥ alessandra camurri ♥ sandra casadei ♥ luca utili ♥ nicola persegati ♥ stefano mancini ♥ alberta magni ♥ davide dania ♥ alessandra ghirotti ♥ sergio e riccardo febbi ♥ paola tarabra ♥ fabio russo ♥ ada casadei ♥ francesca nicoli ♥ alessandro concetti ♥ ivano palombi ♥ diego e davide plati ♥ jacopo dalai ♥ elena morabito ♥ giulia di sipio ♥ laura calligarich ♥ anna biasi leonardo biasi e raffaella foschi ♥ bianca giacomo viviana e claudio elie ♥ filippo marconi ♥ alessandro valeria giacomo francesca e renato vella ♥ guido e beatrice chichino ♥ luisa de paoli ♥ chiara pagani ♥ laura dozio ♥ lorida tieri ♥ elena roberto daniele chiara rosella e massimo gianotti ♥ natalia schiavon ♥ silvia bailo ♥ mara giulia mathias sara e stefano zimbaro ♥ annarosa belso ♥ guido francesca ludovica sofia e bianca gelpi ♥ bibi dalai ♥ marco francesca angela tony cazzaniga ♥ stefania di giacomo ♥ elena lamera ♥ daniela medici ♥ mario tomasoni ♥ paola francescon ♥ andrea torelli ♥ silvia marini ♥ grace hidalgo ♥ matteo fiorini ♥ dario bertolesi ♥ paola scodeggio ♥ francesca castelnuovo ♥ enrica viola ♥ louise mcneela ♥ patrizia zapparoli ♥ martina nencini ♥ marika cenerini ♥ paola mirra ♥ riccardo brioschi ♥ simon j. cripps ♥ gian piero fiorini ♥ carmen ruggiero ♥ fabrizio monterosso ♥ tatiana belloni ♥ gabriele dozzini ♥ massimo nocito ♥ mohamed ben aziza ♥ antonello felline ♥ alberto cometto ♥ rosanna gervasi ♥ daniele piani ♥ luigi del guercio ♥ giovanni pioppo ♥ tiziana e osvaldo crivena ♥ paolo macchi ♥ federica adami e massimatigioia ♥ carlo vittorio giovannelli ♥ raffaella zangirolami ♥ caterina toniolo ♥ maurizio carrer ♥ bruno bonsignore ♥ ana sanz ♥ stefano larosa francesca ambrosi ♥ stefano legnani ♥ roberto baschetti ♥ ilaria baschetti ♥ rita quattri ♥ donatella caspani ♥ monica dedominicis ♥ luca fenati ♥ daniela gissara ♥ vittorino sanvito ♥ felicita teruzzi ♥ mariagrazia colombo ♥ sergio colombo ♥ cristina di somma ♥ barbara da rold ♥ anna nosari ♥ paola campolonghi ♥ angela guma ♥ monia poletti ♥ marco alessio ♥ mino marconi ♥ sergio testori ♥ luca plati ♥ achille saverio ♥ daniela cellerino ♥ roberto marconi ♥ luciana buttero ♥ rosy fraguglia ♥ ina subert ♥ augusta mamoli ♥ martina carlotta e tommaso volpi ♥ beatrice e jacopo penzo ♥ marina bozza e antonio penzo ♥ veronica susanna e stefano capellupo ♥ ottavio giovannelli ♥ carlo tagliabue ♥ sebastiano monteleone ♥ alessandra campitelli ♥ elena cammi ♥ valeria calvi ♥ marco rossi ♥ enrica mamoli ♥ giancarlo uzzo ♥ marina uzzo ♥ stefano daniela francesca uzzo ♥ sergio uzzo ♥ enrico bardella ♥ teresa taormina ♥ francesco venturini ♥ alessandro magni ♥ virginio magni ♥ manuela invernizzi ♥ massimo mascheroni ♥ corrado venturini ♥ roberta e armando trovati ♥ alessandro trovati ♥ marco trovati ♥ lucia pellegrini ♥ giovanni auletta ♥ claudio scaccini ♥ andrea rustioni ♥ max bardotti ♥ chiara davide luisa bruno quaini ♥ jaime jaramillo ♥ alessia portoghese ♥ valentina federico e martina lussana ♥ riccardo e raffaella masini ♥ laura e roberto gianesini ♥ daniela romagnoli ♥ elisabetta gerosa ♥ elena rossi e grazia sacchi ♥ emanuela e davide villani ♥ tiziana e elio tragni ♥ anna malosio ♥ francesca gambardella ♥ elisa grossi pometti ♥ mirko callegari ♥ alessandro paini ♥ clara de giuli ♥ cecilia gulisano ♥ silvia gulisano ♥ margherita mamoli ♥ alba muzzi ♥ vittorio carnemolla ♥ igea maggiolini ♥ adriana maggiolini ♥ giorgio maggiolini ♥ simonetta grazzini ♥ antonio cometto ♥ silvana maggiolini ♥ odile didier orietta e franco troiano ♥ filippo e tommaso bottin ♥ andrea bottin ♥ 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schiavone ♥ silvana ghioni ♥ marina gianesini ♥ dario basile ♥ sabrina lombardi ♥ paola fabio giulia camilla e paolo maragno ♥ matilde e piergiorgio petruzzellis ♥ francesca cantarutti ♥ luisa basso ♥ katia malgioglio ♥ stefano marchi ♥ andrea gaeta ♥ gian giorgio carta ♥ vincenzo dragonetti ♥ manuela notti ♥ claudia muro ♥ martina todesco ♥ barbara da luca ♥ antonietta e franco ♥ cristina poletti ♥ giorgio boratto ♥ alberto mauri ♥ paolo elena e ariele cattaneo ♥ giampaolo mirri ♥ simone fontana ♥ alessandro de melas ♥ sonia de luca ♥ dario pigaiani ♥ angela bagnati ♥ maurizio barella ♥ piercarla battarini ♥ raffaella stracquadanio ♥ lorella bazzini ♥ lapo de carlo ♥ patrizia sevieri ♥ erica brovelli ♥ cyndra velasquez ♥ rino cimmino ♥ dorly albertoni ♥ lalla alfani ♥ delly asnaghi ♥ enrica carrera ♥ mariangela casarotti ♥ amelia cotogno ♥ maria rosaria gattone ♥ liliana pezzana ♥ carlo carlini ♥ steve lowe ♥ elena cazzaniga ♥ mauro ferrero ♥ giorgia lodigiani ♥ rosella capitani ♥ cristina pedretti ♥ barbara dambrogio ♥ elisa migliavacca ♥ anna mazzone ♥ francesco giusti ♥ valentina corio ♥ samuele e chiara marconi ♥ giorgio redaelli ♥ paola amigoni ♥ mario spreafico ♥ antonella colombo ♥ maria e loris panzeri ♥ alessandra e beatrice monterosso ♥ bruno muner ♥ il beppe e l’adele ♥ lonati beniamino ♥ elena giuseppina perletti ♥ elena salvi ♥ carlo pelizzi ♥ barbara bordini ♥ marta gatti ♥ stefano torretta ♥ coletta fasola ♥ diana gianola ♥ maria grazia lodigiani ♥ irene nicola gigi e sabrina bernareggi ♥ enzo schiarripa ♥ massimo zurria ♥ luigi di sipio ♥ benedetta alessandro e francesco simi ♥ ivano palombi ♥ silvia carameli ♥ lodi giorgia ♥ bruno e annamaria bailo ♥ virginia brambilla ♥ antonella bazzi ♥ luigi forzatti ♥ serena geravini ♥ davide molteni ♥ claudia sanvico ubezio ♥ elena sanvico ♥ iside domenico ♥ filippo antonelli ♥ bianca masini ♥ clara ergoli ♥ sara anselmi ♥ manuela bocco ♥ federico barral ♥ danilo coglianese ♥ andrea gucciardi ♥ alberto 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rauter ♥ claudio covini ♥ max covini ♥ andrea marchetti ♥ alessandro marchetti ♥ maria borrelli ♥ davide volpi ♥ emma biraghi ♥ giacomo lotti ♥ veronica chiara e stefano digiuni ♥ rosy volpi ♥ camilla francesco mascia michele panichi ♥ nadia paloma ♥ davide tassoni ♥ diana d’alterio ♥ diego tassoni ♥ ginevra volpi ♥ eva de luca ♥ pilar del aguila ♥ rosanna travaglino ♥ upe e andrius gedgaudas ♥ alessandro frezza ♥ daniele bizzozero ♥ donato ferro ♥ fabio brancaglion ♥ fabrizio cucchi ♥ fabrizio pedrizzi ♥ franco angelini ♥ giorgio guccini ♥ leonardo brunetti ♥ luca strinschi ♥ marco benvenuti ♥ marco camporiondo ♥ melinda frezza ♥ michele perego ♥ paolo gibertini ♥ mary pantano ♥ annamaria e mauro fumagalli ♥ ivan e luca olivieri ♥ elena pozzi ♥ luca musso ♥ gianalberto zanoletti ♥ roberta lamperti ♥ andrea lamacchia ♥ clara conti ♥ fabrizio carbone ♥ federica savorani ♥ letizia anna maria santagata ♥ chiara palmieri ♥ roberta martini ♥ lorenzo d’aprile ♥ francesca casella ♥ sara fumagalli ♥ roberto donati ♥ daniela rocco ♥ diego rossi ♥ valentina kovacic ♥ dario inglese ♥ chiara forgillo ♥ chiara schimd ♥ mauro favagrossa ♥ gherardo e luigi poli ♥ giovanna zanimacchia ♥ ivan laura martina provini ♥ francesca vicoli ♥ gabriella fulvi ♥ anna claudio e noemi negri ♥ matteo e giulia strigiotti ♥ simona dinetta ♥ luca strigiotti ♥ carmen patrizia grosso ♥ paolo artini ♥ sara baschetti ♥ francesca paltenghi ♥ sara falconi ♥ alastair farrugia ♥ dionysius mintoff ♥ stefania colli ♥ monica neuburger ♥ valentina raguso ♥ massimo tuffi ♥ federica biasin ♥ ginestra ferraro ♥ marco zanotti ♥ luca del bo ♥ edgardo sivieri ♥ mariachiara merlano ♥ marco esposito ♥ ennio santini ♥ umberto ambrosetti ♥ alberto scotti ♥ teresa masi ♥ emanuela domenichetti ♥ viviana gaglione ♥ valentina salviato ♥ chiara veronesi ♥ alberto dolci ♥ tashi namgyal ♥ liana stiavelli ♥ filippo del bo ♥ marco marcato ♥ loredana vergani ♥ donata berger ♥ edoardo e alessandro ciotta ♥ tommaso e matilde borghetto ♥ mauro strumendo ♥ annalisa tiranti ♥ sabina antonini ♥ annalisa rossi ♥ paola di bello ♥ bartolomeo carbone ♥ margherita ghilardi ♥ simone brogi ♥ anna carbone ♥ diego giorgio e federico rallo e gli altri isolani ♥ gli angeli del fango ♥ guido giannelli ♥ stella perico ♥ silvia rucco ♥ barbara ballardin ♥ parrocchia san marcellino lausdomini ♥ alma center servizi medicali mariglianella ♥ laboratorio analisi alma center mariglianella ♥ farmacia dr. ettore vivo e collaboratori ♥ classe 5B a.s. 2011/2012 liceo scientifico colombo marigliano ♥ fabiana bresciani ♥ paola falasca ♥ michael rainer ♥ ufficio acquisti BMW ♥ paolo e ida pogutz ♥ laura e pierceleste abbondanza ♥ marco e monica enriotti ♥ mila monti ♥ fabio iannuzzi ♥ max e cristina maresca ♥ momo e antonio clerici ♥ marco e diana finzi ♥ fedrico secondo ♥ massimo senatore ♥ cristiana lattuada ♥ fabio fiandanese ♥ mariangela del vecchio ♥ paola anzini ♥ laura ghio ♥ fabio belloni e silvia domante ♥ ass. teatrino al rovescio ♥ ufficio fiscale BMW ♥ vittorio milano ♥ francesca ugo ♥ francesca capurro ♥ andrea ferrari ♥ luca cervieri ♥ luca battiloro ♥ giuseppe rovito ♥ francesco martino ♥ paola granata ♥ jennifer minasi ♥ laura gobbini ♥ francesca sudati ♥ stefano ronzoni ♥ massimiliano chizzali ♥ silvana terrini ♥ sara ioannes ♥ eliesabetta cremonesi ♥ roberto guglierminotti ♥ rosalba dinapoli ♥ angela sansone ♥ stefania bonafè ♥ ilaria zappelli ♥ compagnia teatrale scarti ♥ yolene e leyla surena ♥ pauline zwaans ♥ sergio dell’anna ♥ gillian turnbull ♥ dana van alphen ♥ sergio virdis ♥ josy bizimana ♥ francesca lamanna ♥ manuela e tommaso albinati ♥ luca daniela e alice chiapparino ♥ carmine e tiziana perna ♥ pietro spigai ♥ claudia e enrico guglielmucci ♥ maria grazia manca ♥ maria roberta lucchesini ♥ s.g. coop. soc. onlus ♥ aldo vivo e maria sena ♥ gaetano vivo ♥ giovanni cassani ♥ world bank haiti country office port-au-prince haiti ♥ CLASSE 3A SCUOLA LUIGI GALVANI: azzam nouram bautista daniela caldito angela caravaggi elena carbonari stephane chica anamichel cigolini chiara donati tommaso dufour luca guzzo carola mangini davide martinez alejandro paone milo riodil alessandro russo leonardo servadio caterina testa matilde enrico mariotti kathrin jean martinez ♥ CLASSE 3B SCUOLA LUIGI GALVANI: arrigoni edoardo biraghi emma bernard anna delia iusi bianchi edoardo carminati carlo cigolini davide ettore dini marina fedeli audrey finch geraldy franco noayla essai maria giovanna lastrico onorato sara romeo alessandro re ilaria yael adriano tomasetta filippo pesenti ♥ CLASSE 3C SCUOLA LUIGI GALVANI: dennis alexander martinez mejia rocco calza alexia clavel moreno vincenzo cortese ettore d’adda carlotta gatti giulia gonzales aguinaldo navkirar kaur simone licata viola lombardini emanuel magni alessandro mauriello noureldin mohamed azzam camilla papagni edoardo randazzo duvindu ransika hetti arachige perera alessandro rinaldi davide romeo debora rosmarino pietro sarzi braga nina velardi ♥ CLASSE 4B SCUOLA DUCA DEGLI ABRUZZI: alyssa amedeo anna beatrice chiara g. chiara s. daira elisa giacomo irene lorenzo m. lorenzo p. luca m. luca n. manuel marco f. marco s. marta matteo nicola rebecca sabrina susanna tommaso ♥ SCUOLA GIANNI RODARI MAZZO DI RHO CLASSE 2A: asia alessandra alessandro c. alessandro l. alice andrea awa beatrice emma federico filippo b. filippo g. gabriele gaetano lorenzo martina niccolò riccardo silvia stefan valentina ♥ sCUOLA GIANNI RODARI MAZZO DI RHO CLASSE 2B: aiello beatrice atanowski alessandro bignami camilla casati sara di noia teresa dovera mattia forcillo marco gaslini mattia gorgone samuele laficara simone limonta giorgio maglio lorenzo mangiapane francesca mansueto giada marabello giulia minniti silvia nasuali chiara procopio zoe sacchetti alessio sala elisabetta ♥ SCUOLA GIANNI RODARI MAZZO DI RHO CLASSE 2C: giulia alessandra francesca sofia amir adam vasco tommaso francesco laura giovanni mattia chiara elena giorgia zelda valeria riccardo marco ♥ CLASSE 3C ISTITUTO ISEO: alessandro clarissa claudia daniel davide diego giulia giulietta gregorio greta ibrahim irene luca matteo ronaldo samuele susanna vlada maestra alessandra maestra milena ♥ CLASSE 4B SCUOLA BACONE: sara sofia alice fabiola andrea cristiana camilla massimo tommaso ivaldi agnese alessandro eugenio tea niccolò marco laura jacopo tommaso villa benedetta ♥ CLASSE 1B SCUOLA BACONE: beatrice pietro chiara alessandro giorgio lapo lucia davide alessia gallo aurora mirna dennis everaldo sandy carlo francesca francesco alessia salerno giovanni edoardo ♥ SCUOLA PRIMARIA GEIS CLASSE 1: sofia maria lupo davide carla alberto lucrezia miriam cristina rita giorgio giuseppe rebecca maria chiara tommaso sofia alessandro lavinia chiara andrea gaia giulia alessandra emanuele sara alessandro leonardo edoardo silvia simone ♥ SCUOLA PRIMARIA GEIS CLASSE 2: edoardo giorgio beatrice miriam laura nicoletta eleonora andrea francesca giulia carlotta daniel davide filippo simone giada anastasia sofia alisia michele maria martina mauro sofia yasmine francesco sofia costanza sofia ♥ SCUOLA PRIMARIA GEIS CLASSE 3: maddalena giulia alessandro margherita elisa edoardo tommaso elisa tommaso beatrice michela federica letizia alice giulia letizia andrea beatrice federica martina margherita camilla beatrice mattia ♥ SCUOLA PRIMARIA GEIS CLASSE 4: alessandro flavio francesca edoardo mathilda gioele martina rosalba chiara caterina david rocco alberto chiara maria andrea giulia regina sofia chiara emma sara ♥ SCUOLA PRIMARIA GEIS CLASSE 5: francesco pietro carlo luigi francesca riccardo michelangelo chiara giulia gaia marinella riccardo alessandra chiara alessia christian gaia valerio luca edoardo patrick olivia sara simone giulio cristiano nicolo francesco marcello ♥


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I progetti sono sogni con delle scadenze. I dieci progetti sostenuti negli scorsi anni hanno riguardato luoghi, realtà sociali e interventi molto diversi tra loro. Abbiamo affiancato volontari negli ospedali in Romania, contribuito a costruire scuole in Niger e case alloggio in Colombia, formato gruppi di donne Dalit in Nepal, favorito la frequenza della scuola materna a figli di madri sole a Milano, sostenuto lo scavo di serbatoi per l’acqua in Etiopia e la costituzione di una biblioteca medica multimediale in Costa D’Avorio, supportato l’attività di promozione della mozione ILO 169 in favore dei popoli incontattati, collaborato alla realizzazione di una radio a Malta che potesse tenere in contatto i migranti che dal sud del mediterraneo fanno rotta verso la speranza di una vita migliore, assicurato l’acquisto di una clinica mobile in Ladakh. Le grandi differenze tra i progetti sostenuti sembrano sfumare di fronte al punto in comune che tutti questi interventi ci hanno mostrato: l’entusiasmo, l’impegno, la dedizione che abbiamo trovato in tutte le persone che in questi anni, attraverso il Librosolidale, hanno percorso un piccolo tratto di strada insieme a noi. Poi, naturalmente, la strada di ciascuna delle Associazioni che abbiamo affiancato è proseguita, e noi del Xmas Project ne seguiamo ancora l’evolversi, soltanto un po’ più da lontano ma con il piacere di aggiornarci a vicenda sullo stato dell’arte...


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2001-2011: una collana di solidarietĂ


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Les Cultures ci informa che la scuola di Assada è arrivata al suo decimo anno di attività. Dieci anni di impegno, difficoltà e soddisfazioni, dieci anni nel corso dei quali centinaia di bambini hanno affollato i locali della piccola scuola, unica opportunità di istruzione della zona. Nel corso dell’anno scolastico 2010/2011, 56 ragazzi e 32 ragazze hanno frequentato i corsi ad Assada, seguiti da 3 insegnanti. Rispetto all’anno precedente si sono iscritte 7 ragazze in più. L’anno si è concluso con il 75% di alunni promossi, un buon risultato, visto l’elevato numero di bambini che sono costretti ad abbandonare gli studi per aiutare i genitori nel lavoro. Il 2011/2012 si prevede che riaprirà con 81 studenti. L’Associazione Niños de los Andes ci fa sapere che la loro attività prosegue con l’impegno di sempre. In particolare, l’obiettivo del programma “Centro di Emergenza” di casa Albachiara continua a essere diretto alla difesa e riacquisizione dei diritti dei minori in difficoltà. Sono state create classi di arti creative per stimolare i loro interessi: karaoke e fumetti per lo sviluppo delle attitudini artistiche, yoga per conoscere ed esternare i propri pensieri ed emozioni attraverso la meditazione. Queste nuove strategie sono dirette al potenziamento delle capacità individuali dei ragazzi e per dare priorità all'identificazione delle rispettive aspirazioni e di conseguenza implementare i propri bagagli personali per un adeguato recupero psicosociale. Il proposito è stato quello di avvicinare i ragazzi alle nuove tecnologie per ridurre il dislivello rispetto ai ragazzi con maggiori possibilità economiche che invece si confrontano quotidianamente con tali tecnologie. Nel 2010, hanno preso parte al programma 1.671 bambini e adolescenti, con una media di ingresso mensile pari a 73 unità. Il 36% dei partecipanti risulta d’età compresa tra 12 e 14 anni, il 29% tra i 15 e 16 infine il 23% tra 17 e 18. Nel 100% dei partecipanti si rileva dipendenza da sostanze stupefacenti e di vissuto in strada. Si sono riscontrati 209 casi che hanno subito precedenti abusi sessuali e 234 casi di maltrattamento fisico, altri 679 casi con precedenti in spaccio e distribuzione di sostanze stupefacenti. L’associazione Fedo prosegue la sua opera in Nepal, lavorando attraverso l’ufficio centrale di Kathmandu in collegamento con le attività di distretto estese su tutto il territorio nazionale, attraverso la presenza attiva in un distretto di ognuna delle 5 regioni del Paese. Il lavoro parte dai villaggi, lavorando direttamente con donne dalit, fornendo loro strumenti di base, quale l’afabetizzazione, formazione professionale per piccole attività commerciali e microcredito. Le attività nei villaggi prevedono sempre formazione di operatori sanitari che possano intervenire o che diventino quel ponte per l’accesso ai servizi sanitari già esistenti. C’è un sostegno alle donne che hanno subito violenza sessuale o che hanno perso le tracce di familiari durate gli anni della Guerra civile. Nelle comunità Fedo lavora per la promozione e la promozione della partecipazione alla trasformazione sociale, sostenendo le donne ad essere loro stesse capaci di rivendicare i loro diritti di essere attive nella comunità. I leader di villaggio hanno incontri con i rappresentanti distrettuali che a loro volta si confrontano a livello regionale per arrivare all’ufficio centrale, a Kathmandu. Fedo, attraverso le sue rappresentanti, è presente dal 2008 in una delle commissioni di stesura della nuova Assemblea Costituente, promuovendo i diritti delle donne contro la discriminazione di casta e di genere. L’esperienza del Nido Giramondo, anche dopo la sua conclusione, ha lasciato una profonda traccia in tutte le persone che avevano partecipato alla sua realizzazione, tanto che una nuova


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realtà è stata recentemente avviata: il nuovo nido si chiama “Il Nostro Giramondo”, e promette la stessa qualità e la stessa cura del precedente. Omo ci comunica, attraverso i propri corrispondenti dall’Etiopia, che quest'anno il Corno d'Africa è stato oggetto di una grave siccità, che ha colpito in misura variabile la Somalia, l'Eritrea e l'Etiopia. La zona di Gongode non è stata risparmiata, sebbene per quelle comunità non sia un fatto nuovo. Comunque tutte le opere di ingegneria idrica sono funzionanti ed in buono stato. I sistemi di raccolta di acqua piovana hanno lavorato poco, proprio in virtù dell'estrema scarsità di piogge. I pozzi invece continuano a fornire acqua potabile e ora più che mai sono stati decisivi per la vita delle comunità Maale che abitano la zona. Nel corso dell'anno sono stati effettuate attività di manutenzione ordinaria che hanno interessato 3 pompe a mano, sono stati sostituiti dei pezzi danneggiati dall'usura ed i costi sono stati coperti con fondi della Catholic Church. Dagli amici di Sguazzi abbiamo la conferma che la biblioteca multimediale di Man è funzionante e operativa ha consolidato il suo ruolo di polo per la comunicazione nella città di Man. Ciò sta continuando a permettere la formazione di medici in loco, nonché la consulenza, sui casi di maggiore complessità, di specialisti italiani. Il comitato della biblioteca (ACIM) è attivo e sta pianificando alcuni progetti di telemedicina in ambito cardiologico, in collaborazione con l'università di Abidjan (capitale della Costa d'Avorio e unica città con un centro cardiologico). La collaborazione tra Sguazzi e ACIM continua con riunioni periodiche su Skype e il parziale finanziamento del progetto. Sguazzi, per il 2012, si propone di sostenere parte del progetto di telemedicina. Il contatto con Survival ci ha permesso di sapere che il lavoro di lancio mediatico della campagna per gli Incontattati è finalmente entrato nella sua piena fase operativa. La sede di Londra ha realizzato un intero sub-sito web sulla campagna (www.uncontactedtribes.org), che presto sarà disponibile online anche in lingua italiana. Il lancio della campagna ha dato subito dei frutti: le autorità peruviane hanno smesso di dire che le tribù incontattate non esistono (sostenevano fossero una nostra invenzione, come la leggenda del mostro di Loch Ness), e hanno addirittura lanciato un piano di protezione in collaborazione con il Brasile. Per quanto riguarda la legge ILO 169, è stata depositata una mozione bipartisan firmata quasi all'unanimità dalla commissione diritti umani del senato. Ora attende solo di essere messa ai voti, e ciò costituisce un grosso successo. Ma con il clima politico attuale, non è possibile prevederne i tempi di approvazione. Il progetto PeaceLab sta infine proseguendo nei suoi intenti, pur con alcune difficoltà legate al passaggio al sistema digitale effettuato a Malta, che costringe gli operatori ad acquistare spazi per la messa in onda da altre stazioni radio maltesi. La questione dei flussi di migranti provenienti da Paesi in guerra è quantomai attuale soprattutto dopo i recenti avvenimenti accorsi nei Paesi del Nord Africa. E ci riguarda da vicino! Sul tema vi segnaliamo un interessante reportage edito da Repubblica.it che trovate all'indirizzo web http://inchieste.repubblica.it/ in cui si racconta come l'Italia sta affrontando l'accoglienza dei profughi sbarcati sulle coste Italiane nei mesi scorsi e provenienti dalla Libia. Non abbassiamo la guardia e restiamo informati!

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Il Ladakh, regione himalaiana dell’India, è estremamente montagnosa, e gli insediamenti umani sono raggruppati in villaggi e piccoli paesi, distanti tra loro e caratterizzati da collegamenti non sempre agili. Spesso le persone con problemi di salute o affette da infermità non vengono nemmeno portate all’ospedale. Per questo motivo, Ascolta e Vivi si è attivata per la realizzazione di un’unità mobile di diagnosi della sordità, che possa raggiungere gli insediamenti più remoti. Con l’avvento della clinica mobile, operativa da Agosto 2011, si realizza l’idea di raggiungere l’intera area del Ladakh per effettuare lo screening neonatale e esami audiometrici per la popolazione. Questo passo contribuisce ulteriormente a rendere l’unità di otorinolaringoiatria dell’SNM Hospital di Leh un polo di riferimento per l’intera area. Il veicolo è equipaggiato con la strumentazione necessaria allo screening dell’udito e a una visita per valutare la salute dell’orecchio. All’interno sono previsti tre file di sedili per il personale preposto, più un posto letto per il paziente. Adiacente al posto guida è stata posta una cabina insonorizzata con pannelli fono isolanti. Dispone inoltre di un piccolo lavabo interno per i servizi di pulizia ed igiene. Sul mezzo è collocata inoltre una piccola unità di generazione elettrica mobile. L’ingegner Alberto Dolci – il volontario di Ascolta e Vivi che si è occupato della messa in opera del mezzo – ha studiato insieme al Dottor Namgyhal – medico otorinolaringoiatra e coordinatore dell’unità – e al personale dell’ospedale un piano di utilizzo del veicolo. Il Ladakh è percorso da 1800 chilometri di strade. Di queste solo 800 chilometri sono asfaltati. Analizzando la cartina del Distretto di Leh, si distinguono cinque macrozone: a nord il Blocco di Nubra – piuttosto problematico con un valico situato a 5.700m e strade molto impervie; a nord-ovest il blocco di Kahltse, molto più accessibile rispetto al precedente; al centro, il blocco di Leh, che include i dintorni della capitale con con i suoi villaggi; a sud-est il blocco di Durbuk, di semplice raggiungimento; a sud di Leh, il blocco di Nyoma con una strada in altitudine piuttosto impervia. Ciascun blocco è dotato di uno scarno distretto sanitario di riferimento. L’obiettivo del progetto è raggiungere, ogni due mesi di escursione con il mezzo mobile, ciascuno dei cinque blocchi, transitando nei vicini villaggi e operando screening uditivi. Nel Ladakh, secondo le stime del servizio sanitario, il 50% dei neonati confluisce all’ospedale di Leh. Il restante 50% fa capo ai distretti sanitari operanti in ciascuno dei cinque blocchi, che però sono privi di qualunque struttura di monitoraggio per il controllo neonatale. Le escursioni del mezzo mobile prevedono la presenza del guidatore, di un assistente infermieristico generico, di un tecnico audioprotesista, oltre al personale medico (più un eventuale altro tecnico di un altro reparto: oculistica, cardiologia e altri, secondo l’accordo per il quale si prevede che il mezzo venga utilizzato in supporto anche di altri reparti dell’ospedale di Leh). È inoltre in fase di completamento un booklet informativo, contenente indicazioni circa la salute dell’orecchio. Il testo è presentato in inglese e ladakho, lingua locale. Tutto ciò è stato possibile anche grazie al ricavato della vendita del Librosolidale realizzato nel 2010 da Xmas Project. Grazie ancora per aver scelto Ascolta e Vivi e per il vostro contributo!


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Xmas Project 2012? In primavera la scelta. Segnalateci i vostri progetti.


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Da qualche anno abbiamo inserito, in questa parte finale del Librosolidale, un piccolo grande cambiamento: non trovate infatti nessuna anticipazione sul progetto del prossimo Natale. Abbiamo deciso di rinviare la nostra scelta in primavera, perché desideriamo ampliare le nostre possibilità di intervento: vogliamo infatti dare modo a tutti voi di segnalarci iniziative che ritenete interessanti o di indirizzare verso di noi eventuali associazioni con le quali siete in contatto. Ecco i criteri che ci hanno sempre ispirato nelle nostre scelte e con i quali verranno valutate le future proposte.

Un progetto “finito”:

Un progetto “rispettoso”: appoggiamo progetti richiesti e voluti da chi ne beneficerà,

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o da chi opera direttamente sul campo. Pur gradite e necessarie tutte le associazioni “tramite”, ci piace alla fine arrivare ad aiutare un partner locale, che esprima un proprio progetto e il bisogno di finanziarlo.

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Un progetto “sostenibile”: diciamo intorno ai 30.000 euro. Questa è la nostra potenzialità, quindi meglio tenerne conto. Ci piace avere un budget preciso e dettagliato del progetto. A preventivo e poi a consuntivo.

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Un progetto “diverso”: desideriamo che la nostra piccola collana di libri ci aiuti anche a scoprire la varietà del mondo. Ci piace immaginare dei Librisolidali che ci portino di anno in anno ad avvicinare luoghi e problematiche differenti. Altre cose che ci piacciono: ci piacciono le piccole associazioni che hanno progetti seri

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e interessanti, ma un po’ meno strade aperte per finanziarli. Ci sembra più utile portare il nostro piccolo contributo là dove non ci sono grandi possibilità di finanziamento. Ci piacciono le associazioni ben organizzate, quelle disponibili e desiderose di contribuire attivamente alla diffusione del Xmas Project.

Segnalateci dunque i vostri progetti, segnalateci alle associazioni che li portano avanti. Ricordatevi che dovrà essere realizzato nel 2013, anno in cui noi potremo finanziarlo. Sarà il protagonista del Librosolidale 2012/13. All’interno della copertina di questo libro, trovate tutti i dati per contattarci. Appuntamento quindi in primavera per la scelta del progetto. Buon Natale a tutti voi!

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scegliamo progetti il più possibile delineati e dettagliati, con obiettivi chiari, anche se piccoli, un budget definito e un tempo di realizzazione certo.

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Xmas Project ringrazia:

per la stampa del Librosolidale 2011

per la rilegatura del Librosolidale 2011

per il nostro sito www.xmasproject.org

Un grazie particolare a: Gaetano Vivo e Giovanni Cassani che ci hanno guidato – il primo con il suo diario, il secondo con i suoi scatti – fino alle suorine di Port de Paix. Manuela Chiapparino per averci suggerito questo progetto e supportato nella stesura del libro. Francesco Giusti e le sue fotografie, immagini incredibili, davvero! Le équipe di Capricorn ed Eurologos Milano per il supporto grafico e il lavoro sui testi. Paola Scodeggio e Gianluca Sanvito per l’insostituibile “aiuto contabile”. Claudia Taddei per il prezioso lavoro di distribuzione libri. Tutti gli amici e le associazioni dei vecchi progetti che hanno contribuito alla realizzazione di questa Collana di solidarietà. Tutti coloro che credono in questo progetto.

Realizzazione grafica: Jacopo Dalai & Matteo Fiorini Stampato a Milano, Novembre 2011 È consentita la diffusione parziale o totale dell’opera e la sua diffusione in via telematica a uso personale dei lettori, purché non sia a scopo di lucro.


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Dedicato a chi cade.


Per contattare l’Associazione e partecipare al progetto: Associazione Xmas Project ONLUS Via Luigi Settembrini, 46 20124 Milano Fax: 02 700 308 57 info@xmasproject.org @xmas_project XmasProjectOnlus

www.xmasproject.org

È il regalo che vogliamo farci quest’anno a Natale. E che abbiamo scelto di farci per tutti i prossimi Natali...

Port de Paix, Haiti

L’Associazione Xmas Project è nata nel settembre del Duemilauno. I soci sono Roberto Bernocchi, Dario Bertolesi, Elena Casadei, Francesca Castelnuovo, Francesca Colciaghi, Alberto Cometto, Maurizio e Stefano D’Adda, Jacopo Dalai, Claudio Elie, Matteo Fiorini, Filippo Marconi, Benedetta Nocita, Sarah Nocita, Sara Panizza, Renato Plati, Viviana Sprefico. ll Gruppo Media, azienda di arti grafiche, e Beecreative, Web Agency, sono partner del progetto.

Il Librosolidale Il libro che state tenendo in mano è un libro speciale. È un “Librosolidale”. Non è in vendita, ma se lo desiderate, potete contribuire a crearlo, a diffonderlo e soprattutto a finanziarlo. Il Librosolidale è il frutto dell’impegno di molti. Questi molti sono il Xmas Project. Un’Associazione costituita per dare sostanza e realtà a microprogetti di solidarietà, in giro per il mondo, là dove c’è del bisogno. Chi vuole sostenere il progetto, e quindi aderire al Xmas Project, prenota una certa quantità di Librisolidali e versa un contributo proporzionale alle copie ricevute. Potrà così utilizzare i libri come doni, in occasione del Natale, trasformandoli in ambasciatori del progetto stesso. Non solo: questi doni saranno particolari, perché conteranno qualcosa di “proprio”. Perché chi aderisce al Xmas Project contribuisce in prima persona alla costruzione del Librosolidale, fornendo un proprio contributo: una foto, uno scritto, una poesia, piuttosto che semplicemente la propria firma. Se avete ricevuto questo libro in dono da qualcuno, sfogliatelo: vi troverete un suo segno. L’aspirazione, di Natale in Natale, è quella di costituire una Collana di solidarietà. Contattateci: è questo il regalo che anche voi potete donare e donarvi il prossimo Natale.

Xmas Project 2011

Xmas Project | Librosolidale 2011

L’Associazione Xmas Project

Port-de-Paix, Haiti, Mar dei Caraibi, America Centrale. Posizionato sul bordo della faglia Caraibica e sulla rotta degli uragani e delle tempeste tropicali che periodicamente flagellano i Caraibi, Haiti è il paese più povero delle Americhe. Il 12 gennaio 2010 un potente terremoto si è abbattuto sulla capitale e la zona sud dell’isola, provocando oltre 250mila morti. Un numero enorme di vittime segno di un profondo sottosviluppo economico e della mancanza di ogni politica di prevenzione. A nord ovest, a 250 km dalla capitale, in una zona di estrema frontiera e povertà, opera una piccola comunità di suore Lasalliane in una casa accoglienza per oltre 100 bambini haitiani. Un punto di riferimento per la popolazione locale priva di sostegno pubblico, un rifugio prezioso per tanti bambini traumatizzati e sopravissuti al terremoto. Xmas Project ha scelto di sostenere la comunità delle sorelle Lasalliane: assistenza medica ai bambini, vaccinazioni, integratori alimentari, supporto psicologico e anche un forno, per la panificazione. ________________

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