XabarMag n. 0

Xabarmag (X.) è un'idea, covata per parecchio tempo, che ha deciso in questo periodo di vedere la luce.

X. non ha pretese, non vuole essere niente di speciale per nessuno, non pretende di lasciare il segno; è più che altro uno sfogo nato dal fuoco della rabbia, un urlo interiore, un squarcio che sanguina.

X. non si definisce, non ha una cadenza temporale fissa, non parla di temi specifici; è un seme buttato per sbaglio in una terra sterile.

X. non è propaganda, non è politica, non è religione.

Xabarmag è solo un insieme di pensieri, riflessioni, idee.

La scelta del nome deriva dall'aver scoperto, casualmente, che il vocabolo “xabar” in uzbeco significa “messaggio”.

E' un giornaletto, insomma, o come lo vogliamo definire.

Scritto a due mani e mezzo cervello.

Buona lettura, blessings.

EFFETTO SERRA + EFFETTO GUERRA = EFFETTO BOOMERANG E' possibile continuare a condurre un'esistenza in un periodo storico dove non ci sono certezze né per il presente né per il futuro?

Minaccia imminente di un black-out energetico, bombardamenti su civili innocenti, crisi climatica, barriere coralline in pericolo, animali che si stanno estinguendo, ospedali pediatrici distrutti.

E ancora rincaro bollette, rincaro benzina e diesel, rincaro del grano, rincaro dei beni di prima necessità, centrali nucleari a rischio attacco militare, giornalisti morti, giornalisti arrestati.

Pandemie globali, ghiacciai che si sciolgono, la plastica che continua ad essere prodotta nelle fabbriche, il peso dei rifiuti pro-capite che aumenta, i parchi cittadini e gli alberi che vengono abbattuti per fare spazio al cemento.

Stiamo vivendo un'epoca tosta, tostissima. Siamo ancora giovani e scopriamo oggi che forse tutto domani finisce. O forse finisce oggi stesso.

O forse nel 2030, se non smettiamo di usare la macchina per spostarci.

E poi che non dobbiamo più acquistare prodotti imballati in plastica, quando mi guardo intorno e fatico a non vederla.

E che non dobbiamo dimenticare le altre guerre nel mondo, nonostante il focus nelle ultime settimane sia il conflitto Russia-Ucraina.

Intorno a noi pare non esserci più alcuna certezza. Guardiamo questo cielo, che azzurro non è più, e ci chiediamo quanti giorni, quanti mesi o quanti anni ci restano da vivere. Noi che di anni ne abbiamo venti, trenta. Ci dicono che dovremmo pensare al nostro futuro, ma quale futuro?

“Il futuro siete voi”: questa frase, che riecheggia nei nostri timpani da anni ormai, ce la dicevano mentre ci strappavano via, molte volte senza rendersene conto, quelle piccole ali che stavano crescendo sulla nostra pallida e nuda schiena di bimbi.

Le notizie che sentiamo quotidianamente sono tante, forse troppe.

Questo bagaglio è pesante, sommato alla vita già di per sé intricata di ognuno di noi.

Siamo bombardati dagli aggiornamenti costanti, siamo vittime di una guerra mediatica senza saperlo e le notizie spiacevoli di cui veniamo a conoscenza, spesso e volentieri, creano in noi un senso di colpa, come se ci riguardino tutte in prima persona e come se il mondo vada male solo per colpa nostra; toccano nel profondo il nostro fragile equilibrio di esseri umani, la nostra sensibilità.

Ci sentiamo costantemente IN COLPA per il solo fatto di stare in qualche modo alimentando con la maggior parte dei nostri comportamenti un mondo che sembra andare in una direzione totalmente sbagliata.

Ci sentiamo in colpa quando facciamo la spesa, ci sentiamo in colpa ad andare a lavorare, ci sentiamo in colpa di vivere in Italia e non in Ucraina, oggi.

Al posto di avere il solo ed esclusivo compito di informarci e renderci partecipi di ciò che sta succedendo intorno a noi, questo tsunami di voci che sentiamo finisce fatalmente per toccarci interiormente più del dovuto, influenzando la nostra quotidianità e talvolta intaccando quella fragile e precaria tranquillità di fondo, creando un effetto boomerang nella popolazione. L'odio si alimenta, l'insoddisfazione cresce. Le conseguenze possono essere nefaste.

Sorge quindi spontanea una domanda: è possibile continuare il sentiero dell'esistenza, nonostante tutto? Se sì, come fare?

Ignorando quello che accade nel mondo? Sbattendosene di tutto, facendosi gli affari popri?

No, la soluzione non è ignorare. Chi ignora e chi dimentica è complice.

Però c'è una cosa che può salvarci, che può continuare a farci alzare dal letto la mattina, che può farci continuare a vivere, malgrado tutto: la rabbia.

Io la rabbia me la immagino come una palla di fuoco dentro al mio stomaco, che ogni giorno alimento; non voglio che si spenga, la rabbia è ciò che mi tiene in vita.

Rabbia non è per forza sinonimo di odio.

Rabbia può declinarsi in tantissime sfaccettature: la rabbia talvolta è passione, forza, ideale, solidarietà, empatia, amore.

Continuare a condurre la propria esistenza in un periodo storico come questo, dove le certezze sono pressoché NULLE, è possibile.

Il fuoco che ognuno di noi ha dentro (tutt* ne abbiamo uno, ogni tanto va solo risvegliato o alimentato) è ciò che ci può dare la spinta per continuare, per dire la nostra, per fare qualcosa di vero in questo mondo falso e crudele.

Al posto di incassare notizie tutto il giorno a testa bassa e alimentare un senso di colpa che finirebbe per trasformarsi col tempo in qualche disturbo psicosomatico, ARRABBIAMOCI. Incazziamoci per le ingiustizie, urliamo che quello che sta succedendo è sbagliato, facciamolo in silenzio con le azioni, creiamo una catena che nessuno riuscirà a spezzare.

Canalizziamo questa rabbia in energia e agiamo per il nostro benessere, per quello di chi ci sta intorno e soprattutto per il benessere della Terra che ancora, più sofferente che mai, ci sta ospitando.

Molte cose non le possiamo controllare, sono fuori dalla nostra portata, non abbiamo in mano le redini del mondo intero; ma abbiamo in mano le redini del nostro mondo personale, che è altrettanto importante perché involontariamente influisce sul mondo e sui mondi degli altri.

PIANTAUNSEME: CALL 4 ALL Stanc* di assistere inerme al disboscamento di aree boschive e/o verdi urbane?

Triste di vedere immagini di foreste in fiamme, di camminare di fianco ad alberi morti caduti e campi sfruttati così tanto da essere diventati sterili?

Imparanoiat* di respirarti troppa CO2?

Bene, se ti rispecchi in una delle situazioni sopra citate, non puoi ignorare questa CALL 4 ALL e piantare anche tu un seme in terra!!!

Perché non provarci?

L'inizio di questa call voleva avere un tono quasi sarcastico, ma in qualche modo ho come l'impressione che non lo sia più di tanto... già, perché oggi è il 21 marzo, è la giornata mondiale delle foreste ed oggi più che mai SIAMO CHIAMATI a tenere vivo il verde che ci circonda, a far nascere nuove piante, a non incentivare la deforestazione per quanto possiamo, nel nostro piccolo.

Non è più una questione degli altri, della foresta amazzonica e basta, di qualche posto lontano sperduto di cui abbiamo solo visto una foto in tutta la nostra vita. No, oggi si parla ANCHE di noi, della nostra città, degli spazi che ci circondano; che, nonostante l'emergenza climatica e tutto l'universo di questioni che le gravita attorno, è VITTIMA del cemento, delle centrali per il teleriscaldamento in pieno centro, del taglio di tigli secolari soppiantati da miseri e troppo giovani alberi che, se non accuditi nella maniera corretta, finiranno per salutarci.

E' giunta l'ora (in realtà già da troppo tempo) di opporci al flusso di catastrofi colpose a cui assistiamo con una lotta che parte da sottoterra: una lotta lenta, ma viva; apparentemente invisibile, come i germogli appena prima spuntare dalla terra. In una parola sola: una lotta VERDE.

Stiamo assistendo a un lento declino del verde in senso lato, molte volte per il volere di qualcuno ai vertici, altre volte per catastrofi naturali, ecc.

Eppure le piante sono una delle poche salvezze certe che ci sono, senza stare a spiegarne il ruolo sulla Terra e i benefici che apportano all'aria, a noi, agli animali... tutte cose che già sappiamo.

Detto ciò, quindi, diventa di estrema importanza riequilibrare l'assetto di piante che ci circonda, che è sempre più esiguo.

Per sopperire alla scarsità di verde, piantiamoli noi i semi!

Facciamole crescere noi le piante, senza eccessive pretese, anche se non abbiamo il pollice verde; proviamo a propagare quelle che abbiamo già in casa o in giardino; tuteliamo nel nostro piccolo quelle selvatiche che osserviamo vicino a noi.

Non abbiamo bustine di semi in casa? Non abbiamo la possibilità di comprarne? Chiediamoli ai nostri parenti/amici/conoscenti. Qualcuno di loro, molto probabilmente, avrà qualche seme da donarci.

O semplicemente iniziamo a voler bene alle piante già esistenti.

La terra non ignora alcun seme.

Nell'era dell'urbanizzazione e del cemento, piantare un seme diventa un atto rivoluzionario!

Occupiamoci della terra che ci circonda, prendiamocene cura anche se nessuno ce lo chiede.

Ricordiamoci che noi, qui sulla Terra, siamo ospiti; prendercene cura è il minimo che possiamo fare.

...PRIMAVERANDO...

Anche quest'anno la sorella primavera è arrivata.

E si è fatta sentire, anzi più che altro vedere, con una luna rosso sangue che ne ha dettato l'inizio.

Chissà se la natura riesce a percepire le emozioni dell'umanità, se in qualche modo le nostre vibrazioni influiscono sull'universo o se vale solo il contrario.

I fiori stanno sbocciando, le piante che sembravano morte stanno rigettando; le prime gemme sugli alberi da frutto, alcuni addirittura i fiori.

Primavera, per l'appunto. Pochi altri termini che la descrivono.

Senza ombra di dubbio, è il periodo giusto per avvicinarsi al GROUNDING, se non l'abbiamo ancora fatto.

Beh, ma cos'è sto grounding?

C'è chi la definisce una disciplina, una pratica; secondo me non è nulla di così “alto” o complicato...grounding è semplicemente essere connessi, collegati con la terra. E' sentire la terra sotto i piedi, o l'erba o la pietra o la sabbia o l'acqua che sia. E' rendersi conto della natura che abbiamo intorno, sopra e sotto; è ascoltare il canto degli insetti, camminare verso rive sconosciute, accarezzare i massi ceduti della montagna. E' osservare un ghiacciaio, probabilmente mentre si scioglie, annusare un fiore o danzare con le api, mentre un po' cerchiamo di sfuggir loro via.

E' vedere un gregge pascolare e magari scambiare due parole col pastore.

Grounding è anche questo.

Connessione profonda. Ricordo ancestrale. Simbiosi con gli elementi.

Nulla di eccessivamente astratto.

Emozioni che potremmo provare anche solo tramite una passeggiata, magari da soli per connetterci meglio, in silenzio, lungo il fiume.

Tipo trovarci una spiaggetta di sassolini tutta nostra, toglierci le scarpe, canticchiare, guardare l'acqua e il suo flusso che vanno sempre avanti, non si fermano mai. Svuotare la mente, semplicemente ESSERE. Magari nemmeno farlo intenzionalmente.

Prima o poi un giorno ti capita, di fare grounding.

Inoltre, la primavera accentua questo sentimento di connessione: il fatto di vedere i fiori sbocciare, le piante riprendersi quella vita che gli era stata tolta durante l'inverno, i piccoli insetti volare di nuovo intorno a noi... è tutto molto d'aiuto per tornare a pensare che siamo parte di qualcosa.

L'aspirazione dovrebbe essere quella di trovarsi costantemente in fase di grounding; non perdere nemmeno un secondo di connessione con l'universo, godersi ogni momento, percependo anche il più piccolo filo d'erba come nostro fratello.

Certo rimane il fatto che abitando per esempio in città, questa connessione per forza di cose viene un pochino meno, anche solo per il fatto che dalla finestra non vediamo il verde del prato, ma il grigio della strada.

Quindi diventa necessario per la nostra salute psicofisica trovare dei momenti per “fare grounding”.

Dopo tutte queste premesse, capiamo quindi il motivo per cui il grounding ad oggi venga definito una “pratica”: perché dobbiamo trovare il tempo per farlo, perché non siamo più connessi notte e giorno con la natura, perché non la sentiamo, non la percepiamo più.

I nostri nonni un termine del genere se lo sognavano: loro erano costantemente in grounding. Anche al giorno d'oggi, esso rimane un termine coniato per noi topi di città.

Basta poco.

Basta guardare il cielo due o tre volte al giorno. Tipo la mattina, il pomeriggio e la notte. Ed osservare come cambia il mondo attorno a noi, come cambiano i rumori, i colori, come cambia il vento.

Basta togliersi le scarpe, qualche volta, meglio se su d'una spaggia di dune morbide o, chessò, su un prato d'erba e margherite, cercando di schivarle, tipo un gioco tra noi e noi.

Basta accarezzare il fiume, con lo sguardo o con le mani, a nostro piacimento, farsi trascinare la mente dalla corrente. Inseguire le rondini con gli occhi e con i pensieri.

This is grounding. This is spring.

APAGA LA TELE 10 brevi motivi per cui dovresti spegnere la TV (se non l'hai ancora fatto) Ricordo benissimo un concerto degli Arpaviejas a cui andammo qualche anno fa: si svolgeva in un centro sociale occupato vicino a Girona (Spagna) il cui nome era “APAGA LA TELE”. Inutile dire che come nome mi rimase impresso, ed infatti ho deciso di chiamare questo articolo nello stesso modo. Non a caso, però: infatti segue un elenco di ben dieci motivi per cui dovresti spegnere la tv, a meno che (spero) tu non l'abbia già fatto.

Se non fosse così, sei capitat* giust* giust* in questo articolo...!

1) “E' vero, l'hanno detto in TV”. Sfatiamo, una volta per tutte, il mito che “se l'hanno detto in TV è vero”: falso. O meglio: non è detto che una notizia che passa in TV sia per forza accaduta veramente; non è detto che le storie raccontate in quella sottospecie di reality di metà pomeriggio siano accadute realmente (…); non è detto che i telegiornali non siano manipolati (anzi, tutt'altro). Tutto ciò che passa nello schermo è frutto di uno studio mirato, con uno scopo specifico.

Di solito non conosciamo le fonti di ciò che viene detto in tv, e se le conosciamo sappiamo che sono fonti pagate per dire ciò che viene chiesto loro di dire. Una specie di cane che gira in tondo per prendersi la coda.

2) Stiamo assistendo da anni ad un esperimento di propaganda. Un cazzo di cubo di plastica appoggiato su un cazzo di soprammobile che ci dice quello che vuole, agli orari che vuole. Qualche stronzo ha deciso che alle 7 di mattina devo sapere gli aggiornamenti del mondo, alle 14 devo guardare i simpson e alle 21 Chi l'ha visto, giusto per farmi venire un po' d'ansia prima di andare a dormire. In tutto e per tutto un esperimento, che procede indiscusso da anni, che scandisce la vita di chi ancora è succube di questo STRUMENTO. 3) Stai arricchendo gente già ricca. Se ci pensi, di base, guardi programmi/canali/trasmissioni atte a far guadagnare principalmente gente che di soldi non ne ha proprio bisogno. Anche perché le tv o le radio alternative, tendenzialmente o non trovano spazio sul digitale terrestre o semplicemente preferiscono non farne parte e trovare canali alternativi su cui operare.

4) Pubblicità cancerogena. Su quasi tutti i canali, tra un programma e l'altro, viene propinata della pubblicità. Sui canali più gettonati, poi, questo fattore è ancora più incinsivo e manipolante. Senza che tu voglia e senza che tu te ne accorga, devi sorbirti minuti di pubblicità di cose che la maggior parte delle volte non ti interessano e che però, alla fine, inevitabilmente ti entrano in testa e anche se non vuoi farti condizionare, un minimo condizionano la tua esistenza. La ripetizione genera dogma; il dogma genera ordine.

5) Non hai scelta, sei succube delle sceltre altrui (o meglio del palinsesto). La parola “succube”, parlando di tv, si fa prorompente.

Sei succube della pubblicità, sei succube delle trasmissioni, sei succube degli argomenti che vengono proposti. Non stai scegliendo cosa guardare, non hai quindi una scelta ed un pensiero critico; ti adatti alle scelte di qualcun altro che, ricollegandoci al motivo sopra descritto, ha fatto quelle scelte per una propaganda/un profitto/un motivo ben preciso.

6) Col canone rai finanzi il governo e la propaganda. E' già da qualche anno ormai che il canone rai viene inserito in bolletta, per assicurarsi che tutti lo paghino (tranne chi ne è esente) e contrastare così l'evasione fiscale del suddetto. Di quei 9 euro al mese che ti vengono addebitati in bolletta ne finisce una parte nelle mani dello stato e una parte nelle mani della rai. Ti sei mai chiest* cosa stai quindi veramente pagando? Ne vale così tanto la pena? Perché non investirli in qualcosa di maggiormente costruttivo o comunque maggiormente interessante per te? Ne guadagneresti in cervello e salute!

7) La tv contribuisce all'elettrosmog di casa. Non ne è l'unico motivo e non ne è la causa principale, nel senso che l'elettrosmog è un danno causato da vari fattori messi insieme (vedi smartphone, pc, ecc); però anche la tv lo alimenta. Lo schermo, magari acceso per ore, genera smog elettromagnetico nel nostro ambiente; se per di più le trasmissioni che passano dalla tv non ci interessano nemmeno, inquiniamo noi stessi, la nostra casa e le persone o gli animali che vivono con noi inutilmente.

8) Guardare fuori dalla finestra è sicuramente più interessante: vuoi mettere guardare la luce vera che scaturisce dal cielo (sia esso azzurro o nuvolo) rispetto alla luce artificiale dello schermo? Vuoi mettere i suoni che puoi sentire aprendo la finestra (siano essi di macchine/treni/uccellini/insetti/vicini di casa) rispetto a quelle voci gracchianti e registrate che fuoriescono dalla tv? Vuoi mettere vedere il sorgere o il calare del sole, rispetto alle luci artificiali che illuminano una farsa (che oltretutto stai salatamente pagando)?

Almeno guardare fuori dalla finestra, per ora, è gratuito. E decisamente più intrigante.

8) Ci sono un sacco di film (o telefilm, ma me ne intendo di meno) indipendenti che non scoprirai mai guardando la tv. Parliamo di film autoprodotti o low budget, non sponsorizzati dalla tv mainstream, magari di regia e/o produzione straniera, magari che trattano di tematiche giovanili o insolite o “fastidiose” (ma decisamente interessanti).

9) Collegandoci al tema sopra descritto, esistono anche altre realtà che non siano per forza italiane o americane. In qualsiasi parte del mondo vengono sviluppate storie, video, film, poesie, copioni. Il mondo è più vasto di quello che pensiamo ed esistono molte più realtà di quelle che ci hanno fatto vedere e credere fino adesso.

Per citare un grande classico...

“Abre los ojos” Film consigliato in questo numero: “Salto al vacìo” / “Jumping into the void” (1995).

DO IT YOURSELF! Introduciamo la rubrica del fai da te, per divertirci, imparare cose nuove ed essere più consapevoli di cosa mangiamo e dei prodotti che utilizziamo.

In questo numero ci sarà una ricetta di un cosmetico fai da te, uno spunto sempre diy e una “spring recipe” (da magnà).

DEODORANTE LIQUIDO AL BICARBONATO Ho sempre odiato fortemente le profumazioni dei deodoranti commerciali; le ho sempre trovate di cattivo gusto. Quando mi è capitata tra le mani questa ricetta di un deodorante fai da te non ho resistito, l'ho provata subito. Da allora è diventato un must have e un “must do”.

Per questa ricetta è consigliabile iniziare facendone una piccola dose: essendo un deodorante privo di conservanti, non durerà in eterno.

Di seguito trovate le dosi per un flacone nebulizzatore da circa 150 ml.

Ingredienti: 100 gr acqua distillata 8-10 gr bicarbonato di sodio 20 gtt (gocce) totali di 3 oli essenziali a vostra scelta (i più indicati sono quelli agrumati, tipo il bergamotto o il lime, il rosmarino, la menta, l'eculipto, ecc. Certo dipende poi dal gusto personale) Procedimento: Igenizziamo il piano di lavoro, gli utensili, indossiamo i dispositivi di protezione individuali adeguati (guanti, occhialini, ecc.).

Prepariamo a portata di mano tutti gli ingredienti e gli utensili necessari e procediamo col versare inizialmente gli 8 gr di bicarbonato nei 100 gr di acqua distillata, mescolando; la soluzione dovrebbe risultare satura (cioè che a vista lascia dei residui sul fondo). Se così non fosse, procediamo versando altri 2 gr di bicarbonato nell'acqua e mescoliamo di nuovo. La soluzione non deve risultare limpida, ma leggermente torbida. Una volta pronta, trasferiamo la soluzione nel flacone nebulizzatore, aggiungiamo le 20 gtt degli oli essenziali prescelti, chiudiamo il flacone e agitiamo.

Il nostro deodorante al bicarbonato è pronto! (fonte: Cosmetici fatti in casa for dummies – Patrizia Garzena / Marina Tadiello – edizioni HOEPLI)

SACCHETTI DA REGALO FAI DA TE (riciclando le confezioni della pasta) Ogni volta che necessito di un sacchettino regalo per qualche occasione, mi trovo sempre in estrema difficoltà.

Non li acquisto mai ed ogni volta non so come ovviare al problema del “sacchetto regalo”.

Da questa problematica è nata una ricerca sul web per: - fabbricare dei sacchettini regalo fai da te; – cercare di limitare la mole dei rifiuti di plastica, che spesso e volentieri è costituita dalle confezioni vuote della pasta.

Di seguito quindi un procedimento a costo quasi zero per creare dei sacchetti regalo per le occasioni più disparate (e sbattetevene se chi riceve il regalo non apprezza!).

Occorrente: confezione di pasta (vuota naturalmente) della misura che preferite spago (o corda o filato colorato) abbastanza spesso forbici righello scotch trasparente pennarellino indelebile qualcosa di appuntito per creare due buchini (possono essere le forbici stesse, o un punteruolo, o una penna che non funziona più, ecc.)

Procedimento: Prepariamo tutto l'occorrente.

Prendiamo la confezione di pasta e appiattiamola sul piano di lavoro.

Misuriamo con il righello circa 4/5 cm dal bordo e segnamo con il pennarello indelebile i due punti (che potranno distare l'uno dall'altro sempre 5 cm circa o più, dipende dalla grandezza del sacchetto e dal nostro gusto) dove andremo a creare i buchi.

Una volta segnati i punti, armiamoci del nostro oggetto appuntito e con MOLTA attenzione andiamo a forare in corrispondenza dei segni.

Questa è la parte più delicata del processo, nella quale dobbiamo evitare in primis di farci male ed in secondo luogo di rovinare il sacchetto.

Una volta creati i buchi, prendiamo lo spago e tagliamo dei pezzi lunghi tanto quanto vogliamo creare i manici del sacchettino; teniamoci un pochino più abbondanti, perchè dovremo anche fare un nodo, che ci porterà via un pezzetto di spago.

Una volta pronto lo spago, prendiamo un pezzo alla volta e inseriamolo delicatamente nei fori creati (se facciamo molta fatica possiamo aiutarci con un ago da lana o un uncinetto), facendo poi un nodo per assicurarci che il manico non si sfili.

Fatta questa operazione da entrambi i lati, andiamo con un piccolo pezzetto di scotch ad assicurare il bordo del sacchetto (la parte delicata da assicurare ovviamente è quella in corrispondenza dei fori).

Il nostro sacchettino regalo è pronto! (fonte: video su Youtube “Riciclo pacchi di plastica della pasta – canale Mery Riciclarte)

SPRING RECIPE Una ricettina veloce, svuotafrigo, adatta anche a chi con gli impasti non ci sa molto fare...!

In questo numero vi propongo una torta salata dai colori e dal gusto decisamente primaverili. Solitamente la torta salata si prepara con la pasta sfoglia, che però non è un impasto molto semplice da realizzare, soprattutto se non siamo dei pro per quanto riguarda gli impasti. Perciò questa versione prevede l'utilizzo di una pasta tipo brisé, realizzata però senza burro e senza uova...proprio per chi fa parte del team “non ho mai in casa un cazzo”!

Iniziamo!

Ingredienti (per la pasta brisé): 250 gr di farina 100 gr di acqua 90 gr olio evo sale q.b.

Ingredienti (per il ripieno): cavolo cappuccio rosso o chiaro, in base al vostro gusto (un quarto o mezzo, dipende dalle dimensioni dello stesso) 2 carote 1 cipolla o porro o cipollotto avanzi vari che avete nel frigo (riso bollito, insalata, ecc.) cubetti di formaggio / ricotta / formaggio spalmabile (se ne avete a disposizione, ma non è indispensabile per la buona riuscita della torta) spezie a volontà pangrattato grana (facoltativo) Procedimento: Iniziamo con la pasta brisé. In una ciotola setacciamo la farina, uniamo il sale q.b. e aggiungiamo i liquidi (sia acqua che olio): iniziamo ad amalgamare gli ingredienti con un cucchiaio, poi procediamo ad impastare a mano. L'impasto si pronterà in fretta e risulterà molto morbido e oleoso.

Mettiamo in frigo a riposare.

Nel frattempo che l'impasto riposa, proseguiamo preparando il ripieno: in una padella capiente (tipo wok) uniamo la cipolla (o il porro) tagliata a mezze fette sottili e un giro d'olio e mettiamo sul fuoco a fiamma bassa, facendo attenzione a non far bruciare nulla. Intanto che la cipolla soffrigge, peliamo le carote, tagliamole a stick sottili non troppo corti e uniamole dopo qualche minuto in padella. Nel frattempo tagliamo il cavolo cappuccio a fettine, lo laviamo e lo buttiamo in padella. Diamo una mescolata per amalgamare tutti i componenti, aggiungiamo mezzo bicchiere di acqua (o brodo se preferiamo), copriamo e lasciamo stufare una decina di minuti. Trascorso il tempo, aggiungiamo le spezie, mescoliamo e spegniamo il fuoco.

Accendiamo il forno a 200 gradi.

Preleviamo l'impasto dal frigo e lo stendiamo a mano in una teglia rettangolare o tonda precedentemente oleata.

Ora possiamo decidere se tenere il ripieno di verdure così come l'abbiamo cotto, semplice, oppure se aggiungere ad esso dei cubetti di formaggio, della ricotta, avanzi vari, ecc.

Una volta pronto, versiamo il ripieno nella teglia, adagiandolo a livello sulla pasta brisé; poi, aiutandoci con una forchetta od una spatola, tiriamo giù i bordi della pasta, cercando di fissarli leggermente.

Spolveriamo con pangrattato e grana, per creare una crosticina croccante sulla superficie della nostra torta salata.

Quando il forno raggiunge la temperatura impostata, inforniamo la torta per almeno 35/40 min. Il tempo di cottura dipende sempre dal tipo di forno e dalle sue caratteristiche, quindi cerchiamo di tenere monitorata la torta salata in questo lasso di tempo.

Una volta cotta, la sforniamo.

La serviremo tiepida per assoporare al meglio i sapori primaverili che la caratterizzano.

Buon appetito!