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Conosciuto sulle più antiche carte con il toponimo Renda1, il centro storico, che si trova adagiato in collina, tra i fiumi Surdo ed Emoli, subì numerosi cambiamenti dovuti ai sismi del 1184, 1509, 1569, 1626, 1638, 1783, 1824, 1832, 1835, 1836, 1854, 1870, 1887 e 1905. Grazie alle sue difese naturali non fu mai del tutto fortificato, ma venne costruita una semplice cinta muraria, spesso consistente nel solo sistema di costruzione delle abitazioni stesse, intervallate da bastioni e porte. Posta sul punto più alto, simbolo di potere, trovò posto la fortezza. Rende, così come tanti altri paesi dell’Italia Meridionale, fu incastellata intorno all’XI secolo dai Normanni, ma di tale influenza non resta, purtroppo, traccia alcuna nelle architetture. Durante il periodo normanno la città fu ceduta da Roberto il Guiscardo al vescovo-conte di Cosenza, che godeva dell’infeudamento della contea di San Lucido comprendente San Fili, Rende e Mendicino. Successivamente, nel 1093, l’infeudamento venne confermato da Ruggero all’arcivescovo Arnolfo e, nel 1220, le terre passarono al conte Riccardo Salernitano, che più volte ebbe liti con il vescovo di Cosenza per il loro dominio. Il 7 ottobre 1254, il papa Innocenzo IV, confermò a Pietro Ruffo la donazione dei castelli e delle terre di Renda, fattagli dall’Imperatore Federico II di Svevia e da suo figlio Corrado. Le stesse terre vennero confermate ancora con una bolla papale di Clemente IV datata 8 giugno 1268. Rende rimase sotto la giurisdizione del vescovo di Cosenza fino alla fine del XIV secolo ma il dominio non fu continuo: durante
la dominazione angioina, nel 1268, il vescovo Tommaso da Lentini entrò in conflitto con Carlo d’Angiò che, dieci anni dopo, attaccò il feudo di Rende occupato dall’arcivescovo Pietro. Da questo periodo in poi molti feudatari si alternarono nella contea; sono da ricordare le famiglie Ruffo, Scaglione, della Noce e Adorno di Genova2. La contea di Rende comprendeva allora i territori di Arcavacata, Domanico, Mendicino, Carolei, Fiumefreddo, Marano, Falconara e anche San Fili, per un certo periodo e prima di essere catalogata come terra a parte. Nel 1531, il feudo venne elevato da Carlo V alla dignità di marchesato ed affidato a Hernando d’Alarçon della Valle, governatore di Cosenza3. Nel corso del XVII secolo Rende fu investita da gravi calamità naturali: il sisma del 1638, l’invasione dei bruchi nel 1660, una gelata che paralizzò l’economia allora basata esclusivamente sull’agricoltura, oltre a due pestilenze, nel 1656 e 1667. Nel corso del XVIII secolo si assistette in città ad una ripresa delle attività manifatturiere con, al primo posto, la produzione serica. Fu così fondata la società dei maestri trattori della seta, che mantenne buoni rapporti con Cosenza. In un contratto il sig. D. Bernardino Marigliano di Rende, appaltatore della seta della
Fig. 1. Rende, Panorama visto da Levante (cartolina, primi anni del XX sec.). Isca sullo Jonio, Collezione Marziale Mirarchi.
1 Per una bibliografia su Rende vedi: Fedele Fonte, Rende nella sua cronistoria, Frama, Chiaravalle Centrale, 1976; Gerardo Giraldi, Le Chiese di Rende, Tip. De Rose, 1985; Lunetto Vercillo, Due manoscritti autografi e un opera a stampa sulla storia di Rende, Orizzonti Meridionali, 1997; Amedeo Miceli di Serradileo, Francesco Sforza nell’assedio di Rende nel 1442, in “Archivio Storico per la Calabria e la Lucania”, 1999; Giuseppina De Marco, Osservazioni e documenti sull’architettura barocca nel territorio cosentino: Francesco Belmonte capomastro muratore e Raffaele De Bartolo Regio Ingegnere, in “Quaderni del Dipartimento Patrimonio Architettonico e Urbanistico” Università di Reggio Calabria, 2001, n. 21-22. pp. 93-106; Francesco Salerno, Rende, in “Atlante del Barocco in Italia: Calabria”, a cura di Rosa Maria Cagliostro, Roma, 2002; Francesco Salerno, Rende, in “Calabria Letteraria”, n. 1 – 2 - 3, 2003; Lunetto Vercillo, Rende nel Seicento, a cura di Valdo Vercillo, in fase di pubblicazione. 2 Amedeo Miceli di Serradileo, I Conti di Rende in Calabria durante il Regno di Alfonso I d’Aragona (1440-1494), in “Historica”, 1974, passim.
marchesa Emanuella Alarçon y Mendoza, assegnò a ventotto «Maestri trattori della seta e altrettanti discepoli di lavorare e traere tutta la seta, che si farà in questa suddetta terra di Rende a uso d’appalto subito, che saranno posti li follari, seu coculli, nel prossimo Febbraio anno mille settecento quaranta sei e detta seta debba essere di buona qualità e perfezione e lavorata a croce tonda»4. Le altre attività erano tutte connesse alla trasformazione dei prodotti agrari tra cui la spremitura delle olive e la molitura del grano. Uno dei tanti trappeti d’olive era situato fuori le mura, sotto la Porta dell’Amarella5, mentre uno dei tanti molini era il Molino dell’Emola6. Il XVIII secolo fu il periodo in cui maggiormente Rende si distinse per la realizzazione di opere artistiche e artigianali sia in campo religioso che in quello civile, influenzata dalla ventata culturale proveniente dalla capitale, Napoli. Estintasi la famiglia degli Alarçon, il marche-
sato passò al ramo dei Mendoza, che, mantenendo il nome Alarçon y Mendoza, ebbe il dominio su Rende fino all’eversione della feudalità, avvenuta il 2 agosto 1806. Successivamente i beni burgensatici vennero liquidati da donna Angelica Alarçon y Mendoza e rilevati in gran parte dalle famiglie Magdalone e Zagarese7. I Rendesi dopo l’Unità d’Italia non vollero seguire le sorti di altre città del meridione ma cercarono di sfruttare al meglio le risorse del proprio territorio, nonostante la forte emigrazione, riuscendo in seguito, seppure con difficoltà, ad affermarsi come città guida del comprensorio. La parte più antica del paese, che si sviluppa in collina, presenta i segni tipici del borgo medioevale: dal palazzo feudale, sorto sul colle Vaglio, si estende lungo la via chiesa fino alla parrocchiale per poi proseguire lungo Santa Chiara, risalire per la Giudeca o la parallela PaA. Porta di Cosenza B. Porta dell’Amarella C. Porta di Marano D. Punta dei Vercilli E. Il Paramuro G. La Giudeca 1. Castello 2. Chiesa Matrice 3. Chiesa di S. Maria di Costantinopoli 4. Chiesa del Ritiro 5. Chiesa del Rosario (antica piazza del Seggio) 6. Chiesa di S. Francesco di Paola
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Storia
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Francesco Salerno
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E 7. Palazzo Zagarese (Museo Civico) 8. Palazzo Vitari (Sez. Arte Contemporanea) 9. Palazzo Pastore 10. Palazzo Vercillo 11. Palazzo Bruno, già Pastore 12. Palazzo Zagarese 13. Palazzo Vanni 14. Palazzo Basile
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RENDE E LE SUE CHIESE NEI DOCUMENTI D’ARCHIVIO
Fig. 2. Planimetria del centro storico di Rende.
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