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SCAVI BASTIONE SANTA CATDERINA CAGLIARI
diversi, quali ad esempio una fibbia decorata di tipo bizantino, sembrerebbero confortare una datazione del contesto di riempimento dell’ambiente ipogeo in un periodo abbastanza ristretto,compreso tra VIII e X secolo.
La scoperta appare quindi piuttosto interessante in quanto testimonia la presenza in Castello di un insediamento altomedievale, finora non altrimenti at-testato né in letteratura né archeologicamente. La quantità e la tipologia deireperti, che trova stringenti confronti a Roma e in Sicilia, suggeriscono inoltre l’importanza dell’abitato, aprendo a nuove e interessanti riflessioni sui ca-ratteri insediativi, le dinamiche commerciali e produttive che in questo periodo dovevano regnare nel Mediterraneo secondo un asse centro-meridionale.le dimensioni dell’area già indagata.
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La nuova campagna ha permesso sia di confermare quanto già emerso, sia di acquisire ulteriori dati riguardanti l’oc-cupazione del sito.Nelle precedenti indagini erano state rinvenute delle strutture murarie e dellecanalizzazioni che, a parte un muro in grossi blocchi con rivestimento in coc-ciopesto ipoteticamente databile in età punica o romana, vanno riferite allefasi in cui, a partire dal Medioevo, l’area era stata occupata da installazioni difensive con i relativi alloggi militari, nonché da un pozzo noto come Fontana Bona.
In questa campagna di scavo l’individuazione di muri e sistemazioni pavimentali realizzate con ciottoli e mattonelle in cotto, ha comprovato l’esistenzadi ambienti a impianto rettangolare particolarmente curati.
Sulla base del materiale ceramico e di quello numismatico rinvenuto in strati sigillatipossono datarsi tra il XVII e il XVIII secolo, a conferma delle notizie riportatenei documenti.
È stata inoltre messa in luce la prosecuzione di un ambiente sotterraneo già individuato nell’indagine precedente, permettendone la totale lettura (lungh.circa m 18, largh. sulla sommità circa m 1, al fondo m 4,20). Come già evidenziato, sembrerebbe trattarsi di una cisterna, di probabile impianto punico,con sezione trasversale “a bottiglia” che per affinità planimetriche e struttu-rali trova confronti con un grande cisternone ubicato presso Capo (segue pagina 20)
(segue dalla pagina 19)
S. Elia a Cagliari.
La struttura idrica, come già rilevato, venne però interessata in una seconda fase, collocabile in epoca romana, da una diversa destinazione d’uso, verosimilmente di tipo cultuale, che comportò degli interventi volti a modificarnel’icnografia.
L’ambiente ipogeo, a pianta longitudinale orientata in senso est-ovest, con l’estremità orientale absidata, si presenta infatti scandito da sette nicchie di grandi dimensioni con la sommità arcuata, di cui tre nel lato meridionale e quattro in quello opposto, oltre ad altre quattro più piccole, posizionate presso le estremità est e ovest.
La novità di questo scavo è stato il rinvenimento di due stanze a pianta rettangolare, una della quali profonda circa 3 metri e provvista sulla parete di fondo di una teoria di tre nicchie realizzate a basso rilievo, nonché di un tunnel d’accesso dotato di scalini scavati nella roccia collocato nell’estremità ovest.
In questa fase venne inoltre riutilizzata come ulteriore stanza una piccola cisterna, posizionata nel limite sud-occidentale, ora collegata all’ipogeo.
Successivamente venne inserito un basso tramezzo murario con andamento N-S e con apertura mediana, che ha diviso lo spazio interno dell’ipogeo in due settori, di cui quello occidentale più piccolo.
L’ambiente appariva colmato da strati di terra solo in parte compromessi in tempi recenti, tra cui si segnalano la US 304 (circa m 2 sotto il piano dellapiazza) e il suo taglio, US -292, una trincea moderna all’interno della quale si è recuperata, tra gli altri materiali, la base di un lampione dell’illuminazione pubblica ottocentesca.
Tale trincea è testimonianza dell’esito dei lavori di risistemazione della zona, successivi ai bombardamenti del 1943.
È comunque dalla quota di circa m 3,70 dal piano della piazza che il grande ambiente ipogeo appare riempito da strati antichi, assolutamente sigillati, privi di contaminazioni successive (US 324 e seguenti) e attribuibili alle fasi di abbandono, quando venne trasformato in discarica.
Il riempimento è caratterizzato da materiali collocabili in ambito altomedievale che rivestono un’importanza notevole per il valore documen- tario e la rarità nei contesti meridionali dell’Isola.
Si segnalano infatti, la produzione forum ware, quella della ceramica sovradipinta e quella delle anfore globulari.
La prima è presente in diverse varianti cromatiche e tipologiche e con un numero consistente di frammenti anche di notevole dimensione La ceramica sovradipinta si caratterizza per spartiti decorativi con bande, spirali,bolli, zigzag, nei colori bruno e rosso; infine le anfore mostrano spesso la superficie mossa da profonde solcature, a volte accompagnate da motivi incisi a onde e soprattutto da gruppi di lettere greche, talvolta in nesso graffite con tratto fine, a crudo, e disposte generalmente sulla spalla ma anche sulle anse.
.La presenza di forum ware e il suo accostamento alle produzioni sovradipintee alle anfore globulari, accanto a materiali diversi, quali ad esempio una fibbiadecorata di tipo bizantino, sembrerebbero confortare una datazione del con-testo di riempimento dell’ambiente ipogeo in un periodo abbastanza ristretto,compreso tra VIII e X secolo.
La scoperta appare quindi piuttosto interessante in quan- to testimonia la pre-senza in Castello di un insediamento altomedievale, finora non altrimenti at-testato né in letteratura né archeologicamente. La quantità e la tipologia deireperti, che trova stringenti confronti a Roma e in Sicilia, suggeriscono inoltre l’importanza dell’abitato, aprendo a nuove e interessanti riflessioni sui ca-ratteri insediativi, le dinamiche commerciali e produttive che in questo perio-do dovevano regnare nel Mediterraneo secondo un asse centro-meridionale., Associazione analoga è stata messa in luce a Cagliari in località Bonaria, dove in un butto altomedievale pochi frammenti di forum ware sono stati rinvenuti insieme ad anfore globulari con iscrizioni greche in nesso a frammenti di ceramica sovradipinta (Mureddu, 2002 pp. 237-241).
Altri ritrovamenti di forum ware sono statieffettuati a Cagliari nell’ex albergo “La Scala di Ferro”, il cui studio è stato oggettodi una tesi di laurea (Soro, 2009-2010).
Si sottolinea che l’attenzione a questa classeè relativamente recente.
Non si esclude pertanto che in alcuni contesti non sia statariconosciuta..
La nuova campagna ha permesso sia di confermare quanto già emerso, sia di acquisire ulteriori dati riguardanti l’occupazione del sito.
Nelle precedenti indagini erano state rinvenute delle strutture murarie e delle canalizzazioni che, a parte un muro in grossi blocchi con rivestimento in coccio pesto ipoteticamente databile in età punica o romana, vanno riferite alle fasi in cui, a partire dal Medioevo, l’area era stata occupata da installazioni difensive con i relativi alloggi militari, nonché da un pozzo noto come Fontana Bona.
Donatella Mureddu https://www.academia. edu/18319554/
CAGLIARI. INDAGINI ARCHEOLOGICHE PRESSO
IL BASTIONE DI SANTA CATERINA.CAMPAGNA 2012-2013
Convegno di Studi
Cagliari, Dipartimento di Storia, Beni culturali e Territorio Cittadella dei MuseiAula Roberto Coroneo 17-19 ottobre 2012 a cura di Rossana Martorellicon la collaborazione di Silvia Marin
EEra il lontano 1996 ed io ero una quasi diciottenne. Insieme ad alcuni dei miei più cari compagni di scuola, venimmo a conoscenza di una grande festa organizzata nel quartiere di Castello per commemorare Sa Die. Si trattava di un evento piuttosto articolato e, con l’entusiasmo di quell’età e la felicità di avere un’occasione per curiosare ed unirci alla festa, ci mettemmo d’accordo per incontrarci.

Poche erano allora a Cagliari le occasioni dove ci si poteva unire ad un flusso che sapeva di festa. C’era la fiera Natale ed il Matherland a dicembre; la fiera campionaria tra fine aprile e maggio, dove passavo un’intera giornata a curiosare, tra i padiglioni di artigianato estero, l’area dei giochi e l’angolo dei peruviani, ad ascoltare per un tempo infinito la loro musica.
Immancabile poi il 1° Maggio, che univa la festa del lavoro a quella di Sant’Efisio. I miei genitori lavoravano quasi sempre anche durante i festivi; perciò, da bambina mi alzavo molto presto e mi accontentavo di girare l’angolo della mia via per vedere le tracas provenienti dai paesi vicini e dirette verso il cuore della sfilata.
In genere portavo a casa i fiori di cui i componenti dei carri mi facevano dono insieme ai loro sorrisi.
Un po’ più grande, quando potevo uscire con gli amici, si andava a piedi fino al Largo Carlo Felice, si girava tra la folla, si faceva tappa per mangiare un gelato o un panino. La sera poi ci si univa alla festa in piazza del Carmine.
Venne poi quell’anno, il ’96, che ricordo come tra i più belli della mia vita.
L’aria già tiepida di primavera, l’abbigliamento più leggero, l’ora legale e la luce fino a tardi, l’anno scolastico che si avviava al termine e un orizzonte di vacanze. E quella curiosa novità:
Sa Die de sa Sardigna. Ricordo che arrivammo da viale Buoncammino, per fare in modo di entrare in Castello dalla parte di Porta Cristina.
E già da quel primo passaggio, capimmo di trovarci non già ad una banale festa con le bancarelle ed un po’ di musica, ma ad una gigantesca ricostruzione storica in chiave teatrale. Ci accolse un gigantesco fuoco, alla stregua di quelli fatti nei paesi per Sant’Antonio, ogni 17 gennaio.
Erano state allestite più aree sceniche dove venivano riproposti i fatti realmente accaduti in quel 28 aprile del 1794.
Attori professionisti, un grandissimo numero di comparse, il pubblico inconsapevolmente “attore” anch’esso nell’interpretare la folla assiepata tra gli stretti vicoli di Castello in quella che è stata definita come la giornata dell’emozione.
In un attimo fummo risucchiati dal fiume di persone e circondati da teatranti vestiti con abiti di fine Settecento. C’erano gli armigeri, che sparavano sui popolani che avanzavano inferociti verso il palazzo viceregio.
C’era il viceré, in abiti sontuosi ed eleganti, affacciato al balcone che parlava di “sardignoli”, e faceva esplodere ancora più la rabbia dei rivoltosi.
Era tutto molto affascinante e, quando ebbi modo di rifletterci a mente fredda, mi resi conto che di quei fatti reali trasposti in versione teatrale non sapevo nulla.
Per me e credo per la maggior parte dei presenti, quella era semplicemente la cacciata dei piemontesi. E anche solo questa semplice definizione bastava a molti per battersi il petto con orgoglio, secondo quella tipica reazione di fierezza spontanea, che si innesca a prescindere e che non poggia su basi solide, ma è determinata dal famoso stereotipo dell’orgoglio sardo. Insomma, per farla breve, un pezzo di storia che resta in superficie ed inorgoglisce più o meno alla stessa stregua di una vittoria del