Vdg luglio 2013

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questo punto i robusti tonnaroti li arpionano uno dopo l’altro e con un colpo di reni li sollevano ancora guizzanti di vita scaraventandoli a bordo dei barconi. Queste scene si svolgono in un’atmosfera intensa, liturgica quasi, al ritmico canto corale dei tonnaroti che invocano la Madonna e i Santi perché la cattura sia, ancora una volta, copiosa. Immagini che appartengono a un’usanza antichissima, ormai parte di un passato che non tornerà più. Oggi, in Sicilia come altrove, le vecchie tonnare, da parecchi anni ormai, sono in disarmo, dopo l’introduzione di nuove tecniche di pesca dai metodi più moderni.Ai tempi che furono, grazie all’abbondanza di esemplari nel Tirreno, ai costi contenuti sul mercato e alla saporosa bontà delle loro carni –­ specie quando condite con spezie e aromi – quella dei tonni veniva considerata la “carne dei poveri”. La popolarità del loro commercio in antichità è testimoniata, ad esempio, dal cratere a figure rosse proveniente dalle isole Eolie e risalente al IV secolo a.C. che attualmente è custodito nella collezione archeologica del Museo Mandralisca di Cefalù: questo vaso è famoso perché raffigura un venditore di tonni nell’atto di tagliare un trancio dal pesce, già decapitato, che giace sul suo panchetto del mercato mentre un cliente, davanti a lui, sembra mercanteggiare sul prezzo. Una scena per altro affatto insolita, ancora oggi, nei mercati siciliani del pesce.

Tonnare dimenticate C’è un aspetto particolare assunto dall’industria delle tonnare con l’introduzione del sistema politico-economico della Feudalità in Sicilia a partire dall’XI-XII secolo d.C.: in genere, infatti, siamo abituati a immaginare un feudo in un contesto paesaggistico tipicamente agricolo, ma nel Medioevo siciliano esistevano molti feudi costieri e marittimi, incentrati proprio sulla redditività economica del tonno. Oggi, delle numerose tonnare che un tempo erano ubicate lungo la costa tirrenica dell’isoluglio 2013

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