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foto di Elisa Varisco

In apertura, alle origini della polenta: pannocchia e farina di mais. A destra, un succulento piatto di polenta uncia comasca, preparata con burro, formaggio semigrasso, salvia e aglio

Come tradizione vuole Per secoli la polenta è stato l’alimento dei ceti sociali meno abbienti. Legata al debellamento dell’atavica fame durante il periodo carnevalesco è per esempio la festa che coinvolge il borgo di Tossignano, sull’Appennino bolognese. Un legato del 1622 prevede infatti che l’ultimo giorno di carnevale venga offerta gratuitamente a tutti, paesani e forestieri, abbondante polenta condita con salsiccia e formaggio. In una delle più significative scene del film L’Albero degli zoccoli di Ermanno Olmi viene rappresentata la più classica delle ricette, la polenta e picö sö: i contadini della pianura padana del primo Novecento intenti a strofinare fette di polenta su una aringa affumicata o su una fetta di cotechino per impregnarla della fragranza senza consumarne la ricchezza. E proprio come in pianura padana il connubio naturale tra polenta e carne avviene per il tramite del suino, aggiungendo durante la preparazione della polenta i ciccioli come nel Piacentino e nel Mantovano, la variante sarda e laziale prevede che si arricchisca con salsiccia o guanciale, costolette, formaggio pecorino, verdure e ortaggi (questi ultimi nella versione isolana). Quanta popolare, anzi signorile, virtù in un pezzo di polenta!

Bianca, uncia, concia o taragna? In verità il puls, da cui polenta, era il cibo nazionale dei Latini, che utilizzavano farina di farro o, meno frequentemente fave o miglio, prima che fosse servito a profusione nei triclini il pane intorno al II secolo prima di Cristo. Ai giorni nostri, per definizione la polenta è quella preparata con farina di granoturco benché non manchino variazioni sul tema come quella di castagne (assai comune in Garfagnana ma ancora presente anche in Valcamonica) o di grano saraceno (presente in Valtellina e in alta Val Tanaro). Nel paese della diversificazione alimentare esiste però una moltitudine di polente che si possono qualifica-

febbraio 2013

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