Selezione di Sapori | 2023 04

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VIAGGIO IN VAL DI FASSA

Novità: daI pecorini sardi di Otto Passi alle confetture di Macedonia dell’Orto Racconti da Valsana: si è conclusa la Masterclass 2023 di Alte Imprese

IL MAGAZINE DI VALSANA NUMERO IV ANNO 2023

EDITORIALE

Viaggi, abbinamenti, food cost, difetti, storia dei piatti, ricette, itinerari gastronomici, corsi di formazione, analisi sensoriale, interviste, visite ai produttori, nuovi prodotti.

Qualcuno lo chiama “giornalino”, qualcun altro “catalogo”. Per noi è il nostro Magazine. Ogni numero è un progetto a sè, che richiede tanto impegno, tra shooting da organizzare, visite, interviste, articoli da scrivere e poi da impaginare tra una telefonata e l’altra, produttori da rincorrere per la revisione. Non è solo uno strumento per presentarvi il nostro assortimento o le novità di prodotto, ma un modo per raccontarvi chi siamo, quali sono i valori che ci muovono nella scelta dei prodotti e nella relazione con i produttori, con quell’approccio alla gastronomia multisfaccettato che ci piace così tanto.

Siamo particolarmente soddisfatti di quest’ultima uscita, davvero ricca di proposte e di contenuti, a partire dalle novità. Con due produttori che entrano ex novo nella nostra scuderia: Ottopassi, azienda agricola sarda che trasforma solo il latte delle proprie pecore, e Macedonia dell’Orto, due ragazzi veneziani che hanno avviato una piccola azienda di conserve alimentari. Ma anche con alcuni progetti che vanno finalmente in porto dopo mesi di gestazione: quello dedicato alla gastronomia pronta di Marcolin, il Puzzone di Moena del Caseificio Catinaccio e la Pala Unica Bio di Forno Follador. Ma le novità non finiscono qui...

Messa da parte la leggerezza dell’estate ci prepariamo ad affrontare super carichi l’ultimo quadrimestre, quello più impegnativo ma forse anche più stimolante dell’anno.

Martina Iseppon

SELEZIONE DI SAPORI: Il magazine di Valsana

Team editoriale: Giorgia Barbaresco, Giulia Bassetto, Giulia Basso, Vittorio Castellani, Giacomo Chinellato, Elisa Cibien, Alessandro De Conto, Enrico De Conto, Matteo De Santi, Gianluca Di Lello, Danilo Gasparini, Martina Iseppon, Francesca Marini, Anna Maria Pellegrino, Desideria Scilla

Direttore: Giulia Basso

In copertina: Filippo Rasom di Caseificio Catinaccio

Editore:

Valsana srl

Via degli Olmi, 16 Godega di Sant’Urbano Treviso

Registrazione

Tribunale di Treviso

n. 2422 del 28/04/2017

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Buona lettura e buon lavoro!

NUMERO IV 2023

Viaggio in Val di Fassa · Latte crudo e crosta lavata

Novità a catalogo · Gastronomia Marcolin · Pala Unica Bio

Novità a catalogo · Questione di Passi · Da Nord a Sud

Novità a catalogo · Agricola Fratepietro · Macedonia dell’Orto

La Voce della Qualità · Pregio oppure difetto?

16 Racconti da Valsana · Alte Imprese: Masteclass 2023

Abbinamenti di stagione · Barbabietola rossa

Dietro al banco · Plateau di formaggi

Analisi sensoriale · Pecorini del Mediterraneo

L’Internazionale · Raclette IGP

I Sommelier · Abbinate filate

Itinerari gastronomici · Istanbul delights

In-formazione · Pane, burro e zucchero

A conti fatti · Le vongole galiziane

Prodotto dimenticato · Gulasch Bernardi

L’Italia è servita · Il Cannolo Siciliano

Ingredienti in viaggio · Non sono una sardina

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SOMMARIO
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LATTE CRUDO E crosta lavata

6 minuti di lettura

VIAGGIO IN VAL DI FASSA

VIGO DI FASSA, 1600 METRI DI ALTITUDINE : UNA STALLA, UN PICCOLO CASEIFICIO, UN AGRITURISMO INCANTEVOLE. TECNOLOGIA E TRADIZIONE, IMPRENDITORIALITÀ

E BENESSERE ANIMALE, PROGETTUALITÀ E RISPETTO PER L'AMBIENTE: SONO QUESTI

GLI INGREDIENTI CHE CI HANNO FATTO INNAMORARE DEL CASEIFICIO CATINACCIO

Martina Iseppon

Responsabile Marketing

PUZZONE DI MOENA DOP

Formaggio DOP a pasta semicotta, crosta lavata e latte crudo, stagionato almeno 100 giorni. Delizioso con la polenta o con le patate. Ideale anche nei canederli o negli gnocchi

cod 31158 · peso 12 kg circa

40 anni, una compagna, due figli e tanti progetti. Non sogni vaghi, ma progetti concreti, che uno per volta sta mettendo a terra. Perchè Filippo Rasom ha le idee chiare, questa è stata la prima sensazione che abbiamo avuto quando lo abbiamo incontrato. Determinato, attento, brillante nel saper cogliere le sollecitazioni del mercato. Abbiamo iniziato a lavorare assieme solo da un anno, ma il percorso che abbiamo fatto è già molto interessante. E non solo perchè il Laurin è un formaggio "ruffiano" - latte crudo, pasta fondente, crosta lavata - che risponde a una richiesta precisa del nostro mercato, ma anche per la capacità di Filippo di mettersi in gioco, di sistemare la documentazione, il packaging, la logistica, per far fronte alle esigenze di un canale diverso da quello a cui era abituato. Lavorare con Valsana - i nostri produttori lo sanno bene - comporta un sacco di "fastidi", tra moduli da compilare, controlli documentali e di prodotto, requisiti da rispettare.

Filippo ha deciso di fondare la sua azienda appena concluso gli studi: già il nonno aveva la stalla ma nella successione è andata allo zio. Filippo ha ereditato alcuni terreni, tra cui quello dove oggi si trovano la stalla, il caseificio e l'agriturismo. "C’erano solo prati - raccontama non ci siamo scoraggiati: nel 2006 abbiamo presentato il progetto e nel 2008 abbiamo realizzato la stalla e il fienile e comprato le prime 18 vacche. Abbiamo iniziato a vendere il latte ma già sapevamo che per stare in piedi avremmo dovuto diversificare l'attività. Così nel 2014 abbiamo realizzato l'agriturismo, di cui si occupa Elisa, mia moglie".

L'Agritur Majon da Mont è una coccola: nove camere curate nei dettagli, una sala colazione con una vetrata meravigliosa che affaccia sulla vallata di fronte, un menù semplice, con pochi piatti, ma capaci di raccontare il territorio.

"Nel 2017 ho iniziato a trasformare il mio latte in un caseificio esterno, poi nel 2019 abbiamo realizzato un ampliamento della stalla e finalmente nel 2021 abbiamo potuto realizzare il nostro caseificio e iniziare a trasformare il latte direttamente in azienda. Oggi oltre al nostro latte lavoriamo anche quello di un'altra piccola azienda zootecnica fassana, socia del Caseificio Catinaccio: l'Azienda Agricola Weiss, con 25 Pezzate Rosse in lattazione in stalla a stabulazione fissa e pascolo estivo. Anche la famiglia Tamion oltre alla stalla gestisce un agritur: Luigi e Monica si occupano della fattoria, le figlie Nicole e Sabrina dell'ospitalità".

Il Caseificio Catinaccio è un piccolo locale con vista sulla stalla: il latte viene raccolto con un robot di mungitura, un investimento realizzato grazie al progetto Industria 4.0. Una scelta

Una filiera cortissima: 30 Pezzate Rosse alimentate a fieno ed erba fresca in estate, il caseificio annesso alla stalla, latte

ma latte-innesto VALSANA 04
crudo, nessun fermento

che va nella direzione del benessere animale: le vacche vanno a farsi mungere in base alle loro esigenze e questo previene mastiti e lo stress legato all'attesa della mungitura. Ma l'uso del robot di mungitura permette anche all'allevatore di monitorare in tempo reale la salute degli animali, attraverso dei parametri raccolti sia sull'animale che sul latte, e di avere più tempo da dedicare alla gestione della stalla e del caseificio. "Scegliere di utilizzare la tecnologia implica la necessità di specializzare il personale: se mi devo allontanare devo avere una persona in grado di sapere esattamente come funziona il robot e la sua app. Fa sorridere pensare che tanti allevatori ci hanno criticato perchè questo non è il sistema tradizionale di mungitura, ma personalmente credo che la tecnologia possa essere un grande aiuto: il legame con il territorio e con la tradizione è dato dall'erba che ogni giorno mangiano le nostre vacche, dalla lavorazione a latte crudo, dal latte innesto, dall'ambiente di stagionatura, non

certo dal sistema di mungitura, che ci permette invece di recuperare un bel po' di tempo".

Filippo si alza alle quattro per gestire la stalla, ma dopo riesce a prendersi un po' di spazio per se stesso, per andare un'oretta a sciare d'inverno ad esempio, una delle sue passioni. O per accompagnare alle gare Sofia, che fa sci agonismo, oppure a scuola Martin - la piccola peste di casa. "È importante riuscire a ritagliarsi un po' di tempo per fare qualcos'altro, anche un viaggio - quest'anno andremo qualche giorno negli Stati Uniti - per uscire dal proprio contesto, vedere altre realtà, portarsi a casa qualche nuova idea" - aggiunge Elisa. E infatti non è finita qui: sono iniziati da poco i lavori per l'impianto di biogas - il primo in Val di Fassa - con l'obiettivo di diventare autonomi dal punto di vista energetico, e con la consapevolezza che il digestore di biogas ha anche altri due vantaggi: trasforma i reflui della stalla in azoto organico che non danneggia il manto erboso ed elimina il 90% dell’odore.

Stalla, caseificio e agritur: tre attività complementari, gestite dalla famiglia Rasom. Filippo si occupa della stalla, mentre in caseificio lavora Daniel, il casaro. L'agritur è gestito da Elisa, moglie di Filippo, con una signora che l'aiuta in cucina

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Andiamo in stalla: la prima cosa che notiamo è il profumo del fieno, già un primo indicatore sia del livello di igiene che del tipo di alimentazione delle bovine. Filippo ci rimprovera: "chiudete la porta altrimenti le ragazze prendono freddo". Le sue ragazze sono una trentina di bovine di razza Pezzata Rossa, una razza a duplice attitudine piuttosto rustica e docile. Filippo le chiama per nome e le riconosce una per una: ci presenta la più anziana del gruppo, Helene, mantello scuro e 13 anni compiuti, un altro indicatore che gli animali stanno bene.

La stalla, a stabulazione libera, ospita 35 cuccette di materassini e paglia dedicate alle vacche da latte: in azienda oggi ci sono 30 vacche in lattazione oltre a una ventina di manze. Vitelle, manzette e vacche in asciutta stanno al pascolo nella stagione estiva, mentre le vacche in lattazione vivono in stalla. "L'azienda non ha abbastanza pascoli intorno alla stalla per poter

far uscire le bovine in lattazione. Intorno alla stalla pascolano solo le manze, ma solo quelle con più di un anno di età perchè qui intorno sono stati contati ben 40 lupi.

Oltre agli 8 ettari di pascolo, abbiamo 38 ettari di prati di montagna tra i 1350 a 1800 metri s.l.m. che vengono sfalciati per produrre fieno di qualità: pre-essiccato in campo e finito di essiccare sfuso nel fienile sopra la stalla, secondo un metodo tradizionale trentino. Le vacche hanno il fieno sempre a disposizione, erba fresca in mangiatoia a giugno e luglio, e ricevono un'integrazione a base di mangime: in media mangiano 20-30 kg al giorno di fieno ed erba medica comprata localmente, 6-7 kg di granaglie (orzo,

soia e mais) distribuite nella giornata per evitare acidosi, nessun tipo di insilato.

8 ettari di pascolo, 38 ettari di prati tra 1350 e 1800 metri, 20-30 kg di fieno ed erba medica al giorno, 6-7 kg di granaglie, nessun insilato

In azienda gestiamo anche la rimonta interna, con fecondazione artificiale, nel rispetto dei tempi naturali degli animali: ad esempio se una vacca non va in calore non viene forzata ma si aspetta. Due mesi prima del parto le vacche in asciutta vengono mandate "in vacanza", in alpeggio. I vitellini vengono separati subito dalla mamma ma vengono alimentati per 10 giorni con il latte materno, poi per 2 mesi con il latte della stalla e successivamente con fieno e mangime.

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VIAGGIO IN VAL DI FASSA

Mentre stiamo visitando la stalla ci accorgiamo che Ernestina è entrata nel robot di mungitura. Scappiamo subito con la nostra fotografa per cercare di rubarle uno scatto. Il robot fa una prima pulizia dei capezzoli, si attacca da solo e inizia la mungitura. Approfittiamo per farci spiegare da Filippo come funziona e quali informazioni vengono raccolte, disponibili sia sul monitor della stazione di mungitura che via app. Il latte viene raccolto in automatico e stoccato nei tank refrigerati. La produzione media giornaliera è di circa 28 litri a capo, per un totale di 8-9 quintali di latte al giorno disponibili per la trasformazione. Oltre al latte della propria stalla Filippo lavora anche il latte dell'azienda agricola Weiss, che si trova a poche centinaia di metri distanza, sempre a Vigo di Fassa: circa 400 litri di latte al giorno ottenuti da una ventina di vacche, sempre Pezzate Rosse, allevate allo stesso modo. Scendiamo nelle celle di stagionatura, dove

troviamo il Laurin, che abbiamo imparato ad apprezzare negli ultimi mesi: un formaggio a latte crudo intero, con il 40-45% di grasso - soprattutto grassi saturi, omega 3 e omega 6 grazie al tipo di alimentazione delle vacche - e a pasta cruda, la temperatura di lavorazione non supera mai i 42°C. Durante la stagionatura di circa 60-70 giorni viene lavato settimanalmente in crosta solo con acqua calda.

Ma durante la nostra ultima visita da Filippo con un gruppo di clienti internazionali a metà giugno riceviamo anche due belle notizie. La prima: da qualche settimana Filippo ha iniziato a non usare più fermenti selezionati e ad autoprodursi il latte-innesto: una notizia che accogliamo con entusiasmo, un passo ulteriore per dare ancora più personalità al formaggio, legandolo al territorio, alla stalla, al contesto di produzione. La seconda: è finalmente pronta per essere aperta la prima forma di Puzzone di Moena DOP, prodotta

Reportage fotografico di Beatrice Mancini

il 3 marzo. La tagliamo assieme, con trepidazione: sono trascorsi i 90 giorni di stagionatura richiesti dal disciplinare, ma a nostro avviso ha bisogno di maturare ancora un po', anche se la base è molto interessante. Abbiamo tormentato Filippo per settimane per incoraggiarlo in questo progetto, ci accordiamo di fare qualche test aggiuntivo sulla stagionatura. Il suo Puzzone è quello che ci portiamo nella memoria, profumato, con un'occhiatura ben distribuita, non troppo umido in crosta, perfettamente riconoscibile. Una piccola produzione, al momento 12 forme a settimana, che siamo sicuri saprà distinguersi!

Incontrare ragazzi come Filippo, capaci di impegnarsi con visione e progettualità per portare avanti lavorazioni autentiche, ancorate al territorio di origine, è uno degli aspetti del nostro lavoro che più ci emoziona e ci dà speranza, per un'agricoltura consapevole, capace di conciliare imprenditorialità ed etica. Bravo Filippo!

VALSANA 07

MARCOLIN Gastronomia

4 minuti di lettura

NOVITÀ

NOVITÀ A CATALOGO

C’È SEMPRE QUALCOSA CHE BOLLE IN PENTOLA NELLE CUCINE DEI FRATELLI MARCOLIN, UNA NUOVA RICETTA, UN ABBINAMENTO INTERESSANTE, UN NUOVO MODO DI PRESERVARE NEL TEMPO L’INTEGRITÀ DI PREPARAZIONI TRADIZIONALI

Da mesi aspettavamo questo numero del magazine per potervi presentare gli ultimi prodotti nati in casa Marcolin; sin dal primo assaggio fatto la scorsa primavera siam stati conquistati dalla genuinità e dalla fragranza delle Polpette, dalla freschezza dell’Insalata di Pollo e dall’aromaticità della Caponata. Si tratta di prodotti freschi, conservati in ATM e senza utilizzo di conservanti, con una durata vita dai 15 ai 20 giorni a seconda della ricetta, ma che sembrano appena usciti dalla cucina.

INSALATA DI POLLO

Golosa preparazione a base di petto di pollo cotto e sfilacciato irregolarmente, carote, cipolle, sedano, peperoni e maionese Dolce e stuzzicante al tempo stesso, è una fantastica soluzione per un appetitoso antipasto. Ottima la consistenza della carne e delle verdure fresche sfilacciate, buono il bilanciamento con la maionese anche grazie a un impercettibile tocco di senape e curry Assenti i conservanti, il prodotto si conserva per almeno 15 giorni rigorosamente in catena

del freddo. Disponibile solo su prenotazione in due pratiche confezioni: 250 g (minimo 8 pezzi) e 1 kg (minimo 2 pezzi).

CAPONATA

La Sicilia è servita: piuttosto tradizionale l’approccio a questa preparazione. La presenza dell’uvetta, la salsa di pomodoro e ovviamente melanzane in abbondanza Completano il quadro le zucchine, i peperoni e l’olio di semi di girasole peraltro non eccessivo. Sapore dolcissimo e appagante, si distinguono bene i sapori dei singoli ingredienti, rispettati anche in termini di consistenza. Estremamente versatile, utilizzatela come antipasto, come contorno sia freddo che appena riscaldato. La scadenza alla produzione è pari a 20 giorni, una volta aperta è richiesta una rotazione veloce. Provatela, non vi deluderà!

POLPETTE DI BRASATO

Facciamo il primo passo nel vasto mondo delle polpette. Storicamente nate dal sano principio del “non si butta via niente” son diventate nei

INSALATA DI POLLO

Sfilacci di pollo, peperoni e verdure in una salsa delicata a base di maionese, senape e curry

95885 da 1 kg · 95886 da 250 g almeno 13 gg shelflife

CAPONATA

Classica ricetta siciliana a base di melanzane, peperoni, zucchine, cipolla, pomodoro e uvetta

95888 da 1 kg · 95887 da 250 g

almeno 13 gg shelflife

Alessandro De Conto Responsabile Commerciale
SOLO SU PRENOTAZIONE SOLO SU PRENOTAZIONE

secoli un fantastico stuzzichino, oltre che un piatto “salva cena”. Protagoniste indiscusse dei nostri aperitivi, assumono forme , pesi e farciture svariate. Noi abbiamo scelto quelle di Stefano, Andrea e Chiara Marcolin, di forma schiacciata e irregolare, 60 grammi a pezzo. La produzione è totalmente artigianale, la formatura finale è manuale. La referenza più tradizionale è quella al brasato, di carne di maiale e di manzo. Immancabili tra gli ingredienti la mortadella, il prosciutto crudo, l’uovo e il formaggio Grana. Fritte in olio bollente, all’apertura dovreste rigenerarle in forno a 180°C per 4 minuti per preservare la croccantezza originaria, oppure in microonde per aver maggior velocità. Disponibili solo su prenotazione in vaschette da 10 pezzi, minimo d’ordine 2 vaschette.

POLPETTE DI BACCALA’ MANTECATO

Polpetta farcita con baccalà mantecato, prezzemolo e patate, di grande effetto al palato: croccante all’esterno, grazie a un sottile strato di pangrattato, e morbida all’interno, netta e ben distinta la dolcezza del baccalà mantecato, bilanciata la presenza della patata e la nota agliata finale. Lavorazione e frittura identiche alla versione descritta in precedenza.

POLPETTE DI VERDURE

Alternativa vegetariana, più leggera delle precedenti poiché il prodotto non viene fritto in olio, ma cotto al forno. La consistenza è morbida e il guscio all’esterno più leggero, il prodotto si rassoda con la rigenerazione in forno. In questo caso sconsigliamo l’utilizzo del microonde. Gli ingredienti sono sempre lavorati dal fresco; i principali: cipolle, carote, patate, melanzane, zucchine e la ricotta vaccina insieme al Grana Padano per dare la giusta consistenza.

PALA BIO

NOVITÀ Unica

UNA VERSIONE “MONO PORZIONE” DELLA TAVOLOZZA?

Non è del tutto corretto definirla una versione mono porzione della Tavolozza: le farine utilizzate e la lavorazione non sono esattamente le stesse. Pala Unica Bio viene prodotta con un mix di farine di grano tenero di tipo 0 e 1, mentre Tavolozza è realizzata con un mix di farine biologiche di grano tenero, farro, grano duro, segale, riso e avena. Ma la leggerezza dell’impasto, l’alveolatura, la croccantezza al morso abbinata alla sofficità della mollica che ritroviamo all’assaggio di Unica ci rimandano subito all’esperienza gustativa della cuginase non proprio sorella - maggiore.

UN PRODOTTO RICHIESTO DAL MERCATO

Quando abbiamo presentato Tavolozza lo scorso anno, fin da subito diversi clienti ci hanno chiesto una versione più piccola oppure a metà. Abbiamo “stalkerato” Antonio per diversi mesi, e Unica è la risposta a questa richiesta di servizio: una pala biologica di 20x30 centimetri, confezionata singolarmente in ATM, in box da 10 pezzi da 260 g ciascuno

I suggerimenti di utilizzo sono sempre gli stessi: tutte le focacce di Follador, essendo precotte, vanno rigenerate in forno già caldo a 240°C per 5-6 minuti e poi farcite a piacere.

PREMIO TRE PANI 2024 GAMBERO ROSSO

Pala realizzata con farine biologiche di grano tenero di tipo 0 e 1, con biga, soffice, leggera e friabile. Confezionata singolarmente in ATM da rigenerare in forno già caldo a 240°C per 5-6 minuti

cod 95051 peso 260 g x 10 pezzi

Tre versioni solo su prenotazione: al brasato (maiale e manzo), al baccalà e alle verdure

cod 95889 brasato · 95891 verdura · 95893 baccalà cf da 2 kg (10 pezzi) · min 2 CF · shelflife min 8 gg

Chiudiamo con una bella notizia: Forno Follador è stato premiato con i Tre Pani, massimo riconoscimento previsto dalla Guida Pane & Panettieri d’Italia 2024. Esperienza, lievito madre, artigianalità della lavorazione, selezione delle materie prime e filiera certificata sono le motivazioni espresse dal Gambero Rosso. Congratulazioni Antonio!

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PALA UNICA BIO POLPETTE
SOLO SU PRENOTAZIONE

QUESTIONE DI passi

PECORINO SUPERIORE

180 GIORNI

Pecorino a latte crudo e pasta cruda, stagionato 6 mesi; al palato svela note di pascolo e macchia mediterranea

cod 31377 · peso 2 kg circa

Crema a base di ricotta di pecora e pecorino stagionato, dal sapore intenso cod 31376 · peso 200 g

“Otto passi” misura una distanza, tra la sala di mungitura e il caseificio, ma misura anche un sogno che si sta realizzando. Il sogno di Rita, Paolo e Luca, che hanno investito le loro energie in un progetto nato nel 2019 e che ha preso il nome di Otto Passi

La loro è un’azienda agricola di allevamento di ovini di razza Sarda e trasformazione casearia, che utilizza solo il latte di produzione propria e lo trasforma a crudo per i formaggi stagionati e termizzato per i freschissimi. Si trovano nel cuore della Sardegna, a Noragugume (NU), nella Piana di Ottana. Sono partiti dal gregge di Luca, fratello di Rita, a sua volta ereditato dal papà e dal nonno, e da un desiderio: dare valore a un territorio, a una tradizione radicata, ma innestando innovazione e spirito imprenditoriale. Sì, perché Rita, Paolo e Luca hanno le idee chiare, sanno cosa stanno facendo e soprattutto sanno dove vogliono andare, quale ruolo ricoprire nel mercato.

Quando ho visitato con Giorgia la loro azienda nel gennaio scorso, oltre ad aver passato una mezza giornata di chiacchiere e confidenze, ci siamo caricati di speranza e grandi aspettative.

Gli assaggi fatti e la visita in azienda ci hanno rivelato il piglio da ingegnere, quasi maniacale, di Paolo, il casaro. La cura per i dettagli, il racconto del prodotto e l’originalità del suo vestito, invece, ci hanno fatto conoscere Rita, compagna di Paolo nella vita oltre che nel lavoro. Non vedevamo l’ora di presentarvi alcune delle nostre scoperte, per poi raccontarvene delle altre più avanti.

PECORINO SUPERIORE

Il Pecorino è stagionato almeno 180 giorni, la sua forma è la classica cilindrica con scalzo leggermente convesso, il peso si aggira attorno ai 2 chili. La crosta è liscia, di colore dall’avorio al paglierino scarico. Formaggio a latte crudo, pasta cruda e con caglio di agnello in pasta, quest’ultimo connota il cacio di quella nota muschiata, vagamente animale propriamente legata al pecorino insulare. La texture è friabile, riporta una leggera occhiatura, il colore è paglierino chiaro. In bocca è verace, immediato, la sapidità è ben bilanciata, viene fuori tutta la forza del pascolo e della macchia mediterranea. Sappiate che le pecore di Otto Passi pascolano tutti i giorni all’aperto, alcuni pascoli vengono anche irrigati, e la loro alimentazione viene integrata con fieno, siero, mais e sali minerali. Tutto torna.

CREMA DI PECORINO

Un prodotto che appartiene a una categoria normalmente bistrattata: quella delle creme di formaggio. Ma ovviamente anche qui ci sono elementi di novità, soprattutto tra gli ingredienti: non sono presenti sali di fusione del prodotto, bensì soltanto Ricotta e Pecorino stagionato oltre 180 giorni amalgamati insieme. La confezione in vaso di vetro da 200 grammi rappresenta una valida soluziona sia a casa sia in una cucina professionale. Il sapore è intenso, la struttura leggermente ruvida, ma la praticità è notevole. Dal crostino alla pizza, da una cacio e pepe strong a una mantecatura di un risotto, le soluzioni non mancano.

Diamo il benvenuto a questo fornitore e ci auguriamo vi emozioni almeno la metà di quanto ha già emozionato noi.

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“ABBIAMO MANTENUTO QUEI PRINCIPI E QUEI VALORI CHE CI HANNO TRAMANDATO I NOSTRI AVI, MA PER TUTTO IL RESTO AMIAMO INNOVARE!”
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CREMA DI PECORINO

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NOVITÀ A CATALOGO

NOVITÀ

DA NORD a sud

UNA NOVITÀ DEL SALUMIFICIO CASTELLI CHE COMPIE

GIÀ QUALCHE MESE DI VITA

E IL GRANDE RITORNO DI UN PRESIDIO SLOW FOOD DALLA BASILICATA

IL PEZZENTE

Il Pezzente della Montagna Materana torna nella versione con l’iconica chiocciolina rossa differenziandosi rispetto a quello senza certificazione del Presidio soprattutto per la materia prima. Slow Food irrigidisce i criteri del disciplinare e prevede l’uso esclusivo di carne di suini nati in Italia e allevati in Basilicata allo stato brado o semibrado, alimentati a base di foraggio verde, cereali e leguminose, macellati a pochi chilometri dall’allevamento, con almeno 10 mesi di vita e con un peso minimo di 140 kg.

Il nostro produttore storico, Sapori Mediterranei, si rifornisce da una piccola azienda agricola situata all’interno del Parco Nazionale del Pollino che alleva non più di una cinquantina di suini, seguendo tutti i criteri sopra descritti. I tagli che Giovanni, patron del salumificio, usa per la produzione sono quelli meno nobili del maiale (da qui il nome “pezzente”) che una volta tagliati a grana medio-grossa vengono mescolati con sale marino di Cervia, peperone secco dolce di Senise IGP, semi di finocchietto selvatico e aglio. L’impasto è poi insaccato in budello naturale e legato per conferire la tipica forma a U. La stagionatura di circa un mese completa il processo, regalando una salsiccia dal gusto intenso, con un profumo di finocchietto e un lieve sentore di peperone.

Una doppia proposta quindi, con e senza Presidio Slow Food, per supportare l’impregno di Giovanni e per valorizzare l’allevamento delle razze locali.

SOPRESSA R/AFFINATA

Un prodotto nato lo scorso inverno e che in questi mesi ha provato a farsi timidamente spazio nel nostro assortimento, fino a ora, quando ha raggiunto la giusta maturità per guadagnarsi i riflettori.

Parliamo della Sopressa R/affinata: nuova nata nel Salumificio dei Castelli, è una tipica sopressa veneta che si distingue per la pezzatura importante di 4,5 chili circa, una bella fetta del diametro di 12 centimetri e la stagionatura di oltre 5 mesi

La mano è ben riconoscibile, e richiama gli altri prodotti del salumificio: solo carni fresche di suini italiani provenienti dal circuito di Parma e San Daniele, sezionamento manuale, lavorazione a grana media, frazione grassa ben distribuita... ma in versione “maggiorata”. Ed è proprio questo l’aspetto convincente. Infatti, pur avendo una dimensione importante e una stagionatura di tutto rispetto, al palato si rivela delicata ed equilibrata, con un buon bilanciamento degli aromi, come il pepe, e interessanti note di cantina e carne matura

E se vi state chiedendo il significato del nome ecco a voi la spiegazione: “affinata” perché stagionata più a lungo rispetto a una sopressa di pezzatura media e “raffinata” per la sua delicatezza. Una crasi davvero azzeccata!

PEZZENTE DELLA MONTAGNA MATERANA

Salsiccia di suino stagionata, aromatizzata con peperone, finocchietto e aglio

Presidio Slow Food · 82574 · 300 g circa No presidio · 82575 · 300 g circa

SOPRESSA R/AFFINATA

DEI CASTELLI

Sopressa veneta di grandi dimensioni stagionata almeno 5 mesi, dal gusto delicato ed equilibrato

cod 80199 · peso 4,5 kg circa

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AGRICOLA Fratepietro

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NOVITÀ

NOVITÀ A CATALOGO

CARCIOFOTTO PUGLIESE

INTERO CALIBRO 0

Cuori di carciofo Violetto calibro 0 interi, conservati in un mix di olio di oliva e girasole, senza aromi aggiuntivi; 8-9 pezzi per vaso

cod 96260 · vaso da 314 g

NON SOLO BELLA DI CERIGNOLA

L’Agricola Fratepietro è un’azienda giovane e dinamica, il prossimo anno compirà i 20 anni di attività e sta vivendo questo momento storico con grande fermento. Infatti sta rivoluzionando tutto lo stabilimento produttivo per adeguarlo ai tempi, ma soprattutto per riuscire a cogliere le sfide di crescita che presente e futuro presentano. L’azienda si trova nelle campagne di Cerignola, patria della famosa oliva Bella di Cerignola, immersa in 30 ettari di uliveto, le varietà principali sono la Bella di Cerignola, appunto, e la Coratina, per la produzione di un olio evo che conosceremo tra qualche settimana. Gli ulivi, con un’età media di circa 30 anni, son disposti a distanza di 7 metri l’uno dall’altro, in campo viene praticata una coltura a residuo zero soprattutto per contrastare gli animali infestanti, quando ne viene rilevata la presenza dalle trappole di monitoraggio.

Andrea e sua moglie Valentina continuano a valorizzare il lavoro delle cinque generazioni Fratepietro che li hanno preceduti. Nonostante i diversi percorsi formativi - una laurea in chimica lei, una in giurisprudenza lui - magari poco attinenti al mondo agricolo, hanno ritrovato nel richiamo per la terra e per l’azienda di famiglia

CARCIOFOTTO PUGLIESE

INTERO

CALIBRO 2

Cuori interi di carciofo Violetto di dimensione più grande (calibro 2), in olio vegetale senza aromi aggiuntivi; 50 pezzi per vaso

cod 96261 · vaso da 3100 g

grande condivisione di intenti. Anche grazie a loro oggi Fratepietro è un’azienda moderna, fresca, attenta all’ambiente e legata a doppio filo al territorio, contando sempre sul prezioso contributo di papà Giovanni, ancora presente sul campo. Le novità che stiamo presentando sono frutto di un attento percorso di assaggi, scambio di feedback e incontri di valutazione.

I CARCIOFI

Abbiamo scelto il carciofo con il livello di pulizia, il livello di croccantezza e la dimensione che stavamo cercando: un cuore di carciofino violetto di calibro 0, lavorato dal fresco e senza aromi in concia, conservato in un blend di olio di oliva e girasole e presentato sia intero (in vaso da 314 g), sia spaccato, in formato da 3100 g per la ristorazione. Disponibili anche i cuori interi un po’ più grandi (calibro 2) in vasi da 3100 g. La consistenza è di medio corpo, non troppo croccante e non troppo cedevole, la spinta acetica è presente, ma non invadente, e il sapore vegetale del carciofo è ben caratterizzato. Da usare tal quale oppure anche in cucina, nelle mille preparazioni che lo possono contemplare, vedrete che il food cost non vi sfuggirà di mano.

CARCIOFOTTO PUGLIESE

CALIBRIO 0 SPACCATO

Cuori di carciofo Violetto calibro 0 tagliati a metà, conservati in olio vegetale senza aromi aggiuntivi

cod 96262 · vaso da 3100 g

DALLA BELLA DI CERIGNOLA ALLE ALTRE PRODUZIONI AGRICOLE: LA NUOVA PROPOSTA DI FRATEPIETRO CHE RACCONTA UN FRAMMENTO DI PUGLIA

2 minuti di lettura

NOVITÀ A CATALOGO

MACEDONIA DELL’

UN NUOVO PRODUTTORE SI AGGIUNGE AL NOSTRO ASSORTIMENTO: UN LABORATORIO GESTITO DA DUE GIOVANI CON L’INTENTO DI FAR ASSAPORARE

I GUSTI AUTENTICI DELLA FRUTTA E VERDURA CHE LAVORANO

IL PRODUTTORE

I soci Mattia e Stefano da un paio d’anni hanno avviato a Jesolo (VE) una piccola impresa di produzione di conserve alimentari, unendo le loro singole competenze: il primo - Mattia - è cuoco e il secondo - Stefano - commerciante di frutta e verdura. Qualche mese fa Mattia ha incontrato il nostro agente di zona e ha chiesto di esser messo in contatto con Valsana, per poter presentare la sua gamma di conserve... Tempo qualche settimana e siamo andati a trovarlo nel micro laboratorio di produzione in centro a Jesolo. Abbiamo assaggiato diversi prodotti, sia a base verdure sia a base frutta e devo dire che soprattutto le confetture ci han da subito stupito per integrità del frutto (80% del prodotto finito), ridotto contenuto di zucchero e grande piacevolezza al palato Tutto confermato anche dagli assaggi seguenti eseguiti in azienda. La bontà del prodotto è legata sia all’attenta selezione della materia prima fatta da Stefano, o al mercato della frutta o direttamente presso l’agricoltore, come nel caso delle ciliegie, ma anche alla rispettosa e attenta trasformazione di Mattia.

CONFETTURE

Quattro referenze monogusto, dal sapore intenso per integrità del frutto e ridotto contenuto di zuccheri

fragole 93001 · pesche 93002

ciliegie 93003 · albicocche 93004 vaso da 314 g

LE CONFETTURE

La gamma delle confetture è composta da quattro referenze monogusto: ciliegie, pesche, albicocche e fragole. Il formato è unico, ovvero il 314 g.

Ciascuna confettura ha una consistenza grossolana, la frutta non è totalmente ridotta in purea, ed è lavorata completamente a mano. Un prodotto mai ossidato, soprattutto per quanto riguarda le fragole vedrete che il colore della confettura è vivido, grazie a un passaggio di marinatura in precottura. E tale si mantiene nel corso del tempo.

GLI ABBINAMENTI

Provatele semplicemente nelle crostate, nelle cheesecake o nel classico “pane, burro e marmellata”. Per quanto riguarda l’abbinamento con i formaggi privilegiatele con i freschissimi, mentre per l’abbinamento con gli stagionati aspettate un paio di mesi... Ci sono altre curiose novità in arrivo dal laboratorio Macedonia dell’Orto!

VALSANA 13
NOVITÀ Orto

PREGIO OPPURE

difetto?

3 minuti di lettura

LA VOCE DELLA QUALITÀ

PARMIGIANO REGGIANO DOP

GENNARI 34-36 MESI

Parmigiano Reggiano DOP prodotto da Gennari con latte crudo ottenuto per il 60% da bovini allevati all'interno della stessa azienda agricola. La lavorazione è pensata per le lunghe stagionature, come voleva papà Sergio, motivo per cui anche a 36 mesi il Parmigiano di Gennari è dolce, mai troppo asciutto o troppo piccante

cod 33010 · forma intera da 40 kg circa cod 33013 · ottavo sottovuoto da 6 kg

A volte durante l’assaggio di un formaggio stagionato o, visto che siamo in estate, di una fetta di prosciutto crudo, può succedere che ci si ritrovi qualcosa di croccante sotto i denti. A quel punto guardando il pezzo intero vediamo che ci sono dei puntini bianchi all’interno della pasta o della fetta, puntini che sembrano di sale. Di cosa si tratta?

COSA SONO QUEI PUNTINI BIANCHI?

Sono cristalli di tirosina, un amminoacido aromatico che quando si trova in forma libera e concentrata tende, nel tempo, a solidificarsi diventando un cristallo perfettamente visibile a occhio nudo.

Ebbene, non si tratta di un difetto, bensì un naturale indicatore di stagionatura prolungata

In questi anni trascorsi in Valsana mi è spesso stato chiesto di cosa si trattasse, a volte questi puntini bianchi sono stati scambiati per muffa, sale che non si è sciolto, corpi estranei, calcio (a volte potrebbe essersi trattato di cristalli di lattato di calcio che si forma per reazione dell’acido lattico con il calcio) o difetti più in generale. In realtà è un processo naturale che avviene a seguito della stagionatura.

COME SI FORMA LA TIROSINA?

Durante la stagionatura l’umidità contenuta nel formaggio o nel prosciutto, che sono alimenti piuttosto proteici, si riduce per effetto della proteolisi: gli enzimi con capacità proteolitica scompongono le proteine in peptidi liberi e aminoacidi tra cui, appunto, la tirosina.

I puntini bianchi in un formaggio o salume sono cristalli di tirosina, un aminoacido aromatico che si forma durante la stagionatura
VALSANA · 14
MA COSA SONO QUEI PUNTINI BIANCHI ALL'INTERNO DELLA PASTA DI UN FORMAGGIO STAGIONATO O DI UNA FETTA DI PROSCIUTTO CRUDO? Giorgia Barbaresco Responsabile Qualità
Proteina Peptidi Piccoli peptidi
Aroma
Aminoacidi liberi

PERCHÉ È IMPORTANTE LA PROTEOLISI?

È proprio durante la proteolisi che i legami chimici delle proteine si rompono. È un processo estremamente importante, che accade anche nella digestione, e proprio per questo un alimento stagionato a lungo risulta essere ben più digeribile e a volte consigliato anche ai più piccoli, come ad esempio il Parmigiano Reggiano Dop. Attenzione ovviamente a non confondere il processo di stagionatura con quello di asciugatura. Nel primo caso infatti si ottengono alimenti facilmente digeribili e quindi con nutrienti facilmente assimilabili, nel secondo invece la digestione deve avvenire nel nostro corpo, e a volte questo può risultare faticoso.

il profumo del salume stesso. In questo caso il grasso è molto dolce e solubile ed è un piacere assaporarlo.

LA TIROSINA FA BENE O MALE ?

Dal punto di vista del valore biologico sappiamo che tutti gli aminoacidi sono importanti per la salute dell’organismo. La tirosina in particolare è l'amminoacido di partenza per la sintesi (produzione) di alcuni importanti neurotrasmettitori, come la dopamina, l’adrenalina e la noradrenalina, ovvero sostanze che permettono ai neuroni di comunicare tra loro. Questo per dire che la tirosina ha una funzione centrale nel processo di adattamento a improvvisi picchi di stress psicofisico e di regolazione dell’umore.

STAGIONATO O ASCIUGATO?

Ma come possiamo capire se un prodotto è stato effettivamente stagionato oppure solo asciugato?

Nei salumi questo processo di asciugaturastagionatura è un pochino più difficile da intuire rispetto ai formaggi, ma un occhio attento riesce a distinguerli prestando attenzione alla fibra della carne. Salumi come ad esempio lo speck o il prosciutto crudo hanno nel prodotto giovane una fetta un pochino più lucida, umida, morbida e poco solubile (lo stesso vale per il grasso che a volte non si riesce a mangiare e deve essere asportato) e spesso non sono complessi dal punto di vista aromatico. Gli stessi prodotti stagionati invece, hanno una fetta liscia perché nelle fibre è avvenuta la proteolisi. Non sono assolutamente lucidi perché l’umidità è sensibilmente diminuita, e soprattutto questi processi enzimatici hanno permesso alle proteine di degradarsi liberando amminoacidi che formano l’aroma e

Gli amanti della tintarella saranno inoltre felici di sapere che la tirosina è necessaria per la sintesi della melanina, pigmento cutaneo responsabile dell'abbronzatura.

LA TIROSINA È UN INDICATORE DI QUALITÀ?

Non si può dire che la presenza della tirosina nel formaggio o nel prosciutto crudo sia un segno di qualità, ma non si tratta nemmeno di un difetto. I cristalli ci danno semplicemente la certezza che è avvenuto un lungo processo di stagionatura. Viceversa la loro assenza non significa che il processo di stagionatura non sia avvenuto. I nostri sensi non mentono, quindi gustatevi dell’ottimo formaggio stagionato o del prosciutto crudo con oltre 24 mesi di stagionatura e godetene il sapore, guardate la texture, scioglietelo in bocca e fatevi avvolgere dalla complessità aromatica, con o senza tirosina.

JAMÓN DE BELLOTA

100% IBÉRICO PREAFFETTATO

Coscia di maiale di razza 100% Ibérica alimentato esclusivamente con ghiande e con erba allo stato brado durante la Montanera, stagionato almeno 42 mesi e preaffettato a mano

cod 79074 · vaschetta in atm da 85 g

VALSANA · 15
Aminoacidi Enzimi Proteine

ALTE IMPRESE Masterclass 2023

ALTE IMPRESE È IL NOSTRO PROGETTO PER RESTITUIRE

VALORE ALLA MONTAGNA

E AI MALGARI, SUOI CUSTODI

“Oggi non basta più conservare, è il momento di restituire alla Natura”: è l’essenza del pensiero di Alice Cerutti, che ha lasciato il suo ruolo di marketing manager negli USA per tornare a Vercelli a gestire la cascina di famiglia. Oggi Cascina Oschiena è una risaia certificata Friends of Earth, che ha restituito all’ambiente un quarto della superficie risicola, trasformata in Oasi Naturale.

Guido Pallini ha rinunciato invece alla sua carriera nella finanza, a Londra, in una banca di investimento giapponese, per tornare a casa, a Grosseto, e occuparsi dell’azienda di famiglia, allevare bufale e trasformarne il latte in un’azienda agricola a filiera cortissima ed economia circolare.

Irene Piazza dopo la laurea in Scienze e Cultura della Gastronomia e della Ristorazione all’Università di Padova, una bella esperienza come casara in alcuni caseifici, come docente all’Accademia Casearia e come consulente; ha deciso di prendere in gestione una malga, sulle montagne del Trentino, assieme a Elisabetta Foradori, dove alleva le sue Grigio Alpine con un approccio agroecologico, e ne trasforma il latte in formaggi di carattere.

Martina Iseppon Responsabile Marketing RACCONTI DA VALSANA I 2 minuti di lettura

Tre ragazzi di spessore, che hanno scelto di tornare all’agricoltura per diventare seme di cambiamento, grazie alla loro formazione e all’esperienza in altri settori.

Ma cosa c’entrano con Alte Imprese?

UNA SCUOLA DI CORAGGIO

Incontrare persone come Alice, Guido, Irene, così come Filippo del Caseificio Catinaccio - che abbiamo conosciuto nel nostro viaggio in Trentino - è un’esperienza che fa riflettere sul significato di quello che facciamo, sul valore che diamo alle cose. Alte Imprese è nata per questo. Per dare ad altri ragazzi l’opportunità di fare delle scelte coraggiose. Per restituire persone, competenze, imprenditorialità alla montagna.

È il nostro progetto per restituire valore alla natura: restituire i pascoli che stanno scomparendo, mangiati dal bosco; restituire le malghe, che restano chiuse perchè nessuno le vuole più prendere in gestione; restituire dignità a un mestiere, quello del malgaro, che oggi grazie alla tecnologia, alla formazione, ad una visione imprenditoriale può essere decisamente più sostenibile, non solo per l’ambiente ma anche per chi lo pratica.

COSA FA ALTE IMPRESE

Alte Imprese è la Scuola Internazionale dei Formaggi di Montagna. È partito tutto da un’idea di Danilo Gasparini, docente di Storia dell’Agricoltura e dell’Alimentazione presso l’Università di Padova, che già da qualche anno

portava gli studenti del Corso di Laurea in Scienze e Cultura della Gastronomia in malga all’alba. Assieme a Danilo, e con il supporto di Michele Pozzobon di Burici, abbiamo dato vita a questa piccola scuola, che si contraddistingue per due aspetti: ha un approccio multidisciplinare, perchè lavorare in alpeggio oggi richiede tante competenze, non solo saper fare il formaggio; ha un’apertura internazionale per guardare oltre confine a chi lavora in montagna non solo in Italia, ma anche in Francia, in Svizzera, in Spagna, in Austria.

I CUSTODI DELLA MONTAGNA

Siamo arrivati alla terza edizione della Masterclass “I Custodi della Montagna”, che si è conclusa da poco: un corso di formazione suddiviso in due moduli, una prima parte teorica online e una seconda parte esperienziale in malga.

La parte online vuole mettere le basi di quella che sarà poi l’esperienza in alpeggio, spaziando dalla storia del formaggio alla zootecnia, dalla tecnica casearia all’agroecologia, dal marketing al turismo gastronomico, con diverse testimonianze, anche internazionali, di chi fa oggi questo mestiere. Per arrivare poi alla parte esperienziale in Malga

Telvagola, a Pieve Tesino (TN)

Tre giorni molto densi: all’alba la lezione di igiene della mungitura, per poi andare in caseificio con Irene Piazza e assistere alla trasformazione del latte: abbiamo parlato di latte crudo, latte-innesto, siero-innesto,

schede di lavorazione e molto altro. Nel pomeriggio abbiamo alternato lezioni di botanica della flora alpina con Silvano Rodato - con cui abbiamo analizzato sul campo la biodiversità dei pascoli - e lezioni sull’agroecologia e il benessere degli animali al pascolo con Francesca Pisseri, con cui abbiamo fatto anche una valutazione sensoriale dei fieni. In serata ci siamo poi dedicati all’analisi sensoriale dei formaggi con Valentina Bergamin e alla lezione di cucina con i formaggi con Anna Maria Pellegrino. Tre giornate intense, in cui si sono messe a confronto diverse esperienze, sia con i docenti che tra allievi - in una classe molto eterogenea per provenienza (Trentino, Veneto, Friuli, Emilia), e per formazione (allevatori, casari, veterinari, ma anche docenti e grafici) - e sono nate delle belle amicizie.

FARE RETE PER CAMBIARE

L’amore per la montagna, il rispetto per gli animali e per la natura, la voglia di fare qualcosa per cambiare, per tornare a una dimensione più umana, più etica dell’agricoltura. Sono questi valori il denominatore comune di un progetto che chiede tanto impegno, ma restituisce fiducia, coraggio, motivazione, anche solo guardando negli occhi Agnese, Alessandra, Chiara, Clara, Gianluca, Leo, Lorenzo, Marco, Teresa, Samantha, Simone, Valentina, e ascoltando le loro storie e progetti. In bocca al lupo ragazzi, speriamo di essere riusciti a darvi un piccolo aiuto per realizzarli.

VALSANA · 17

BARBABIETOLA rossa

3 minuti di lettura

ABBINAMENTI DI STAGIONE

DOLCIASTRA E TERROSA: LA BARBABIETOLA È UN TUBERO CHE CI ACCOMPAGNA

ALLA FINE DELL’ESTATE, MA CON UNA NOTA DI COLORE CANGIANTE

“L’estate sta finendo e un anno se ne va” cantavano, con un po’ di malinconia, i Righeira nel lontano 1985. In effetti settembre segna sempre la fine di un periodo che, complice la bella stagione, fa sembrare tutto un po’ più leggero. Quel mese in cui l’aria si rinfresca nonostante il sole continui a essere piuttosto caldo.

Aringa affumicata

Salmone o trota affumicata

Legumi Pomodori secchi

Complice il fatto di essere un mese a cavallo tra due stagioni però, riesce a offrirci una vasta gamma di frutta e verdura. Diversi prodotti tipici dell’estate e un assaggio di quelli che troveremo in autunno. Vegetali colorati, dal sapore tipicamente fresco e dolce per arrivare al più tipico sottobosco. E allora ecco che, pensandoci bene, la malinconia può lasciare spazio a tanta fantasia.

La barbabietola è un tubero che si adatta perfettamente ai climi temperati europei e a quelli del Nord Africa. Esistono diverse varietà: quella da zucchero, quella da foraggio e quella da orto che comunemente troviamo a tavola. Si tratta di un ortaggio ricco di preziosi nutrienti, tra cui fibre, potassio, ferro e vitamina C e dal sapore terroso e dolciastro

Curiosità: le barbabietole devono il loro colore acceso alla betaina, un composto che viene anche estratto e utilizzato come colorante alimentare.

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I PESCE S ALUMI
Erborinati
Mozzarella
d’anatra
Giacomo Chinellato Commerciale Italia
GGAMROF
VEGETALI DOLCI
Caprini
e Burrata Speck
Speck di cinghiale Carne salada
BARBABIETOLA ROSSA Cioccolato fondente

BIRBA BLU

I cappellacci

L’impasto dei cappellacci, lavorato con un po’ di purea di barbabietola, ci permette di avere un prodotto più colorato e profumato. Il risultato sarà comunque delicato e il tipico gusto terroso della barbabietola risulterà ben integrato con gli altri sapori presenti nel piatto. In bocca, la piccantezza dell’erborinato Birba blu usato nel ripieno è ben sorretta dalla dolcezza del tubero e da quella della birra con cui viene affinato il formaggio. Uova di trota e panna acida finiscono il piatto e sono fondamentali per equilibrare la parte sapida e acida

Il panciotto

Faccio fatica a trovare una pietanza che abbia un “morso” più soddisfacente rispetto a quello di un panino. Gli ingredienti possono avere temperature differenti, diverse consistenze, e ogni morso è un’esplosione di sapori.

In questo caso abbiamo un Panciotto Moro, leggermente croccante all’esterno e soffice all’interno. Alla base la dolcezza e la morbidezza della crema di barbabietola, nel mezzo un croccante humus di cece nero e per finire l’acidità della robiola di capra.

ROBIOLA DI CAPRA SAC À POCHE 30371 · peso 600 g circa

ARINGA AFFUMICATA

L’insalata

Per l’ultimo abbinamento abbiamo scelto un’insalatina tanto facile da preparare quanto sfiziosa. Due barbabietole grattugiate, potete utilizzarne una cruda e una cotta per avere due consistenze differenti, condite con poco sale, pepe, olio e un goccio di aceto. Già così avremmo un bel contrasto di gusti in bocca. All’acidità dell’aceto e alla dolcezza della barbabietola ci andiamo ad aggiungere la sapidità dell’aringa affumicata e qualche goccia di salsa yogurt. Fresca, colorata, veloce e buona!

VALSANA 19

PLATEAU di FORMAGGI

3 minuti di lettura

DIETRO AL BANCO

UN’OTTIMA OPPORTUNITÀ PER OFFRIRE AI PROPRI OSPITI UNA VARIETÀ DI SAPORI DA SPERIMENTARE, UN MODO GIOCOSO PER CONDIVIDERE LA PASSIONE PER IL

CIBO E DARE VITA A MOMENTI CONVIVIALI MEMORABILI. MA È ANCHE, PER CHI LO

PROPONE, UN MODO PER ESPRIMERE LA PROPRIA CREATIVITÀ CULINARIA

Roberto Guermandi è titolare e gestore del negozio specializzato in formaggi “L‘Angolo della Freschezza” di Bologna. Collabora e rifornisce molti ristoranti segnalati dalla Guida Michelin, tra cui anche due stellati.

È a capo di un team di giovani appassionati che accompagnano con professionalità i clienti nella scelta dei formaggi, talvolta anche educandoli, proponendo abbinamenti con altri cibi o con alcuni vini.

Nella preparazione di un plateau di formaggi nulla può essere lasciato al caso: la scelta dei prodotti da proporre, i diversi tipi di latte e di provenienze, l’ordine di degustazione, gli accompagnamenti, la presentazione, l’eventuale abbinamento con un vino. D’altra parte il nome stesso è già un programma: l’espressione deriva dal francese “plateau de fromages”, e si sa quanto il tema stia a cuore ai nostri cugini d’Oltralpe. L’uso del termine sottolinea l’aspetto legato alla presentazione di una selezione di formaggi, che deve riunire in un unico piatto arte e gusto. Con Roberto Guermandi, incoronato Miglior formaggiaio d’Italia dalla Guilde Internationale des Fromagers Italia, andiamo alla scoperta dei trucchi che stanno dietro alla preparazione di un plateau capace di farsi ricordare.

Partiamo dalle basi. Perché proporre un plateau? È il modo più immediato per offrire ai clienti un’occasione per scoprire o per conoscere meglio nuovi prodotti. Si può preparare direttamente o fornire al cliente la materia prima con cui allestirlo a casa propria. Di certo sono preziose le indicazioni che vengono date. Solitamente cerco di guidare i miei clienti fornendo loro informazioni che poi possono condividere con i commensali: il tipo di animale da cui proviene il latte, se si tratta di un prodotto stagionale, il luogo di produzione, l’eventuale affinamento, un ordine di degustazione, suggerimenti sugli abbinamenti. E per consigliarli al meglio chiedo sempre che vini hanno in casa: si può partire anche da lì per costruire una degustazione personalizzata.

Che tipo di supporto conviene scegliere? Personalmente mi piace il classico tagliere in legno, che si unge un po’ di più rispetto ad altri

supporti ma ha quel colore caldo ideale per far risaltare le tonalità dei formaggi. In alternativa proporrei comunque una base scura, un piatto in ardesia o in melanina, che dà una bella sensazione di ceramicato ed è molto pratico, perché non si rompe e può essere messo in lavastoviglie. Un’ultima opzione è il classico vassoio con un cartoncino alimentare nero lucido come fondo. Per abbellire la presentazione si possono aggiungere una foglia o un frutto che diano colore all’insieme. Non metterei invece direttamente nel plateau marmellate, miele o frutta secca, ma le presenterei in ciotoline per non sporcare il supporto.

Quali formaggi? Partirei con qualcosa di molto fresco, come un caprino, una stracciatella, una burratina, un nodino o una treccia di mozzarella, uno stracchino o uno squacquerone servito in un bicchierino. Come seconda proposta affiancherei una robiola di Roccaverano o un Reblochon, qualcosa di morbido ma con una lieve presenza di muffe che possano dare un po’ di aromaticità e profumo. Per il terzo formaggio aumenterei la struttura: potrebbe star bene un pecorino toscano, come un Riserva del Fondatore, o un formaggio d’alpeggio come il Laurin a crosta lavata, o un buon Taleggio. Per il quarto incrementerei ancora corpo e complessità, andando magari su un pecorino stagionato e saporito, come il Canestrato di Moliterno o il Monte Veronese di Malga, presidio Slow Food, o ancora un Comté francese. Come quinto formaggio sceglierei un erborinato, come un Gorgonzola naturale, uno Stilton, un Roquefort, oppure un formaggio affinato, come quelli proposti dalla Latteria Moro. Per chiudere la degustazione sceglierei un formaggio deciso in base ai gusti del cliente. [Foto 1]

VALSANA · 20
Giulia Basso Giornalista collaboratrice de Il Piccolo di Trieste

Quanti assaggi e che porzioni? Non proporrei più di cinque o sei assaggi, con porzioni di 25-30 grammi ciascuna.

Che temperatura? Una temperatura intorno ai 18-20 gradi è l’ideale per sprigionare tutti gli aromi e profumi del formaggio. Anche i freschi non andrebbero serviti troppo freddi, per non perdere la sensazione di latte.

Come tagliarli? Dove c’è poca struttura c’è poco gioco, ma se invece la struttura c’è ci si può sbizzarrire con tagli fantasiosi, per dare un po’ di movimento al piatto. Si possono per esempio usare dei coltelli che danno un effetto ondulato, oppure dei coppa pasta per dare alla porzione una forma a mezzaluna. [Foto 2] Sono sempre valide le scaglie per i formaggi tipo Parmigiano, mentre per consistenze molto tenere consiglio la presentazione dentro a una ciotolina o un micropiattino.

Come disporli? Di solito mi faccio guidare dall’estro del momento. Mi piace per esempio, per un tocco di originalità, far sviluppare il plateau anche verso l’alto. Basta disporre qualche pezzo di formaggio sopra uno stecchino, oppure usare un’alzatina. [Foto 3]

Come introdurre la degustazione ai commensali? Sicuramente va spiegato l’ordine da seguire e vanno illustrati brevemente i diversi formaggi proposti, tenendo a mente che la degustazione non dev’essere una lezione casearia, ma un divertimento: il plateau resta pur sempre un gioco. Personalmente consiglio sempre di fare un primo assaggio del formaggio in purezza e solo successivamente provare un abbinamento. Un cartellino con il nome del formaggio è molto efficace, soprattutto nel caso di un buffet per molte persone.

Le croste è meglio tenerle o toglierle? Nella presentazione è giusto mantenere un pezzo di crosta per ciascun assaggio.

Poi sta a noi consigliare il cliente se mangiarla oppure no. Sicuramente vale la pena mangiare le croste fiorite, mentre per altri tipi di crosta, anche naturali, non ha molto senso: per quanto edibili non aggiungono nulla di più al formaggio.

Con cosa accompagnare i formaggi? A me piace molto la frutta secca. Un’idea simpatica è quella di prendere dei caprini freschi, modellarli a pallina e decorarli con della granella di pistacchio. Oppure si può giocare con la frutta disidratata, come albicocche, prugne, mirtilli e fragole, che dà una sensazione dolce immediata e non sporca il piatto. Anche il classico pane può andare bene, basta che non sia speziato: da evitare, per esempio, quello con rosmarino, che può risultare amaro in bocca. Quanto alla frutta fresca, la userei solo per i formaggi più freschi: per esempio una bella mela renetta è perfetta con un caprino. [Foto 4]

Che vino abbinarci? Non ci sono regole assolute, perché al giorno d’oggi il mondo del vino è davvero complesso. Di base opterei per una bollicina o un bianco per i primi due formaggi, per poi passare a un rosso o comunque un vino con maggior struttura per gli assaggi successivi. Con gli erborinati aumenterei ulteriormente la complessità, anche senza andare sui passiti.

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PECORINI DEL Mediterraneo

4 minuti di lettura

ANALISI SENSORIALE

ECCOCI ALLA SECONDA TAPPA DEL NOSTRO VIAGGIO NELL’ANALISI SENSORIALE DEL FORMAGGIO: DOPO LA VALUTAZIONE VISIVA E TATTILE SCOPRIAMO, CON ANTONIO LODEDO, COME APPROCCIARE L’ANALISI OLFATTIVA

Dopo l’analisi visiva e tattile avremo già un’idea sulla tipologia di formaggio che abbiamo di fronte. Ad esempio, la grande e tonda occhiatura che interessa la nostra fetta rettangolare di formaggio, elastico al tatto e di colore paglierino carico, dovrebbe farci pensare ad un Emmental. Una grande forma cilindrica con scalzo convesso, crosta dura e pasta compatta, granulosa servito a scaglie, probabilmente ci indirizzerà verso un Parmigiano Reggiano.

La fase olfattiva, così come per il vino, è probabilmente la più complessa, quella che richiede al degustatore un bagaglio olfattivo consolidato e soprattutto un esercizio continuo.

Non meno importanti, in questa fase, sono le condizioni in cui la degustazione viene condotta.

La presenza di altri odori, la scarsa illuminazione e anche i rumori influiscono

negativamente nella comprensione del formaggio in esame. Molto importante è dunque considerare questa variabile all’interno di un punto vendita, dove il banconiere propone, suggerisce, fa assaggiare e presenta i prodotti alla propria clientela.

L’ideale esecuzione dell’analisi olfattiva richiede che il formaggio venga portato al naso, spezzato in due e odorato alternando le narici affinché non ci sia assuefazione. Il campione va odorato in tutte le sue parti, facendo attenzione alla pasta più vicina alla crosta, che solitamente manifesta odori diversi, più accentuati ed intensi. Proprio l’intensità è una delle caratteristiche fondamentali prese in esame dagli Assaggiatori Onaf, al fine di valutarne tipicità, coerenza e idoneità nell’eventuale abbinamento ad altri alimenti o bevande.

Le molecole odorose sono innumerevoli: Onaf le ha raggruppate in famiglie quali, ad esempio, il Lattico (latte, burro, panna, ecc.), Vegetale (erba, fieno, erbe aromatiche, verdura cotta, ecc.), Floreale (fiori, miele, ecc.), Fruttato (agrumi, frutta secca, frutti esotici, ecc.), Tostato (pane, brioche, mou, ecc.) Animale (vacca, pecora, capra, bufala, stalla, cuoio, ecc.), Speziato ed altre. La sequenza di tali sentori non è casuale, si parte da quelli più evidenti e comuni quali i lattici e si prosegue verso quelli più tipici del campione in esame. In una Casatella Trevigiana sarà facilmente individuabile il sentore lattico fresco di yogurt e latte acidulo, in un Parmigiano Reggiano invece il lattico cotto o fuso, il sentore di brodo di carne, verdura cotta e note tostate; in una Robiola di Roccaverano, infine, sentori di stalla, yogurt, burro e interessanti note di muffe, lieviti, nocciola e funghi.

Antonio Lodedo Maestro Assaggiatore ONAF Treviso, Belluno e FVG
VALSANA · 22

Prodotto dal Caseificio Debbene sull’altopiano di Campeda a Macomer (NU), in Sardegna, con latte crudo ottenuto da pecore di razza Sarda allevate in azienda allo stato brado. Stagionato 3 mesi circa

Forma: cilindrica regolare, facce piane, scalzo convesso. Crosta canestrata, con muffe e macchie, umida e dura. Colore ocra scarico, non uniforme

Colore della pasta: avorio uniforme, con sottocrosta e un’occhiatura irregolare, non uniforme. Struttura semidura, deformabile, compatta, liscia

Odori: animale medio-elevato, di pecora; vegetale di funghi e sottobosco; lattico acido; sentori di muffe e humus. Sapori: dolce medio, acido medio, salato medio, amaro non percettibile. Aromi: animale medio-elevato, di pecora; vegetale di funghi e sottobosco; lattico acido; sentori di muffe e humus. Sensazioni trigeminali: assenti. Struttura solubile media, deformabile medio-elevata, grumosa medio bassa, che ricorda la consistenza della pera. Persistenza gustativa: media. Note: piacevoli sentori di freschezza unita a note di latte di pecora e aromi di muffe; domina un’eleganza generale, con un finale piacevolmente dolce.

Prodotto dall’Azienda Agricola Maiorano a Crotone, in Calabria, con latte pastorizzato da pecore di razza Gentile e Sarda. Stagionatura: 60-90 giorni

Forma: cilindrica regolare, facce piane con impresso il marchio di origine, scalzo convesso. Crosta sottile, canestrata, untuosa, dura, con macchie e muffe di colore nero, ocra e arancio. Colore giallo dorato scarico, non uniforme

Colore della pasta: giallo paglierino uniforme scarico, con sottocrosta medio e occhiatura piccola, irregolare, molto rada. Struttura deformabile, compatta, liscia

Odori: animale medio-elevato, di pecora; vegetale di funghi champignon; lattico cotto; sentori di patata lessa e humus. Sapori: dolce medio, acido medio, salato medio-basso. Aromi: animale medio-elevato, di pecora; vegetale di funghi freschi; lattico cotto; sentori di patata lessa, humus, mallo di noce. Sensazioni trigeminali: assenti.

Struttura solubile medio-elevata, grumosità mediobassa, deformabile medio-elevata. Persistenza gustativa media. Note: rappresentativo del territorio di origine con gentili sentori animali, non impegna il palato ma regala una buona piacevolezza, equilibrio e media persistenza.

PECORINO DEBBENE BIOLOGICO cod 31421 · peso 4 kg circa cod 31416 · peso 2,5 kg circa PECORINO
CROTONESE DOP
ASPETTO ESTERNO ASPETTO INTERNO ESAME OLFATTIVO GUSTATIVO TATTILE 0 5 10 Animale Erbaceo Tostato Fruttato Vegetale Lattico Minerale Dolce Salato Acido Amaro Umami Consistenza

RACLETTE Igp

SE ANDATE IN FRANCIA E SIETE ALLA RICERCA DI RACLETTE IN UNA FROMAGERIE SARÀ COME ENTRARE IN UNA GELATERIA: VI SERVIRÀ QUALCHE MINUTO PER SCEGLIERE E AVRETE SEMPRE LA SENSAZIONE DI LASCIARE INDIETRO QUALCOSA

QUALE? Al pepe, alla senape, al peperoncino, mostarda, fumé, a latte di capra o aglio ursino. Il nome Raclette sfortunatamente in Francia non è protetto quindi la competizione è grande come anche la libertà di interpretazione. Potrei andare avanti a elencarvi le varietà all'infinito, ma non ce n’è bisogno, qui si parlerà dell’unica certificata: quella IGP de Savoie

L'AFFINATORE Joseph Paccard è l’affinatore che seleziona le varie fermes (fattorie) in Savoia per portare i formaggi che producono a stagionature perfette. Dal Reblochon al Manigodine, dalla Tomme de Savoie o Tomme de Bauges e anche Beaufort e Abondance. In mezzo a questo eden di formaggi si trova anche la Raclette de Savoie IGP.

PUNTI FORTI Parliamo sempre di un formaggio a latte crudo oppure termizzato (crudo nel nostro caso). Pasta pressata non cotta che viene stagionata almeno 3 mesi. Le razze permesse dal disciplinare sono l’Abondance, Montbeliarde e Tarine, tutte belle rustiche. L’area geografica protetta è quella dell’Haute Savoie, de l’Ain e dell’Isère.

Come ben si sa questo formaggio è storicamente e culturalmente usato per essere fuso. Infatti Raclette viene da "racler" che significa raschiare. Ovvero ciò che il pastore faceva col formaggio vicino al fuoco per fare una merenda leggera. Oggi con gli abbinamenti saremo cosmopoliti, niente barriere, ingredienti buoni, piatti conosciuti, ma in versioni rivisitate.

NOME Raclette de Savoie IGP

AFFINATORE Joseph Paccard

REGIONE Haute Savoie

LATTE �� vaccino

Crudo

Termizzato

Pastorizzato

STAGIONATURA almeno 3 mesi

SAPORE dolce, intenso con note di tostato, burro cotto e crosta lavata

PESO 6 kg circa

CODICE 40719

disponibile anche in 1/2

Jacket potato

Piatto anglosassone dove una patata di buone dimensioni viene cotta in forno al cartoccio con la buccia, aperta per lungo e farcita. Consiglio con guanciale, Raclette e funghi. Caldo, montanaro e comfort. Agli inizi del ‘900 si stima venissero consumati 10 tonnellate di Jacket potato al giorno. Qui puntiamo sulla qualità che è meglio.

Burgerette

Impossibile trovare un paese senza Hamburger. Una vera patria non ce l’ha, ma si fa voler bene da tutti i pub nel mondo. Nel nostro caso su una base di pane e Raclette ben riscaldato abbiamo adagiato coleslaw (un'insalata di cavolo in agrodolce), fette di costata e puntarelle

Mac 'n cheese

Sarà il caso di mettere le mani in questa ricetta e farla un po’ a modo nostro? Allora niente di diverso da una pasta al forno fatta bene. Parmigiano e besciamella come base, lascio a voi il sugo che preferite. Però, prima di infornare per l’ultima cottura adagiate qualche fetta di Raclette per dare il colpo di grazia. Al piatto e a voi stessi.

Matteo De Santi Export Manager
L'INTERNAZIONALE 2 minuti di lettura
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ABBINATE filate

AZZARDI IMPAVIDI PER ESALTARE IL GUSTO INTENSO DI TRE PASTE FILATE STAGIONATE DAVVERO UNICHE

Un abbinamento tra pesi massimi, dove il gusto va bilanciato e nessuno dei due prodotti deve prevaricare l’altro. La parte grassa del formaggio custodisce un patrimonio di aromi che verranno esaltati dal gusto del Nebbiolo, il tannino del vino poi donerà tridimensionalità all’abbinamento e ci farà divertire. Un abbinamento carnoso, gustoso e soddisfacente, fatevi avanti!

• Taurasi DOCG

Un abbinamento che quasi vuole far competere questi due prodotti sulla lunghezza del gusto. Un formaggio sfaccettato con note piccanti, animali e burrose verrà contrastato da un vino austero ed etereo che profuma di sottobosco e pellami. Tutte queste sensazioni creeranno una sorprendente armonia gustativa, a noi non resterà che tenere a freno l’istinto di finire tutta la bottiglia.

Le note tostate del Ragusano che si sovrapporranno a quelle balsamiche, nocciolate e legnose del Marsala. Un abbinamento raffinato per chiudere una cena, la sapidità del formaggio verrà ingannata dalla morbidezza alcolica del vino e i sentori di spezie dolci concluderanno il sorso. Una cosa è certa, dopo questo abbinamento guarderete il dolce dopo pasto da un altro punto di vista.

CACIOCAVALLO PODOLICO STAGIONATO

cod 25222 · peso 1,8 kg circa Presidio Slow Food prodotto in Basilicata con latte crudo di vacche Podoliche e stagionato 6 mesi

• Birra Trappista Orval

Questa birra belga trappista presenta delle caratteristiche assolutamente

particolari: al naso le note sono fruttate di agrume e susina, ma si percepiscono anche il pepe, la cannella, la liquirizia. In bocca i sentori sono più rustici, aciduli e dai toni terrosi. Non va gettato il fondo, deposito dei lieviti, che anzi in questo abbinamento esalta i sentori più decisi del formaggio.

PROVOLONE DEL MONACO DOP cod 25220 · peso 5 kg circa Caciocavallo senza testa, prodotto in Campania con latte vaccino crudo e stagionato circa 6 mesi

Il sidro di pere, nella sua versione dry e frizzante è bevanda leggera, dal perlage sottile e persistente, caratterizzato da sentori dolci, ma non stucchevoli. L’acidità del frutto che tende a emergere al sorso, bilancia le note più rotonde e dolci del formaggio, mentre alcune sensazioni di frutta tropicale al naso ne accompagnano la delicata piccantezza.

RAGUSANO DOP SEMISTAGIONATOcod 30952 · peso 14 kg circa Formaggio siciliano a forma di parallelepipedo, prodotto con latte crudo vaccino e stagionato 3 mesi

Whisky torbato, zenzero, miele e limone: un cocktail che sprigiona al naso un mix di note affumicate e fresche che ritroviamo in bocca insieme alla morbidezza del miele e al leggero pizzicore speziato dello zenzero. Ben si adatta all’abbinamento con formaggi particolarmente saporiti e sapidi perché è in grado di limarne le spigolature ed esaltarne i sentori che derivano dalla stagionatura.

Elisa Cibien Ufficio Acquisti VINI ROSSI E LIQUOROSI, BIRRA E DISTILLATI: I NOSTRI SOMMELIER CI RACCONTANO Enrico De Conto Ufficio Acquisti
I SOMMELIER 2 minuti di lettura
Sidro di pere • Cocktail Penicillin • Barolo DOCG • Marsala Vergine DOC

ISTANBUL delights

Testa di ponte tra Oriente e Occidente, con una popolazione di oltre 15 milioni di abitanti, Istanbul è una delle destinazioni più ambite tra i Paesi del Mediterraneo per la sua cultura gastronomica, compresa la cucina di strada Conosciamo però assai poco di quella ricchezza di piatti e specialità che fin dai tempi dell’Impero Ottomano caratterizzavano la cucina di sultani e pasha.

PARLANDO DI STREET FOOD...

Viene spontaneo pensare allo spiedone di carni rotante: il döner kebab, frutto dell’incontro della tradizione persiana con quella turca, dove “kebab” in lingua farsi significa arrosto e “döner” rotante, in turco. Un assaggio di autentico döner kebab realizzato con le migliori carni, cotto a dovere con tizzoni di carbonella e tagliato magistralmente sottile e dorato, con il lungo coltello, varrebbe da solo un viaggio a Istanbul, per rendersi conto della sua bontà. Sarebbe anche l’occasione per scoprire le oltre 90 varianti regionali che si possono gustare in città, spaziando dall’Adana kebabı di agnello della città di Adana all’İskender kebabı servito con yogurt, salsa di pomodoro e burro, originario di Bursa.

DAL KEBAB AL BAKLAVA: METTIAMOCI IN VIAGGIO TRA CIBI DI STRADA E DOLCI OTTOMANI Vittorio Castellani Giornalista “gastronomade” www.ilgastronomade.com ITINERARI GASTRONOMICI I 3 minuti di lettura
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Oggi le varie tipologie di kebab continuano a essere vendute per strada, avvolte in una piadina di pane durum, ma si possono gustare anche comodamente seduti in una delle spassosissime grill houses o ocakbasi. Una sorta di chef table dell’era ottomana, dove il cuoco griglia sapientemente i lunghi spiedi davanti ai commensali, sotto un caratteristico caminetto di rame, per servirli nel piatto.

Gli amanti del quinto quarto potranno dilettarsi con il kokoreç, una sorta di “gomitolo” d’interiora di agnello, ripieno di frattaglie, assai simile ai nostri torcinelli o alla cordula sarda, che una volta grigliato come un kebab, viene saltato con cipolla, pomodoro e spezie, per farcire un panino.

Tra i prodotti del mare i molluschi la fanno da padrone. Da non perdere i midye dolma, serviti nel loro guscio farcito di riso pilaf alle erbe, con una spruzzata di limone o i midye tava, pastellati e fritti su lunghi spiedini, da servire con salsa tarator di yogurt, aglio e noci. Affacciandovi sul Bosforo lasciatevi tentare dai panini balik ekmek: filetti di sgombro planciati con verdure, serviti da scenografici barconi ormeggiati lungo le banchine di Eminönü.

Osservando le donne lavorare dietro le vetrine di un gözlemecileri, intente a stendere con il mattarello e cucinare il gözleme su grandi piastre bombate, viene spontaneo il paragone con le nostre piadine farcite. Lo stesso discorso vale per la pizza se osserviamo la lavorazione del lahmacun, un disco sottile di pasta senza cornicione, farcito con carne tritata, pomodoro e spezie, cotto nel forno a legna, da gustare preferibilmente arrotolato con un’aggiunta di pomodoro fresco, erbe aromatiche e una spruzzata di limone. Il cornicione ce l’hanno invece le pide, la cui forma e farcitura è assai simile a quella del khachapuri georgiano.

Da questo breve viaggio tra alcuni dei cibi di strada turchi più amati troverete spunto per i vostri spuntini veloci ma di qualità, all’ora di pranzo o per le vostre notti brave a Istanbul.

CIYA KEBAP lahmacun e piatti della cucina dell’Anatolia www.ciya.com.tr

YIĞIT SOFRAM GÖZLEME yigit-sofram-gozleme-ve-kahvalt. business.site

BAGDAD OCAKBASI www.bagdatocakbasi.com.tr

ANTAKYA MUTFAĞI antakyamutfagi.ist

UZUNLAR KEBAP www.uzunlarkebap.com.tr

ORIENTALI

“Nutriti dolcemente e amerai dolcemente...”, recitava un antico detto che circolava tra le concubine dell’harem del sultano. Entrando in una delle tante pasticcerie orientali di Istanbul è impossibile resistere alla tentazione di ordinare un vassoio di queste delizie dai nomi che evocano ancora quelle atmosfere sognanti. Molti conosceranno le sfoglie farcite di frutta secca di baklava o le gelatine di lokums. Le prime erano parte integrante della paga dei Giannizzeri, le guardie del sultano, le seconde rappresentano uno dei dolci più voluttuosi, che pare abbiano ispirato la produzione delle nostre gelatine di frutta.

HACI BEKIR www.hacibekir.com

KARAKÖY GÜLLÜOĞLU www.karakoygulluoglu.com

HAFIZ MUSTAFA www.hafizmustafa.com

I dolci tradizionali turchi sono ricchi di frutta secca, principalmente pistacchi di gran qualità, lavorati con granella e imprigionati tra strati sottilissimi di pasta sfoglia yufka attraverso la quale si può leggere il giornale, o matassine di spaghettini künefe. Sono dolci generosi di burro, il migliore è quello di Urfa, spesso imbevuti di sciroppo di zucchero o nappati nel miele. Come tutti i dolci della tradizione islamica sono molto zuccherini e nutrienti, specie quelli del sacro mese di Ramadan, che vengono utilizzati per “rompere” il digiuno. Alcune pasticcerie sono considerate degli autentici luoghi di culto, come Haci Bekir, che serviva i suoi lukums ai sultani fin dal 1777 o Karaköy Güllüoğlu di Nadir Güllü, considerato il guru del baklava, che recapita i suoi tesori ai capi di stato di molti Paesi del mondo arabo, compreso Saddam Hussein, che fu uno dei suoi migliori clienti. La lista dei dolci che potremmo scoprire è davvero lunghissima, mi limiterò a citare le frolle di frutta secca şekerpare, i beignets fritti e zuccherini di lokma, le tulumbe che qualcuno considera gli antenati dei churros spagnoli.

... E DI
DOLCEZZE
Istanbul ◉ VALSANA 27

PANE, burro E ZUCCHERO

3 minuti di lettura

IN-FORMAZIONE

POCHI INGREDIENTI PER UNA DELLE MERENDE PIÙ AMATE DELL’INFANZIA.

SCEGLIAMO ASSIEME IL MIGLIOR BURRO PER RICREARLA

STORIE DI BURRO

Uno degli alimenti più demonizzati nel corso della storia gastronomica: il burro. Giunto dal Nord Europa, viene introdotto dai Romani in campo medico e successivamente in cucina. Viene inizialmente osteggiato dalla Chiesa perché non rispetta i principi del digiuno ma col passare del tempo viene totalmente sdoganato anche tra i cuochi come alternativa all’olio.

L’Italia del burro

Storicamente l’uso del burro al posto dell’olio si è fortemente localizzato nelle regioni del Nord, sia per motivi culturali sia per motivi geografici, essendo la coltura dell’oliva tipica delle regioni mediterranee Burro

Alla fine quest’emulsione di grassi e acqua, contenuti naturalmente nel latte, non è altro che uno stratagemma per conservare il grasso.

COME SI PRODUCE

Per ottenere il burro la base di partenza è sempre la panna, la vera differenza sta nel modo in cui la si ottiene.

Partendo dal latte fresco possiamo ricavarla tramite centrifugazione o affioramento: il primo metodo ci permette di ottenere un burro più costante, mentre con le panne affiorate otteniamo burri spesso utilizzati in cucina. Nel periodo di riposo la panna affiora a circa 16/18°, è il metodo più adottato anche nelle lavorazioni in malga.

La panna ricavata non più dal latte ma dal siero, tramite centrifugazione, è spesso usata per produrre il cosiddetto “burro di seconda”. Un prodotto più scarico, con un gusto a volte influenzato dalla produzione da cui proviene. Una volta ottenuta la panna avviene la zangolatura, il cui risultato è la divisione del burro dal latticello.

LA DEGUSTAZIONE

Qui di seguito mi soffermerò sui burri italiani più significativi della nostra selezione.

Durante la degustazione gli aspetti d’interesse sono: il colore, la consistenza, il profumo e infine il sapore, naturalmente.

Partiamo con il Burro Gold della Valtellina, realizzato da panna centrifugata da latte proveniente da allevamenti selezionati. Viene confezionato a mano in un cestino di legno, dal colore bianco e ha una consistenza compatta e omogenea. Al palato troviamo una dolcezza con piacevoli sensazioni lattiche.

Proseguiamo assaggiando il Burro Brussino, ottenuto da panna fresca centrifugata proveniente da latte di allevamenti del Nord Europa: questa scelta del produttore è guidata dalla volontà di utilizzare una materia prima proveniente da vacche alimentate esclusivamente al pascolo in estate e a fieno e cereali in inverno. Il risultato è un burro dolce e delicato, senza riporti di amaro; la consistenza è vellutata e il profumo di panna ci ricorda il burro di un tempo. Il formato più piccolo si presenta con un particolare stampo a conchiglia, dato dalla lavorazione per mezzo di stampi di legno intagliati. Ottimo per la vendita al dettaglio, ideale per un’entrée di una cena speciale. Terminando ci soffermiamo sul Burro 1889 Fiandino nella sua versione classica. Da latte centrifugato, la sua particolarità è il riposo di 72 ore della panna, questo permette d’ottenere un burro dal gusto delicato e notevoli sentori di mandorla.

Un ultimo consiglio: qualunque burro scegliate provate a montarlo con un po’ d’acqua frizzante, il risultato sarà una soffice nuvola sul vostro crostino di pane.

VALSANA · 28
Francesca Marini Commerciale Italia
Olio

Latteria di Chiuro Chiuro (SO)

BURRO GOLD VALTELLINA

cod 2064 · 200 g in cestino

Burrificio Brussino Airasca (TO)

BURRO BRUSSINO

cod 2090 · 125 g conchiglia

cod 2091 · 250 g

Fattorie Fiandino Villafalletto (CN)

BURRO 1889

FATTORIE FIANDINO

cod 2084 · 100 g

cod 2085 · 200 g

Occelli Agrinatura Farigliano (CN)

BURRO OCCELLI

cod 2067 · 125 g

cod 2068 · 250 g

Gruppo Formaggi del Trentino

BURRO TRENTINO

cod 2050 · 125 g in stagnola

cod 2052 · 1 kg

BURRO CASALINGO

cod 1001 · 125 g

cod 1000 · 250 g

Panna da latte ottenuta per centrifugazione

Valtellina

Campo dei Fiori Daverio (VA)

Panna da latte ottenuta per centrifugazione

Panna da latte ottenuta per centrifugazione

Panna da latte ottenuta per centrifugazione

Panna da latte ottenuta per affioramento

Panna da latte

PRODOTTO PREZZO AL CHILO PRODUTTORE % GRASSO e ORIGINE MATERIA PRIMA
83%
€ € €
LAVORAZIONE € € € € € € € €
METODO DI
c/o
Caseificio di Rumo Rumo (TN)
82% Nord Europa 83% Italia 82% Piemonte 84% Trentino 82,5% UE

le VONGOLE GALIZIANE

3 minuti di lettura

A CONTI FATTI

UNA CONSERVA DI PESCE DALLE SPONDE ATLANTICHE DELLA SPAGNA DEL NORD, UN PRODOTTO RINOMATO DALL'INCONFONDIBILE SAPORE MARINO E CON TUTTA

L'ELEGANZA DEL FRUTTO DI MARE

COSA SONO I BERBERECHOS?

Sono dei mulluschi bivalvi, della specie Cerastoderma: insomma, stiamo parlando di vongole! Ma limitarci a questo sarebbe riduttivo: i berberechos sono pescati in Galizia nelle rias, cioè i fiordi che si trovano nel nord della Spagna. Tra le lunghe lingue di terra penetrano le acque salate dell'Oceano Atlantico che si mescolano a quelle dolci dei fiumi, creando un ecosistema unico.

Il periodo di maggiore produzione va da settembre a marzo circa: durante questi mesi i berberechos vengono catturati mediante l'uso di rastrelli nelle zone di bassa marea. Nella pesca sono coinvolte quotidianamente centinaia di persone che rastrellano i fondali, chi a piedi e chi dalle barche, distribuiti lungo le rias in una sorta di unica grande azione di pesca: uno spettacolo molto pittoresco!

esattamente ciò che ci si aspetta da una specialità così rinomata.

Grazie a Paolo Cappuccio, chef stellato e consulente, abbiamo sperimentato con questo prodotto pregiato, scegliendo tre proposte (nella pagina a lato) che vi raccontiamo in ordine di impegno richiesto nella realizzazione e food cost per porzione.

In linea generale i berberechos sono ideali per impreziosire delle tapas, un'insalata di mare, un guazzetto o un gazpacho. Ottimi in un risotto, magari con zucchine o asparagi. Ma possono anche essere serviti tal quali, con limone o lime, abbinati a qualche foglia di menta o una macinata di pepe. Attenzione, anche il liquido di conservazione è parte del prodotto e può avere un uso: ad esempio per condire una pasta come raccontiamo a lato.

BERBERECHOS

Vongole sgusciate e cotte, di dimensioni importanti, conservate in acqua e sale; dal sapore iodato ed elegante

cod 95905 · peso 111 g

Ed è dopo la pesca che entra in azione Yurrita recandosi nei più prestigiosi mercati galiziani per scegliere i molluschi di maggiore qualità e di dimensioni più importanti (detti di primera categoría - prima categoria). I berberechos vengono sciacquati scrupolosamente per eliminare residui di sabbia, cotti, sgusciati e nuovamente selezionati per rimuovere gli esemplari non integri. Infine vengo messi manualmente in latta e conservati in un liquido di acqua e sale

Una latta contiene da un minimo di 25 fino a un massimo di 35 berberechos

I CONSIGLI DELLO CHEF

Questi molluschi in conserva hanno una consistenza morbida, masticabile, e un sapore iodato, molto elegante e bilanciato:

VALSANA 30

Tra gli abbinamenti valgono tutti i classici dei frutti di mare: aglio, menta, basilico, asparagi, zucchine, piselli, pomodoro, peperone, agrumi,...ananas per chi vuole sperimentare.

Ma attenzione a non farsi prendere la mano: lasciate ai berberechos il ruolo che si meritano!

PROMEMORIA FOOD COST

Quando si parla di Food Cost si intende il costo della materia prima usata in un piatto. Per essere economicamente sostenibile e consentire di ottenere un margine adeguato, è necessario che rientri in una proporzione ideale, che varia in base al tipo di attività.

Per gastronomie, enoteche e bar dovrebbe essere 1/3 del prezzo finale. Per i ristoranti, per i quali il livello di trasformazione così come i costi di servizio sono maggiori, dovrebbe essere 1/5 del prezzo finale.

Giulia Bassetto Marketing e Comunicazione Paolo Cappuccio Chef stellato e consulente

CREMA DI BORLOTTI CON BERBERECHOS

Frullare i fagioli Borlotti precedentemente cotti, quindi montarli con dell'olio evo aromatizzato con aglio e timo ottenuto soffriggendo dell'aglio in camicia unito alle erbe aromatiche. Con l'aiuto della sac à poche disporre la crema in un bicchiere e completare con i berberechos. Finire con dell'olio evo a filo, una macinata di pepe bianco, una chips di pane e un germoglio di pisello.

Food cost per porzione: € 2,05

ingrediente costo acquisto q.tà porzione costo porzione crema di borlotti € 22,00 al kg 50 g € 1,10

berberechos 111 g € 14,52 al pezzo 6 g (3 vongole) € 0,78

olio evo bio la majatica € 30,76 al litro 3 ml € 0,09

altre guarnizioni € 10,00 al kg 8 g € 0,08

ingrediente costo acquisto q tà porzione costo porzione

gazpacho giallo € 8,00 al kg 50 g € 0,40

berberechos 111 g € 14,52 al pezzo 10 g (5 vongole) € 1,31

crema di ricotta € 13,90 al kg 20 g € 0,28

pomodorini conifit 230 g € 5,00 al pezzo 10 g € 0,22 altre guarnizioni € 10,00 al kg

GAZPACHO DI POMODORO GIALLO CON BERBERECHOS

Filtrare la passata gialla, condire con olio evo, sale, pepe bianco, poche gocce di tabasco e xantana per addensare (3 g su 500 g di salsa), quindi frullare. Impiattare il gazpacho così ottenuto in una fondina e disporre in modo alternato berberechos, falde di cipolla agrodolce, pomodoro confit e crema di ricotta. Finire con qualche ciuffo di pesto, chips di pane, maggiorana e un filo d'olio evo.

Food cost per porzione: € 2,71

SPAGHETTO FREDDO CON POMODORO E BERBERECHOS

Cucinare gli spaghetti, farli raffreddare e condire con 30 ml di liquido di conservazione dei berberechos, buccia di limone grattugiato, olio evo ed erba cipollina. Disporre alla base del piatto un'emulsione di pomodoro rosso (ottenuta con lo stesso metodo del gapzacho giallo di cui alla ricetta sopra), impiattare gli spaghetti aggiungendo i berberechos in bella vista, olio a filo e una grattugiata di limone.

Food cost per porzione: € 4,44

ingrediente costo acquisto q.tà porzione costo porzione

spaghetti € 8,00 al kg 70 g € 0,56

berberechos 111 g € 14,52 al pezzo 25 g € 3,27

olio evo bio la majatica € 30,76 al litro 10 ml € 0,31

guarnizioni € 10,00 al kg 3 g € 0,30

50 g € 0,50

GULASCH Bernardi

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IL PRODOTTO DIMENTICATO

CHI L'HA DETTO CHE SE È "IN SCATOLA" È MENO BUONO?

IL GULASCH DI MANZO TRA STORIA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA

E IL TOCCO ARTIGIANO DI KARL BERNARDI

RIVOLUZIONE TECNOLOGICA

Apro la lattina di Gulasch Bernardi e oltre al profumo di carne e spezie, percepisco un sentore di “rivoluzione”. Parliamo di una rivoluzione non violenta ma di tecnologia alimentare, quando a fine '700 il francese Nicolas François Appert perfezionò il suo metodo di conservazione: la appertizzazione, ovvero un trattamento termico per allungare la vita dei prodotti. Rivoluzione nel mondo del cibo, nata da necessità militari e finita sugli scaffali, che ha cambiato per sempre il rapporto con alcuni prodotti: carne, pesce, legumi, frutta. L’impatto non si registra solo nei gesti e nel modo di mangiare, ma anche in quello di comprare, vendere e pubblicizzare. Il primo italiano a sfruttare questa innovazione fu il piemontese Cirio, che con la sua “salsa di pomidori” riuscì a conquistare negli anni Sessanta dell'Ottocento i mercati di Londra e Parigi che già richiedevano prelibatezze italiane.

DA APPERT ALLA FAMIGLIA BERNARDI

La famiglia Bernardi, in Alto Adige, introduce nella sua filiera la latta e la tecnica di appertizzazione nel 1920 con l’acquisto di un’autoclave e un'aggraffatrice, per trattare e confezionare il suo Gulasch di qualità. Uno dei primi clienti fu l’esercito italiano che cercava nel prodotto le stesse caratteristiche che presenta oggi: facile utilizzo e tempi di cottura brevi, date di scadenza lunghe, trasportabilità. In pochi semplici passi si può gustare un piatto che richiederebbe ore di cottura per essere preparato e che si distingue per le materie prime di alta qualità e l'artigianalità.

La ricetta è ancora quella della tradizione di famiglia la quale ha investito su macchinari tecnologicamente avanzati che permettono di non utilizzare additivi, coloranti o conservanti.

GULASCH DI MANZO BERNARDI

cod 81073 · peso 500 g

disponibile anche di cervo, su richiesta

cod 81074 · peso 500 g

Gulasch

Gianluca Di Lello
VALSANA · 32 Peperone Impero Ottomano in Nord Africa
America ImperoOttomano ImperoAustro-ungarico Paprica Paprica
Scoperta
DA DOVE ARRIVA IL GULASCH?

Disosso materia prima

Taglio e selezione

Rosolatura

Cottura in brodo

Aggiunta di spezie

Invasettamento

Chiusura e appertizzazione

Etichettatura

e

Con il mio collega Matteo ci siamo divertiti a far incontrare il Gulasch austroungarico con un prodotto mediterraneo: il Cous cous

Il risultato è ottimo, il sughetto del Gulasch condisce in maniera esemplare il Cous cous e se aggiungete delle verdure bollite (cipolle, carote e zucchine) e un po’ di menta otterrete anche quel pizzico di freschezza che rende il boccone ancora più accattivante.

Tutto pronto in 10 minuti

a mano
acqua ∙ carne ∙ cipolla ∙ concentrato di pomodoro ∙ olio
razza Charolais origine allevamento
macellazione ASPETTI DISTINTIVI DEL PROCESSO PRODUTTIVO ABBINAMENTI
paprica dolce e un mix segreto a mano IL NOSTRO SUGGERIMENTO
PATATE in padella, in umido o in purea SPÄTZLE POLENTA ORTAGGI COTTI carote, rape, cavoli, verze PANNA ACIDA RISO

IL CANNOLO

Siciliano

FIOR DI RICOTTA DI PECORA

Ricotta ottenuta da siero di latte ovino, con l’aggiunta di latte di pecora. Il fiocco grande e morbido e il gusto dolce la rende perfetta in pasticceria, per preparare la crema di ricotta

cod 31346 · grande da 2 kg

cod 31353 · piccola da 300 g solo su prenotazione

UNA TRADIZIONE SICULA

Il cannolo siciliano è un dolce tradizionale della Sicilia, regione italiana con una ricca storia culinaria. Inserito nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (P.A.T.) tenuto dal Ministero delle politiche agricole e forestali, il cannolo siciliano tradizionale è fatto con una cialda fritta a forma di tubo ripiena di ricotta di pecora, ma la farcitura può essere varia: dalla crema pasticciera alla chantilly, dalla ricotta di bufala alla crema di pistacchio al cioccolato.

L’ORIGINE DEL NOME

L’etimologia del termine “cannolo” deriva dal latino “canna”, che significa “canna”. Questo nome si riferisce alla forma del dolce, che assomiglia a un tubo o a una canna. La forma classica del cannolo consiste in un guscio di pasta fritta a forma di tubo, chiamato “scorza”, riempito con una crema dolce.

I RIFERIMENTI STORICI

La sua origine è incerta, ma si pensa che il cannolo abbia radici antiche e che sia stato influenzato da diverse culture che hanno attraversato l’isola nel corso dei secoli. Uno dei primi riferimenti storici al cannolo siciliano risale al periodo arabo-normanno in Sicilia nel IX secolo. Durante questa epoca, gli Arabi introdussero diverse colture

agricole, tra cui quella del grano duro, che divenne un ingrediente fondamentale per la preparazione del cannolo. Inoltre, si ritiene che la forma a tubo del dolce sia stata influenzata dalle ricette di dolci arabi come l’ataif, un pancake ripieno di frutta secca e miele. Sebbene la ricotta sia un prodotto che in Sicilia esiste da parecchio tempo, sono stati gli arabi a mescolarla con lo zucchero, formando una crema squisita che è alla base della pasticceria siciliana. Altra ipotesi, fortemente sostenuta dal giornalista e storico Gaetano Basile, ci parla del cannolo nato come dolce tipico del periodo di carnevale. Questo dolce voleva essere uno scherzo, qualcosa di divertente ed irriverente allo stesso tempo, e così si creò un dolce dalla forma fallica, formato da una scorza esterna ripiena di crema di ricotta.

Ma l’ipotesi, oggi tra le più accreditate, farebbe risalire la nascita del cannolo al Convento di Santa Maria di Monte Oliveto a Palermo, esattamente dietro la Cattedrale. Ebbene, anche secondo questa storia il Cannolo Siciliano altro non sarebbe che uno scherzo di carnevale ordito dalle simpatiche suore di clausura del convento, che avrebbero riempito una vasca di crema di ricotta e avrebbero sostituito i classici rubinetti con la scorza dei cannoli.

L’ITALIA È SERVITA 4 minuti di lettura
DOLCE TRADIZIONALE DELLA SICILIA, IL CANNOLO È OGGI UN’ICONA DELLA CUCINA ITALIANA... E ANCHE UN SOUVENIR PER I TURISTI CHE VISITANO L’ISOLA Danilo Gasparini Docente di Storia e Cultura del Cibo all’Università degli Studi di Padova
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GLI INGREDIENTI

Con il passare dei secoli, la ricetta del cannolo si è evoluta e si è arricchita di nuovi ingredienti. Il ripieno classico è fatto con una crema a base di ricotta di pecora, zucchero e vaniglia, ma esistono anche varianti con crema di cioccolato, crema pasticcera o crema di pistacchio.

Il cannolo siciliano è diventato un simbolo della tradizione dolciaria siciliana e viene spesso associato alla città di Palermo. Le pasticcerie e le gelaterie siciliane sono famose per la loro abilità nella preparazione di cannoli, che vengono spesso decorati con frutta candita, granella di pistacchi o gocce di cioccolato.

DA DESSERT A SOUVENIR

Oggi il cannolo siciliano è apprezzato in tutto il mondo ed è diventato un’icona della cucina italiana. Viene spesso servito come dessert nelle occasioni speciali e nei ristoranti italiani. Inoltre, è diventato un souvenir molto popolare per i turisti che visitano la Sicilia. Nonostante le variazioni regionali e le diverse ricette, il cannolo siciliano rimane un dolce amato per la sua croccantezza, il ripieno cremoso e il sapore dolce e ricco. La sua storia affascinante e la sua deliziosa bontà continuano a renderlo un’importante parte della cultura siciliana e italiana.

La Ricetta

IL CANNOLO SICILIANO

Ricetta secondo Ada Boni tratta da Il talismano della felicità, 9a ed., Roma 1943, p. 662

Preparazione dei cannoli

I cannoli constano di un involucro fatto con una pasta speciale che vien detta scorza e di una crema di ricotta. Preparate anzitutto le scorze. Per una dozzina di cannoli mettete sulla tavola 150 grammi di farina, una noce di strutto, un pizzico di sale, mezzo cucchiaino da caffè di zucchero e impastate questi ingredienti con un po’ di vino (...) bianco o anche Marsala. Fatta la pasta raccoglietela a forma di palla e lasciatela riposare per circa un’ora, coperta con una salvietta. Stendetela poi piuttosto sottile (2-3 mm) e ricavatene 12 quadrati di circa 10 cm di lato. Appoggiate su ogni quadrato nel senso della diagonale un cannello di latta e intorno a esso avvolgete le altre due punte del quadrato. Pigiate un poco col dito per chiudere il cannolo e mettete in una padella con

abbondante olio il tubo con la pasta attorcigliata (...) Le scorze vanno fritte a color biondo piuttosto scuro in modo che possano risultare croccanti (...) Quando sono ben colorite si estraggono dalla padella, si lasciano a freddare un poco, si sfilano con delicatezza dal cannello di latta e si lasciano finir di freddare.

Preparazione della crema

Per 12 grossi cannoli mettete in una terrina mezzo chilogrammo di ricotta e aggiungetevi 250 grammi di zucchero in polvere. Date appena una mescolata per mischiare sommariamente con la ricotta e poi uno o due cucchiai alla volta passate zucchero e ricotta al setaccio. Otterrete così una crema delicatissima che potrete aromatizzare con poca acqua distillata di fiori d’arancio. A questa crema potete aggiungere qualche dadino di cioccolata, qualche pezzetto di zucca candita, o dei pistacchi tagliuzzati, o delle scorzette d’arancio candite (...) A questo punto con un cucchiaino o con una tasca di tela con bocchetta rotonda liscia di grande apertura riempite le scorze. Poi, passando la lama di un coltello sulle due aperture della scorza, pareggiate bene la crema. Ponete infine un pezzetto di candido su ognuna delle due aperture del cannolo incastrandolo nella crema, accomodate i cannoli ultimati in un vassoio e poi spolverizzateli abbondantemente di zucchero vanigliato.

Foto: Marina Palpati Elaborazione della ricetta: Catia Mazzaro

NON SONO UNA sardina

4 minuti di lettura

INGREDIENTI IN VIAGGIO

Il Prodotto

Parliamo di acciuga o alice, un pesce gregario che vive in banchi numerosi. In estate e all’inizio dell’autunno nuota vicino alla costa e si riproduce, mentre nei mesi invernali si sposta in profondità per trovare acque meno fredde. Si nutre di plancton tenendo la bocca sempre spalancata. Il corpo ha una lunghezza che oscilla tra i 7 ed i 15 cm ma può raggiungere anche i 20 cm. Il dorso è di un colore che varia dal blu al verde mentre il resto del corpo è argenteo: da qui il nome “pesce azzurro”, una definizione romantica e non scientifica del genere, decisamente articolato. Appartengono infatti al genere Engraulidae ben nove specie: Engraulis albidus, Engraulis anchoita, Engraulis australis, Engraulis capensis, Engraulis eurystole, Engraulis japonicus, Engraulis mordax, Engraulis ringens

DAL MAR NERO ALL’OCEANO ATLANTICO

La migliore per le conserve è però solo una specie: l’Engraulis encrasicholus. Si dice abbia origine nel Mar Nero e, nelle sue migrazioni all’interno del Mediterraneo, arriva a spingersi anche oltre lo stretto di Gibilterra fino a raggiungere a nord le coste della Spagna (Mar Cantabrico) e a sud le coste del Marocco.

ACCIUGHE CANTABRICHE SOTTO SALE

Acciughe Cantabriche private di testa e viscere, conservate sotto sale; da dissalare, deliscare e risciacquare accuratamente

cod 93673 · latta da 1 kg

L’Engraulis encrasicholus a seconda di dove viene pescata, ha caratteristiche organolettiche specifiche e uniche, questo perché il plancton, la salinità, la densità e la temperatura dell’acqua ne modificano profondamente le carni e quindi sapore, profumo e consistenza. Le acciughe che risalgono il Mediterraneo ed escono dallo stretto di Gibilterra possono scegliere due strade: verso sud, di fronte alle coste del Marocco, o verso nord in quel tratto di mare che si estende dalla costa galiziana

fino alla foce dell’Adour sulle coste francesi, chiamato comunemente Mar Cantabrico Le acciughe pescate in questo mare, le più glamour, si distinguono per la loro dimensione, che può superare i 15 cm, per il colore intenso della loro polpa che vira al tabacco e sono decisamente carnose e gustose. L’habitat del Cantabrico, le cui diverse variazioni di verde ricordano quelle intese della Scozia, offre alle acciughe nutrimento di qualità in acque fredde e ben ossigenate che consentono loro di sviluppare un grasso delicato e saporito.

IL GUSTO DELLA BONTÀ

Fonte importante di proteine, il pesce, a differenza della carne, mantiene alto il valore biologico dei nutrienti offrendo tutti gli aminoacidi essenziali nelle giuste proporzioni. Inoltre la presenza dei mitici omega-3 indica che le carni dell’acciuga sono povere di grassi saturi e fonte preziosa di acidi grassi polinsaturi, amici del sistema circolatorio, quindi di arterie e cuore. Ma la bella notizia è che per far propria la bontà organolettica di questi ingredienti non è necessario mangiare solo pesce fresco: le diverse tecniche di conservazione affinate nel corso dei secoli, come l’essiccazione, l’affumicatura, la salamoia e la salagione, consentono di mantenere alta la presenza di grassi nobili, di vitamine, come la D della quale in Italia siamo particolarmente carenti, e di minerali, tra cui il calcio.

A TAVOLA!

Tre ricette che strizzano l’occhio alla bella stagione, alla stalla, all’orto e alla tradizione, condite con un pizzico di colore, di tecnica e con un consiglio: siate parchi con il sale, il più delle volte assolutamente superfluo. Insomma ricette leggere e preziose, come le acciughe.

“HO SENTITO DIRE CHE I PESCECANI MANGIANO LE ACCIUGHE. CHISSÀ COME FANNO AD APRIRE LE SCATOLETTE.”
VALSANA · 36
Anna Maria Pellegrino Gastronoma e blogger

ZUPPETTA TIEPIDA DI RICOTTA E ACCIUGHE

“Fiumi di latte e ambrosia” recita l’Antico Testamento. Ed ecco fatto: la ricotta vaccina si trasforma in una leggera vellutata dalla sapidità elegante (grazie all’acciuga) che accoglie, nella quantità che desiderate, cubetti di preziosi ingredienti, come la trota Regina di San Daniele. E non dimenticate il tocco finale del pepe bianco!

DOSI per 4 persone

PORTATA: primo piatto

DIFFICOLTÀ: semplice

PREPARAZIONE: 30 minuti più il riposo

COTTURA: 10’ minuti

INGREDIENTI

3/4 acciughe Cantabriche sotto sale

400 g ricotta di Romagna

100 ml latte (o fumetto di pesce o brodo vegetale)

50 g pecorino grattugiato

100 g filetto di trota Regina di San Daniele

2-3 falde di pomodori secchi ‘Ready-to-eat’ olio evo delicato

pepe Muntok macinato al momento sale in fiocchi

foglioline di timo fresco

PROCEDIMENTO

Sciacqua le acciughe, elimina la lisca e la coda, para appena e lascia riposare coperte da un filo d’olio evo e qualche bacca di pepe bianco.

Taglia a julienne le falde di pomodoro e il filetto di Regina di San Daniele.

Frulla il latte (o brodo vegetale o fumetto di pesce) e la ricotta con i filetti di acciughe, trasferisci in una casseruola, scalda leggermente il composto mescolando per qualche minuto e unisci il pecorino grattugiato. Regola di gusto, se necessario.

Dividi la crema in quattro fondine, aggiungi armonicamente la trota, il pomodoro, le foglioline di timo come fosse un dipping e servi con una macinata di pepe Muntok. Se gradito potete abbinare anche del pane Guttiau.

RISOTTO CON ACCIUGHE E CIME DI RAPA

Orecchiette e cime di rapa, uno dei piatti più rappresentativi della Puglia, si trasferisce al Nord e diventa un classico risotto lombardo che continua a strizzare l’occhio alla gastronomia del Sud, grazie al tocco finale della burrata leggermente affumicata, così da coccolare ancora di più le papille gustative.

DOSI per 4 persone

PORTATA: primo piatto

DIFFICOLTÀ: semplice

PREPARAZIONE: 30 minuti

COTTURA: 20 minuti

INGREDIENTI

4/5 acciughe Cantabriche sotto sale

280 g riso Carnaroli Cascina Oschiena

200 g crema di cime di rapa

150 g stracciatella affumicata

1 limone bio, succo e zeste brodo vegetale

olio evo

sale

pepe Timut

PROCEDIMENTO

Sciacqua le acciughe, elimina la lisca e la coda, para appena e lascia riposare coperte da un filo d’olio evo e qualche bacca di pepe Timut.

In una casseruola tosta il riso a secco e successivamente sfumalo con il brodo.

Cuoci il riso continuando a versare brodo poco alla volta e nel frattempo frulla le acciughe con la crema di cime di rapa, un mestolo di brodo e usalo per mantecare il risotto a fine cottura con un filo di olio evo e il succo di limone. Lascia riposare coperto per 2’.

Stendi il risotto in ogni singolo piatto, guarnisci con una quenelle di stracciatella fredda e un filetto di acciuga. Servi con una macinata di pepe Timut e zeste di limone.

INGREDIENTI IN VIAGGIO

PALA DI SCAROLA

Anche questo piatto, come l’intero menù, è uno scambio goloso tra la gastronomia dei due poli dell’Italia. La pizza di scarola è un piatto partenopeo, uno scrigno di pasta, che racchiude ingredienti semplici, come la scarola, e preziosi, come l’uvetta e i pinoli. Noi lo proponiamo “aperto” e sempre con l’elemento valorizzante dell’acciuga.

DOSI per 2/3 persone

PORTATA: antipasto

DIFFICOLTÀ: molto semplice

PREPARAZIONE: 20 minuti

COTTURA: 20 minuti

INGREDIENTI

3/4 acciughe Cantabriche sotto sale

1 pala Unica

700 g scarole mondate

50-70 g paté di olive nere

30 g cappero Selargino sotto sale

1 spicchio d’aglio

10 g pinoli tostati

10 g uva passa

qualche foglia di cappero

olio evo

pepe Tellicherry

PROCEDIMENTO

Sciacqua le acciughe, elimina la lisca e la coda, para appena e lascia riposare coperte da un filo d’olio evo e qualche bacca di pepe Tellicherry.

Taglia la scarola già mondata in quarti nel senso della lunghezza. In un’ampia casseruola scalda l’olio con lo spicchio d’aglio, aggiungi le acciughe, i capperi dissalati, i pinoli e l’uvetta. Aggiungi mezzo bicchiere d’acqua, mescola e sciogli le acciughe, distendi la scarola e cuoci a fuoco dolce fino all’assorbimento del liquido.

Nel frattempo, nel forno già caldo a 180°-200° rigenera la pala.

Sforna, distribuisci la scarola condita e termina con piccole quenelle di pesto di olive e le foglie di cappero.

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