PROMO-LA SCALA A PIOLI- PARZIALE-2-ridotto

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Flavio Moro

LA SCALA A PIOLI

di

Fotografie
Valerio Rota Nodari
Impaginazione e grafica

Flavio Moro

La scala a pioli

Un racconto tra storia e tradizione, ambientato sui rilievi prospicienti l’abitato di Casnigo ove sorge il Santuario della Santissima Trinità, legato da secoli al culto dei Re Magi

Fotografie di Valerio Rota Nodari

Corredato di note storico-artistiche sul Santuario della Santissima Trinità di Casnigo redatte con la consulenza di Natale Bonandrini

Corredato di estratti dalla tesi di laurea di Roberta Fiorina “Immaginario, credenze, narrativa popolare: il patrimonio di Ca snigo (BG)”

Quella sera l’abitato era silenzioso. Nevicava.

Le nebbie del mistero parevano risalire dalle notti profonde dei tempi passati, pigramente, senza fretta, con la sottile inquietudine che il buio insinua da sempre nell’animo degli esseri umani.

I fiocchi di neve e i cristalli gelati tessevano pian piano la coltre quasi impalpabile che ricopriva i boschi sulle alture, i tetti delle baite e le mulattiere che scendevano ripide verso l’abitato.

La vita nei paesi del fondovalle si era quasi fermata, aveva il battito lento e il respiro lieve che ricordava quello dei fanciulli addormentati nella notte appena incominciata. Laggiù, la luce dei lampioni riposava quieta sul manto candido che dava un tono più severo al paesaggio e smorzava l’allegria dei colori delle luminarie che ammiccavano dai rami finti degli alberi di Natale, sopra le vie imbiancate, fra i terrazzi delle case e accanto alle imposte richiuse sull’intimità di mille abitazioni.

Neanche i cani abbaiavano, tant’erano assorti a spiare i batuffoli impazziti nel vento con il naso appiccicato al vetro di una finestra oppure allungato appena oltre il varco delle poche cucce ancora in uso, quelle sistemate alla bell’e meglio nel vano dei pianerottoli oppure dentro ai cortili delle case più antiche.

Nessun rumore, nessuna voce umana, nessun ronzio di motore di automobili o frastuono di motocicli: si udiva solamente il fruscìo della brezza di tramontana, il cigolìo di un portone che dà l’illusione di chiudere fuori il mondo e un lamento vago e lontano, molto simile al pianto di un bambino.

Sotto la neve che ricopriva l’altopiano, anche l’intero paese di Casnigo sonnecchiava. Il suo nome, poco fluido da pronunciare e troppo facile da dimenticare per chi non è del posto, lo ha sempre saputo distinguere dai paesi circostanti, costruiti sulle colline a ridosso delle Prealpi bergamasche in un modo talmente disordinato e confuso che, a vederli da lontano, ricordano i boccoli spettinati sulla testa di un monello. Qualcuno dice che quel nome sia nato per evocare i mille castagni o le mille querce che ricoprivano l’altopiano in un passato impenetrabile, troppo lontano anche per la fantasia.

Si dice pure che, nelle notti dei tempi remoti, nei prati e nei campi coltivati a granoturco si aggirassero gli spettri del berlìchete e le ombre della càscia mórta, démoni e schiere di animali dalla forma strana e mostruosa che di giorno si nascondevano nelle cavità roc-

La ègia da Pì può essere paragonata alle tante streghe presenti nella tradizione folklorica italiana ed europea, infatti ne presenta alcune caratteristiche tipiche: è una vecchia (ègia) che vive isolata, al limitare del paese e lontana dal centro abitato; le sue vittime predilette sono i bambini che sono anche i principali bersagli delle cattiverie delle Donaze del bellunese, della Masciara in Basilicata, della Pagana in Veneto, della Stempa in Trentino, della ‘Nserra siciliana e della Surbile sarda (www.antrodellamagia.it). Le streghe che abitano nelle caverne e fanno la guardia a pozzi, fonti, laghi e ruscelli come la ègia da Pì sono numerose, sicuramente perché questi luoghi erano particolarmente pericolosi per i bambini che giocavano nelle vicinanze e le malvagie creature che ci vivevano avevano il compito di tenerli lontani dai guai; sono ad esempio la Marabbecca siciliana e la Pettenedda sarda (www.antrodellamagia.it).

Racconti di diavoli e fantasmi

Come accennato in precedenza, i racconti casnighesi con un risvolto macabro sono parecchi e si sentivano spesso, per impaurire i bambini e tenerli fuori dai guai o semplicemente perché le storie di paura incontravano più delle altre i gusti del pubblico. Solitamente ad incappare nelle creature spaventose erano soggetti poco diligenti, persone che uscivano tardi la sera per andare a ballare, uomini che maltrattavano senza motivo gli animali o che sceglievano luoghi impropri per divertirsi. Generalmente non viene specificato cosa avvenisse dopo l’incontro con la creatura, il malcapitato non veniva ferito o ucciso dal demone o dal fantasma; in un caso un uomo si prese uno schiaffo in pieno volto anche se tutti in casa dormivano, ma solitamente l’unica conseguenza degli incontri era un grosso spavento. Lo scopo era sicuramente quello di dare un monito, un avvertimento: ad una condotta scorretta corrispondeva una punizione, quindi era meglio essere ligi al dovere e non abbandonarsi all’ozio.

Era invece più infelice la sorte che toccava ai bambini, i quali, nonostante gli avvertimenti, disobbedivano agli adulti. Coloro che si avventuravano nelle grotte delle rie da Pì finivano tristemente bolliti e impastati dalla ègia da Pì; quelli che sgattaiolavano là dove non gli era permesso venivano catturati dalla càscia mórta o dal lupo e portati non si sa dove; ma il destino forse più crudele è toccato ad un bambino che disobbediva continuamente

alla mamma e che per questo si è trovato faccia a faccia con Berlìchete, il diavolo. Il povero bambino, finito schiacciato dal demonio contro una grata, era l’esempio perfetto; se uno non voleva finire male, faceva meglio ad ascoltare la mamma. Che questa storia sia davvero servita a rendere i bambini più buoni non ci è dato sapere: certo è che tutti, quando dovevano passare di fronte alla casa dove Berlìchete aveva crudelmente ucciso il povero bambino, acceleravano il passo. La storia di Berlìchete non è forse particolarmente conosciuta in paese, ma senza dubbio non è stata dimenticata poiché io stessa da bambina la raccontavo ai miei amici quando ci trovavamo di fronte alla casa dietro la chiesa, dove ancora si vedono le presunte macchie di sangue del bambino. Il nome di Satana per tradizione non poteva essere pronunciato poiché farlo avrebbe significato invocare il male, ed è per questo motivo che il demonio ha così tanti nomi a seconda delle zone: Belzebù, Martinetto, Farfarello, Luzziddu, Zapinus, Ciapin e Berlicche, nome tanto simile al Berlìchete casnighese e diffuso anche in altre zone del nord Italia (Coltro, 2006). A Casnigo il diavolo viene chiamato anche Menelìc, nome con il quale talvolta ci si riferisce anche ai bambini pestiferi. Il diavolo è una figura molto presente nel folklore europeo; incarnazione del male per la religione cristiana, a seguito dell’evangelizzazione

Sezione redatta con la consulenza di

L’interno del Santuario visto dall’abside.

Storia del Santuario e breve analisi del suo patrimonio artistico

Nelle serate particolarmente limpide, dal Santuario si può distinguere il profilo delle Alpi Marittime.

IL SANTUARIO DELLA SS. TRINITÀ

Storia del Santuario e breve analisi del suo patrimonio artistico

Il Santuario della SS. Trinità sorge in territorio di Casnigo, nella provincia di Bergamo, sulle pendici del Monte Farno che digradano verso sud. Collocato su un terrazzo naturale che sovrasta il paese a quasi 700 mt. s.l.m., gode di una splendida vista sulla media e bassa Val Seriana. Nelle serate particolarmente limpide lo sguardo può arrivare a distinguere chiaramente, oltre la pianura Padana, il profilo delle Alpi Marittime.

La località dove è stato edificato beneficia di un clima particolarmente favorevole che ha contribuito non poco a salvaguardare gli affreschi e le opere d’arte presenti nel Santuario.

Il luogo e l’edificio sacro vantano sicuramente una storia plurimillenaria la cui ricostruzione è un’operazione già molto complessa di per sé. In questo caso lo diventa ancor di più in quanto non si dispone di documentazione ad esso riferibile per il periodo più antico. Oltre a ciò, la documentazione degli ultimi secoli di storia, esistente presso la Confraternita della SS. Trinità che gestiva il Santuario, fu sequestrata a seguito della soppressione, voluta da Napoleone, di tutte la corporazioni, congregazioni, comunità ed associazioni ecclesiastiche. La requisizione e la nazionalizzazione dei beni ecclesiastici avvenne a seguito del Decreto Imperiale del 25 aprile 1810.

LA CHIESA PRIMITIVA

L’aula quattrocentesca

Nella prima metà del ‘400, e prima della crisi economica citata in precedenza, si ritiene sia stata costruita una prima chiesa corrispondente alla parte più bassa e stretta dell’attuale edificio. La sua collocazione si spiega solo se collegata all’ubicazione del primitivo altare di origine celtica e alla volontà di inglobarlo nella nuova costruzione.

Per realizzare uno spazio pianeggiante mediante muri di sostegno del terrapieno, sarebbe stato necessario sostenere uno sforzo economico e tecnico notevole, pertanto non resta che concludere che i nostri antenati furono quasi costretti, o quanto meno invogliati, a costruire la chiesa verso monte.

Il piazzale antistante la chiesa, sostenuto dal poderoso muro, verrà costruito nel sedicesimo secolo, quando lo sforzo economico e tecnico richiesto dall’opera sarà possibile.

Sappiamo, sulla base dell’accurata relazione e della misurazione effettuata nell’ottobre 1575 dall’inviato di San Carlo Borromeo, che la chiesa primitiva corrisponde all’attuale parte più bassa dell’edificio che, in origine, era completata da un presbiterio con abside semicircolare.

Della chiesa primitiva, si segnalano i seguenti punti di particolare interesse:

- Il portale d’ingresso ovest in pietra sembrerebbe riferibile ad epoca precedente in quanto lo stile architettonico rimanda al romanico puro, perciò data-

La chiesa “primitiva”

La chiesa “primitiva” corrisponde all’attuale parte più bassa e stretta dell’edificio

LA CHIESA “NUOVA”

Aula cinquecentesca

Nel periodo intercorrente tra la visita di San Carlo nel 1575 e il 1594, la chiesa viene ampliata e diventa come la vediamo oggi.

L’individuazione dell’anno 1594, quale anno in cui fu completato l’ampliamento, è frutto di deduzioni legate all’affresco raffigurante il Giudizio Universale che orna il frontone del presbiterio.

È noto che un affresco molto simile, quasi una copia ma di dimensioni più ridotte, si trova ad Urgnano (BG) nella chiesa campestre di San Pietro ed è firmato Cristoforo Baschenis, il Vecchio.

Lo schema e la somiglianza sono tali che, per gli esperti d’arte, è assolutamente verosimile attribuire il Giudizio Universale di Casnigo alla mano dello stesso artista. Quindi, siccome Cristoforo Baschenis nei documenti è dato come ‘quondam’, ossia defunto già nel 1594, anche considerando la probabilità che questa sia la sua ultima opera, non si può andare oltre tale data.

I Baschenis operavano sempre come “bottega”, normalmente allargata a molti membri della famiglia e, in questa ottica, è certo che fosse presente il nipote Cristoforo il Giovane, il quale poi affrescherà il presbiterio.

Un ampliamento così corposo e in tempi così brevi si spiega con la notevole disponibilità di denaro a disposizione della Confraternita laica la quale prendeva nome dal Santuario.

La chiesa “nuova”

Scorci del Santuario della Santissima Trinità in Casnigo

Fotografie di Valerio Rota Nodari

Quando d’inverno scende la neve, è gaia e fluttua lieve coprendo campi, case e chiese. Ma, al par di nostra vita, il suo tempo è breve.

Valerio Rota Nodari

Alle pagine precedenti: fotografia del 27 dicembre 2014

A lato:

fotografia notturna del 26 febbraio 2018

Alle pagine seguenti: fotografia del 13 gennaio 2017 e fotografia del 9 dicembre 2021

Fotografia del 15 dicembre 2019: il Santuario della Santissima Trinità sovrasta il paese di Casnigo e la media e bassa Val Seriana

La tradizione dei Re Magi nel secolo scorso e l’evoluzione ai giorni nostri

Articolo tratto dal settimanale

“La Val Gandino” del 13 gennaio 1935, a testimonianza che la tradizione dei Re Magi di Casnigo coinvolgeva tutta la Valgandino. Il periodico era pubblicato dalla Parrocchia di Gandino.

“E intanto la nebbia dai paesi sottostanti si diradava e si portava più in alto, e tutta la gente, dato un addio alla chiesa ed ai SS. Re Magi, incominciava a scendere al piano, seguita dagli ultimi rintocchi delle campane che sembrava volessero mandare a nome di tutti un saluto e un grazie riconoscente ai Santi Re Magi ...”

6 gennaio 1982

La tradizione, nel tempo, è stata ripresa e ampliata su iniziativa dell’Arciprete Don Carlo Manenti, coadiuvato dal Curato Don Giovanni Foiadelli (entrambi si intravedono nell’ultima fotografia sulla pagina successiva). Al termine della celebrazione della Messa solenne dell’Epifania al Santuario della SS. Trinità, è stata aggiunta la distribuzione di piccoli doni ai bambini partecipanti.

In questi ultimi anni, l’Oratorio e il Gruppo Peter Pan di Casnigo con alcuni volontari amanti delle tradizioni casnighesi organizzano una vera e propria rappresentazione della “discesa dei Re Magi”: la sera della vigilia dell’Epifania i Magi “escono” dal Santuario, scendono in paese e, come raccontano i Vangeli, incontrano Re Erode. Si recano, poi, alla capanna della natività per donare oro, incenso e mirra al Bambino Gesù e adorarlo. Durante il lungo viaggio verso la natività distribuiscono doni ai bambini che incontrano lungo il percorso.

© Valerio Rota Nodari
© Valerio Rota
Nodari

Cultura

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www.ecodibergamo.it

C’eraunavoltaTwitter

I Magi erano persone certe che nella creazione esiste quella che potremmo definire la «firma» di Dio, che l’uomo può e deve tentare di scoprire e decifrare

BENEDETTOXVI

La notte dei Magi

Da Casnigo alle valli tedesche

Fascino. Domani sera, Vigilia dell’Epifania, rivive la antichissima rappresentazione in Valle Seriana che trova eco in località alpine italiche e germaniche

CARLO DIGNOLA

La misteriosa regalità di Cristo, il Dio inerme, bambino in una culla, è il tema di questa notte che nella valli alpine tra la Lombardia e il mondo germanico gode di un’eco straordinaria e affascinante. Tra italiano, tedesco e ladino, anche in un’Europa secolarizzata, portati dalla tradizione, per una notte risuonano magici canti «stellari», come avviene da secoli tra il 5 e il 6 gennaio, all’acme della gelida curva invernale in cui il clima alpino rinchiudeva per setti-

mane le comunità montane: Orobie, Valtellina, Val di Fassa, Val Rendena, Val di Non, Val di Sole portano quei cori sempre più a Nord. In Lombardia la notte dei Re Magi è ricordata a Premana, in Valtellina, e naturalmente a Milano, nella Basilica di Sant’Eustorgio, nel cui transetto destro sarebbero custodite le spoglie dei Magi, trafugate nel 1162 da Federico Barbarossa e traslate a Colonia - ma poi restituite nel 1904. La «notte dei Magi» copre va-

«Noi, bambini guardavamo su verso il Santuario»

Nel 1523 Papa Paolo III approvò con bolla pontificia la Confraternita della Ss.Trinità di Casnigo, che in occasione della visita di San Carlo Borromeo del 1575 contava ben 500 confratelli: un particolare che in qualche modo potrebbe confermare l’origine «controriformistica» e di «difesa delle fede cattolica» della secolare tradizione legata al santuario seriano. La Trinità conserva un gruppo scultoreo in terracotta dedicato ai Re Magi, da cui discende la tradizione della processione verso il paese. Pochi sanno che, in una teca in legno a forma di croce, si conservano delle reliquie dei Magi, che sarebbero arrivate in Val Seriana in epoca cinquecentesca.

ste zone dell’Europa centrale non riformata, quasi una catena alzata su queste montagne per fermare il dilagare della Riforma protestante: queste processioni sono probabilmente uno dei prodotti «culturali» della Controriforma, appoggiata all’iniziativa dei gesuiti, anche se alcune di essere potrebbero avere anche origini più antiche: l’elemento teatrale delle «questue dei Tre re» e della Stella sottolinea il significato «romano» di queste sacre rappresentazioni.

Il fascino della processione lo racconta Luciano Carminati, casnighese, baghetér, ma quest’anno coinvolto per una parte in teatro della sacra rappresentazione. Carminati ricorda la sua infanzia: «A Casnigo i regali natalizi non li portava Santa Lucia né Gesù Bambino, ma proprio i Re Magi: erano loro a scendere fino in paese con i doni (in realtà piccole cose). In famiglia si raccontava che le statue della chiesa, quella notte, prendevano carne e ossa e si animavano. Noi bambini eravamo invitati a lasciare fieno e acqua fuori della porta, per rifocillare i loro cavalli (i cammelli in queste valli non erano neppure contemplati). Seduti in casa, quella notte guardavamo su, verso la Trinità, ve-

A Premana il rito dei Tre re chiama a protagonismo altrettanti giovani coscritti a cavallo, nei panni dei Magi, a guidare il corteo attraverso le viuzze del centro storico. A ogni fermata intonano il canto «Noi siamo i tre re», ripreso immediatamente da centinaia di persone accalcate nel nucleo medioevale del paese. Ciò che colpisce in Valtellina è lo straordinario impatto sonoro generato dall’intero paese che esegue questi canti, di origine a quanto pare settecentesca: tutti i presenti partecipano attivamente all’esecuzione, e diventano protagonisti di questa rievocazione della storia narrata dai Vangeli. Si narra che fu sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, a trasportare (come fece per le reliquie «pasquali» della Croce) i corpi dei Magi da un luogo imprecisato in Oriente alla chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli; da qui nel IV secolo sarebbero stati traslati a Milano dal vescovo Eustorgio, nella cui antichissima chiesa tutt’ora riposano. Quando la città fu distrutta da Federico Barbarossa, nel 1162, Rainaldo di Dassel, arcivescovo di Colonia, chiese all’Imperatore di poter trasferire in territorio germanico le spoglie dei Magi, e così avvenne: il

23 luglio del 1164 arrivarono a Colonia, dove fu costruito un reliquiario adeguato ed ebbe inizio la loro venerazione, che sarebbe diventata presto anche un baluardo contro l’invasione dei Mongoli in Occidente. Anche l’affascinante processione che si terrà domani sera a Casnigo (alle 18,30 la Messa nel Santuario, poi il corteo) è una tradizione vecchia di almeno cinque secoli. È una festa dal tono familiare quella in Val Seriana, intima, legata all’inverno gelido delle valli, alla suggestione dell’attesa, al passo cadenzato dei pastori, le luci fioche della notte e le note ipnotiche delle nenie del baghèt, l’antica cornamusa bergamasca della quale Casnigo si considera la patria indiscussa.

La processione dei Magi, accompagnata da fiaccole, pastori, contadini e musicanti, domani sera scenderà in paese assecondando un’antica tradizione che sino al primo dopoguerra dotava ciascun re di un diverso cavallo: bianco per Melchiorre, nero per Baldassarre e baio per Gaspare. Si fa tappa in località Cornello e nella ex chiesa di Santo Spirito (ore 20.15 rievocazione teatrale dell’incontro con Re Erode), per raggiungere poi la piazza del borgo antico e l’ar-

cipresbiterale di San Giovanni Battista, dove verrà allestito un Presepe vivente. I suonatori del corteo casnighese tradizionalmente erano pastori e contadini che, esattamente come quelli delle valli palestinesi, d’inverno si ritrovavano nelle stalle a suonare. Passata l’Epifania, ormai non molto distanti dal carnevale, il baghèt veniva riposto, per essere ripreso poi agli inizi dell’inverno successivo, a San Martino. I Magi sono figure familiari a Casnigo grazie alla presenza, nel Santuario della Ss.Trinità, di un gruppo scultoreo in terracotta che rappresenta l’omaggio dei saggi re e scienziati orientali alla Sacra Famiglia in Betlemme. Uno di essi (per tradizione chiamato Balthasar/Baldassarre) è rappresentato di carnagione nera e ampie vesti: a Casnigo si tramanda una sorta di leggenda sulla «Re Magia nigra» castigatrice di bimbi «non buoni», chissà perché declinata al femminile (aspetto che trova eco nell’imbellettamento e nelle lunghe capigliature di tante rappresentazioni «viventi» dei Magi): pare una figura di transito tra il mondo della religione cristiana e quello delle leggende pagane.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

devamo agitarsi dei lumi e immaginavamo quella straordinaria trasformazione, di cui faceva parte anche la paura della “Magia nigra”, pronta a punire chi si era comportato male. A letto presto, sotto le coperte in quegli inverni ancora duri e poco riscaldati recitavamo le nostre preghiere e attendevamo quei poveri doni. Li avremmo trovati in casa il mattino successivo. Poi i genitori nella giornata del 6 ci portavano su a piedi fino al santuario a cercare lungo il sentiero tracce del passaggio della carovana: mandarini, noci cadute. Erano figure cariche di mistero i Magi. Ogni famiglia ne aveva la raffigurazione nel presepio che si faceva in tutte le case». C. D. Gli affreschi all’interno del santuario della Ss. Trinità di Casnigo

Re Erode e i Magi d’Oriente in processione nella raffigurazione «vivente» che da secoli si svolge a Casnigo
Il santuario della Ss. Trinità in notturna, sotto la neve
L’Adorazione (in terracotta) all’interno, con la «Magia nigra»

6 gennaio 2022

A causa della pandemia, nel 2021 la rappresantazione è stata sospesa. Nel 2022 si è svolta in forma ridotta al santuario della SS. Trinità.

Lassù, anche a vederla da un altro angolo, tutte le pietre ruvide e irregolari della Trinità ne tracciavano il contorno possente sul foglio candido della montagna innevata...

Torna la neve, e poi i fiori di primavera, il caldo e il temporale

dell’estate, tornano le luci e i colori dell’autunno, passano le lune, gli amori, i drammi e le generazioni e lei, la Trinità, è lì da secoli ad osservare.

Resta muta, però, osservandola nel modo giusto, è capace di parlare nei pensieri, e poi nel cuore Lei c’ è sempre.

© Valerio Rota Nodari

Ringraziamenti a

Arciprete Don Massimo Cornelli per la collaborazione nelle varie autorizzazioni necessarie

Curia Diocesana di Bergamo - Ufficio Beni Culturali per l’autorizzazione alle riprese fotografiche

Natale Bonandrini per la consulenza sulla tradizione, sulla storia e sui beni artistici del Santuario della Santissima Trinità

Roberta Fiorina per la concessione all’utilizzo di estratti dalla sua tesi di laurea

Simone Doneda per la concessione della fotografia a pagina 72

Giambattista Gherardi per la sua testimonianza sulla tradizione dei Re Magi a Casnigo e la sua risonanza in Val Gandino (pag. 76)

Pierluigi Rossi per il reperimento dell’articolo pubblicato il 13 gennaio 1935 sul settimanale “La Val Gandino” (pag. 144)

Elda Moro e Francesco Moro per l'apprezzabile collaborazione

Tutti coloro che, a vario titolo, hanno dato un loro contributo agli autori di questa pubblicazione.

I disegni inseriti in questa pubblicazione sono stati realizzati da Flavio Moro.

Le fotografie inserite in questa pubblicazione, ove non diversamente indicato, sono state realizzate da Valerio Rota Nodari.

È difficile resistere alla tentazione di farLe un ritratto...

Sempre lì, un passo sopra noi.

Se ti sei perso tra le mille tentazioni del mondo

Se hai volato verso stelle troppo lontane

Se hai smarrito l’identità della tua storia

Se forte senti il richiamo della nostalgia

Alza lo sguardo al monte, Lei è sempre lì, un passo sopra noi.

F. M.

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