Nihilismi #zero

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DALLA DITTATURA DELLA MATERIA AL FETICCIO DEL SUPPORTO. Berna, 1886 Convenzione di Berna. La Convenzione di Berna, per la protezione delle opere letterarie e artistiche, stabilisce per la prima volta il riconoscimento del diritto d’autore fuori dai confini della nazione di appartenenza. La suddetta è stata voluta da Victor Hugo, che forse aveva previsto il rifacimento in musical del Gobbo di Notre Dame di Cocciante, cosa che lo

accomuna a Manzoni, pure lui stronzo romantico, ferrato sulla preservazione dei diritti d’autore e a sua volta oltraggiato da un musical di Cocciante. Evidentemente lo sentivano che dovevano fare qualcosa per evitare lo scempio e l’arricchirsi del nano evasore Willow, però sono morti troppo presto e i loro diritti sono liberi. “Liberi” nel senso che non ha dovuto chiedere il permesso agli eredi dei due, per fare quello che ha fatto, poiché i diritti sull’utilizzo di un’opera hanno la durata di 70 anni dalla morte dell’autore (in merito alla durata del diritto d’autore vi consiglio di vedere The Disney

PROPRIETÀ INTELLETTUALE DIRITTO D’AUTORE NUOVE LICENZE

Trap – How copyright steals our stories di Monica Mazzittelli. Lo trovate su youtube.) «Negli anni novanta, stavano per scadere i diritti d’autore della Disney sul topo […] immaginati cosa sarebbe stato il mondo se avessimo liberato tutti quei topi e cenerentole? Te lo immagini? Potevamo usare il papero per la pubblicità senza pagare. Il papero sarebbe diventato l’eroe di un cartone animato porno e fottersi Pippo nella fattoria di Nonna Papera, o ammazzare quei mostri di Qui Quo e Qua. Il mondo non sarebbe stato più lo stesso, sarebbe stato un casino disneyano...»

NON SI PUÒ POSSEDERE CIÒ CHE NON HA UN CORPO. La covenzione di Berna serviva per normalizzare a livello transnazionale, tutto ciò che aveva a che fare con il concetto di proprietà intellettuale. Per essa s’intende un corpus eterogeneo che va dal diritto d’autore, ai brevetti, alla topologia dei semiconduttori (???). Ma parliamo di editoria... Manzoni, ad esempio si era ritrovato a dover fare causa a un tale Le Monnier poiché quest’ultimo aveva diffuso a cazzo una vecchia edizione dei Promessi Sposi (prima che venisse “sciacquata in Arno”). Il fatto è che ai tempi l’Italia, non era un’unica repubblica fondata sul lavoro precario, ma un casino di stati e staterelli che facevano quello che volevano (Devolution! Devolution!) e quindi i diritti d’autore dei Promessi Sposi avevano valore a Milano, ma non a Firenze o a Napoli e quindi, l’astuto Le Monnier prese una vecchia versione, decise di stamparla e metterla in vendita. Ci fu un processo e vinse Manzoni, ma sia lo scrittore-poeta-drammaturgo milanese, sia l’editore franco-fiorentino erano d’accordo su una cosa: Il concetto di proprietà letteraria è un concetto spurio, dal momento che solo le cose “corporali e limitate” possono appartenere a qualcuno. Non si può avere proprietà su oggetti immateriali, indefinitamente condivisibili. Si ha la proprietà sull’oggetto libro, fatto

di carta e inchiostro stampato e quindi stimabile in carta-moneta. Per quanto Manzoni fosse uno stronzo, la ragione che lo spinse a fare causa a monsieur Le Monnier era una giusta causa; Manzoni dopotutto si era autoprodotto un romanzo difficile (per i tempi), scomodo e rivoluzionario. Ci aveva lavorato per decenni e ci credeva così tanto che aveva deciso di sborsare di tasca propria i soldi per stamparlo, e nell’Ottocento, stampare un libro era una roba oltremodo costosa. Manzoni, in fondo era semplicemente scocciato dal fatto che qualcuno guadagnasse sul suo lavoro, non per il mancato ricavo e neanche per la diffusione incontrollata dell’opera. D’altronde, la firma di un contratto editoriale non dovrebbe essere altro che un accordo siglato tra l’autore e l’editore di esclusività e monopolio della RIPRODUZIONE e del COMMERCIO dell’opera. E infatti non ho mai capito perché un editore dovrebbe prendersi il 50% dei diritti d’autore per la trasposizione cinematografica di un’opera letteraria. Un regista, un produttore o uno sceneggiatore, vogliono trasformare l’idea e diffonderla attraverso un nuovo media e un differente linguaggio. Si tratta comunque di un’idea, della storia raccontata e non dell’oggetto che la contiene. Si tratta dunque di una sorta di tassa che

l’editore si piglia per concedere l’idea di un’altro ad un terzo soggetto e stiamo parlando del 50% non una roba simbolica del tipo: dopotutto se non ti avessi pubblicato, quel tal produttoreregista non avrebbe mai letto la tua storia e non gli sarebbe mai venuto in mente di farne un film....

LA DITTATURA DELLA MATERIA. Nel 1994 in Uruguay ci si è ritrovati e si è deciso di allargare la convenzione di Berna all over the world. La cosa era organizzata dal WTO (world trade organization) che si occupa di mercato e non di arte e/o cultura. E ciò che ne è emerso viene chiamato TRIPS ovvero trade-related aspects of intellectual property rights, che sta per “aspetti dei diritti di proprietà intellettuali attinenti al commercio”. E ribadisco COMMERCIO cioè lo scambio di merci in cambio di denaro. Se non ci sono soldi non c’è commercio. La proprietà intellettuale (termine orribile, ma è quello che abbiamo a disposizione) è qualcosa d’inviolabile che non ha bisogno di leggi e di convenzioni o di bollini del cazzo. Nel momento in cui scrivi un articolo, una poesia o un racconto, la tutela è automatica. Non c’è bisogno di marchiarlo con la temibilissima ©, non c’è bisogno di specificarlo. Nell’attimo in cui crei, quella cosa è tua e puoi rivendicarlo in ogni modo e in ogni dove. Sì, ok... devi riuscire a provarlo.

Puoi mandarti una mail, puoi mandarti una raccomandata chiusa e sigillata, oppure puoi... (vedi sezione IL FETICCIO DEL SUPPORTO). Ora, i diritti di un autore si dividono in: [dal sito della SIAE]. DIRITTI MORALI. I diritti morali sono assicurati dalla legge a difesa della personalità dell’autore e si conservano anche dopo la cessione dei diritti di utilizzazione economica. Essi non sono soggetti a termini legali di tutela. I principali diritti morali sono: • il diritto alla paternità dell’opera (cioè il diritto di rivendicare la propria qualità di autore dell’opera); • il diritto all’integrità dell’opera (cioè il diritto di opporsi a qualsiasi deformazione o modifica dell’opera che possa danneggiare la reputazione dell’autore); • il diritto di pubblicazione (cioè il diritto di decidere se pubblicare o meno l’opera);

DIRITTI PATRIMONIALI (o di utilizzazione economica) I principali diritti di utilizzazione economica dell’opera sono: • diritto di riproduzione: cioè il diritto di effettuare la moltiplicazione in copie dell’opera con qualsiasi mezzo; • diritto di esecuzione, rappresentazione, recitazione o lettura pubblica dell’opera: cioè il diritto di presentare l’ opera al pubblico nelle varie forme di comunicazione sopra specificate; • diritto di diffusione: cioè il diritto di effettuare la diffusione dell’opera a distanza (mediante radio, televisione, via satellite o via cavo, su reti telematiche, ecc.); • diritto di distribuzione, cioè il diritto di porre in commercio l’opera; • diritto di elaborazione, cioè il diritto di apportare modifiche all’opera originale , di trasformarla, adattarla, ridurla ecc..


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