Nihilismi #zero

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FALCE E RASTRELLO «I’ll spit on your grave fucking cicala.» Posso capire in ambito lavorativo, ma anche mentre l’estetista mi fa la ceretta mi devo ritrovare a parlare di sostenibilità?!?! E così sia. Sempre più spesso i miei discorsi con le persone prendono la piacevole piega della consapevolezza, che sembra un po’ Kundera, ma qui l’unica cosa insostenibile non è la leggerezza dell’essere, ma forse la pesantezza di quello che siamo diventati e ancor più di quello che facciamo. È un dato di fatto, scientifico e filosofico allo stesso tempo: non è più possibile andare avanti secondo lo stile di vita che abbiamo adottato da decenni a questa parte (almeno noi che viviamo nelle regioni più ricche del globo). Secondo gli ecologisti Wackernagel e Rees, se tutti gli abitanti del pianeta adottassero il nostro modello di vita quotidiana, se tutti avessero la stessa impronta ecologica che ha in media un abitante statunitense ad esempio (ma anche se fosse italiano non ci sarebbe differenza), ci vorrebbero almeno altri quattro pianeti per sopportare il peso di questo impatto. Allora come la mettiamo? (E qui ci starebbe un’imprecazione, ma me la tengo dentro e la mando giù, senza digerirla). Non c’è altra alternativa che cambiar rotta. Può sembrare una minaccia, una nefasta previsione apocalittica, un monito catastrofista… io invece ci vedo il punto di partenza, una nuova prospettiva per il futuro che voglio, che vogliamo, qui e ora, e sicuramente anche di chi adesso è ancora giustamente fanciullo per non comprendere ancora, ma che se potesse capire non esiterebbe a schierarsi.

E che gioia provo quando sento dire che stiamo arrivando al piccolo petrolifero: dio mio, spero vivamente di esserci, di essere presente quando alla radio una voce squillante annuncerà che abbiamo esaurito le risorse petrolifere a nostra disposizione. Farò una gran festa, perché nel frattempo mi sarò organizzata: il banchetto offrirà cibo proveniente dal mio orticello coltivato in permacultura, un amico porterà damigiane di vino biologico fatto in casa, avrò il giardino pieno di gente arrivata in bici o a piedi, l’energia prodotta dai pannelli fotovoltaici illuminerà la mia abitazione realizzata in materiali ecocompatibili, i rifiuti che produrremo saranno biodegradabili e finiranno nella compostiera, i bambini andranno in giro con pannoloni ecologici pieni di cacca e pipì, saremo tutti belli e splendenti nei nostri abiti di canapa e chiacchiereremo sulle nostre imprese quotidiane: “La notte scorsa io e la mia équipe abbiamo pianificato la ventesima azione di guerrilla gardening, sì in quella oscena rotonda in centro città…” oppure “Domani in ufficio devo potare le piante del terrazzo vegetale…” … “Oggi ho caricato mia figlia in bici, 10 minuti eravamo all’asilo, pista ciclabile fino alla stazione, ho caricato il mezzo in treno e sono andata al lavoro” Discorso Radical-Chic? Utopia? Arcadia? Cazzate?!?! Mi spiace deludere gli scettici, ma la Rivoluzione sta già avvenendo, qua e là, ancora scollegata, ancora in piccoli bozzoli di idee pronti a schiudersi, locale, ancora personale, ma sulla via della collettività, della condivisione, della complessità,

della consapevolezza verde globale che sarà l’unica a poter affrontare il cambiamento, prendendo probabilmente insegnamento dai poveri del pianeta che già vivono nella semplicità, nella moderazione, stretti ancora nel legame con la Terra. Perché non occorre essere ricchi per agire e, soprattutto, per PENSARE. Rivedere le proprie abitudini alla luce di ciò che inevitabilmente ci aspetta è un esercizio semplice e quotidiano, una piccola meditazione che male non fa tra uno sclero in auto e una chattata su facebook. Consapevol-mente ci arriveremo tutti, e chi non si adatterà, mi spiace dirlo, ma è Darwin ad avercelo insegnato, soccomberà.

Manjusri Namastè


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