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ALLA SCOPERTA DELL’ARCHIVIO

Riflessioni personali sulla visita all’Archivio di Stato di Modena

A cura di: Maria Paola Giulietti

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Finalmente in pensione, decido di studiare la storia di Modena, mi iscrivo a Uni 3 (UTE) e scopro un corso che permette l’accesso ai documenti conservati nell’Archivio di Stato. Le curiosità sono molte, bisogna scegliere un argomento, ripenso alla storia dei miei genitori nati all’inizio del secolo, voglio capire come hanno vissuto nelle loro famiglie povere e a quale livello di istruzione avrebbero potuto aspirare ai loro tempi, a cavallo della Grande Guerra. Entrambi non erano arrivati al diploma di quinta elementare e mandati ad imparare un lavoro.

I Faldoni che mi hanno portato da sfogliare contenevano tanti documenti ripiegati e molto fragili, firmati dal Podestà di Modena odalSindaco.

Ogni anno la popolazione di Modena veniva sollecitata, tramite manifesto a tenere pulita la città, a rimuovere la neve nello stesso giorno della caduta, a liberareifossidallesterpaglieedaeventuali piante.

I genitori dei ragazzi in età scolare venivanoinvitatiadiscrivere i propri figli ai corsieagliesami. Alcuni avvisi indicavano, durante la guerra quando le scuole restavano chiuse.

La cittadinanza veniva frequentemente avvisata anche della chiusura delle dighe per permettere la pulizia dei canali e del Secchia, la cosa mi ha fatto riflettere su quanto accaduto nella recente alluvione di Bomporto.

I manifesti sono molto grandi, a scopo di renderli ben visibili e leggibili ai cittadini anche da lontano, mi è sembrata un’azione di educazione civica notevole, la loro lettura non poteva certo rimanere ignorata, neppure dagli analfabeti, i quali senz’altro dovevano sentirsi umiliati di non poterli leggere, un motivo in più per invogliarli a imparare.

Sono rimasta entusiasta di scoprire che la popolazione veniva informata anche di spettacoli teatrali, di cerimonie pubbliche etc., mentre è stato doloroso leggere anche alcuni altri documenti del periodo fascista. I cittadini venivano segnalati come “sospetti” ai Carabinieri quando davano motivo di mostrarsi ostili al regime, ma se nel tempo dimostravano una buona condotta allora venivano “radiati” dall’albo dei sospetti.

In famiglia ho ascoltato i racconti della condotta antifascista di mio padre-repubblicano e della pena di mia madre, che comunque doveva mandare a scuola i miei fratelli col grembiule e vestirli con la divisa per il sabato fascista. Ancora fino a poco tempo fa le mie sorelle ricordavano l’umiliazione che avevano provato per non avere anche loro quelle “belle divise”: così apparivano infatti quei vestiti ai loro occhi di bambine .

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