IL CORRIERE DELL' UTE N 16 AGOSTO 2024

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APPUNTAMENTI UTE

………... partenza per una nuova avventura tra compagni di viaggio vecchi e nuovi!!! Tutti in carrozza!

Da lunedì 2 settembre sono aperte le iscrizioni al nuovo Anno Accademico nelle sedi di via del Carmine 15 e via Emilia Est 429 dal lunedì al venerdì e dalle ore 10 alle ore 12.

Si consiglia, per le richieste di iscrizione ai laboratori di Lingue, di rivolgersi alla sede di via Emilia Est, 429.

È possibile effettuare le iscrizioni con bonifico bancario, codice IBAN di UTE è IT23U 05387 12900 000000 762432 ricordando di rinnovare la tessera UTE per il nuovo anno e specificare il corso o laboratorio a cui ci si vuole iscrivere (verificare il contributo richiesto al link https://www.utemodena.it/corsi-e-laboratori-2/ .

Prestiamo attenzione ai laboratori annuali …… dove i soci, che hanno frequentato gli ultimi bimestri dell’anno precedente, hanno il diritto di prelazione che possono esercitare dal 2 al 6 settembre. Da mercoledì 11 settembre verranno accettate, qualora il numero iscrizioni già presenti lo permetta, le nuove richieste.

Per qualsiasi informazione che non trovi sul sito www.utemodena.it puoi contattarci, negli orari d'ufficio, allo 059 221930.

news

UTE NGLISH

PER UN INGLESE SICURO

ALLINEAMENTO o RIPASSO

2 incontri di 2 ore ciascuno

Quota 25€

RIPASSO: martedì h. 16/18

17 settembre e 24 settembre; è rivolto ai corsisti che nell’anno 2023/24 hanno frequentato un corso UTE a livello Principianti oppure a livello Intermedio e ritengono di avere bisogno di ripassare alcuni argomenti (ad esempio i tempi verbali che costituiscono la struttura portante della frase inglese oppure la costruzione stessa della frase inglese).

Il mini corso ha l’obiettivo di rafforzare la coscienza linguistica dell’utente fornendogli quella sicurezza necessaria per affrontare meglio la eventuale iscrizione ad un corso di livello più avanzato rispetto a quello dell’anno precedente.

ALLINEAMENTO: giovedì h. 16/18 - 19 e 26 settembre;

è rivolto a nuovi iscritti principianti assoluti.

Il mini corso si pone come obiettivo quello di fornire le conoscenze basilari su argomenti come l’alfabeto, i colori, i pronomi, i numeri, i giorni della settimana, le date e le espressioni comunicative semplici, alcuni tempi verbali per essere in grado di gestire comunicazioni semplici. Sarà importante anche l’acquisizione del lessico di base tramite immagini e ascolto per incentivare la comprensione e la memorizzazione.

L’Allineamento rappresenta una porta di ingresso alla lingua inglese, una porta che può aprire, a chi si iscriverà, il mondo straordinario della lingua inglese.

Generato con intelligenza artificiale ∙ 27 agosto 2024 alle ore 5:18 PM

DA PORTO SICURO A NUOVI ORIZZONTI

L'Università per la Terza Età (UTE) di Modena, un porto sicuro per chi nei decenni ha avvertito la necessità di arricchire il proprio profilo umanoculturale, ha di recente ridefinito la propria offerta formativa secondo nuove ed aggiornate linee pedagogiche. La nostra guida, La bacca di lauro 24/25, che è reperibile sul nostro sito e presso i nostri uffici raccoglie, testimonia e informa l’utenza attuale e futura, con chiarezza e nel dettaglio, sui corsi, laboratori ed altre iniziative che caratterizzeranno il prossimo anno.

La varietà e qualità dei nostri servizi che contemplano docenti ed esperti particolarmente preparati nella educazione permanente.

Siamo dunque stati pionieri in questo ambito così articolato e complesso e da pionieri ci siamo, grazie alla costante e concreta collaborazione con il territorio e con il mondo universitario, trasformati in un approdo rassicurante ed ora ci apprestiamo a solcare nuovi mari e dirigerci verso muovi orizzonti. La collaborazione con altri enti ed istituzioni pubbliche nonché con agenzie educative private, aziende e comuni sta trasformando UTE in una rete che consente di mettere in atto e realizzare interventi di educazione permanente intergenerazionale ed interculturale di ampio respiro e soprattutto a livello corale. UTE è per il territorio modenese per i suoi cittadini l'isola che c’è dove si arriva e si parte verso nuove avventure e conquiste.

La Corale Estense

diretta dal maestro Simone Guaitoli, riprende gli incontri settimanali mercoledì 4 settembre presso la sala auditorium dell’associazione Tempio in viale Caduti in Guerra, 196 dalle ore 17 alle ore 19

Gli incontri sono vere e proprie lezioni di canto in compagnia di amici vecchi e nuovi. Sono aperti a tutte quelle persone che hanno voglia di iniziare o continuare un percorso per loro piacevole.

Il primo concerto, di questo nuovo anno accademico, si terrà in occasione della 59° sagra parrocchiale B.V.A. 2024

Sabato 14 settembre - ore 18

presso la Parrocchia della Chiesa della Beata Vergine Addolorata

Modena Via Rangoni, 26 concerto aperto a tutti i soci ed amici

Gruppo di Lettura

“Giuseppe Pederiali”

Finita l’estate il nostro gruppo di lettura riprende con riflessioni su testi molto importanti come

–L’idiota di Fedor Dostoevskj il 19 ottobre 2024

– La vita intima di Niccolò Ammaniti il 16 novembre 2024

Come sempre il sabato pomeriggio dalle ore 15,30 alle ore 17,30 presso la Sede UTE di via Cardinal Morone 35.

La partecipazione è libera, gratuita e riservata ai soci UTE.

Gli incontri sono aperti a tutti i soci, quindi anche a chi non ha letto il libro e vuole solo ascoltare gli altri.

È richiesta l’adesione inviando una mail a gruppodilettura@utemodena.it prima di ogni incontro.

in occasione FestivalFilosofia 2024 – PSICHE

Reading e teatro …

Davide Bulgarelli in scena….

Tre sguardi sul cervello – Sacks, Laing, Barthes

Venerdì 13 settembre ore 21.00 a Modena Palazzo ex scuderie Tacoli – Via Cardinal Morone,35

Regia: Davide Bulgarelli

Con Donatella Bertacchi, Bianca Bianconi, Davide Bulgarelli, Mina Larocca, Anna Minciotti, Annamaria Pignatti, Enrico Solmi

Il cervello è, per certi versi, il deposito dell’animo umano. Perciò numerosi studiosi non hanno resistito al fascino di questo aspetto enigmatico, misterioso, per certi versi sconosciuto e paradossale della nostra identità. Mentre Oliver Sacks vede il cervello come una meravigliosa complessità neurobiologica che si esprime attraverso singolari storie di pazienti, Ronald Laing lo considera un campo di battaglia psichico, dove la sanità mentale è spesso una fragile illusione in lotta con la realtà sociale, e Roland Barthes lo interpreta come un luogo di produzione e decodifica di segni, dove il significato è costantemente costruito e decostruito attraverso il linguaggio e la cultura.

Attraverso i loro lavori, questo spettacolo consente agli spettatori di scoprire i curiosi effetti sorprendenti e, addirittura, divertenti dell’indagine sul nostro cervello.

Prenotazione obbligatoria al numero 347 6511439

in occasione FestivalFilosofia 2024 – PSICHE

Reading e teatro …

il Gruppo Teatrale L.Riccoboni in scena…

Oggettivare Il Soggettivo

percorso tra le Avanguardie del Novecento

Domenica 15 settembre ore 16.00 a Modena Palazzo ex scuderie Tacoli – Via Cardinal Morone,35

Regia: Valentino Borgatti

Interpreti: Francesca Ansaloni, Michele Borgatti, Mario Castagnetti, Annalisa Farinello, Giulio Ferrari, Donata Gavioli, Francesca Malagoli, Orazio Mortalò, Franca Muzzioli, Paola Panzani, Santino Pirronello, Maria Predieri

Collaboratori: Carla Boccolari, Giuliano Corsini, Ermanno Golinelli, Luciano Morselli, Romana Rosi

Nel volgere di un tempo relativamente breve, le avanguardie del Novecento hanno incarnato nell’arte tutti i dubbi, tutte le paure e tutte le angosce dell’uomo, traducendole in opere accomunate del desiderio di rompere i confini prestabiliti della produzione creativa. È così che sono nati l’Espressionismo, il Futurismo, il Dadaismo e il Surrealismo, nel tentativo di –come diceva lo scrittore e critico d’arte francese Gustave Kahn –“oggettivare il soggettivo”.

Questo spettacolo consente allo spettatore di ripercorrere testi poetici e teatrali, opere musicali, quadri e sculture delle grandi avanguardie, mettendo in luce come gli artisti abbiano conquistato la possibilità di usufruire di una nuova libertà nell’espressione delle proprie caratteristiche psichiche, consce e inconsce.

Prenotazione obbligatoria al numero 329 0919109

CARTOLINE DA VIAGGI FAVOLOSI E CULTURALI

UTE

….. IN

ITALIA E NEL

MONDO ieri e domani

Chignolo Po–Pavia splendida dimora patrizia settecentesca, museo d'arte e di costume, il Castello di Chignolo Po, denominato "la Versailles della Lombardia", racchiude importanti e preziose testimonianze del mondo fastoso della nobiltà lombarda e veneziana 7 giugno 2024

Se vuoi scoprire tutte le proposte culturali UTE visita il sito www.utemodena.it oppure contattaci in Via del Carmine 15 viaggi@utemodena.it – 059 221930

SRI LANKA – Perla dell’Oceano Indiano – dal 19 al 31 gennaio 2025 Lacrima dell’India e isola risplendente, il suo nome deriva dalla parola sanscrita laṃkā, termine già usato negli antichi racconti epici indiani Mahābhārata e Rāmāyaṇa.

Il piacere di andare a Teatro

Convenzione 2024/2025 UTE – ER T Emilia Romagna Teatro

TEATRO STORCHI e TEATRO DELLE PASSIONI

Scontistica su

PREZZI BIGLIETTI singoli (ciascun iscritto UTE potrà acquistare fino a 2 biglietti per lo stesso spettacolo)

ABBONAMENTI A LIBERA SCELTA (ciascun iscritto UTE potrà acquistare l’abbonamento per sé e per un suo eventuale accompagnatore)

CARD 6 - CARD PASSIONI – CARD OPEN – Abbonamento a posto fisso

SPETTACOLI A TARIFFA SPECIALE UTE

15 € al Teatro Storchi

14-17 novembre, LA GRANDE MAGIA

29-30 novembre, SHAKESPEARE / POEMETTI

05-08 dicembre, EXTRA MOENIA

09-12 gennaio, I RAGAZZI IRRESISTIBILI

28 febbraio –1 marzo, NEL BLU

13-16 marzo, DARWIN, NEVADA

8 € al Teatro delle Passioni

22-23 novembre, ELIZABETH 1 21-26 gennaio, CASSANDRA

11-14-18-21-23 febbraio, EDIPO RE

4 – 9 marzo, LETTERA A BERNINI

Per poter usufruire della convezione al momento dell’acquisto presentare la tessera UTE 2024-25. Infine si segnala che ciascun iscritto/a potrà acquistare i biglietti e gli abbonamenti per se e per un eventuale accompagnatore.

BIGLIETTERIA TEATRO STORCHI Contatti: Largo Garibaldi 15, Modena | tel. 059.2136021 biglietteria@emiliaromagnateatro.com

Orari biglietteria: dal martedì al venerdì (giorni feriali) ore 10-14 e martedì e sabato 10-14 e 16,30-19

Informazioni più dettagliate le puoi trovare alla pagina web https://www.utemodena.it/iscrizioni/convenzioni/

BACHECA FUORIUTE

Modena Belcanto Festival

Continua la prima edizione del Festival, iniziata il 7 maggio 2024, che raccoglie il testimone di 'Modena Città del Belcanto', l’esperienza che dal 2016 ha operato con successo per valorizzare la tradizione lirica della città: Modena Belcanto Festival 2024.

Promosso da Comune di Modena, Fondazione Teatro Comunale, Fondazione di Modena e Conservatorio Vecchi-Tonelli, il Festival ha toccato e toccherà i luoghi della musica modenese, a partire dal Teatro Pavarotti-Freni, ma anche spazi inusuali e teatri della Provincia per creare preziose occasioni a beneficio del pubblico e per i giovani talenti del belcanto.

infine, Extrafestival: una serie di appuntamenti pienamente inseriti nel programma, ma calendarizzati fuori dalla finestra temporale del Festival (maggio-giugno), come il concerto dell’Orchestra del Conservatorio Vecchi-Tonelli nell’ambito del festivalfilosofia in programma il 13 settembre e il Concerto di Natale degli allievi della Masterclass annuale di Raina Kabaivanska con l’Orchestra del Conservatorio Vecchi-Tonelli, atteso il 20 dicembre.

In programma incontri, presentazione di libri, mostre, progetti d’inchiesta, laboratori, spettacoli teatrali, conversazioni, organizzati dalle attiviste dell’Associazione casa delle Donne Contro la Violenza

"FACCE DA BIENNALE" la mostra di foto d'epoca

DOVE…. FMAV Palazzina dei Giardini

QUANDO ….fino il 15/09/2024 da mercoledì a venerdì ore 11-13 / 16 -19 Sabato, domenica e festivi: ore 11-1, (agosto da mercoledì alla domenica ore 15 – 19).

La mostra "Facce da Biennale" a cura di Chiara Dall’Olio, si svolge mentre è in corso la 60esima Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia, con 106 fotografie in bianco e nero che sono state selezionate dal fondo di oltre 10.000 scatti “Archivio Arte Fondazione”, di proprietà di Fondazione di Modena, costituito da negativi su pellicola realizzati dell’agenzia fotografica Cameraphoto di Venezia.

Le immagini in mostra raccontano la più importante manifestazione di arte contemporanea italiana riconosciuta in tutto il mondo, la Biennale d’Arte di Venezia, utilizzando il punto di vista dei suoi visitatori. Fin dalla sua prima edizione nel 1895, la kermesse veneziana è stata infatti oggetto di una sempre maggiore attenzione del pubblico, composto non solo da addetti ai lavori, artisti, curatori, critici, collezionisti, giornalisti, che la considerano un’imperdibile occasione di incontro, ma anche da personalità del mondo della politica e dello spettacolo, e, in modo sempre più crescente, del pubblico di curiosi e amanti dell’arte.

Chiudono la mostra alcuni scatti degli anni Ottanta con le opere di Vito Acconci (1980), Alberto Burri, in occasione della sua personale agli ex cantieri navali della Giudecca nel 1982, Giuseppe Penone e Claudio Parmiggiani nell’edizione del 1986 intitolata “Arte e scienza”.

Immagine e testo tratto da ModenaToday

SABATO 31 agosto Parco Amendola ore 21 “Parco Amendola, il parco dei Cantautori 2024” il cantautore Davide Turci live a cura di Modena Terzo Mondo Odv

SETTEMBRE

DOMENICA 1 Polisportiva Morane prato Via Ancona 6 ore 18 “Wave experience 2024 – Festival band emergenti”

SABATO 7 e DOMENICA 8 Cortile dell’acero e nuovi spazi Gallerie Estensi dalle ore 16 alle 22 BURATTINI CON CURA IN BARACCA CON ALEX a cura di I burattini della commedia APS

DOMENICA 8 Chiesa di San Carlo ore 18 LA DAFNE Favola in musica di Marco da Gagliano, Libretto di Ottavio Rinuccini Bonporti Antiqua Ensemble del Conservatorio di Musica di Trento e Riva del Garda Walter Testolin direzione a cura di Associazione Musicale Estense APS

VENERDÌ 13 Villanova Park strada Villanova 692 ore 21 Parenti Tour Musica, cibo e mercatini a cura di Parenti Tour APS info: parentitour@gmail.com

SABATO 14 Chiesa di Sant’Agostino ore 21 AMORE E PSICHE Favola da L’Asino d’oro di Apuleio. Tradotta da Matteo Maria Boiardo Con musica del XV Sec. Valentina Scuderi voce recitante Consort L’Aureliana festivalfilosofia a cura di Associazione Musicale Estense APS

SABATO 14 e DOMENICA 15 Polisportiva Morane prato Via Ancona 6 ore 18 Wave experience 2024 – Festival band emergenti a cura di Polisportiva Morane ASD APS

DOMENICA 22 Chiesa di Sant’Agostino ore 17 DIES IRÆ Musica di Giovanni Legrenzi Ensemble Biscantores Luca Colombo direzione a cura di Associazione Musicale Estense

GIOVEDÌ 26 Galleria Estense, ore 21 CANTATE & SERENATE di Giovanni Bononcini dalla Biblioteca Estense Accademia d’Arcadia, direzione di Alessandra Rossi Lurig a cura di Associazione Musicale Estense APS

SABATO 28 Polisportiva Villa d’Oro ore 17 “Targi legge Ultimi analogici” (Artestampa Edizioni. Modena, 1980) Una compagnia di liceali di sedici anni vive un anno denso di avvenimenti che li farà maturare improvvisamente e loro malgrado a cura di Trame 2.0

DIG

eventi che non hanno limiti di età

James Jonathan Clancy + Bono/Burattini

Chiesa di San Carlo, Modena venerdì 20 settembre, 21:00

Una serata unica all’interno della suggestiva cornice barocca della Chiesa San Carlo di Modena. Arriva al DIG Festival il live di James Jonathan Clancy, il cui “Sprecato” è fra i migliori album del 2024 per riviste come Uncut e Rumore.

Italo-canadese, Clancy è da quasi un ventennio frontman di band indie tra Bologna e il mondo, nonché fondatore di Maple Death Records, una delle label indipendenti più vivaci e sperimentali specializzata in folk psichedelico, Kosmische Musik ed esplorazioni elettroniche.

In apertura il set di Bono-Burattini, il nuovo progetto creato da Francesca Bono, cantante di Ofeliadorme e membro del collettivo Donnacirco, e Vittoria Burattini, batterista e componente storica dei Massimo Volume. La loro ricerca musicale si espande tra elettronica, minimalismo, avanguardia.

Micah P. Hinson

Chiesa di San Carlo, Modena domenica 22 settembre, 21:00

Micah P. Hinson è l’artista che chiuderà l’ultima serata del DIG Festival con uno speciale live-set nella suggestiva cornice barocca della Chiesa San Carlo di Modena.

Figura ormai leggendaria dell’indie-folk contemporaneo, il songwriter texano si presenta al DIG con un best-of imperdibile dei suoi vent’anni di carriera. Accompagnato da una band d’eccezione: l’Asso della chitarra Alessandro Stefana e la batteria prodigiosa di Paolo Mongardi.

Harem …..

da lettrici a scrittrici: il passo è breve

Presso l’associazione

Tempio aps di Modena

Viale Caduti in Guerra 192

Ingresso gratuito

In autunno Harem riprende il suo impegno secondo il suo abituale calendario per un sabato pomeriggio.

Le tematiche saranno di ampio respiro pur facendo costante riferimento alle figure femminili.

Harem, sabati da ricordare.

Arte e Moda nell’impresa Il pediatra

Crimini di genere

Oltre l’informazione

Letteratura al femminile

Donne Europee allo specchio

Le donne che leggono sono pericolose, quelle che scrivono – talvolta - letali

"

Italia – viaggio nella Bellezza"

Il tesoro degli Este tra Modena e Sassuolo

Un documentario che esplora i tesori di Modena e Sassuolo relativi alla storia ducale, andato onda lunedì 19 agosto alle 21.10 su Rai Storia, racconta di Modena e del suo passato.

Il 1598 è una data che segna il destino di due città: per Ferrara è la fine di un’epoca, per Modena l’inizio di una nuova. Quando gli Estensi perdono la loro storica sede, che deve essere ceduta allo Stato pontificio, inizia anche l’avventura di Modena capitale. Per oltre due secoli e mezzo l’immagine della città è plasmata dagli Este, che alla fine del loro governo lasceranno a Modena anche un’immensa eredità.

Il documentario Rai narra questa esperienza attraverso il patrimonio delle Gallerie Estensi, uno dei più importanti musei dinastici d’Europa, dove si ritrovano le tracce della grande stagione del mecenatismo estense. Di questo complesso museale fanno parte il Museo Lapidario Estense, la Galleria Estense con la sua pinacoteca, la prestigiosa Biblioteca Estense Universitaria e il Palazzo Ducale di Sassuolo, una straordinaria residenza barocca, 'delizia' degli Este, tornata a risplendere dopo un lungo restauro.

La puntata è visibile su Rai Play a questo link https://www.raiplay.it/video/2024/05/Italia-Viaggio-nella-Bellezza Il-tesoro-degli-Este-traModena-e-Sassuolo-267033f6-627b-48c6-a52d54ea95c19986.html?wt_mc=2.app.wzp.raiplay_prg_Italiaviaggionellabellezza

Una serie di letture sul tema moda e fotografia per farvi compagnia nei momenti di relax ……...

I colori della moda. Storia dell'abbigliamento in dieci colori di Caroline Young

Elegantemente illustrato e con uno stile semplice e scorrevole, il volume racconta la storia del fashion attraverso dieci tonalità (nero, viola, blu, verde, giallo, arancione, marrone, rosso, rosa, bianco). Dagli abiti rossi di Valentino al tubino nero di Chanel, dal rosa di Elsa Schiaparelli all’arancione di Hermès, il colore è indubbiamente un elemento fondamentale dello stile.

Barbie. The Icon Celebration di Massimiliano Capella

In occasione del suo 65° anniversario, questa nuova edizione di “Barbie. The Icon Celebration” realizzata in collaborazione con Mattel, ricostruisce in ogni dettaglio la storia della bambola più famosa al mondo grazie a una selezione accurata di immagini e approfondimenti mirati, svelando un percorso evolutivo che rispecchia molti fenomeni sociali ed estetici succedutesi nella seconda metà del XX secolo e nel XXI secolo, tra storia, moda, società, arte, lifestyle.

Raffaella Carrà. Tra moda e mito di Massimiliano Capella

Raffaella l'attrice. Raffaella la ballerina. Raffaella la cantante. Raffaella la presentatrice. Raffaella l'icona di stile. Un prezioso volume che racconta lo "stile Carrà", attraverso un ampio apparato iconografico, composto da foto di repertorio e materiale inedito, che la ritrae con abiti e costumi di scena che hanno segnato una vera e propria rivoluzione nel mondo dello spettacolo e che ancora oggi continuano ad essere fonte di ispirazione per il mondo della moda e per le celebrities.

EDITORIALE

E TU SEI ALLA MODA?

Quante volte la risposta a questa domanda ci ha interessato, preoccupato, inorgoglito...essere alla moda da sempre significa per molti essere al passo con i tempi, essere pronti a cogliere e ad adottare le novità...ma esiste il risvolto della medaglia....e per timore di essere fuori dal coro si evita di sforzarsi di esprimere la propria identità, non ci si impegna abbastanza a cercare di distinguerci, correndo così il rischio di cadere vittime del famoso fenomeno della omologazione. il nostro intento in questo numero è quello di analizzare le diverse prospettive secondo le quali la Moda, intesa come patrimonio culturale fatta di usi, costumi ritualità, arte letteratura musica sia la fotografia più attendibile e veritiera della evoluzione della ns società. È la cartina di tornasole che testimonia il cammino che abbiamo percorso, le esperienze che abbiamo condotto, gli sforzi, gi eccessi, i rimandi e i ritorni al passato e le coraggiose avanguardie tante volte diventate mera quotidianità

La moda non è ovviamente da ritenersi uno spazio al femminile, è un fenomeno che attraversa generi classi sociali generazioni, etnie... paesi e che ha come principale alleato il tempo nelle sue caratteristiche di costante dinamismo, di flessibilità e fluidità e soprattutto di eterna vitalità.

A conferma di questo osservatorio dinamico e aggiornato, presentiamo una interessante conversazione con Anna Marchetti, testimone e portavoce della significativa importanza del raccordo moda, creatività e impresa femminile. Negli articoli a seguire troverete riferimenti che interessano storia, filosofia, antropologia e sociologia che si intrecciano e si compensano per fornire riflessioni a tutto tondo, per suscitare curiosità per incoraggiare approfondimenti a livello personale, rispettando come sempre il nostro approccio globale ed integrato, suggerendo l'idea di un mosaico armonico

Intervista a….

ANNA MARCHETTI: un successo per la vita

E.Barbieri & C.Bertacchini

Introduzione

Questo numero speciale del Corriere on line tutto dedicato alla Moda e alle sue numerose sfaccettature, ha l’onore di aprirsi ai propri lettori con una intervista speciale ad una ospite speciale: Anna Marchetti, ovvero artefice e ambasciatrice della moda per la donna, pensata e realizzata da una donna. Avevamo pensato al tradizionale format : domande, risposte, osservazioni e riflessioni in termini di analisi e definizione del suo ruolo e della sua lunga e affascinante esperienza professionale…ma in realtà Anna con uno slancio ed una generosità incredibili ha trasformato le nostre domande in semplici input per raccontarsi e raccontare la sua vita e il suo lavoro , così strettamente correlate e così profondamente compensative, da portala a narrarci una storia, la sua storia di cui è stata protagonista forte, coraggiosa, sempre motivata verso il raggiungimento dei diversi obiettivi che sono stati , sono e saranno simbolicamente altrettante fasi della sua vita.

Da subito le sue parole hanno scandito bene il termine obiettivo, una prospettiva significativa ed innovativa, tenuto conto degli anni della sua infanzia e adolescenza, (gli anni 50/60), anni in cui la figura femminile svolgeva ancora un ruolo subalterno in famiglia e nella società, senza avere diritto a programmare il proprio futuro

Per Anna invece la filosofia di vita è diversa: già a quattro/cinque anni da osservatrice curiosa ed attenta avverte il fascino per il cucito, inteso come momento finale di un progetto creativo al quale ha tante volte assistito in casa, in un piccolo paese di provincia che rappresenta per lei il primo contatto con la realtà.

Anna ci racconta come in quei momenti la sua memoria spaziava a livello sensoriale: i tessuti con i loro colori le illuminavano gli occhi di bambina, con la loro morbidezza erano piacevoli al tatto, con i loro profumi tipici del mondo sartoriale, la avvolgevano e la accoglievano in una sorta di abbraccio magico.

Anna ben presto diventa consapevole della importanza di stabilire e realizzare il suo primo obiettivo: entrare in quel mondo, non come ospite, ma come apprendente, seria, rigorosa e pronta a rivedere e a risistemare il tracciato di ogni sua singola creazione. (più volte ha sottolineato come l’errore sia funzionale se debitamente affrontato allo sviluppo di ognuno)

In quel periodo Anna incontra una figura importante che accanto al padre contribuisce alla sua crescita, non casualmente una docente, la maestra Carla Adani che la incoraggia a trasferirsi a Modena per aprire i propri orizzonti, per confrontarsi con realtà cittadine, per mettersi in gioco.

In realtà Anna, assieme alla sorella, inizia un vero e proprio processo di formazione e di responsabilizzazione: nonostante la giovanissima età, dimostra ai propri genitori un profondo senso del dovere e si adopera per accudire la sorella Carla e il fratello Carlo, in età scolare.

Comincia a farsi spazio la sua idea di moda.

La moda, intesa come spazio in cui misurarsi con gli altri, ascoltare, proporre, assumersi impegni e carichi riguardanti l’offerta, la progettazione, la realizzazione e consegna dei suoi capi, diventa una disciplina concreta e assume per lei una valenza etica professionale che la accompagnerà sempre.

Anna ricorda che questo periodo pieno di prove e tentativi immancabilmente trasformatisi in successi professionali ha per lei un significato ben più profondo: suo padre la segue, la incoraggia, le ricorda quali debbano essere i veri punti di forza di una futura imprenditrice: la determinazione, la resilienza e l’umanità.

Le prime boutiques, i primi negozi sono per lei un campo di prova e una fonte di apprendimento: innovazione, ma rispetto per il passato.

Questo profilo trova una sua ragion d’essere in quella “mission” che è la sommatoria di quanto precedentemente indicato, a cui va ad aggiungersi e forse a prevalere, la sua idea di creazione

Creare nel campo della moda ci racconta, richiede importanti presupposti che non vanno a ledere la libertà e la spontaneità del nostro prodotto, anzi, sono quelle componenti che ci aiutano a trovare il giusto equilibrio tra fashion designer e potenziale cliente.

Innovazione, originalità insieme a comodità, funzionalità, una grande sfida che Anna affronta, studiando, facendo esperienze, rafforzando la sua azienda in termini di divulgazione e informazione.

La famiglia, ossia i genitori e i fratelli hanno rappresentato per lei la prima esemplificazione di una realtà che da micro cosmo può trasformarsi in un valido ambiente imprenditoriale, quando vi sono condivisione, responsabilità e soprattutto senso di appartenenza, a cui si aggiunge una profonda stima reciproca. È necessario a questo punto individuare l’altra faccia della luna, ossia qualcuno al di là del nucleo familiare, che condivida le sue idee, che la sostenga nelle sue progettazioni, ma che al tempo stesso si occupi della parte amministrativa/ finanziaria e di distribuzione nonché di pubbliche relazioni. Il destino ancora una volta le sorride e Anna incontra Franco Giuliani che diventerà la figura granitica nella azienda, marito e compagno di vita: con l’arrivo della figlia Jessica ecco la quadratura del cerchio!

L’impresa vive un vero e proprio periodo di grande successo e altrettanta soddisfazione per tutti coloro che vi operano; il clima di alta collaborazione, di stima reciproca e forte condivisione, ci racconta Anna, ha confermato la validità del nostro approccio in campo aziendale.

Ciò contempla infatti quale macro obiettivo lo stare bene insieme in azienda, il sapersi rapportare non solo con le persone, ma con il prodotto che diventa il simbolo di un processo faticoso, complesso, e che tuttavia deve la sua esistenza all’impegno e all’orgoglio di tutto lo staff.

Il brand assume riconoscimenti nazionali ed internazionali, a tal punto che in occasione di eventi importanti quali ad esempio Pavarotti and friends e Pavarotti International, Anna ne seguirà tutta l’implementazione.

Ciò le consentirà di interfacciarsi con grandissimi nomi dello spetta-colo e della musica cogliendone quelle sfaccettature del carattere e della personalità, così spesso del tutto ignorate dal pubblico e dai fan, raccogliendone ispirazione.

In questi anni di grande ricrescita nel mercato della moda, si fa strada l’idea e soprattutto la necessità di intervenire nel mondo del lavoro e dare il proprio contributo nel campo della formazione: il ruolo dei giovani come potenziale risorsa è fortemente avvertito dal gruppo Marchetti e da quel momento questa politica formativa diventa un fiore all’occhiello, un ulteriore segno distintivo del brand. Il nostro incontro si conclude con questa riflessione che riassume il profilo della nostra interlocutrice: la curiosità, la motivazione, la ricerca a favore delle esigenze delle donne nel campo della moda mi sono state compagne di viaggio, non ho mai optato per la quantità, ma per la qualità. Il mio impegno imprenditoriale è sempre stato e continua ad essere sostenuto da un profondo senso civico. Continuo a svolgere il mio lavoro con la serenità che mi sono conquistata giorno per giorno con l’aiuto dei miei cari e sono pronta a far conoscere alle giovani generazioni l’importanza della mia esperienza professionale e a rispondere ai loro quesiti con disponibilità e rispetto.

Immagini proprietà di Anna Marchetti srl

LA MODA NELL’ARTE:

IL PIACERE DI APPARIRE NEI RITRATTI E NEGLI AUTORITRATTI

Nicoletta e Sabrina Agnoli

Quando parliamo di ritratto ci riferiamo ad ogni rappresentazione di una persona secondo le sue reali sembianze, sia essa realizzata nell'ambito della pittura, della scultura, del disegno, della fotografia o anche della descrizione letteraria. Caratteristica del ritratto nell’arte figurativa è quella di non essere mai solamente una vera riproduzione meccanica delle fattezze del soggetto, perché nella sua esecuzione entra in gioco la sensibilità dell'artista. È l’artista che sceglie come rappresentare il soggetto, suggerisce la posa da tenere, l'espressione, interpreta il gusto del tempo e le richieste della committenza integrando il suo modo personale di vedere la figura con le esigenze del periodo. Rappresentante mirabile di questo legame potente fra moda e sensibilità creativa dell’artista è certamente Boldini.

Giovanni Boldini, ferrarese di nascita (1842-1931), sin da piccolo dotato di un carattere e una personalità forti, già a cinque anni dipinge e decide di creare il suo piccolo atelier nel granaio di casa, per diventare poi il più grande e fantasioso interprete della Bella Époque, proprio grazie ai suoi splendidi ritratti.

L’eclettismo e la versatilità delle opere di Boldini lo rendono un artista difficilmente inquadrabile in una sola corrente artistica. La sua evoluzione si sviluppa in un arco temporale che parte dall’esperienza macchiaiola, passa attraverso l’Impressionismo, il Simbolismo e si conclude con le avanguardie storiche del primo Novecento. La sua arte lo porta a Parigi, dove posano per lui i nomi più in vista della società parigina e internazionale. Tutti desiderano, per vanità e per affermare la propria posizione sociale, farsi ritrarre dall’abile maestro, fra cui: Giacomo Puccini, Vittorio Emanuele II, William Seligman, Robert de Montesquieu e Giuseppe Verdi, di cui ancora oggi ricordiamo l’iconico e meraviglioso pastello su cartone del 1886.

Giovanni Boldini, Ritratto di Giuseppe Verdi (1886);

Boldini osserva con intelligenza la mondanità della società parigina del tempo e ne coglie la bellezza e le sue contraddizioni, anche passando attraverso la dettagliata

descrizione degli abiti che indossano i suoi soggetti. Un motivo del suo successo, infatti, è proprio quello di sovvertire il significato del ritratto ufficiale, classico. Boldini cambia il significato della funzione tipica del ritratto che, da manuale, deve esaltare le doti e qualità morali del soggetto ritratto decidendo, invece, di cogliere e mettere in luce le caratteristiche più nascoste della personalità dei soggetti che ritrae. Si concentra sugli sguardi sfuggenti, sui gesti eloquenti resi in posizioni dinamiche e animate dalle sue pennellate. Qual è l’obiettivo? Cogliere l’attimo irripetibile di uno stato d’animo, che si collega alla luce riflessa nei colori di un abito, di una sciarpa, nelle pieghe di una gonna o di un mantello.

Le donne sono il suo soggetto preferito, più interessante e frequente. E la moda la fa da padrona. Protagonisti, insieme alle donne che ritrae, sono i loro abiti, i tessuti leggeri, i ricami delicati, la morbidezza dei velluti, i colori dei nastri, le scarpe in tinta che spuntano dalle lunghe gonne a più strati. E sono quasi sempre abiti da gran sera, che sfilano sotto i nostri occhi, che scoprono le spalle, che avvolgono di voile e seta signore di varie età, sprofondate nelle poltrone dei salotti o in piedi, per mostrare l’abito nella sua completezza, a volte in compagnia di un animale domestico, altrettanto elegante, ovviamente. Nel suo atelier sfilano principesse, duchesse, attrici, nobildonne, felici di farsi ritrarre dal maestro, libere di mostrarsi per quello che realmente sono, di uscire dagli schemi imposti dalla società del tempo. Allora viene da pensare che quello di Boldini sia un atelier di pittura e di alta moda allo stesso tempo. La sua pittura ha la stessa forza espressiva delle fotografie di moda di oggi, realizzate dai grandi fotografi che giocano con la complicità delle loro modelle, per scoprire un’armonia inedita fra la bellezza fisica e la bellezza dell’abito che indossano. E si tratta di moda a tutto tondo, che comprende non solo la rappresentazione degli abiti, ma anche degli accessori che li completano, come le fusciacche che stringono il punto vita, i fiori o i fermagli nei capelli, i fili di perle, i guanti, i bracciali, gli anelli, … Boldini esalta la bellezza fisica delle sue modelle, in parte le trasfigura esteticamente, ma le analizza anche a livello psicologico, per coglierne le pulsioni più profonde e autentiche. Nei suoi ritratti, infatti, oltre all’innegabile bellezza, egli percepisce e fa emergere il nuovo clima sociale, il desiderio delle donne di sottrarsi agli schemi borghesi della società patriarcale per emanciparsi e conquistare il loro spazio nella società.

Come scrive mirabilmente lo storico dell’arte Tiziano Panconi parlando di Boldini: «Le donne di Boldini sono nature flessuose e disinibite che mostrano senza reticenza un modello di bellezza erudito e, spogliandosi, affermano la loro autodeterminazione di individui maturi ed emancipati, pienamente consapevoli della propria femminilità. Nature fantastiche e conturbanti, raggiungono eccitate lo studio dell'artista, impazienti di sfuggire al protocollo dei loro palazzi… Boldini non le giudica, perché giudicarle significherebbe rinnegare la sua natura dissoluta ma, anzi, le incoraggia a esprimersi, raccoglie le loro confessioni, le loro angosce e le induce a riflettere sulla fatuità del tempo e dell'amore che vive di un solo attimo. L'artista sa cogliere al volo quel momento, quello irripetibile, in cui la bellezza appare più sfolgorante e in cui le sue muse si mostrano più disinvolte e naturali. Eppure, questi ritratti ricolmi di tanta bellezza sono spesso perturbati da un senso di provvisorietà, che aleggia velata, che freme nell'aria e negli sguardi ora struggenti,

ora superbi o malinconici, di femmine insoddisfatte e irrequiete, colpevoli di vanità, complici compiaciute e sopraffatte da quella immagine certamente sconveniente che il genio italiano darà di loro.

Una visione, quella delle donne che continuano a ricercare un posto significativo all’interno della società, purtroppo, ancora attuale, ovviamente oggi più consapevoli delle conquiste raggiunte rispetto all’epoca di cui si fa interprete Boldini, ma pur sempre ancora alla ricerca di una completa libertà d’espressione della propria personalità. Come spesso ci accade di osservare, la riflessione va sulla capacità dell’arte di cogliere e prevedere i cambiamenti, i bisogni della società, le nuove linee da seguire. Ed è sicuramente anche per questo motivo che il legame arte-moda è così stretto.

Infatti, in ogni epoca, gli artisti hanno ritratto i loro soggetti associandoli ai loro abiti, in un legame indissolubile fra la persona e il suo modo di vestirsi (o spogliarsi), cioè di presentarsi in società. Nella ritrattistica l’artista indugia nel piacere estetico dei dettagli realistici e di quelli simbolici, per lasciarci immaginare lo stile di vita e la personalità delle persone ritratte. È così, allora, che l’arte si conferma uno strumento potente di comunicazione e di conoscenza della natura umana. Una musa, forse, ancora troppo spesso inascoltata.

Ritratto della principessa
Ritratto di Elizabeth Wharton Drexel, 1905 Marthe-Lucile Bibesco, 1911

Un modo di conoscere la storia della moda dal Settecento agli anni Duemila per suggestioni in dialogo con l'arte e gli ambienti storici del museo

A Firenze Riapre completamente il Museo della Moda e del Costume con un nuovo allestimento (uffizi.it)

Il nuovo allestimento del Museo offre alla vista del visitatore un'antologia di rari e preziosi abiti corredati da accessori, scarpe, cappelli, ventagli, parasole, borse, che esemplificano per suggestioni e campioni una vasta collezione che nel totale conta più di 15.000 pezzi, e che verrà esposta nel tempo e a rotazioni secondo alternanze raggruppate per tipologie, temi e fil rouge, con lo scopo di illustrare per punti salienti il senso dell'evoluzione della moda dal XVIII secolo ai giorni nostri secondo un taglio storico e un racconto diacronico. Un altro elemento caratteristico il dialogo fra gli abiti e gli accessori e le più diverse forme d'arte, in primo luogo la pittura, con il confronto immediato fra gli splendidi capi esposti e alcuni fascinosi ritratti e dipinti coevi, che aiutano a pensare la moda anche attraverso le rappresentazioni di pittori sette-ottocenteschi come Carle Vanloo, Laurent Pecheux e Jean-Sébastien Rouillard passando attraverso gli eleganti ritratti dell’Ottocento maturo di Tito Conti, Giovanni Boldini, Edoardo Gelli e Vittorio Corcos per arrivare ad alcuni degli artisti più rilevanti dell’avanguardia italiana fra cui Massimo Campigli, Giulio Turcato, Corrado Cagli e Alberto Burri. Del resto, la moda è per definizione una forma d'arte che vive da sempre in simbiosi con le più diverse discipline. E dunque non solo moda e pittura, ma anche moda e arti plastiche (intriganti i richiami fra i manici dei vasi di porcellana e le maniche degli abiti settecenteschi); moda, teatro e scultura; ma anche moda e architettura, con gli abiti che vivono in stretta connessione con lo spazio storico, gli arredi e gli affreschi della Palazzina della Meridiana. Per finire con un dialogo visivo virtuale, ricostruito a distanza, sull'alta moda italiana che si andava affermando come una delle più rinomate e celebrate eccellenze mondiali inaugurando una tradizione che arriva senza soluzione di continuità fino ai nostri giorni.

Immagine e testo tratto dal sito online https://www.uffizi.it/eventi/

COSTUMI E SCENOGAFRIA: la moda a teatro

Il profondo significato della parola “costume” nella lingua italiana travalica gli stretti e semplicistici confine di “vestimento”. Infatti nel momento in cui il corpo non è più sufficiente nella sua nudità, cosi come lo era per gli antichi nostri progenitori, il costume lo addobba, lo completa e ne diviene parte integrante anche spirituale, tanto da condizionarne l’esistenza stessa, del corpo, anche sul piano del vivere ed esistere umano. È quindi significativo che il concetto di “moda” come promozione dei valori del “costume” nasca e sia così importante in Italia dove sin dal Rinascimento non si è mai cessato di magnificare il corpo umano nelle sue trasformazioni e nei suoi arricchimenti, tra i quali sicuramente quello di far diventare il semplice ricoprire delle nudità oggetto di invenzione “costumistica” ed alla “moda”. Naturalmente un momento di grande riflessione teorica e pratica ha sempre accompagnato il rapporto in tutte le manifestazioni teatrali, con le differenze nei diversi indirizzi, prosa, lirica, balletto ecc. Il costume collabora in modo fondamentale ed importante a trasformare l’uomo attore in colui che non è cioè nel personaggio collegandosi agli eventi previsti dall’autore. A mio avviso, storicamente, molto spesso il “costume” può essere stato più importante della stessa scenografia, spesso statica, naturalmente ad eccezione di quella barocca o delle Avanguardie del 900 ed in ogni modo meno legata alla fisicità ed interiorità dell’interprete. Diventerebbe un lungo discorso se volessimo ricordare le rigide regole per i costumi e le maschere nel teatro classico greco e romano fino ai costumisti attuali ai quali si chiede di avere abilità sartoriali da fondere con senso estetico, scenico e coerenza attoriale anche individuale. Quello che, ai suoi tempi Aristotele chiamava “techne’”. Tutto questo è diventato importantissimo quando, alcune decine di anni fa, sulla scia di nuove e rivoluzionarie definizioni del concetto di arte… “art as experience….art as idea as idea…ecc” si decise di non più rispettare alcun riferimento filologico per l’ambientazione, l’epoca, i contenuti sociali e storici dei testi e delle opere da proporre in scena. Gli eroi greci si presentarono in costumi contemporanei da marines magari arrivando in treno e così via…tutto questo, che molti ancora oggi considerano deleterio e troppo nuovo ha tuttavia dei ben precisi trascorsi. Shakespeare, a più riprese, ci ricorda che, in fondo, la vita è un palcoscenico, e che nella vita si interpreta una parte. Se è così (anche le idee di Pirandello non sono molto lontane) la moda del vestire quotidiano ed i costumi teatrali tenderebbero a congiungersi in un continuum poliedrico. Shakespeare ci permette di ricordare un esempio molto interessante in materia. Ai suoi tempi, nel teatro elisabettiano, il costume doveva garantire coerenza per la sua lettura scenica, il pubblico era vastissimo, nobili, ricchi, militari, artisti, mercanti, commercianti, servi, contadini, artigiani…Il biglietto costava pochissimo e tutti potevano andare a teatro, perciò l’uso di costumi contemporanei ne permetteva la decodificazione personale ed

individuale. Il costume teatrale seguiva la moda dell’epoca e viceversa. Ora presentiamo un esempio preciso in merito. David Garrick, nato nel 1717, è stato considerato l’attore inglese più importante della sua epoca, specialmente in riferimento alle opere del grande William….si interessava di tutto, dei costumi, delle scene ed anche dei testi.

Gestì per trenta anni il Drury Lane di Londra facendolo diventare uno dei teatri più importanti d’Europa. Era visto come un piccolo grande attore, pare fosse alto circa un metro e sessanta centimetri, ma aveva imparato ad usare a tal punto l’apparato teatrale da occuparlo tutto. Dava una tale importanza ai costumi che riuscì ad imporre le sue complesse ed elaborate creazioni sartoriali, in chiave di una contemporaneità anche ricreata, al mondo inglese dei suoi tempi. Il costume creò la moda. Tutto questo lo ritroviamo, molto ben esposto, nell’opera pittorica di J Heinrich Fussli, nato in svizzera nel 1741 e vissuto in Inghilterra, che ritrasse Garrick in molti personaggi shakespeariani, addobbato in costumi nei quali è visibile sia il discorso della contemporaneità ed anche quello della fantasia attoriale. (vedi quadri di Fussli con Shakespeare e Garrick da allegare in visione) Concludendo posso dire che la funzione principale del costume non è stata e non è solo quella di far riconoscere il personaggio ma quella di collaborare per tramettere al pubblico i significati universali della rappresentazione. In fondo, ed oggi ne abbiamo molti esempi, anche il nudo naturale dei nostri avi, è un “costume” talvolta persino forse appariscente.

Immagine di E.B.

LA MODA DI VIAGGIARE E IL VIAGGIARE

ALLA MODA: PROSPETTIVE FEMMINILI

SCRITTRICI E VIAGGIATRICI

L’approccio femminile al viaggio risulta diverso per motivi storici: il viaggio, per secoli, è rimasto una prerogativa esclusivamente maschile, tuttavia le donne nel tardo ‘700 iniziano a spostarsi con una certa curiosità e consapevolezza

Il viaggio comincia ad assumere un valore diverso, lo sguardo con cui le donne osservano il mondo, spontaneamente attente ad aspetti sociali, spesso ritenuti “minori” e raramente presi in considerazione dai viaggiatori maschi, diventa una nuova chiave di lettura

Sta in questa prospettiva gran parte della ricchezza storico-sociale ed antropologica delle testimonianze di molte viaggiatrici; il focus dei diari, lettere e scritti dedicati ai loro viaggi contempla una nuova interazione tra scrittrice e lettrice: il fascino e il piacere di uno story telling rivolto ad un pubblico femminile, desideroso di condividere esperienze e avventure nei paesi lontani.

La diversità in termini linguistici che caratterizza uomini e donne viaggiatori nell’epoca del Grand Tour si ritrova nei resoconti in cui le autrici parlano con disinvoltura e ricchezza di particolari non solo dei paesi visitati, ma e soprattutto, delle proprie emozioni: il viaggio diventa spesso occasione per compiere una vera full immersion nella propria interiorità.

Alla base dell’idea del viaggio per uomini e donne si riscontra comunque lo stesso bisogno di partire, lo stesso desiderio di libertà, la stessa irrequietezza e la stessa sete di scoprire: il viaggiare è un moto dell’animo che si traduce in avventura, in comunicazione e crescita.

Suggeriamo le seguenti autrici e i loro epistolari, a conferma della loro duplice funzione di testimoni ed autrici : Margherita Sparapani Gentili Boccapadule Viaggio d’Italia, Marianna Candidi Dionigi Viaggi in alcune città del Lazio, Cristina Trivulzio di Belgioioso Il falso mito dell’harem e Lady Montagu Sguardi nel Serraglio. Le Lettere turche

Il diritto a viaggiare per le donne è pertanto una conquista, essere viaggiatrici, non significava solamente spirito di emulazione, infrangere regole comportamentali e superare una cultura che le vedeva stanziali o al seguito del compagno con fare timido e sottomesso, ma occorreva dimostrare coraggio, avere ottime capacità programmatorie, essere empatiche, in altre parole, saper gestire lo sguardo dell’altro. Non dobbiamo dimenticare che l’indipendenza e l’autonomia economica erano, e forse lo sono ancora, le premesse necessarie per accingersi a sperimentare un ruolo ed una funzione decisamente nuove e cariche di responsabilità: quella della esploratrice in terre lontane, in cui altre donne agiscono secondo leggi e tradizioni diverse, sorprendenti, ma decisamente ricche di suggestioni. La gamma di viaggiatrici è vasta e contempla diversi profili, dalla avventuriera, alla giovane ereditiera, alla dama nobile ed annoiata1 ….fino a giovani spinte dal

1Cfr C,Bertacchini , P,Parenti PROSPETTIVE LETTERARIE, Manuale di Didattica della Letteratura Comparata, Ercole Baraldi Editore , Mirandola, 2012

desiderio di conoscere il mondo e soprattutto di testimoniare le loro esperienze attraverso la pagina scritta, sia a livello personale, sia in termini letterari e /o giornalistici.

Queste figure che in qualche modo anticipano la moderna reporter, ci consentono di conoscere aspetti legati alla vita quotidiana in luoghi fino a quel momento sovraccaricati di false e spesso fantasiose informazioni: le donne osservano, fissano nella mente e riportano il modo di vestire, gli oggetti usati nella routine, le ricette, le abitudini familiari, il modo in cui i figli vengono allevati e come la cultura locale abitui le persone ad esprimere (o a non esprimere) le proprie emozioni. Non dimenticano di fare confronti, riflessioni, esprimere giudizi... il più delle volte dimostrano comprensione, disponibilità a calarsi panni i altre donne che vengono descritte non solo con ricchezza di dettagli a livello visivo, ma anche nelle relazioni con gli uomini: padri, mariti e figli. Ecco quindi il viaggiare che viene inteso come atteggiamento alla moda che tuttavia suggerisce ed incoraggia nell’animo femminile del tempo di optare per una scrittura nuova, accattivante, quasi una guida cultural/sentimentale per le future turiste

DAL GRAND TOUR AI VADEMECUM FEMMINILI

Sappiamo che nella società vittoriana dalla aristocrazia alla piccola nobiltà dei famosi landowner, fino alla media e piccola borghesia, l’educazione impartita a ragazzi e ragazze era decisamente sessista e le donne trascorrevano la loro vita in famiglia, accompagnate dal famoso chaperon (accompagnatore appunto) quando si trovano alla presenza di uomini, soprattutto in occasione di eventi mondani. Venivano potenziate le sole abilità di scrittura e lettura, alcune volte questo percorso veniva arricchito dai famosi accomplishment (talenti) quali la musica, la danza, l’acquerello e il ricamo. Sebbene nel 1792 Mary Wollstonecraft avesse pubblicato. AVindication of the Rights of Women (Una rivendicazione dei diritti delle donne), la questione femminile era stata accantonata e solo nella metà del XIX secolo, assistiamo ad una vera e propria rivincita: infatti le principali riviste culturali e letterarie accolgono articoli scritti da donne che affrontano numerosi aspetti, in particolare la parità di genere. L’autorevole filosofo politico e deputato liberale John Stuart Mill presentò un’interpellanza in Parlamento per chiedere la sostituzione del termine «uomini» con «persone» nel Reform Act del 1867. Due anni dopo si assisteva alla nascita del Girton College a Cambridge e di vari altri college e scuole femminili.

I Married Women’s PropertyActs del 1870 e del 1872 sanciscono poi che le donne, per la prima volta, possono far valere effettivi diritti di proprietà, superando la legge patriarcale che invece stabiliva che all’interno del matrimonio tutti i beni appartenessero al marito.

Come abbiamo accennato, la libertà economico-finanziaria è la molla che spinge il pubblico femminile ad osare, a staccarsi dal casa paterna per assaporare il piacere della libertà, intesa come viaggio di formazione e crescita per progettare il proprio avvenire. Tutto ciò contribuisce a definire meglio il profilo della viaggiatrice, particolarmente affascinante è perciò la lettura di Hints to Lady Travellers. At Home and Abroad (Consigli per le viaggiatrici. In patria e all’estero) scritto da Lillias Campbell Davidson nel 1889.

Questa guida divertente e dalle descrizioni acute, oltre a dare un affresco sociale dell’epoca vittoriana, esplora la complessità del viaggio tutto al femminile ed esordisce sottolineando l’enorme aumento del numero delle viaggiatrici, un fenomeno in costante crescita. È in fondo un vademecum che illustra tutte le possibili situazioni che possono capitare a una signora impegnata in un tour soprattutto all’estero e si sofferma su un annoso problema, ossia come mantenere un comportamento ineccepibile durante tutto il viaggio, contro volgari e possibili avance:

«Molto si è detto sul pericolo che corrono le donne, specie se giovani, quando viaggiano da sole, di essere infastidite dalle attenzioni impertinenti e invadenti da parte di viaggiatori dell’altro sesso. […]. Sono sicurissima che nessun uomo […] oserà trattare con inopportuna confidenza o maleducazione una donna, per quanto giovane, la quale gli mostri chiaramente con la dignità dei suoi modi e della sua condotta che qualsiasi libertà di questo tipo sarebbe un insulto. Di regola una donna che viaggia sola riceve di gran lunga più attenzione e cortesia da parte degli uomini di tutte le classi che in qualsiasi altra circostanza e la maggiore libertà delle donne, che oggi permette persino alle ragazze di viaggiare completamente sole, senza neppure una cameriera, ha raramente conseguenze sgradevoli». Dai consigli sull’abbigliamento adeguato emerge poi, “l’abito di una gentildonna sarà sempre semplice e poco appariscente. Sarà alla moda ma pratico, preferibilmente nei colori marrone e grigio, o al massimo beige per i climi caldi. […] Le sottane bianche sono inadatte a viaggiare”, ai suggerimenti su come comportarsi con i compagni di viaggio o sulle regole per la scelta di un buon albergo. Raccomanda inoltre di ridurre al minimo il bagaglio visto che gli abiti si possono comperare sul posto o portare nelle lavanderie: «un abito giornaliero e un paio di altri portati con sé saranno sufficienti per un tour prolungato, a meno che non si intenda visitare un centro termale alla moda». Il libro è diviso in due parti, l’una sul viaggio in patria, l’altra sul viaggio all’estero. Mentre la prima sezione pone l’accento sul fatto che tutte le viaggiatrici sono accomunate «dall’eccitazione del viaggio, pregustandone avidamente la novità e godendosi la libertà dai doveri di tutti i giorni e dalle fatiche dell’esistenza quotidiana che un viaggio offre loro», la seconda sezione si sofferma sull’arricchimento spirituale e culturale del viaggio, in particolare fuori dai confini del proprio paese. Chiudiamo il nostro studio con queste riflessioni di Lady Montagu, donna alla moda e acuta scrittrice, dopo il suo ennesimo viaggio in Oriente Riflessioni che dimostrano il cambiamento e la consapevolezza di uno spirito colto, attento e sagace, pronto al confronto e ai paragoni, senza disdegnare una certa critica: “Aproposito di contegno, bisogna che vi dica una parola sulle dame francesi. Ho visto tutte le bellezze di qui e – non devo proprio lasciarmela scappare – e francesi sono talmente disgustose, capricciose, talmente assurde nel loro modo di vestire!

Di una mostruosa mancanza di naturalezza nel trucco! I capelli tagliati corti e tutti a riccioli attorno a visi così incipriati che si direbbero di lana bianca! E come se non bastasse, steso sulle guance e fino al mento un impietoso belletto rosso porcellana che brilla come fuoco! Non hanno più volto umano e direi che questo modo di mettersi si sia ispirato a un bel montone appena marchiato con l’ocra!”.

CONOSCERE E STUDIARE LA STORIA ATTRAVERSO LA MODA

Tullio Sorrentino

I coniugi guardano di sottecchi lo spettatore teneramente tenendosi la mano. Dai loro volti e sguardi proviene una pacatezza serena e composta. La costruzione dell’intera immagine intima e domestica rinvia ad una “sacra famiglia”, secondo i canoni di una religiosità privata e diretta che il sommo pittore fiammingo, autore di questo celeberrimo dipinto rinascimentale, aveva al tempo diffuso in vari angoli dell’Europa.

Lei è in “dolce attesa” e tutto sembra apparentemente modesto e dimesso… le ciabattine… il cagnolino… “I coniugi Arnolfini”, di Jan Van Eyck (1434 - National Gallery, Londra) non richiedono certo ulteriori presentazioni ai più. Tutto o quasi si è detto di questo inconfondibile “testo pittorico” (da molti ritenuto anche di immenso valore “sociologico”…).

Né tantomeno chi scrive ha pretese di aggiungere novità. Se non sottolineare che, questa così sorvegliata e quasi “bisbigliata” rappresentazione in realtà proclama a gran voce -quasi urlal’orgoglio e il potere economico delle casate mercantili in ascesa a Bruges e Anversa alle soglie della modernità (1). E di un nuovo “stile di vita”. E di un primo timido inserimento tra i ranghi alti della società e della politica di allora, di un nuovo ‘dress code”….(2)

Nonostante la riservata dimensione domestica del dipinto, saltano agli occhi gli zibellini, severi e opulenti insieme (il carbone, la legna preziosi come le pellicce…?) che rivestono e riparano dal freddo nordico il mite -ma solo in apparenzacommerciante lucchese espatriato a Bruges, nelle fredde, ricche operose e trafficate Fiandre. Queste pellicce testimoniano i continui e lucrosissimi legami con la galassia delle città stato commerciali dell’ “Hansa”, che, dal Baltico sino a Novgorod e molto più in là fanno pervenire materie prime indispensabili e sempre più richieste dalle rinascenti manifatture, come per esempio i preziosi cristalli che riflettono l’intera scena del quadro in un gioco prospettico raffinatissimo, quanto percepibile solo all’osservatore “complice”. Ma anche le leghe metalliche, l’allume, e una infinita gamma di utensili e “macchine” più o meno elementari, ma indispensabili per avviare la futura, crescente complessità. Pregiati sono anche i merletti (di Fiandra, appunto…), le sete, I lini e i velluti che ornano / scaldano la dolce figura di lei, effetto questo sia dei commerci e delle manifatture locali sia dei continui scambi col Mediterraneo multicentrico, e con le sue molteplici città-stato e Repubbliche commerciali, che lo hanno reso cuore pulsante della rinascita Europea, mettendolo in connessione -via Bisanzio, Aleppo, Samarcanda e tanti altri celebri snodi spaziali e territoriali, seguendo una complessa direttrice est sud est - con analoghe, aree assai lontane cui si preveniva da nord-nord-est partendo dai luoghi e dagli ambienti evocati nel dipinto di Van Eyck.

Provenienti da manifatture e centri remoti -anche per il nostro odierno mondo globalizzato- gran parte degli arredi e dei vestimenti della coppia sostanziano quel “Fruhkapitalismus” (ovvero: “primo” / proto capitalismo…) che lo storico e economista-sociologo Werner Sombart descrive così efficacemente in memorabili e avvincenti pagine (3).

Analoghi esempi possono essere tratti dalle infinite e spettacolari pitture del Rinascimento italiano -senza fuorvianti distinzioni tra maestri “maggiori” e “minori”, ma proprio seguendo il filo interpretativo dell’arte come impareggiabile strumento per cogliere le situazioni culturali e le società costruendo un vero e proprio “Atlante della Memoria” proposto dal sommo critico Aby Warburg (4), o -ancora- accostandosi al tema attraverso le remunerative ricerche e le riflessioni metodologiche di Michel Foucault (5) e Roland Barthes (6).

Le fonti pittoriche e le immagini che ognuno potrebbe evocare formerebbero un elenco tendenzialmente infinito; ciascuno sicuramente vorrebbe aggiungerne qualcuna sfuggita agli altri e che reputa più appropriata ed efficace: dai “teleri” del Carpaccio, agli “Ambasciatori” di Holbein; dagli affreschi del Pisanello e del Mantegna a Mantova ai ritratti di Tiziano; praticamente l’intera produzione di Velasquez, Rubens, Poussin…; dagli affollati scenari parigini degli Impressionisti, dei realisti / naturalisti ottocenteschi di ogni latitudine, alla galleria di personaggi mondani di Boldini; per non parlar poi di Klimt… sino alle ossessive ripetizioni serigrafiche di Warhol…. E dunque con l’avvento della fotografia, del cinema, dei mass media il caleidoscopio moltiplica in modo esponenziale le rifrazioni….

Per dire… A seguito delle mode francesi post Grande guerra, si potrebbe capire qualcosa dei “Roaring Twenties” negli USA prescindendo dalle “maschiette” (7)?

… E -di lì a poco- dell’Esistenzialismo parigino tralasciando la sintassi sincopata dei film della Nouvelle Vague, il jazz suonato nelle fumose e palpitanti notti delle “caves” al quartiere di Saint-Germain-des-Prés?

Qui, i jeans, i fuseau attillati neri, i maglioni -sempre neri- e gli sguardi enigmatici sotto le frangette delle muse del movimento si ponevano nei tardi anni ‘50 in radicale antitesi al New Look di Dior -donne avvolte in metri di stoffa dai colori pastello, viso candido, capelli biondi impeccabilmente acconciati, donne eleganti ad ogni momento della giornata… Gli esistenzialisti contrapponevano il total look nero, colore fino ad allora raramente usato per i giovani, connotazione di lutto e di morte.

Immagini di esistenzialisti

Questa sorta di divisa, oltre naturalmente ad uno stile di vita anticonformista e ribelle, era preparatoria alla lettura de La Peste, Lo straniero, La nausea, L’essere e il nulla… o forse restava prevalente rispetto al concreto impegno filosofico-politico del maestro Jean Paul Sartre (o, affettuosamente, “Partre”…), vista l’adesione di massa tra i giovani e meno giovani -una “moda”, appunto? …alla quale seguì il rimbalzo oceanico del Greenwich Village, dei Beatnik…

Immagini del Greenwich Village e della Swinging London

E analogo discorso, sull’onda del Boom economico e della liberazione dei costumi, si potrebbe riferire alla “Swinging London” dei primi anni Sessanta, di Mary Quant, Marianne Faithfull, The Kinks, The Who, The Beatles, The Rolling Stones…. (8). E parlando del regime nazista si potrebbe prescindere dal glamour delle eleganti e lugubremente sensuali divise dello stilista Hugo Boss (9)? Forse quegli abbigliamenti così tristemente noti hanno contribuito a generare quell’immagine di fascino morboso e insieme di disgusto che comunicano i film di Luchino Visconti e Liliana Cavani? Se -da un lato- la rassicurante cravatta -ostentata in modo un tantino fallocratico- dai maschi eleganti e di potere (management economico, politico…) pare avere lontane radici nelle ampie sciarpe dei cavalieri Croati, non sfugge -per altro verso- il passaggio dalle divise degli aviatori alleati della seconda guerra mondiale alle aggressive tenute dei James Dean e dei Marlon Brando con i loro “bombers” (10).

Studiare la storia attraverso la moda, dunque?

Un tema affascinante, divertente (“catching”, dicono gli anglofoni…)come abbiamo appena mostrato- ma davvero sconfinato… nel senso letterale e proprio del termine… Non ha confini perché da quando esistono tracce di “storia” -e perfino di “pre” / “ proto” storia (11)- sono esistiti usi abitudini valori costumi… ovvero comportamenti che tendevano a rafforzare il rapporto tra gli individui, i singoli, i gruppi sociali, i sistemi familiari, i censi, le classi,

le professioni… la società nel suo complesso, le istituzioni religiose, politiche… e tutto ciò influiva / influisce o viene influenzato a sua volta, da comportamenti che definiamo “moda”.

Ma -senza volerlo qui rinchiudere in una definizione limitativa- il termine “moda” viene secondo autorevoli interpreti associato strettamente -in un rapporto storico di implicazione - alla nascita dello spirito moderno (12).

Per avere un “sistema” moderno di moda, occorrono il concorso di molteplici fattoriproduttivi, tecnologici, di mobilità e dinamismo sociale… e una sempre più consapevole e autodeterminata situazione del soggetto e dell’individuo, anche se incasellato in ordini sociali religiosi politici in cui si insinua un rapporto dialettico tra pubblico e privato e tra singolo e collettività. In definitiva, quattro sono i termini chiave e le sfere di esistenza che associano il linguaggio della moda alla narrazione della modernità: la chiara, -più o meno cosciente e ricercata- affermazione di aspetti individuali, volti a caratterizzare:

1) lo status di colui / colei che sceglie un determinato abbigliamento;

2) la sfera della sessualità;

3) il potere ;

4) la personalità.

Finché vi fu una netta separazione tra chi esibiva e si permetteva il “lusso” e chi era rigidamente subordinato si potè parlare di “costumi”, norme, rigidamente fissate e stabilite, tra le cui trame gli spazi di azione soggettivi erano limitati e i casi di eccentricità eccezionali e memorabili.

La “polemica sul lusso” che precedette e accompagnò la Rivoluzione francese smascherò definitivamente il problema aprendo la prospettiva alla necessità di abbattere l’Ancien Régime con le conseguenze che tutti conosciamo…(13).

Nobili e sanculotti contrapposti anche nel “dress code”…

A partire da quando invece il lusso ha cominciato ad essere percepito dai più come “l’indispensabile oltre lo stretto necessario” si può dire di essere transitatifelicemente o meno, a seconda delle prospettive - nel tempo attuale della “moda”, e della moderna frenesia (14). ______________________________________________________ - Note -

(1) È documentata la relazione economico-diplomatica degli Arnolfini con i Duchi di Borgogna, probabili. intermediari per la committenza del dipinto.

(2) Si veda il magistrale volume di Richard Thompson Ford, Dress Code: come la moda dà forma alla storia, Il Saggiatore, 2023.

(3) W. Sombart, Il capitalismo moderno, UTET, 1967; Id., Dal lusso al capitalismo, Armando, 2003; Id., Mercanti ed eroi, ETS, 2014

(4) Si veda al riguardo: Kurt W. Forster, Il metodo di Aby Warburg. L’antico dei gesti, il futuro della memoria, Venezia 2021.

(5) M. Foucault, L’archeologia del sapere, Rizzoli, 1980; Id., Il sapere e la storia: sull’archeologia delle scienze e altri scritti, Ombre Corte, 2007.

(6) R. Barthes, Il sistema della moda, Einaudi, 1970; Id., Il senso della moda: forme e significati dell’abbigliamento, Einaudi, 2006; Ponzio, Calefato, Petrilli (a cura di) Con Roland Barthes: alle sorgenti del senso, 2006, Meltemi.

(7) Francis Scott Fitzgerald, Flappers and Philosophers, 1920, tr. it.: Filosofi e maschiette, trad. Luca Merlini, Firenze: Passigli, 2011.; G. Alvi, Il secolo americano, Adelphi, 1996 e Id., Eccentrici, Adelphi, 2015.

(8) https://semiologiadelcorpo.wordpress.com/2014/03/24/lezione-3-figure-e-lookdellesistenzialismo/#comments; https://moda.mam-e.it/esistenzialismo/; https://www.ilsole24ore.com/art/parigi-e-rive-gauche-esistenzialisti-AEuzPDa; Michael Caine, My Generation: un viaggio nella mitica Swinging London, DVD / audiolibro; George Melly, Revolt into Style, Penguin Books, 1970; J. Kerouac, Beat Generation, Mondadori, 2007. Si veda anche: M. Guarnaccia, Ribelli con stile: un secolo di mode radicali, Shake, 2009. J. Baurillard, La società dei consumi: i suoi miti e le sue strutture, Il Mulino 2010.

(9) Le divise naziste furono progettate spesso dall’artista Karl Deibitsch e dal designer Walter Heck, entrambi membri delle SS. Hugo Boss iniziò a produrle dal 1925, risollevando, peraltro la sua azienda dalla drammatica crisi che dal 1923 fino ai primi anni Trenta aveva devastato la Repubblica di Weimar. https://berlinomagazine.com/hugo-boss-e-il-suo-passato-da-stilista-di-hitler-e-di-tuttele-divise-naziste/?utm_content=cmp-true

G. Mosse, La nazionalizzazione delle masse, Il Mulino 2009.

(10) Donald Spoto, Rebel, La vita e la leggenda di James Dean, Odoya 2011; Truman Capote, Il duca nel suo dominio: intervista a Marlon Brando, Mondadori, 2004; (11) Oggi è ridisegnato il concetto di “storia” e “ preistoria”, risalente a concezioni storiche antropocentriche, o umanistiche quali quelle di Gian Battista Vico … Oggi la storiografia e la metodologia storica considerano “storiche” anche le tracce dei mutamenti avvenuti -e in corso- della biosfera. Secondo i più, oggi viviamo nell’era dell’antropocene: S. L. Lewis e M. A. Maslin, Il pianeta umano: come abbiamo creato l’Antropocene, Einaudi 2019; M. Meschiari, Geografie del collasso: l’Antropocene in nove parole chiave, Piano B 2012; C. Giorda (a cura di), Geografia e antropocene: uomo, ambiente, educazione, Carocci 2019; F. Gemenne, Atlante dell’Antropocene, Mimesis 2021.

(12) Ford, R. Th., Dress code…, cit. , passim

(13) C. Borghero (a cura di), La polemica sul lusso nel Settecento francese, Einaudi 1974.

(14) G. Simmel, Stile moderno: saggi di estetica sociale, Einaudi 2020.

ABBIGLIAMENTO: ICONE TRA IDENTITA’, CONSERVAZIONE, CAMBIAMENTO E RIVOLUZIONE

Dario Ghelfi prima parte

Partiamo da due definizioni, “prese” dal vocabolario on line della Treccani.

La prima:

“In origine la parola ABBIGLIAMENTO indicava il modo di vestire e vestirsi; con il tempo, il significato principale è diventato quello concreto che indica l’insieme di ciò che serve a vestire e a vestirsi: rientrano in questa definizione non solo gli indumenti propriamente detti, ma anche gli accessori e i gioielli …”2;

la seconda:

“moda … «modo, foggia, maniera» …Fenomeno sociale che consiste nell’affermarsi, in un determinato momento storico e in una data area geografica e culturale, di modelli estetici e comportamentali (nel gusto, nello stile, nelle forme espressive), e nel loro diffondersi via via che a essi si conformano gruppi più o meno vasti, per i quali tali modelli costituiscono al tempo stesso elemento di coesione interna e di riconoscibilità rispetto ad altri gruppi. In questo senso la m. rientra nei meccanismi di acculturazione che garantiscono la persistenza nel tempo di usi e vigenze collettive e si differenzia dalla semplice tendenza a ripetere occasionalmente alcuni moduli di comportamento sociale. Come espressione del gusto predominante (tipico di una determinata società) la m. interessa ambienti intellettuali, ideologici, movimenti artistici e letterari, o, più genericamente, abitudini, comportamenti, preferenze. Senza particolari specificazioni, il termine fa in genere riferimento all’ambito dell’abbigliamento (ma anche delle acconciature, degli ornamenti personali, del trucco ecc.), nel quale il fenomeno è caratterizzato, soprattutto in tempi recenti, dal rapido succedersi di fogge, forme, materiali, in omaggio a modelli estetici che in genere si affermano come elementi di novità e originalità…”3

Prima di entrare nello specifico un paio di osservazioni estremamente pertinenti al nostro discorso:

“La moda è una delle forme espressive umane, singola e collettiva al tempo stesso, che forse meglio incarna i continui cambiamenti storici. Questo perché spesso e volentieri è stata la comparsa di alcuni capi d'abbigliamento, in una data epoca, ad aver premuto l'acceleratore sulla sovversione di paradigmi e canoni, così come sulla dissoluzione di restrizioni e costrizioni sociali. Nel libro Il senso della moda, Roland Barthes riflette su questo fiuto della moda, spesso infallibile, e in particolare su che rapporto ha con la storia.

2 https://www.treccani.it/vocabolario/abbigliamento/

3 https://www.treccani.it/vocabolario/moda/ https://www.treccani.it/enciclopedia/moda/

Secondo il filosofo quest'ultima «non può agire sulle forme della moda, ma può benissimo agire sul loro ritmo, sconvolgendolo o cambiandolo». Riferito al fashion system questo non può che essere vero, ma se consideriamo, al contrario, l'influenza della moda nella storia, questa ha coinciso in particolare con un concetto tanto ampio e complesso quanto semplice e immediato: la libertà. Ritrovata o scoperta, la si è intrecciata con le fitte trame della moda in molteplici occasioni, dai primi pantaloni femminili ideati da Coco Chanel, per conferire dinamicità alla donna moderna, ai celebri jeans, passando per la rivoluzione rappresentata dal bikini…4 “ … l’accostamento dell’anima all’abito è una delle tracce che Eugen Fink trova nella storia del pensiero a sostegno delle sue riflessioni sulla moda, ora tradotte in italiano a cura di Giovanni Matteucci con il titolo Moda Un gioco seduttivo (traduzione di Vincenzo Santarcangelo, Einaudi «PBE», pp. XXIV98, euro 17,00). Egli ritiene, infatti, che l’abbigliamento – l’ambito della moda a cui presta particolare attenzione – sia un segno peculiare della cultura umana, un gioco del desiderio e con il desiderio, un mezzo espressivo di utorappresentazione, anche nel modo in cui offre protezione, di quello strano animale – l’essere umano – che non si accontenta di restare così come lo ha fatto la natura…”5 .

Ma la moda si concretizza storicamente attraverso i suoi “brand”6 specifici. E così c’è chi ha scritto, in merito a Fidel Castro che l'outfit (l’insieme dell’abbigliamento atto a rappresentare una moda)

“è più forte della revolución … Fidel Castro è morto. Morirà con lui anche l’aura fashion icon che l’ha contraddistinto? Fidel Castro è stato oltre che comandante della rivoluzione cubana e Lider Maximo, il padre fondatore di tutti gli hipster. Lui come Che Guevara, Che Chic, un fashion trend diventato fenomeno mediatico anche grazie alla popolare t-shirt che ritrae il volto fiero verso l'avvenire della rivoluzione. Lo so, è brutto che le figure emblematiche della nostra storia contemporanea vengano ricordate per come si sono vestite, ma non si può fare a meno di ragionare su cosa sopravviva nel tempo. E a volte, sì, i posteri preferiscono un outfit all'ideologia ... Come ha sottolineato il giornalista Chris Berg in The Age: “Per ironia della sorte, la longevità culturale di Che Guevara come simbolo culturale è perdurata proprio grazie al sistema economico che ha cercato di distruggere”. Succederà lo stesso anche con Fidel Castro? …” 7

4 https://www.vanityfair.it/fashion/abbigliamento/2020/06/07/capi-moda-iconici-simbolo-libertaabbigliamento-storia

5 https://ilmanifesto.it/fink-e-lincantesimo-filosofico-della-moda

6 Il Brand è la combinazione di elementi (quali nome, slogan, logo, comunicazione, storia e reputazione) che funzionano come segno distintivo e identificativo di una impresa (e non solo). La marca (o brand) racchiude in sé immagine, valori, significato, ecc. che lo differenziano dai competitor, determinando il rapporto con il pubblico di riferimento. https://www.insidemarketing.it/glossario/definizione/brand/ 7 https://www.wired.it/play/cultura/2016/11/29/fidel-castro-moda-icona/

“La giacca di pelle sta alle Black Panthers come la minigonna sta alle femministe della seconda ondata. Da sempre alleata di ribelli e manifestanti, l’uniforme contribuisce alla definizione identitaria e alla riconoscibilità di movimenti attivisti, facendo sì che si imprimano nella memoria collettiva non solo da un punto di vista ideologico, quanto estetico. Anche oggi, i brand del lusso fanno a gara per ostentare il proprio coinvolgimento in questa o quella causa – sociale, ambientale – finendo per portare l’attivismo in passerella. Dalla controcultura alla moda e viceversa, ecco l’evoluzione e l’eredità –affascinante e contraddittoria – del protest-fashion. Il fatto di indossare o non indossare determinati capi di abbigliamento assume una connotazione sociopolitica dai tempi dei sanculotti, i lavoratori militanti che durante la Rivoluzione Francese lottarono per soverchiare l’Ancien Régime – chiamati così perché non portavano il pantalone sotto il ginocchio divenuto emblematico di aristocratici e alto-borghesi –. Un indumento diventa quindi un fattore determinante nell’identificazione di un gruppo sociale, un elemento di riconoscimento e aggregazione. All’inizio del Novecento l’attivismo gioca poi un ruolo fondamentale nell’evoluzione dell’abbigliamento femminile: le Suffragette che lottano per i diritti delle donne ripudiano i rigidi e stringenti corsetti vittoriani in virtù di abiti più comodi”8

Quel sistema che sembrava (o almeno sino ad oggi) identificarsi nell’American way of life9 , noi l’abbiamo scoperto a Mosca (“sosta” all’ “interno” di un viaggio verso quella che allora si chiamava Asia Centrale Sovietica), laddove i giovani moscoviti andavano pazzi per i Lewis. Gli alberghi dove soggiornavano i turisti stranieri erano assediati da individui più o meno loschi che ne facevano incetta (li compravano ed erano attentissimi ad acquistare gli originali, quelli marcati Lewis, appunto). Quell’indumento era nato nel 1873 (dalla Levi Strauss & Co.: il termine “jeans” apparve nel 1960), come capo per i lavori di manovalanza, jeans della working class, per passare poi a simbolo di ribellione, quando Marlon Brando li indossò nel film Il selvaggio (The Wild One) del 1953. “Da quel momento in poi, i jeans Levi’s divennero il nuovo abbigliamento alla moda indossato da ragazzi ribelli, rock star, ma anche uomini e donne comuni che non lo consideravano più solo un capo pratico e

8 https://www.harpersbazaar.com/it/moda/tendenze/a41168510/uniformi-protesta-moda-tendenza/ 9 La cultura degli Stati Uniti d'America rappresenta l'insieme di modi, usanze, costumi e tradizioni del popolo statunitense. Si tratta di una cultura in prevalenza di stampo occidentale, in primis di derivazione anglosassone, ma che, in virtù della multietnicità, ha subito nel tempo notevoli influenze da parte di tradizioni, usi e costumi dei popoli originari, colonizzati o immigrati … Nel corso del XX secolo tale cultura ha assunto un peso via via dominante sul resto del mondo industrializzato, al punto da far assurgere gli Stati Uniti al rango di "superpotenza culturale": l'influenza degli Stati Uniti su scala planetaria è tale che buona parte della cultura di massa espressa in Occidente dalla seconda metà del XX secolo in poi può essere ricondotta a quella statunitense e, più in generale, a quella anglosassone, si pensi ad esempio all'influsso della lingua inglese, alla cultura hippy e punk, al cinema hollywoodiano, alla musica pop e rock e hip hop, alla tecnologia elettronica moderna, … al fumetto (da Topolino ai supereroi della Marvel), al mondo dei videogiochi, ai fast food, agli sport statunitensi e ai marchi sportivi divenuti status symbol come Nike.https://it.wikipedia.org/wiki/Cultura_degli_Stati_Uniti_d%27America

funzionale, ma un vero e proprio pantalone da mettere tutti i giorni”10. Erano diventati un’icona, del vituperato (dal regime) e sognato (dalle giovani generazioni sovietiche) occidente; non simbolo di rivolta ma, come dirlo oggi, “alla moda”11

In fondo è la stessa storia dell’eskimo, che è passato da simbolo della sinistra studentesca in rivolta, ad una giacca adatta ad ogni occasione … Stando ai manuali del costume, il primo eskimo moderno sarebbe derivato dal cappotto M51 indossato dai soldati dell’esercito americano durante lo scontro con la Corea alla metà del Novecento. La grande diffusione di questa giacca, però, è dovuta in principal modo alle rivolte del 1968: i giovani in protesta di quegli anni, infatti, lo elevarono a simbolo della sinistra studentesca insieme alla kefiah, poiché si trattava di un capo largamente disponibile e commercializzato a prezzi accessibili anche per le fasce meno ricche della società. Poteva essere trovato in negozi di articoli vintage di stampo militare, nelle botteghe di abbigliamento casual e sportivo, sulle bancarelle dei mercati cittadini e nei grandi centri commerciali. Tutto ciò consentì al giaccone di entrare nel guardaroba di un numero sempre maggiore di persone, che lo utilizzavano come bandiera della controcultura di cui volevano essere parte. I suoi colori principali erano il kaki, il sabbia o lo cromie più scure come il grigio e il nero; arrivava circa a metà gamba e, solitamente, il collo presentava una decorazione in velluto a coste; possedeva ampi tasconi sul petto con apertura obliqua ed era a tal punto riconoscibile da essere entrato a più riprese in espressioni di cultura di massa come la musica e i libri. Francesco Guccini, ad esempio, gli ha dedicato la canzone Eskimo nel 1978, Giorgio Gaber lo ha inserito all’interno del brano Qualcuno era comunista Pur mantenendo le stesse caratteristiche fondanti, l’eskimo di oggi presenta numerose differenze rispetto al cappotto degli anni Settanta. È infatti solitamente realizzato in tessuti tecnici, impermeabili e leggeri per garantire maggiore comfort; viene proposto in colori recuperati da una palette cromatica più ampia rispetto a cinquant’anni fa …”12

Ma ora un excursus sulle icone dell’abbigliamento che hanno “segnato” la storia. Partiamo dalla Rivoluzione francese

Le icone: il berretto frigio, come vestivano i sanculotti, la carmagnola.

Del berretto frigio non si sente, oggi, quasi più parlare (a parte il fatto che è ancora il copricapo nazionale dei catalani e che ha ispirato Phrygie, la mascotte dei Giochi Olimpici di Parigi 2024), ma la storia di questo copricapo è esemplare. Nasce in Persia, fu utilizzato dai preti del Sole in Frigia (di qui “frigio”) e, poi il salto di qualità: “ …nell'Antica Roma, divenne il copricapo che veniva donato dal padrone agli schiavi

10 https://www.nico.it/blog/tendenze/storia-della-levi-strauss-co-com-e-nato-il-primo-jeans

11 Qualcosa di simile, ma riferito al cibo, questa volta, avremmo avuto occasione di osservare a Pechino, nel 1988, con folle di giovani che affollavano i ristoranti della Kentucky Fried Chicken, di cui ignoravo l’esistenza (non sono un frequentatore di locali “fast food”. https://it.m.wikipedia.org/wiki/Kentucky_Fried_Chicken

12 https://www.esquire.com/it/stile/moda-uomo/a41866400/eskimo-sinistra-capospalla/

nazisti (le SA di Rohm)13. Ed infine la Stella di Davide che gli Ebrei dovevano portare cucita sulla propria giacca, per essere identificati14

La bandana. Da icona del west ai kamikaze

“Dall’hindi bāndhnū, letteralmente "legare in mille modi diversi … Un accessorio dalle radici antiche e dalla storia affascinante, che ha attraversato continenti e generazioni, stili di vita e di pensiero, per diventare universale. Originaria, appunto, dell’India, la bandana nasce come semplice pezzo di stoffa per proteggere i capelli o il viso dal sole e dalla polvere, ma col passare del tempo acquista significati culturali e sociali più profondi in diverse parti del mondo. Nel corso del XIX secolo, la bandana guadagnò popolarità nel selvaggio West americano. Indossata da cowboy, fuorilegge e lavoratori come una forma di protezione contro le intemperie ma anche come simbolo di identità, per affermarla o nasconderla a seconda di quali fossero i propri scopi, la bandana diventa un mezzo di espressione personale. Di solito viene portata intorno al collo o come copricapo e vari colori e motivi finiscono per identificare diverse fazioni … 15 .

Per arrivare, poi, allo hachimaki, “una fascia di tessuto tradizionalmente indossata in Giappone, cingendosi la fronte, come simbolo di impegno e perseveranza, in occasioni particolari … e al sacrificio dei kamikaze.16

Il pakol (Afghanistan)

Nessuna intenzione di prendere in esame i vari copricapi dei vari Paesi. Ma il pakol, un cappello da uomo tondeggiante, di lana, sì perché aveva assunto un connotato politico, nel corso della guerra afghana contro la presenza dei Sovietici e nella guerra civile contro i talebani. Era, tra l’altro, associato, al leggendario e carismatico generale Massoud, detto anche il Leone del Panjshir17 .

13 https://it.m.wikipedia.org/wiki/Sturmabteilung

14 https://www.scuolaememoria.it/site/it/2021/07/27/la-stella-gialla/. L’obbligo per gli Ebrei di portare dei segni distintivi nel loro abbigliamento, si perde nella notte dei tempi. Noi vogliamo qui ricordare la stella gialla che essi dovettero cucire sui loro abiti, imposto dal regime nazista Le prime proposte interne al regime nazista per imporre un contrassegno agli ebrei tedeschi si ebbero nel 1938. Fu però solo con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale che la Stella ebraica venne progressivamente imposta agli ebrei come segno identificativo, in Germania come nei territori occupati dai nazisti

15 https://www.harpersbazaar.com/it/moda/storie/a43917212/bandana-storia-moda/

16 https://it.wikipedia.org/wiki/Hachimaki

17https://it.wikipedia.org/wiki/Pakol#:~:text=Il%20pakol%20(Urdu%2FPashto%2F,rosso%20con%20tannino %20di%20noce https://it.wikipedia.org/wiki/A%E1%B8%A5mad_Sh%C4%81h_Mas%CA%BF%C5%ABd

Il fez

Una citazione in negativo “Il fez … è un copricapo in feltro a forma di cappello cilindrico, solitamente rosso, e talvolta con una nappa attaccata alla sommità, che prende il nome dalla città di Fez (o Fès, Fas), in Marocco, capitale del regno del Marocco fino al 1927, da cui sembra essere originario, anche se la sua maggiore diffusione si è avuta in Oriente, in particolar modo nella Turchia degli Ottomani”. Qui era diventato un elemento della tradizione, tanto che Mustafa Kemal Ataturk, dopo la guerra greco turca del 1919 – 1923 (per i turchi “Guerra d’Indipendenza) nell’ambito della sua azione riformatrice, svolta ad occidentalizzare il Paese, lo mise al bando come simbolo di arretratezza.18

Tela esposta nell’ingresso della sede didattica Lingue e Informatica - via Emilia 429

18 https://it.wikipedia.org/wiki/Fez_(copricapo)

Assunta Devoti

FUMO DI LONDRA ADDIO

Molti ricorderanno un film del 1966 diretto e interpretato da Alberto Sordi, film che all’epoca ebbe un discreto successo di pubblico. Il film racconta dell’amore sviscerato che Dante Fontana, modesto antiquario di Perugia, nutre per la non più prefida Albione. Approfitta della vendita all’asta di un frammento di statua etrusca per soddisfare con un viaggio la sua appassionata e incondizionata ammirazione per l’Inghilterra. Appena giunto a Londra, l’antiquario cerca di assumere l’aspetto di un vero gentleman della City.

Corre quindi ad acquistare un completo "fumo di Londra", con bombetta, scarpe Lobb's, ombrello e pipa, e gira la città, soffermandosi nella lettura del Times a Piccadilly Circus.Ma ahimè qualcosa non va...Fontana scopre a sue spese la realtà di un'Inghilterra che sta rapidamente cambiando e del mito di una Londra oramai sul viale del tramonto. Quindi non gli res terà altro che indossare una parrucca bionda e sostituire l’amato completo fumo di Londra con una giacca di cuoio nero in perfetto stile “Mods”.

Se gli anni Cinquanta erano in fumo di Londra, gli anni Sessanta sono una esplosione di tinte vivaci Pop è la parola d'ordine degli anni '60 e i Swinging Sixties” rappresentano il decennio decisivo per la nuova immagine della Gran Bretagna. È il decennio del terremoto giovanile, quello in cui i baby-boomer alzano la voce per la prima volta e con la loro forza innovativa riescono a imporre una svolta di decisiva importanza alla società, ponendosi come un modello di riferimento per la cultura del cambiamento. Da città squallida e conservatrice all’ombelico del mondo, fatto di libertà, speranza e promesse. Londra diventa la città dove tutto è possibile. Tutto ciò che è inglese, a partire dai vestiti, dalle scarpe, ai dischi e agli accessori, diventa automaticamente di moda. Giovani europei e americani non rinunciano al fascino britannico e migrano sull'isola per respirare aria di libertà, imparare la lingua, ascoltare musica, adattarsi al look swing e cogliere al meglio lo spirito dei tempi.

Londra divenne la città più alla moda dell'epoca, un vero laboratorio di tendenze e stili, una mecca dello shopping per teenagers con i suoi negozi Biba, Bazaar e le vetrine coloratissime di Carnaby Street a Soho. Tutte, ma proprio tutte le tendenze sembrarono partire da lì.

Icona del cambiamento fu Mary Quant l’inventrice della minigonna.

Dal suo negozio in King's Road la sua moda, che si adattava in maniera incredibilmente veloce a quelli che erano i gusti dei giovani londinesi, si diffuse rapidamente e ovunque nel mondo con grande successo, facendo barcollare le altre case di moda, diventate improvvi-samente arcaiche. Basta con sontuosi abiti di enormi dimensioni e gonne con metri e metri di tessuto, o tristi tailleurs bonton proposti dalle rinomate Maisons francesi. Le giovani privilegiarono gonne corte, cortissime, collant colorati che le liberarono da reggicalze e giarrettiere e stivali senza tacco; la minigonna diventò uno dei simboli più importanti di libertà e autodeterminazione in una società ancora conservatrice e intrisa di stereotipi. Proprio Mary Quant con la sua storia di ribellione alle regole e all’etichetta mostrò come si possano cambiare pregiudizi e idee anche con piccoli, ma incisivi gesti. La sua minigonna venne lanciata da una parrucchiera di 17 anni, conosciuta come Twiggy (alias Leslie Hornby) che sarà una delle prime top model teenager. Ma non basta...seguirono cosmetici iridescenti e anche un nuovo taglio di capelli: via I bigodini e la cotonatura, avanti invece il capello sciolto e la frangiona simmetrica, suggerita dal parrucchiere Vidal Sassoon. La consacrazione definitiva a protagonista del mondo della moda e delle nuove tendenze arrivò nel 1966 quando la stessa Quant la indossò a Buckingham Palace per ricevere l’onorificenza dell’Ordine dell’Impero Britannico dalla Regina per il suo contributo all’industria nazionale. Poi via a fare acquisti nel luogo più glam della città, dove vedere e farsi vedere, a Carnaby Street, la culla della Swinging London, luogo simbolo dell’ottimismo e della voglia di vivere delle nuove generazioni. Quegli anni portarono una vera e propria ventata di freschezza in città (e nel mondo) dal punto di vista della moda, ma anche per la musica, il cinema e la televisione. E Carnaby Street ne fu l'epicentro culturale. Carnaby si è guadagnato le sue credenziali durante gli anni '60 con vivaci scontri e incontri di colori, nuove culture, nuova musica emozionante e un'identità ribelle; non c'era nessun altro posto come questo a Londra, frequentato abitualmente dai grandi della musica dell’epoca (e di sempre) tra cui Jimi Hendrix, The Beatles, The Rolling Stones. Quindi fumo di Londra addio. I gentlemen della City deposero corona e scettro (ovvero bombetta e ombrello) e non li indossarono mai più. L’unica che rimase fedele fino alla fine non solo alla corona ma anche ai suoi assurdi cappelli fu Elisabetta II, ma si sa, lei aveva idee personali su tutto anche in fatto di moda. Tuttavia, come Mary Quant amava le tinte vivaci, il turchese, il verde acido e il rosa shocking. Chissà cosa si diranno lassù in fatto di stile e di moda...

‘A MODA È ‘A VITA MIA (raccontare la moda)

Imma De Marino

:”Bianca tu sì n’arrunzona, sei maldestra, statt’ accuort, ‘a machina è nova-nova, me raccumanne vai chianu- chianu ca si nò ruompe l’ago”.

Nonna Ambra da Salerno era salita da noi, a Modena, a casa nostra.

Era sarta e a mamma regalò l’ultimo modello super accessoriato di macchina da cucire “Necchi”. Studiavano insieme il complicato libretto di istruzione, ma mamma era impaziente e subito la infilava e provava a farla andare, utilizzando piccoli pezzetti di stoffa:

“ Mammà vedite ccà quanto è veloce a ‘ffà ‘o zigo-zago; mammà vedite comm’è bell’ ‘o punte p’arricciatura!”.

:“ Bianca ma primm ‘e fa ja studià “.

:“ Mammà nun ve preoccupate, je sacce fa!”.

Delle case di cui ho memoria ricordo la presenza in ogni stanza, compreso l’ingresso e l’antibagno, di armadi di tutti i tipi: a muro, ad incasso, quattro stagioni, singolo. Erano tutti stracolmi di vestiti, giacche, cappotti, maglie di mamma.

Papà si lamentava perché dell’armadio quattro stagioni della camera da letto a lui spettava solamente un’anta per gli abiti a giacca e il cappotto e due cassetti, uno per l’intimo e le maglie di cotone e l’altro per i maglioni e i gilet di lana. Mamma si giustificava, come a dire che non era colpa sua: ”Giuà che ce pozze fa, ‘a moda è ‘a vita mia. Ti ‘a fa ‘na ragione, songhe nata vanitosa. Mammà m’ha fatto accussì e accussì è”.

Mamma, dopo un breve periodo di malinconia per la lontananza dalla sua famiglia d’origine, era orgogliosa di vivere nel distretto industriale, capitale mondiale di produzione di maglie e di camicie! Erano gli anni ‘60 ed aveva cominciato a fare la lavorante a domicilio.

All’inizio arrivavano a casa montagne di teli di maglieria da ripulire e rifinire; in seguito, grazie alla macchina da cucire “Necchi”, entravano enormi sacchi che occupavano tutto il tinello, di camicie, a cui mamma doveva cucire il collo e i polsini. Lavorava vestita tutta elegante, truccata e ben pettinata; ricordo persino che calzava scarpe con i tacchi.

Alle sorelle Rosa ed Azzurra che vivevano rispettivamente a Salerno e a Milano ripeteva orgogliosa:“Je fatiche a domicilio per aziende che sono famose a livello mondiale, per la maglierie e per la camiceria! Mi regalano pure i prototipi dei campionari! Quanne scenghe abbasce v’ ‘e pporto e inzieme a mammà ‘e facimme”. Mamma aveva passione per la moda nel suo insieme, inoltre adorava truccarsi e pettinarsi, amava la bigiotteria, i cappelli e le borse. Stavo ore sulla porta del bagno ad osservarla mentre si truccava, ritoccava le sopracciglia e il neo sulla guancia con la matita marrone e che abilità nell’usare il tira-ciglia per arricciare le ciglia! D’inverno metteva le parrucche e d’estate, invece, cotonava i capelli e fissava i toupet con le forcine.

Abitavamo di fianco alla parrucchiera Wanda, mamma l’aiutava a fare gli shampoo, le passava le mollette e i bigodini. Imparava sempre nuove pettinature. Io in negozio, mentre l’aspettavo, sfogliavo le riviste e quando vedevo la foto di Farah Diba,

l’imperatrice moglie dello scià di Persia gridavo: “Ma questa è la mia mamma!” Sembravano due gocce d’acqua. Fin da piccola amavo tanto osservare, ero maniaca del dettaglio. Quando andavo a Napoli da zia Marialita, da zia Rosalia e da zia Assunta, sorelle di papà o a Salerno da zia Rosa e da zia Azzurra, sorelle di mamma, notavo che tutte loro, indistintamente erano molto forti di seno. Vestivano colorato, avevano sempre le braccia nude e portavano grandi scolli o a Madonna o a V; indossavano abiti di seta o di raso fruscianti, a pois o a righe. I tubini molto fascianti con profonde scollature mettevano in evidenza le forme ed innalzavano il portamento. Le donne del sud erano sempre abbronzate, la pelle ambrata e i capelli neri erano folti e lucidi.

Zia Rosalia, che purtroppo aveva una gamba di legno, portava sempre pantaloni a zampa d’ elefante abbinati a camicie scollatissime; il suo più caro amico era Vastiano, diminutivo di Sebastiano, un parrucchiere che la truccava e la pettinava tale e quale ad Anna Magnani.

:“ Imma cara, nuje do sud simme femmene carnali”. Ed effettivamente riconosco che era proprio così, come diceva lei. Le donne, sia giovani che mature d’età, possedevano una femminilità prorompente che sembrava volesse esplodere dagli abiti!

Quando andavamo a Salerno trascinavamo valigie pesantissime, cariche di cardigan, dolcevita, bluse, camicie in lino o in seta con scolli a V o a serafino. Erano i modelli che nonna Ambra doveva studiare e rifare.

Mamma, che normalmente si cambiava dalle quattro alle cinque volte al giorno, insieme alle sorelle Rosa ed Azzurra faceva la modella ed insieme sfilavano davanti a me e a nonna Ambra: “Modestamente io il decolté me lo posso permettere, nuje do sud simme cchiù femmene ‘e chelle polentone. Je me pozze mettere ‘na pezza n’ cuoll’ e faccio ‘na bella figura; chelle là se ponne mettere pure l’oro addosso, ma parene sempe mazze ‘e scopa. Ah Ah Ah”. Mamma sosteneva che non avessero gusto moda. Tra me e me pensavo, invece:

“Le donne di pianura sono in genere bionde di capelli e un po' pallide di carnagione; hanno meno seno ma sono più robuste di fianchi e di cosce. Si muovono, tutte, con passo fermo e sicuro. Indossano gonne plissettate, ampie con pieghe, così da mettere in mostra ancora di più il lato B. e inoltre sono molto comode per ballare il liscio! Io le trovo molto affascinanti.”

GLOSSARIO:

me raccumanne: mi raccomando statt’ accuort: stai attenta ruompe: rompi

‘o zigo-zago: punto a zig-zig primm ‘e fa ja studià: prima di fare devi studiare

je sacce fa: io so fare ti ‘a fa ‘na ragione: devi fartene una ragione

songhe: sono je fatiche: io lavoro scenghe abbasce: scendere giù al sud ‘e facimme: li realizziamo nuje do sud : noi del sud je me pozze mettere ‘na pezza n’ cuoll: posso indossare uno straccio chelle là se ponne: quelle là possono ma parene sempe mazze ‘e scopa: ma sembrano sempre manici di scopa

le immagini sono proprietà di Imma De Marino

MODA E GIOVANI: pensieri in libertà

Che cos’è la moda? Si può intendere in vari modi, a seconda del contesto e dell’ambito in cui si cita. Comunque sia, penso che il modo più generale di concepire la moda sia intenderla nel senso di “influenza”. Di un qualcosa che spinge le persone a comportarsi, vestirsi, viaggiare o decidere in un certo, determinato, modo. La moda è sempre esistita: comprenderne il perché è di per sé davvero interessante. Le persone hanno forse bisogno di avere un esempio, facile e visibile, da seguire? Sarà qui utile accennare alla questione, secondo prospettive giovanili. Ciò che invece è più centrale, e più pragmatico, parlando di moda, è invece il far luce su come questo fenomeno, ad oggi, passi attraverso i canali, e i filtri, di internet. Non c’è brand, azienda, attrice o cantante che non abbia almeno un profilo social. Tutto ciò che ci influenza, oggi, è in internet. Di fatti, tutti conoscono il termine ‘influencer’; e cos’altro è, se non qualcuno che ti spinge ad agire in un determinato modo? Cos’altro è, se non una tendenza, un’influenza, che diventa inspiegabilmente di massa? Cos’altro è, se non il creare delle mode?

Oggi, nei nostri tempi moderni, tutto diventa sempre più virtuale. E se la moda è un comportarsi, un agire esteriore (vedi i trend che rimandano ad abbigliamenti, profumi, modi di parlare, esperienze di vita) cos’altro di meglio c'è, se non una via di comunicazione che sia solo apparenza? Ed ecco i social, ecco i siti web, ecco gli influencer: copertine.

Ciò che vi propongo qui, con pochi e brevi pensieri, è una riflessione sull’oggi. Su come, persino un fenomeno come le mode, abbia dovuto fare i conti con un fenomeno ben più grande: la rete. O forse, più che fare i conti, possiamo dire che abbiano utilizzato le caratteristiche di questa: velocità, universalità, apparenza (di felicità, ovviamente). Pensate a una linea di gioielli per giovani ragazze che non viene sponsorizzata sui social, può con il solo passaparola avere vita lunga? Non penso. Così come mi è difficile immaginare un social come Instagram senza i profili delle celebrità o senza sponsorizzazioni. Chi abbia utilizzato come strumento l’altro, tra la rete e la moda, è impossibile dirlo; l’uno la linfa dell’altro, l’uno con l’altro.

Immagine tratta da https://blog.hbweekly.com/more-ways-to-engaging-social-media-posts/

ABBIGLIAMENTO TRA MODA E SOSTENIBILITÀ

Nel 2019 Google Trends, il servizio del gigante americano che si occupa di monitorare le tendenze crescenti nelle ricerche degli utenti di tutto il mondo, ha registrato un picco, poi notevolmente cresciuto negli anni successivi, di ricerche legate alla parola chiave riguardante la “moda etica”. Il settore dell’abbigliamento è infatti una delle industrie più impattanti in assoluto nel clima in quanto utilizza materie prime derivate da plastica e quindi altamente dannose per l’ambiente. Ecco allora la rapida crescita di un grande numero di collezioni di abbigliamento etichettate come “green”, “eco” o simili che accolgono la consapevolezza del consumatore medio rispetto a questi temi. La richiesta proviene soprattutto dalle nuove generazioni e sono molti i brand che oggi offrono capi realmente prodotti nel rispetto dell’ambiente e dei lavoratori, cercando di minimizzare il più possibile le emissioni di CO2, lungo la filiera e comunicando il loro impegno in maniera trasparente. Parallelamente, le innovazioni tecnologiche e scientifiche stanno rendendo fruibili materiali innovativi alternativi a quelli generalmente considerati più impattanti. Sebbene ci si possa trovare spaesati di fronte a un cambiamento di questa entità e velocità, è importante considerare il grande potere che i consumatori hanno in questo momento. Così come è avvenuto in passato nel settore alimentare, quando si è cominciato a diffondere un approccio più slow al cibo e a preoccuparsi realmente di ciò che conteneva e a sollevare domande alle aziende, oggi si verifica l’estensione dello stesso meccanismo al settore moda. Cominciare a interrogarsi su come, dove e in che condizioni vengono realizzati i capi che indossiamo, leggere l’etichetta e familiarizzare con le fibre sono azioni semplici e alla portata di tutti. Soprattutto, un armadio etico e a basso impatto non richiede grandi sforzi o investimenti, perché i capi più sostenibili sono quelli che già possediamo: ripariamoli, allunghiamo la loro vita, prendiamocene cura! Persino il mondo religioso ha voce in capitolo sulla questione moda nonostante si tenda a considerare moda e religione due materie a se stanti, assolutamente distinte l’una dall’altra. Tuttavia i meccanismi legati alle due realtà non sono poi così diversi. Sono numerosi gli episodi biblici che alludono all’attività di tessere e cucire, così come sono tanti i pensatori cristiani, da Agostino d'Ippona a Giovanni Calvino, che hanno affrontato l’argomento. La Bibbia stessa, che considera l’essere vestiti, in generale, una manna dal cielo, sostiene che è Dio stesso che si occupa del vestire le sue creature. Il primo indumento di cui dà conto il racconto biblico è la veste di Cristo che i soldati si giocano a dadi sotto la Croce nel Vangelo di Giovanni (19, 23-34). La cristianità’ ha sicuramente avuto voce in capitolo nella moda, considerando che per millenni il “potere spirituale” ha governato il mondo. Tantissimo di ciò che oggi riguarda l’abbigliamento è figlio di un tempo in cui a governare erano Papi. Motivo per cui nemmeno la moda scappa da questo continuo duello tra potere temporale e spirituale... Allo stesso modo l’aderire ad un credo religioso simboleggia il legame con una comunità e l’opposizione ad un’altra. Vestirsi in una certa maniera determina l’appartenenza ad un gruppo e, al contempo, l’estraneità da un altro. Allo stesso modo l’aderire ad un credo religioso simboleggia il legame con una comunità e l’opposizione ad un’altra. . Rimane tuttavia il dogma che il nostro modo di vestire è la prima immagine che proiettiamo agli altri e farà parte del ricordo che si porteranno di noi, anche se l’incontro è stato breve.

A MODENA: SCUOLA, MODA, ARTE E CREATIVITÀ

L’istituto Cattaneo-Deledda che tra le aree presenti nella propria offerta formativa contempla il tema della MODA ha, in tempi recenti, realizzato progetti particolarmente significativi sul piano pedagogico e didattico che sono culminati con rappresentazioni video, articoli sui quotidiani e soprattutto hanno testimoniato quel raccordo che Anna Marchetti, nella sua intervista riportata nelle pagine prece-denti, ha sottolineato quale approccio vincente: teoria e pratica, clima laboratoriale e creatività individuale, responsabilità nella gestione delle diverse fasi della realizzazione dei prodotti.

Si ringrazia l’istituto Cattaneo-Deledda che ci ha consentito, tramite ricerca in rete, di raccogliere ed evidenziare tali eventi dall’alto valore formativo.

Video prodotti dall’istituto Cattaneo-Deledda

Notte della moda 2022 https://www.youtube.com/watch?v=WJCXgb74gzY

Notte della moda 2019 https://www.youtube.com/watch?v=-0z3R83A-ZE

IL CORRIERE DELL’UTE

Aperiodico informativo on-line

N. 16 – agosto 2024

Direzione: Carla Bertacchini

Redazione: Elena Barbieri, Carla Bertacchini, Luigi Borghi, Davide

Bulgarelli, Giuseppe Campana, Luca Cavazzuti, Roberto Rigo, Carlo

Alberto Sitta

Collaboratori: Dario Ghelfi, Maria Assunta Devoti, Maria Laura Marinaccio, Giovanna Guardasoni, Donatella Bertacchi

Segretaria di redazione: Elena Barbieri

Credito fotografico: Alessandro Fornili - Nunzio Lisena

Contatti: stampa.ute@utemodena.it–Sito Web:www.utemodena.it

Facebook- Instagram-Youtube: Università per la Terza Età Modena

UNIVERSITÀ PER LA TERZA ETÀ DI MODENA APS

Associazione di promozione sociale operante senza fini di lucro per l’educazione e il miglioramento delle condizioni di vita degli adulti. Fondata a Modena il 16 maggio 1988 Via del Carmine 15, 41121 Modena CF 94015200366

Presidente: Carlo Alberto Sitta - Rettore: Carla Bertacchini - Vicepresidente: Luigi Borghi

Tesoriere: Vanna Fontana

Amministrazione: Valentina Colombini

Segretario Generale: Elena Barbieri

Collegio dei Revisori dei Conti: Ornella Margheritini (presidente)

Sede Legale - Ufficio Viaggi/Istruzione: Via del Carmine 15, 41121 Modena. Tel. 059/221930

Sedi didattiche:ViaCardinalMorone35,41121MOtel.059/235326(CulturageneraleeArtiVisive)

ViaEmilia Est429,41122MO-tel.059/366980(LingueeInformatica)

Gruppo Teatrale “L. Riccoboni”: Direttore: Valentino Borgatti - valentino.borgatti@gmail.com

Corale Estense: Direzione: M° Marco Bernabei - ute@utemodena.it

Mutina Swing Orchestra: Direttore: Oreste Peri - orchestra@utemodena.it Gruppo di Lettura “Pederiali”: gruppodilettura@utemodena.it

Consiglio Direttivo UTE: Barbieri Elena, Bertacchini Carla, Bertozzi Alberto, Borghi Luigi, Botti Barbara, Campana Giuseppe, Cavalieri Lucia, Colombini Valentina, Consoli Claudio, Ferrari Rino, Fontana Vanna, Fornili Alessandro, Gollini Maria Serena, Gollini Rossana, Menza Beatrice, Mezzetti Ermanno, Morselli Luciano, Nerbano Manuela, Penta Maria, Rigo Roberto, Sighinolfi Paolo, Sitta Carlo Alberto.

La segreteria di Via del Carmine 15 è aperta al pubblico ogni giorno, escluso il sabato, dalle 10 alle 12. Le segreterie delle altre sedi sono aperte negli orari delle lezioni.

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Il piacere di andare a teatro… convenzione UTE-ERT

Bacheca fuori UTE 11

Carla Bertacchini: Editoriale 19

Barbieri & Bertacchini: Intervista ad Anna Marchetti 20

Nicoletta e Sabrina Agnoli: La moda nell’arte 24

Valentino Borgatti: Costumi e scenografia……. 28

Carla Bertacchini: La moda di viaggiare…. 30

Tullio Sorrentino: Conoscere e studiare … 33

Dario Ghelfi: Abbigliamento e ….. 1 parte 38

M. Assunta Devoti: Fumo di Londra addio 44

Imma De Marino: ‘a moda è ‘a vita mia 46

Alessia Bulgarelli:Moda e giovani 49

Donatella Bertacchi: Abbigliamento tra moda e sostenabilità 50

Gian Carlo Covini:A Modena: scuola, moda, arte e creatività 51

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IL CORRIERE DELL' UTE N 16 AGOSTO 2024 by UTEModena - Università per la Terza Età APS - Issuu