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Un lavoro PER RINASCERE
Francesca Cisotto
Gli incentivi per le imprese ci sono. Così come i vantaggi per tutta la società: tra i detenuti che riescono ad accedere ad un’opportunità di impiego in carcere o in stato di semilibertà la percentuale di recidiva crolla al 2% dei casi, contro una media del 70% dei compagni che rimangono in cella disoccupati. Purtroppo, però, il fenomeno è ancora troppo poco diffuso. Storie positive come quelle di Eolo o di Lasi sono delle eccezioni, ma che possono ispirare altre realtà del territorio
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Ha commesso un errore e per lui si sono aperte le porte del carcere di Bollate. Qui ad un certo punto, però, ha imparato a lavorare come operatore call center di assistenza ai clienti grazie ad un’azienda del territorio varesino e ora, che ha finito di scontare la sua pena ed è stato assunto dalla stessa impresa, torna nella casa circondariale per trasferire le conoscenze acquisite ai suoi ex compagni che iniziano a lavorare per la stessa realtà aziendale. Si chiama Gianni e questa è la sua storia di rinascita, o forse, sarebbe meglio dire, di speranza. Quella di molti dietro alle sbarre. Perché, per un detenuto, lavorare non è impossibile, ma non è nemmeno una cosa scontata. A confermarlo sono i numeri.
I detenuti che lavoravano all’interno e all’esterno degli Istituti
Penitenziari lombardi, nel 2019 erano solo il 20%. Nel 2020, sono diventati il 30%; nel 2021, il 31%. Nel 2022, invece, la percentuale è balzata al 37%, ma su 8.147 persone recluse, 2.347 sono state ammesse alle attività lavorative interne al carcere, mentre solo circa 400 hanno avuto la possibilità di lavorare in una realtà imprenditoriale o produttiva esterna.
Numeri in crescita, ma pur sempre bassi. Eppure, i vantaggi ci sono. A partire da quelli fiscali. Basti pensare alla Legge Smuraglia che prevede dei benefici in termini di sgravi contributivi per le imprese che assumono dei detenuti ammessi al lavoro all’interno o all’esterno dell’istituto. Più concretamente, si tratta di 520 euro mensili di incentivi, erogati come crediti d’imposta e la riduzione del 95% di aliquota contributiva.
Assumere un detenuto, dunque, sembra essere un’opportunità. E lo dicono gli stessi imprenditori: “In Lombardia ci sono circa 54mila carcerati. Abbiamo un patrimonio da poter valorizzare – tiene a sottolineare Luca Spada, Ceo di Eolo Spa, azienda con sede a Busto Arsizio, attiva nel settore delle telecomunicazioni –. Inoltre, la persona detenuta a cui viene affidata una mansione tende ad essere completamente focalizzata sulla sua attività, motivata dal fatto di poter rompere la propria routine con un vero e proprio lavoro”. Quelle di Luca Spada sono parole frutto
Luca Spada (Eolo): di un’esperienza concreta che ha preso il via già tre anni fa. Infatti, ad aver dato quella luce di speranza a Gianni attraverso l’assegnazione di una mansione professionale, fin dal periodo di detenzione, è stata proprio
Eolo.
A spingere Spada in questa sfida è bastata una visita nella casa circondariale di Bollate: “Dai racconti dei detenuti ho appreso che, dopo una pena molto lunga, non c’era un programma vero e proprio di reintroduzione al mondo lavorativo – continua il Ceo di Eolo –. Considerando che l’attività della nostra azienda si sposa bene con un lavoro a distanza, abbiamo deciso di far lavorare, da una struttura attigua al carcere, 6 persone. L’esito è stato sorprendente. I clienti assistiti dai dipendenti detenuti dichiarano un altissimo grado di soddisfazione: 97%. E così, con convinzione, siamo andati avanti in questa iniziativa. Oggi abbiamo 30 persone che lavorano per noi dal carcere di Bollate”.
Questo è l’esempio di Eolo, ma non è l’unica impresa sul territorio varesino ad avere teso il braccio oltre le sbarre e volto lo sguardo al di là dei pregiudizi.
Lo ha fatto anche la Lavorazione Sistemi Lasi Spa, azienda di Gallarate specializzata nella produzione di sistemi elettronici e servizi integrati (Ems), assumendo alcuni detenuti della Casa Circondariale di Busto Arsizio. Nel loro caso, tutto è iniziato nel 2018 grazie alla collaborazione con Randstad Italia Spa, player a livello mondiale nei servizi risorse umane: “L’idea è stata di Valeria Monateri, Sales Development Manager dell’agenzia per il lavoro a cui ci appoggiamo – precisano dall’impresa gallaratese –. Volevamo fare qualcosa di socialmente utile per la popolazione carceraria e abbiamo scoperto un mondo fatto anche di tanta umanità”. Praticamente, da una cella, attrezzata con gli strumenti e i materiali necessari, l’azienda ha dato lavoro a 4 persone, con un contratto a tutti gli effetti: 6 ore al giorno, dal lunedì al venerdì, per svolgere attività di saldatura, collaudo e assemblaggio. “È stata un’esperienza bellissima che purtroppo si è interrotta con il sorgere della pandemia da Covid-19, ma siamo disponibili a ripartire. Sia riprendendo a far lavorare i detenuti dal carcere, sia facendoli venire in azienda – continuano a raccontare da Lasi –. Un’alternativa, quest’ultima, che sarebbe ancora più efficace perché