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ARTE TESORI NASCOSTI
ovale, coi tratti della maestosa dolcezza che appartiene in pieno al gesto pittorico e all’intendere dell’autore. Proviene dalla chiesa prepositurale dei Santi Pietro e Paolo di Saronno, città dove il Ferrari lasciò ampia testimonianza della sua arte. Accanto, tre opere di Callisto Piazza. Sono due pregiate tavole, si presume “Un Profeta e un Apostolo” (del 1542) e il grande quadro “Lo Sposalizio mistico di S. Caterina d’Alessandria con San Gerolamo e il donatore Egidio Bossi” (1542), proveniente dalla chiesa della Natività di Santa Maria vergine di Azzate.

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Le ricerche degli studiosi hanno ben messo in luce e ricordato i legami tra la nota famiglia dei Bossi e il territorio. Da vedere anche l’importante tempera su tela del San Tommaso d’Aquino, proveniente dal collegio Rotondi di Gorla Minore (probabile scuola lombarda). La delicatissima opera della “Madonna della neve col Bambino e i Santi Lucia e Francesco d’Assisi” (ante 28 gennaio 1686), proveniente dalla chiesa di Santo Stefano di Velate, opera di Salvatore Bianchi, è stata a sua volta recuperata al meglio grazie al restauro dello studio Villa. Emozionante l’indagine che ha permesso, tra l’altro, di riportare alla luce i fiocchi di neve nascosti da precedenti interventi. Elementi fondamentali per togliere ogni dubbio all’identificazione della Vergine. A proposito di devozioni alla Vergine, s’incontra in mostra una statua lignea di ottima fattura, intagliata, dipinta e dorata, di attribuzione a Giuseppe Antignati, proveniente dalla chiesa parrocchiale dei Santi Giacomo e Filippo, custodita nella cappella della Madonna del Rosario di Venegono Inferiore. Anche in questo caso la mano sapiente dei restauratori ha riavvicinato l’opera, della seconda metà del XVIII secolo, all’aspetto originario, eliminando alcuni elementi estranei intervenuti nel tempo e riparando danni, arrecati per esempio nel tentativo di applicare, come si usava, orecchini d’oro ai lobi della Madonna. Crocifissi dimenticati, riscoperti dopo anni di abbandono, sono quelli lignei di buona fattura provenienti da Porto Valtravaglia (parrocchiale di Santa Maria Assunta, dove è anche il prezioso ciborio del fonte battesimale) e Arsago Seprio

(prepositurale di San Vittore), e i quattro reliquiari a busto di martiri, realizzati nel 1668, di ottima ma ignota mano scultorea, anch’essi restaurati, provenienti dalla chiesa parrocchiale di Sant’Appiano in Castel Cabiaglio: si tratta dei Santi Felice, Fiorentino, Asterio e Valentino. Imponente il Cristo deposto di Golasecca, nella sala principale del percorso, attribuito a un intagliatore lombardo-piemontese e databile tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo. Ricavata da un unico blocco di legno, l’opera è ricordata nella chiesa sussidiaria dei Santi Simone e Giuda, detta del Lazzaretto, destinata, come si legge nel catino absidale della stessa, alla cura, al ricovero e alla sepoltura degli ammalati colpiti da epidemia e pandemia. La statua del Cristo, sempre secondo la scritta, era ritenuta miracolosa per pandemie e siccità. Tra le opere più interessanti di manifattura lombarda è lo stendardo processionale di P. Grossi, del 1898, proveniente dalla chiesa prepositurale di San Giulio in Cassano Magnago, in seta ricamata e dipinta, dedicata alla gloria di San Giulio e trionfo dell’Eucarestia. Così come lo è lo stendardo processionale in raso ricamato, con teletta d’oro e d’argento del XVII secolo, dedicato alla circoncisione di Gesù e l’Agnus Dei, proveniente dalla Chiesa di Santa Maria Assunta di Gallarate.
È la stessa chiesa che ospita il prezioso “San Cristoforo con il Bambino”, una tela (che è in realtà un affresco strappato). Un lavoro raffinato e imponente, il cui restauro è stato finanziato dalla Fondazione Comunitaria del Varesotto Onlus, soprattutto legato al ricordo storico delle inondazioni dell’Arnetta, se ne contano dal 1580 al 1852 almeno una decina, che muovevano i cittadini a ricorrere alle preghiere, perché il Santo protettore di chi ha a che fare con l’acqua “guardasse giù”. La tela, rappresentante il Santo nell’atto di reggere il bambino al disopra delle acque, reca sullo sfondo una rappresentazione del borgo con la vecchia parrocchiale e viene esposta nella Basilica gallaratese il 25 luglio di ogni anno. Le due belle opere di Fondazione Cariplo, un busto maschile incoronato, in marmo (1225-1250) di scultore federiciano e un olio su tela di Vincent Malò (attribuzione di Andrea Spiriti) arricchiscono infine il percorso. Un viaggio piacevolissimo tra tesori ritrovati, che induce a riflettere sull’imponente e altissimo lavoro di menti e mani, celato dietro ogni opera in mostra. Dove, attraverso l’arte e la storia, si capisce la vita.


