Designing Civic Consciousness 2018 — Report

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Report

Idee e progetti per ricostruire la coscienza civile a cura di Gianni Sinni Maurizio Viroli




Layout e impaginazione/ Giuseppe Digeronimo Foto/ Caterina Lipari Bruno Calza Giuseppe Digeronimo


Indice — Day 1 — Fini e metodi dell’educazione civica — Workshop 06 Day 2 — Persona umana e coscienza civile — Workshop 18 Day 3 — La città come spazio civile e armonia — Workshop 30 Day 4— Trasparenza e dati pubblici — Workshop 42 Day 5 — Pitch Session

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Mostre 56 Numeri 58 Staff 62 Questionario 64 Rassegna stampa 66


Day 01



Maurizio Viroli


Ragioni e passioni dell’educazione civica / Maurizio Viroli Professor Emeritus of Politics, Princeton University, Professor of Government UT Austin, Professore di Comunicazione Politica, Università della Svizzera Italiana

Lavorare per una rinascita della coscienza civile è il compito più urgente dei nostri tempi, se vogliamo vivere in comunità decenti. Per avere qualche speranza di realizzare questa difficile missione, dobbiamo essere consapevoli che la coscienza civile ha bisogo dell’aiuto costante della ragione, intesa come capacità di capire e valutare criticamente idee e persone, e capacità di capire tempi e circostanze. La coscienza civica, tuttavia, non è soltanto il risultato di deliberazioni razioni. Prende forza dalle passioni: l’amore della libertà e della patria, lo sdegno contro le ingiustizie, l’amore della bellezza, la gratitudine per le persone che hanno sofferto e lavorano per proteggere la nostra libertà, il disprezzo per la volgarità e per il servilismo. Questo significa che seri progetti di educazione civica devono saper individuare modi efficaci per modellare le passioni con parole, storie, immagini e, al tempo stesso, trovare modi nuovi per incoraggiare i cittadini ad apprezzare la bellezza della profondità morale, ad imparare ad interrogare la loro coscienza e a prendere sul serio le sue risposte. Persone moralmente vuote non possono essere cittadini liberi ma soltanto servi banali di uomini potenti.


Perché si parla della necessità di un “rinascita” della coscienza civile? La coscienza civile in senso proprio è la consapevolezza dei doveri che i cittadini hanno nei confronti della Repubblica. In tutte le società democratiche essa è diventata, negli ultimi decenni, patrimonio di un numero sempre più esiguo di cittadini. Le cause sono molteplici: il crescente isolamento delle persone, la crisi dei partiti, dei sindacati e delle associazioni culturali, il dominio delle immagini virtuali nella vita quotidiana, la perdita della memoria storica. Eppure, contrariamente all’opinione di chi ritiene il declino della coscienza civile irreversibile, è possibile farla rinascere mediante uno sforzo educativo serio nele scuole e nelle università.

Qual è il rapporto tra scelta razionale e passione nella partecipazione democratica? Il metodo democratico è per sua natura un metodo di scelta razionale. Non solo permette, ma esige che i cittadini sappiano e vogliano


valutare programmi politici, candidati, ideologie. Alcuni studiosi hanno addirittura avvicinato l’elettore che scegli un partito piuttosto che un altro al consumatore che scelte un prodotto piuttosto che un altro. In entrambi i casi chi sceglie pensa al proprio interesse individuale. La ragione e il calcolo razionale, tuttavia, non bastano a formare dei veri cittadini. Chi pensa sempre e soltanto al proprio interesse non può asssolvere i doveri, soprattutto i doveri che richiedono fatica e sacrificio. Per avere veri cittadini bisogna dunque stimolare le giuste passioni, in primo luogo l’amor di patria, vale a dire la capacità di condividere la sofferenza dei nostri concittadini più deboli; lo sdegno nei confronti delle ingiustizie; la gratitudine verso chi opera e ha operato per la libertà comune.

Quale il ruolo della morale e dell’etica? La scelta di vivere come cittadini liberi è a mio giudizio la scelta più nobile dal punto di vista morale. Chi sceglie di vivere sotto la guida del senso del dovere dà un grande contributo alla dignità di tanti uomini e tante donne. Diventa un esempio, un maestro, un testimone. Per questo ritengo la scelta di vivere con coscienza civile moralmente nobile. Tanto più nobile quanto più difficile, non soltanto perché comporta fatiche, ma anche perché la persona chi vive con coscienza dei doveri è oggi derisa e umiliata, soprattutto in Italia, dove servi e persone banali e vuote sono sempre più numerosi e forti.


Ezio Manzini


Senso civico come bene comune. Che cosa ci insegna l’innovazione sociale / Ezio Manzini Presidente DESIS Network, Distinguished Professor on Design for Social Innovation, Elisava, Barcellona Professore Onorario Politecnico di Milano

Il senso civico può essere descritto come la disponibilità a operare per la rigenerazione della qualità sociale e fisica del contesto in cui si vive. La sua esistenza implica la presenza nella società di una diffusa fiducia reciproca e di idee condivise: la fiducia che se io mi comporto in modo corretto, lo stesso sarà fatto dagli altri. Un’idea condivisa su ciò che si intende come “comportamento corretto”. Definito in questo modo il senso civico è, a tutti gli effetti, un bene comune sociale. Quindi, come tutti i beni comuni, non può essere prodotto in modo diretto, ma emerge come prezioso effetto collaterale di azioni condotte con finalità diverse, ma dotate di qualità relazionali come, nel nostro caso, fiducia reciproca, capacità collaborativa, condivisione di alcune idee di fondo sulla città e sulla società. Data questa definizione, l’intervento parte dall’attuale crisi del senso civico e discute come possa essere superata utilizzando gli insegnamenti che ci vengono dall’innovazione sociale. In particolare, essa ci porta a osservare: 1. l’emergere di un senso civico basato sull’agire collaborativo; 2. la conseguente possibilità di rigenerarlo promuovendo e diffondendo attività collaborative; 3. l’esistenza di alcune linee guida con cui orientarne i contenuti; e 4. come il design possa stimolare e facilitare tutto questo.


Perché si parla della necessità di un “rinascita” della coscienza civile? La coscienza civile in senso proprio è la consapevolezza dei doveri che i cittadini hanno nei confronti della Repubblica. In tutte le società democratiche essa è diventata, negli ultimi decenni, patrimonio di un numero sempre più esiguo di cittadini. Le cause sono molteplici: il crescente isolamento delle persone, la crisi dei partiti, dei sindacati e delle associazioni culturali, il dominio delle immagini virtuali nella vita quotidiana, la perdita della memoria storica. Eppure, contrariamente all’opinione di chi ritiene il declino della coscienza civile irreversibile, è possibile farla rinascere mediante uno sforzo educativo serio nele scuole e nelle università.

Qual è il rapporto tra scelta razionale e passione nella partecipazione democratica? Il metodo democratico è per sua natura un metodo di scelta razionale. Non solo permette, ma esige che i cittadini sappiano e vogliano valutare programmi politici, candidati, ideologie.


Alcuni studiosi hanno addirittura avvicinato l’elettore che scegli un partito piuttosto che un altro al consumatore che scelte un prodotto piuttosto che un altro. In entrambi i casi chi sceglie pensa al proprio interesse individuale. La ragione e il calcolo razionale, tuttavia, non bastano a formare dei veri cittadini. Chi pensa sempre e soltanto al proprio interesse non può asssolvere i doveri, soprattutto i doveri che richiedono fatica e sacrificio. Per avere veri cittadini bisogna dunque stimolare le giuste passioni, in primo luogo l’amor di patria, vale a dire la capacità di condividere la sofferenza dei nostri concittadini più deboli; lo sdegno nei confronti delle ingiustizie; la gratitudine verso chi opera e ha operato per la libertà comune.

Quale il ruolo della morale e dell’etica? La scelta di vivere come cittadini liberi è a mio giudizio la scelta più nobile dal punto di vista morale. Chi sceglie di vivere sotto la guida del senso del dovere dà un grande contributo alla dignità di tanti uomini e tante donne. Diventa un esempio, un maestro, un testimone. Per questo ritengo la scelta di vivere con coscienza civile moralmente nobile. Tanto più nobile quanto più difficile, non soltanto perché comporta fatiche, ma anche perché la persona chi vive con coscienza dei doveri è oggi derisa e umiliata, soprattutto in Italia, dove servi e persone banali e vuote sono sempre più numerosi e forti.


Workshop



Day 02



Carlo Ossola


Senso civico come bene comune. Che cosa ci insegna l’innovazione sociale / Carlo Ossola Collège de France, Accademia Nazionale dei Lincei, American Academy of Arts and Sciences

La formula latina ci è fornita da una rara raccolta di carmina retrograda del 1623. Per chi studia design, può essere utile sapere che anche la pace ha la sua forma, come la vita civile. Ogni rapporto politicamente sano, e dunque produttore di legami civili, ingenera equilibrio, e non conflitto, tra le parti. La pace è – come voleva Erasmo – ad un tempo la finalità e lo strumento dell’agire in società. Nel suo Compendium Institutionum civilium, al libro V, il cardinale e uomo politico Giacinto Sigismondo Gerdil (1718-1802) osservava che la “vita civilis, in libertate et civitate consistens”, si fonda su obbligazioni reciproche, che già Cicerone chiamava officia, più ampi – questi – che non il semplice computo dei diritti e dei doveri. Si tratta dunque di ritrovare una predicazione efficace, oggi, di tali officia.


La pace viene generalmente considerata un valore positivo, ma assistiamo a un continuo innalzamento del livello di conflitto nella politica. Cosa ne pensa? La coscienza civile in senso proprio è la consapevolezza dei doveri che i cittadini hanno nei confronti della Repubblica. In tutte le società democratiche essa è diventata, negli ultimi decenni, patrimonio di un numero sempre più esiguo di cittadini. Le cause sono molteplici: il crescente isolamento delle persone, la crisi dei partiti, dei sindacati e delle associazioni culturali, il dominio delle immagini virtuali nella vita quotidiana, la perdita della memoria storica. Eppure, contrariamente all’opinione di chi ritiene il declino della coscienza civile irreversibile, è possibile farla rinascere mediante uno sforzo educativo serio nele scuole e nelle università.

Quale rapporto lega l’esercizio dei diritti e il rispetto dei doveri?


Il metodo democratico è per sua natura un metodo di scelta razionale. Non solo permette, ma esige che i cittadini sappiano e vogliano valutare programmi politici, candidati, ideologie. Alcuni studiosi hanno addirittura avvicinato l’elettore che scegli un partito piuttosto che un altro al consumatore che scelte un prodotto piuttosto che un altro. In entrambi i casi chi sceglie pensa al proprio interesse individuale. La ragione e il calcolo razionale, tuttavia, non bastano a formare dei veri cittadini. Chi pensa sempre e soltanto al proprio interesse non può asssolvere i doveri, soprattutto i doveri che richiedono fatica e sacrificio. Per avere veri cittadini bisogna dunque stimolare le giuste passioni, in primo luogo l’amor di patria, vale a dire la capacità di condividere la sofferenza dei nostri concittadini più deboli; lo sdegno nei confronti delle ingiustizie; la gratitudine verso chi opera e ha operato per la libertà comune.

Quali sono dunque le direzioni verso cui procedere per rigenerare la vita civile? La scelta di vivere come cittadini liberi è a mio giudizio la scelta più nobile dal punto di vista morale. Chi sceglie di vivere sotto la guida del senso del dovere dà un grande e vuote sono sempre più numerosi e forti.


Elizabeth Resnick


Developing Citizen Designers: Our Civic Responsibility / Elizabeth Resnick Professor Emerita, Part-time Faculty, Graphic Design Massachusetts College of Art and Design

Social Design is the practice of design where the primary motivation is to promote positive social change within society. As the design industry evolves, so too must design education. Developing Citizen Designers is a compilation of case studies written by design educators to address the notion that design, and the teaching of design, can empower students to play a more an active role in improving the way they live, interact and communicate with each other and their audiences. My presentation will address how social design pedagogy can be developed to address concrete social needs utilizing strategies like design thinking, collaborative learning and participatory design process.


Through which actions can design really contribute to a social improvement? An important dimension of social design thinking is to focus on designing systems that connect communication and product and services development sustainably with the natural environment. It is argued that no single area of design is, by itself, is sufficient to drive sustainable social development. What is needed is a system of design, one that encompasses all of the areas of design, to form an open system for a loosely defined common set of goals.

How can we define the designer’s civic responsibility? It might be helpful to review the definition of the words “civic” and “responsibility”. The word “civic” is used both to describe people or things that have an official status in a town or city as well as the duties or feelings that people have because they belong to a particular community. The word “responsibility” is used to describe a duty (or duties) that you have or assume because of your job or position. Designers have both a


“duty” and a “responsibility” to promote positive social change within society by encouraging creative professionals to adopt a proactive role to effect tangible change to make life better for others—rather than to sell them products and services they neither need nor want which has been the primary motivation for commercial design practice in the twentieth century. This requires a paradigm shift in thinking and in action.

How can education help in preparing conscious designers? Today’s context for design pedagogy and its practice are notably different from how design was taught and practiced even 10 years ago. A paradigm shift toward the ‘social’ not only urges but requires design educators, design students and design professionals to become more mindful, empathetic, and accountable; and to assume responsibility for the work created and its impact on others. Design educators today are challenged to reinvent their curriculum in the face of extraordinary challenges, while design students hunger for more meaning in their studies and future work lives, and practicing designers are on the hunt for new business models to sustain their professional practices as the other models disappear because they are simply unsustainable.


Workshop



Day 03



Luciano Canfora


Polis reale e Polis ideale / Luciano Canfora Professore Emerito Università degli Studi di Bari Aldo Moro

L’Atene democratica del V secolo a.C. è vista come il modello di democrazia politica più vicino all’ideale dell’uguaglianza. L’indagine storica ha però avuto il merito nel corso del tempo – dalla fine del XVIII secolo in poi – di documentare quanto lontana fosse la realtà dal modello ideale che i fautori del “modello Atene” pretendevano essersi effettivamente attuato. Non a caso sorsero – al tempo in cui quel modello andò in crisi – utopie sociali protese a dar vita ad un ‘paradigma in cielo’.


In che modo lo studio della storia antica ci può aiutare a comprendere i problemi della democrazia contemporanea? Lo studio delle società antiche presenta almeno un vantaggio. Com’è noto, la storia non è una disciplina sperimentale: non si possono fare “esperimenti” e poi “ri-provare” se l’esperimento non è andato bene. C’è però un’esperienza pregressa, fatta di “esperimenti” già compiuti, dei quali sappiamo come sono andati a finire. Le società antiche – considerate nel loro sviluppo millenario, dalle monarchie micenee alla conquista turca di Bisanzio – ci offrono una serie di “esperimenti” compiuti, riguardanti aspetti cruciali: la tenuta degli ordinamenti politici, il rapporto capi/masse, la durata e la varia tipologia delle strutture imperiali (dagli imperi ‘ideologici’ come quello ateniese agli imperi territoriali come quello persiano e poi l’impero romano), il ruolo politico dei gruppi intellettuali, etc.

Quali sono i principali problemi della democrazia contemporanea? È una sfida per i moderni avventurarsi su strade nuove, pur trovandosi per lo più dinanzi allo stesso genere di questioni. Si tratta di capire la “differenza” al di là della “continuità”, ma anche di capire le ragioni della “lunga durata” di fenomeni strutturali. Si tratta di analizzare


il linguaggio della politica, che è sempre stato uno dei maggiori fattori di continuità. Conviene guardarsi dalla angustia classicistica, quando si studiano le civiltà antiche: a) non sono un modello bensì un cantiere; b) non si tratta solo di Atene e Roma ma dell’intero bacino del Mediterraneo, dei Germani, dell’India ellenizzata, etc.; c) non ci sono solo le epoche ‘auree’ ma anche i secoli di transizione; d) non c’è solo la letteratura ‘alta’, etc.

Quale rapporto lega i principi ideali della democrazia ateniese con la loro reale messa in pratica? La pratica ‘democratica’ in Atene si afferma nei secoli V e IV a.C. per gradi e sempre sotto l’egemonia di famiglie e gruppi di pressione molto forti. La pratica dell’assemblea rimase pur sempre appannaggio di una minoranza politicizzata. Questo è un elemento interessante anche per noi. Premesso che la gestione assembleare della cosa pubblica è possibile – al più – nella piccola comunità, non nelle grandi realtà statali, va detto che un correttivo al principio della “delega” del potere agli eletti è sempre stato avvertito come un bisogno: agli albori della democrazia moderna (Rivoluzione francese) così come al tempo nostro. È il principale problema, insoluto, delle società politiche attuali.


Ruedi e Vera Baur


Civic city: from the spirit of a design of concurrences to a design of relations / Ruedi Baur Designer civic city — institute et association for critical research and sciences in design

/ Vera Baur Director Research Institute Civic City Paris/Zurich

La condizione di una città civica si fonda sulla capacità di creare comunità, intelligibilità, rapporti di fiducia, un contratto stabile tra poteri e cittadini, rispetto reciproco. Ma oggi ogni luogo non può che agire parzialmente da solo, in quanto la città si trova in una situazione d’interdipendenza crescente con il resto del pianeta. Si tratta dunque di sviluppare nuove forme di cittadinanza che integrino il bisogno di solidarietà globale nel contesto locale. Nel fare questo ci si rende conto che l’approccio del design competitivo, le ideologie legate al branding e al marketing si ritrovano in aperta contraddizione con lo spirito di questo senso civico. Civic City è la nuova struttura che ci anima: Dix-milliards-humains cerca di definire lo spirito di questa modalità di progetto che pensa il design e le rappresentazioni sulla base di queste relazioni civiche. Se la conferenza cercherà di mostrare lo stato delle nostre riflessioni e le realizzazioni che ne risultano, il workshop sarà l’occasione per condividere queste ricerche partendo da una situazione locale.


Qual è stato il risultato dell’estesa applicazione dei principi del branding alle comunità cittadine? An important dimension of social design thinking is to focus on designing systems that connect communication and product and services development sustainably with the natural environment. It is argued that no single area of design is, by itself, is sufficient to drive sustainable social development. What is needed is a system of design, one that encompasses all of the areas of design, to form an open system for a loosely defined common set of goals.

Quale dovrebbe essere l’apporto del design all’interno di uno spazio civico? It might be helpful to review the definition of the words “civic” and “responsibility”. The word “civic” is used both to describe people or things that have an official status in a town or city as well as the duties or feelings that people have because they belong to a particular community.


The word “responsibility” is used to describe a duty (or duties) that you have or assume because of your job or position. Designers have both a “duty” and a “responsibility” to promote positive social change within society by encouraging creative professionals to adopt a proactive role to effect tangible change to make life better for others—rather than to sell them products and services they neither need nor want which has been the primary motivation for commercial design practice in the twentieth century. This requires a paradigm shift in thinking and in action.

Come il design può efficacemente contribuire alla costruzione di un sistema di relazioni civiche? Today’s context for design pedagogy and its practice are notably different from how design was taught and practiced even 10 years ago. A paradigm shift toward the ‘social’ not only urges but requires design educators, design students and design professionals to become more mindful, empathetic, and accountable; and to assume responsibility for the work created and its impact on others.


Workshop



Day 04



Lucio Picci


La corruzione è aumentata? / Lucio Picci Professore Ordinario di Economia Dipartimento di Scienze Economiche, Università di Bologna

La condizione di una città civica si fonda sulla capacità di creare comunità, intelligibilità, rapporti di fiducia, un contratto stabile tra poteri e cittadini, rispetto reciproco. Ma oggi ogni luogo non può che agire parzialmente da solo, in quanto la città si trova in una situazione d’interdipendenza crescente con il resto del pianeta. Si tratta dunque di sviluppare nuove forme di cittadinanza che integrino il bisogno di solidarietà globale nel contesto locale. Nel fare questo ci si rende conto che l’approccio del design competitivo, le ideologie legate al branding e al marketing si ritrovano in aperta contraddizione con lo spirito di questo senso civico. Civic City è la nuova struttura che ci anima: Dix-milliards-humains cerca di definire lo spirito di questa modalità di progetto che pensa il design e le rappresentazioni sulla base di queste relazioni civiche. Se la conferenza cercherà di mostrare lo stato delle nostre riflessioni e le realizzazioni che ne risultano, il workshop sarà l’occasione per condividere queste ricerche partendo da una situazione locale.


Quanto incide la corruzione del definire lo spazio della convivenza civica? La corruzione è un fenomeno complesso, che ammette più di una definizione, e che influenza lo spazio della convivenza civica in modo multiforme e sfaccettato. Per un verso, privilegia gli insider - chi è ben introdotto nelle reti di corruttela - e danneggia tutti gli altri, generando povertà e disuguaglianza. E il costo complessivo è ingente e di molto superiore al “danno erariale”, alle tangenti in senso stretto insomma. Per esempio: se non vi fosse stata l’aspettativa di traffici illeciti, si sarebbe deciso di costruire il “Mose” a Venezia? È lecito dubitarne, e i paesi corrotti mediamente prediligono i grandi progetti, e penalizzano investimenti meno “redditizi” per i corrotti, come quelli in istruzione. La corruzione mina la fiducia reciproca – o almeno la fiducia “positiva”, non nei confronti del sodale o del parente, ma del nostro prossimo generico. Delegittima lo stato e il processo politico. La corruzione non solo influenza, ma in un certo senso violenta lo spazio della convivenza civile.

È cambiata nel tempo la generale percezione della corruzione? I corrotti fanno il possibile per mantenere segrete le loro attività, e le percezioni sulla corruzione emergono da una difficile sintesi di informazioni frammentarie e quasi sempre mediate – dai mass media o dal “sentito dire”. Si tratta di una sintesi da considerare con molta cautela. In Italia la percezione del livello di corruzione, che è alta relativamente al livello di sviluppo economico del Paese, sono peggiorate a partire dal 2007, ma con una inversione di tendenza negli ultimi anni. All’interno di un libro che sto scrivendo con


Alberto Vannucci (“Lo Zen e l’arte della lotta alla corruzione”), utilizziamo informazioni di origine diversa per tentare di giungere a una valutazione di sintesi sul livello della corruzione in Italia. La grande corruzione - negli appalti e nei grandi affari – è un problema serio. E’ invece circoscritto il problema della piccola corruzione: è raro da noi che un funzionario pubblico si faccia pagare illegalmente, per esempio, per una prestazione medica alla quale si ha diritto, o per non multare chi abbia commesso un’infrazione automobilistica. Non sappiamo con precisione se in Italia la corruzione sia aumentata o diminuita nel tempo. Da Mani pulite in poi, se ne è invece certamente modificata l’organizzazione complessiva. Un tempo, i “grandi ordinatori” della corruzione erano i partiti politici: le porte alle quali bussare erano poche e note, e il sistema funzionava in modo molto prevedibile. In seguito i centri ordinatori si sono moltiplicati, sono divenuti più “fluidi”, e gli esiti risultano essere meno prevedibili. Sono così divenute più centrali certe figure ordinatrici, come il faccendiere e l’intermediario, mentre importante era, ed è rimasto, il ruolo del crimine organizzato, almeno nelle regioni dove esso è più radicato.

La trasparenza può essere considerata un valido deterrente alla corruzione? La trasparenza è essenziale per costruire una strategia anticorruzione, ma da sola non basta. È necessaria anche la “leggibilità”, ovvero, che l’informazione, oltre che disponibile, sia interpretabile con facilità. La trasparenza infatti è solo uno strumento per ottenere quello che davvero ci preme: la “rendicontabilità” o, se si preferisce l’inglese, l’accountability di chi ha potere. L’obiettivo è che i cittadini possano rapidamente valutare le politiche, i politici, e gli amministratori. E per questo, avere a disposizione una marea di informazioni serve a poco, se per interpretarle è necessaria un’analisi approfondita e onerosa. Le informazioni devono essere opportunamente strutturate, e rese disponibili in un formato che faciliti l’analisi. Devono essere, insomma, ben “leggibili”. Allo richiesta di “più trasparenza”, che è sacrosanta, dovremmo aggiungerne una nuova: “più leggibilità”.


Paolo Ciuccarelli


Make Data (really) public / Paolo Ciuccarelli Professore Associato, direttore scientifico di DensityDesign Research Lab

In un momento storico in cui i processi di governo e di policy making si aprono alla partecipazione e si definiscono evidence- based - concretizzando l’idea di una Data Society - un discorso progettuale sulla coscienza civica non può prescindere dal ragionamento sui dati. Perché il dato non è “dato”, è una costruzione tecnica e culturale, mai neutra, come gli algoritmi che automaticamente lo trasformano. Sia il dato sia le sue trasformazioni “parlano” però una lingua tecnica, scientifica, astratta, distante dal linguaggio del discorso pubblico sui fenomeni e le questioni che quei dati rappresentano; una distanza che rende la consapevolezza e la partecipazione più difficili. Il design può intervenire su tre piani: quello della “mancata traduzione”, nel senso del processo di trasferimento e messa a disposizione in forma comprensibile e utile del dato e degli algoritmi che lo trasformano a tutti i possibili portatori di interesse; quello della esplicitazione degli attori, delle geometrie e delle dinamiche delle discussioni relative a questioni socialmente rilevanti e controverse; quello della messa a disposizione di strumenti e conoscenze utili ad una partecipazione attiva che faccia uso dei dati.


L’enorme quantità di dati liberamente disponibili (opendata) costituisce una risorsa o un ostacolo al loro utilizzo in un’ottica di controllo civico? La disponibilità di dati in formato open è senza dubbio una opportunità, e deve essere incentivata in tutti i modi. È condizione necessaria ma non sufficiente in un’ottica di coscienza (e azione) civica. Perché l’opportunità da potenziale diventi reale devono verificarsi alcune condizioni: che la produzione e la messa a disposizione dei dati risponda a questioni di reale rilevanza sociale; che siano visibili e comprensibili le scelte e i meccanismi che hanno prodotto quei dati; che i dati siano leggibili e comprensibili dai diversi possibili portatori di interessi; che siano disponibili strumenti di azione su e con quei dati, che li rendano davvero ri-usabili.

Quali metodi progettuali permettono di trasformare gli opendata in strumenti di crescita civica?


Perché i dati diventino strumenti di crescita civica è necessario che gli attori di quella crescita siano in grado di comprendere il senso e il possibile valore dei dati disponibili e siano essi stessi in grado di partecipare ai processi di progettazione che trasformeranno quei dati. La prima è una questione di linguaggio, servono metodi e strumenti che agiscano sul piano della comunicazione e della traduzione, per far capire e fare in modo che la conoscenza acquisita possa poi essere ulteriormente fatta circolare; la seconda è una questione di attivazione e partecipazione, che ha a che fare con i metodi e gli strumenti della co-progettazione, con il trasferimento in forma pratica del sapere progettuale, in una sorta di laboratorio pubblico sui dati che potrebbe avere anche una sua presenza fisica, come spazio, nella società.

Quali strumenti dovrebbe prevedere l’attuale sistema di formazione dei designer per ampliare la loro conoscenza nell’uso dei dati? Il designer deve lavorare con il dato come lavora con gli altri materiali: usandolo come un mezzo, una risorsa da modellare e trasformare affinché abbia senso in relazione ad un obiettivo, un insieme di persone, un contesto. Come per ogni altro materiale è necessario conoscere a fondo le sue caratteristiche specifiche, selezionare le tecniche e le modalità di trasformazione più opportune, valutare le implicazioni culturali, sociali, economiche di quelle trasformazioni.


Workshop



Day 05 Massimo Santanicchia

Dan Avnon

Faffaella Fagnoni

Daniela Piscitelli

Jonathan Pierini


Merardo Chiapponi

Matteo Moretti

Flaviano Celaschi

Giorgio Camuffo

Lorenzo Imbesi

Pino Mincolelli


Mostre e incontri

Women’s Rights Are Human Rights


Posterheroes. Shaping the future

Presentazone libro: “Politiche del quotidiano�


Numeri

800 → partecipanti

09 → speakers


01

→ pitch session

05 → giorni di conferenze

22 → patrocini e partner

11 → pitch


Numeri

30

04 → workshop

→ studenti partecipanti

06 → designer


4

30 → ore di registrazione video

23

02 → mostre

→ ore di registrazione audio (Usmaradio)


Staff

09 → comitato scientifico — Alessandra Bosco Massimo Brignoni Luciano Canfora Corrado Petrocelli Elizabeth Resnick Gianni Sinni Riccardo Varini Maurizio Viroli Michele Zannoni

0

→ comuni logist organiz — Olga B Giuseppe D Elena L Caterina Silvia Ga Ilaria


06

icazione, tica e zzazione — Barmine Digeronimo La Maida a Lipari asparotto Ruggeri

16 → collaboratori — Luca Barbieri Martina Boschetti Bruno Calza Daniele Cappai Alberto Guerra Marco Maria Lucidi Giulio Urbini Marta Valentini Claudio Vitiello Giulia Zafferani Emma Bartolini Sabah Oliviero Laura Lupkowska Costanza Mazzoni Damiano Pluchino Sara Raschi


Questionari 1 Workshop 1

2 3

5

4

12 8

5

1 Workshop 3

2 3 4 5

5 7 12


io

Giudizio complessivo sui workshop (voto da 1 a 5)

Questionario online sottoposto agli studenti post evento

1 Workshop 2

2 3

3

4

14 8

5

1 Workshop 4

2 3 4 5

4 8 12


Rassegna stampa



Rassegna stampa



Conference and exhibition Centro Congressi Kursaal Viale J.F. Kennedy, 17 47890 San Marino

Workshop and book presentation Antico MOnastero S. Chiara Contrada Omerelli, 20 47890 San Marino

www.dcc.unirsms.sm

info.dcc2018@gmail.com

@dccsanmarino


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