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Progetto di Caritas

Una bussola attraverso gli scogli della scuola

Iniziare ad andare all’asilo o alle elementari è un passo molto importante per i piccoli e i loro genitori, specie se vengono da lontano. La pedagogista sociale Carolin Deiner assiste due famiglie nell’ambito del progetto Copilot avviato dalla Caritas Zurigo, teso a facilitare l’accesso alla scuola dei bambini con background migratorio. L’abbiamo incontrata.

TESTO JULIANE LUTZ | FOTO CONRADIN FREI

Da dove vengono le famiglie che affianca come volontaria? Da un anno mi occupo di una famiglia afgana; prima mi sono impegnata per una famiglia proveniente dall’Eritrea che continuo a sostenere in maniera puntuale.

Qual è la Sua funzione? Il mio ruolo consiste per l’appunto nel pilotare le famiglie attraverso gli scogli che incontrano nei loro rapporti con la scuola. Sono la loro interlocutrice per rispondere alle tante domande o incertezze che affiorano nel quotidiano. Situazioni normalissime per i genitori svizzeri pongono persone d’origine straniera, ad esempio l’Afghanistan, davanti a sfide enormi. Ignorano cosa siano le giornate all’insegna del motto «mostrami il tuo giocattolo che ti mostro il mio», non sanno a quali uffici rivolgersi, come e dove iscrivere i loro bambini, oppure quale abbigliamento sportivo procurargli. Chi non conosce la nostra lingua fa fatica ad afferrare i messaggi, scritti e parlati, degli insegnanti. Per gli stranieri il tedesco si rivela particolarmente ostico perché la parte essenziale del discorso viene alla fine della frase! I genitori che accompagno devono addirittura apprendere l’alfabeto latino, il che rende la comprensione ancora più difficile. L’approccio di Copilot è aiutare ad aiutarsi. Ad esempio, mostriamo ai genitori come compilare correttamente i formulari affinché in futuro possano sbrigarsela da soli.

Dove vi incontrate? Il nostro è un servizio a bassa soglia, pertanto in genere ci rechiamo a casa loro, una o due volte al mese e qualora occorra. Per il resto rimaniamo in contatto tramite whatsapp. Siccome l’integrazione non passa solo per la scuola ma anche per le attività nel tempo libero, accompagniamo i bambini pure fuori aula, andiamo con loro in biblioteca o al museo.

Nella Sua esperienza, quali sono i maggiori ostacoli all’inserimento scolastico? Non è facile destreggiarsi tra le variegate offerte di corsi di sostegno e attività ricreazionali neppure per famiglie straniere germanofone che vengono a stabilirsi a Zurigo – figuriamoci per coloro che non sanno la lingua e provengono da culture completamente diverse dalla nostra. È evidente che facciano fatica a partecipare alla vita scolastica dei figli. Eppure il loro coinvolgimento è fondamentale. Le famiglie di cui mi occupo sono sorprese che qui ci si attende dai genitori che partecipino al percorso educativo dei figli, fin dalla scuola dell’infanzia. Ciò che noi diamo per scontato è del tutto inesistente nel loro paese di provenienza. All’inizio, una delle famiglie assistite non possedeva praticamente giochi, i piccoli stavano per ore piazzati davanti alla tv, si divertivano al computer o con il tablet. Visto che per loro questi apparecchi costituiscono degli status symbol, pensavano di fare del bene ai loro figli. Non sono abituati a sfogliare libri illustrati o costruire casette con i lego assieme a loro. Sono questioni del genere che affronto con i genitori e cerco di risolvere portando ai bambini giocattoli adatti alla loro età.

È presente alle riunioni dei genitori in cui s’incontrano persone da ogni dove, certamente difficili da gestire per chi è arrivato qui da poco? No, ma preparo i genitori affinché possano andarci e seguirle da soli. Spiego loro il programma e le tematiche che verranno discusse. In genere le famiglie non hanno la minima idea di quello che li aspetta agli incontri con gli insegnanti dell’asilo o della classe frequentata dai loro figli. Fortunatamente molte scuole propongono degli interpreti madrelingua che affiancano i genitori durante queste riunioni.

Possono sorgere dei problemi, magari per differenze di mentalità, nonostante gli aiuti predisposti? Le mie due famiglie non ne hanno mai creato. Al contrario, entrambe le coppie si mostrano molto grate del supporto ottenuto. Desiderano che i loro bambini fruiscano di una buona istruzione e vogliono integrarsi a loro volta nel paese d’accoglienza. Gli sporadici malintesi sono dovuti alle nozioni rudimentarie della nostra lingua. È importante sostenere e consigliare i genitori ma lasciarli liberi di decidere se e in quale misura adottare l’orientamento fornito.

Cosa bisogna cambiare nella scuola svizzera per migliorare le relazioni con le famiglie immigrate? Non è possibile rispondere in via generale. Sia la scuola che la famiglia assumono un ruolo centrale nella crescita e riuscita degli alunni, per cui è essenziale che la collaborazione sia positiva. Constato che la scarsa conoscenza del tedesco e l’insicurezza dei genitori possono ostacolare notevolmente gli scambi con gli insegnanti. Questi devono essere consapevoli che gli immigrati fanno fatica a capire e inquadrare correttamente le informazioni ricevute. Devono quindi sforzarsi di comunicare con parole semplici e cercare attivamente il dialogo con i genitori. Sarebbe altresì opportuno offrire loro la possibilità di visitare i bambini mentre sono a lezione per vedere dal vivo come e cosa stanno apprendendo.

E i bambini, come si sono integrati a scuola? I figli delle due famiglie hanno imparato in tempi brevissimi il dialetto sviz

zero tedesco e si sono ambientati rapidamente. Nonostante il nuovo contesto di vita sono coscienti delle loro radici afgane ed eritree. La scuola ha però dato loro solide strutture che li hanno aiutati ad orientarsi ed adattarsi alla realtà svizzera. Gli adulti tendono invece ad integrarsi con fatica. Per loro risulta più difficile imparare la nostra lingua ed acclimatarsi. Sono confrontati con numerosi compiti complicati quali la ricerca di un alloggio, di un posto di lavoro o d’apprendistato. Spesso a questi problemi si aggiunge l’incertezza circa il futuro, se potranno restare o meno in Svizzera, come pure le preoccupazioni per la sorte dei loro parenti che hanno lasciato in patria.

Personalmente, cosa trae da questo impegno? Trovo gratificante appoggiare queste famiglie nel quotidiano. Siamo subito entrati in sintonia, ci raccontiamo le vicende del giorno, ridiamo molto insieme. Sono persone estremamente ospitali. La loro storia, le circostanze che li hanno costretti a fuggire sono toccanti e permettono di farsi un’idea diretta e personale della condizione dei rifugiati in Svizzera. ◆ caritas-zuerich.ch/copilot

Carolin Deiner con mamma e figlia di una delle famiglie che aiuta. IL PROGETTO COPILOT

Basato a Zurigo, promuove le opportunità d’educazione dei bambini svantaggiati tra i 3 e 8 anni agevolando la cooperazione fra famiglie e scuole. Oltre ad informare i genitori sul sistema scolastico e l’offerta di sostegni all’infanzia, favorisce lo scambio d’idee e lo sviluppo di una rete di contatti umani. Per questioni che esulano dalle loro competenze, gli operatori si appoggiano ad uffici specializzati. Ad oggi l’iniziativa conta 40 volontari, che sostengono altrettante famiglie 2-4 volte al mese. L’intervento richiede una buona conoscenza del sistema scolastico svizzero. I volontari vengono preparati ed accompagnati dalla Caritas.

Per saperne di più: Kristien Mouysset, responsabile Copilot, tel. 044 366 68 88

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