2011 08 10 la Repubblica - Non mettete l'aureola a Terzani

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L’inchiesta

Il reportage

Lo sport

Perry e gli altri la sfida repubblicana al debole Obama

Nel paese dove Don Camillo è vivo 60 anni dopo

Calcio-scommesse Doni fermo 3 stagioni Atalanta parte da -6

FEDERICO RAMPINI VITTORIO ZUCCONI

JENNER MELETTI

COSIMO CITO MARCO MENSURATI

Fondatore Eugenio Scalfari 1 2

www.repubblica.it

Anno 36 - Numero 189

Direttore Ezio Mauro

1,00 in Italia

mer 10 ago 2011

mercoledì 10 agosto 2011

SEDE: 00147 ROMA, VIA CRISTOFORO COLOMBO, 90 - TEL. 06/49821, FAX 06/49822923. SPED. ABB. POST., ART. 1, LEGGE 46/04 DEL 27 FEBBRAIO 2004 - ROMA. CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÀ: A. MANZONI & C. MILANO - VIA NERVESA, 21 - TEL. 02/574941. PREZZI DI VENDITA ALL'ESTERO: AUSTRIA, BELGIO, FRANCIA, GERMANIA, GRECIA, IRLANDA, LUSSEMBURGO, MALTA, MONACO P., OLANDA, PORTOGALLO, SLOVENIA, SPAGNA € 2,00; CANADA $1; CROAZIA KN 15; EGITTO EP 16,50; REGNO UNITO LST 1,80; REPUBBLICA CECA CZK 61; SLOVACCHIA SKK 80/€ 2,66; SVIZZERA FR 3,00 (CON D O IL VENERDÌ FR 3,30); TURCHIA YTL 4; UNGHERIA FT 495; U.S.A $ 1,50

Oggi l’incontro con le parti sociali. Taglio alla previdenza d’anzianità e patrimoniale sulla seconda casa tra le ipotesi. Bossi: le pensioni non si toccano

R2

Crisi, ecco il piano del governo

Non mettete, vi prego, l’aureola a Terzani

La Fed: denaro a costo zero fino al 2013, aiuteremo la crescita. E Wall Street vola dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI NEW YORK UNA diagnosi allarmante a cui segue una cura vecchia. Eppure Wall Street la celebra in una festa coi fuochi d’artificio. Il ribaltamento clamoroso cancella due terzi delle perdite del “lunedì nero”. SEGUE A PAGINA 11 SERVIZI DA PAGINA 6 A 17

È

Quarta notte di scontri, muore un manifestante di 26 anni. Cameron: pura e semplice delinquenza

L’Inghilterra brucia, sangue nelle strade Tiziano Terzani

BERNARDO VALLI

L’IRRUZIONE DELLA REALTÀ

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BARBARA SPINELLI ON ha affatto torto Berlusconi, quando dice che non riesce a fare tutto quel che desidera, imbrigliato com’è da poteri che sfuggono al suo controllo: il potere della giustizia e dei giornali, della Costituzione nazionale e di quella europea, dei mercati finanziari e delle agenzie di rating. Tutto gli sta stretto, l’intralcia: la democrazia con le sue istituzioni plurali, i mercati finanziari e l’Europa che d’un tratto gli strappano la corona e lo scettro che immaginava di possedere. Il presidente del Consiglio non ha torto ma non sa la storia che vive: così come non comprende quel che significhi democrazia — al di là del momento magico in cui il popolo elegge governi e parlamenti — oggi non comprende l’enorme mutazione economica cui viene dato il nome, eufemistico, di crisi. SEGUE A PAGINA 33

ASSER morì a fine settembre, e non fu semplice raggiungere il Cairo in tempo per i funerali. L’infarto che aveva stroncato il rais egiziano era per molti la conseguenza del sanguinoso scontro, ad Amman, tra i feddayn palestinesi di Arafat e i beduini di Hussein, re di Giordania. Si diceva che Nasser fosse morto di crepacuore per la lotta fratricida. Avevo assistito a quella battaglia tra arabi e raggiungendo le rive del Nilo, dove sembrava che tutto il Medio Oriente si riversasse, avevo l’impressione di andare a vedere l’ultimo atto della tragedia di Amman, rimasta nella storia come il “settembre nero”. Al Cairo le comunicazioni erano pessime. Troppi cronisti. Con la speranza che almeno qualche telegramma giungesse puntuale al giornale, ne mandavo uno ogni ora. Tutti brevi, concisi, con i dettagli della imponente manifestazione funebre, cui partecipavano i contadini della Nubia arrivati con barche, asini e cammelli e capi di Stato con i loro jet. SEGUE A PAGINA 44

N

Una donna londinese si getta per salvarsi dalle fiamme

CASTELLETTI E MASTROGIACOMO ALLE PAGINE 2,3 E 4

I SONO due immagini che bastano a regolare il conto con l’Inghilterra messa a ferro e fuoco, salvo mettersi poi a ragionarci sopra e chiedersi per chi suona quella campana. SEGUE A PAGINA 33

C

LA VIOLENZA DEL NIENTE ADRIANO SOFRI

La polemica

LA CITTÀ MALATA ALASTAIR CAMPBELL

E BADIAMO ai fatti, la rivolta è stata causata dalla controversa uccisione di un uomo da parte della polizia nel quartiere di Tottenham. Ma ci sono ragioni più profonde. SEGUE A PAGINA 4

S

Il caso

Troppi incoscienti in vetta Facebook, il mega-album il soccorso alpino si paga con 100 miliardi di foto PIERLUIGI DEPENTORI BELLUNO E VI sentite stanchi mentre siete nel bel mezzo di una arrampicata sulle Dolomiti, pensateci bene prima di alzare bandiera bianca e chiamare l’elicottero d’emergenza che vi tragga in salvo: potrebbe arrivare un conto salatissimo. Neppure il tempo di tirare il classico sospiro di sollievo. SEGUE A PAGINA 22

S

Ha tentato di resistere

Rapina a Roma ucciso benzinaio

A PAGINA 21

MICHELE SMARGIASSI

Q

UEL bikini a Riccione, clic, quel tramonto a Ibiza, clic clic, quella scorpacciata di pesce ai Caraibi, clic clic clic, e un clic dopo l’altro alla fine di questa estate diventeranno cento miliardi le foto su Facebook. La ragnatela sociale più vasta del mondo supererà di slancio una soglia dal sapore fiabesco, che fa di Facebook il più pantagruelico album fotografico collettivo mai esistito. SEGUE A PAGINA 23

Provincia autonoma di Trento

LE GRANDI VIE DELLE

CIVILTÀ Trento Castello del Buonconsiglio

1 luglio / 13 novembre 2011 w w w. l e g ra n d i v i e . i t


la Repubblica MERCOLEDÌ 10 AGOSTO 2011

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R2CULTURA Esce il primo Meridiano che raccoglie i suoi scritti. Storie da tutto il mondo che svelano uno sguardo speciale sulle cose

(segue dalla prima pagina) emergenza affidava alla redazione il compito di aggiustare e incollare i miei dispacci al fine di dare una forma all’articolo destinato alla pubblicazione. Era il 1970 e non esistevano né il computer, né i telefoni satellitari. Quando ritornai a Milano andai a ringraziare i colleghi per il tempo che mi avevano dedicato ed è cosi che incontrai Tiziano Terzani. Era stato lui a fare un ottimo lavoro. Era un bel marcantonio. Non era ancora un giornalista professionista, ma si capiva subito che non era un semplice praticante. Aveva già girato il mondo e si sentiva dai suoi discorsi che aveva vissuto il ’68 americano con intensità, con entusiasmo, alla Columbia University dove aveva studiato la storia cinese. Amava la Cina di Mao, l’aveva idealizzata come molti di noi, e sognava di andarci come corrispondente. Nella sua cordialità, traboccante giovinezza, c’era una leggera punta di condiscendenza, non sempre reperibile sotto l’esibita disponibilità. Seguirono rari incontri. Ne ricordo uno un po’ goliardico, sempre a Milano, in occasione di un premio giornalistico che mi era stato dato. Tiziano e alcuni suoi amici mi mandarono in albergo, in piena notte, come premio “supplementare” una bella e spiritosa collega, con la quale bevvi qualche whisky e facemmo grandi risate. Poi, visto che Il Giorno, per il quale entrambi lavoravamo, non era abbastanza ricco per mandarlo in Estremo Oriente, decise di andare a Singapore per conto suo. Voleva avvicinarsi alla Cina, dove la rivoluzione culturale non si era ancora del tutto spenta. Aveva grinta quel bel marcantonio. Aveva mandato al diavolo l’Olivetti dove l’attendeva un avvenire di dirigente, e adesso mandava con la stessa disinvoltura a quel paese il giornale in cui era appena diventato professionista. Voleva seguire la guerra in Vietnam e in Cambogia, nell’attesa che la Cina si aprisse. Qualche mese dopo fui mandato dal Corriere della Sera in Estremo Oriente come inviato permanente, e feci una sosta a Singapore. Ero indeciso se installarmi lì, o a Hong Kong o a Nel 1970 era un Bangkok o a Saibel marcantonio, gon. La porta di aveva girato tanti Pechino era sbarrata. Avevo avverpaesi e amava tito del mio arrivo la Cina di Mao Tiziano, che conoscevo appena, ma fu una tappa breve perché lo sganciamento delle truppe combattenti americane ci impegnò a Saigon, dove andammo insieme, per parecchie settimane. E da Saigon filai a Tokyo dove c’era una crisi monetaria. Quando ritornai a Singapore, quasi due mesi dopo, scoprii che Angela, la moglie di Tiziano, mi aveva trovato un bungalow di proprietà delle Autorità portuali. E quindi aprii infine le mie valige, nel frattempo coperte di muffa, e andai ad abitare a dieci minuti d’automobile da Alexandra Park dove vivevano i Terzani. Cominciò allora la nostra amicizia durata più di trent’anni. In realtà si era accesa già nell’autunno del ’70, in occasione dei funerali di Nasser, quando provai una forte simpatia, mista di ammirazione, per quel redattore che sembrava un primo attor giovane. Poi il caso ci riunì in Estremo Oriente per anni. Un Estremo Oriente che pensavo di conoscere, avendovi vissuto a lungo da ragazzo, quando nessuno riusciva a tenermi al guinzaglio, e poi ancora da giornalista. Con stupito piacere scoprii che lui, Tiziano, in pochi mesi aveva imparato molto più di me dell’Asia che entrambi amavamo. Finche l’amico è in vita può accadere che ci si ribelli a certi suoi atteggiamenti, con la sua morte da compagno in carne ed ossa, con tutte le debolezze di un essere umano, l’amico si trasforma in un’entità ideale. Nel celebre caso di Montaigne, l’amico defunto, Etienne de La Boétie, diventò per lui più una tecnica filosofica che una persona. Seneca consigliava ai suoi seguaci di fare cosi con tutti gli amici: avendo trovato una persona stimabile, disse loro, dovete visualizzarla come una presenza spettatrice

L’

NONMETTETE L’AUREOLA A

TERZANI Leggete i suoi grandi reportage senza trasformarlo in un guru BERNARDO VALLI

I luoghi di una vita

VIETNAM

CAMBOGIA

CINA

Terzani arrivò a Saigon nel ’72 per raccontare la guerra. Tre anni dopo fu testimone della sua liberazione

Visitò più volte il Paese tra il 1972 e il 1994. Descrisse gli orrori e i massacri compiuti dai comunisti di Pol Pot

A Pechino scoprì una realtà diversa da quella maoista che aveva immaginato. I suoi articoli gli costarono l’arresto

costante nella vostra vita. Lo sottolinea Sarah Bakewell, studiosa di Montaigne e suppongo devota a Seneca, e professoressa di scrittura creativa alla City University di Londra. Ed è lei che mi ha aiutato a capire la mia indignazione, la mia collera, quando leggo quel che si scrive di Tiziano morto. Ho l’impressione che me lo scippino. È infatti un furto con lo strappo averne fatto un guru, un “budda”, addirittura un San Francesco. Un personaggio ben lontano dall’entità ideale, basata sull’esperienza concreta di una vita comune, che si è formata e stampata nella mia memoria. Se dessi retta a coloro che hanno agghindato il ricordo di Tiziano con artifici di bassa retorica, dalla quale emergono a volte zaffate di zolfo, perché la santificazione antimodernista e americanofoba è argomentata con idee che a volte sanno di “nuova destra”; se dessi ascolto a questi cultori del Tiziano guru, non potrei certo considerare l’amico morto «una presenza spettatrice costante» di quel che mi resta di vita. Quel Tiziano ridisegnato per farne un’icona è un personaggio a me sconosciuto. Per fortuna nel primo Meridiano (ne seguirà un secondo) che Renata Colorni, direttrice della collana di Mondadori, gli ha dedicato ci sono i suoi scritti, grazie ai quali si può scrostare quel che gli è stato incollato addosso. Sono scritti che mi riportano al primo incontro milanese fino all’ultimo nella bella casa di Bellosguardo, quando lui sentiva già il fiato della morte sul collo, ed io la vedevo nei suoi occhi. In quell’estrema occasione mi disse: «Quante cose abbiamo vissuto insieme». C’era una punta di inevitabile nostalgia nella breve frase, non certo banale in quella situazione. Ma eravamo ormai su frequenze diverse. Ce ne eravamo accorti a Kabul, nel 2001, durante le intense, affettuose, lunghe conversazioni in cui evitavamo di parlare di quel che ormai ci divideva: io ero sempre un cronista, inseguivo gli avvenimenti, lui inseguiva le idee, incalzato dalla morte. Lasciai Kabul per primo, diretto a Tora Bora, sull’Indu Kush, dove c’era un

freddo cane. Ma lasciai il mio sacco a pelo a Tiziano, che dormiva per terra, in un albergo affacciato sul mercato. A prima vista si capiva quanta energia Tiziano avesse in corpo. E quanta curiosità nella mente. C’era in lui una doppia natura: era e voleva essere un seduttore, ma gli piaceva anche essere sedotto. Nelle sue ambizioni c’era una dose di vanità che non nascondeva, ma c’era anche una sensibilità che lo rendeva generoso. Non sempre tollerante. Nel suo carattere accanto alla netta impronta maschile ce n’era anche una che forse a torto definisco femminile. Era una sua virtù: perché agli atteggiamenti talvolta un po’ selvaggi, seguivano momenti di profonda e raffinata gentilezza. Alle collere seguivano pentimenti riparatori. Ho incontrato raramente esseri umani capaci di immergersi via via nelle realtà più diverse, e dedicarsi con intensità a chi viveva in quelle realtà. C’era chi gli rimproverava di non avere un cervello politico e di perdersi nei dettagli. Ed era invece questa la sua preziosa peculiarità, perché attraverso quei “dettagli”, che non lo erano poi tanto, erano in effetti testimonianze raccolte con fatica sul posto, a contatto con la violenza e la mi-

seria, con l’ipocrisia e la virtù, arrivava a illustrare spesso, assai meglio degli altri, la realtà. Tiziano non era un freddo osservatore dell’Asia in cui aveva deciso di vivere. Era animato dalle passioni. E accadeva che abbracciasse con passione la verità del momento, che è quella con la quale si confronta il giornalista; una verità che precede la memoria, come la memoria precede la storia; quella del momento è una verità che cambia; e Tiziano onestamente si adeguava a quei È un furto averne cambiamenti, con revisioni spesso fatto un budda o un San Francesco sofferte. Non veniva meno ai suoi quel personaggio principi; anzi era non lo conosco proprio per rispettarli che affrontava, a volte con rabbia, quelle revisioni, espresse con toni d’autocritica. Nel volume dei Meridiani c’èGiai Phong!, La liberazione di Saigon. È la preziosa testimonianza, immediata, della fine di una guerra di trent’anni. Tiziano mi invitò al-

La rassegna

LA MEMORIA DEI POETI PER USTICA BOLOGNA — In occasione dell’ultimo appuntamento di Arte Memoria Viva, per l’anniversario della Strage di Ustica, l’Associazione Parenti delle Vittime organizza questa sera l’evento dal titolo La notte di San Lorenzo: incontro tra poesia e memoria. Le letture sono curate da Niva Lorenzini e il progetto artistico è di Francesca Mazza. La strage di Ustica, evento tra i più tragici della nostra storia recente, viene ricordata attraverso la

poesia, voce maieutica capace di far riemergere il rimosso e di riportare in superficie il ricordo sommerso. I versi proposti quest’anno non vogliono essere né celebrativi né testamentari ma piuttosto una sfida al silenzio attraverso i testi di Pablo Neruda, Rafael Alberti, Gottfried Benn, Giorgio Caproni, Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale, Antonio Porta, fino ai giovanissimi poeti Alessandra Cava, Sara Ventroni e Carlo Cuppini.


la Repubblica

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IL VOLUME

PER SAPERNE DI PIÙ www.tizianoterzani.com www.librimondadori.it

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Da settembre parte l’iniziativa per promuovere la lettura con i ragazzi al pomeriggio

“Terzani Tutte le opere 1966-1992”, I Meridiani (Mondadori, a cura di Alen Loreti, euro 60)

DAI TQ AI “PICCOLI MAESTRI” UN PROGETTO PER LE SCUOLE ELENA STANCANELLI

INDIA L’India, dove approdò nel ’90, fu la sua ultima spiaggia asiatica, il luogo che abbracciò incalzato dalla malattia

l’Orsigna, nella sua casa sull’Appennino pistoiese, per farmi leggere il dattiloscritto. Era appena tornato da Saigon dove era rimasto con un’altra manciata di giornalisti, dopo l’arrivo dei comunisti nordvietnamiti. Anche quello fu un atto di coraggio, non per i rischi fisici, ma per l’isolamento di settimane senza poter mandare corrispondenze, perché i comunisti avevano interrotto tutte le comunicazioni. Tiziano aveva orizzonti più profondi di quelli che ha di solito un giornalista, il quale pensa alla chiusura quotidiana, serale, del giornale. Ed è raro che vada oltre. Questa visione più lunga nel tempo gli ha consentito di isolarsi, di vivere l’esperienza della Saigon conquistata dai bodoi, i soldati di Giap, e di scrivere un libro che racconta appunto la riunificazione di un paese in guerra da decenni, fin dall’occupazione giapponese, negli anni Quaranta. Tiziano non ha amato quel libro, che resta uno dei suoi più validi, perché la descrizione ottimistica, generosa dei comunisti del Nord che si impadroniscono della capitale del Sud, è stata quasi subito oscurata, smentita dalla repressione, dai campi di rieducazione e dalla fuga di tanti vietnamiti (i boat-people). E tra le vittime c’era un nostro comune amico, Cao Giao, che appena uscito da un campo, ammalato di cancro, fu aiutato da Tiziano con generosità (non solo con denari ma anche con scritti che svelavano le perfidie dei suoi aguzzini). E quella generosità era per Tiziano anche un’autocritica. Eppure Giai Phong!, come la testimonianza di John Reed sulla rivoluzione d’Ottobre, o quella di Edgar Snow sulla Lunga Marcia, o quella di Herbert L. Matthews sul Fidel della Sierra Maestra, è una profezia sbagliata ma una testimonianza destinata a restare. È una verità del momento che andava raccontata, anche se poi è stata smentita dai fatti. Oggi, placatesi da tempo le passioni, il libro rivela tutta la sua autenticità. Come è un documento unico Buonanotte signor Lenin, dove Tiziano racconta l’impero sovietico in Asia che si sgretola.

Quel viaggio lo decise da solo. Nessun giornale glielo chiese e nessun giornale lo finanziò. Il vanitoso primo attore, ormai meno giovane, aveva grinta. Coraggio. Le revisioni di Tiziano, giuste e tormentate, dovevano essere per Angela qualcosa di simile alla navigazione in un mare in tempesta. Ho condiviso con Tiziano larga parte dell’esperienza cambogiana. Quelli che sembravano eroi, i khmer rossi, si rivelarono dei nazisti asiatici. E nell’autocritica Tiziano mise tutta la sua passione, ed anche un forte impegno, perché andò in Cambogia a raccontare i massacri compiuti dai comunisti di Pol Pot. Ma la grande revisione fu quella cinese. Era per la Cina che era andato in Asia e arrivato infine a Pechino, con moglie e figli, scoprì una Cina maoista diversa da quella che aveva immaginato. E allora provocò quelli che pensava l’avessero tradito. Lasciava nei cassetti frasi critiche affinché chi veniva a perquisire di nascosto la sua casa le trovasse. E le sue corrispondenze erano giuste e severe. Finì con l’essere arrestato e umiliato dalle autorità di Pechino. Quando era agli arresti domiciliari ci parlavamo al telefono. Fu di una dignità esemplare. Fu grazie a un intervento di Sandro Pertini, allora presidente della Repubblica (sollecitato dall’amico Malfatti, segretario generale degli Affari Esteri) che Tiziano fu rilasciato ed espulso. La sua collera esplose nel ’97, quando Hong Kong fu recuperata dalla Repubblica Popolare. Tiziano scrisse allora sul Corriere della Seraarticoli catastrofici. I cinesi avrebbero occupato Hong Kong, e avrebbero sottomesso quell’oasi di libertà, creata dal colonialismo britannico. Ammirare l’imperialismo britannico, che alla vigilia di lasciare la colonia l’aveva dotata di una precipitosa democrazia, non era da par suo. Dopo avere condannato, con ragione, i grattacieli costruiti dai comunisti nella Repubblica Popolare, grattacieli che avevano distrutto il paesaggio tradizionale ed erano una cattiva imitazione dell’America, Tiziano trasformò i grattacieli di Hong Kong in baluardi della libertà. L’ambasciatore inglese a Roma gli mandò un telegramma di ringraziamento. In realtà è stata Hong Kong che ha Non nascondeva conquistato la Cina, servendole da una dose di campione. Ma vanità, ma la nella collera di Tisua sensibilità lo ziano c’era qualrendeva generoso cosa di sensato. Odiava il nazionalismo e pensava che quello cinese, esaltato dal successo, era destinato a diventare una minaccia, e non soltanto per i vicini asiatici. Come si era immerso nel Vietnam in guerra e poi riunificato, come aveva amato la Cambogia dilaniata prima dai B52 americani e poi da khmer rossi, come non aveva apprezzato il Giappone, e aveva sofferto per la Cina, Tiziano si è identificato con l’India. Ed è durante quell’abbraccio con l’India, che è intervenuta la malattia. Ricordo la sua telefonata da Bologna, in preda allo sgomento, appena gli era stato diagnosticato il tumore. Allo smarrimento iniziale seguirono anni in cui l’audacia, il coraggio dimostrato sulle rive del Mekong, o al di là dell’Ussuri, e lo spirito acquisito in India, sua ultima spiaggia asiatica, gli dettero la forza di affrontare via via, dopo gli inutili interventi chirurgici a New York, l’ultimo tratto della vita. Ma Tiziano è sempre rimasto il giovane giornalista che incontrai nel 1970. Un personaggio impregnato del ’68 americano e ammiratore del grande giornalismo americano, dove contava tanti amici. Non poteva certo amare la Cina burocratica, né l’America imperiale incarnata da Bush jr, né la miseria di Harlem, né la modernità. Quest’ultima non in quanto tale, ma quando è volgare. E prepotente. Per distaccarsi da un mondo tanto deludente ha finito col predicare il pacifismo, che era un modo di condannare tutti, o quasi tutti, perché sono in molti a servirsi delle guerre. Cosi ha dato anche un senso alla sua collera. E si è dato la forza di morire con dignità. © RIPRODUZIONE RISERVATA

C’

ero anche io il giorno della prima riunione di TQ, nella sede romana della casa editrice Laterza. Come hanno già raccontato in tanti, è stata faticosa, affollata, appassionata. Sembrava che molti di noi non aspettassero altro da anni, e scalpitavano. Mi è sembrato strano. In quel tempo che, durante la riunione e in seguito nel manifesto, veniva definito «di indignazione solitaria», io avevo conosciuto quasi tutti loro presenti in quella stanza, inventando insieme riviste, siti internet, antologie. Cose piccole, per carità, ma nelle quali ognuno di noi aveva messo energia, capacità. Se TQ si proponeva di «contrastare una preoccupante identificazione tra qualità e quantità in ambito culturale, un ricorso esclusivo a misurazioni numeriche, economicistiche, della conoscenza», perché mai per prima (TQ, generazione trenta quaranta, è femminile, su sacrosanta istanza di alcune ragazze del gruppo) non riusciva a dare valore a quello che altre generazioni avevano prodotto? Mi sembrava incredibile che un gruppo di persone pronte a dare l’assalto al futuro, non avesse la minima idea del passato prossimo. La memoria dei grandi, non è l’unica possibile. È stato in quel momento che ho pensato a quel nome, i Piccoli Maestri, per il mio progetto. Quando è toccato a me, ho detto subito che l’idea l’avevo copiata da 826 Va- ti i libri che amiamo sono scritti da donne lencia, di Dave Eggers, ripresa poi da Nick e uomini che considerano la scrittura eroiHornby a Londra. Ho iniziato il mio inter- camente distaccata. E che, divenuti scritvento dicendo che secondo me gli intellet- tori grazie a questa fatica, poi sanno cotuali italiani (chiedo scusa a TQ, ma quel municare questa passione. Ed è per questo «lavoratori della conoscenza» col quale si che l’unica parte che mi piace davvero del definisce mi sembra truffaldino oltre che manifesto di TQ è quella nella quale si dice evidentemente brutto) dovrebbero impe- che «questo è un invito, aperto a tutti colognarsi con tutta la loro energia e il loro ta- ro che lavorano nell’ambito della cultura e lento ad aiutare la scuola pubblica. In par- delle arti, a pensare e ad agire assieme, deticolare le scuole medie superiori, il cui ponendo egoismi e rivalità». A questa zona rendimento è molto vicino al collasso. di TQ mi sono rivolta parlando del mio proNon mi addentrerò sulle cause: è compito getto, che ho intitolato appunto i Piccoli della politica individuare cause e trovare Maestri. E sarà una scuola dove imparare a soluzioni. E io credo nella politica. Altro leggere. Un doposcuola anzi, dedicato ai ragazzi e le ragazze delle scuole medie superiori, nel quale noi scrittori e scrittrici diventiamo i maestri della materia che amia“Non posso firmare un manifesto mo di più, l’unica che conosciamo davvein cui si dichiarano certe cose, con ro bene e sulla quale siamo imbattibili: l’aquel linguaggio, ma credo negli more per la lettura. Nessuno meglio di noi impegni concreti. E questo lavoro potrà far innamorare qualcuno di Moby Dick, il cane Buck, Julien Sorel, Elizabeth e con gli studenti è aperto a tutti” Darcy... semplicemente perché noi ne siamo innamorati. E non c’è modo migliore motivo per cui non potrei mai firmare un per insegnare qualcosa che mettere in coIL LOGO manifesto in cui si dichiara di «osservare il mune la propria passione. Invito quindi I TQ hanno diffondersi del neoliberismo come un’e- anche da qui, tutti gli scrittori e le scrittrici presentato pidemia dell’Occidente, non solo a causa (ovviamente anche di generazioni diverse sul web il loro delle destre ma anche di alcune presunte da TQ) che abbiano voglia e un po’ di temmanifesto sinistre e dell’inconcludenza delle altre po da regalare, a unirsi a noi. Per adesso, suscitando forze politiche». grazie all’interessamento della casa editridibattiti tra Se ritenessi la politica inconcludente, se ce Laterza e della Provincia, inizieremo a gli scrittori immaginassi la sinistra come «presunta», Roma, da settembre. Ma mi auguro che non farei niente di quello che faccio. Mi ogni città possa avere la sua sede per i Picsentirei in ostaggio e immobile. Invece so- coli Maestri. E mi auguro che TQ abbanno semplicemente una cittadina di un doni un po’ di goffaggine politica, il linpaese in crisi, di un mondo in crisi. Il mio guaggio fosco e inattuale di certe sue affermestiere è raccontarlo, e non credo affatto mazioni teoriche, e faccia pace con quella che «non sia più sufficiente dedicarsi, che secondo me è la sua vera vocazione: un ognuno per sé con distaccata purezza al- luogo per riflettere, e poi proporre azioni l’arte e alla letteratura». Anzi: credo che concrete che garantiscano un’eredità culquesto distacco, che non vedo in giro, sa- turale alle generazioni che ci seguono. rebbe incredibilmente salutare. Quasi tut© RIPRODUZIONE RISERVATA


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