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Di nuovo insieme: socialità e spazi condivisi
Tra identità sociale, teorie aristoteliche e ritorno alla normalità, gli spazi di condivisione stanno per riguadagnare il loro ruolo di centralità nel lavoro, nel tempo libero e nella costruzione delle relazioni. Ma come stanno cambiando gli shared spaces che viviamo ogni giorno?
Negli ultimi due anni si è parlato e scritto moltissimo di “casa”: eventi imprevedibili e inaspettati ci hanno fatto riscoprire l’importanza della dimensione domestica, e della qualità del vivere indoor
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Ma nel nostro DNA è scritto che siamo “animali sociali”. Lo afferma per la prima volta Aristotele ben 2500 anni fa, nel primo libro della sua Politica, e proprio nell’eccezionalità dei tempi che stiamo vivendo ci siamo resi conto di quanto questa sia una verità inconfutabile, oggi come allora. La stessa definizione di persona, nella psicologia tradizionale, è quella di un “soggetto che sappiamo e crediamo costruirsi e ricostruirsi nelle interazioni e nelle relazioni sociali“.
Per questo gli spazi di condivisione e, per estensione, le città stesse, restano la cifra che ci definisce come società e come individui. Il modo di concepire quegli spazi determina, in fondo, chi siamo.
Oggi vediamo con occhi diversi i luoghi pubblici e il tessuto urbano: uno dei concetti che è emerso con più forza è quello di resilienza, cioè la capacità degli spazi di adattarsi ai cambiamenti (climatici, sociali, sanitari). Proprio per affermare questo valore, le Nazioni Unite hanno creato l’iniziativa Making Cities Resilient 2030, per tracciare il percorso verso l’obiettivo di rendere le città più sicure e inclusive (tra l’altro Milano è una delle quattro città europee ad essere state nominate Resilience Hubs).
Al tradizionale concetto di polis romana (la piazza al centro con luoghi di vita e lavoro tutto attorno) si sta sostituendo gradualmente l’idea di “città dei 15 minuti”, una mobilità lenta, a misura d’uomo, per raggiungere tutto ciò di cui si ha bisogno facilmente e senza fare molta strada. Mentre fuori dai centri urbani, si punta a spostamenti sempre più rapidi.
Anche per la progettazione degli edifici sta cambiando il paradigma: oggi più che mai la qualità della firma progettuale si fonda sulla capacità di dar vita a spazi sicuri (nei materiali, nella gestione dei flussi e delle interazioni, nella garanzia di elevati livelli di comfort ambientale) e sostenibili (un dato su tutti: secondo il World Green Building Council, le infrastrutture e gli edifici dovranno ridurre le emissioni di carbonio del 40% entro il 2030 e del 100% entro il 2050).
Viene alla ribalta un’idea molto semplice, quasi scontata, ma in realtà rivoluzionaria, se pensiamo alla concezione di lifestyle dei decenni passati. Non sono più i bisogni dell’individuo a fare da guida, ma quelli delle comunità. Un noi che comprende anche il contesto naturale si sostituisce a quell’io che è stato il polo attrattivo delle fasi di boom economico del secolo passato. Come a dire: se dobbiamo tracciare un percorso per il futuro, sarà un percorso lungo il quale ci terremo per mano.
Elena Zagatti Marketing and Communication Director Schüco PWS Italia Srl