quando i giovani partecipano

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Quando i giovani partecipano Prima indagine nazionale sulla presenza giovanile nell’associazionismo, nel volontariato e nelle aggregazioni informali a cura di Rosa Di Gioia, Laura Giacomello, Pier Paolo Inserra, Simona Rotondi

Rapporto di ricerca, settembre 2009

SVILUPPOLOCALE EDIZIONI


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Ringraziamenti La ricerca che presentiamo è frutto di un lavoro corale, reso possibile dalla collaborazione attiva e dall’appoggio di molte persone incontrate lungo il percorso. Molti sono stati gli spunti offerti dai diversi incontri che hanno preceduto il lavoro di campo, spunti che hanno consentito di riflettere in maniera più approfondita ed eterogenea sul tema della partecipazione giovanile, mettendo a punto, al contempo, il disegno della ricerca e gli strumenti di indagine. In primis, vogliamo ringraziare tutti coloro che ci hanno permesso di approfondire un tema così complesso: le persone che hanno risposto alle domande del questionario, i partecipanti ai tre focus group tenuti a Brindisi, Milano e Roma le persone intervistate per gli studi di caso. Sono stati interlocutori preziosi ed hanno dimostrato una grande disponibilità nel concederci un po’ del loro tempo e nel condividere le loro esperienze. Un grazie, inoltre, va a tutti coloro che materialmente hanno portato avanti il lavoro sul campo, curando la rilevazione nei territori: Riccardo Andreini, Andrea Bassetti, Maria Enrica Braga, Fabio Cassanelli, Elena Crotti, Alessandra Della Spoletina, Veronica De Vito, Diana Errico, Andrea Favaro, Alessandro Laresca, Francesco Molesini, M. Eliana Orlando, Ramona Pizzoli, Filippo Primola, Simona Santilli, Roberto Stanchi ed i CSV di Brindisi, Caserta, Chieti, Crema, Firenze, L’Aquila, Lecce, Mantova, Messina, Milano, Novara, Palermo, Roma, Terni. Sappiamo che è stato un lavoro impegnativo, non facile da conciliare con le attività quotidiane. Claudio Tosi, Maria Enrica Braga, Paolo Campione e Marco Piras, appartengono alla schiera di coloro che hanno seguito con costante attenzione i diversi momenti della ricerca, appassionandosi al tema e fornendo preziose indicazioni e spunti. Un ultimo ringraziamento va ai due enti, CSVnet e Forum Nazionale dei Giovani, che hanno deciso di scommettere su questo lavoro. Il loro investimento, di certo non scontato, dimostra curiosità e attenzione per i cambiamenti in atto, e indica la volontà di attivare un confronto sistematico e non superficiale con le giovani generazioni.



LE ORGANIZZAZIONI PROMOTRICI Forum Nazionale dei Giovani Il Forum Nazionale dei Giovani, riconosciuto con la Legge 30 dicembre 2004, n. 311 dal Parlamento Italiano, è l’unica piattaforma nazionale di organizzazioni giovanili italiane, con più di 75 organizzazioni al suo interno, per una rappresentanza di circa 4 milioni di giovani. Il Forum è nato ufficialmente nel febbraio 2004, dopo un anno circa di un percorso faticoso ma entusiasmante delle organizzazioni fondatrici. La volontà di coloro che credono in questo progetto è dare voce alle giovani generazioni creando un organismo di rappresentanza che possa mettere a sistema la rete di rapporti tra le organizzazioni giovanili ed essere promotore degli interessi dei giovani presso Governo, Parlamento, le istituzioni sociali ed economiche e la società civile. La forza del Forum sta nella eterogeneità delle sue associazioni, specchio delle modalità differenti di impegno civile dei giovani. Fanno parte del Forum associazioni studentesche e ambientaliste, giovanili di partito, sindacati, associazioni laiche e religiose, enti di promozione sportiva, il mondo scout, i Forum regionali e tante altre realtà. Il Forum Nazionale dei Giovani è membro del Forum Europeo della Gioventù (European Youth Forum, YFJ) che rappresenta gli interessi dei giovani europei presso le istituzioni europee ed internazionali. In sintesi, la piattaforma intende creare uno spazio per il dibattito e la condivisione di esperienze tra le associazioni giovanili di diversa formazione e natura e le istituzioni Italiane ed Europee; impegnarsi per il coinvolgimento dei giovani alla vita sociale, civile e politica del Paese, coinvolgendoli nei processi decisionali del Paese; favorire la costituzione di Forum, Consigli e Consulte regionali e locali dei giovani. La missione che il Forum si prefigge è quella di porre al centro del dibattito politico e dell’iniziativa sociale il valore dei giovani: la crescita personale e l’integrazione delle nuove generazioni rappresentano nei fatti le sfide decisive per garantire la qualità sociale e la democrazia nel nostro Paese. Il Forum ha la sua rappresentanza legale e politica nel Portavoce, Antonio De Napoli. L’esecutivo nazionale è il Consiglio Direttivo (composto da 9 persone), eletto ad aprile 2009 con un mandato triennale. Le Commissioni Tematiche rappresentano il cuore delle attività quotidiane del Forum in quanto permettono ai giovani volontari di tutte le associazioni di discutere e progettare iniziative sui temi di loro competenza.


Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato CSVnet nasce l’11 gennaio 2003 per raccogliere, dare continuità e rafforzare l’esperienza del Collegamento Nazionale dei Centri di Servizio costituito nel 1999. Riunisce e rappresenta 71 Centri di Servizio per il Volontariato (CSV) su 77 presenti in Italia, con l’obiettivo di rafforzare la collaborazione, lo scambio di esperienze e di competenze fra i CSV, anche attraverso i coordinamenti regionali dei Centri. CSVnet si ispira ai principi di solidarietà, democrazia e pluralismo e alla “Carta dei valori del volontariato” e ha fatto propri i principi espressi dalla “Carta della rappresentanza”. È governato dall’Assemblea dei Soci, dal Consiglio Direttivo e dal Comitato Esecutivo che si avvalgono della struttura tecnica articolata in: Direzione, Organizzazione attività e servizi ai soci, Segreteria generale, Amministrazione e contabilità, Comunicazione e Ufficio stampa. Fornisce servizi di formazione, consulenza, sostegno ai CSV soci. CSVnet è socio del Centro Europeo per il Volontariato (CEV) con sede a Bruxelles, dove ha un proprio sportello che fornisce servizi di informazione sui bandi e orientamento sui temi europei, oltre che supporto metodologico, formazione e assistenza tecnica ai CSV sui Fondi Strutturali Europei e sul programma comunitario Gioventù in Azione. I servizi dei CSV sono suddivisi in: servizi di sportello, formazione, sostegno alla progettazione, supporto logistico, promozione del volontariato. Servizi di sportello: informazione, orientamento, consulenza e accompagnamento su come si gestisce un’associazione di volontariato. In particolare in materia legale, fiscale, amministrativa, normativa, per le relazioni con le istituzioni e gli enti locali, fund raising e orientamento per nuovi volontari. Formazione: corsi, workshop e seminari per i volontari e gli operatori. Consulenza per l’organizzazione e la gestione di percorsi formativi. Sostegno alla progettazione: consulenza e accompagnamento nella progettazione, nella ricerca di finanziamenti, nella partecipazione ai bandi e sostegno ai progetti delle OdV mediante contributi economici o tramite assunzione diretta di azioni e prestazioni dei progetti stessi. Supporto logistico: concessione di spazi e attrezzature per le attività delle associazioni; punti di incontro del volontariato nel territorio; servizi per la copisteria, uso del computer. Promozione del volontariato: aiuto a migliorare la comunicazione in tutti gli ambiti di intervento; consulenza e collaborazione alle iniziative di comunicazione delle singole associazioni e alle campagne di promozione, per far conoscere il volontariato e la cultura della solidarietà; attività e stage di volontariato per i giovani, anche nella scuola.


INDICE

Prefazione

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Introduzione metodologica di Pier Paolo Inserra

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1.

La partecipazione giovanile: definizioni possibili dell’oggetto di indagine di Laura Giacomello

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1.1 1.2

I giovani Il concetto di partecipazione: alcuni spunti per un’analisi

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2.

I risultati e i questionari le sezioni A, B, C sono state curate da Simona Rotondi; le sezioni D, F, G, H da Rosa di Gioia.

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Il profilo socio-anagrafico degli intervistati Organizzazione Attività Partecipazione e motivazioni Link istituzionali e associativi Reti e integrazioni Andamento della partecipazione e previsione futura 3.

I risultati dei focus group di Simona Rotondi

3.1 3.2 3.3

Presente Futuro Osservazioni conclusive

50 53 58 69 83 100 106 113 115 119 120


4.

I risultati degli studi di caso di Laura Giacomello

4.1 4.2

Sintesi delle interviste Analisi sintetica

5.

Alcune riflessioni per rilanciare di Pier Paolo Inserra Appendice metodologica di Rosa Di Gioia Bibliografia Autori

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PREFAZIONE

Antonio De Napoli - Portavoce del Forum Nazionale dei Giovani Marco Granelli - Presidente CSVnet

Perché solo ora l’idea di avviare una prima indagine in Italia sulle forme di partecipazione giovanile? La domanda introduce questo rapporto di ricerca: non è assolutamente banale chiedersi perché prima d’ora – salvo tentativi parziali o ristretti a territori o contesti molto specifici – non ci sia mai stato un interesse continuativo rivolto ad indagare e scoprire modalità, motivazioni e bisogni riguardanti la lettura delle dinamiche associative e partecipative dei giovani. È a partire da questa carenza che il Forum Nazionale dei Giovani - FNG e il Coordinamento dei Centri di Servizio per il Volontariato - CSVnet, due piattaforme entrambe fortemente impegnati nel favorire la partecipazione giovanile in Italia, pur se attraverso forme e canali molto diversi, hanno voluto e commissionato questa indagine, che acquista dunque un punto di vista assolutamente strategico. L’unica piattaforma di rappresentanza giovanile in Italia a diversi livelli è il Forum Nazionale dei Giovani (FNG) che, ancor prima della nascita del Ministero dedicato, ha tentato di dar vita e voce alle migliaia di giovani che in Italia sono impegnati in attività associative di diverso tipo ed in azioni di impegno sociale e politico. Ad oggi il FNG è costituito da circa 80 organizzazioni giovanili nazionali, che includono realtà eterogenee dell’universo associativo che si occupano di volontariato, ambiente, politica, sport, scuola e università, scoutismo, sindacato, realtà laiche e religiose, nonché da alcuni forum regionali dei giovani. Il FNG è riconosciuto a livello istituzionale come piattaforma di rappresentanza giovanile, ha

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Quando i giovani partecipano

una stretta e costante collaborazione con il Ministero della Gioventù ed è full member dello European Youth Forum. D’altra parte, per sua stessa natura, il FNG non rappresenta le tante realtà associative locali, se non quelle organizzate su scala nazionale. In questo senso, risulta ancora difficile per il Forum dei Giovani intercettare le tante buone prassi di partecipazione giovanile presenti a livello locale. Certamente è questo uno dei motivi per cui, anche in questa ricerca, emerge una superficiale conoscenza tra i giovani intervistati della missione e del lavoro che il FNG fa. La promozione del volontariato tra i giovani è uno dei compiti precipui del CSVnet, che riunisce e rappresenta oggi 72 Centri di Servizio per il Volontariato (CSV) sui 78 presenti in Italia, con l’obiettivo di rafforzare la collaborazione, lo scambio di esperienze, di competenze e di servizi fra i Centri per meglio realizzarne le finalità istituzionali, nel rispetto della loro autonomia. La realtà dei Centri di Servizio per il Volontariato (istituiti con la legge 266/91) è caratterizzata dalla capacità di rivolgersi alle grandi reti nazionali e alle piccole associazioni locali di volontariato realizzando una forte presenza e un capillare lavoro territoriale. La presenza dei CSV a livello locale su tutto il territorio nazionale ha il compito di valorizzare, promuovere, sostenere e diffondere l’azione delle Organizzazioni di Volontariato e la cultura della solidarietà e della partecipazione attiva. Con questa ricerca CSVnet, in maniera specifica attraverso il gruppo promozione del volontariato giovanile, indaga più a fondo le motivazioni che spingono i giovani alla partecipazione proprio per verificare come queste si intreccino e incontrino lo specifico del volontariato. Nel 2003 il Libro Bianco dell’Unione Europea (Libro Bianco sulla Gioventù: un nuovo impulso per la gioventù europea. 1/10/2003) individua nell’attivazione giovanile il motore di cambiamento e rinnovamento delle politiche degli stati membri e comunitarie, lanciando indicazioni e programmi rivolti all’attivazione dei giovani. Tali programmi, portano negli anni successivi a grandi cambiamenti a livello europeo, rappresentati soprattutto dalla possibilità di esprimere un peso politico di fronte ai grandi cambiamenti della nostra società. Di fatto, nel nostro Paese scontiamo uno sviluppo involuto delle politiche giovanili. Solo di recente è emersa una sensibilità specifica su questo tema, assieme all’esigenza di promuovere “politiche di sistema” più generali. Appena quattro regioni (Piemonte, Lazio, Campania, Basilicata)

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Prefazione

prevedono, ad oggi, l’istituzione dei Forum Regionali dei giovani in Italia, per quanto l’idea dei forum non coincida pienamente con quella più complessiva di partecipazione giovanile. I diversi assessorati alle politiche giovanili comunali e provinciali sono nella maggior parte dei casi assimilati ad assessorati di altra competenza (lavoro, educazione, sicurezza, turismo, sport, ecc…) ed il quadro complessivo che ne emerge è assolutamente discontinuo, frammentato ed estemporaneo. Attenzione, però, su un elemento: uno dei dati che emergono dal presente lavoro di ricerca è proprio la scarsa fiducia, la poca conoscenza e il generale poco apprezzamento nei confronti della qualità delle politiche giovanili praticate in Italia, tanto a livello locale che nazionale. Si tenga presente che questo dato riguarda una platea di diretti interessati e, in un certo senso, di “esperti” di politiche giovanili: i giovani coinvolti maggiormente nelle organizzazioni giovanili della società civile. A ciò si aggiunga che il confronto, lo scambio e la partecipazione giovanile nell’agenda del Ministero, pur rappresentando delle priorità, non hanno ancora portato all’attivazione sistematica di tavoli di confronto e consultazione con la rappresentanza giovanile, come esplicitamente il Libro Bianco indica. Anche questi elementi spingono con urgenza ad un dibattito serio e approfondito che porti ad una legge quadro sulle politiche per la gioventù, strumento necessario per concedere piena cittadinanza alla rappresentanza giovanile. Di contro, l’Italia registra – a differenza di altri paesi europei – una fortissima presenza a livello territoriale di associazionismo di diverso genere (volontariato, promozione sociale, culturale, circoli, comitati, gruppi informali, federazioni…), manifestazione di una pressante e crescente voglia di partecipare e contribuire al cambiamento ed al benessere del proprio territorio e del proprio Paese. Ma persino all’interno dell’immenso mondo dell’associazionismo, bisogna fare i conti con alcuni miti sull’universo giovanile legati alla supposta incapacità, immaturità, ed alla condizione di disagio dei giovani, sempre tenuti istituzionalmente al margine delle decisioni che hanno riguardato – e riguardano – i cambiamenti e le trasformazioni locali e societarie. Tutto ciò ci mette di fronte ad un lento e complesso cambiamento culturale, che non potrà prescindere da proposte concrete ed azioni innovative che consegnino realmente un ruolo attivo e rilevante ai giovani rispetto al contesto sociale e culturale vissuto. In quest’ottica di trasformazione, il mondo dell’associazionismo e del volontariato, soprattutto

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Quando i giovani partecipano

in Italia, gioca un ruolo fondamentale per e con i giovani nella società civile anche nella gestione di un costante dialogo con le Istituzioni. Da sempre, infatti, il volontariato e l’associazionismo hanno attivato, vissuto e sostenuto in prima linea la partecipazione giovanile come fondamentale agente di intervento, crescita e cambiamento socioculturale. I giovani sono presenti in tutti i settori dell’associazionismo, partendo dall’ambito culturale (nel senso comune spesso associato direttamente all’universo giovanile), fino ad arrivare all’assistenza ed al disagio, passando attraverso lo sviluppo sostenibile, l’ambiente, la multiculturalità, l’inclusione. Sono numerosi i lavori, anche recenti, che testimoniano una fiducia costante nell’associazionismo e nel mondo del volontariato, a fronte di un crollo di fiducia nei confronti delle istituzioni e delle organizzazioni più “tradizionali” (partiti e sindacati in primis), negli ultimi 20 anni. Nell’immenso, controverso e frammentato, scenario rappresentato dall’universo giovanile, una questione preliminare è comprendere come e dentro quali cluster (anagrafici, socio-economici, sociologici, antropologici e culturali) definire i giovani ed il ruolo sociale trasversale e di multi-appartenenza che li caratterizza. Analizzando, al contempo, quale significato attribuire ai processi partecipativi (come, dove e perché si partecipa). Il quadro che emerge è quello di una partecipazione in forme organizzative assai variegate e diverse tra loro. Rimane ampio il numero di giovani che si riconosce e partecipa in associazioni più strutturate e con una dimensione nazionale, anche se assume sempre maggior rilievo il peso dei gruppi informali e delle associazioni più legate al territorio. Un punto di particolare interesse risulta l’atteggiamento dei giovani nei confronti delle reti associative: da un lato viene riconosciuta l’opportunità che l’azione in rete offre in termini di scambio di buone prassi e maggiore efficacia delle azioni, dall’altro si individua nel lavoro in rete il rischio di una perdita di identità e di snaturamento della propria mission. Quella dei social network, invece, appare loro come una dimensione di partecipazione stimolante e ricca di prospettive proprio per la quasi totale assenza di gerarchie e limitazioni alla partecipazione. La stessa varietà riscontrata nelle forme organizzative, si ritrova anche nelle modalità di partecipazione. La multi-appartenenza è un dato assi diffuso, mentre l’accessibilità a forme effettive di partecipazione difforme a seconda della tipologia di organizzazione, dell’età del giovane e

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Prefazione

dell’esperienza accumulata in una stessa realtà. Inoltre, un dato particolarmente interessante è che il coinvolgimento dei giovani nei percorsi associativi tende ad essere notevole all’inizio del percorso associativo, declinando però negli anni. Accoglienza, formazione e qualità dei percorsi di coinvolgimento e di protagonismo risultano essere le tre variabili più importanti nel determinare l’effettivo livello di partecipazione del giovane nell’ambito della propria esperienza associativa. In particolare, l’accoglienza influisce fin da subito sul grado di consapevolezza del proprio ruolo all’interno dell’associazione, dando l’opportunità ai nuovi soci di comprendere il funzionamento e le modalità per sviluppare un’efficace azione partecipativa. La formazione, invece, consente – se intesa come investimento continuativo di carattere scientifico, relazionale, socio emotivo, organizzativo – di acquisire competenze, sensibilità e capacità necessarie per effettuare l’intero percorso associativo. Nonostante la riflessione appena fatta, dalla ricerca emerge, seppur in maniera non univoca, come non sempre le associazioni riconoscano in maniera adeguata il giusto peso ai fattori motivanti (accoglienza, formazione, coinvolgimento). Un altro aspetto importante emerso in fase di interpretazione dei dati riguarda il peso crescente delle esigenze più prettamente individuali rispetto ad aspettative di tipo universalistico. La possibilità di acquisire competenze con le esperienze compiute nel volontariato, la ricerca di percorsi professionali anche all’interno delle organizzazioni giovanili, oppure il semplice bisogno di sentirsi parte di un gruppo, il piacere di divertirsi insieme e la possibilità di esprimersi. Motivazioni di questo tipo hanno nel tempo affiancato e forse superato le spinte più “tradizionali” verso l’impegno collettivo: la solidarietà verso gli altri, la fede nei valori religiosi, una forte dimensione etico-politica di riferimento. Chiaramente, una tale mutazione di paradigma ha cause complesse e profonde, che peraltro non sono oggetto del specifico lavoro. In termini di partecipazione però, questo dato richiama l’attenzione di tutti ad un approccio più strutturato e strategico alla questione: la partecipazione e il coinvolgimento dei giovani saranno sempre meno un dato di fatto e sempre più il risultato di un processo che richiama ciascuno a misurarsi con la propria responsabilità di “facilitatore”, di dirigente di un’associazione o di policy maker. Da questa ricerca emerge ancora una volta tutto il potenziale che i giovani esprimono: essi rappresentano una autentica risorsa e una spinta innovativa per

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Quando i giovani partecipano

il paese. Come “agenti di cambiamento” nella società, attraverso la loro capacità comunicativa, lo spirito di adattamento, di accettazione della diversità. I giovani visti come portatori di benessere, come interlocutori intergenerazionali, attenti osservatori ed in alcuni casi cartina di tornasole del funzionamento di un contesto locale. In questo senso, lo sviluppo civico (e probabilmente economico) del Paese passa attraverso la valorizzazione della partecipazione giovanile. Il concetto di bene comune, l’identificazione stessa dei beni comuni diviene oggi una priorità sociale per promuovere coesione sociale, sviluppo, cambiamento sociale. Beninteso: affinché il potenziale che i giovani esprimono possa essere espresso appieno, è necessaria una consapevolezza rinnovata, se non nuova, da parte di ciascun attore coinvolto nella definizione e nella pratica delle politiche giovanili, a partire dal mondo del Terzo settore e dello stesso Volontariato. Sono necessari allo stesso tempo uno sforzo sinergico, una strategia politica definita e un coerente investimento in termini di risorse. In questo contesto le organizzazioni di volontariato, gli altri soggetti dell’associazionismo e del non-profit, coloro che hanno come missione la promozione del volontariato, trovano in questi concetti e in queste considerazioni uno spazio di lavoro e una opportunità per riprendere la propria missione di “promotori e costruttori di cittadinanza” attraverso il “fare” e il “pensare”, attraverso l’esperienza e la riflessione/formazione. Non si tratta di precostituire una nuova generazione di cittadini, ma di creare le migliori condizioni e opportunità perché i nuovi cittadini possano al meglio esercitare il loro ruolo civico e sociale di partecipazione democratica e solidale. Questo ruolo non è una missione aggiunta, “un di più occasionale”, ma oggi è uno specifico, una priorità del mondo del volontariato e di chi ha a cuore i principi e i valori della solidarietà e della sussidiarietà. Al Forum Nazionale dei Giovani e a CSVnet questa ricerca consegna il compito di promuovere presso i propri associati e le proprie reti una cultura dell’ascolto e dell’accoglienza riguardante i nuovi linguaggi e le modalità d’interazione dei giovani. Per questi due enti aver promosso questo studio ha un senso preciso: migliorare la capacità di accoglienza dei (e di interazione con i) giovani da parte del volontariato e dell’associazionismo, affinché il loro desiderio di partecipazione e la voglia di incidere sulla società possano realizzarsi sempre più facilmente in sinergia con le forme più strutturate di impegno sociale.

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INTRODUZIONE METODOLOGICA di Pier Paolo Inserra

La metodologia di lavoro adottata è quella dell’action-research, della ricerca-intervento. Un lavoro di ricerca-azione è un lavoro che si protrae nel tempo, diventa metodo strutturale nella definizione delle policy da parte di un’amministrazione pubblica o di un soggetto associativo, nella definizione di un panel di progetti; si trasforma in obiettivo permanente e in competenze professionali acquisite a livello politico, dagli operatori di una istituzione, da un’équipe di lavoro. La ricerca-azione parte da un presupposto che per quanto di buon senso difficilmente viene praticato: per costruire un piano o una politica sul territorio è necessario accompagnare alla riflessione su come intervenire, con quali risorse, con quali attività, una azione altrettanto importante che riguarda lo studio del fenomeno, dei bisogni, delle esigenze della cittadinanza a cui si vuole dare risposta. Per costruire una risposta plausibile è obbligatorio conoscere il problema a fondo, le caratteristiche che assume, le risorse e le opportunità reali da mettere in campo. Nel nostro caso, promuovere una riflessione che aiuti a sviluppare straegie operative collegate allo sviluppo di processi partecipativi efficaci (nell’ambito dei CSV o del FNG), vuol dire valorizzare cinque requisiti che caratterizzano, sia pure se con pesi differenti e a seconda delle finalità che abbiamo e dei contesti in cui ci troviamo, un processo di ricerca-azione: Governance e partecipazione – Un progetto o un piano, sin dall’inizio, deve basarsi su una logica di networking e di rete, finalizzata a condivide-

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Ricerca sulla partecipazione giovanile in Italia

re istanze, problematiche e possibili progettualità, con gli attori territoriali esistenti (associazionismo, imprese, volontariato, scuole, etc.). Efficacia delle proposte – Le proposte che scaturiscono da un lavoro di analisi delle problematiche esistenti o da un confronto tra i vari attori locali, rappresentano livelli differenziati di azione e cambiamento: alcune di esse sono proposte di policy, altre attengono a nuove ipotesi progettuali sperimentali o integrative, altre ancora ai processi di organizzazione del lavoro (metodologie, formazione, comunicazione, ecc.). In ogni caso, devono essere fortemente collegate a quanto osservato e compreso del fenomeno, e anche laddove rappresentino dei suggerimenti di buon senso, dovrebbero sempre avere la consistenza euristica della proposta vincolata all’analisi. E, pertanto, possono produrre, se ben sviluppate, probabili cambiamenti migliorativi. Sostenibilità delle proposte – Ogni proposta di attivazione suggerita, oltre ad essere collegata a quanto emerge in fase di analisi, deve avere caratteristiche di sostenibilità. Può, cioè, essere implementata a partire dalle possibilità strutturali, umane ed economiche degli attori che verranno coinvolti, utilizzando risorse integrative esterne vincolate a fondi pubblici dedicati. Attivazione del continuum visione-azione – La ricerca-azione, come metodologia e “strumento” ha una sua trasversalità che può essere giocata sia in senso diacronico (quando si attiva un’indagine dopo avere sviluppato un progetto, o per capire da quali domande sociali partire per costruirne uno), che sincronico. In questo caso, parliamo più complessivamente di atteggiamento euristico-partecipativo da parte di tutti gli attori deputati a sviluppare – con una logica di governance multilivello – la filiera: visione, strategie, politiche, piani, programmi, progetti, azioni, valutazione. Comunicazione sociale – Il lavoro di restituzione, comunicazione e informazione è fondamentale in un processo di ricerca-azione. Oggi avere accesso a informazioni strategiche vuol dire definire il proprio peso individuale, gruppale od organizzativo in sistemi complessi. Ma vuol dire soprattutto avere la possibilità di essere un protagonista attivo nel per-

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Introduzione metodologica

corso di co-programmazione e co-progettazione. Gli attori da coinvolgere, anche a partire dall’esperienza specifica sviluppata, dovranno essere stimolati in maniera permanente dal punto di vista comunicativo, per rimanere soggetti aggiornati e pronti a orientare suggerimenti, risposte e proposte. Alla fine del lavoro di elaborazione e interpretazione dei dati, un’Appendice opportunamente costruita riporta indicazioni e strumenti principali riguardanti il disegno di ricerca complessivo e gli strumenti principali.

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1. La partecipazione giovanile: definizioni possibili dell’oggetto di indagine di Laura Giacomello

Decidere di indagare la partecipazione giovanile può sembrare pretenzioso. In primis la difficoltà discende dall’indefinitezza, o meglio, dalla pluralità di definizioni possibili per entrambi i concetti richiamati dal tema di indagine: partecipazione e giovani. Cosa si deve intendere per partecipazione? Chi sono i giovani? Si tratta di due concetti fluidi, che, a seconda delle prospettive adottate, possono raccogliere in sé una pluralità di significati. Da un punto di vista sociologico piuttosto che arrendersi di fronte alla complessità dell’oggetto è dunque il caso di riconoscerne la fluidità e la mutevolezza come dati imprescindibili di partenza. Dunque, lungi dal cercare risposte esaustive alle domande poste poc’anzi, questo capitolo iniziale intende offrire degli spunti di riflessione dai quali partire per mettere in chiaro quelle che sono state le assunzioni teoriche alla base della ricerca prodotta, attraverso un excursus all’interno dei molteplici studi realizzati nell’ambito delle scienze sociali, che si sono cimentati con questi temi.

1.1. I giovani Gioventù: tra biologia e cultura Partiamo dunque da quello che sembra essere il concetto meno semanticamente ambiguo, che definisce l’oggetto di indagine: la categoria dei

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Quando i giovani partecipano

giovani. Siamo davvero di fronte ad un concetto esplicito? Il termine giovinezza fa riferimento ad un intervallo nel percorso di crescita biologica degli individui, ad una classe di età, come direbbero i sociologi. Tuttavia prendendo in considerazione il senso comune, la letteratura scientifica in materia, ma anche la legislazione vigente, è possibile notare come non vi sia una delimitazione chiara dei confini anagrafici entro i quali vadano collocati i “giovani”. Si tende piuttosto a dare per scontato chi sia giovane, o a mutare l’ampiezza della categoria a seconda dell’ambito del discorso. Inoltre, volendo analizzare processi e dinamiche di natura sociale non è possibile far riferimento semplicemente a categorie di tipo biologico (l’età anagrafica), ma è necessario includere nell’analisi riferimenti alla maturazione psico-sociale dell’individuo, ed ai ruoli che questi può (o deve) assumere a livello sociale. Bisogna quindi prendere in considerazione il modo in cui viene concepito nelle diverse società e nelle diverse epoche storiche il corso della vita individuale. Comprendere cosa include il concetto di gioventù implica dunque un duplice riferimento: da un lato alla natura e alla biologia, dall’altro alla cultura ed alla società, prestando attenzione, in particolare alle aspettative che quest’ultima nutre nei confronti dell’individuo nelle diverse fasi della sua crescita. Ogni società regola infatti la propria organizzazione attraverso norme esplicite o implicite che assegnano agli individui, in base all’appartenenza a specifiche classi di età, diritti e doveri, accesso ad alcune risorse, possibilità/ obbligo di partecipare alle attività di determinate istituzioni, aspettative di comportamento. Un esempio in questo senso sono gli obblighi scolastici o di leva. “L’età costituisce dunque un importante punto di riferimento per studiare l’organizzazione delle società, in quanto è un elemento cruciale nella stratificazione delle funzioni e delle aspettative, ma è anche un criterio di allocazione e distribuzione dei ruoli tra gli individui”1. La giovinezza, definibile come età di confine tra l’infanzia e l’età adulta, non rappresenta un intervallo di tempo stabile, è infatti possibile notare come i confini tra le diverse fasi del percorso di crescita siano soggetti a oscillazioni in base alle diverse epoche storiche, al genere, alla classe sociale di appartenenza, alle diverse società. Nelle società premoderne ad esempio il periodo della giovinezza durava l’intervallo di tempo 1 Merico M. (2004) p.13-14.

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Capitolo 1

necessario a compiere i riti di passaggio all’età adulta, dunque poteva esaurirsi in poche settimane2. Diversi storici tendono ad identificare l’avvento della società moderna come il momento a partire dal quale l’età giovanile si connota di significati specifici3. “Molti studiosi ritengono che questo ciclo della vita si sia evidenziato come autonomo e si sia allungato negli anni a partire dal XVIII secolo, rispondendo a norme sociali e a fattori psicologici, tanto che secondo loro si può parlare di vera e propria “invenzione” della gioventù dal Settecento a oggi. Essi ritengono che la struttura sociale divisa per clan e tribù in età premoderna abbia ridotto a un passaggio repentino la maturazione dall’infanzia all’età adulta, e che solo con l’affermarsi della famiglia nucleare nel Settecento si sia imposta l’età cerniera dell’adolescenza/gioventù”4. L’età moderna si caratterizza per delle grandi trasformazioni, che colpiscono diversi ambiti: l’innalzamento della produzione, grazie ai progressi della scienza e della tecnologia, fa si che migliorino le condizioni di vita, aumenti la popolazione, si riduca la mortalità infantile. Questi cambiamenti di carattere demografico si riflettono sui legami sociali che assumono nuove forme. In particolare viene meno il ruolo centrale della famiglia estesa, ed assume maggior centralità la famiglia nucleare; l’articolazione della società e la divisione del lavoro si fanno più complesse. Si rompe dunque quel modello di riproduzione della società basato sulla trasmissione di competenze di padre in figlio, e la gioventù diventa una fase della vita durante la quale gli individui vengono socializzati alle regole comuni e apprendono le competenze necessarie a lanciarsi nel mercato del lavoro. Inoltre l’istruzione, fino a questo momento risorsa esclusiva della sola aristocrazia, inizia a diffondersi a porzioni sempre più ampie della società. Il processo di apprendimento viene quindi delegato ad istituzioni apposite, che affiancano la famiglia, in precedenza protagonista assoluta dei processi di socializzazione. È in queste istituzioni che i giovani iniziano a vivere percorsi di socializzazione condivisi, omologando progressivamente i propri percorsi biografici e condividendo sempre di più con il gruppo di pari. La centralità che 2 Merico M. (2004). 3 Cfr. Aries P. (1960), Dogliani P.(2003) 4 Dogliani P. (2003) p.5

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quest’ultimo assume costituisce una delle maggiori novità che caratterizza la gioventù di età moderna rispetto a quella delle età precedenti. Il processo di autoriconoscimento con i propri coetanei rende i giovani una categoria a sé stante, e consente una produzione indipendente di forme culturali e stili di vita. I giovani non sono più semplicemente sottoposti all’autorità adulta, ma si riconoscono come una generazione a parte, con proprie esigenze, istanze e forme di espressione. L’avvento della modernità e la crescente complessità sociale che questa comporta concorrono a determinare un’ulteriore rottura rispetto al passato: come accennato in precedenza, infatti, si interrompe il ciclo di riproduzione sociale che vedeva il figlio seguire le orme del padre. Il passaggio da un ruolo infantile ad uno adulto, determinato in età premoderna dalle appartenenze sociali, dal mestiere dei padri e dei nonni, cede il passo ad una transizione più flessibile, in cui aumenta la possibilità per gli individui di incidere sul proprio destino. La gioventù, a partire dall’età moderna, inizia dunque a diventare una fase di vita caratterizzata da indeterminatezza e flessibilità: giovane è colui che può ancora scegliere quale percorso intraprendere, che direzione dare alla propria vita. A questo proposito possiamo parlare di una età sociale, ossia far riferimento alla posizione che gli individui occupano nella rete di relazioni che li definisce socialmente. Bourdie in merito a questo specifico aspetto sottolinea come “L’invecchiamento sociale si misura dai cambiamenti di posizione nella struttura sociale, che restringono irreversibilmente il ventaglio delle possibilità inizialmente compatibili”5. L’invecchiamento sociale consiste dunque in un progressivo restringimento delle possibilità dell’individuo, viceversa la giovinezza sociale implica l’apertura ad un ventaglio di possibilità potenzialmente infinite. È chiaro che a determinare le possibilità realmente concretizzabili dall’individuo concorrano fattori e variabili di ordine prettamente strutturale. Da ciò discende che le diverse posizioni nella “scala” sociale abbiano dei riverberi nella possibilità di essere più o meno giovani da un punto di vista sociale. Giovani e scienze sociali Anche le scienze sociali, come del resto le molteplici manifestazioni e 5 Bourdie P. (1975) in D’Eramo M. (1978).

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concretizzazioni dell’azione e del pensiero umani, subiscono l’influenza di specifiche variabili storiche e sociali. È innegabile in questo senso che la sociologia si sia posta, in molti casi, come strumento di conoscenza volto a trovare risposte per le problematiche più rilevanti nei diversi periodi e contesti sociali. Anche lo studio delle giovani generazioni ha seguito questo processo: i giovani sono divenuti oggetto di analisi e studio nel momento in cui hanno messo in atto comportamenti che sfuggivano al controllo sociale, o perché protagonisti di episodi di devianza, o perché latori di istanze innovative raccolte con difficoltà dalle istituzioni e dalla società nel suo complesso. In quest’ottica vanno inquadrati molti degli approcci alla “questione giovanile” adottati dalle scienze sociali. Uno dei primi esempi, in questo senso, ci viene offerto dagli studi realizzati dalla Scuola di Chicago. Nella Chicago degli anni ’20 dello scorso secolo, investita da ingenti flussi migratori e soggetta, di conseguenza, ad un imponente sviluppo urbanistico, si assiste all’emergere di una serie di fenomeni di devianza e disorganizzazione sociale. Gli studiosi del Dipartimento di Antropologia e Sociologia dell’università di Chicago affrontano lo studio di tali fenomeni cercando di comprendere i legami esistenti tra comportamenti devianti e dimensione urbana, secondo un approccio definito di “ecologia umana”. “La responsabilità dell’aumento del vizio e della criminalità nelle grandi città risiede, con ogni probabilità, nella rottura dei legami locali e nell’indebolimento dei freni e delle inibizioni del gruppo primario sotto l’influsso dell’ambiente urbano”6. Gli studi della Scuola di Chicago si interessano dunque soltanto ad una porzione del mondo giovanile, quella per l’appunto legata a comportamenti devianti: i vagabondi, le ballerine dei locali da ballo, i giovani delle bande. È assai interessante in quest’ottica la lettura che Thomas7 fornisce del comportamento delle flapper, ballerine dei locali notturni. Le loro azioni, lungi dall’essere il semplice prodotto di attitudini personali, vengono interpretate come la reazione al presentarsi di nuovi desideri (il consumismo, una maggior libertà di comportamento) ed al contemporaneo permanere di un ordine sociale stabile che ancora non ha saputo incorporare queste novità, rendendo possibile l’accesso a tali desideri in 6 Park R. (1915) in Rauty R. (1999). 7 Thomas W.I. (1923).

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modo lecito. Dunque, il comportamento deviante messo in atto è allo stesso tempo una premessa per l’innovazione dei costumi, ma anche una risposta ai valori che la società stessa tende a presentare sotto forma di comunicazione pubblicitaria e incitazioni al consumo vistoso. Si mette dunque in luce, partendo da questa prospettiva, quanto le giovani generazioni possano rappresentare le antenne più sensibili per captare i mutamenti culturali, a dispetto del faticoso e tardivo adeguamento di società ed istituzioni. È proprio questa attitudine giovanile che porta un approccio quale quello struttural-funzionalista a dare, in un primo momento, una lettura dei comportamenti giovanili in termini di devianza. Tale paradigma ritiene prioritario per la sopravvivenza del sistema sociale il mantenimento della stabilità e dell’integrazione. In quest’ottica gli individui sono chiamati a compiere le proprie azioni in accordo con il ruolo ad essi assegnato dalla società, a rispettare cioè le aspettative in essi riposte. Nel secondo dopoguerra, periodo nel quale si afferma lo strutturalfunzionalismo, la società americana è in trasformazione. In particolar modo la centralità assunta dai college nell’educazione dei ragazzi e il conseguente distacco dal nucleo familiare facilitano l’allontanamento dai valori tradizionali. I giovani iniziano a far riferimento ad una sfera valoriale distinta da quella proposta dagli adulti: il divertimento, la seduzione, l’aspetto estetico, acquistano maggiore importanza e vengono contestati i tradizionali ruoli di genere, che vedevano l’uomo impegnato professionalmente e la donna relegata nell’ambito domestico, come moglie e madre. Lo iato tra cultura giovanile e adulta, porta Parsons8, ad una lettura in termini negativi dei comportamenti delle giovani generazioni, interpretati come forme di irresponsabilità, poiché antitetici rispetto alle aspettative di ruolo e forieri di instabilità sociale. Approfondendo l’analisi lo studioso coglie però i livelli di crescente complessità che i giovani devono fronteggiare: la varietà di possibilità tra cui scegliere, la discrepanza tra valori particolaristici proposti in ambito familiare e quelli universalistici proposti dalla società. Le competenze richieste ai giovani per raggiungere una piena autonomia sono dunque molto più elevate rispetto al passato. Sulla base di queste considerazioni Parsons approda ad una lettura 8 Parsons T. (1951).

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più “morbida” dei comportamenti giovanili, rivalutando la funzione del gruppo dei pari. Quest’ultimo infatti consente, secondo l’autore, un’integrazione graduale dell’individuo nel più complesso sistema sociale. Il gruppo rappresenta una sorta di cuscinetto che attutisce l’impatto e permette al giovane un’integrazione meno traumatica. Per altro l’autore ritiene che con il procedere del processo integrativo, e l’assunzione da parte del giovane di un ruolo adulto, questi si allontanerà dalla cultura giovanile per inserirsi pienamente nel sistema. Va dunque riconosciuto a Parsons il merito di aver messo in rilievo una tematica che continua a rivestire una grande importanza nell’ambito della ricerca, o dell’intervento, sui giovani: il gruppo dei pari. Le funzioni che quest’ultimo assolve, in termini di mediazione e/o controllo, restano di grande interesse ed hanno portato ad ideare approcci di intervento quali ad esempio l’educazione alla pari. Altri orientamenti hanno evidenziato il potenziale di innovazione di cui sono latori i giovani. Interessante a tal proposito l’analisi di Mannheim9. Secondo l’autore la fase giovanile è quella in cui l’individuo è più sensibile agli stimoli esterni. La gioventù è il momento in cui si entra nella vita pubblica e le esperienze vissute in questa fase costituiranno un costante punto di riferimento per la valutazione ed il confronto di quelle a venire. Gli avvenimenti e i cambiamenti non sono fronteggiati nello stesso modo da giovani e adulti: i primi hanno in sé una forza di trasformazione, dovuta alla mancanza di esperienze sedimentate sulla base delle quali affrontare il presente. Sono dunque portatori di nuovi atteggiamenti, valori, forme culturali e sono in grado di superare istituzioni e norme di comportamento che non sono più necessari. In altre parole i giovani non considerano l’ordine sociale come un dato di fatto, ma come una realtà da scoprire e proprio per questo sono pronti, più degli adulti, a coglierne con spontaneità anche gli aspetti innovativi. Perché la potenzialità innovativa che i giovani rappresentano si trasformi in atto è necessario però che la società ne favorisca la mobilitazione, e dunque che essa sia dinamica piuttosto che statica. “L’utilizzazione delle risorse insite nella giovinezza richiede un investimento particolare da parte della società, la quale deve consentire forme specifiche di espressione dei sentimenti, delle emozioni e dei pensieri

9 Mannheim K. (1927).

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giovanili in movimento”10. I movimenti di cui sono stati protagonisti i giovani negli anni ’60 sono stati sicuramente un grande spunto di riflessione per le scienze sociali e diversi sono gli studiosi che hanno individuato nella componente giovanile della società un potenziale di innovazione e di rottura rispetto al sistema dominante11. Citiamo come esempio la sociologia radical americana, che, partendo da una profonda critica del sistema capitalistico, ha analizzato le proteste giovanili studentesche portate avanti negli Stati Uniti. I giovani rappresentano per gli studiosi appartenenti a questo approccio teorico, dei soggetti idonei ad innovare e trasformare l’ordine sociale, perché vivono la costrizione di un sistema che non lascia margini di libertà alla loro espressione. La sociologia radical tende ad identificare nella categoria “giovani” non solo una coorte di individui nati nello stesso periodo, bensì dei soggetti che condividono una cultura e dei valori, distinti da quelli degli adulti. Ed è proprio a questi aspetti culturali, che viene indirizzata l’analisi, in particolare alle culture “alternative” quale quella degli hippy. Secondo Goodman12, uno dei teorici appartenenti a questa corrente sociologica, i giovani figli dei fiori, ricercando forme alternative di convivenza (come le comuni) e realizzando produzioni culturali autonome, esprimono una critica al sistema. Il limite delle loro azioni, va però ricercato nella loro immaturità politica che non consente di proporre dei cambiamenti radicali della società nel suo complesso e finisce per farli chiudere in enclave dissidenti, ma inoffensive. Dunque nonostante la difficoltà nel realizzare una trasformazione radicale del sistema va riconosciuta ai giovani la capacità, a differenza di altri soggetti sociali, di distaccarsi dalle espressioni culturali dominanti ed immaginare alternative possibili. Lo sguardo della sociologia sui giovani italiani Anche in Italia i movimenti giovanili hanno attratto l’interesse della sociologia. In questo ambito si è però registrato un certo ritardo nel nostro paese, sia per le difficoltà incontrate dalla sociologia nell’ottenere un riconoscimento ufficiale e accademico come scienza, sia per le specifi10 Merico M. (2004) p. 45. 11 Mills C.W. (1958), Roszak T.(1968), Rowntree J. -Rowntree M.(1968). 12 Goodman P. (1956).

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cità della storia nazionale. Infatti, sebbene diverse siano le associazioni giovanili nate all’inizio del ’900, il loro potenziale innovativo e le loro attività sono stati sottoposti al vaglio del fascismo che ha istituito organizzazioni ad hoc per i giovani con l’obiettivo di reprimere il dissenso e assicurare fedeltà al regime. Tali azioni hanno osteggiato l’emergere dei giovani come attori sociali autonomi. Inoltre è soltanto con il boom economico che in Italia si creano quelle premesse sociali, economiche e politiche che consentono di parlare dei giovani, come una generazione che si riconosce in una serie di valori comuni. È in questo periodo, infatti, che il forte sviluppo economico trasforma l’assetto del paese, portando con sé crescita demografica, forte urbanizzazione, consistenti movimenti migratori interni (dal sud al nord), innalzamento dei tassi di scolarizzazione, mutamento dei valori. È in questo clima che i giovani iniziano ad assumere maggiore centralità. Sono infatti le giovani generazioni quelle che per prime testimoniano il cambiamento, trovandosi a vivere condizioni di esistenza profondamente diverse da quelle sperimentate dai propri genitori. È a questa generazione che Piccone Stella13 si rivolge con l’appellativo di “prima generazione”. La diffusione della motorizzazione (ad es. Vespa e Lambretta), la comparsa della televisione nelle case, nonché di strumenti per il loisir come il juke-box o il flipper contribuiscono alla costruzione di una cultura quotidiana caratterizzata da stili musicali, abbigliamento e nuove forme di socialità. Ed i giovani di questi anni ne sono i primi, veri, protagonisti. Un ruolo di primo piano per l’elaborazione della cultura giovanile di questi anni, è ricoperto proprio dalla mobilità portata dai nuovi mezzi di trasporto, che consente la costruzione di spazi autonomi di libertà, sconosciuti alle generazioni precedenti. Ma il boom economico ha anche il suo lato oscuro: l’esodo massiccio dalle campagne verso le città, alla ricerca di occupazione, genera anche fenomeni di devianza che coinvolgono in primis giovani e giovanissimi, come le “bande”. Queste ultime rappresentano uno spazio in cui si attua una socializzazione tanto ai valori delle classi subalterne, quanto ai messaggi edonistici della cultura dominante, attraverso il furto di beni desiderati, ma non ottenibili con mezzi leciti. Gli studi realizzati in questo periodo riflettono l’ambivalenza dei fenome13 Piccone Stella S. (1993).

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ni in atto: da un lato la condivisione, anche da parte giovanile, dei valori tradizionali della società italiana, dall’altra l’emergere di contraddizioni e conflitti. Così alcune ricerche14 sottolineano come la generazione di fine anni ’50 sia chiusa nell’accettazione della realtà circostante, senza ambizioni e con obiettivi prudenti, o mettono in evidenza la continuità tra giovani e adulti. In questa direzione va ad esempio la storica ricerca di Alfassio, Grimaldi e Bertoni che nel ’63 parlano dei giovani italiani come “giovani dalle 3 M”: Mestiere, moglie/marito, macchina. Altre ricerche sociologiche15 invece si focalizzano sullo studio della delinquenza e delle diverse forme di devianza che vedono i giovani come protagonisti, e sugli elementi di conflittualità sociale che per il momento sembrano colpire soprattutto l’ambito familiare: il gap generazionale tra genitori e figli, la difficoltà di comunicazione tra mondo adulto e giovanile. Nonostante le differenti chiavi di lettura, appare chiaro agli analisti del mondo sociale che sia ormai in moto un processo che vede emergere il quotidiano come spazio di autonomia e di libertà per i giovani. Alla fine del decennio le espressioni giovanili conquisteranno anche il campo politico e culturale, marcando ancor più nettamente la separazione del mondo giovanile dalla più ampia società. Sul piano culturale va segnalato il diffondersi anche in Italia a metà degli anni ‘60 della cultura Beat, che si afferma come vera e propria controcultura foriera di stili di vita e valori in antitesi con quelli dominanti. Ma è il movimento del ’68 a far emergere con prepotenza la “questione giovanile” in Italia. La partecipazione politica diventa il punto d’incontro per i giovani del ’68 che, all’interno delle università occupate, sperimentano nuove forme di socialità caratterizzate da grande creatività, componente essenziale della coscienza antiautoritaria che si va formando16. I giovani veicolano la propria visione del mondo attraverso differenti produzioni culturali: musica, riviste, cinema, radio, giornali, e rivendicano con nuova consapevolezza spazi propri. Si acuisce in questi anni il conflitto per la ridefinizione dei rapporti sociali, in ambito scolastico, familiare, politico ed economico. 14 Baglioni G. (1962). 15 Guidicini (1964), Pizzorno A. (1960). 16 Rusconi (1969).

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I giovani iniziano ad essere percepiti, anche dalle scienze sociali17, come una categoria sociale a sé, omogenea al proprio interno e ben distinta dal mondo adulto. I loro movimenti manifestano appieno la necessità di ripensare l’ordine sociale, di creare delle alternative, di modificare gli assetti, di lasciare maggiori margini di libertà all’azione individuale e collettiva. La frattura che si crea nella società, sebbene potenzialmente rischiosa, viene percepita dalla sociologia per la sua carica innovativa e per l’apporto che può dare al processo di modernizzazione del paese. D’altronde i giovani esprimono e fanno proprie istanze che nascono dai crescenti mutamenti in ambito culturale e sociale, che la società nel suo complesso non ha ancora recepito pienamente. Non a caso la generazione protagonista delle contestazioni studentesche di questi anni diventerà il punto di riferimento ed il metro di paragone per chiunque decida di affrontare l’argomento “giovani” in futuro. I fermenti sociali di questo periodo rendono il terreno propizio per indagini sociali che prendano in considerazione i movimenti giovanili. Uno stimolo alla ricerca viene anche dalle Istituzioni che cercano strumenti adeguati per comprendere quanto sta avvenendo. Le numerose ricerche di questi anni seguono diverse direzioni: da un lato si approfondiscono fenomeni di devianza, come il consumo di sostanze stupefacenti, dall’altro il rapporto con la politica, infine si conducono indagini campionarie di più ampio respiro tematico. Dopo il ’77 si assiste ad un periodo di graduale rientro nella “normalità” e nel privato. Sono gli anni che vengono definiti del “riflusso”, condizionati dal clima che segue l’acuirsi del conflitto sociale, che ha raggiunto il suo apice violento nell’omicidio Moro. I giovani vengono ritratti dalle scienze sociali in netto contrasto con la generazione che li ha preceduti: ripiegati sul privato e sulla famiglia, chiusi nelle proprie cerchie amicali, distanti dalla politica. Fioccano definizioni che marcano le distanze dagli anni delle contestazioni: “generazione del quotidiano”18, “generazione degli sprecati”19. Ma c’è anche chi propone una lettura diversa dei nuovi atteggiamenti giovanili. Da questo punto di vista particolarmente efficace è la ricerca di Ricolfi e Sciolla20, che critica la teoria del riflusso evidenziando l’espandersi della

17 Ardigò A.(1966), Livolsi (1967). 18 Garelli F. (1984). 19 Pistolini S. (1996). 20 Ricolfi-Sciolla (1980).

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politica nel quotidiano. La partecipazione non si esaurisce più nella lotta politica condotta secondo strategie collettive e comunitarie ma passa anche per il “personale” e cioè nell’espressione di un orientamento pragmatico verso il sociale, attraverso il volontariato o l’associazionismo. La politicizzazione del quotidiano consente ai giovani, secondo gli autori, una maggior libertà di espressione e coerenza, e permette di affrontare l’iniquità delle relazioni di potere nella realtà di tutti giorni. Il cambiamento verificatosi negli stili di vita giovanili rinvigorisce l’attenzione delle scienze sociali, portando al moltiplicarsi degli studi sull’argomento. Le scienze sociali, messe in difficoltà da una popolazione giovanile sempre più sfuggente, abbandonano l’idea di fornirne una descrizione univoca. La riflessione teorica che ne consegue amplia sensibilmente lo spettro degli ambiti presi in considerazione. Gli studi sui giovani iniziano dunque ad analizzare non solo il vissuto giovanile in relazione a tematiche quali devianza, scuola, politica, lavoro, disoccupazione, ma anche le esperienze legate a tempo libero, divertimento, consumi culturali, musica, sessualità, associazionismo, orientamenti religiosi, relazioni, sport e salute. La ricerca sulla condizione giovanile diventa quindi una ricerca a tutto tondo, che tenta di restituire la molteplicità dei percorsi di crescita e sperimentazione di cui i giovani sono protagonisti, in una realtà sempre più complessa21. Giovani e globalizzazione: tra eclissi e dilatazione della condizione giovanile L’era attuale, variamente definita come tardo moderna, post moderna, o della globalizzazione, si trova a fare i conti con profondi e rapidi mutamenti, che investono l’ambito economico, quanto quello sociale. Il moltiplicarsi dei progressi tecnologici ed il diffondersi delle tecnologie ICT ha portato ad un intensificarsi dei flussi informativi e ha reso possibile comunicazioni sempre più rapide tra luoghi anche geograficamente molto distanti, a costi irrisori. La produzione industriale ha perso il suo primato nell’economia mondiale, a favore del settore dei servizi e delle informazioni. Tali processi si ripercuotono ovviamente sulla struttura della società e sui ruoli che gli individui sono chiamati a ricoprire al suo interno. Per quel che riguarda i giovani diverse sono le trasformazioni che li toccano 21 Una spinta ulteriore in questa direzione viene data dall’Istituto IARD, che, a partire dal 1983, conduce indagini periodiche focalizzate sui molteplici aspetti della vita giovanile in Italia.

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da vicino, in primis quelle legate all’ingresso nel mercato del lavoro. Infatti, la necessità di produrre beni ad elevato contenuto tecnologico ha portato con sè una crescente automazione dei processi produttivi e di conseguenza una minore occupazione in questi ambiti. I lavoratori sono chiamati ad avere competenze specialistiche sempre più elevate ed una disponibilità ad essere “flessibili”. Nelle società occidentali si assiste ad un’estensione dei percorsi formativi e ad una permanenza prolungata nei nuclei familiari di origine. Dunque quelli che venivano considerati passaggi fondamentali per segnare la transizione verso l’età adulta (completamento dell’iter formativo, acquisizione di un’autonomia lavorativa, fine della coabitazione con la famiglia d’origine, avvio di una vita di coppia stabile) subiscono un forte slittamento temporale. A ciò si aggiunge la presenza sempre maggiore di studenti-lavoratori, che pur essendo ancora inseriti in percorsi formativi lavorano, con forme di impiego quasi sempre irregolari. La situazione che si è venuta a creare comporta una varietà di condizioni giovanili, spesso determinate da fattori meramente strutturali, che consentono agli individui di accedere o meno alle risorse realmente rilevanti e di posizionarsi alla periferia o al centro del nuovo sistema globale. Certo è che i giovani sono quelli che con maggior destrezza riescono a padroneggiare le tecnologie mediatiche ed è proprio attraverso queste, che si configurano al giorno d’oggi nuove modalità di partecipazione e di attivazione da parte di questa fascia della popolazione D’altronde il dilatarsi dei tempi di transizione tra età giovanile ed età adulta, può anche essere letta come una strategia razionale: di fronte alla complessità sociale, i soggetti hanno bisogno di sperimentarsi, di provare esperienze. Acquisita la consapevolezza del rischio insito in ogni scelta definitiva, si prolunga il periodo nel quale mantenere maggiori margini di libertà, procrastinando l’assunzione delle responsabilità familiari. “…la giovinezza prolungata diviene un periodo di prove ed errori, organizzato sulla base di un ‘modello della sperimentazione’: ogni individuo costruisce la propria posizione nella società non più in funzione di quella dei propri genitori, ma assemblando gli elementi appresi da un numero sempre più ampio di agenzie di socializzazione, in un processo il cui obiettivo è giungere a un compromesso tra le aspettative personali e quelle degli altri attori istituzionali”22. 22 Merico M.(2004) p. 88.

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Non a caso le stesse scienze sociali si sono trovate ad ampliare progressivamente l’intervallo di età all’interno del quale collocare la categoria dei giovani, spostandone il limite superiore in avanti. I dibattiti più recenti hanno persino portato alla costituzione di una nuova categoria sociologica, quella dei giovani-adulti. Un ossimoro, se si vuole, che ritraduce in termini i mutamenti in atto. D’altro canto va rilevato, come la società attuale richieda flessibilità e formazione costante non solo ai giovani, ma al complesso dei suoi appartenenti. Dunque quella condizione di indeterminatezza, ritenuta un tempo caratteristica della fase giovanile della vita, assurge oggi a condizione trasversale alle diverse fasce di età. “Una delle vittime più vistose di questa grande trasformazione è sicuramente la “giovinezza”. La nuova cultura del lavoro abolisce la segmentazione dell’esistenza in fasi definite, la tradizionale articolazione temporale della biografia pubblica e privata in relazione al tempo di lavoro (infanzia, educazione, lavoro e costituzione della famiglia indipendente, riposo). Oggi, la formazione al lavoro dura tutta la vita ed è soggetta in ogni momento alle vicissitudini dell’uscita dal lavoro. Il “tempo biografico del lavoro” tende ad occupare tutta l’esistenza ma come condizione virtuale ed incerta”23. Dunque siamo di fronte ad una duplice prospettiva: da un lato potremmo affermare che la fase giovanile abbia subito un’estensione, dall’altro che questa sia totalmente scomparsa, perdendo le caratteristiche che la distinguevano da altri momenti del percorso biografico.

1.2 Il concetto di partecipazione: alcuni spunti per un’analisi Le dimensioni della partecipazione Se, come abbiamo visto, risulta difficile definire nettamente lo spazio concettuale all’interno del quale collocare la “giovinezza”, il processo di definizione del concetto “partecipazione” risulta altrettanto arduo. I grandi cambiamenti che hanno investito la società “globale” fanno sentire il proprio peso anche in questo ambito, rendendo riduttivo ricondurre questo termine alle definizioni passate, incentrate sulle grandi appartenenze (di ceto o di classe, religiose, partitiche etc.) e su quelle che sono

23 Dal Lago A. – Molinari A. (2001) p. 17.

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state definite metanarrazioni24: le “grandi narrazioni” relative al progresso umano, alla ragione, all’emancipazione sociale, progetti utopici che fornivano una chiave di lettura per la realtà sociale nel suo complesso. La post-modernità ha infatti stravolto il sistema dei valori25 ed eroso la fiducia riposta dai cittadini nelle istituzioni che in precedenza regolavano la sfera pubblica e privata. Si è venuta a creare una situazione di generale incertezza per l’individuo, soggetto ad una pluralità di stimoli senza alcun ancoraggio al quale far riferimento nel momento in cui si trovi a prendere delle scelte26. Il disincanto riguarda tanto la sfera politica che quella religiosa e sociale e porta a delineare quello che possiamo definire un processo di “individualizzazione” della società, che riassume il convergere di tre principali forme di mutamento: “a) l’emancipazione del singolo individuo dalle istituzioni e dalle situazioni di dominio tipiche della società tradizionale; b) lo sviluppo di un atteggiamento disincantato verso le credenze tradizionali, in campo religioso come in campo politico e, infine c) la formazione di un diverso tipo di legame sociale incentrato sull’individuo-soggetto, inteso quale unico legittimo attore e destinatario dei processi sociali”27. Questi cambiamenti, iniziati con il processo di modernizzazione e giunti al loro apice nella post-modernità, lasciano ai singoli un margine di libertà e di autonomia nettamente superiore a quello delle epoche precedenti, ma li espongono specularmente a rischi soggettivi elevati28. In assenza di riferimenti esterni stabili e di percorsi biografici prestabiliti dalla tradizione, o imposti dal sistema sociale, gli individui assumono infatti in prima persona l’onere delle proprie scelte, ricercando affannosamente un senso per il proprio agire. Le biografie individuali si articolano tessendo, come in un patchwork, le sfere sociali distinte a cui l’individuo partecipa ma non appartiene mai totalmente. La possibilità e la capacità dei singoli di attraversare le diverse sfere, senza restarne intrappolati, sembra infatti essere la reale forza dell’individuo post-moderno. È la flessibilità che gli consente di viaggiare liberamente in un mondo in trasformazione che richiede a tutti grandi capacità di adattamento. In un contesto così connotato, poco spazio resta per le tradizionali for24 Lyotard J. (1981). 25 Inglehart R. (1998). 26 Beck U.(2000) 27 Caniglia E. (2002). 28 Beck U. (2000).

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me di partecipazione, si assiste dunque allo sviluppo di nuovi modi per prender parte alla vita pubblica, caratterizzati da maggior flessibilità e da legami deboli29. Comprendere quali modalità di azione collettiva vadano racchiuse sotto il termine partecipazione richiede però un passaggio preliminare, che chiarisca quali siano le dimensioni che questo concetto richiama. Parlare di partecipazione implica innanzitutto un riferimento alla dimensione del “prender parte”: ad azioni, processi, atti che riguardano la collettività, dunque fa riferimento all’azione concreta e manifesta. D’altro canto partecipare vuol dire anche “far parte”: di un’associazione, di un gruppo, di una collettività, dunque vivere un sentimento di appartenenza. Questa seconda dimensione chiama in causa un processo identitario, che coinvolge l’ambito più personale e psico-sociale degli orientamenti cognitivi, affettivi, e valoriali. Questo aspetto è particolarmente rilevante per la partecipazione giovanile. La gioventù è infatti il momento della crescita individuale nel quale si costruisce l’identità sociale e politica30 dell’individuo. L’adesione ad un gruppo, il riconoscimento nei valori da questo proposti, concorrono a formare e definire l’identità del soggetto che partecipa, a chiarire i confini tra il sé ed il non sé, attraverso il riconoscimento in un’identità collettiva. D’altronde il sentimento di appartenenza, nel clima di incertezza e fluidità, che caratterizza l’era globale sembra essere vissuto in maniera ambigua: da un lato riconoscersi in una realtà collettiva risponde alla necessità di creare nuovi ancoraggi, nuove sicurezze, seppur temporanee e di trovare dei riferimenti esterni, non autoreferenziali ed ego centrati, dai quali trarre senso per il proprio agire. Contemporaneamente il soggetto deve trovare il giusto equilibrio, che gli consenta di appartenere, senza per questo essere legato: la trama dei legami deve essere larga e consentire il movimento tra le diverse cerchie cui l’individuo fa riferimento. Non va inoltre tralasciata la componente emotiva, che accompagna la partecipazione: la condivisione di vissuti esperienziali forti appare infatti come un momento significativo dei processi partecipativi. La condivisione di vissuti emotivamente forti, contribuisce in modo rilevante a rinvigorire il senso di appartenenza nei confronti del gruppo, costruendo un background comune di esperienze che divengono poi memoria collettiva del gruppo e ne rinforzano l’identità. D’altronde diversi autori mettono 29 Granovetter (1973) 30 Oppo A. (a cura di) (1980)

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in luce il peso che l’esperienza emotiva ha assunto nella cultura attuale31, anche in ambito politico e pubblico, portando in casi estremi alla “spettacolarizzazione” delle emozioni. Si pensi a tal proposito al modo in cui la politica finisca per utilizzare strumentalmente tematiche dal forte risvolto emotivo per portare avanti battaglie gridate, più che dibattiti dai toni moderati. Un ulteriore aspetto della partecipazione, da prendere in considerazione ai fini dell’analisi, è la sua valenza espressiva, ossia il fatto che partecipare sia una modalità attraverso la quale esprimere sé stessi, far sentire la propria voce. Valenza che si rende più esplicita nelle forme di partecipazione auto-organizzate, come ad esempio i gruppi informali, all’interno dei quali risulta maggiore la possibilità di far valere competenze, capacità e proposte del singolo e dunque di arricchire con il proprio contributo l’esperienza collettiva. “Questa valenza, benché mai del tutto scissa da quella strumentale, è particolarmente pregnante nella partecipazione giovanile, anche solo per l’ovvio motivo che il mondo è governato da adulti. Prima di ogni richiesta specifica, infatti, essa vuole affermare l’esistenza di un mondo di domande, princìpi e valori che è proprio e diverso da quello degli adulti. È dunque importante che questa valenza venga riconosciuta per quello che è: una domanda di riconoscimento, di soggettività con la quale interloquire”32. Un altro elemento da analizzare riguarda la relazione che viene ad istaurarsi tra le azioni ed il contesto di intervento. Viene infatti evidenziato che un’azione, per essere definita partecipativa, debba incidere su un contesto. L’attenzione va cioè posta non solo sull’azione in sé, ma anche sugli obiettivi verso i quali tende. A questo proposito è utile richiamare la definizione che, in ambito sociologico, Gallino33 fornisce della partecipazione, distinguendone due accezioni, una forte ed una debole. Nel primo caso, con il termine si intende la possibilità di intervenire nei o sui centri di governo di una collettività, quindi un gruppo, un’associazione, un’organizzazione di cui si è membri. Implica, perciò la possibilità reale o l’atto concreto del concorrere a determinare, su un piano di relativa eguaglianza con gli altri membri, gli obiettivi principali della vita 31 Maffesoli M.(1997) 32 Gelli B.- Mannarini T. (2007) p. 10. 33 Gallino L.(2000).

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della collettività. Nel senso debole, partecipare vuole dire prendere parte in misura più o meno intensa e regolare alle attività caratteristiche di un gruppo, di un’associazione, sussista o meno per il soggetto la possibilità reale di intervenire efficacemente nelle o sulle decisioni di maggior rilievo. La partecipazione è quindi intesa come modalità di influire democraticamente nei processi decisionali per risolvere problemi o migliorare la qualità della vita. Negli ultimi anni a seguito della disaffezione nei confronti delle tradizionali forme di partecipazione e al moltiplicarsi di modalità non convenzionali di partecipazione alla vita collettiva si è assistito, nell’ambito delle scienze sociali al proliferare di definizioni, per lo più dicotomiche, che hanno tentato di circoscrivere il concetto, o di ricondurre ad esso i processi innovativi che si andavano diffondendo. Alcune di queste definizioni descrivono la partecipazione, in particolare quella di natura politica, come latente o manifesta, strumentale o simbolica34, convenzionale o non convenzionale35. Nell’ambito di questa ricerca la distinzione che è più utile approfondire è quella che riguarda forme convenzionali e non convenzionali di partecipazione. Le prime sono mediate da istituzioni o indirizzate a supportare organi istituzionali, come partiti o sindacati, le seconde comprendono invece modalità più innovative per prender parte alla vita pubblica, come i boicottaggi dei prodotti, le occupazioni, le manifestazioni di protesta, i blocchi. Si pensi ad esempio a tutte le azioni di protesta portate avanti dal movimento “no-global”, o alle campagne dal forte impatto mediatico di cui si avvalgono alcune delle più grandi ONG internazionali (Amnesty, Green Peace etc.). Quello della partecipazione non convenzionale è un tema di grande attualità, vista la sua crescente diffusione, in particolare tra i giovani. Per questo approfondiremo in seguito le caratteristiche che assume e le diverse specifiche modalità partecipative che hanno preso piede. Un elemento trasversale alle diverse forme di partecipazione che distinguerebbe quest’ultima da altre forme di azione collettiva su cui è stata richiamata l’attenzione36 è la volontarietà, ossia la possibilità di scegliere tra diversi corsi di azione. È chiaro che un atto, perché possa essere 34 Loera B.-Ferrero Camoletto R. (2004). 35 Millefiorini A.(2002). 36 Pellizzoni L.(2005), Raniolo (2002).

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Capitolo 1

riconosciuto come partecipazione, debba essere scelto dal soggetto e non frutto di costrizione, come nel caso di azioni che conseguono specifici obblighi lavorativi. La partecipazione richiede un’attivazione da parte del soggetto che decide liberamente quali siano le azioni, o i gruppi/ associazioni a cui prendere parte, sulla base dei propri orientamenti etico-valoriali, o sulla scia delle proprie reti amicali. La partecipazione può essere declinata sia in chiave sociale che politica. Nella presente ricerca abbiamo voluto considerare entrambi gli ambiti della partecipazione. Le motivazioni alla base di questa scelta sono diverse: da un lato, come vedremo, la partecipazione giovanile nell’attuale momento storico si sta indirizzando verso l’ambito sociale, come conseguenza della disaffezione nei confronti della politica, intesa soprattutto nelle sue dinamiche partitiche. Dall’altro, i cambiamenti in atto ed il presentarsi di forme non convenzionali di partecipazione rendono sempre più difficile scindere i due ambiti: per fare un esempio dove dovremmo collocare i movimenti no-global nell’ambito sociale o politico? D’altronde diversi studiosi37, in particolare nel campo di ricerca che prende in considerazione il “capitale sociale”, mettono in luce il legame che esiste tra le due forme di partecipazione alla vita collettiva e concordano nel rilevare quanto l’associazionismo e le forme che possono racchiudersi nel termine “cittadinanza attiva” contribuiscano ad una maggiore partecipazione dei cittadini alla vita politica. La partecipazione sociale, infatti, concorre a determinare una maggiore responsabilizzazione dei singoli e una maggiore consapevolezza dei problemi della collettività; inoltre, attraverso la costruzione di reti sociali è possibile sviluppare quei legami di fiducia fondamentali per il consolidarsi di una reale democrazia. Partecipazione: nuove forme e modalità di azione collettiva Chiarite le diverse caratteristiche che concorrono a definire un’azione come partecipativa, presentiamo una breve panoramica che restituisca la complessità dell’attuale quadro delle modalità di partecipazione. La tarda modernità ha comportato, come abbiamo visto, un distacco dalle forme di partecipazione tradizionale, in particolare da quelle strettamente intese come “politiche”, come ad esempio l’adesione a partiti o sindacati; parallelamente si è andato ampliando l’interesse per forme di partecipazione legate alla sfera sociale del vivere comune. 37 Putnam R. (1993), Wollebaek D. – Selle P. (2004) in Boccacin L. – Rossi G. (2004).

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Quando i giovani partecipano

“L’affermarsi dei valori propri di una cultura post-materialista, infatti, ha determinato un atteggiamento più critico verso il mondo politico, privo di accettazione condiscendente verso le autorità, e lo spostamento della partecipazione su un piano di natura sociale”38. Significativo in questo senso l’incremento dell’adesione giovanile alle realtà del volontariato. I giovani manifestano infatti a partire dagli anni ’80 il desiderio di condividere con altri e di esserci, senza riconoscersi in grandi ideali e in grandi aggregati, e la scelta del volontariato consente di raggiungere questi obiettivi coniugando il bisogno di autorealizzazione con il desiderio di fare qualcosa a favore della collettività39. La partecipazione si sposta verso organizzazioni meno strutturate, le preferenze dei ragazzi vanno ad associazioni locali, calate nei contesti territoriali piuttosto che verso le grandi associazioni a carattere nazionale. Due sono le motivazioni alla base di questa scelta: da un lato il rifiuto della rigidità organizzativa, dall’altro il desiderio di immergersi nei contesti locali. Per quel che riguarda il primo punto possiamo dire che la ricerca di una maggiore libertà di espressione e il rifiuto nei confronti delle strutture rigide sono tendenze ancora riscontrabili, che hanno profondamente modificato il mondo del terzo settore nel suo complesso, dando vita ad una pluralità di piccole associazioni e gruppi. Si tratta, anche in questo caso, di un riflesso dei più grandi mutamenti su scala sociale, che hanno riverberi nel campo delle scelte individuali: il processo di individualizzazione in atto, richiede al soggetto di essere “autentico”, di compiere scelte in autonomia, dimostrando a sé stesso ed agli altri chi è e cosa può fare. Non è più, o non solo, l’adesione al gruppo, la scelta solidaristica a contare, ma anche la possibilità di essere sé stessi, di realizzarsi. Per quel che riguarda i contesti locali, l’importanza da questi assunta nelle dinamiche partecipative è stata riscontrata da diverse ricerche40 e affonda le sue radici nella stessa globalizzazione. Non a caso c’è chi preferisce definire tale processo “glocalizzazione”41. Se è vero infatti che il mondo è sempre più globale, attraversato da flussi di informazioni, merci e persone, che i singoli Stati difficilmente riescono ad arginare, questi

38 Gelli-Mannarini (2007) p. 18 39 Caltabiano C. (2003). 40 Caltabiano C. (2003), Gelli B.-Mannarini T. (a cura di) (2007). 41 Robertson R. (1992), Bauman Z. (2005).

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Capitolo 1

processi comportano una reazione dei contesti locali. Il territorio e le comunità che in esso risiedono assumono una nuova centralità, poiché attutisticono l’impatto dei processi transnazionali. La globalizzazione ha due facce una locale, l’altra globale. I cambiamenti, oltre al tipo di organizzazione a cui si indirizza la partecipazione, investono anche il piano dell’appartenenza: in un mondo che richiede grande flessibilità, si assiste al rifiuto di appartenenze esclusive. Così nella maggior parte dei casi si configura una condizione di multi appartenenza, che vede l’individuo impegnato su più fronti e con diversi gradi di intensità. La contemporanea adesione a diverse realtà associative, e di conseguenza a diverse cerchie sociali, fornisce all’individuo maggiori risorse relazionali, capitale fondamentale per il dipanarsi del percorso biografico. È il disporre di informazioni e conoscenze, che consente all’individuo di avere maggiori possibilità di realizzazione, nell’ambito lavorativo come in quello personale. Inoltre, la parzialità dell’impegno consente di lasciare aperta la porta a nuove definizioni di sé, in un processo di costruzione dell’identità sociale e politica che sembra non giungere mai a conclusione. La mobilitazione giovanile, con il crollo delle ideologie, sceglie inoltre specifiche tematiche intorno alle quali attivarsi. Si profila un nuovo modo di partecipare definito da Norris42 come cause-oriented in cui sono temi carichi di significato, quali la guerra, il nucleare, la disuguaglianza tra nord e sud del mondo, a convogliare gli interessi, piuttosto che rivendicazioni di carattere generale o idee alternative del mondo. Oltre ad uno slittamento negli ambiti di partecipazione, dal politico al sociale, l’attuale momento storico vede il diffondersi di canali innovativi per manifestare il proprio interesse e veicolare le proprie proteste, caratterizzati da diversi elementi di novità. In alcuni casi la partecipazione diventa parte della quotidianità dei soggetti, calandosi nelle scelte che riguardano la vita di ogni giorno: cosa mangiare, quali prodotti comprare, dove. Si tratta di modalità di azione che prevedono l’introiezione di valori e che consentono al soggetto di attivarsi e dire la propria, attraverso una testimonianza modulata in maniera del tutto soggettiva, senza alcuna perdita di autonomia all’interno di una struttura organizzata. Ci riferiamo ad esempio ai boicottaggi dei prodotti, o alle scelte di consumo critico (acquisti dal mercato equo-solidale, acquisti effettuati tramite 42 Norris P. (2003).

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Quando i giovani partecipano

i GAS43), ma anche scelte che riguardano il risparmio energetico o il rispetto per l’ambiente. In altre forme di partecipazione assumono forte centralità le nuove tecnologie della comunicazione. Il web rappresenta senza dubbio uno strumento che ha radicalmente rivoluzionato la trasmissione di informazioni (rapidità, esiguità dei costi, flessibilità, fruibilità 24 ore su 24) e le giovani generazioni, socializzate fin dall’infanzia al suo utilizzo, sono quelle che meglio ne sfruttano le potenzialità, padroneggiando ed utilizzando il mezzo per molteplici scopi. Gli strumenti e le opportunità offerte da internet, in particolare dopo gli sviluppi del web 2.0, incidono in un duplice senso: da un lato trasformano le relazioni sociali, dall’altro offrono nuovi mezzi per partecipare. Entrambe le dimensioni sono rilevanti per le alterazioni che comportano sul piano della partecipazione. Rispetto al primo punto va evidenziato come internet influenzi il modo di relazionarsi agli altri e di costruire legami sociali. Si pensi alle chat, al modo in cui hanno innovato la possibilità di entrare in contatto anche con persone mai incontrate, al modo in cui hanno introdotto nuovi meccanismi nelle relazioni o nella seduzione. Inoltre la flessibilità e l’orizzontalità dei rapporti in rete modellano aspettative nuove nei confronti della vita sociale e dell’interazione in ambienti complessi, come le organizzazioni. Il modello di democrazia partecipata offerto dalla rete: medesima possibilità di accesso per tutti, assenza di gerarchie, libertà di espressione, diviene in qualche modo il termine di confronto per un paragone occulto e costante con le dinamiche interne alle organizzazioni, che genera insofferenza nei confronti della rigidità e della verticalità di cui spesso le organizzazioni sono portatrici. Sul piano strumentale vanno considerate le opportunità offerte dalla rete: un esempio in questo senso sono social forum e social network veri e propri luoghi di confronto e dibattito. Questi spazi virtuali possono essere considerati, in una certa misura come arene in cui praticare forme di democrazia deliberativa44, concetto che entra nel dibattito delle scienze politiche e sociali negli ultimi anni45 e si pone in qualche modo in antago-

43 I GAS (gruppi di acquisto solidale) fanno parte delle iniziative di consumo critico e cercano prodotti provenienti da piccoli produttori locali per ridurre l’inquinamento e lo spreco di energia derivanti dal trasporto. Puntano inoltre all’acquisto di prodotti biologici o ecologici che siano stati realizzati rispettando le condizioni di lavoro. 44 Mannarini-Rochira in Gelli- Mannarini (2007). 45 Cohen J. (1989), Curini L. (2003), Lanzara G.F. (2005).

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Capitolo 1

nismo rispetto alla democrazia rappresentativa. Secondo la democrazia deliberativa perde peso l’esercizio della delega, a favore di un libero scambio tra eguali, all’interno del quale domina una logica argomentativa46, sulla base del presupposto di un eguale dignità tra i partecipanti e di un sentimento di appartenenza comune. È chiaro che, nonostante i limiti che presenta, un tale approccio decisionale responsabilizza e coinvolge in maniera diretta tutti i partecipanti e soprattutto consente di esprimere senza mediazioni la propria opinione. Un simile approccio, sembra dunque maggiormente in linea con le esigenze manifestate dalle giovani generazioni. Si pensi, un esempio fra tutti, al forte ruolo di contestazione assunto negli ultimi anni in Italia dal movimento legato al comico genovese Beppe Grillo, che ha saputo utilizzare gli strumenti del web, come mezzi di democrazia partecipata, ed è riuscito a ricondurre l’attività dal piano virtuale a quello concreto, con esiti ancora da chiarire. La crisi di legittimità che ha investito le istituzioni e gli organi istituzionali, quali partiti e sindacati, ha comportato infatti il diffondersi di un atteggiamento meno incline alla delega e più propenso all’azione diretta, che ha trovato un valido supporto in strumenti quali appunto i social forum. Gli sviluppi di forme partecipative che si avvalgono dei nuovi mezzi di comunicazione hanno portato alcuni studiosi di scienze sociali a focalizzare la propria attenzione sul “mediattivismo”47. Con questo termine si intende “l’utilizzo di nuove tecnologie volte a ottimizzare la comunicazione tra reti o gruppi di attivisti e a veicolare il messaggio verso l’opinione pubblica. Esso si presenta come una rete mondiale, a carattere transnazionale, interconnessa sulla base della comune volontà di stimolare un cambiamento politico, sociale ed economico”48. I nuovi media diventano dunque il tramite attraverso il quale organizzare eventi, coordinare volontari, mantenere e sviluppare rapporti, raccogliere e diffondere informazioni, promuovere azioni di advocacy, eccetera. Le attività svolte per il tramite della rete, non restano relegate al web, ma possono coinvolgere soggetti esterni e realizzare iniziative concrete. Altri esempi di attivismo, realizzati grazie ai nuovi media, sono quelli legati all’informazione indipendente che vede il fiorire di web tv, web radio e siti 46 Habermas J.(1996). 47 Pasquinelli (2002). 48 AA.VV. (2008).

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Quando i giovani partecipano

di “contro- informazione”. La dimestichezza delle giovani generazioni con i meccanismi della comunicazione di massa ha portato al configurarsi di un ulteriore elemento di novità: la ricerca strategica di una risonanza mediatica per le azioni di protesta. Un esempio, in ambito italiano, ci è stato offerto dalle proteste legate al movimento dell’ “onda”, contro la riforma del sistema scolastico proposta dalla Ministra Gelmini. Le iniziative messe in campo, lungi dal limitarsi alla manifestazione e al corteo, hanno spesso ricercato la più ampia visibilità, puntando a concentrare le proprie azioni in luoghi strategici (ad es. Il festival del cinema di Roma). Dunque, se è vero che scemano le mobilitazioni di massa, l’amplificazione della protesta viene ricercata attraverso i media e le azioni vengono create avendo un’attenzione a “fare notizia”, creare disordine, raggiungere il massimo dell’audience. Quanto abbiamo esposto indica che non siamo di fronte ad un’assenza di partecipazione giovanile, piuttosto questa si è parcellizzata in differenti azioni, spesso poco visibili e vissute con diversi gradi di intensità dai ragazzi. La vera sfida che si pone a chi voglia studiare questo sfuggente oggetto di analisi è dunque quella di utilizzare lenti appropriate, che consentano di cogliere le sfumature e le forme con cui le giovani generazioni esprimono la propria voglia di esserci. La sfida è aperta, e ancor più complessa, per quei gruppi e quelle associazioni che vogliano intercettare i giovani, valorizzarne le risorse e le capacità. Soltanto un’adeguata revisione delle proprie modalità interattive e delle organizzazioni può infatti rendere accattivante un simile invito.

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2. I risultati dei questionari di Rosa Di Gioia e Simona Rotondi

Quanto segue è il frutto di un’indagine effettuata attraverso la somministrazione di un questionario semistrutturato, ad una serie di referenti di realtà giovanili formali e informali presenti nelle regioni individuate. Il questionario mirava a cogliere caratteristiche, morfologie, tipologie organizzative, mandati e mission implicite ed esplicite, informazioni sulle attività svolte, sulle modalità partecipative sviluppate, etc. Le persone intervistate tramite questo strumento sono state 173. L’indagine si è posta come fine l’esplorazione di aspetti interessanti e suggestivi legati alla partecipazione giovanile, senza avere pretesa di esaustività e rappresentatività statistica. Il questionario in particolare1 è articolato nelle seguenti sezioni: A. Dati dell’intervistato B. Organizzazione C. Attività D. Partecipazione e motivazioni E. Caratteristiche degli associati e partecipazione F. Link istituzionali e associativi G. Reti ed integrazioni H. Andamento della partecipazione e previsioni future L’obiettivo di questa fase dell’indagine era quello di cogliere aspetti rile1 Per una descrizione più dettagliata cfr. la nota metodologica.

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Quando i giovani partecipano

vanti, di stimolo per un successivo approfondimento da effettuarsi tramite 3 focus group e 8 interviste in profondità. A. Il profilo socio-anagrafico degli intervistati La prima sezione del questionario era finalizzata a ricostruire il profilo socio anagrafico degli intervistati. Rispetto al genere vi è un sostanziale equilibrio tra i sessi nel collettivo intervistato: infatti il 49% sono maschi e il 51% sono femmine, la presenza di queste ultime è solo leggermente maggiore. Rispetto all’età, la percentuale maggiore degli intervistati risulta avere dai 25 ai 29 anni (34%) e dai 16 ai 24 (23%). Grafico A.1 Età

100 80 60 40

16-24 anni

34 23

25-29 anni 21

21

20

30-34 anni oltre 34 anni

0 16-24 anni

25-29 anni

30-34 oltre 34 anni anni

Per quanto riguarda lo stato civile, come potevamo aspettarci, vista la giovane età del campione, emerge una prevalenza di celibi/nubili (77%), seguono coniugati (19%), vedovi (2%) e per finire separati e divorziati (1% per entrambi). Il titolo di studio completa l’identikit socio anagrafico del collettivo, all’interno del quale prevale un titolo di studio alto (laureati e con specializzazione post-laurea). Nel dettaglio la maggior parte delle persone contattate risulta essere in possesso del Diploma di Scuola Media superiore (40%), e della Laurea di vecchio ordinamento (24%). Una piccola parte di loro (9%) ha inoltre intrapreso anche percorsi formativi post laurea (specializzazione e master).

50


Capitolo 2

Grafico A.2 Titolo di studio

Tabella A.1 Titolo di studio nel dettaglio Titolo di studio

v.a.

%

Licenza media/avviamento professionale

12

7

Diploma

70

41

Laurea triennale

24

14

Laurea specialistica

10

6

Laurea vecchio ordinamento

42

24

Post laurea

15

9

Totale

173

100

Rispetto al ruolo svolto all’interno del gruppo/associazione la percentuale maggiore degli intervistati è volontario semplice (24%), figura che si distingue dal volontario competente in quanto non necessita di particolari e specifiche capacità nell’espletare le attività previste. Discreta anche la presenza di persone con responsabilità di coordinamento (20%). La tipologia di ruolo ricoperta è un fattore particolarmente importante in quanto consente di comprendere quanto le mansioni e le competenze richieste all’interno delle Associazioni influenzino anche la specifica e determinata vision del singolo intervistato sulla partecipazione e sulle altre tematiche rilevate. In particolare la figura dei volontari (base) si distingue da quella dei coordinatori e presidenti (vertice), in quanto dai primi ci si aspetta una percezione della partecipazione e una spinta idealistica/motivazionale differente.

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Quando i giovani partecipano

Grafico A.3 Ruolo svolto nell’associazione

La maggior parte degli intervistati riveste il proprio ruolo a titolo totalmente gratuito (78%) percentuali simili hanno un rimborso spese ed un regolare compenso (rispettivamente 9%, 8%), e la restante quota del collettivo si distribuisce in maniera pressoché omogenea tra chi sta svolgendo il servizio civile, non risponde o risponde altro. La gratuità è un aspetto centrale per chi svolge volontariato, ed è un elemento spesso citato nel corso di questa indagine, poiché diversi testimoni lo considerano elemento imprescindibile delle azioni associative. Come già rilevato nel grafico indicante i ruoli ricoperti, tra gli intervistati prevale una presenza di figure di vertice (42%), seguite da persone appartenenti al livello base (35%). Grafico A. 4 Livello interno ricoperto nell’Associazione

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Capitolo 2

Tabella B. 1 Appartenenza alle Associazioni Appartenenza

poco

18 Cooperativa sociale 35% 17 Fondazione 74% 17 Partito/movimento politico 49% Sindacato/Associazione 22 di categoria 69% 28 Associazione sportiva praticanti 57% 21 Club tifosi 78% 25 Associazione culturale 31% 25 ONG 57% Associazione/Movimento 12 religioso 25% 14 Gruppo Scout 54% Organizzazione di volon- 14 tariato 14% 17 Associazione di promozione sociale 28% Centro Sociale/collettivo 18 politico 69% 17 Forum/Consulta 59% 17 Associazione turistica 81% 16 Gruppo informale 26% 15 Web Community 25 %

abbastanza 10 20% 4 17% 11 31% 7 22% 12 24% 2 7% 20 25% 13 29% 16 33% 4 15% 16 16% 18 30% 6 23% 8 28% 1 5% 22 35% 20 34%

molto 23 45% 2 9% 7 20% 3 9% 9 18% 4 15% 35 44% 6 14% 20 42% 8 31% 69 70% 25 42% 2 7% 4 14% 3 14% 24 39% 24 41%

Totale 51 100 23 100 35 100 32 100 49 100 27 100 80 100 44 100 48 100 26 100 99 100 60 100 26 100 29 100 21 100 62 100 59 100

B. Organizzazione Gli intervistati appartengono ad Associazioni che sono presenti prevalentemente nel Sud e isole del nostro Paese ( 50%), mentre il 31% è al Nord, ed il 19% al Centro. È stato richiesto agli intervistati di indicare le tipologie di strutture associative di cui facevano parte, indicando anche l’intensità della loro partecipazione/attivismo all’interno delle stesse. Come si vede dalla Tabella 53


Quando i giovani partecipano

B.1, gli intervistati si dedicano soprattutto ad Associazioni di volontariato, Associazioni culturali, gruppi informali e web community. Si è ritenuto inoltre importante incrociare l’appartenenza alle Associazioni con il sesso, l’età e il titolo di studio degli intervistati. Da questi incroci non risultano differenze di rilievo, tranne il dato, abbastanza ovvio, che i più giovani, gli intervistati fino a 29 anni, mostrano una maggiore propensione a partecipare a web community rispetto ai soggetti appartenenti alle altre classi di età. GRAFICO. Il profilo degli Intervistati

Le Associazioni di cui fanno parte sono state costituite soprattutto dal 1991 al 2000

Sono in prevalenza femmine, dai 25 ai 29 anni e titolo di studio alto

Partecipano soprattutto nelle associazioni di volontariato, associazioni culturali, web community

PROFILO

INTERVISTATI La loro adesione alle Associazioni è piuttosto recente: 2005-2008

Il ruolo che ricoprono maggiormente all’interno delle Associazioni è quello di volontarie

La mission delle Associazioni a cui partecipano è in prevalenza l’assistenza socio sanitaria

Per comprendere meglio se e come strutture più tradizionali si posizionano in maniera differente rispetto a quelle di recente costituzione è stata rilevata la storicità delle associazioni. La maggior parte delle organizzazioni cui appartengono gli intervistati sono state costituite dal 1991 al 2000. Discreta anche la presenza di quelle più giovani, nate dal 2005 al 2008 (22%). Al collettivo è stato sottoposto anche un quesito inerente l’anno di adesione alla propria struttura. Come prevedibile, data la recente costituzione di molte associazioni, si è rilevata una prevalenza di ingressi recenti: quasi la metà degli intervistati dichiara di aver aderito alle Associazioni indicate dal 2005 al 2008, ed il 31% dal 2000 al 2004.

54


Capitolo 2

Tabella B. 2 Anno di nascita delle Associazioni Anno nascita

v.a.

%

1863-1970

16

9

1971-1990

31

18

1991-2000

40

27

2001-2004

22

13

2005-2008

39

22

n.r.

25

15

Totale

173

100

Grafico B.1 Anno di Adesione degli intervistati

La mission di un’Associazione è definita come dichiarazione di valori e convinzioni che risponde alla domanda sul “perché” un’organizzazione non profit esiste, illustrando le ragioni della sua esistenza. La mission delle Associazioni a cui partecipano maggiormente gli intervistati è quella di promuovere l’assistenza socio sanitaria dei soggetti svantaggiati (27%), seguita da una dimensione più ludica, che è quella della promozione di eventi e della cultura del tempo libero (16%). Si è ritenuto interessante distinguere le mission associative sulla base dell’orientamento valoriale prevalente. Utilizzando la distinzione tra valori materialisti e post-materialisti, è possibile comprendere meglio come e dove si collocano le Associazioni degli intervistati. Come noto, tale distinzione viene utilizzata per la prima volta dal sociologo Ronald Inglehart2, nell’analisi del processo di mutamento dei valori avvenuto nelle società occidentali. La lunga fase di crescita economica ha spostato, 2 Inglehart, R. ([1977]1983).

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Quando i giovani partecipano

secondo Inglehart, l’attenzione dai temi del benessere materiale a quelli relativi allo stile di vita, cioè verso valori di tipo ‘post-materialisico’. La tesi del sociologo, sull’emergere nelle società occidentali del postmaterialismo, si basa su due presupposti. Il primo è che esista una gerarchia dei bisogni, tale per cui quelli di ordine elevato, relativi alla crescita intellettuale e artistica della persona, siano concepibili soltanto dopo che siano stati soddisfatti quelli di livello più basso, relativi ad esempio alla sopravvivenza fisica. Grafico B.2 Mission delle Associazioni

Il secondo è che il momento decisivo per la socializzazione politica, cioè quando si formano credenze e valori destinati a sopravvivere nel tempo, si collochi nel passaggio dalla giovinezza all’età adulta, e che quindi principi e priorità acquisiti in quel momento tendano a mantenersi anche successivamente. Proprio sulla base di questi presupposti, è possibile notare come la generazione che è arrivata all’età adulta alla fine degli anni Sessanta si differenzia enormemente dalla generazione precedente. La prima è una generazione cresciuta in condizioni di benessere economico, facile accesso all’istruzione superiore e bassa esposizione al rischio di una guerra. Queste condizioni avrebbero gradualmente indebolito valori di tipo ‘materialistico’, che riflettono preoccupazioni relative al benessere

56


Capitolo 2

economico ed alla sicurezza personale e collettiva, e favorito l’emergere invece di valori “post-materialistici”, orientati verso bisogni di natura prevalentemente espressiva, come ad esempio l’auto-realizzazione nella sfera privata e la democrazia partecipativa. I mutamenti avvenuti all’interno delle società si riscontrano nei movimenti sociali che si mobilitano dagli anni Sessanta in poi. I ‘nuovi movimenti sociali’, come il movimento femminista, quello studentesco, le lotte urbane, i movimenti legati alla sessualità, il movimento ecologista, le proteste anti-istituzionali (giustizia, carceri e ospedali psichiatrici), le lotte legate ai problemi della medicina e della salute, presentano delle grosse novità rispetto ai ‘vecchi’ movimenti che sino a quel momento erano stati protagonisti delle mobilitazioni nella società. I ‘nuovi’ movimenti sociali si caratterizzano in particolare per l’utilizzo della partecipazione diretta, e per il rifiuto della rappresentanza, in quanto quest’ultima tende a riprodurre tutti quei meccanismi di controllo e di manipolazione, contro cui il movimento si mobilita. Secondo questa tesi il rifiuto della rappresentanza è dovuto al processo di scolarizzazione, che ha reso questa generazione meno disponibile alla pratiche di delega e sottomissione a un ordine istituzionale fortemente gerarchico. L’emergere di questi ‘nuovi movimenti sociali’ è stato associato a quel processo di mutamento dei valori che ha investito tutte le società industriali. Caratteristica principale di questi movimenti sociali è infatti la novità dei valori presenti alla base delle rivendicazioni. I ‘vecchi’ movimenti puntavano soprattutto alla redistribuzione delle ricchezze ed all’accesso ai centri decisionali. I nuovi movimenti sociali rivendicano invece l’autonomia della sfera privata che, soprattutto con l’introduzione del welfare, viene sempre di più invasa dalle politiche dello Stato. Si tratta di movimenti principalmente orientati verso conflitti di tipo non materiale. C’è quindi una valorizzazione dei problemi legati all’identità e alla stima di sé. Ricodificando le mission nei due orientamenti descritti (valori materialisti e post-materialisti) emerge una prevalenza di questi ultimi (59%). Nell’orientamento post-materialista sono stati inseriti: la promozione e tutela dei diritti, la tutela ambientale, la promozione dell’aggregazionismo giovanile, la promozione dei valori etici e religiosi e cultura del tempo libero, la promozione della cittadinanza attiva e della cooperazione internazionale e la diffusione del modello educativo Powell, considerandoli

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Quando i giovani partecipano

come relativi alla sfera dell’”espressione del sè e dell’auto-realizzazione nella sfera privata”. Grafico B.3 Mission e orientamenti di valore.

Rispetto agli ambiti di intervento delle Associazioni a cui principalmente si dedicano gli intervistati, emerge una prevalenza del versante locale (76%) e delle dimensioni nazionale (32%) e regionale (31). Il livello internazionale è presente solo per il 22% dei casi, e la dimensione virtuale (web community) nel 10%. C. Attività Per meglio delineare il profilo delle Associazioni di cui fanno parte gli intervistati, sono state rilevate le attività principali svolte dall’Ente, fino ad un massimo di tre in ordine di importanza. Come illustra la Tabella C.1, le attività più importanti risultano essere quelle afferenti alla sfera culturale e socio-assistenziale, seguite da attività di socializzazione e da quelle formative. Per comprendere le strategie di posizionamento all’esterno sono state rilevate le modalità di promozione dell’Associazione. Dai dati emerge che le iniziative pubbliche sono la modalità più importante utilizzata, mentre la meno importante è quella della pubblicità radio televisiva. Un altro aspetto interessante ai fini dell’analisi è il canale attraverso il quale gli associati entrano in contatto con le associazioni, ossia i canali di ingresso che favoriscono e facilitano la scelta di aderire ad un’Associazione. Si tratta infatti di un aspetto che consente una migliore comprensione dei meccanismi di funzionamento delle Associazioni stesse.

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Capitolo 2

Attività svolte

Più importanti

Mediamente importanti

Meno importanti

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

Attività ludico-creative

17

10

18

10

16

9

Attività sportive

8

5

5

3

4

2

Attività culturali

32

19

21

12

15

9

Attività socio-assistenziali

28

16

13

8

7

4

Attività sanitarie

11

6

6

4

2

1

Attività scolastiche

4

2

10

6

8

5

Attività ambientaliste

5

3

7

4

3

2

Attività formative

18

10

22

13

24

14

Attività di socializzazione

17

10

29

17

24

14

Attività politica

1

1

1

1

6

4

Tutela e protezione diritti

9

5

14

8

11

6

Attività di protezione civile

1

1

2

1

4

2

Altro

13

8

2

1

3

2

n.r.

9

5

23

13

46

27

Totale

173

100

173

100

173

173

Più importanti Modalità di promozione

Mediamente importanti

Meno importanti

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

Stampa/volantinaggio

66

38

52

30

16

9

Iniziative pubbliche

72

42

41

24

17

10

Passaparola

70

41

47

27

12

7

Pubblicità tv/radio

8

5

17

10

34

20

Contatto telefonico

10

6

22

13

26

15

Sito Internet

36

21

37

21

29

17

Pubblicità e link su altri siti

4

2

18

10

29

17

Mailing list

29

17

24

14

25

15

Social Network

11

6

12

7

30

17

Altro

6

4

2

1

1

1

Totale

312

181

272

157

219

17

59


Quando i giovani partecipano

È stato quindi chiesto al collettivo intervistato di indicare quali fossero i canali più influenti attraverso i quali le persone (associati formali, collaboratori e simpatizzanti) entrano in contatto con il gruppo/associazione di appartenenza: la domanda consentiva più risposte. Nel grafico C1 possiamo notare come le percentuali maggiori riguardino il passaparola (amici/parenti) (32%) degli intervistati e le azioni di propaganda messe in piedi dalle Associazioni stesse (24,6%). Grafico C. 1 I canali di ingresso nell’Associazione

La formazione, all’interno di un’Associazione ha un ruolo strategico e fondamentale, in quanto contribuisce allo sviluppo di competenze tecniche e relazionali, e promuove il senso di appartenenza al gruppo. La formazione del nuovo socio o volontario serve ad aumentare le competenze e le abilità necessarie per svolgere l’attività nel gruppo/associazione con soddisfazione e successo sia per la persona che la svolge, sia per l’associazione, sia per il destinatario di tale azione. Si dovrebbe partire dalle conoscenze-competenze del nuovo/socio volontario per poter definire insieme l’obiettivo del percorso formativo. Questo può essere incentrato su: • il sapere: l’acquisizione di nuove conoscenze; • il saper fare: l’apprendimento di tecniche, strumenti, strategie; • il saper essere: lo sviluppo della consapevolezza di sé e suoi contenuti. È stato chiesto agli intervistati di indicare se le Associazioni cui aderiscono avevano svolto corsi di formazione negli ultimi 5 anni. La maggior parte (62%) ha fornito una risposta positiva.

60


Capitolo 2

Grafico C. 3 Svolgimento attività formative

Riguardo alla tipologia di attività formative svolte, emerge una prevalenza di quella tradizionale, ossia la formazione in aula (61%), seguita da una modalità più interattiva, il training on the job (24%) e infine una molto innovativa ed esperienziale, outdoor (13%). Quest’ultima, è probabilmente da correlare al fatto che gli intervistati hanno in prevalenza un profilo socio culturale medio alto. Era possibile indicare più attività formative, quindi tutte quelle che l’associazione ha organizzato negli ultimi cinque anni. Il totale assoluto si riferisce, pertanto, al numero delle attività e non al numero delle associazioni. Tabella C. 3 Tipologia di attività formative svolte Tipologia di attività formative

v.a.

% dei casi

Fad-corsi a distanza

4

3

In aula

93

61

Outdor

19

13

Training on the job

36

24

Altro

10

7

Totale

162

106

Per meglio comprendere le caratteristiche distintive della formazione erogata all’interno delle Associazioni, è stata rilevata anche la provenienza dei formatori coinvolti, se interni all’Ente o consulenti esterni, o se entrambe le modalità. Questo elemento infatti può essere utile per capire meglio le strutture indagate: la presenza di formatori interni infatti potrebbe indicare una progettazione e un aggiornamento eseguito con risorse proprie. Questo denoterebbe da un lato la presenza di competenze tecniche e specialistiche interne all’Associazione, dall’altro anche un

61


Quando i giovani partecipano

atteggiamento di autoreferenzialità. Dall’analisi dei questionari emerge comunque la prevalenza di una modalità “mista”: il 60% degli intervistati infatti dichiara che i formatori erano sia interni che esterni all’Associazione. Tabella C. 4 La provenienza dei Formatori dei corsi Formatori

v.a.

%

Interni all’Associazione

29

27

Esterni all’Associazione

13

12

Entrambi

65

60

Non so

2

2

Totale

109

100

Un altro aspetto molto importante è la percezione dell’utilità ed efficacia dei percorsi formativi, per questo è stato chiesto agli intervistati di esprimere il proprio parere su di essi: positivo il riscontro emergente, infatti ben il 67% degli intervistati considera molto utili le attività espletate. Grafico C.4 Utilità delle attività formative

È stato inoltre rilevato il tempo investito in formazione: ossia, quante ore all’anno mediamente ogni associazione dedica a questa importante fase. La percentuale maggiore delle risposte ricade su un numero di ore comprese tra le 20 e le 50 (39%), che potremmo identificare, considerando una media di 6/8 ore al giorno di formazione, come un minimo di 3 giornate ed un massimo di 6. Di un certo rilievo anche la parte del collettivo intervistato che indica una formazione annua superiore a 50 ore: il 27% degli intervistati rivela che

62


Capitolo 2

si dedicano quindi più di 6 giornate ad attività formative. Questi dati indicano che, complessivamente, l’importanza delle attività formative è piuttosto sottovalutata: il numero di ore annue ad esse dedicato è infatti poco significativo. Ci sarebbe invece un maggiore fabbisogno da soddisfare e la formazione andrebbe potenziata e promossa con più vigore. Sarebbe inoltre interessante, in futuro, rilevare se i corsi di formazione organizzati siano certificati con rilascio di competenze specialistiche; quanto, quindi, essi abbiano un riconoscimento di tipo formale. Dagli studi di caso e dai focus group realizzati è infatti emerso quanto per i ragazzi sia importante avere la possibilità di acquisire competenze durante il percorso esperienziale, in particolare competenze relazionali e sociali, che per il proprio carattere trasversale risultano maggiormente spendibili nel mondo del lavoro. Tabella C.5 Ore annue dedicate alla formazione Ore annue

v.a.

%

Meno di 10

4

4

Da 10 a 20

24

22

Da 20 a 50

42

39

Oltre 50

29

27

Non so

9

8

Totale

108

100

Un altro aspetto indagato, particolarmente significativo nel mondo dell’associazionismo, è la fase dell’accoglienza/accompagnamento ai nuovi soci. Sappiamo infatti che ogni persona dovrebbe fin dal primo incontro con l’associazione, potersi sentire accolta e a proprio agio, conoscendo l’organizzazione in questione nel suo insieme e che cosa effettivamente gli viene chiesto di fare, con tempi e azioni ben definite. È infatti la relazione che si instaura con il nuovo arrivato che costruisce le motivazioni a entrare in un gruppo e soprattutto a rimanere. Fornire informazioni generali non basta, infatti si tratta fin da subito di evidenziare la mission e la vision dell’associazione, ovvero per quali valori esiste e quali sono i piani futuri: in questo modo il nuovo arrivato può cominciare a sentirsi parte di un percorso e inserito in una attività pensata proprio per lui.

63


Quando i giovani partecipano

Il percorso di accoglienza può quindi essere fatto con rispetto e cura oltre che competenza, nel merito della relazione con l’altro. La fase di accoglienza è utile anche all’associazione per capire bene chi ha davanti, quali siano le competenze e le capacità di chi viene accolto. È inoltre importante avere una persona dedicata per questa specifica attività: può essere un volontario con una certa sensibilità e capacità di ascolto, o il volontario/socio dell’associazione che ha più esperienza, oppure ancora la persona che ha contattato il nuovo arrivato. La cosa importante è che chi si occupa della fase di accoglienza (tutor) sia un punto di riferimento per la persona che entra nell’ associazione, e cherchi fin dal primo incontro di capire quali motivazioni muovono il nuovo arrivato, cogliendone paure e attese, presentando l’associazione (finalità e attività specifiche). L’inserimento/accompagnamento diventa in questo modo un’importante occasione di socializzazione tra “vecchi” e nuovi membri dell’associazione, rafforzando la disponibilità a lavorare insieme nel rispetto delle reciproche capacità e competenze. Inoltre la fase di accompagnamento consente all’associazione di manifestare l’importanza che si attribuisce al nuovo arrivato, il quale d’altro canto acquisisce maggior consapevolezza e fiducia nel proprio personale contributo. I nostri intervistati, alla domanda relativa alla presenza nella propria Associazione di una fase ad hoc di accoglienza/accompagnamento dedicata ai nuovi soci, rispondono nel 44% dei casi in modo positivo, e nel 39% in modo negativo. Vi è dunque una lieve prevalenza dei casi in cui tale importante fase è presente. Per una maggiore comprensione delle caratteristiche dell’accoglienza abbiamo incrociato la sua presenza con l’anno di nascita del Gruppo/ Associazione. Nella Tabella C. 7, vediamo che sono in particolare le Associazioni più “storiche” che utilizzano e prevedono la fase di accoglienza ed accompagnamento per i nuovi soci. Questo dato pare evidenziare che le Associazioni di recente costituzione non abbiano interiorizzato l’importanza della fase iniziale di ingresso per le nuove leve, o per mancanza di tempo/risorse, o per una scarsa consapevolezza del valore che essa assume.

64


Capitolo 2

Tabella C. 6 Presenza di fase di accoglienza/accompagnamento ai nuovi soci Accoglienza/accompagnamento dei nuovi soci

v.a.

%

76

44

No

67

39

Non so

8

5

N.R.

22

13

Tabella C. 7. Accoglienza /accompagnamento e anno di nascita dell’Associazione Accoglienza/

1863-

1971-

1991-

2001-

2005-

accompagnamento

1970

1990

2000

2004

2008

10

21

16

9

8

64

66,6

72,4

44,4

52,9

23,5

48,8

5

6

18

7

23

59

33,3

20,6

50

41,1

67,6

45

2

2

1

3

8

6,8

5,5

5,8

8,8

6,1

29

36

17

34

131

Totale

SI

NO

NON SO

0

Totale intervistati

15

Agli intervistati è stato chiesto anche di esprimere il livello di soddisfazione rispetto all’accoglienza sperimentata all’interno dell’Associazione. L’indice di soddisfazione rispetto a questa fase risulta essere piuttosto elevato tra le persone contattate: infatti la maggior parte di esse dichiara di esserne molto soddisfatta. Tabella C. 8 Indice di soddisfazione della fase di accoglienza Indice di soddisfazione

v.a.

%

Per niente soddisfatto

0

0

Mediamente soddisfatto

31

41

Molto soddisfatto

34

45

N.r.

11

14

Totale

76

100

Gli intervistati hanno indicato anche dei suggerimenti/proposte per una maggiore efficacia della fase di accompagnamento. Come si evince dal Grafico C.5, la porzione maggiore del collettivo intervistato (39%) propone di implementare più azioni formative e informative mirate, per strut65


Quando i giovani partecipano

turare meglio e in modo meno spontaneistico e improvvisato l’ingresso dei giovani. Infatti l’improvvisazione e la mancanza di sistematiche azioni formative e di tutoraggio potrebbero compromettere l’esperienza dei nuovi aderenti, i quali non avrebbero strumenti idonei per familiarizzare con l’Ente, comprenderne gli obiettivi e la mission. Un’altra proposta è quella di promuovere maggiori competenze relazionali nei soci, in quanto si ritiene che le dinamiche relazionali rivestano un ruolo determinante nella permanenza dei giovani all’interno di un’Associazione, e queste andrebbero promosse sin dai primi momenti di ingresso. Grafico C.5 Suggerimenti per migliorare la fase di accompagnamento

Una volta condivisi mission e valori dell’associazione, la spinta a rimanere all’interno dell’organizzazione viene dallo svolgimento di attività interessanti, ritenute significative per gli utenti o la comunità e per l’associazione. È buono sapere che ciò che può essere poco importante o noioso per un potenziale volontario può essere estremamente stimolante per un altro: per questo se possibile occorre da parte dell’associazione uno sforzo in più di ascolto, comprensione ed adeguamento, per soddisfare le reali aspettative dei propri soci e ottenere così un’azione positiva ed efficace. Le motivazioni mutano nel tempo, ed è per questo importante essere attenti ai cambiamenti nei livelli di partecipazione e nella qualità del lavoro degli aderenti. Capire se questi cambiamenti dipendono da situazioni personali oppure da insoddisfazione verso l’esperienza di partecipazione permette all’associazione di individuare le strategie migliori per rivitalizzare l’impegno 66


Capitolo 2

e il coinvolgimento. Si può proporre a chi vacilla, a seconda di quanto individuato, di cambiare attività, di assumere maggiori o minori responsabilità, di fare più formazione, di cambiare le persone con cui collabora o spostarsi su altro progetto, di prendere un periodo di pausa. Quanto prima si colgono e gestiscono i cambiamenti, tanto prima si eviterà la disaffezione non solo nei confronti dell’attività, ma anche dell’organizzazione. Infatti, chi partecipa è motivato a restare non solo in base al contenuto specifico di quel che fa, ma anche in base alla qualità del contesto organizzativo in cui si trova: per esempio, se ci sono continue tensioni tra le persone all’interno dell’associazione, o confusione di ruoli, funzioni e responsabilità, poca chiarezza rispetto ad obiettivi e metodi di lavoro, allora probabilmente sarà difficile che una persona abbia voglia di dare continuità alla propria esperienza. Altri aspetti che influiscono profondamente sulla disponibilità a continuare la collaborazione con un’associazione possono essere: • la difficoltà a “lavorare bene”, dovuta alla mancanza di strumenti e competenze per comprendere se si sta lavorando bene, se si stanno raggiungendo gli obiettivi, se si stanno utilizzando metodi di lavoro giusti; • il non sentirsi riconosciuti e valorizzati. Festeggiare i successi e i risultati ottenuti, riconoscere il contributo di ognuno è molto importante, perché rafforza il senso di appartenenza e sottolinea l’importanza delle azioni dei diversi soci. Un altro elemento rilevato attraverso i questionari è il modus vivendi interno all’Associazione, ossia il tipo di rapporti che si instaurano tra le persone, sia dello stesso livello che di livello differente. Sono stati presi in considerazione entrambi i versanti per capire se ci sono differenze nella comunicazione e nelle relazioni interpersonali interne all’Associazione, se nel clima organizzativo prevale la coesione o la mancanza di armonia. Queste dimensioni sono state rilevate attraverso due domande (D22 e D23) strutturate con dei differenziali semantici identici, uno relativo ai rapporti con persone dello stesso livello, l’altro ai rapporti con persone di livello diverso all’interno del gruppo/associazione. Da questi differenziali è stato costruito l’indice di rigidità3, prendendo in considerazione alcune delle coppie di aggettivi presenti: autoritari-democratici; rigidi3 Per maggiori dettagli sulle modalità di costruzione degli indici cfr. la nota metodologica.

67


Quando i giovani partecipano

flessibili; formali-informali; verticali-orizzontali. Dall’analisi dei punteggi di questo indice, emerge che gli intervistati ritengono che le relazioni con persone di livello diverso non siano per niente rigide, bensì centrate soprattutto sull’informalità. Ciò significa che anche tra persone con ruoli e funzioni diverse sussistono rapporti informali e orizzontali. Tabella C.9 Indice di rigidità livello diverso Indice di rigidità livello diverso

v.a.

%

Rapporti fortemente rigidi

4

2

Rapporti mediamente rigidi

58

34

Rapporti per niente rigidi

97

56

N.r.

14

8

Totale

173

100

Le restanti coppie di aggettivi (freddi-caldi; amari-dolci; superficiali-profondi; forti-deboli) sono state invece utilizzate per la costruzione di un indice di coesione interna relativo, anche in questo caso, sia a rapporti tra pari, che a rapporti tra persone in diversa posizione. Rispetto al primo ambito prevale una buona coesione tra le persone appartenenti all’Associazione, quindi tra coloro che ricoprono lo stesso livello nell’organigramma si vive un clima positivo e accogliente. Tabella C. 10 Indice di coesione interna stesso livello Indice coesione interna

v.a.

%

Rapporti disgregati

1

1

Rapporti mediamente coesi

56

32

Rapporti fortemente coesi

109

63

N.r.

7

4

Totale

173

100

Leggermente inferiore appare la coesione tra persone che ricoprono ruoli differenti, nel 46% dei casi infatti si hanno rapporti mediamente coesi. Il dato più interessante è comunque la scarsa presenza (solo l’1%) di rapporti disgregati, anche tra persone che si trovano ad un diverso livello nell’organizzazione. Leggermente più bassa appare la coesione tra persone che ricoprono ruoli differenti, nel 46% dei casi infatti si hanno rapporti mediamen-

68


Capitolo 2

te coesi. Il dato più interessante è comunque la scarsa presenza (solo l’1%) di rapporti disgregati, anche tra persone che si trovano ad un diverso livello nell’organizzazione. Tabella C.11 Indice di coesione interna di livello diverso Indice di coesione interna livello diverso

v.a.

%

Rapporti disgregati

2

1

Rapporti mediamente coesi

80

46

Rapporti fortemente coesi

76

44

N.r.

15

9

Totale

173

100

D. Partecipazione e motivazioni La sezione su partecipazioni e motivazione intende riflettere sul significato della partecipazione attraverso le motivazioni che la attivano in senso generale e attraverso le aspettative che si nutrono nei confronti delle associazioni alle quali ci si avvicina. Completa il quadro il giudizio sull’esperienza partecipativa da parte di chi la vive quotidianamente. Gallino4 definisce la partecipazione distinguendone due sensi: l’uno forte, l’altro debole5. Nel primo caso, con il termine si intende la possibilità di intervenire nei o sui centri di governo di una collettività, quindi un gruppo, un’associazione, un’organizzazione di cui si è membri. Implica, perciò la possibilità reale o l’atto concreto del concorrere a determinare, su un piano di relativa eguaglianza con gli altri membri, gli obiettivi principali della vita della collettività. Nel senso debole, partecipare vuole dire prendere parte in misura più o meno intensa e regolare alle attività caratteristiche di un gruppo, di un’associazione, sussista o meno per il soggetto la possibilità reale di intervenire efficacemente nelle o sulle decisioni di maggior rilievo. La partecipazione, forte o debole che sia, è perciò indissolubilmente legata all’appartenenza che ci descrive membri di un gruppo e che contribuisce alla costruzione della nostra identità sociale. Stando alla definizione di Tajfel, infatti, l’identità sociale è “quella parte dell’immagine che un individuo si fa di se stesso che deriva dalla consapevolezza di appartenere a un gruppo (o a gruppi) sociale, unita al valore e al si4 Gallino L. (2000). 5 Per ulteriori definizioni del termine cfr. il primo capitolo di questo rapporto.

69


Quando i giovani partecipano

gnificato emozionale associati a tale appartenenza6”. Parte integrante dell’identità sociale è poi la comunanza di stili di vita, dei quali, a chiudere il cerchio, la partecipazione sociale rappresenta una particolare area. Per Faggiano, ad esempio, la partecipazione sociale riferita ai giovani, è un’espressione utile per sintetizzare tre particolari sfere dell’agire giovanile, la partecipazione politica, l’appartenenza e partecipazione etico-religiosa e la fruizione mediale a scopo informativo7. La prima domanda, quindi, chiedeva agli intervistati di indicare quali fossero i motivi che oggi spingono i giovani alla partecipazione e consentiva più di una risposta, fino a un massimo di tre, ordinandole dalla più importante alla meno importante. La tabella D.1, riepilogativa di tutte le scelte indipendentemente dall’ordine, mostra due colonne percentuali: la prima sta ad indicare la percentuale di ciascuna scelta sul numero delle risposte totali, nel nostro caso pari a 482. La seconda colonna sta ad indicare la percentuale dei soggetti che hanno scelto quella determinata risposta come primo, come secondo o come terzo motivo. Naturalmente, mentre il totale delle percentuali calcolate sulle risposte è pari a 100, il totale delle percentuali calcolate sui casi sarebbe stata pari al 300% se tutti avessero dato tre risposte (nel nostro caso è pari a 292, il che significa che in media i nostri intervistati hanno dato 2,92 risposte). Ne risulta che per i nostri intervistati, la molla che più delle altre spinge i giovani alla partecipazione è il bisogno di sentirsi parte di un gruppo, con il 20% delle risposte complessive (considerando, quindi, tutte e tre le scelte). Anche andando ad osservare le risposte in base all’ordine di priorità, il bisogno di appartenenza si conferma il più scelto sia come primo sia come secondo motivo, seguito, con una differenza di pochi punti percentuali, dal sentimento di solidarietà verso gli altri. Il bisogno di appartenenza può essere letto come esigenza del sé, di riconoscersi e, allo stesso tempo, distinguersi dagli esterni al gruppo, ma anche come un desiderio di legami di tipo comunitario, dove la soggettività si fonde con quella del gruppo, al servizio del gruppo stesso. In entrambi i casi, comunque, rappresenta un bisogno del tutto soggettivo.

6 Tajfel H. (1995). 7 Cfr. Faggiano M.P. (2007).

70


Capitolo 2

Tabella D.1 Motivi della partecipazione % sui

v.a.

%

Solidarietà verso gli altri

77

16

47

Bisogno di sentirsi parte del gruppo

99

21

60

Valori religiosi

26

5

16

Valori etici

51

11

31

Impegno politico

20

4

12

Voglia di divertirsi

47

10

28

Voglia di impegnare il tempo in modo alternativo

61

13

37

Nuove opportunità lavorative

30

6

18

Espressione del sé e autorealizzazione

65

13

39

Altro

6

1

4

Totale

482

100

292

casi

In terza posizione troviamo l’espressione del sé e il bisogno di autorealizzazione. L’impegno politico raccoglie solo il 4% delle risposte. Questo dato trova riscontro nei risultati di altre ricerche che vedono in poco più di un decennio una riduzione di cinque-sei punti percentuali dei tassi di iscrizione a partiti, sindacati e organizzazioni di categoria8. Dalla fine degli anni Ottanta si ridimensionano la militanza e l’interesse per la politica, ma questo viene interpretato non come un ripiegamento nel privato, quanto piuttosto come un cambiamento nella concezione della politica che diviene uno dei possibili modi di impiegare il tempo. Ancora di più, i giovani preferiscono sostituire l’impegno politico con altre forme di impegno pubblico, libere da colori e connotazioni ideologiche9; anzi, nelle parole dei nostri referenti, rigettando con forza i tentativi delle varie forze politiche di appropriarsi di volta in volta di movimenti che nascono come trasversali rispetto alla contrapposizione destra-sinistra e che mirano a superare la contrapposizione stessa. Abbiamo raggruppato le motivazioni in quattro categorie: orientamento agli altri, dove abbiamo inserito coloro che hanno scelto ‘solidarietà verso gli altri’ che esprime, quindi, l’ottica del servizio e della gratuità di questo slancio; orientamento ai valori, comprende coloro che hanno manifestato motivazioni valoriali, quindi ‘valori religiosi’ sommate a ‘valori etici’ e a 8 Caltabiano C.( 2003). 9 Ferreo Camoletto R., e Loera B., Garelli F. (2006).

71


Quando i giovani partecipano

‘impegno politico’; in orientamento al sé, abbiamo considerato ‘bisogno di sentirsi parte di un gruppo’, la ‘voglia di divertirsi’ e ‘l’espressione del sé e il bisogno di autorealizzazione’ e ‘nuove opportunità lavorative’ tutte categorie, cioè, che da diversi punti di vista rappresentano esigenze del singolo; infine, impiego del tempo. Il grafico n. D.1 mostra come le motivazioni ego-riferite siano le preponderanti Grafico D.1 Motivazioni alla partecipazione

Non si riscontrano differenze nelle risposte a seconda del genere, del titolo di studio, del livello in cui si posiziona l’intervistato all’interno dell’associazione. L’unica differenza degna di nota si rileva tra le diverse classi di età. La tabella D.2 indica, per ciascuna classe di età, due colonne. La prima sta ad indicare il numero dei soggetti che hanno scelto ciascuna risposta come primo, come secondo o come terzo motivo. La seconda colonna indica le percentuali calcolate considerando il numero dei soggetti che hanno scelto ciascun motivo, sul totale degli appartenenti a quella classe. Ad esempio, i soggetti intervistati di età compresa tra i 16 e i 24 anni sono 37, così come indica il numero tra parentesi in fondo alla colonna corrispondente. Di questi 37, 19 hanno scelto come prima, seconda o terza motivazione ‘solidarietà verso gli altri’, il che significa, in termini percentuali, il 51% dei soggetti. Ovviamente, il totale della prima colonna non può essere pari a 37, ma sarà approssimativamente il triplo, così come, il totale della seconda colonna sarà pari approssimativamente al 300%.

72


Capitolo 2

Più dei soggetti delle altre classi sia i giovanissimi sia gli over 34, considerano il sentimento di solidarietà verso gli altri una spinta importante alla partecipazione. In particolare, per i ragazzi tra i 16 e i 24 anni e a conferma di quanto detto sopra, il secondo motivo di partecipazione è l’espressione del sé e il bisogno di autorealizzazione. Tabella D.2 Motivi della partecipazione per classe di età età 16-24

25-29

30-34

oltre 34

v.a.

%

v.a.

%

v.a

%

v.a

%

solidarietà verso gli altri

19

51

23

40

12

36

22

63

sentirsi parte di un gruppo

16

43

37

64

21

64

23

66

valori religiosi

6

16

13

22

5

15

2

6

valori etici

12

32

19

33

9

27

11

31

impegno politico

6

16

5

9

5

15

4

11

voglia di divertirsi

11

30

22

38

7

21

7

20

voglia di impiegare tempo in altro modo

15

40

19

33

15

45

11

31

nuove opportunità lavorative

7

19

9

15

5

15

8

23

espressione del sé/autorealizzazione

17

46

22

38

14

42

12

34

2

3

2

6

2

6

altro Totale soggetti intervistati

(37)

(58)

(33)

(35)

Il grafico D.2 mostra l’andamento per classi di età delle motivazioni raggruppate e conferma che, pur essendo le motivazioni ego-riferite le più scelte, i giovanissimi sono quelli che globalmente risultano i meno concentrati su sé stessi. Grafico D.2 Motivazioni alla partecipazione per classi di età

73


Quando i giovani partecipano

Dopo aver chiesto l’opinione in merito ai motivi della partecipazione in generale, volevamo capire cosa cercassero i giovani nel gruppo di appartenenza degli intervistati stessi. Precisamente, la domanda del questionario chiedeva di indicare quali fossero le aspettative riposte dai giovani nel gruppo di appartenenza degli intervistati. Anche in questo caso, erano previste fino a tre risposte con l’indicazione dell’ordine di importanza. La percentuale totale sui casi indica che, in media, i nostri intervistati hanno dato 2,6 risposte sulle tre possibili. La percentuale più alta, il 22% delle risposte sul totale, indica che i giovani entrando in quel gruppo specifico sperano di trasformare la società (è l’identica percentuale che la definisce anche come prima ragione). È interessante notare come vi è una crescita nella percentuale delle risposte dal polo dell’individualismo (soluzione dei problemi personali) al polo dell’universalismo (trasformazione della società). Tuttavia, sommando la percentuale delle risposte relative alle esigenze lavorative e quelle che riguardano la risoluzione di esigenze personali, queste superano di 5 punti le risposte universalistiche relative alla soluzione di problemi riguardanti l’intera società, come mostra il grafico D.3. Tabella D.3 Aspettative rispetto al gruppo di appartenenza

Soddisfazione esigenze lavorative

v.a.

%

% sui casi

59

14

35

Soluzione problemi personali

55

13

33

Soluzione problemi dei giovani

65

15

38

Soluzione problemi altre categorie

62

14

37

Soluzione problemi città/quartiere

78

18

47

Trasformazione società

96

22

58

Altro

18

4

11

Totale

431

100

260

La soddisfazione di esigenze lavorative/formative che pure rappresenta un problema personale è stata tenuta distinta perché si tratta di una difficoltà pressante oggi più che mai, a causa dell’aumento della disoccupazione e della precarietà dei contratti, fattori altamente destabilizzanti che, secondo alcuni dei nostri intervistati, influiscono sul livello e sulle modalità di partecipazione dei giovani. Anche durante i focus group è emerso, infatti, che spesso i giovani non sono affatto animati da una 74


Capitolo 2

pura spinta altruistica, ma cercano nelle associazioni, già strutturate o di nuova costituzione, quella soddisfazione economica e quella autonomia dalla famiglia di origine che non riescono a raggiungere altrimenti. Eppure, la tabella D.4 mostra che scelgono maggiormente questa risposta gli over 34 con una differenza di dieci punti dai giovani tra i 25 e i 29 anni che si trovano alla fine del loro percorso formativo e che quindi, più di altri dovrebbero avvertire questa esigenza. Sembrerebbe, quindi, più un’immagine degli adulti che un’urgenza sentita dai giovani. Grafico D.3 Aspettative rispetto ai gruppi

Tabella D.4 Aspettative rispetto al gruppo di appartenenza per classe di età età 16-24

25-29

30-34

oltre 34

Totale

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

soddisfazione esigenze lavorative/formative

13

34

19

33

11

32

15

43

58

35

soluzione problemi personali

9

24

19

33

14

41

13

37

55

33

soluzioni problemi dei giovani

16

42

23

40

13

38

10

29

62

38

soluzione problemi altre categorie

15

39

15

26

13

38

17

49

60

37

soluzione problemi città/ quartiere

17

45

30

53

16

47

15

43

78

48

trasformazione società

20

53

36

63

21

62

17

49

94

57

altro

7

18

8

14

1

3

2

6

18

11

Totale intervistati

(38)

(57)

75

(34)

(35)

(164)


Quando i giovani partecipano

Mentre nelle prime due classi di età la differenza tra esigenze particolaristiche e universalistiche è minima (si tratta di cinque punti per la prima classe e solo tre nel secondo gruppo), con il crescere dell’età aumenta pure la distanza tra i due opposti del continuum particolarismo-universalismo a favore delle istanze individualistiche. Dalla tabella D.5 si evince che è soprattutto chi ha un titolo di studio medio (nel nostro caso, quindi, il diploma) a porre l’accento sulle esigenze lavorative e formative, specchio della trasformazione del mondo del lavoro che penalizza maggiormente chi compie un percorso formativo che non trova oggi collocazione adeguata e che necessita di acquisire ulteriori competenze. Grafico D.4 Aspettative per classi di età

Tabella D.5 Aspettative rispetto al gruppo di appartenenza per titolo di studio titolo di studio basso

medio

Totale

alto

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

soddisfazione esigenze lavorative/formative

1

9

30

46

28

31

59

36

soluzione problemi personali

3

27

21

32

31

34

55

33

soluzioni problemi dei giovani

5

45

26

40

32

36

63

38

soluzione problemi altre categorie

2

18

29

45

31

34

62

37

soluzione problemi città/ quartiere/zona

3

27

32

49

43

48

78

47

trasformazione società

8

73

36

55

52

58

96

58

altro

1

9

3

5

14

16

18

11

Totale soggetti intervistati

(11)

(65)

76

(90)

(166)


Capitolo 2

Incrociando i dati sulle aspettative nei confronti del gruppo di appartenenza con le tipologie organizzate è possibile notare un andamento congruente con le caratteristiche strutturali delle organizzazioni, in quanto è molto più raro che un gruppo informale consenta una formazione spendibile sul mercato del lavoro o il raggiungimento di posizioni remunerate all’interno del gruppo stesso, situazione più tipica delle associazioni nazionali e internazionali. Considerando il livello occupato dagli intervistati nel gruppo di appartenenza, notiamo che le basi più degli altri ritengono che i giovani si avvicinano per trovare soluzioni ai problemi non strettamente personali, ma comuni alla categoria. Questo probabilmente per il semplice fatto che tra i nostri intervistati le basi sono soprattutto giovani fino a 24 anni e vivono in prima persona quegli stessi problemi avvertendoli come più urgenti. Tabella D.6 Aspettative rispetto al gruppo di appartenenza per tipo di associazione Ass./org. naz.

Ass./organ. locale

Gruppo informale

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

soddisfazione esigenze lavorative/formative

26

46

28

32

5

23

59

36

soluzione problemi personali

21

38

25

28

9

41

55

33

soluzioni problemi dei giovani

14

25

38

43

11

50

63

38

soluzione problemi altre categorie

25

45

33

38

4

18

62

37

soluzione problemi città/ quartiere/zona

26

46

43

49

9

41

78

47

Totale

trasformazione società

34

61

50

57

12

55

96

58

altro

5

9

8

9

5

23

18

11

Totale soggetti intervistati

(56)

(88)

(22)

(166)

Abbiamo incrociato la motivazione alla partecipazione in generale con le aspettative riposte nel gruppo. La tabella D.8 che presenta i risultati, contiene solo i valori percentuali calcolati sui casi e il loro numero per ciascuna categoria tra parentesi nei marginali, per avere sempre chiaro di quante persone stiamo parlando. Ricordiamo che entrambe le varia-

77


Quando i giovani partecipano

bili erano a scelta multipla, per cui questa tabella presenta tutte le combinazioni tra i tre motivi e le tre aspettative. Tabella D.7 Aspettative rispetto al gruppo di appartenenza per livello all’interno del gruppo livello all’interno del gruppo/associazione vertice

intermedio

Totale

base

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

soddisfazione esigenze lavorative/formative

24

34

13

39

20

35

57

36

soluzione problemi personali

24

34

11

33

19

33

54

34

soluzioni problemi dei giovani

25

36

9

27

26

46

60

38

soluzione problemi altre categorie

26

37

13

39

19

33

58

36

soluzione problemi città/ quartiere/zona

34

49

17

52

23

40

74

46

trasformazione società

41

59

20

61

31

54

92

58

altro

8

11

3

9

7

12

18

11

Totale dei intervistati

(70)

(33)

(57)

(160)

La maggior parte dei dati è perfettamente coerente, ad esempio il 65% di quelli che ritengono la solidarietà verso gli altri una spinta alla partecipazione, pensano anche che i giovani si aspettano di poter trasformare la società entrando in quel determinato gruppo. Altro dato perfettamente coerente è che il 66% di coloro che pensano che i giovani partecipino per avere nuove opportunità lavorative, pensa anche che si aspettino dal gruppo di poter appagare esigenze lavorative e formative. Ma il risultato più interessante viene da coloro che ritengono che la motivazione alla partecipazione sia l’espressione del sé e il bisogno di autorealizzazione: il 62% di essi ritiene, infatti, che i giovani si avvicinino al gruppo per trasformare la società. Siamo in presenza di quello che Ilvo Diamanti definisce «“un volontariato personale”: un anello che lega, nell’individuo, la duplice dimensione, dell’impegno civico e dell’autorealizzazione. Un volontariato speso per se stessi; e con gli altri, più che negli altri10». I giovani cercano dunque di realizzare un equilibrio nei propri percorsi personali, tentando di con10 Diamanti I., in Caltabiano C.(2003).

78


Capitolo 2

ciliare contemporaneamente esigenze diverse: da un lato ottenere quei riconoscimenti e quelle sicurezze che il contesto attuale rende piuttosto difficile raggiungere per altre vie, dall’altro essere utili al prossimo e migliorare la società, o il proprio contesto locale. Resta comunque evidente che gli atteggiamenti più ambigui sono rivolti ad associazioni/ gruppi più formali, (l’aspettativa di soddisfare esigenze lavorative è ad esempio maggiore nelle associazioni di tipo nazionale/internazionale) mentre esperienze che prevedano un maggior coinvolgimento dei ragazzi in tutti i processi, anche organizzativi e decisionali, che riguardano il gruppo, spingono a partecipare in maniera diretta senza la ricerca di contropartite. Tabella D.8 Motivazioni a partecipare rispetto al gruppo di appartenenza. Valori percentuali

esigenze lavorative formative

soluzione problemi personali

soluzioni problemi dei giovani

soluzione problemi altre categorie

soluzione problemi città/ quartiere/zona

trasformazione società

Numero dei soggetti intervistati

Aspettative riposte nel gruppo

solidarietà verso gli altri

38

35

38

44

48

65

(77)

bisogno di sentirsi parte di un gruppo

33

43

41

35

50

54

(98)

valori religiosi

50

31

27

27

65

58

(26)

valori etici

35

18

37

43

47

65

(51)

Motivi della partecipazione in generale

impegno politico

30

30

20

65

40

75

(20)

voglia di divertirsi

30

40

49

23

38

43

(47)

voglia di impiegare il tempo in modo diverso

25

35

38

37

53

53

(60)

nuove opportunità lavorative

66

31

41

28

45

48

(29)

espressione del sé e autorealizzazione

35

32

42

38

46

62

(65)

Numero dei soggetti intervistati

(58)

(55)

(63)

(62)

(78)

(94)

(164)

Abbiamo chiesto agli intervistati di esprimere un parere sulla loro esperienza partecipativa fino ad oggi (quindi non riferita strettamente al gruppo attuale), attraverso un giudizio, variabile da molto a per nulla, su otto aggettivi (gratificante, faticosa, coinvolgente, divertente, deluden-

79


Quando i giovani partecipano

te, dispersiva, formativa e vincolante). Dalla combinazione dei giudizi espressi su ciascuno di essi è stato costruito un indice di coinvolgimento con punteggio che varia da -12 a +12, riclassificato in quattro classi. Il risultato è un quadro non entusiasmante poiché in pratica le posizioni estreme si equivalgono e il 23% dei nostri intervistati si sente poco coinvolto nella sua esperienza partecipativa. Dall’analisi delle motivazioni emerge che gli entusiasmi iniziali sono stati castrati, quindi il giudizio è il risultato della delusione sperimentata nel tempo. Le cause si possono distinguere in due macrocategorie: la difficoltà ad interloquire con le istituzioni, di ottenere fondi, di farsi riconoscere come soggetti attivi e la difficoltà interna ad interagire con persone che spesso non si approcciano all’associazione stessa con la dovuta assunzione di responsabilità o condividendone appieno le finalità, ma mossi da fini egoistici e da ambizioni personali. Nell’interpretare queste risposte, va considerato che i nostri intervistati possono aver espresso questi pareri riferendosi ad associazioni o a gruppi di cui hanno fatto parte in passato. Tabella D.9 Indice di coinvolgimento v.a.

%

Per niente coinvolto

22

13

Poco coinvolto

40

23

Mediamente coinvolto

66

38

Molto coinvolto

26

15

Totale

154

89

N.r.

19

11

Totale

173

100

I giudizi più negativi sono più frequenti in chi appartiene ad associazioni nazionali o internazionali ed ha più di 34 anni. Le associazioni nazionali e internazionali sono certamente caratterizzate da una maggiore strutturazione, burocraticità e rigidità rispetto alle associazioni locali e ancora di più rispetto ai gruppi informali, aspetti necessari al funzionamento stesso di associazioni ramificate su tutto il territorio, che possono aver influito sul giudizio. Come si vede dal prossimo grafico, se è vero che la percentuale di coloro che non si sentono affatto coinvolti è analoga nelle diverse classi di età o con differenze poco rilevanti, nessun intervistato con più di 34 anni si sente molto coinvolto rispetto all’esperienza partecipativa. 80


Capitolo 2

Grafico D.5 Indice di coinvolgimento

Emerge forte su questo punto la differenza con i giovanissimi caratterizzati da maggiore entusiasmo e probabilmente con minori esperienze negative alle spalle. Può aver influito su questo giudizio anche il fatto che il 25% dei ragazzi tra i 16 e i 24 anni intervistati appartiene a gruppi informali e, più in generale, il 26% è sì un volontario, ma con competenze specialistiche. Questo significa poter mettere in pratica e vedersi riconosciuta un’abilità o una competenza acquisita, magari al di fuori di percorsi canonici, fonte di maggiore soddisfazione. Al contrario, nessuno degli intervistati con oltre 34 anni appartiene a gruppi informali e, in generale, il 34% di essi ricopre il ruolo di presidente, carica importante, ma più impegnativa sul piano dei rapporti con le istituzioni, così come sul piano organizzativo, logistico e di coordinamento, con tutte le difficoltà viste prima. Tabella D.10 Indice di coinvolgimento per classe di età per niente coinvolto

poco coinvolto

mediamente coinvolto

molto coinvolto

v.a.

v.a.

v.a.

%

v.a.

%

%

%

Totale v.a.

%

16-24

6

16

5

13

15

40

11

30

37

100

25-29

9

16

14

25

23

42

9

16

55

100

30-34

3

9

10

30

14

42

6

18

33

100

+34

4

14

10

36

14

50

0

-

28

100

Totale

22

14

39

25

66

43

26

17

153

100

Il grafico D.6, rappresenta un’ulteriore conferma di ciò che abbiamo appena detto. Coloro che occupano un livello base, che sono, poi, anche i più giovani, esprimono globalmente giudizi più positivi. Sommando le

81


Quando i giovani partecipano

percentuali di chi si è dichiarato mediamente e molto coinvolto, abbiamo il 70% delle basi versus il 57% dei vertici e solo il 50% degli intermedi — questi ultimi si sono distribuiti più equamente tra le diverse categorie di risposta rispetto agli altri, quindi sembra non esserci relazione tra questa posizione e il livello di coinvolgimento. Grafico D.6 Indice di coinvolgimento per livello all’interno del gruppo

Una relazione, al contrario, sembra esistere tra l’anno di adesione al gruppo e il livello di coinvolgimento: più è recente l’adesione e maggiormente si è coinvolti. Anche questo ha a che vedere, probabilmente, in qualche modo con l’entusiasmo e la freschezza dei più giovani, non solo in termini anagrafici, ma anche in termini di più recente partecipazione. Parliamo, infatti, di persone che appartengono al gruppo da non più di tre anni e animati probabilmente dalle più forti motivazioni che sostengono la partecipazione nel periodo iniziale. Grafico D.7 Indice di coinvolgimento per anno di adesione

82


Capitolo 2

F. Link istituzionali e associativi La sezione F ha inteso sondare i rapporti delle organizzazioni considerate, sia con altre realtà associative, sia con le istituzioni, soprattutto quelle locali, chiedendo anche un giudizio sulle politiche giovanili attuate sul territorio di riferimento. La prima domanda di questa sezione riguardava il rapporto con le istituzioni. Abbiamo chiesto di indicare con quale frequenza l’associazione avesse rapporti con gli enti indicati (rapporti molto frequenti; abbastanza frequenti; sporadici; nulli). Considerando tutti quelli che hanno dichiarato di avere almeno rapporti sporadici con ciascuna istituzione, abbiamo riepilogato i risultati nella tabella F.1. Anche qui abbiamo due colonne percentuali, la prima riferita al numero delle risposte, la seconda riferita ai casi. Il Comune è l’ente con il quale le organizzazioni maggiormente interagiscono a vario titolo; qui, infatti, abbiamo il 21% delle risposte e l’81% delle organizzazioni che abbiamo intervistato. In particolare con il Comune, i rapporti sono molto frequenti nel 33% dei casi. Dal totale delle percentuali sui casi, possiamo evincere che in media le organizzazioni intervistate hanno rapporti con quattro istituzioni sulle otto tra cui era possibile scegliere. Tabella F.1 Rapporti con Enti locali e istituzioni v.a.

%

% sui casi

Regione

96

15

62

Provincia

109

17

69

Comune

132

21

81

Municipi/circoscrizioni

59

9

38

Comunità montane

26

4

17

Asl

73

12

47

Scuola università

113

18

72

Altro

22

4

16

(630)

100

(412)

Dalla tabella F.2 si vede che il contatto con le istituzioni dipende dal tipo di organizzazione, essendo in tutti i casi la frequenza dei rapporti delle organizzazioni nazionali più alta. I gruppi informali del nostro campione interagiscono nella metà dei casi con scuole e università e con il Comune (rispettivamente, 10 e 11 intervistati di gruppi informali su 21).

83


Quando i giovani partecipano

Tabella F.2 Rapporti con Enti locali e istituzioni per tipo di organizzazione Associazione/organizzazione nazionale/internazionale

Associazione/organizzazione locale

Gruppo informale

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

regione

38

72

54

67

4

19

provincia

38

72

65

77

6

29

comune

49

87

72

84

11

52

municipi

23

45

32

39

4

19

com. montane

8

16

15

18

3

14

asl

31

58

40

49

2

9

scuola università

40

74

63

75

10

50

altro

7

15

14

20

1

6

Totale intervistati

(54)

(85)

(21)

La tabella F.3 riepiloga il tipo di relazione che le associazioni hanno con i vari enti. Gli intervistati hanno indicato tutte le attività che legano le organizzazioni a ciascun ente e per questo motivo, il totale dei tipi di rapporto è superiore al totale delle organizzazioni che risultano in contatto con ogni ente (confronta i valori assoluti della tabella F.3 con quelli della tabella F.1). Per chiarezza espositiva, abbiamo tralasciato i municipi e le circoscrizioni, le comunità montane e la categoria residuale altro, con i quali le organizzazioni entrano in contatto in un numero più esiguo di casi. Mentre con istituzioni più distanti come la Regione, quasi la metà dei rapporti si concretizza nella partecipazione a concorsi; alla Provincia e al Comune si chiede un sostegno che può essere un patrocinio o il finanziamento di un’iniziativa. Infine, gli enti con i quali più spesso si svolgono attività congiunte sono l’asl e la scuola o l’università. Una ulteriore riflessione ci porta a rilevare che possiamo distinguere i rapporti con i vari enti in base all’orizzontalità (in caso di attività congiunte, partenariati), come nel caso dei Comuni e delle Scuole/Università/ASL, o alla verticalità (ad esempio per la partecipazione a concorsi), come nel caso delle Regioni. Un rapporto di tipo orizzontale si basa in prevalenza su una collaborazione paritaria e bidirezionale, mentre quello verticale vede l’associazione in una posizione di “subalternità” rispetto all’Ente, o comunque in attesa che gli venga erogato un servizio. Questi dati mettono in evidenza una certa difficoltà da parte delle as84


Capitolo 2

sociazioni e dei gruppi contattati nel portare avanti pienamente quel ruolo di governance che potrebbero assumere per promuovere politiche giovanili partecipate. L’approfondimento sui rapporti tra Associazioni e Enti Locali, ci riporta infatti inevitabilmente al tema attuale del welfare municipale fondato su un approccio territoriale integrato e modulato su un’organizzazione a rete del lavoro sociale. Un modello, quindi, che ha come cardine un approccio di lavoro interistituzionale e che vede la partecipazione attiva del partenariato sociale del territorio. Oggi assistiamo ad un nuovo lessico socio-istituzionale che, con espressioni come welfare municipale, welfare comunitario, welfare locale o welfare cittadino o welfare mix, fa complessivamente riferimento a quell’insieme di attori locali che attraverso la concertazione, co-progettano, condividono e ricompongono le molteplici azioni progettuali dentro un quadro complessivo di politiche sociali a livello cittadino. II modello di welfare, delineato con la legge 328/2000, in particolare nella sua costruzione a livello locale, implica la necessità di delineare il ruolo dei diversi soggetti che concorrono a definire il profilo di un welfare plurale sorretto da un sistema di responsabilità condivise. La legge 328, infatti, indica la programmazione concertata11 e partecipata, quale metodo prescelto nell’ambito delle politiche sociali, con l’obiettivo di costruire un sistema sociale locale basato sui principi della responsabilità condivisa e della valorizzazione delle risorse a livello di ambiti territoriali adeguatamente dimensionati per una programmazione efficace. Tra le finalità, la legge prevede che le Regioni, le Province, i Comuni e lo Stato riconoscano e agevolino il ruolo dei soggetti del Terzo settore nell’ambito della programmazione, organizzazione e gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. È chiaro però che affinchè tale intento venga realmente raggiunto è necessario un impegno da entrambe le parti: istituzioni e terzo settore. In seguito sono stati incrociati i dati relativi al tipo di attività che le Associazioni svolgono con gli Enti Locali, con l’appartenenza geografica delle Associazioni stesse. Le tabelle che seguono evidenziano i risultati. Nella Tabella F.4 vediamo che le Regioni hanno rapporti con le Associazioni per sostegno soprattutto al Nord (30%), per rapporti di rivendicazioni al Centro (15%), mentre per la partecipazione a concorsi in prevalenza 11 Il metodo della concertazione è stato gia sperimentato con la legge 285/1997 (accordo di programma per il Piano infanzia e adolescenza).

85


Quando i giovani partecipano

(seppure di poco superiore rispetto al Nord), al Sud e Isole (39%). I rapporti economici prevalgono in particolar modo nelle Associazioni del Centro Italia (19%). Tabella F.3 Riepilogativa del tipo di attività per ente scuola/ università

regione

provincia

comune

asl

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

attività congiunte

16

12

23

15

48

24

50

51

93

70

rapp. economici

18

14

15

10

35

17

14

14

13

10

donazioni

5

4

5

3

11

5

1

1

1

1

partecipazione a concorsi

52

41

39

25

24

12

5

5

7

5

sostegno

37

29

56

36

60

30

17

17

15

11

rapporti di rivendicazione

16

12

19

12

22

11

11

11

4

3

Totale

144

157

200

98

133

In seguito sono stati incrociati i dati relativi al tipo di attività che le Associazioni svolgono con gli Enti Locali, con l’appartenenza geografica delle Associazioni stesse. Le tabelle che seguono evidenziano i risultati. Nella Tabella F.4 vediamo che le Regioni hanno rapporti con le Associazioni per sostegno soprattutto al Nord (30%), per rapporti di rivendicazioni al Centro (15%), mentre per la partecipazione a concorsi in prevalenza (seppure di poco superiore rispetto al Nord), al Sud e Isole (39%). I rapporti economici prevalgono in particolar modo nelle Associazioni del Centro Italia (19%). Tabella F. 4 Tipo di attività con Regione per appartenenza geografica Regione attività congiunte rapporti economici donazioni partecipazione a concorsi

NORD

CENTRO

SUD E ISOLE

Totale

3

6

7

16

10%

13%

10%

11%

4

9

5

18

13%

19%

7%

12%

3

5

2

0

7%

4%

3%

11

15

26

52

37%

32%

39%

36%

86


Capitolo 2

sostegno rapporti di rivendicazione Totale

9

10

18

37

30

21%

27%

26%

1

7

8

16

3%

15%

12%

11%

30

47

67

144

Nella Tabella F.5 notiamo che i rapporti tra Associazioni e Province si basano su interessi economici soprattutto al Centro (21%), per la partecipazione ai concorsi al Nord (30%), così come per il sostegno (39%), e per le attività congiunte (16%) Tabella F. 5 Tipo di attività con Provincia per appartenenza geografica Provincia attività congiunte rapporti economici donazioni partecipazione a concorsi sostegno rapporti di rivendicazione Totale

NORD

CENTRO

SUD E ISOLE

Totale

7

4

12

23

16%

12%

15%

15%

2

7

6

15

5%

21%

7%

9%

2

1

2

5

5%

3%

2%

3%

13

7

19

39

30%

21%

23%

25%

17

9

30

56

39%

27%

37%

36%

2

5

12

19

5%

15%

15%

12%

43

33

81

157

Nella Tabella F.6 abbiamo i dati relativi alle relazioni con i Comuni: qui notiamo che al Nord prevalgono i rapporti economici (21%) e il sostegno (35 %), al Sud e Isole le attività congiunte (25%) e i rapporti di rivendicazione (14%), mentre al Centro la partecipazione a concorsi (20%).

87


Quando i giovani partecipano

Tabella F. 6 Tipo di attività con Comune per appartenenza geografica Comune attività congiunte rapporti economici donazioni partecipazione a concorsi rapporti economici rapporti di rivendicazione Totale

NORD

CENTRO

SUD E ISOLE

Totale

12

12

25

48

23%

23%

25%

24%

11

10

14

35

21%

20%

14%

17%

4

1

6

11

8%

2%

6%

5%

3

10

11

24

6%

20%

11%

12%

18

14

28

60

35%

27%

28%

30%

3

5

14

22

6%

10%

14%

11%

51

51

98

200

Tabella F. 7 Tipo di attività con Scuola/Università per appartenenza geografica Scuola/università attività congiunte rapporti economici donazioni partecipazione a concorsi partecipazione a percorsi sostegno

NORD

CENTRO

SUD E ISOLE

Totale

33

18

42

93

72%

69%

69%

70%

4

3

6

13

9%

11%

10%

10%

4

1

6

11

8%

2%

6%

5%

0

0

0

0

7

2

6

15

15%

8%

10%

11%

2

2

4

8%

3%

3%

26

61

133

1 2% 1 2%

rapporti di rivendicazione

0

Totale

46

88

1 1% 1 1%


Capitolo 2

Con Scuola e Università notiamo che vi sono poco differenze: per le attività congiunte il Centro è l’area più abituata a questo tipo di rapporto (69%), e per la partecipazione ai concorsi il Sud e Isole (8%). Il sostegno viene richiesto soprattutto al Nord (15%). Rispetto alle ASL, notiamo che le attività congiunte si praticano soprattutto al Sud e isole (59%),il sostegno al Nord (33%) e i rapporti di rivendicazione al Centro (17%). Tabella F. 8 Tipo di attività con ASL per appartenenza geografica Scuola/università attività congiunte rapporti economici donazioni partecipazione a concorsi sostegno rapporti di rivendicazione Totale

NORD

CENTRO

SUD E ISOLE

Totale

7

11

32

50

33%

48%

59%

51%

4

5

5

14

19%

22%

9%

14%

1

1

1,8%

1

0

0

2

1

2

5

9%

4%

4%

5%

7

28,6

8

17

33%

15%

17%

1

4

6

11

5%

17%

11%

11%

21

23

54

98

Per rilevare il giudizio degli intervistati sulle istituzioni locali e nazionali abbiamo inserito un differenziale semantico con sette coppie di aggettivi contrapposti (flessibili-rigide; trasparenti-opache; potenti-impotenti; vicine-lontane; forti-deboli; leggere-pesanti; attente-disattente), ai quali gli intervistati dovevano reagire attribuendo un punteggio compreso tra 1 (condivisione piena aggettivo di sinistra) e 7 (condivisione piena aggettivo di destra). Gli aggettivi scelti sono stati ritenuti rilevanti su due dimensioni: fiducia nelle istituzioni e adeguatezza delle istituzioni. L’indice di fiducia è stato calcolato sommando i punteggi assegnati sulle contrapposizioni: trasparenti-opache; vicine-lontane e attente-disattente e varia tra 3 e 21, poi classificato in tre classi.

89


Quando i giovani partecipano

Tabella F.9 Fiducia nelle istituzioni locali v.a.

%

Molta fiducia

17

10

Moderata fiducia

79

46

Nessuna fiducia

73

43

Totale

169

98

Dati mancanti

4

2

Totale

173

100

Sebbene una larga percentuale si posizioni nelle categorie centrali, come sempre accade in presenza di strumenti come le scale, il 43% dei nostri intervistati risulta non avere alcuna fiducia nelle istituzioni locali. Se si passa poi alle istituzioni nazionali, il risultato è ancora più netto, dato che il 62% dichiara di non avere alcuna fiducia in esse. D’altra parte, questo risultato è in linea con le ragioni addotte all’esperienza associativa negativa: la difficoltà di interagire e di interloquire con le istituzioni, locali o nazionali che siano. Probabilmente, il giudizio sulle istituzioni locali è un po’ meno critico per la minore distanza, se non altro spaziale, rispetto a quelle nazionali. Tabella F.10 Fiducia nelle istituzioni nazionali v.a.

%

Molta fiducia

5

3

Moderata fiducia

51

29

Nessuna fiducia

107

62

Totale

163

94

Dati mancanti

10

6

Totale

173

100

Riguardo alle istituzioni locali, i più critici risultano essere gli uomini come mostra la tabella F.6, mentre non vi sono differenze per titolo di studio e per tipo di associazione. Il giudizio sulle istituzioni nazionali, al contrario, non presenta differenze su alcuna delle variabili di stratificazione considerate, essendo unanimemente aspro.

90


Capitolo 2

Grafico F.1 Fiducia nelle istituzioni locali e nazionali

Tabella F.11 Fiducia nelle istituzioni locali per sesso sesso maschio molta fiducia

Totale

femmina

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

6

7

11

13

17

10

moderata fiducia

33

41

46

52

79

47

nessuna fiducia

42

52

31

35

73

43

Totale

81

100

88

100

169

100

L’indice di adeguatezza è stato calcolato sommando i punteggi assegnati sulle contrapposizioni potenti-impotenti; forti-deboli; leggere-pesanti e flessibili-rigide, varia tra 4 e 28, riclassificato in quattro classi. La tabella F.12 evidenzia una migrazione maggiore rispetto a quanto avvenuto per l’indice di fiducia verso la categoria moderata. In pratica, nessun intervistato le ritiene ‘adeguate’ (abbiamo 0 sia tra le basi sia tra gli intermedi e 1 solo caso tra i vertici), sebbene il 10% del nostro campione nutra molta fiducia in esse: probabilmente per questi intervistati le due questioni non vanno esattamente di pari passo, concentrandosi sulla bontà degli intenti più che sul raggiungimento degli obiettivi. Anche sull’adeguatezza delle istituzioni locali non vi sono differenze di rilievo, se non per il livello all’interno dell’associazione. Non a caso, il giudizio dei vertici e degli intermedi è molto più critico: è probabile, infatti, che la farraginosità di certe procedure burocratiche o l’essere penalizzati in qualche modo come associazione, creino frustrazione e malcontento in chi le rappresenta.

91


Quando i giovani partecipano

Tabella F. 12 Adeguatezza delle istituzioni locali v.a.

%

Adeguate

1

1

Moderatamente adeguate

129

75

Inadeguate

38

22

Totale

168

97

Dati mancanti

5

3

Totale

173

100

Tabella F. 13 Adeguatezza delle istituzioni locali per livello all’interno dell’associazione livello all’interno del gruppo/associazione vertice v.a.

intermedio

%

v.a.

%

Totale

base v.a.

%

v.a.

%

adeguate

1

1

0

0

0

0

1

1

mod. adeguate

51

73

25

74

48

83

124

77

inadeguate

18

26

9

26

10

17

37

23

Totale

70

100

34

100

58

100

162

100

Contrariamente a quanto visto per la fiducia, dal punto di vista dell’adeguatezza le istituzioni nazionali e locali sono considerate sullo stesso piano, come si vede bene dal grafico F.2. Anche in questo caso i più critici sono i vertici e gli intermedi come vediamo nella tabella F.14. Grafico F.2 Adeguatezza delle istituzioni locali e nazionali

92


Capitolo 2

Tabella F.14 Adeguatezza delle istituzioni nazionali per livello all’interno del gruppo livello all’interno del gruppo/associazione vertice adeguate

intermedio

Totale

base

N

%

N

%

N

%

N

%

1

1

0

0

1

2

2

1

mod. adeguate

48

71

24

75

47

82

119

76

inadeguate

19

28

8

25

9

16

36

23

Totale

68

100

32

100

57

100

157

100

Il dibattito sulle politiche per i giovani a livello locale, nazionale ed europeo verte ancora oggi su questioni controverse: l’evoluzione delle politiche giovanili può essere descritta come un passaggio progressivo da una concezione protettiva del ruolo dello Stato verso soggetti meritevoli di tutela, ad una funzione di promozione e sviluppo delle giovani personalità in transizione. In tempi più recenti, l’invecchiamento demografico, la disoccupazione giovanile, l’aumento dei tassi di povertà tra i giovani e l’autoesclusione dalla partecipazione civile stanno riportando all’ordine del giorno il problema gioventù e con esso la necessità di immaginare una politica diretta a fronteggiare i rischi che gravano sui segmenti più vulnerabili della popolazione giovanile. In questo ambito dell’azione pubblica, prima che in altri, ci si è posti il problema di attuare interventi e definire regole attraverso il coinvolgimento diretto dei destinatari; fare politiche con e non solo per i giovani. Un orientamento che oggi definiamo di governance, che si scontra con un crescente disinteresse dei giovani verso la politica - sia nelle sue forme tradizionali (partiti, sindacati) sia verso pratiche quali l’associazionismo giovanile, nelle quali si è tradizionalmente manifestata la partecipazione dei giovani alla vita attiva della società. Rispetto a questo tema, abbiamo chiesto agli intervistati di esprimere un’opinione sulle politiche giovanili. Prima di vederle nel dettaglio, diciamo intanto che solo nel 46% dei casi sono state attuate politiche per i giovani nel territorio di riferimento, mentre una buona percentuale, il 21%, non è informato su questo aspetto. La maggior parte di coloro che non sono informati è volontario base e la mancanza di informazione potrebbe dipendere dallo scarso interesse del soggetto, ma anche dall’incapacità comunicativa attribuita alle istituzioni. Come emerge dai focus, spesso le istituzioni locali non informano sufficientemente i giovani sulle opportunità ad essi riservate. Il fatto è

93


Quando i giovani partecipano

che fare politiche per i giovani vuol dire ricostruire legami sociali, creare nuova fiducia tra giovani e tra giovani ed adulti e istituzioni, rigenerare “cittadinanza”. Fare loro spazio. Si tratta allora di partire dalle istituzioni con dei “mediatori” che possono creare ponti tra parti oggi separate. Per fare questo gli strumenti sono molti e vanno scelti sulla base delle situazioni locali, sempre diverse tra loro. Spazi giovanili, percorsi formativi, Informagiovani, eventi, servizi, peer education, percorsi nelle Scuole e Università sull’educazione civile, forum, consulte, nuovi media, ecc. Tabella F.15 Presenza di politiche sociali giovanili sul territorio Sì

v.a.

%

80

46

No

54

31

Non so

36

21 98

Totale

170

Dati mancanti

3

2

Totale

173

100

Agli 80 soggetti che hanno risposto che sul loro territorio sono state attuate politiche giovanili, abbiamo chiesto di esprimere un giudizio su di esse, attraverso una batteria Likert, che consiste nel manifestare un grado di accordo (da molto a per nulla) su 8 frasi, 4 con valenza positiva e 4 con valenza negativa. Sottraendo la somma dei punteggi attribuiti alle frasi con valenza negativa dalla somma dei punteggi attribuiti alle frasi con valenza positiva, abbiamo ottenuto un indice di efficacia delle politiche, variabile tra -12 e + 12 poi ricodificato in 4 classi. Come mostrano le tabelle F.16 e F.17, il 64% ritiene le politiche attuate in favore dei giovani per niente o poco efficaci, non considerandole tra l’altro capaci di favorire la partecipazione giovanile. I più critici nei confronti dell’efficacia delle politiche sono gli intervistati dai 30 anni in su, che le ritengono incapaci di creare opportunità e di stimolare una piena partecipazione. Infatti, si ritiene che le politiche non siano il frutto di un’analisi di bisogni ed esigenze reali dei giovani, ma strumenti di propaganda elettorale o interventi che favoriscono solo una parte dei cittadini. Queste posizioni trovano riscontro sia nell’analisi di ciascuna delle affermazioni che compongono l’indice stesso, sia nell’analisi delle risposte a una domanda aperta sui suggerimenti alle istituzioni locali.

94


Capitolo 2

Tabella F.16 Efficacia Politiche sociali giovanili v.a.

%

Per niente efficaci

17

21

Poco efficaci

34

43

Mediamente efficaci

19

24

Molto efficaci

3

4

Totale

73

91

Dati mancanti

7

9

Totale

80

100

Grafico F.3 Efficacia delle politiche giovanili

Tabella F.17 Efficacia Politiche sociali giovanili per la capacità di favorire la partecipazione per niente

poco efficaci

efficaci

mediamente

molto effi-

efficaci

caci

Totale

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

0

0

12

36

12

63

3

100

27

38

no

15

94

15

45

4

21

0

0

34

48

non so

1

6

6

18

3

16

0

0

10

14

Total

16

100

33

100

19

100

3

100

71

100

Tabella F.18 Efficacia Politiche sociali giovanili per classe di età 16-24

25-29

30-34

oltre 34

Totale

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a

%

v.a

%

non efficaci

0

0

5

19

8

44

5

38

18

24

poco efficaci

11

61

15

56

7

39

3

23

36

47

med. efficaci

5

28

6

22

3

17

5

38

19

25

molto efficaci

2

11

1

4

0

0

0

0

3

4

Totale

18

100

27

100

18

100

13

100

76

100

95


Quando i giovani partecipano

Spesso il fare politiche con i giovani passa attraverso la lettura di risultati di ricerche che gli stessi enti commissionano, evidenziando l’interesse a comprendere quanto avviene intorno a loro, nel territorio del proprio insediamento, nel vissuto soggettivo e collettivo giovanile. Eppure, già Rauty alla fine degli anni Ottanta sostiene che “l’interesse delle ricerche promosse dagli enti locali ha elevato senza dubbio il numero delle committenze, favorendo una stretta connessione tra le indagini e le realtà territoriali, anche se esso non è riuscito quasi mai a riunificare acquisizioni conoscitive e prospettive di intervento istituzionale. Si deve, anzi, sottolineare, a livello di riscontro delle politiche istituzionali, che un’analisi realistica degli effetti concreti ottenuti, se da un lato le confina ancora alla pura testimonianza di buona volontà, dall’altro non può che sollecitare una posizione critica sull’efficacia e sulla utilità di politiche sociali che hanno finito per attribuire una scarsa significatività ai movimenti giovanili, disincentivandoli spesso alla ricerca di costruzione di rappresentanze più che di realtà di movimento e rendendo alla fine incoerente la protesta e la ragione dei medesimi12”. Ma cosa dovrebbero fare allora le istituzioni locali? La tabella F.19 mostra che il 27% dei rispondenti suggerisce un maggiore ascolto e il 30% la creazione di luoghi di aggregazione, di scambio e di confronto che siano anche i luoghi da cui far partire proprio un dialogo con le istituzioni stesse. In effetti, paradossalmente le richieste vanno nella direzione dell’esistente visto che la creazione di spazi aggregativi sembra essere uno dei pochi interventi attuati dalle istituzioni locali. Bisognerebbe forse approfondire questo aspetto per capire se la richiesta è più orientata all’autogestione o ad una diversa gestione degli spazi concessi; ancora, potrebbe darsi che la voce che si sperava di far partire da questi centri per un dialogo, per uno scambio con le generazioni più adulte, sia rimasta inascoltata. Tabella F.19 Suggerimenti per le istituzioni locali v.a.

%

promozione di spazi aggregativi/luoghi di confronto, scambio

52

30

maggiore ascolto alle esigenze/bisogni dei giovani

47

27

incentivi e sostegno economico alle attività giovanili

16

9

12 Rauty R. (1989), p. 22.

96


Capitolo 2

promozione di attività formative/informative

23

13

trasmissione di fiducia e credibilità delle istituzioni

7

4

promozione delle politiche lavorative per l’occupazione

5

3

valorizzazione delle responsabilità/potere decisionale

7

4

Totale

157

91

dati mancanti

16

9

Totale

173

100

Il dato sui suggerimenti proposti alle Istituzioni è stato incrociato con l’appartenenza geografica. Quello che emerge dalla tabella F.20, mostra che l’esigenza di spazi fisici proviene soprattutto dalle Associazioni del Centro Italia (40%), mentre sono soprattutto quelle del Sud ed Isole (38,7%) a proclamare un maggiore ascolto di bisogni ed esigenze giovanili. Il sostegno economico alle attività dei giovani è invece il suggerimento che tra le 3 aree geografiche, soprattutto quella del Nord proporrebbe alle Istituzioni locali (19,1%), così come la promozione di attività formative ed informative (25,5%). Tabella F.20 Suggerimenti alle Istituzioni per appartenenza geografica delle Associazioni

promozione di spazi aggregativi/luoghi di confronto, scambio maggiore ascolto alle esigenze/bisogni dei giovani incentivi e sostegno economico alle attività giovanili promozione di attività formative/informative trasmissione di fiducia e credibilità delle istituzioni promozione delle politiche lavorative per l’occupazione

Nord

Centro

Sud e Isole

Totale

14

12

26

52

29,7

40

32,5

33,1

9

7

31

47

19,1

23,3

38,7

29,9

9

3

4

16

19,1

10

5

10,1

12

4

7

23

25,5

13,3

8,7

14,6

1

1

5

7

2,1

3,3

6,2

4,4

5

5

0

0

6,2

3,1

valorizzazione delle responsabilità/ potere decisionale

2

3

2

7

4,2

10

2,5

4,4

Totale

47

30

80

157

97


Quando i giovani partecipano

Alla fine di questa sezione abbiamo indagato i rapporti del gruppo con altre realtà associative che sono per oltre il 60% abbastanza o molto frequenti. Abbiamo raggruppato le realtà con le quali si entra in contatto in cinque macrocategorie rappresentate nella tabella F.22. Ciascun gruppo intervistato può entrare in contatto con ciascuna delle categorie indicate e quindi, anche qui, come per le altre domande a risposta multipla, presentiamo sia le percentuali calcolate sul totale delle risposte, sia le percentuali calcolate sui casi. Dal totale delle percentuali calcolate sui casi, notiamo che in media, ciascun gruppo da noi intervistato ha rapporti con 2,17 delle cinque categorie indicate. La categoria con la quale meno si entra in contatto è quella delle ‘organizzazioni istituzionali’ che qui comprende partiti, associazioni di categoria o sindacati, mentre il 99% dei casi, quindi in pratica tutti gli intervistati hanno rapporti con qualche gruppo che appartiene alla categoria ‘associazionismo’. Tabella F.21 Rapporti con altri gruppi No

v.a.

%

23

13

Sì ma sporadici

36

21

Sì abbastanza frequenti

54

31

Sì molto frequenti

52

30

Non so

6

3

Totale

171

99

Dati mancanti

2

1

Totale

173

100

Tabella F.22 Gruppi con i quali si entra in contatto risposte

% sui casi

N

%

imprese sociali

79

24

organizzazioni istituzionali

26

8

17

reti di II livello

34

10

22

51

ONG

42

13

27

associazionismo

153

46

99

Totale

334

100

217

Andando a distinguere tra i gruppi, vediamo che non c’è differenza nel rapporto con il mondo dell’associazionismo; infatti, vi entrano in con98


Capitolo 2

tatto il 98% delle associazioni nazionali intervistate e il 100% sia delle associazioni locali sia dei gruppi informali. Una differenza, al contrario, la notiamo nei rapporti con le organizzazioni istituzionali (quindi partiti; sindacati e associazioni di categoria) con i quali solo uno dei 19 gruppi informali intervistati ha rapporti e con le reti di II livello, qui rappresentati da forum e consulte. Tabella F.23 Gruppi con cui si entra in contatto per tipo di gruppo intervistato risposte

% sui casi

N

%

imprese sociali

79

24

51

organizzazioni istituzionali

26

8

17

reti di II livello

34

10

22

ONG

42

13

27

associazionismo

153

46

99

Totale

334

100

217

I contatti sono finalizzati soprattutto alla partecipazione ad attività reciproche o ad attività congiunte, indicando perciò rapporti alla pari: le donazioni rappresentano, infatti, solo il 6%. Tabella F.24 Tipo di rapporti con altri gruppi v.a.

%

% sui casi

Attività congiunte

123

42

79

Rapporti politici

17

6

11

Partecipazione e attività reciproche

126

43

81

Donazioni

17

6

11

Altro tipo di rapporti

12

4

8

Totale

295

100

190

Infine, la tabella F.25 indica il tipo di rapporti che si ha con ciascuna macrocategoria di gruppi con i quali si interagisce. Naturalmente, i rapporti possono essere multipli anche con ciascuna categoria. Mentre attività congiunte e partecipazione ad attività reciproche sono molto frequenti con ciascun gruppo, ovviamente i rapporti politici sono più spesso instaurati con reti di secondo livello.

99


Quando i giovani partecipano

Tabella F.25 Gruppi con i quali si entra in contatto per tipo di rapporti rapporti con altri gruppi classe imprese sociali

istituzioni

reti di II livello

ONG

associazionismo

Totale

N

%

N

%

N

%

N

%

N

%

N

%

attività congiunte

71

90

25

96

27

79

38

90

122

80

123

80

rapporti politici

12

15

6

23

10

29

6

14

17

11

17

11

partecipazione ad attività reciproche

66

84

25

96

31

91

37

88

126

82

126

82

donazioni

13

16

3

12

5

15

4

10

17

11

17

11

altro tipo rapporti

5

6

2

8

2

6

2

5

11

7

11

7

Totale rapporti con altri gruppi

(79)

-

(26)

-

(34)

-

(42)

-

(153)

-

(154)

-

G. Reti ed integrazioni La sezione reti ed integrazioni cerca di capire se il gruppo è inserito in una rete, se lo è stato in passato e che posizione occupa. Naturalmente, non potevano mancare le domande riguardanti la conoscenza e i rapporti sia con il CSV sia con il Forum Nazionale Giovani, cercando di capire, attraverso suggerimenti ad hoc richiesti, quali miglioramenti si possono apportare alla propria azione. La sezione si chiude evidenziando gli aspetti positivi e negativi dell’essere parte di una rete. La prima domanda filtro riguarda proprio l’essere o meno inseriti in una rete. La tabella sinottica G.1 mostra che il 46% delle associazioni fa parte di una rete e il 29% ne ha fatto parte anche in passato. Tabella G.1 Inserimento in una rete nel presente e nel passato OGGI v.a.

PASSATO %

v.a.

%

79

46

51

29

no

63

36

74

43

non so

21

12

36

21

Totale

163

94

162

94

dati mancanti

10

6

11

6

Totale

173

100

173

100

100


Capitolo 2

La tabella G.2 incrocia l’esser parte di una rete oggi con l’esserne stati parte nel passato per controllare se vi è continuità o meno in questo senso. In effetti, il 56% delle associazioni che oggi sono inserite in una rete lo erano anche in passato, mentre il 13% di quelle che lo erano in passato hanno deciso di non esserne più parte e sono probabilmente quelli che si mostrano critici considerando che vi sono più rischi che vantaggi. Tabella G.2 Gruppo inserito in una rete oggi per gruppo inserito in una rete in passato il gruppo è inserito in una rete oggi sì

il gruppo era inserito in una rete in passato

v.a.

no %

non so

Totale

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

41

56

8

13

2

10

51

33

no

22

30

45

74

2

10

69

45

non so

10

14

8

13

17

81

35

23

Totale

73

100

61

100

21

100

155

100

La tabella G.3 mostra ciò che era facilmente immaginabile, ossia che le associazioni in rete sono nella maggior parte dei casi nazionali o internazionali e solo il 15% dei gruppi informali. Tabella G.3 Gruppo inserito in una rete per tipo di organizzazione Ass/org. nazionale

Ass./org. locale

gruppo informale

Totale

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

32

59

44

49

3

15

79

48

no

14

26

34

38

15

75

63

39

non so

8

15

11

12

2

10

21

13

Totale

54

100

89

100

20

100

163

100

Il 73% degli intervistati conosce il CSV e il 64% ha rapporti con il Centro Servizi. La tabella sinottica G.5 mostra che sono soprattutto le associazioni locali a conoscere il CSV mentre questa condizione riguarda solo il 52% degli appartenenti a gruppi informali. I rapporti con il Centro Servizi sono soprattutto orientati alla consulenza progettuale e all’organizzazione di attività congiunte.

101


Quando i giovani partecipano

Tabella G.4 Conoscenza e rapporti con il CSV Conosce CSV

Ha rapporti con CSV

v.a.

%

v.a.

%

127

73

110

64

no

43

25

17

10

Totale

170

98

127

73

dati mancanti

3

2

46

27

Totale

173

100

100

Tabella G.5 Conoscenza e rapporti con il CSV per tipo di organizzazione Conosce CSV

Ha rapporti con CSV

v.a.

%

v.a.

%

organizzazione nazionale

40

71

35

90

organizzazione locale

76

82

68

90

gruppo informale

11

52

Totale

127

7

95

110

100

%

% sui casi

Tabella G.6 Tipo di rapporti con CSV v.a. consulenza formativa

49

17

45

consulenza progettuale

62

21

57

consulenza giuridico/legale

33

11

31

consulenza amministrativa fiscale

37

13

34

consulenza comunicazione/marketing

29

10

27

organizzazione attività congiunte

63

21

58

altro rapporto

20

7

18

Totale

293

100

271

Solo 43 tra gli intervistati hanno risposto con dei suggerimenti atti a migliorare il servizio erogato da CSV. La tabella G.7 ha perciò il solo scopo di presentare sinteticamente il risultato. La frequenza più alta è rappresentata dalla richiesta di sostegno e supporto della rete con azioni diverse quali favorire e migliorare la comunicazione tra le associazioni, creare dei database di associazioni distinte per categorie consultabili on line, creare una web community dove le associazioni che appartengono alla rete possano facilmente stabilire un contatto per lo scambio di buone prassi. La richiesta di promuovere le associazioni è intesa sia come la promozione di nuove associazioni in quei territori dove non ne esistono, 102


Capitolo 2

sia come sostegno alle associazioni più piccole già presenti in rete. L’inclusione, infine, delle associazioni più piccole è riferita ad associazioni poco conosciute e marginali, ma anche a gruppi informali. Analogamente a quanto previsto per il CSV, anche per il Forum Nazionale Giovani è stato chiesto se gli intervistati lo conoscevano e se vi erano in rapporti. Solo il 23% delle associazioni conoscono il Forum e si tratta soprattutto di organizzazioni nazionali e locali. Di questi tuttavia, quasi nessuna ha rapporti con il Forum, che, al solito si traducono in consulenza formativa e organizzazione di attività congiunte. Tabella G.7 Suggerimenti CSV v.a.

%

Migliorare la comunicazione

2

5

Maggiore formazione/tutoraggio

7

16

Inclusione associazioni più piccole

4

9

Informare di più sulle attività

4

9

Sostegno e supporto alle attività della rete

13

30

Semplificazione iter

1

2

Promuovere le associazioni

10

23

Ruolo politico più attivo

2

5

Totale

43

100

Tabella G.8 Conoscenza e rapporti con il FNG Conosce FNG

Ha rapporti con FNG

v.a.

%

v.a.

%

40

23

9

5 24

no

129

75

41

Totale

169

98

50

29

dati mancanti

4

2

123

71

Totale

173

100

173

100

Tabella G.9 Conoscenza e rapporti con il FNG per tipo di organizzazione Conosce FNG v.a.

%

Ha rapporti con FNG v.a.

%

organizzazione nazionale

15

27

4

27

organizzazione locale

21

23

3

11

gruppo informale

4

19

2

19

Totale

40

103

9


Quando i giovani partecipano

Tabella G.10 Tipo di rapporti con FNG v.a.

%

% sui casi

consulenza formativa

2

22

29

consulenza comunicazione/marketing

1

11

14

organizzazione attività congiunte

2

22

29

rappresentanza

1

11

14

altro rapporto

3

33

43

Totale

9

100

129

Solo sette intervistati hanno ritenuto di dover dare suggerimenti al Forum, non avendo gli altri alcun contatto con esso e il suggerimento più frequente è la necessità di radicarsi maggiormente sul territorio regionale e migliorare le informazioni anche potenziando il sito. Tabella G.11 Suggerimenti FNG v.a. migliorare le informazioni

2

radicarsi maggiormente sul territorio regionale

3

usare un linguaggio meno burocratico

1

potenziare ruolo di interlocutore con mondo

1

istituzionale Totale

7

La tabella G.12 riepiloga i motivi per partecipare ad una rete. Tra i buoni motivi, il 63% dei nostri intervistati risponde che in questo modo si possono più facilmente raggiungere gli obiettivi prefissati, seguito dallo scambio di buone prassi. Anche dall’analisi dei focus emerge che creare eventi partecipati da diverse associazioni suscita più fiducia da parte delle persone esterne e accresce la capacità di proporsi in maniera diversa. Tabella G.12 Motivi per partecipare ad una rete v.a.

%

migliorare l’immagine della propria associazione

8

5

raggiungere più facilmente gli obiettivi prefissati

63

36

scambio di buone prassi

58

34

acquisire maggiore potere contrattuale

7

4

104


Capitolo 2

altro

12

7

non so

10

6

Totale

158

91

dati mancanti

15

9

Totale

173

100

Il 22% dei nostri intervistati ritiene che sia rischioso entrare a far parte di una rete. Chi ha partecipato o partecipa tuttora ad una rete risponde che ci sono dei rischi più di chi non ha partecipato o non partecipa ad una rete, a significare quindi che i nostri intervistati parlano per esperienza diretta. Si tratta di numeri tutto sommato contenuti e più accentuati in chi può parlare a ragion veduta (fa parte o ha fatto parte di una rete); sarebbe interessante capire meglio se l’esperienza è stata generalizzata e quindi gli intervistati ritengono che qualunque tipo di rete genera gli stessi problemi, oppure se la critica rimane confinata nell’ambito delle reti esistenti. Tabella G.13 Rischi nel “partecipare ad una rete” v.a.

%

38

22

No

94

54

Non so

36

21

Totale

168

97

Dati mancanti

5

3

Totale

173

100

Tabella G.14 Rischi nel partecipare ad una rete per partecipa ad una rete ci sono rischi nel partecipare ad una rete Partecipa ad una rete

sì v.a.

no %

v.a.

non so %

v.a.

Totale %

v.a.

28

36

42

55

7

9

77

no

7

11

38

61

17

27

62

non so

3

14

9

43

9

43

21

Totale

38

24

89

56

33

21

160

105


Quando i giovani partecipano

Tabella G.15 Rischi nel partecipare ad una rete per ha partecipato ad una rete ci sono rischi nel partecipare ad una rete Ha partecipato ad una rete

no

non so

Totale

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

15

31

28

57

6

12

49

no

14

19

42

58

17

23

73

non so

7

19

17

47

12

33

36

Totale

36

23

88

55

35

22

159

I rischi maggiormente indicati nelle risposte aperte sono la manifestazione di una notevole diffidenza verso quella che si può definire come un’azione collettiva. Riguardano la perdita della propria identità intesa come il sacrificio dei propri fini a un fine altro. Alcuni ritengono che la rete rischi di snaturare il reale senso del volontariato, che l’accesso a questi organismi sia frutto di accordi predefiniti e che questi tutelino più i propri interessi che gli interessi delle associazioni che rappresentano. Le difficoltà evidenziate sono anche di tipo logistico, di coordinamento e di comunicazione tra associazioni sostanzialmente diverse anche nella strutturazione e nella rigidità. Questo comporterebbe per alcuni una notevole perdita di tempo e un ostacolo piuttosto che una facilitazione nel raggiungimento degli obiettivi prefissati. Tabella G.16 Quali rischi nel partecipare ad una rete v.a.

%

eccessiva burocratizzazione

2

8

difficoltà comunicative

4

15

difficoltà logistiche e di coordinamento

9

35

perdita di identità

9

35

difficoltà di coinvolgimento di tutte le associazioni

2

8

Totale

26

100

H. Andamento della partecipazione e previsione futura Questa sezione presenta le risposte degli intervistati sull’andamento della partecipazione negli ultimi cinque e nei prossimi cinque anni con l’indicazione delle tematiche verso le quali, secondo loro, si dirigerà. Quest’area tematica è stata inserita nel questionario per sondare il terreno e preparare le fasi successive della ricerca: studi di caso e focus group, utilizzati per approfondire quegli argomenti, difficilmente rilevabi106


Capitolo 2

li con uno strumento rigido come il questionario standardizzato. La tabella H.1 mostra le risposte degli intervistati sull’andamento della partecipazione giovanile relativi agli ultimi cinque anni e ai prossimi cinque anni. Le risposte relative alla partecipazione passata in pratica si equivalgono per il “diminuita” e l’ “aumentata”, presentando solo cinque punti percentuali di differenza. Sulla partecipazione futura si nota, invece, un maggiore ottimismo poiché solo il 14% ritiene che nel futuro la partecipazione giovanile diminuirà ancora. Grafico H.1 Andamento della partecipazione negli ultimi e nei prossimi cinque anni

Le motivazioni a sostegno della diminuzione e dell’aumento della partecipazione sono simili, sia considerando quella passata sia considerando quella futura. Tra le ragioni della diminuzione si trovano la perdita dei valori dei giovani, un individualismo diffuso e i troppi impegni che caratterizzano la vita di ciascuno. Quindi ragioni di tipo personale. Vi sono poi nuovamente motivazioni esterne all’individuo che riguardano l’incapacità delle istituzioni e delle stesse associazioni di coinvolgere i giovani. In qualche caso, si sostiene che le associazioni più grandi e strutturate respingano come un muro di gomma i giovani a causa dell’incapacità di comunicare, accompagnare, seguire e trasmettere i valori dell’associazione stessa. Altri intervistati sostengono che la partecipazione sia diminuita solo apparentemente e solo nelle associazioni formali, mentre esista un’altra faccia della partecipazione che non si vuole vedere, in contesti non istituzionali. Le motivazioni a sostegno dell’aumento della partecipazione riguardano la recente acquisizione da parte dei giovani di una maggiore consapevolezza del senso e del valore della cittadinanza attiva, nonché la crisi economica e l’inefficienza politica a tutti i livelli che hanno imposto un impegno attivo per incidere sui contesti

107


Quando i giovani partecipano

di appartenenza. Maggiore accesso all’informazione, più campagne di sensibilizzazione e il servizio civile nazionale completano il quadro. Gli intervistati potevano indicare tre tematiche che secondo loro avrebbero caratterizzato la partecipazione futura. In considerazione della situazione di crisi economica che spesso ritorna nelle risposte aperte, la tematica maggiormente scelta è stata quella legata al lavoro, problematiche relative alla scuola e ai temi ambientali sono le altre due. Probabilmente la scelta della tematica scolastica ha risentito delle proteste che hanno caratterizzato il mondo della scuola e dell’università al momento della somministrazione dei questionari. La tematica ambientale è invece emersa anche nelle altre fasi della ricerca ed è avvertita come un problema improrogabile che va affrontato e al quale tutti dovranno essere sensibilizzati. Queste tre tematiche, seppur apparentemente distanti sono accomunate dal legame che hanno con la salvaguardia di aspetti legati alla vita quotidiana e concreta dell’immediato futuro. Tabella H. 1 Tematiche v.a.

%

% sui casi

tematiche ambientali

75

16

46

problematiche legate alla scuola

79

17

49

problematiche legate al lavoro

108

23

67

pace e disarmo

35

7

22

necessità spazi aggregativi

35

7

22

multiculturalismo/immigrazione

48

10

30

attività sportive

16

3

10

rivendicazioni su temi sociali

25

5

15

valori di stampo religioso

13

3

8

globalizzazione

22

5

14

valori politici

15

3

9

altro

1

0

1

Totale

472

100

291

La tabella H.2 riguarda i suggerimenti che secondo gli intervistati potrebbero essere validi strumenti per incentivare la partecipazione. I suggerimenti dati dagli intervistati per migliorare e promuovere la partecipazione giovanile sono diversi: la percentuale maggiore di essi (23%) auspica una sensibilizzazione e un coinvolgimento dei giovani intorno ad

108


Capitolo 2

un sistema di valori; si fa riferimento quindi alle capacità delle Associazioni di far leva sulla coscienza/consapevolezza/senso di responsabilità giovanile, che va stimolato, orientato e coinvolto. Il 19% dichiara invece che per migliorare la partecipazione dei giovani andrebbe promossa la creazione di maggiori spazi di aggregazione, sia fisici che virtuali, luoghi di incontro in cui i giovani possano confrontarsi, discutere e scambiarsi opinioni. Anche le attività formative ed informative (16%) vengono indicate come potenziale strategia di miglioramento della situazione attuale: con questa azione si potrebbero trasmettere messaggi chiari e mirati ai giovani su determinati temi/argomenti. Quindi, da un lato bisognerebbe per i nostri intervistati promuovere valori ed ideali, agendo dunque sulla coscienza/consapevolezza giovanile, dall’altro invece bisognerebbe lavorare su aspetti concreti, sui luoghi fisici e non solo, in cui i giovani possano dialogare, quindi l’incontro/scambio come elemento dalla forte valenza positiva per la crescita personale. Tabella H. 2 Incentivi alla partecipazione Incentivi alla partecipazione

v.a.

%

Promozione maggiori spazi aggregativi/luoghi di incontro

33

19

Sensibilizzazione e coinvolgimento dei giovani sui valori

40

23

Maggiore potere decisionale ai giovani

11

6

Valorizzazione dei bisogni/esigenze dei giovani

14

8

Promozione attività formative/informative

27

16

Promozione politiche lavorative

8

5

Promozione del dialogo intergenerazionale

4

2

Incentivi economici

7

4

Mancate risposte

29

17

Totale

173

100

Incrociando gli incentivi alla partecipazione con il livello all’interno del gruppo, si nota qualche differenza riguardo alla richiesta degli spazi aggregativi, più importante per vertici intermedi e ritenuta dalle basi molto meno rilevante per promuovere la partecipazione. Anche se si tratta di percentuali contenute, è interessante notare che le basi insistono molto più che i vertici e gli intermedi sulla richiesta di maggiore potere decisionale ai giovani e sulla promozione di politiche lavorative. Un’ultima riflessione ci porta a considerare complessivamente l’autonomia come una grande rivendicazione dei giovani. Un’autonomia che 109


Quando i giovani partecipano

si basi sui mezzi concessi, in primo luogo quelli materiali, necessari per permettere di raggiungere un reale svincolo dalle famiglie d’origine. Pertanto andrebbero sviluppate politiche giovanili che tengano conto del punto di vista dei giovani e dei loro interessi, attingendo al bagaglio di esperienze specifiche. Dal momento che i giovani vogliono essere attivi nella società e si sentono parte in causa nelle politiche che interessano i diversi aspetti delle loro condizioni di vita, essi rifiutano l’idea che le politiche della gioventù vengano ristrette ad ambiti specifici. Tabella H. 3 Incentivi alla partecipazione per livello all’interno dell’associazione vertice

intermedio

base

Totale

N

%

N

%

N

%

N

%

maggiori spazi aggregativi/luoghi di incontro

16

26

9

29

6

13

31

22

sensibilizzazione e coinvolgimento dei giovani sui valori

19

31

8

26

10

22

37

27

maggiore potere decisionale ai giovani

3

5

2

6

6

13

11

8

valorizzazione dei bisogni/esigenze dei giovani

7

11

1

3

5

11

13

9

promozione attività formative/informative

10

16

8

26

9

20

27

20

promozione politiche lavorative

3

5

0

0

5

11

8

6

promozione del dialogo intergenerazionale

2

3

1

3

1

2

4

3

incentivi economici

2

3

2

6

3

7

7

5

Totale

62

100

31

100

45

100

138

100

Gli scenari incerti e fluidi della società attuale si caratterizzano per una elevata differenziazione strutturale e culturale e per il proliferare di sistemi valoriali molteplici e fragili. In questo contesto, la condizione giovanile13 assume i contorni sfumati e frammentati di un’età aperta, di cui si fa fatica a costruire una rappresentazione omogenea per stile di vita, modalità espressive e comportamenti collettivi. Con la fine dei partiti di massa e delle ideologie, oltre alla crisi dei grandi movimenti partecipativi, si assiste oggi, a livello generale, ad una privatizzazione degli affetti e dei problemi, unita ad una frammentazione ed alla fine delle sfide collettive. Ci si trova davanti dunque ad un diffuso individualismo di massa ed il 13 Mion R. (2001).

110


Capitolo 2

futuro, per la prima volta dal Dopoguerra, viene vissuto dai giovani con grande incertezza, senza sapere se riusciranno a migliorare le condizioni di vita dei loro padri. Si tratta di una novità generazionale talmente grande che, unita al declino dei riferimenti tradizionali, costringe i giovani a guardare al momento attuale con altre lenti. Infatti, se in passato le appartenenze erano chiare e caratterizzanti, oggi per quanto riguarda i giovani, si parla sempre di più di “pluriappartenenze” e “pluriidentità”. L’appartenenza si configura oggi più come ricerca di luoghi di espressione di sé (di “protagonismo giovanile14”), che non come acquisizione di identità cristallizzate e definitive. La progressiva crisi di partiti e sindacati d’altronde dimostra come anche la rappresentanza stia subendo delle serie trasformazioni. Se in passato ad appartenenza e a rappresentanza, conseguiva direttamente una “militanza” questo non può dirsi per il momento attuale. Le ricerche indicano che la militanza sia oggi legata al desiderio di cogliere opportunità15, soprattutto dove ci siano grandi movimenti e grandi adunanze massmediatiche, che spesso producono poco sul territorio in termini di impegno concreto. Da dove bisogna partire allora per promuovere l’associazionismo tra i giovani? Innanzitutto bisogna saper riconoscere ed intercettare nuove forme di partecipazione presenti nelle città. Si tratta infatti di cogliere forme allargate di partecipazione giovanile alla vita locale, che si manifestano con modalità diverse dal passato, quali l’associazionismo informale e quello virtuale, ossia il partecipare ad attività sportive, il fare musica insieme agli amici, suonare in una band, partecipare ai social network. Se queste sono le forme, bisogna saper trovare strumenti ed interventi idonei che favoriscano la partecipazione e l’associazionismo giovanile e li facciano rapportare con gli Attori Locali al fine di facilitare l’incontro tra giovani ed istituzioni, primo passo verso una conoscenza reciproca e la costruzione congiunta di un nuovo modello di società civile. I giovani oggi vivono in un mondo moderno che esprime una molteplicità di punti di vista e orientamenti di valore non riconducibili ad una visione di senso unitaria. In questa società sfaccettata e policentrica in cui i giovani hanno smarrito il centro e in cui le grandi ideologie di apparte-

14 Cfr. G. Campagnoli (2005). 15 R. Pocaterra (2005).

111


Quando i giovani partecipano

nenza sono crollate, si diffondono bisogni post-materialistici16. Questi mutamenti provocano profondi sconvolgimenti negli equilibri della società portando l’individuo ad assistere alla “preponderanza dello spirito oggettivo su quello soggettivo17” in un crescente processo di frammentazione della propria identità. Entro una dominante cultura liberista a sostegno dell’individualismo e della competizione, l’individuo contemporaneo avverte una concomitante necessità di “appartenere18” e contrastare la disaggregazione delle trame sociali e la percezione di un qualche sradicamento personale, familiare e sociale. All’interno dei “non luoghi”, simboli per Augè della nostra epoca, si avverte una crescente domanda di “senso”, una ricerca di luoghi significativi in cui ridefinire, attraverso rapporti significanti e profondi, una nuova attribuzione di senso allo spazio pubblico della “vita activa19”. C’è dunque spazio per una partecipazione giovanile, purchè le associazioni e le istituzioni sappiano leggere con nuove lenti le innovazioni che le giovani generazioni stanno portando avanti in questo ambito e siano pronte a modulare le proprie risposte mantenendosi costantemente aperte al confronto.

16 Inglehart chiama bisogni post-materialisti quelli di appartenenza e di stima, in contrapposizione a quelli materialisti, che sono invece i bisogni primari di sostentamento e sicurezza. 17 Simmel G. (1996). 18 A questo proposito i Il filosofo Kant asseriva che l’ uomo aveva un’inclinazione naturale ad associarsi, in quanto era animale sociale che nella comunità sviluppava le proprie disposizioni, ma anche una tendenza a dissociarsi, poiché sente, allo stesso tempo, un forte bisogno di distinguersi per affermare il proprio interesse. 19 Arendt H. ( 1998).

112


3. I risultati dei focus group di Simona Rotondi

Premessa L’indagine ha trovato un proficuo momento di esplorazione e approfondimento in tre focus group cui hanno preso parte rappresentanti dell’associazionismo in tre città del territorio nazionale: Brindisi, Roma, Milano. Questa tecnica ha permesso di rilevare in maniera qualitativa e con maggiore profondità aspetti rimasti inesplorati nel questionario, che necessitavano di una valorizzazione ulteriore, partendo dalle soggettive esperienze dei presenti. Tutti e tre i focus group hanno stimolato una dinamica interattiva, consentendo di evidenziare alcuni importanti aspetti analitici quali: la dimensione motivazionale dell’impegno dei giovani, gli orizzonti di senso attribuiti all’esperienza della partecipazione, gli elementi di criticità presenti attualmente nel contesto associativo, la vision futura e i suggerimenti per migliorare l’impegno giovanile. Sono stati ricostruiti, inoltre, lo storico personale, pregresso e parallelo all’esperienza associativa, dei presenti e le caratteristiche di qualità della loro esperienza organizzativa. Questa stessa tecnica ha offerto spunti e suggestioni molto interessanti nella ricostruzione della percezione dell’universo parallelo dei giovani impegnati nelle attività associative. Un gioco di specchi in cui è stato chiesto ai presenti di definire i giovani impegnati nel sociale, esplorandone attribuzioni di senso e proiezioni fino a scoprire, in realtà, la loro visione di vita e i sistemi valoriali che li sorreggono. I partecipanti

113


Quando i giovani partecipano

ai focus group provengono dai diversi settori dell’associazionismo: assistenza socio-sanitaria, ricreativo-culturale, tutela e protezione dei diritti, tutela e protezione ambientale. L’intensità del loro impegno conferma le indicazioni emerse dalla analisi della letteratura presente: i giovani si dedicano all’associazionismo con tempi variabili, in un faticoso sforzo di sintesi con la loro dimensione lavorativa e di studio. Percepiscono fondamentalmente l’attività associativa come un intervento non mediato sul bisogno, all’interno di un sistema di relazione solidaristica e orizzontale. Gli aspetti più interessanti provengono sicuramente dalle motivazioni sottese alla scelta dell’impegno associativo il quale viene percepito come un’opportunità formativa importante, spendibile per arricchire di senso la propria esperienza e aumentare la consapevolezza di sé, una sorta di motivazione autocentrata che guida l’impegno solidaristico. In alcuni casi partecipare è una leva di cambiamento del contesto sociale in cui si agisce; un’opportunità di trasformare positivamente contesti di vita e realtà locali percepite come degradate e problematiche. Gli intervistati hanno ricondotto l’impegno alle sostanziali caratteristiche di gratuità, stabilità dell’impegno e declinazione in contesti organizzativi strutturati. L’inserimento dell’impegno volontario in organizzazioni strutturate e funzionali rappresenta una sorta di garanzia di concretezza e incisività d’azione, un presupposto di efficienza ed efficacia che sviluppa il senso civico. Relativamente alla sfera motivazionale, essere attivi e partecipi rappresenta un ambito relazionale estremamente significativo e saldamente ancorato alla vita degli intervistati. Nella loro percezione, il giovane che partecipa/volontario è colui che non presenta un’eccezionalità etica o valoriale ma è semplicemente un soggetto che ha superato un limite emotivo. Nei focus viene rilevata un’interessante relazione tra volontariato e lavoro sociale; gli intervistati ritengono che il primo possa rappresentare una sorta di palestra di cittadinanza civica che debba essere svolto, in ogni caso, con un minimo di competenza; tuttavia il volontariato è propedeutico, per alcuni, al lavoro sociale e rappresenta appannaggio esperienziale dei ragazzi più giovani. Da questo punto di vista, gli intervistati ritengono che le associazioni abbiano prevalentemente una forte valenza formativa sul piano umano e relazionale ma non rappresentino contesti veramente efficaci per l’acquisizione di competenze spendibili. Tuttavia 114


Capitolo 3

su questo passaggio non tutti i giovani sono concordi, evidenziando una sovrapposizione tra il concetto di competenza e professionalità e ritenendo che l’informalità e spontaneità del volontariato si evolva nella professionalità/competenza del lavoro sociale. La competenza viene percepita essenzialmente come discrimine tra volontariato e lavoro sociale. Di seguito sono esplorate, nel dettaglio, le dimensioni analizzate.

3.1 Presente 3.1.1 Percezione della partecipazione La partecipazione giovanile viene percepita in molteplici modalità, anche se i punti focali che si ripetono nelle argomentazioni degli intervistati sono: il concetto della responsabilità (intesa come presa in carico dei problemi della collettività), il concetto di diritto/dovere a partecipare, il sentirsi parte (appartenenza come elemento imprescindibile della modernità), istinto e bisogno primario, consapevolezza e fiducia. Nei tre focus group si è fatto riferimento, nell’assegnare i significati al concetto della partecipazione, all’attuale cornice storico-politica, caratterizzata da elementi di forte precarietà, frammentazione dei tempi e spazi (e degli stili di vita), cambiamenti repentini in tutte le sfere della vita, e crisi dei modelli identitari classici (scuola, famiglia, politica, religione). In tale scenario la partecipazione assume un significato particolarmente importante: esso è correlato al protagonismo, all’“esserci”, all’impegno, come risposta alla perdita di valori, come strada che consente ai giovani di mantenere un legame con il territorio e di esprimere la propria opinione, con coscienza e maturità. Per alcuni intervistati la forma più pura di partecipazione è l’azione volontaria, caratterizzata dalla gratuità e dal “dono” come simbolo per eccellenza. Un aspetto emerso nei focus group è la questione delle competenze, in una duplice connotazione: snatura il senso del volontariato o lo rafforza? Da alcuni l’acquisizione delle competenze viene percepita come fase preliminare che conduce i giovani nel mondo del lavoro, quindi elemento positivo nell’esperienza associativa; altri invece fanno riferimento alla gratuità e alla spontaneità delle azioni volontarie, che devono essere salvaguardate. Gli intervistati dichiarano comunque che le esperienze svolte hanno consentito loro di acquisire

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competenze e capacità utili, spendibili nel mondo del lavoro. Il tema del lavoro e della sua relativa precarietà attuale, è un filo rosso sempre presente nelle narrazioni dei partecipanti ai tre focus group: si è fatto spesso riferimento alla difficoltà di trovare un posto stabile di lavoro, e al fatto che in tale situazione fare esperienza in associazioni consente perlomeno di acquisire skills utili a imparare una professione, a essere competitivi e competenti sul mercato del lavoro. Si auspica quindi una maggiore professionalizzazione delle esperienze associative, che possa condurre anche a una maggiore stabilità lavorativa futura. Infine, ciò che emerge come la principale risorsa che rende i giovani capaci di attivarsi e progettare è, soprattutto, una risorsa culturale. Gli esempi di partecipazione reali e concreti si basano tutti su una forte carica valoriale – e in particolare sulla passione per l’attività che si svolge e sul desiderio di agire sul proprio territorio – e su precedenti esperienze di relazione con adulti o con altri giovani. 3.1.2 Fenomeni emergenti La società attuale è caratterizzata, come riconoscono molti intervistati, da una diffusa crisi istituzionale e da precarietà nel mercato del lavoro. Rispetto al passato tutti concordano nel ritenere particolarmente difficile per i giovani avere modelli di riferimento. Si fanno quindi strada nuove modalità e forme partecipative, quali i Social Network, Facebook in particolare. Su questo nuovo strumento di partecipazione, sostanzialmente si delinea una duplice posizione da parte degli intervistati: chi lo denigra e chi lo ritiene uno strumento eccellente di aggregazione giovanile. Ma è la seconda opinione a prevalere: Facebook è considerato un’agorà utile per organizzare eventi, una buona opportunità per mettere in rete conoscenze ed informazioni, è lo specchio dei tempi frammentati, nuovo simbolo della modernità e risponde ai bisogni dei giovani. Tutti concordano nel riconoscere che comunque ne va fatto un buon utilizzo, per le associazioni viene visto come strumento strategico per promuovere maggiormente gli obiettivi verso i soci e altri target, e per organizzare eventi e gruppi di pressione su tematiche attuali. Emerge nei tre focus una differenziazione nei punti di vista: gli intervistati più adulti (over 40) tendono a mettere in guardia dal suo utilizzo e fanno riferimento a una nostalgica perdita di legami face to face, a quell’imme-

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diatezza dei rapporti che va scomparendo; i più giovani invece risultano essere più entusiasti del nuovo mezzo. 3.1.3 Elementi critici e negativi: cosa manca Non mancano le considerazioni critiche sulla sfera partecipativa, ancora molte e frequenti sono le zone oscure dell’associazionismo, i problemi che andrebbero risolti. Nel panorama attuale, si evidenzia una prevalenza di “non luoghi1”, ossia di indeterminatezza costante e di carenza di punti stabili di riferimento. In questo sistema i giovani hanno difficoltà a partecipare perché mancano figure adulte di riferimento. I giovani, secondo i presenti, non partecipano per due motivi: uno legato alla sfera personale/soggettiva (mancanza di ideali), l’altro alla scarsa capacità aggregante di molte associazioni (aspetti strutturali/organizzativi). Sono molti, secondo gli intervistati, i giovani che non partecipano e le motivazioni vanno identificate nella fase di ingresso nelle associazioni: per molti dei nostri interlocutori occorre una maggiore e sistematica azione di accompagnamento, soprattutto da parte di figure adulte di riferimento. Si parla poi di “attrattività” delle associazioni, intesa come capacità delle strutture di esercitare un’influenza positiva, di invogliare i giovani a farne parte, stimolando il loro desiderio di partecipare. La fase di accoglienza è quindi, a parere degli intervistati, determinante. Si riscontra infatti spesso il problema della discontinuità della partecipazione giovanile, che potrebbe essere superata se si attivassero percorsi formativi mirati e continuativi nel tempo. Molti ribadiscono l’esigenza che i giovani prendano in mano il Paese, portando innovazione alla sfera politica. I giovani sono quindi considerati come strategico elemento di rinnovamento, speranza futura per cambiare le sorti di un sistema politico in crisi. Il problema attuale, 1 Il neologismo “nonluogo” definisce due concetti complementari ma distinti: da una parte quegli spazi costruiti per un fine ben specifico (solitamente di trasporto, transito, commercio, tempo libero e svago) e dall’altra il rapporto che viene a crearsi fra gli individui e quegli stessi spazi. Marc Augé definisce i nonluoghi in contrapposizione ai luoghi antropologici, quindi tutti quegli spazi che hanno la prerogativa di non essere identitari, relazionali e storici. Fanno parte dei nonluoghi sia le strutture necessarie per la circolazione accelerata delle persone e dei beni (autostrade, svincoli e aeroporti), sia i mezzi di trasporto, i grandi centri commerciali, i campi profughi, eccetera. Spazi in cui milioni di individualità si incrociano senza entrare in relazione sospinti o dal desiderio frenetico di consumare o di accelerare le operazioni quotidiane o come porta di accesso ad un cambiamento (reale o simbolico).

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rilevato da più intervistati, è il dialogo intergenerazionale, la carenza di un confronto paritario e adeguato tra vecchie e nuove generazioni, che spesso parlano due linguaggi differenti e si posizionano su due versanti diametralmente opposti. L’integrazione tra generazioni è quindi un valore che dovrebbe essere promosso, anche tramite azioni strutturate di accompagnamento iniziale; come affermano gli intervistati, si potrebbe prevedere nella fase di ingresso un tutoraggio costante di un adulto per l’acquisizione di metodologie e competenze di intervento. Secondo i partecipanti ai focus group è importante dare fiducia, orientare ed ascoltare i giovani nel loro percorso di crescita e partecipazione all’interno delle Associazioni. Di fronte alla crisi dei modelli tradizionali di trasmissione del senso, emerge infatti una generalizzata difficoltà dei giovani a trovare qualcuno – e qualcosa – in cui credere. Le risorse relazionali emergono come una componente centrale dell’esperienza associativa, sono indicate come la principale sorgente di informazioni e conoscenze. Sulla possibilità di sviluppo delle risorse di relazione ad ogni livello, pesa la mancanza di spazi e di opportunità di confronto, la difficoltà a trovare o a riconoscere una comunanza di obiettivi negli interlocutori potenziali, e una diffusa mancanza di fiducia e di disponibilità a cooperare. Si rimanda inoltre ai nuovi ruoli e funzioni a cui sono chiamate le agenzie formative ed educative tradizionali: orientamento, tutorship, educazione all’autoconoscenza e alla progettualità. 3.1.4 Politiche giovanili Tra gli intervistati è presente e diffuso un totale disincanto, una palese delusione verso le politiche giovanili, sia nazionali che locali; l’unico spiraglio positivo che emerge è l’esperienza pugliese, la quale evidenzia la presenza di un laboratorio delle politiche giovanili molto avanzato, che stimola fortemente i giovani e li rende attivi. Al di là della maggior o minore capacità di relazionarsi con le istituzioni, la quasi totalità degli intervistati nei focus group lamenta l’assenza di politiche strutturali in favore delle giovani generazioni, sia a livello locale che nazionale, capaci di innescare, sostenere e collegare le diverse forme di attivazione e di protagonismo giovanile. In particolare, il riferimento alla sostanziale assenza di politiche per i

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giovani viene indicato come causa dell’impossibilità di programmazione di interventi nel medio e lungo periodo. In mancanza di politiche stabili, chi si impegna concretamente nel campo delle attività giovanili o rivolte alla formazione e all’apprendimento per o tra i giovani, conta solo sulla capacità di costruire reti di alleanze, anche con il supporto di enti e finanziamenti pubblici, ma senza la possibilità di dare continuità agli interventi. Secondo alcuni, il problema delle politiche giovanili è anche lo stile di governo dei decisori, abituati ad utilizzare le risorse in una logica meramente distributiva, funzionale ad alimentare il consenso e che non conosce, o non si preoccupa di conoscere, le esperienze nate dal basso. Il problema principale, trasversale a tutte le aree geografiche, è la carenza di fondi economici per sostenere le attività. Spesso, infatti, molti progetti non vengono più realizzati perché non sostenibili economicamente, e questo aspetto si traduce in un progressivo impoverimento della qualità e dell’efficienza delle organizzazioni. Le risorse economiche e strumentali, certamente importanti, risultano essere strumenti per la realizzazione delle specifiche attività, da impiegare secondo specifici obiettivi.

3.2 Futuro 3.2.1 Vision Rispetto alle prospettive future, prevalgono visioni pessimistiche, correlate alla crisi attuale. Secondo gli intervistati il futuro spaventa, viste le difficoltà economiche che caratterizzano il contesto odierno. In tale scenario, i temi principali su cui si dirigerà l’impegno giovanile risultano essere per gli intervistati: l’ambiente, l’immigrazione, la legalità e i diritti civili. La crisi economica potrebbe però in realtà condurre, secondo alcuni, ad un rafforzamento dell’impegno associativo: potrebbe essere da stimolo per tornare a pensare e ad agire in maniera collettiva, rendendo la condivisione il modello prevalente di azione. La precarietà lavorativa diffusa però porta anche ad un cambiamento nelle priorità dei giovani: se bisogna pensare al lavoro e a trovare stabilità, il volontariato e le attività sociali diventano secondarie. 119


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3.2.2 Proposte e suggerimenti Sono stati infine raccolti i suggerimenti in termini di individuazione di elementi facilitanti lo sviluppo di esperienze positive ed il loro potenziamento e diffusione. Sul piano delle richieste e delle proposte rivolte alla politica, queste fanno capo a tre linee possibili di intervento: • un maggiore sostegno alle attività e agli interventi diretti ai giovani o realizzati da giovani; • una maggiore attenzione alle esperienze vitali già esistenti sul territorio, che permetta a chi opera di consolidare l’azione in corso e di amplificarne la ricaduta sul territorio; • la promozione di luoghi e spazi per le reti educative, vista la mancanza di luoghi di socializzazione e di ritrovo. Si suggerisce inoltre di fortificare il rapporto con gli adulti – un maggiore confronto intergenerazionale – da considerare come tutor significativi di accompagnamento nelle associazioni e di promuovere il protagonismo giovanile, conferendo maggior potere alle giovani generazioni. Altri suggerimenti: dare la possibilità ai giovani di sperimentare, senza eccessivi carichi burocratici e con modalità poco formalizzate, forme di protagonismo nella progettazione e realizzazione di attività sociali, culturali e di volontariato sul proprio territorio; avvicinare istituzioni e territorio, conoscere le esperienze e le competenze che si sono sviluppate, per valorizzare le buone prassi ove presenti; offrire occasioni e luoghi, reali o virtuali, di confronto tra esperienze e creare occasioni di visibilità e valorizzazione delle esperienze di punta, per incoraggiare la costruzione di legami formali e informali, la condivisione delle risorse e l’apprendimento orizzontale. Le reti hanno infine un importante ruolo di aggregazione delle esperienze, molti conoscono soprattutto la valenza dei CSV di far circolare buone prassi e promuovere la conoscenza di modelli positivi.

3.3. Osservazioni conclusive I focus group, pur in una fase esplorativa e descrittiva, hanno fornito alcune interessanti indicazioni, tra le quali la forte domanda di senso ed

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espressività partecipativa, oltre che autoformativa, rivolta dai giovani al mondo dell’associazionismo. Indubbiamente, principali motivazioni della scarsa partecipazione dei giovani all’associazionismo possono essere imputate a diversi fattori, quali la crisi attuale del contesto economico e politico, o una inadeguata valorizzazione ed assunzione dei ruoli di responsabilità e protagonismo. Questa richiesta di senso e messa in gioco da parte del mondo giovanile emerge in modo forte e irrinunciabile, in quanto una delle caratteristiche dell’essere giovani è la consapevolezza e l’importanza dell’essere parte attiva delle scelte della comunità. La diminuzione della partecipazione giovanile nelle associazioni nasce soprattutto dallo scarso coinvolgimento dei giovani nelle scelte, anche progettuali, delle stesse. Favorire, quindi, la partecipazione attiva e responsabile dei giovani “alla vita della società non vuol dire solo coinvolgerli come consumatori o come attuatori di decisioni già prese da altri, ma renderli partecipi (nelle forme e nei modi adatti alla loro età) della costruzione dello spazio sociale e civile2”. Le organizzazioni dovrebbero acquisire una maggiore capacità di proposta, di coinvolgimento propositivo, di esperienze concrete, di occasioni, di opportunità che facciano conoscere e vivere ai giovani la concretezza e la positività dell’esperienza del donare, della relazione d’aiuto e della condivisione. I dati lasciano intendere che i giovani sono presenti ed operativi in quelle attività che hanno caratteristiche emotive ed affettive rilevanti, “di frontiera”; probabilmente perché un giovane si sente chiamato in gioco dall’esperienza concreta che con il “fare” gli fa scoprire l’altro e se stesso, consentendogli di costruire una relazione densa di significato. L’indicazione emersa è l’opportunità, anzi la necessità imperante, di avvicinare il mondo delle associazioni con quello delle agenzie formative formali ed informali. Da questo punto di vista, diventa, quindi, di fondamentale importanza il lavoro di rete tra le associazioni di volontariato, i Centri di Servizio per il Volontariato e il Forum Nazionale dei giovani, il mondo della scuola e quello delle istituzioni, che dovrebbero concorrere, con una dimensione progettuale - e relative tecniche e metodi condivisi e coordinati - a promuovere e sostenere percorsi formativi corrispondenti. 2 Cfr. R. Grassi in R. Calò (a cura di) (2004), pag. 22.

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Nei focus group spiccano, in particolare, il ruolo sfidante a cui è chiamata la scuola (e il mondo degli adulti in generale) attore attivo nella sperimentazione di una nuova dimensione formativa dell’educazione alla solidarietà. La partecipazione per un giovane è, tra molte possibili, una delle esperienze con cui costruire la propria identità; ogni scelta è reversibile, perché l’appartenenza all’organizzazione è decisa dal giovane che investe dove ha maggior ritorno in termini di beni simbolici (come esprimere e vivere dei valori, avere delle relazioni, acquisire competenze) più in linea con una fenomenologia dell’impegno legato a un progetto, con un orizzonte temporale definito e precisi obiettivi con cui misurarsi. In questo quadro, di fatto, la partecipazione giovanile si profila come forma culturale molto flessibile in cui l’offerta di tempo e dedizione rappresenta un’attività libera con un contenuto variabile di idealità. Come presupposto alla partecipazione, i giovani devono quindi acquisire o sviluppare delle competenze. Si tratta di un processo graduale di apprendimento. I giovani giudicano insufficienti gli attuali meccanismi di partecipazione. Gli intervistati diffidano di alcune forme di democrazia rappresentativa, ma non nutrono la stessa reticenza quando vi è un impegno di prossimità, più diretto e immediato. Infatti è questo che i giovani chiedono: ricerca di senso autentico dalle loro esperienze, che altrimenti vedono come tante fotografie non collegabili tra loro. I giovani dimostrano di farsi sperimentatori puri della fine delle grandi narrazioni simboliche, del tramonto dei sistemi di appartenenza e procedono secondo strategie partecipative episodiche, discontinue e instabili. Essi testimoniano un orientamento conoscitivo fluido ed esplorativo, del quale le analisi motivazionali come pure i focus group hanno rivelato la forte inclinazione espressiva. Inoltre, la marcata informalità delle reti rivela come la leva relazionale si riconfermi un elemento fondante dell’impegno partecipativo. Infine, altro elemento importante nella partecipazione giovanile è lo sviluppo di reti relazionali e di cooperazione con soggetti omologhi o complementari, operanti a livello nazionale e internazionale. Una sorta di cerniera tra radicamento territoriale e dimensione globale. Le reti costituiscono una importante fonte per l’interscambio di informazioni e di conoscenza, ma anche di risorse finanziarie. Il fattore chiave per far partecipare i giovani risiede nella capacità di offrire opportunità di apprendimento basato sull’attivazione, sul protagonismo e sulla respon-

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sabilizzazione: educazione tra pari, partecipazione attiva alla ideazione e realizzazione delle attività. I giovani devono quindi essere valorizzati e considerati come una risorsa per se stessi e per gli altri, e non come semplici utenti.

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4. Il risultato degli studi di caso di Laura Giacomello

Introduzione L’analisi che segue prende in considerazione otto interviste in profondità realizzate per comprendere caratteristiche e tipologie di realtà associative che rappresentano diverse posizioni lungo due assi ideali: sperimentalità/tradizione, formalità/informalità. In questa fase della ricerca si è preferito dare maggior spazio a realtà innovative e sperimentali, che per la loro peculiarità erano meno raggiungibili dai rilevatori che hanno curato la somministrazione dei questionari (per la maggior parte appartenenti alla rete territoriale dei Csv). In questo modo si è pensato di ottenere uno spaccato più ampio delle forme in cui la partecipazione giovanile si concretizza e di cogliere le tendenze che caratterizzano in senso innovativo l’attuale panorama della cittadinanza attiva giovanile. In particolare si è voluto dare spazio anche a quelle forme di partecipazione che possono essere catalogate come “mediattivismo1” e che rappresentano una delle modalità più innovative di attivazione2. L’intervista in profondità rappresenta uno strumento di grande utilità nella ricerca sociale. Le indicazioni che emergono, lungi dal poter rappresentare evidenze statistiche, consentono di approfondire, appunto, le tematiche oggetto d’indagine, soprattutto quando si tratti di sondare 1 Per mediattivismo si intende l’utilizzo di nuove tecnologie volte a promuovere la comunicazione tra reti e gruppi di attivisti, o a trasmettere un messaggio all’opinione pubblica. Cfr.M. Pasquinelli (2002). 2 Tra le associazioni intervistate Facebook, il Circolo locale di Beppe Grillo e Associazione B possono essere considerate affini alla categoria del mediattivismo.

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ambiti le cui dimensioni non sono pienamente definite e conosciute. Questo approccio metodologico consente, infatti, agli intervistati una maggiore libertà di espressione, restituendo al ricercatore il punto di vista dell’interlocutore nella sua complessità. L’intervista è tuttavia tesa all’analisi ed è dunque guidata dal ricercatore che sottopone al suo interlocutore una serie di stimoli, facendo attenzione che la conversazione non segua direzioni irrilevanti per gli obiettivi dell’indagine. Le domande che l’intervistatore pone sono finalizzate a spingere l’intervistato verso l’osservazione critica di sé e del proprio agire e a esplicitare gli esiti di questa riflessione. Gli studi di caso (e le interviste da cui questi discendono) sono stati realizzati tra novembre e dicembre 2008 e si sono posti l’obiettivo di indagare tre macro-dimensioni: il percorso di partecipazione dell’intervistato, la tipologia e le caratteristiche dell’associazione/ gruppo cui questi aderiva, e i possibili futuri sviluppi della partecipazione giovanile. L’analisi che segue prevede una prima breve sintesi delle interviste, trasversale alle macro-dimensioni appena descritte e la successiva analisi delle principali evidenze emerse. Le associazioni contattate sono le seguenti3: ASSOCIAZIONE/GRUPPO Centro sociale

Posizione sui due assi Posizione intermedia su entrambi gli assi

Associazione A (ass.Cult.) Roma

Sperimentale, moderatamente formale

Contrada senese

Tradizionale, formale

AGESCI (Associazione Guide e

Tradizionale, formale

Scout Cattolici Italiani) Circolo locale Beppe Grillo

Sperimentale, formale

Facebook

Sperimentale, formale

Associazione B (ass.cult.), pro-

Abbastanza sperimentale, abba-

vincia di Frosinone

stanza informale

Arcigay

Mediamente sperimentale, formale

3 Per due delle associazioni (ass. A e B) sono stati utilizzati degli pseudonimi al fine di garantire la privacy degli intervistati

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4.1. Sintesi delle interviste 4.1.1 Percorso di partecipazione Intervista 1 – Centro sociale Il percorso di partecipazione resta legato all’ambito politico che vede un passaggio dalla militanza nella sezione giovanile del Pci, all’adesione a collettivi universitari, fino alla fondazione di un centro sociale. Il contesto territoriale subisce variazioni a seguito di una variazione di residenza dell’intervistato, che si trasferisce da un piccolo paese in Umbria, verso il più ampio contesto romano. La partecipazione alle attività di partito, prima esperienza di cittadinanza attiva, si inserisce nel contesto umbro, privo di tensioni economiche e sociali, in maniera piuttosto serena. Il controllo sociale si fa invece più pressante nel momento in cui l’adesione giovanile si fa maggiore ed aumentano le azioni di contrasto e di critica aperta dell’ordine costituito. La realtà del piccolo paese viene avvertita dall’intervistato come un limite per l’azione politica. Il contesto romano viene scelto come meta per il tipo di opportunità che può offrire, non solo nell’ambito universitario, ma anche in termini di partecipazione. L’Università diventa il territorio in cui esprimere a pieno la propria cittadinanza in maniera attiva e critica. Lungi dall’essere vissuta meramente come un luogo fisico, l’università è soprattutto il luogo principe di relazioni sociali ed economiche. Sono proprio le iniquità interne a tale gioco di relazioni che la partecipazione vuole mettere in discussione, attraverso l’adesione a collettivi politici e la creazione successiva di un centro sociale. Se il fil rouge di questo percorso partecipativo resta la militanza politica, il variare delle forme che assume è legato ad una scelta ben motivata rispetto al tipo di organizzazione a cui si sceglie di appartenere, in particolare a quelli che potremmo definire clima e cultura organizzativa all’interno delle diverse forme associative. Viene prediletta una struttura meno rigida, non basata sulla rappresentanza formale e la realizzazione di attività concrete, piuttosto che riflessioni teoriche. Il percorso di partecipazione si avvia grazie ad un’influenza familiare (in famiglia si discute di politica e si è da sempre fatta politica), ma si riconosce l’importanza della partecipazione come strumento per la determinazione di sé e la costruzione di una propria identità, in particolare

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nell’età adolescenziale. Viene criticata la struttura troppo rigida del partito e l’esperienza al suo interno è ritenuta soddisfacente solo in parte. Intervista 2 - Associazione A Il percorso partecipativo precedente alla fondazione dell’associazione è pressoché nullo. La formazione personale e la sensibilità verso la necessità di vivere in maniera rinnovata il rapporto con il proprio quartiere sono da stimolo per la nascita dell’idea da cui poi prenderà forma l’associazione Associazione A: riappropriarsi della periferia attraverso azioni che mirino ad innalzare la qualità visiva-estetica del territorio. L’intervistato aderisce contemporaneamente a due realtà associative (Walls e Associazione A) che si occupano di tematiche simili (arte urbana e realizzazione di interventi concreti di riqualificazione nel tessuto urbano) benché siano diversificati gli ambiti di intervento. In entrambi i casi, passo preliminare alla nascita delle associazioni è la formulazione di un’idea progettuale. L’associazione diventa lo strumento che rende possibile un’interlocuzione con le Istituzioni e una progettualità costante. Le attività realizzate, che per Associazione A hanno comportato il restauro e la pittura di diverse stazioni romane, sono state di grande soddisfazione ed hanno portato alla forte sensazione che la volontà e l’intraprendenza consentano di realizzare i propri progetti. Intervista 3 : Contrada senese L’intervistata oltre ad appartenere ad una contrada, fin dall’infanzia, ha vissuto altre esperienze partecipative. In particolare a partire dall’adolescenza frequenta una scuola di danza, dedita alla realizzazione di spettacoli a tematiche sociali. Quest’esperienza si conclude nel momento in cui aumentano gli impegni di studio. Attualmente si configura la multi appartenenza tra due realtà diverse: quella della contrada e un GAS (Gruppo di acquisto solidale). La partecipazione alle diverse realtà si intreccia con i passaggi principali che segnano l’età anagrafica: la scuola di danza viene abbandonata a causa di altri impegni, la contrada riesce ad accompagnare la persona nell’arco intero della sua vita, mentre la partecipazione al GAS avviene in concomitanza alla nascita di un figlio ed alla riflessione su quale sia il modo migliore di alimentarlo e preservarlo da quelli che vengono rite-

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nuti effetti negativi della globalizzazione, attraverso “prodotti biologici e a km 0”. In tutto il percorso partecipativo di questa intervistata assume forte centralità la dimensione locale: sia per quel che riguarda la contrada, sia per il GAS. La contrada è espressione del territorio stesso, legata alla sua storia e alla sua tradizione, questo suo legame può, secondo la nostra interlocutrice, renderla eccessivamente chiusa rispetto al nuovo e all’”estraneo”. Il GAS valorizza la produzione locale e biologica e si contrappone alle generali tendenze di un mercato globale. Intervista 4: AGESCI Il percorso di partecipazione inizia fin da subito nell’ambito dell’assistenza di matrice cattolica con l’Unitalsi, per poi proseguire con una multi appartenenza tra Misericordia e Agesci. La partecipazione è incoraggiata in ambito familiare, ma si riconosce l’importanza del gruppo dei pari interno alle associazioni per proseguire il proprio iter. Secondo l’intervistato, partecipare nell’età della prima adolescenza diventa un modo per trovare la “propria strada” e riconfermare o mettere in dubbio quanto appreso in famiglia. La motivazione per aderire ad Unitalsi è legata alla presenza dei malati, percepiti come una categoria fragile, cui si vuole prestare aiuto. L’adesione all’Agesci nasce invece dalla passione per la natura. Intervista 5: Circolo locale Beppe Grillo Il percorso di cittadinanza attiva dell’intervistato inizia con una partecipazione virtuale al primo V-day, e prosegue con l’adesione al Forum on line di Beppe Grillo. In precedenza, nonostante l’interesse alla vita pubblica, non c’era stata alcuna attivazione concreta. Il fascino del forum risiede nelle modalità innovative di comunicazione che utilizza, nelle tematiche che affronta, e nell’utilizzo di internet a fini politici. Si riconosce inoltre come valore di attrazione la presenza di altri giovani, professionalmente affermati, fatto questo che conferisce maggiore credibilità al movimento come strumento di potenziale cambiamento. Nel tempo la soddisfazione rispetto all’esperienza è scemata: si sono viste all’interno del movimento dinamiche presenti nelle realtà che si andavano criticando: personalismi, tentativi di “riciclaggio” di politici. A

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ciò si è aggiunta una certa delusione per le mancanze dello stesso Grillo, sospettato di avere interessi economici nel mantenere in vita movimento e blog. Intervista 6: Facebook La prima esperienza partecipativa dell’intervistato avviene nel paese di origine e riguarda l’Azione Cattolica. La partecipazione, iniziata nell’età dell’adolescenza ha un duplice valore: da un lato una modalità per uscire, fare esperienza, conoscere nuove persone, dall’altra continuare ad avere una guida morale, qualcuno che accompagni nel processo di crescita e sperimentazione del mondo. L’adesione all’associazione diventa un mondo per scoprire e capire sé stessi, le proprie aspirazioni e potenzialità. Non c’è una condivisione di questo percorso da parte della famiglia, né degli amici più intimi. Di questa esperienza si sottolinea un elemento critico: la richiesta in alcuni casi di un impegno eccessivo. Lo spostamento nella città di Roma crea un certo spaesamento: cambiano i ritmi di vita, le prospettive, i contatti. Viene vissuta una breve esperienza di partecipazione come volontario presso una mensa della Caritas. Esperienza che si rivela gratificante e significativa, ma che viene interrotta a causa dell’aumentare dell’impegno universitario. Infine c’è stata nell’ultimo anno l’adesione a Facebook. Intervista 7: Associazione B L’intervistato è da sempre interessato alla partecipazione nel sociale, in particolar modo attraverso iniziative personali. Prende parte attivamente anche alla politica, ma questa esperienza genera una forte delusione e un distacco da quello che viene definito “mostro politico”. La partecipazione si concretizza successivamente in ambito sociale, attraverso l’organizzazione di eventi e la realizzazione di attività per le scuole. Questi passaggi segnano una concentrazione via via maggiore sulla dimensione locale e una visione della partecipazione come strumento per valorizzare il territorio e migliorare le relazioni sociali al suo interno. Intervista 8: Arcigay L’esperienza partecipativa dell’intervistato inizia fin da bambino negli ambiti più vicini alla Chiesa Cattolica. La città natale, Vicenza, vede infatti una preponderanza di associazioni e situazioni legate al cattolicesimo. Si passa quindi dall’oratorio, all’Azione Cattolica. A spingere in que-

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sta direzione sono anche i valori familiari. Con la crescita e la necessità di affrontare le prime difficoltà legate alla scoperta della propria omosessualità l’intervistato si avvicina all’Arcigay. La scelta di partecipare attivamente alle attività di questa associazione è legata al desiderio di restituire l’aiuto ed il supporto ricevuti. 4.1.2 Tipologia e caratteristiche associative Intervista 1: Centro sociale La struttura organizzativa del gruppo che ha occupato il centro è fondata su una leadership informale, basata su caratteristiche personali ed influenza del leader. Le decisioni vengono prese in maniera collegiale durante le assemblee di gestione, cui partecipano le persone più attive. Non si utilizza la tecnica del voto ritenuta superata, si preferisce piuttosto che al dibattito segua un generale confluire delle opinioni nella stessa direzione. La partecipazione alle attività del centro è strutturata in maniera graduale: prima si partecipa ai singoli progetti e solo successivamente chi viene riconosciuto attivo, partecipa alla reale gestione del centro. Due le motivazioni alla base di questa decisione: preservare il gruppo (da persone eventualmente interessate a denunciare la situazione di illegalità) e non sovraccaricare di responsabilità ed impegno chi voglia partecipare. Viene ritenuta importante una certa gradualità nella partecipazione e non si pretende da tutti il medesimo impegno e il medesimo carico di responsabilità. La mission del gruppo è generare conflitto all’interno della società per un miglioramento costante delle condizioni materiali di esistenza. Non viene proposto un modello ideale cui arrivare, ma il conflitto come costante processo di crescita. Il senso di appartenenza al gruppo è molto forte, e prescinde da sentimenti di appartenenza a realtà più ampie (ad es. la “sinistra”). Il desiderio di preservare il gruppo al di sopra degli interessi individuali ha portato alla definizione di regole di condotta concernenti ad es. il consumo di sostanze e la gestione della sessualità . L’aver condiviso momenti forti dal punto di vista emozionale, sia positivi che negativi, ha portato al rafforzarsi di un sentimento di fratellanza. Vengono portati come esempi di momenti significativi sia la manifesta-

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zione di Genova del 2001, e ciò che ne è seguito, sia le problematiche legali (denuncie, processi etc.) conseguenti all’occupazione degli spazi in cui si trova il centro. Le comunicazioni oltre ad avvalersi di canali informali sono strutturate attraverso l’utilizzo di una mailing list, che raggiunge tutti i partecipanti alle attività. L’assemblea di gestione una volta a settimana e le riunioni per i singoli progetti contribuiscono al fluire delle informazioni e delle comunicazioni. Il territorio preso in considerazione è un meta-territorio, l’università, considerata nelle sue diverse dimensioni: gli studenti, ma anche tutte le relazioni sociali ed economiche che gravitano intorno alla vita universitaria. Il territorio viene scisso in due, da un lato i residenti della zona universitaria, dall’altro gli studenti. Non si tratta, nell’ottica del gruppo, di due realtà conciliabili, poiché portatrici di interessi differenti. Le attività sono organizzate in progetti specifici, gestiti da nuclei appositi. Le tematiche toccate riguardano la consulenza su problemi legati al mondo attuale: sostanze stupefacenti, precarietà sul lavoro, relazioni di genere. Parallelamente ai progetti viene portata avanti una produzione culturale che spazia in diversi ambiti: musica, arte, partecipazione a festival ed eventi. Facendo un confronto tra la realtà del centro e quella di altre situazioni politicamente vicine, seppur diverse nell’organizzazione, viene esaltata la forte propensione del gruppo cui si appartiene all’azione e alla pratica, piuttosto che alla teoria ed il fatto che il centro sociale sia considerato uno strumento e non un fine in sé. Intervista 2: Associazione A La nascita dell’associazione A è finalizzata alla concretizzazione di un’idea: la riqualificazione della periferia attraverso interventi di arte urbana. L’associazione diventa strumento per poter entrare in relazione con le Istituzioni, per diventare soggetti dell’azione progettata. I rapporti interni al gruppo raggiungono a volte momenti di tensione dovuti ad un’organizzazione non chiara. Le mansioni ed i compiti seppur abbastanza delineati non hanno un riconoscimento ufficiale. L’organizzazione vorrebbe essere orizzontale, ma la diversa visione del lavoro da fare, che hanno i membri del gruppo comporta delle difficoltà. A trainare e spingere avanti l’associazione è una forte condivisione della

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mission e dell’idea fondante: riqualificare le periferie attraverso l’arte pubblica, coinvolgendo giovani artisti e i giovani in generale. Riuscire a realizzare le prime opere genera una tale soddisfazione da creare ulteriore energia trainante. Manca una sede ed una scadenza temporale costante per le riunioni e gli incontri. Questo rende difficile una riflessione critica sui nodi problematici relativi all’organizzazione. L’associazione nasce nel territorio del IV municipio di Roma, poiché i ragazzi che la fondano appartengono a tale realtà, ed è ben integrata nel quartiere. Più problematica è la realizzazione delle attività in differenti ambiti territoriali. Questa criticità evidenzia l’importanza di trovare un modo per mediare con i cittadini e coinvolgerli nell’ideazione e nella realizzazione delle opere. L’associazione ritiene che sarebbe necessario creare partecipazione per l’arte pubblica. Tutte le attività svolte riguardano la riqualificazione ambientale delle periferie romane, attraverso interventi di arte urbana. Intervista 3: Contrada senese La contrada è un’istituzione storica della città senese, fortemente legata alla storia del territorio. È una vera e propria istituzione, tanto che i suoi rappresentanti vengono chiamati a presenziare nelle occasioni ufficiali della città. L’adesione alla contrada è decisa al momento stesso della nascita da parte dei genitori (per i cittadini senesi), mentre gli esterni possono decidere di aderire in età adulta. La contrada permette che una persona percorra tutta la propria crescita al suo interno, modulando le attività sulla base dell’età dei partecipanti. La partecipazione ricopre un globale aspetto di appartenenza per chi vi entra. L’organizzazione interna prevede delle cariche ufficiali alle quali si accede tramite votazione, ma l’autorevolezza è data anche dal prestigio che una persona può accumulare in base ai servizi ed alle imprese realizzate per la contrada stessa. Si intrecciano dunque una leadership formale, più potente sul piano delle decisioni e dell’organizzazione, ed una informale. La comunicazione, oltre che sul faccia a faccia, si basa su bollettini stampati e diffusi, ma in questo ambito è fondamentale la relazione interpersonale tra i partecipanti. Le attività prevedono dei momenti fondamentali, come il Palio ed i festeggiamenti per il santo patrono, cui si aggiungono una serie di attività collaterali, che prevedono la preparazio-

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ne degli abiti, l’organizzazione di cene etc. La contrada vive del conflitto e della sfida con le altre contrade, che diventa esplicito nel momento del Palio, ma è presente in forma latente durante tutto l’arco dell’anno. Intervista 4: AGESCI L’Agesci è un’associazione per ragazzi di stampo nazionale, ma radicata nei territori attraverso una capillare divisione in gruppi. L’adesione al gruppo avviene nella maggior parte dei casi quando si è ancora molto giovani. La condivisione dei momenti salienti della vita associativa, che prevedono l’allontanamento dal contesto quotidiano per intere giornate, crea un senso di appartenenza generalmente piuttosto forte.L’appartenenza all’Agesci, soprattutto quando si inizia a far parte dello staff di capi, prevede l’adesione ad un metodo educativo, che si apprende in appositi corsi. L’organizzazione interna è gerarchica e formale, e prevede step prefissati in base all’età anagrafica. Il rapporto coi pari è giudicato molto importante nella fase di educando, mentre nella fase successiva di educatore assume un ruolo più importante il rapporto con i ragazzi. Una criticità che viene rilevata è la grande quantità di tempo che viene richiesta a chi decida di prestare servizio internamente all’associazione come capo: secondo l’intervistato l’impegno richiesto esclude altre possibili attività e questo fa scappare i ragazzi! Sempre secondo l’intervistato il metodo andrebbe maggiormente adattato ai singoli casi, mentre spesso i più inesperti lo utilizzano in maniera rigida. Il rapporto col territorio è buono anche perché i ragazzi prestano servizio di volontariato in realtà locali. Le attività organizzate si differenziano in base all’età e prevedono per i ragazzi un incontro settimanale, un’uscita al mese, più un campo estivo ed uno invernale, mentre per i capi a questi impegni si sommano quelli necessari ad organizzare la vita associativa. Intervista 5: Circolo locale Beppe Grillo Esistono due strutture parallele: il social forum e l’associazione, che è lo strumento attraverso il quale realizzare azioni concrete (il social forum non può ottenere permessi). L’associazione ha una sua struttura for-

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male con direttivo, presidente e vicepresidente. Viene enfatizzata l’importanza delle leadership naturali all’interno delle assemblee e fatto un confronto con le strutture di partito: si ritiene che nell’associazione la comunicazione sia più orizzontale e che da parte del direttivo ci sia la volontà di praticare una maggiore democrazia partecipativa: le decisioni vengono prese dopo aver discusso collettivamente gli argomenti. Nel gruppo on line, invece, si riscontra una struttura orizzontale, con organi che regolano la comunicazione: organizer e assistent. Le comunicazioni sono continuative e immediate. Ci si avvale, oltre che del forum, di una mailing list.L’associazione porta avanti dei progetti per i quali sono stati individuati dei responsabili specifici. Problema del volontariato: la struttura e le attività richiedono una grande quantità di tempo, non sempre conciliabile con un impegno su base volontaria. Il rapporto col territorio (Firenze) non è molto positivo, chi appoggia Beppe Grillo è contestato da destra e da sinistra e si tende a vedere solo una parte degli aderenti: la parte delusa dalle altre esperienze politiche e giudicata lamentosa. Sono state organizzate alcune attività di sensibilizzazione su tematiche specifiche (es. raccolta differenziata). Intervista 6: Facebook Facebook viene considerato uno strumento utile per riprendere e mantenere contatti con le persone che si conoscono. Offre l’opportunità di realizzare quello che i tempi della vita metropolitana non consentono: scambiarsi opinioni, avere informazioni, sentirsi. Viene apprezzato per la sua flessibilità e potenzialità (consente di rintracciare conoscenze altrimenti difficili da raggiungere). Per quel che riguarda la partecipazione viene ritenuto un mezzo spurio: da un lato consente di promuovere iniziative e gruppi, dall’altro si ritiene necessario dare un seguito pratico a quanto emerge on line. L’aspetto positivo è sicuramente l’immediatezza e la rapidità con le quali è possibile condividere informazioni, permettendo di scambiare opinioni in tempo reale con un ampio numero di utenti. Intervista 7: Associazione B Associazione B è uno strumento on line di informazione aperta, organizzato e strutturato come un blog, per permettere a chi lo voglia di diffondere informazioni, notizie: un canale di informazione indipendente

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centrato sul territorio ciociaro. La struttura è orizzontale ed aperta, anche se si avverte la mancanza di una maggiore professionalità. Il piccolo nucleo di effettivi partecipanti organizza e gestisce il materiale che viene inviato, amplifica le notizie che giungono in redazione, facilita i processi di diffusione delle informazioni. L’intervistato ritiene che Associazione B sia un mezzo per promuovere il diritto di espressione e di denuncia, e un’organizzazione capillare sul territorio. Si ispira ad un’esperienza francese analoga (Rue 89). Intervista 8: Arcigay L’associazione, esistente a livello nazionale, è strutturata su base territoriale. Ci sono 44 comitati provinciali. Lo statuto è unico e nazionale, ma esiste un certo grado di autonomia in ogni sede. Viene evidenziata una larga partecipazione di tutti i soci e l’apertura verso chiunque desideri partecipare. L’associazione si interfaccia direttamente con le istituzioni per ottenere che vengano rispettati e tutelati i diritti delle persone gay, ma sono le stesse Istituzioni locali a riconoscere nella struttura uno strumento di supporto quando si tratti di leggere episodi legati alla tematica omosessuale. L’esperienza partecipativa è vissuta come rivendicazione di diritti e lotta contro la discriminazione ed è proprio la sensazione di aiutare chi sia in difficoltà a dare maggior spinta per la partecipazione. Viceversa episodi di discriminazioni che non vengono riconosciuti come tali dall’opinione pubblica, generano forte rabbia. 4.1.3 Tendenze future Intervista 1: Centro sociale L’intervistato ritiene che la partecipazione in futuro si orienterà verso attività concrete. Le persone si potrebbero aggregare per lottare insieme in relazione a tematiche specifiche, non affiliarsi a grandi realtà con una visione a 360° sul reale. Le tematiche che coinvolgeranno maggiormente saranno quelle legate alle condizioni materiali: salario, precarietà, casa. La crisi economica non farà che aumentare la partecipazione.

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Intervista 2: Associazione A Benchè sia abbastanza scettico sull’attivazione giovanile, l’intervistato ritiene che una delle vie che potrebbe prendere la partecipazione sia quella della riappropriazione del territorio attraverso atti pratici (anche zappare insieme la terra per creare un parco pubblico!). Viene sottolineato il bisogno di attività concrete a dispetto di lavori sempre più intellettuali. Intervista 3: Contrada senese Nel futuro la partecipazione viene vista come apertura all’altro, al diverso, a ciò che succede nel mondo, ma allo stesso tempo come attivazione per proteggersi dagli effetti negativi legati alla globalizzazione. Si ritiene che in futuro l’importanza delle nuove tecnologie nell’ambito della comunicazione non potrà che aumentare. Intervista 4: AGESCI Si riconosce un ampliamento dell’offerta associativa per chi voglia partecipare, ma anche un certo distacco dai valori che conducono alla condivisione e allo stare insieme. Ritiene che per incrementare la partecipazione si dovrebbe puntare su azioni concrete. Intervista 5: Circolo locale Beppe Grillo L’intervistato ha la sensazione che la partecipazione sia diminuita rispetto al passato (aumento di personalismo e individualismo). Per incrementare l’attivazione delle persone si dovrebbero portare avanti attività e progetti concreti che incidano sulla vita del territorio. Intervista 6: Facebook La partecipazione, secondo l’intervistato, ha una connotazione di genere: più le donne. Nel futuro non si avranno grandi appartenenze universali, come nei movimenti degli anni 60/70, bensì attivazione nei confronti di tematiche specifiche, in particolare si segnalano ambiente e lavoro. Intervista 7: Associazione B L’intervistato non nutre molte speranze per la partecipazione giovanile in futuro, ritiene infatti che tutti siano troppo “inglobati” nel sistema:

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consumi, cattiva televisione, disinformazione. Le tematiche che potrebbero coinvolgere sono comunque ambiente, piccolo aggregazionismo e territorio. In particolare attraverso l’attivazione su azioni pratiche. Intervista 8: Arcigay Si riconosce nei giovani una grande capacità di attivarsi, grazie anche alla diffusione sempre più ampia di esperienze effettuate in ambito europeo, come l’erasmus, che contribuiscono ad allargare gli orizzonti e svegliare le coscienze. Si ritiene che il diffuso sentimento di delusione e amarezza nei confronti delle dinamiche politiche non possa che generare un desiderio di cambiamento e una spinta verso l’attivazione personale. A differenza che nel passato si sottolinea che le forme di aggregazione e partecipazione si sono moltiplicate, spingendo maggiormente i giovani verso la partecipazione a gruppi informali. Viene messo in evidenza come una delle modalità partecipative che in futuro potrebbe diffondersi maggiormente è quella legata a facebook: un mezzo rapido per raggiungere una molteplicità di persone e coinvolgerle in iniziative specifiche.

4.2. Analisi sintetica 4.2.1 Percorso di partecipazione L’area relativa al “percorso di partecipazione” voleva indagare quale fosse stato l’iter di ogni intervistato all’interno di realtà partecipative differenti nel corso della vita. Dunque se vi fosse stato un passaggio tra diversi gruppi, o ruoli, quali motivazioni fossero alla base di tali cambiamenti, quali fossero le diverse caratteristiche organizzative, quali le mission e i contesti di azione dei differenti gruppi attraversati nel corso dell’esperienza personale, quale fosse il livello di soddisfazione e le esperienze più significative vissute. L’analisi delle interviste mette in luce una sensibile differenza tra i percorsi di partecipazione delle persone contattate. In particolare gli intervistati che hanno aderito, o tuttora aderiscono ad una struttura di tipo tradizionale, sono accomunati da un’età di adesione inferiore. È il caso di sottolineare che le associazioni a cui ci riferiamo sono l’Agesci, la contrada senese e l’Azione Cattolica. Associazioni queste, strutturate

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internamente in modo da seguire lo sviluppo e la crescita degli aderenti, facendoli passare attraverso diversi stadi, o diversificando i ruoli e le mansioni svolti in base all’età. In questi casi si evidenzia il legame tra la scelta di partecipare ed il clima familiare vissuto, ciò non implica necessariamente che la famiglia dell’intervistato abbia fatto parte della medesima realtà associativa, quanto che, a detta dei testimoni, i valori vissuti in ambito domestico fossero vicini a quelli proposti dall’associazione. L’influenza familiare si pone come elemento propulsivo anche nel caso di una struttura tradizionale, quale il partito. Chi tra gli intervistati ha vissuto un’esperienza in fase giovanile all’interno di un’organizzazione partitica, proveniva da un ambiente familiare in le cui tematiche politiche erano messe in primo piano. Rispetto alla differente valenza che può assumere la partecipazione, nelle diverse fasi dello sviluppo personale, viene evidenziato il ruolo cruciale della partecipazione durante l’adolescenza come momento essenziale di crescita, definizione di sé ed autodeterminazione, mentre si ritiene che la partecipazione dei giovanissimi diventi parte del loro più complesso processo educativo, facendo delle associazioni e dei gruppi delle agenzie secondarie di socializzazione di forte impatto, che si affiancano alle cure parentali ed all’educazione familiare. Le associazioni ed i gruppi più innovativi e sperimentali, considerati nell’indagine4, sono caratterizzati invece da una partecipazione maturata in età più avanzata (in alcuni casi in assenza di precedenti esperienze di partecipazione attiva). Si tratta di esperienze nate per realizzare idee progettuali maturate e portate avanti con una forte componente di tipo emotivo, oppure legate alle difficoltà incontrate nella fase di piena identificazione e costruzione del sé (è il caso di Arcigay). In questi casi una piena adesione alla mission è la reale spinta all’impegno nelle attività associative. Si evidenzia dunque la grande importanza di una dimensione personale e per certi versi “egoistica” della partecipazione giovanile: l’idea che partecipare significhi diventare protagonisti, realizzare sé stessi, sia attraverso la crescita e formazione personale, sia attraverso la concretizzazione di progetti che lascino un’impronta nella realtà circostante. Si tratta di una spinta motivazionale in bilico tra egoismo e altruismo che 4 Si tratta di un centro sociale romano, di un’associazione culturale che si occupa di arte urbana (Associazione A), di un’associazione che si occupa di informazione on line, di un circolo locale legato a Beppe Grillo e dell’Arcigay.

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potremmo leggere come un desiderio narcisistico estremo di espandere il sé fino a comprendervi il mondo esterno, trasformandolo secondo i propri desideri, o come una forma di altruismo che vede nel miglioramento della società un modo attraverso il quale realizzare sé stessi5. A parità di coinvolgimento nella mission, tra le associazioni/gruppi più innovativi si sono riscontrate due tipologie contrapposte: da un lato quella maggiormente centrata sull’idea progettuale, dall’altra quella che pone il gruppo sopra ogni cosa. Quest’ultimo è in particolare il caso del centro sociale, che attraverso una condivisione di numerose esperienze dalla forte valenza emotiva (sia positiva che negativa) ha raggiunto una forte coesione interna e soprattutto un senso di appartenenza al gruppo, che diventa un’entità in sé da preservare. Tra i fattori che sembrano incidere nella continuità della partecipazione, è stata da più parti sottolineata l’influenza della presenza di gruppi amicali interni all’associazione. Non si tratta necessariamente di amici conosciuti in momenti precedenti all’inizio dell’esperienza partecipativa, ma anche di relazioni strette e diventate più importanti a partire dall’adesione al gruppo. Il desiderio di appartenere emerge in questi casi con forza, come una delle motivazioni sottostanti alla partecipazione. In una società sempre più frammentata e priva di riferimenti forti è probabile che all’interno dei gruppi di elezione si espliciti il bisogno di appartenenza e di riconoscimento. Discorso a parte merita Facebook, il social network attualmente più utilizzato, che viene visto come uno strumento di partecipazione utilizzabile con livelli di intensità fortemente differenziati e di cui vengono evidenziati, da parte degli stessi fruitori, alcuni limiti. I nuovi media rappresentano sicuramente un dominio di forte interesse per giovani e giovanissimi6. Strumenti attraverso i quali si mediano la maggior parte delle relazioni personali e che hanno trasformato il modo stesso di vivere i rapporti interpersonali. Se da una parte, dunque, si avverte la perfetta conformità del mezzo tecnologico alla frammentarietà e rapidità della vita contemporanea, dall’altro alcuni denunciano il prevalere del virtuale sul reale, con una progressiva perdita di importanza delle relazioni face to face e dell’azione concreta.

5 L’ambivalenza di queste spinte contrapposte si evidenzia anche dall’analisi dei dati quantitativi della presente ricerca. 6 Cfr. Censis (2008).

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4.2.2 Tipologia e caratteristiche associative Nella macro-dimensione relativa a tipologia e caratteristiche associative sono state racchiuse le domande su clima organizzativo (leadership, processi decisionali, spirito di gruppo, rapporti interni, emozioni, atteggiamenti e comportamenti diffusi), cultura organizzativa (mission e vision), comunicazioni interne, rapporto con il territorio, attività svolte. Il movimento lungo i due assi ideali (sperimentalità/tradizione, informalità/formalità) comporta variazioni notevoli rispetto a questi aspetti. In particolare si evidenzia come le associazioni più innovative e informali tendano ad assumere come modello organizzativo le caratteristiche proprie dello strumento internet: orizzontalità, flessibilità, facilità di accesso, sono le parole d’ordine per descrivere queste organizzazioni. Questo è vero sia per quei gruppi che utilizzano e si muovono proprio a partire dagli strumenti forniti dal web (es. forum di Beppe Grillo, editoria on line), che per quelle che non se ne avvalgono. L’uso intensivo della rete da parte dei giovani implica anche, come accennato in precedenza, un progressivo cambiamento del modo di percepire la realtà e le relazioni7: internet sembra essere considerato dagli intervistati un modello di democrazia partecipata. Il “paragone occulto” con le potenzialità della rete, porta con sé una critica nei confronti dei gruppi/associazioni strutturati in maniera più rigida, di cui si disapprova la verticalità, la rigida suddivisione in compartimenti, la mancanza di condivisione rispetto alle decisioni, la comunicazione più lenta e burocratizzata8. Chi appartiene a gruppi/associazioni più tradizionali apprezza la capacità che questi hanno, grazie alla propria struttura, di seguire chi vi aderisce lungo il naturale processo di crescita attraverso step successivi; viene tuttavia avvertita la mancanza di una flessibilità che consenta di modulare l’impegno associativo in gradi differenziati di intensità: in alcuni casi le energie richieste sono eccessive, soprattutto in considerazione del fatto che si tratta di un impegno prestato su base volontaria. Viene segnalata dunque l’incapacità di realizzare progetti personalizzati. Proprio la ricerca di determinate caratteristiche (fluidità, flessibilità,

7 ISTAT Rapporto 2003. 8 A questo proposito è pungente la critica effettuata dall’intervistato del centro sociale nei confronti dell’esperienza partitica vissuta.

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orizzontalità etc.) fa sì che la partecipazione possa essere orientata verso gruppi informali, d’altro canto questi, nel momento in cui intendano realizzare qualcosa di concreto tendono a costituirsi in associazioni formali per poter interfacciarsi con le Istituzioni e dotarsi di uno strumento che li renda soggetto politico. Il clima interno alle organizzazioni varia notevolmente tra un gruppo e l’altro e non sembra che lo spostamento lungo i due assi (informalità/ formalità, sperimentalità/tradizione) possa in qualche modo fornire una spiegazione di tale variabilità. Se osserviamo quanto emerso dalle interviste alle persone aderenti alle associazioni più innovative, abbiamo casi in cui la mission è fortemente condivisa, ma che affrontano contrasti e difficoltà di tipo organizzativo in assenza di forti sentimenti di appartenenza, così come si riscontrano casi di grande coesione interna, che arriva fino alla fratellanza. D’altro canto, anche nelle associazioni più tradizionali e formali il sentimento di appartenenza può essere forte, ma la strutturazione a volte rigida, propria di organizzazioni che hanno anche una portata nazionale, può essere avvertita come un limite. La volontà di partecipare sembra dunque alla ricerca di un delicato equilibrio che diventa sfida per le associazioni. Da tutte le interviste realizzate è emerso un marcato accento sull’importanza della dimensione locale nella partecipazione, sia per le forme associative più sperimentali e innovative, che per quelle più tradizionali. Vero è che il “territorio” può essere declinato in varie forme ed inteso come mero ambito fisico, ma anche come insieme di relazioni sociali, economiche che si instaurano attorno ad un determinato fulcro. Questo è il caso ad esempio del centro sociale che ruota attorno al contesto universitario. Gli effetti della globalizzazione sull’esperienza quotidiana sono stati sottolineati ed evidenziati da numerosi studiosi: la circolazioni di merci, capitali, persone nel globo ha subito una tale accelerazione da avere ricadute nella vita di tutti i giorni. Tali effetti sono ovviamente ancor più evidenti se analizzati in relazione alla popolazione giovanile italiana, posizionata al centro, piuttosto che nella periferia, del mondo globale e dotata di conoscenze e strumenti che le consentono di attraversare, più o meno indenne, il potente flusso informativo mondiale. Il legame che viene ad instaurarsi con la dimensione locale dell’esistenza può dunque essere letto come una delle conseguenze del più vasto fenomeno della

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globalizzazione9, come la ricerca di un ancoraggio e di una ri-significazione del proprio contesto proprio a partire dalle grandi trasformazioni in atto. 4.2.3 Tendenze future L’ultima macro-dimensione analizzata attraverso gli studi di caso è stata quella relativa alle tendenze future della partecipazione. In questo ambito si è voluta indagare la percezione degli intervistati circa l’andamento, le tematiche, le modalità e le forme che la partecipazione giovanile potrebbe assumere in futuro. Le previsioni degli intervistati partono ovviamente dalla conoscenza e dalle consapevolezze per il presente. A questo proposito un elemento sottolineato da più parti è la fine dei grandi movimenti di massa e del sentimento di appartenenza a realtà che si avvalgono di simbologie ed ideologie totalizzanti10. A questo si associa anche un’aspra critica ed un forte distacco nei confronti della Politica, nelle classica forma delle dinamiche di partito11, e delle Istituzioni. Non è scevro da una visione critica delle dinamiche politiche neanche chi vive la propria partecipazione innanzitutto come attività politica, come ad es. l’intervistato appartenente ad un centro sociale, che dichiara di non sentire un’appartenenza alla “sinistra”, ma al proprio gruppo, o al massimo, a gruppi simili presenti sul territorio. Si tratta di un dato che non desta stupore, ampiamente rilevato da numerose ricerche sia in ambito nazionale che internazionale12. Va sottolineata in questo senso una generale trasformazione dell’azione politica che muta sia per quel che riguarda le agenzie di cui si avvale, sia per le tematiche verso cui si indirizza. Se dunque, come evidenziato anche dai nostri intervistati crolla la fiducia nei confronti delle agenzie tradizionali dell’azione politica (partiti, sindacati) a favore di nuovi soggetti politici (associazioni, movimenti, social network) muta anche il repertorio verso cui si indirizza l’agire. A conferma di queste generali tendenze, la maggior parte degli inter9 A proposito del rapporto tra locale e globale Robertson conia il termine di glocalizzazione. Cfr. Robertson (1999). 10 Vengono portati ad esempio i grandi movimenti giovanili degli anni ’60 e ’70. 11 Uno degli intervistati parla di “mostro politico”. 12 Cfr. fra le altre C. Buzzi-A. Cavalli- A. De Lillo (2007) e P. Norris (2003), per l’ambito internazionale.

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vistati ritiene che in futuro la partecipazione possa seguire la strada dell’adesione a movimenti specifici che si attivino attorno a singole tematiche di interesse. Si passa dunque da quella che Norris definisce un repertorio orientato al cittadino a quello orientato alla causa, che può manifestarsi attraverso azioni quali petizioni, manifestazioni, politiche di consumo13. Le tematiche preponderanti secondo i nostri interlocutori saranno quelle legate all’ambiente, al lavoro e ai contesti territoriali locali. Da queste aree di interesse sembrano evidenziarsi spinte contrapposte riconducibili nuovamente al gioco globale/locale: da un lato la diffusione di un senso di responsabilità verso questioni globali, quali appunto la tematica ambientale, dall’altra la necessità di proteggere il proprio mondo e quindi la sicurezza lavorativa ed economica e il proprio specifico territorio. È il caso di sottolineare nuovamente l’importanza attribuita alle azioni partecipative legate ai contesti locali. Questi sembrano per tutti il vero luogo dove giocare la partita della cittadinanza attiva. Lo spettro di azioni ipotizzate spazia in una gamma di possibilità: si parla di rivitalizzare i legami sociali locali, migliorare la qualità della vita, enfatizzare e riscoprire le ricchezze e le bellezze del territorio, riqualificare il territorio. Sembra in qualche modo che vi sia il desiderio di rinforzare e ricreare un sentimento di “comunità”. In ogni caso si pone l’accento sulla via della concretezza: la partecipazione e l’adesione a gruppi/associazioni, secondo gli intervistati, sarà motivata soprattutto dal prendere parte ad azioni concrete che modifichino la situazione e coinvolgano i cittadini in azioni pratiche. Si associa infatti la fine dei grandi movimenti, anche alla stanchezza e disillusione nei confronti delle discussioni teoriche. Alcuni intervistati sono piuttosto pessimisti circa il futuro della partecipazione giovanile: ritengono che i giovani siano chiusi nel proprio piccolo mondo, legato a consumi e divertimento, ma si tratta di una voce minoritaria. La maggior parte degli intervistati ritiene che nel futuro prenderanno sempre più piede modalità partecipative di tipo innovativo, se non per quel che riguarda le forme associative, sicuramente per quel che riguarda gli aspetti comunicativi. I nuovi strumenti informatici, perfettamente padroneggiati da giovani e giovanissimi, diventano quindi per tutti un 13 A questo proposito è indicativa l’esperienza dei GAP (gruppi di acquisto solidale).

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mezzo attraverso il quale veicolare informazioni in modo rapido, diffuso ed immediato, tra un numero sempre maggiore di persone. Facebook è per tutti un esempio di questo tipo, sebbene si ponga l’attenzione anche sugli aspetti negativi e sui rischi che tale strumento presenta. Non viene tralasciata la possibilità che i giovani traggano spunto da esperienze significative di partecipazione che vengono attuate all’estero14. In questo senso non va dimenticato quanto internet contribuisca a diffondere e a rendere vicine e raggiungibili esperienze anche distanti da un punto di vista geografico. Una sintesi in poche parole della visione futura circa la partecipazione giovanile potrebbe descriverla come: locale, flessibile, concreta e specifica.

14 Un esempio in questa direzione è già presente nelle interviste. L’associazione che si occupa di informazione on line, si rifà apertamente ad un’esperienza francese: “Rue 89”.

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5. Alcune riflessioni per rilanciare di Pier Paolo Inserra

Il capitolo conclusivo vuole offrire una serie di spunti che attengono al tema della partecipazione giovanile e che possono essere considerati alla stregua di principia metodologici1 (per quanto l’espressione sembri impegnativa) utili a costruire eventuali linee strategiche, progettualità, processi di riorganizzazione, decisioni operative in quei contesti – a partire dai Centri di servizio per il volontariato o dallo stesso Forum dei giovani – che per propria natura si interrogano su come attivare percorsi di confronto sistematico con le multiformi realtà giovanili che caratterizzano il mondo dell’associazionismo e quello della rappresentanza dei giovani. La ricerca ha studiato, è bene dirlo, anche contesti ed esperienze partecipative “altre” rispetto a quelle con cui impattano tradizionalmente i centri di servizio e il Forum. Comunque, l’analisi che svilupperemo nelle prossime pagine si limita a ragionare attorno alle “funzioni” che i centri di servizio2 e il Forum stessi hanno nell’attivare percorsi di partecipazione interni riguardanti le realtà specifiche con cui ogni giorno impattano e non ha la pretesa di approfondire in maniera trasversale e completa il tema della partecipazione. Il volume contiene una mole, speriamo interessante, di informazioni. Sia 1 Come vengano vissuti in un contesto associativo o da parte dei singoli giovani la partecipazione e l’impegno civico, lo si capisce molto bene nei capitoli precedenti. Sia le interpretazioni che le informazioni dirette emerse dai questionari, dai focus group e dalle storie di vita hanno sufficiente consistenza epistemologica, a nostro avviso, per fornire o confermare indicazioni interessanti. Abbiamo preferito, pertanto, evitare un capitolo finale di taglio riassuntivo per caratterizzarlo – per quanto possiamo riuscirci – come un tracciato da esplorare per impattare con nuovi scenari. 2 Ma anche le realtà ad essi aderenti, che rappresentano associazioni storiche che si preoccupano di reclutare nuove leve.

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nelle descrizioni effettuate capitolo dopo capitolo che in questa sezione conclusiva, esso raccoglie stimoli – storicizzati, ricordiamolo – che rappresentano materiale interessante per intraprendere dei ragionamenti globali (quali strategie di policy può costruire la Regione Sicilia per favorire il protagonismo dei giovani nei processi di governance territoriale?) o settoriali (quali elementi didattico-culturali bisogna tenere presenti nel costruire come Centro di servizi per il volontariato locale un percorso di formazione per i responsabili delle sezioni giovanili delle associazioni appena entrate a fare parte della rete?)3. In tutti i casi – una certa sensibilità “costruttivista” obbliga che ciò venga esplicitato – bisogna concepire il rapporto di ricerca come un’interfaccia e non come una sommatoria di indicazioni tecnicistiche ed operative. Non si forniscono “istruzioni per l’uso” su quali siano, ad esempio, “le procedure da rispettare per avere la maggior partecipazione possibile da parte dei giovani nella organizzazione di volontariato “Spes et salus” di Civitavecchia”. Le scelte di prassi o di indirizzo che potranno in parte essere sollecitate da quanto riportato nel volume non dipendono meccanicisticamente da cosa è stato scritto. Piuttosto, tali eventuali scelte, saranno il prodotto di un ragionamento che terrà sempre insieme – per l’impostazione dialogica e processuale utilizzata sin dall’inizio nel lavoro – quello che emerge dalla ricerca e, allo stesso tempo, i saperi dell’operatore o dell’organizzazione implicata, i progetti già avviati, le reti di riferimento, il setting all’interno del quale avviene la riflessione. Facciamo un esempio, per essere chiari. Saggiamo la relazione esistente tra partecipazione, uso di internet e giovani. Svariate indicazioni che emergono dalle interviste o dai focus group e che riguardano l’importanza di una web community e dei social network nell’alimentare capitale sociale e valorizzare i processi comunicativi nei circuiti giovanili possono aiutarci ad identificare ipotesi operative o scelte di indirizzo generali diversificate, a seconda che si discuta il tema in un Consiglio comunale riguardante le politiche giovanili locali o in un direttivo del Forum nazionale dei giovani finalizzato, mettiamola così, a migliorare l’accesso al portale dell’organizzazione. Quei principia metodologici di cui parlavamo

3 Il consiglio pratico che diamo, è quello di leggere il libro pensandolo come un insieme di stimoli e spunti strategico-operativi. Dalla descrizione di una serie di dati in una tabella ai commenti riguardanti correlazioni tra variabili e tematiche: ogni passaggio può rappresentare uno spunto che – se opportunamente contestualizzato e destrutturato – aiuta a definire orientamenti e pragmatiche. Il trucco consiste nell’avere le capacità sufficienti (come collettivo, come organizzazione) per astrarre e rilanciare.

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all’inizio possono facilitare la discussione. Ma – come già accennato – sarà l’uso che si farà di eventuali spunti presenti nel libro all’interno del contesto specifico (la seduta del Consiglio Comunale o il direttivo del Forum), in relazione agli obiettivi ed ai saperi più complessivi che verranno messi in campo da parte di chi sarà presente, a determinare l’esito e la sostanza di una scelta d’indirizzo. Se il lavoro effettuato con l’indagine ha un senso, l’avrà in quanto in grado di incoraggiare in maniera modulare la riflessione, reggendo il confronto con setting e ambiti differenti tra loro. Attori, governance e partecipazione Investire con sensibilità e rigore su politiche e attività che chiamino in causa la partecipazione dei giovani vuol dire – ci riferiamo sempre al ruolo di chi deve rapportarsi con realtà giovanili come i centri per il volontariato o il Forum giovani – far sì che tutti gli attori coinvolti nel costruire un processo partecipativo dichiarino e condividano: a. una definizione esplicita e nello stesso tempo aperta di partecipazione; b. i contenuti generali, gli obiettivi e le metodologie a cui fa riferimento il percorso partecipativo che si mette in atto; c. le tipologie di attori sociali che entrano in gioco (ed in che termini); d. le caratteristiche che assume un’attività di partecipazione. Questi quattro passaggi, lo ribadiamo, potrebbero rappresentare l’intelaiatura di una riflessione organica su come sviluppare e rafforzare percorsi partecipativi riguardanti i giovani in organizzazioni di secondo e terzo livello ad essi dedicate. Attenzione però: articolare i punti sopra descritti vuol dire investire di continuo sulla dimensione euristico-conoscitiva (ricerca, osservazione, approfondimenti), vuol dire “obbligare” l’organizzazione interessata a promuovere partecipazione o a consolidarla, a pensarsi e a pensare all’evoluzione di una strategia chiara nell’arco del medio periodo. Senza dimenticare – passaggio dato quasi sempre per scontato – che poi si deve dare seguito a quanto osservato e pianificato attraverso delle azioni

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reali4 che con tanta insistenza i giovani ci segnalano come cruciali per la loro permanenza in una struttura associativa e soprattutto perché essi continuino a relazionarsi in maniera costruttiva con chi rappresenta il volontariato o la stessa associazione in una rete nazionale. La definizione di partecipazione Il volume, attraverso il capitolo iniziale e i commenti ai dati, offre molti spunti in questo senso. Sia chiara una cosa: pur trattandosi di spunti numerosi e a volte contraddittori, nel nostro caso convenire su un’idea di partecipazione non vuol dire indovinare la definizione migliore, ma arrivare ad una sintesi condivisa5 che diventi conoscenza organizzativa, sapere di gruppo mediato da comportamenti adeguati. Non si possono orientare politiche e pragmatiche sulla partecipazione se non si parte da una definizione condivisa (o da una conoscenza complessiva, articolata) del fenomeno. Un’ultima annotazione di metodo: la sintesi di cui parliamo non necessariamente – specie se ci riferiamo a network complessi come un CSV regionale o il Forum nazionale dei giovani – prevede una descrizione univoca del termine “partecipazione”. Può – la sintesi – anche caratterizzarsi come un insieme di concezioni in parte dissimili che però siano tutte riconducibili a vision e a mission chiaramente integrabili. I contenuti generali, le metodologie e gli obiettivi della partecipazione Diciamolo una volta per tutte: in nessun caso la partecipazione è un fine. Tale termine non ha valore ontologico, anche quando collegato a dei contenuti e a degli obiettivi alti, societari. Partecipare è un mezzo. Anzi, un metodo6. Ciò implica tre attenzioni: 4 Parliamo in questo caso non di processi e metodi, ma di atteggiamenti, comportamenti, attenzioni, sensibilità. E ancora, di contenuti e metodi di comunicazione, di tutoring, etc. Cioè di tutta quella sfera di azioni collegate ad una dimensione soggettiva ed intersoggettiva che, al pari di quella organizzativa e gestionale, condiziona fortemente qualità e contenuti dei percorsi partecipativi in un Centro di servizio o in una grande organizzazione del Forum e della cui declinazione sono responsabili i singoli operatori, i quadri e i dirigenti, i volontari stessi: le persone, insomma. 5 Se dovessimo provare a sperimentare l’eterogeneità e le difformità di partenza che riguardano il concetto, basterebbe in un direttivo CSV o in un consiglio del Forum (perché no? Anche in una seduta di un Consiglio comunale che deve discutere di come coinvolgere i giovani locali nei processi di governance collegati alle politiche giovanili da attivare) chiedere ad ogni partecipante di scrivere su un bigliettino la propria idea di partecipazione: ne vedremmo delle belle. 6 È un metodo che vale la pena di adottare prescindendo da motivazioni strumentali e speculative. Si adotta in quei contesti o in quelle organizzazioni (parliamo anche di reti, naturalmente) che ritengono fondamentale attivare – perdonateci la didascalicità del ragionamento – processi di governance interna, esterna o interistituzionale. Traducendo il tutto in altri termini: parliamo di politiche basate su logiche negoziali e deliberative, di organizzazioni fondate sulla conoscenza e su leadership diffuse di tipo democratico e partecipativo, parliamo di gruppi e antropologie che privilegiano la mobilità, l’apertura, il

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a. Andare al di là della retorica e lavorare per ottenere risultati evidenti. Oggi prevalgono logiche procedurali e liturgiche di partecipazione. Ci si quieta, in un’organizzazione di secondo livello o in un’associazione storica che accoglie nuovi giovani, se si organizzano dei tavoli di confronto, un’assemblea ogni tanto per discutere di tutto, una chiacchierata tra un giovane volontario con qualche dubbio sulla sua esperienza ed il tutor cinquantenne. Capire, però, se i tavoli devono avere più continuità, se il lavoro di gruppo effettuato è utile, se l’assemblea decide davvero, se la chiacchierata avrebbe bisogno di essere trasformata in spazi più costanti di confronto, è un’altra storia. Di partecipazione se ne parla continuamente, ma rimangono alcuni problemi tra gli altri: come stimolare i giovani ad attivarsi; come rendere accoglienti ed “elastiche” le organizzazioni che vogliono integrare i giovani, come dare continuità al protagonismo diretto dei giovani trasformandolo in spazi decisionali e di confronto condivisi e reali. b. Collegare la partecipazione a soggetti (cluster), contesti e obiettivi specifici7. Fare partecipare un gruppo alla vita associativa di territorio vuol dire esplicitare una visione, dei valori, un’ipotesi di assetto societario o, all’altro estremo del continuum8, la voglia di protagonismo e di piacere. Ma vuol dire anche capire, ad esempio, a quali necessità pratiche (obiettivi) si deve fare fronte, valorizzando quel processo partecipativo e non altri: la generazione fondatrice della organizzazione di volontariato parrocchiale, ormai adulta, la mettiamo in condizione di interloquire davvero con i giovani che la frequentano? Se tali giovani sono preadolescenti di un quartiere periferico che offre pochissime opportunità di socializzazione dobbiamo pensare a ipotesi di parteci-

coinvolgimento (che non necessariamente è assemblearismo) nella definizione dei rapporti di potere, dei contenuti e dei processi decisionali. È inutile fare presente che dietro a tutto ciò si nasconde una weltanschauung che ha caratteristiche e riverberi diretti sugli assetti complessivi di una forma societaria e di un’architettura democratica, nonostante – questo è uno dei paradossi positivi più interessanti – partecipare molte volte voglia dire rapportarsi con la dimensione del piacere individuale o con azioni di socializzazione e aggregazione concentrate su un contesto o un mandato specifico (organizzare, per esempio, una settimana di eventi musicali in un quartiere di una metropoli). 7 Parlare di giovani non basta: per conoscere meglio le abitudini musicali (obiettivo) di un gruppo di gothic lolite (cluster specifico) non si può certo proporre in maniera scontata una formazione frontale di mezza giornata. 8 Ci riferiamo, quando parliamo di estremi del continuum, a quanto emerso sia dalla ricerca che da studi precedenti: partecipare vuol dire, ad un estremo, attivarsi per difendere dei diritti (pace, difesa dell’ambiente, etc.) o una visione societaria differente (sempre meno, in verità); all’altro estremo, vuol dire condividere il piacere di fare cose concrete, fare musica, organizzare eventi o feste per il proprio ed altri gruppi sul territorio. Non stiamo parlando di opposti, ma di modalità espressive chiaramente integrabili.

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pazione e accoglienza diverse da quelle che useremmo per adolescenti altamente istruiti di una zona alto-borghese di una provincia media che ha politiche, servizi ed opportunità per i giovani? Fermiamoci a queste domande, che non necessariamente colgono lo spontaneismo di un processo partecipativo: bastano, però, a rendere l’idea. c. Padroneggiare dei metodi modulari, evitando l’ingegnerismo9. Vi sono centinaia di modalità e migliaia di ipotesi operative possibili da cui partire per attivare un percorso partecipativo individuale, intersoggettivo, gruppale, organizzativo, sistemico. Esiste una letteratura che riguarda in particolar modo le scienze sociali (che in questa maniera recuperano un ruolo strategico nel contribuire a definire processi negoziali di costruzione di senso condiviso) fatta di innumerevoli esperienze, metodologie di lavoro, sollecitazioni teoriche ed operative. Che partecipare voglia dire prima di tutto tenere conto delle spinte endogene e motivazionali di un individuo evitando forzature artificiose è senza ombra di dubbio molto vero. Che non debba nascere una generazione di “tecnici della partecipazione giovanile” in grado di declinare metodi e pragmatiche come se stessimo costruendo una tensostruttura fieristica è altrettanto indubbio. Ma che, a fronte della riflessione carsica – poche volte è sotto gli occhi di tutti – che riguarda il tema, si scelga spesso la strada dell’improvvisazione o del silenzio, appare abbastanza riduttivo. Bisogna abituarsi a praticarla continuamente la partecipazione, aiutandosi con metodologie adeguate10 e conservando al contempo naturalezza nell’azione e nella proposta. Al di là delle sottolineature obbligate appena fatte, possiamo pensare, sia pure semplificando molto, che i contenuti di un processo partecipativo riguardante i giovani vadano suddivisi in cinque aree che rappresentano da un livello massimo ad un livello minimo di partecipazione. Se ci concentriamo su un rapporto tra un soggetto giovanile, chi lo intercetta 9 Vogliamo semplicemente ribadire il fatto che esistono molti modi diversi per sviluppare partecipazione individuale e di gruppo (modularità) e che non ci sono soluzioni preconfezionate o standardizzate (ingegnerismo). 10 Brainstorming, ascolto attivo, analisi della domanda e dei bisogni, attività ludico-simboliche, focus group, lavoro di gruppo, workshop tematici, circoli di studio, action planning, animazione territoriale, networking, costruzione di eventi di quartiere, consulte, confronti informali, etc.: sono solo alcuni dei metodi che è possibile utilizzare per realizzare un confronto diretto con i cittadini giovani per restituire loro la possibilità di incidere a livello decisionale. E teniamo conto che quando non parliamo di “partecipazione indotta” ma di protagonismo e attivazione diretta di un gruppo giovanile su un territorio, sopravviene una dimensione ulteriore che è quella dello “stare”, dell’esserci: una testimonianza forte che si basa sull’interazione gruppo-contesto, in un’accezione pragmatica più che metodologica.

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come rete di secondo livello e le arene territoriali (progettuali-relazionali) al cui interno lo stesso si colloca, ma soprattutto se pensiamo ai mandati che hanno i Centri di servizio e il Forum quando parliamo di attivazione della partecipazione giovanile (lo ripetiamo: stiamo parlando di un ambito specifico di declinazione della partecipazione), la gamma dei processi partecipativi attivabili è abbastanza ampia e nello stesso tempo molto definita: •­ Area politica: espressione e definizione collettiva dei problemi e dei bisogni, attivazione diretta, controllo e valutazione dei processi e dei risultati; • Area di gestione delle attività: presa in carico della gestione e realizzazione di attività specifiche; • Area supporto alle attività: aiuto alla realizzazione organizzativa nelle diverse fasi, pubblicizzazione, costruzione e gestione attività; • Area presenza agli eventi: partecipazione ad alcuni eventi di un programma di attività; • Area informativa: informazioni sui diversi aspetti delle attività e delle problematiche trattate. Si tenga presente che non si tratta di aree mutuamente escludentisi: l’esperienza partecipativa può attraversarle, integrare più aree, etc. Inoltre, tutto ciò, oggi, va almeno incrociato con un’altra variabile: il contesto. Esso può essere declinato come territorio, può riguardare un ambito virtuale o di comunicazione sociale, oppure, come succede sempre più spesso, può essere pensato come territorio e insieme rete di comunicazione “reale” o “virtuale”. Quali attori sociali entrano in gioco e come? Anche questo aspetto del ragionamento è abbastanza complesso e si presta a rischiose semplificazioni. Nel costruire un percorso partecipativo collegato a dei temi specifici (come abbiamo avuto modo di vedere), bisogna vederci chiaro. Se la chiarezza, ripetiamolo di nuovo perché non fa mai male, dipende da una parte da quali idee condivise abbiamo di partecipazione, dalla capacità di individuare degli obiettivi concreti, dalla conoscenza almeno sufficiente di qualche metodo o pratica, essa dipende nella stessa misura anche dai soggetti (attori, organizzazioni:

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chiamateli come volete, ma facciamo uno sforzo per identificarli) che entrano in gioco nel processo. E, naturalmente, dal modo in cui giocano. Se parliamo di giovani, il primo problema che ci troviamo di fronte è quello della soggettività, e quindi delle diversità. Se è tautologico pensare che esistano differenze infinite connesse alla variabilità individuale della specie umana, è altresì logico pensare a differenze ampie riguardanti la koinè originaria, gli atteggiamenti di un gruppo di giovani cittadini piuttosto che di un altro. Al di là del soggetto attivatore (del percorso partecipativo) che può coincidere con uno o più cluster giovanili, con un’associazione di giovani o reti di secondo e terzo livello, è bene tenere presente che esistono anche soggetti terzi che potremmo assimilare a degli stakeholders, a destinatari intermedi: il comitato di quartiere che aiuta la costruzione di un evento, sponsor privati, scuole, altre strutture giovanili che curano delle attività, etc. Oltre ad essi, specie se pensiamo ad un centro di servizi o a una rete che supporta alcuni dei processi partecipativi, esiste spesso un panel di esperti (senior), tecnici, o peer leader a cui fare riferimento nella fase di condivisione dei contenuti primari. Per tradurlo in altri termini, favorire la partecipazione vuol dire, allora, prima di tutto non lavorare in maniera gerarchizzata o univoca con i soggetti giovanili ma, anche in senso pluridirezionale, vuol dire lavorare con altri attori che entrano in gioco con obiettivi e funzioni diversificate e integrabili. Se non viene attivata questa dinamica che potremmo definire di sussidiarietà circolare, a nostro avviso, si può lavorare poco sullo sviluppo reale di un percorso partecipativo. Vista, altro esempio, da un Forum dei giovani che vuole aiutare le associazioni di una certa provincia a sviluppare politiche o eventi con i giovani, la questione è ben inquadrabile. Non si tratta più di fare solo un lavoro motivazionale o pedagogico con i giovani stessi, bensì di evidenziare come parte dell’organizzazione di secondo livello (il Forum) debba mettersi essa stessa in un percorso evolutivo e di trasformazione per raggiungere il risultato. Come si caratterizza la partecipazione Per decidere quale metodo utilizzare o quale percorso partecipativo avviare, una volta che sono chiari i target specifici e gli attori con cui si ha a che fare, così come gli obiettivi ed i contesti, abbiamo la vitale neces-

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sità di comprendere che elementi distintivi facciamo nostri (come diretti interessati, come tutor, come servizio di secondo livello). Ciò vale anche, naturalmente, laddove volessimo capire che caratteristiche assume una dinamica partecipativa in una realtà giovanile già strutturata ed attiva. Esiste un gruppo di questioni che è vitale approfondire ai fini di una conoscenza sufficiente dei soggetti giovanili con cui ci si rapporta. a. Estetiche e forme di partecipazione – Se qualcosa è cambiato in maniera vistosa rispetto a qualche decennio fa sono le estetiche e le forme che possono assumere una prassi partecipativa o un gruppo organizzato. È necessario tenere conto di questo primo aspetto, perché l’impressione sempre più evidente è che esso influenzi strutturalmente modalità e contenuti dei percorsi partecipativi, ma soprattutto la relazione tra un centro di servizi, il Forum giovani ed una associazione giovanile (più o meno formalizzata). Parliamo delle varie identità (giuridiche, organizzative, storiche, valoriali) che può assumere un gruppo giovanile, tenendo conto che i suoi membri potrebbero praticare la multiappartenenza e partecipare su più fronti in maniera sincronica (essere membri di un associazione costituita, fare parte di un comitato di quartiere, animare un blog, promuovere un gruppo di acquisto, ecc.). Ma parliamo anche di codici, simboli, canali comunicativi, forme espressive condivise, linguaggi. Ci accorgeremmo, focalizzandoci su tale aspetto, di due cose tra le altre: • nella storia di un gruppo che partecipa e si attiva possono succedersi forme diverse di organizzazione e quindi di partecipazione; • tendono sempre più a mischiarsi, almeno se parliamo di socializzazione e protagonismo, spazi tradizionali di interazione e spazi tecnologici. In conclusione, essere in grado di leggere quali peculiarità caratterizzino il contenitore al cui interno si sviluppano dinamiche partecipative, capire quanto prevale una struttura (una cultura?) tradizionale o innovativa, associativa o da social network, etc. vuol dire avere una possibilità in più. Ovvero, contestualizzare meglio la domanda di partecipazione e “spalmarla”, per quanto – per fortuna – una dinamica partecipativa non sia mai del tutto orientabile per la sua natura spontanea, su una serie di risposte più efficaci e comprensibili.

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b. Formalità e informalità che caratterizzano i gruppi e i singoli nel partecipare – Attenzione, ci è capitato di anticiparlo in una delle sezioni precedenti: le due dimensioni sono fondamentali per la sopravvivenza di un’esperienza partecipativa e non si sposano direttamente con il livello di strutturazione/destrutturazione di un’organizzazione o di un gruppo. Le due dimensioni sono fondamentali perché per svolgere un percorso di partecipazione si deve trovare il giusto mix tra la necessità di condividere processi e passaggi comuni e quella di garantire spazi transazionali ed espressivi in cui non prevalga la dimensione normativa, ma quella relazionale. Pertanto, se proprio dobbiamo dividere tra realtà formali e realtà informali, non ci limitiamo a considerare l’unico livello giuridico, ma anche quello organizzativo e dei processi interni di gestione: una realtà associativa può fondarsi su meccanismi informali di gestione ed un gruppo informale può formalizzare molto le procedure interne (comunicazione, ruoli e funzioni, etc.). Potremmo trovarci di fronte – come centro di servizi, come Forum, come associazione territoriale che si muove per organizzare in rete con realtà giovanili degli eventi, o come storica struttura volontaria che pensa alle nuove generazioni di affiliati – a gruppi di (o a singoli) giovani che condividono momenti di partecipazione e protagonismo non avendo mai sperimentato la costituzione ufficiale di un’associazione, e che hanno un sistema di regole interne (soggettivo o collettivo) molto formalizzato. A differenza di una grande organizzazione di volontariato, fondata sull’intergenerazionalità che, pur presentandosi per essere organizzata burocraticamente, che quando lavora sull’accoglienza dei giovani lo fa privilegiando una dimensione informale. c. Continuità o istantaneità che assume una prassi partecipativa – Così come a prevalere è la logica della multiappartenenza, nell’excursus evolutivo di un giovane le dimensioni della continuità e della temporaneità (che spesso potremmo definire dell’ “istantaneità”, proprio perché risaltano pratiche esplorative di “toccata e fuga”) sembrano intrecciarsi sia longitudinalmente che in termini diacronici. Per calarci nella realtà: i livelli di fidelizzazione o adesione alla propria struttura di appartenenza variano con il tempo e sono collegati a momenti alternati di innamoramento e disamore, così come variano in relazione

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al variare dell’esperienza o del contenitore di riferimento. Organizzazioni come un Centro di servizi per il volontariato o il Forum giovani, sono presenti in maniera diversa nei percorsi di protagonismo e di partecipazione di numerose realtà associative giovanili, o di singoli giovani. E dovrebbero occuparsi in maniera più costante di individuare percorsi e modalità di sviluppo della partecipazione interna (per i giovani del servizio civile volontario, per le giovani generazioni di volontari, per gli operatori giovani che vi lavorano) e interorganizzativa (parliamo del rapporto con le singole realtà che ad esse si rivolgono, come associazioni o reti territoriali). Rispetto alle due dimensioni della istantaneità e della continuità, allora una realtà giovanile organizzata che si guarda dentro, così come un centro di servizi, il Forum, un ente locale, la scuola, dovrebbero tenere presente: • che la dinamica esiste e che l’adesione alternata a più strutture e con livelli di coinvolgimento differenziati non è un problema (potrebbe rappresentare, lo vedremo più avanti, un vantaggio per la costruzione di reti innovative); • che a preoccupare, in termini – perdonateci la freddezza apparente – di analisi organizzativa e dei processi partecipativi, non deve essere la presenza in sé delle due dimensioni (istantaneità e continuità) ma, eventualmente: l’alternarsi troppo frequente dei due atteggiamenti da parte di singoli e di piccoli gruppi (segno di un possibile e improvviso abbandono della struttura) e il lento, inesorabile (sottolineato più volte in altre parti del libro) sentirsi sempre più lontani dall’esperienza condivisa. In entrambi i casi: comprendere il problema, collegarlo alle peculiarità che presenta il singolo giovane che lo vive, concordare un rilancio fatto di formazione e approfondimento, responsabilizzazione e protagonismo, può servire molte volte a ritardare il momento del distacco. d. Processi e relazioni di networking – Nessuna esperienza partecipativa, per quanto mediata da esigenze individuali, può essere vissuta in piena autoreferenzialità. La matrice originaria dell’idea di partecipazione, del resto, prevede che quest’ultima sia tale perché tratta di azioni sociali che portano a piccoli e grandi cambiamenti all’interno di un contesto. Quindi, ogni atto partecipativo si definisce all’interno di un contesto, spiegando a sua volta il contesto stesso. Ciò ci obbli-

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ga – sempre a livello metodologico – a individuare oltre che gli attori (stakholders, partner e destinatari intermedi) da considerare come co-protagonisti, anche i “vettori”. O meglio, delle opportunità (organizzative, progettuali, relazionali) che possano facilitare il consolidamento di un percorso partecipativo. Uno dei vettori meglio individuabili è quello della rete, del network. L’interlocuzione con altre realtà che facciano, in maniera coordinata, da amplificatori e facilitatori, infatti, permette una maggior permeabilità e condivisione degli effetti dei processi partecipativi, perlomeno a tre livelli diversi: sviluppo di pratiche collaborative, valorizzazione della cultura dell’integrazione a discapito di quella della competizione, e riconoscimento dell’identità del gruppo. Alcuni nodi epistemologici di fondo Chiudiamo con alcune considerazioni assimilabili a veri e propri nodi epistemologici che, se ben analizzati, rappresentano ulteriori opportunità di riflessione a cui fare riferimento, più che per dare risposte per stimolare una serie di domande. Tali nodi, articolati in gruppi di assunti, li colleghiamo unicamente a quanto vivono strutture come i Centri di Servizio per il Volontariato11 o il Forum giovani, ma siamo ben consapevoli che potrebbero interrogare un’area più vasta di interlocutori e organizzazioni interessate, sia di matrice istituzionale che extraistituzionale (dalla scuola ad un ente locale, ad un’impresa, ad un’associazione di territorio). I° nodo epistemologico: sulla comprensione Giovani: per una definizione precisata e flessibile – Se pensiamo al lavoro di osservazione e analisi, ai meccanismi selettivi, alla formazione, agli interventi, non possono prevalere esclusivamente logiche procedurali e normative che trattano il concetto (i giovani) in maniera generica. Anche se si devono fare i conti con letture istituzionali, quando parliamo di 11 Per essere del tutto onesti: la ricerca, come si sa, è stata commissionata da due realtà precise. Il Coordinamento dei Centri di Servizio per il Volontariato – CSVnet CSV – e il Forum nazionale dei giovani. Pur cercando, attraverso ogni riflessione effettuata, di leggere il mondo giovanile nella sua complessità, il nostro rimane un punto di vista preciso: quello dell’organizzazione strutturata di secondo o terzo livello che si interroga su una serie di questioni, a partire dalla sua vicinanza parziale con un panel aperto di realtà giovanili.

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giovani bisogna capire bene a chi ci riferiamo. Un adulto che debba svolgere un lavoro di tutoring, un presidente di un’associazione o uno stesso ricercatore, così come un assessore locale – laddove debbano rapportarsi con il tema della partecipazione giovanile – raggiungono un miglior livello di comprensione e di efficacia nell’azione se tendono a leggere i possibili interlocutori considerandoli al contempo soggetti portatori di istanze individuali, attori territoriali, gruppi specifici con determinate peculiarità. Pur dovendo evitare letture molecolarizzate del fenomeno, occorre porre attenzione ai problemi della multiappartenenza (“io sto in più associazioni, con intensità diverse”), della multiculturalità (in associazioni di associazioni come il Forum dei giovani o come il Centro servizi per il volontariato del Lazio quante culture giovanili differenti sono rappresentate? Come facciamo a interpretare tutto ciò?), della multiformità (esistono differenze strutturali: l’essere immigrati, donne, poveri o ricchi, etc. Come le affrontiamo?). I linguaggi, i codici, le semantiche, le chiavi interpretative, le estetiche, le motivazioni di un gruppo di giovani non sono mai sempre uguali (nel gruppo e tra numerosi gruppi). Come sviluppiamo selezione, formazione, accoglienza, attivismo a partire da tali considerazioni? Facciamo un esempio concreto e proviamo a dare una risposta – che è solo in apparenza troppo astratta – alle domande appena espresse. Se dovessimo coordinare e accompagnare un’esperienza di servizio civile volontario in un centro di servizi regionale e nelle associazioni ad esso aderenti, è probabile che dovremmo interloquire nell’arco di un anno con diverse centinaia di giovani. Ma anche, per riprendere quanto detto nelle pagine precedenti (cfr. “d. processi e relazioni di networking”), che dovremmo fare i conti con decine di organizzazioni di volontariato, decine di tutor, differenti culture e approcci. Stimolare l’esperienza partecipativa di un giovane volontario, pertanto, vuol dire pensare a progetti che coniughino in parallelo percorsi fortemente individualizzati (centrati sulle risorse e le capacità reali del volontario), con un’attenzione agli specifici gruppi di riferimento che il giovane incrocia nel suo cammino (gruppi di pari, sottogruppi nelle singole associazioni in cui si trova, gruppi informali e formali). Giovani e tempo – Quante volte parliamo, oltre che in maniera indifferenziata dei giovani, anche del fatto che rappresentino il futuro di un

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Paese, nel bene e nel male? Ebbene, questo schiacciamento su un’unica dimensione temporale, serve solo ad attivare ulteriori processi di semplificazione e stigmatizzazione. I giovani vanno considerati interlocutori responsabili perché come ogni cittadino di qualsiasi età rappresentano una storia (come persone, a livello familiare, come territorio, come gruppo o movimento), un presente (con i loro codici, i loro comportamenti, i loro diritti e doveri, il loro legittimo protagonismo e i loro linguaggi), un futuro (non solo perché chiamati in causa come cittadini attivi e produttivi, ma anche perché tendono da sempre ad anticipare una serie di orientamenti societari)12. Ogni tentativo di intendimento che riguardi singoli giovani o piccoli e grandi gruppi, deve essere fatto cercando di cogliere profondità, priorità e prospettive. Il gruppo dei pari – Se dovessimo effettuare una ricerca sociale, attivare un processo interazionale o educativo, agire con un insieme di giovani delle piccole e grandi attività su un territorio, sarebbe sempre bene comprendere che caratteristiche assume il gruppo dei pari all’interno del quale un giovane cresce e con il quale si rapporta. Tale dimensione - che rappresenta da una parte un elemento dinamico di amplificazione dei vissuti e dei comportamenti e dall’altra una metafora di assetti societari più complessivi è fondamentale, se vogliamo indirizzare politiche, progetti, attività. All’interno di una realtà associativa possono convivere anche più peer group: l’importante, in questo caso, è averne la percezione e agire di conseguenza. Attenzione ad alcune trappole in cui è facile cascare: anche i gruppi di pari, a nostro avviso, sono segnati dal concetto della multiformità e della multiappartenenza, non rappresentano mai dei precipitati statici. Ciò vuol dire che sono soggetti ad evoluzioni, trasformazioni antropologiche, e pur rappresentando membri con caratteristiche comuni, rappresentano anche contraddizioni e differenze esistenti, in termini intersoggettivi e soggettivi, tra un membro e l’altro. A ciò si aggiunga che, specie quando parliamo di relazione tra singoli giovani o singoli gruppi e reti di secondo e terzo livello (come un Forum nazionale dei giovani, per esempio che comunque obbliga a misurarsi con logiche istituzionali, procedure e sistemi normativi), è importante 12 Ecco perché è strategico studiare la partecipazione giovanile. Oltre a darci indicazioni sul presente e su come andare a leggere contenuti e modalità attraverso cui sviluppare rapporti con le varie tipologie giovanili, ci da informazioni utili su come vanno strutturandosi più in generale le dinamiche partecipative nella cittadinanza

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anche studiare le modalità e le caratteristiche che assume il concetto di pluriappartenenza. Quest’ultima, di fatto, non si fonda solo su scelte e dinamiche di tipo emotivo-relazionale che portano un giovane a convivere con più realtà aggregate, ma anche su “alleanze a geometria variabile” collegate al concetto stesso di network e di interazione tra singoli sottosistemi fondati sulla condivisione di strategie, informazioni, obiettivi. Il paradosso della scarsa comunicabilità intergenerazionale – Oggi, convivono due spinte antitetiche che ritroviamo nelle stesse organizzazioni che si occupano di politiche giovanili. Da una parte aumentano i gradi di libertà individuale collegati alla possibilità diretta di effettuare scelte esperienziali, professionali, valoriali. Dall’altra, però, un immobilismo di natura sistemica, una società chiusa, costringono a ridimensionare pesantemente la prima tendenza (se non per alcuni cluster specifici della popolazione giovanile, che sono più tutelati dai punti di vista economico e sociale delle opportunità): ci si muove con maggior fatica e minore autodeterminazione. In quali rischi si ritraduce tutto ciò se pensiamo ad organizzazioni e movimenti giovanili? In prima battuta, in una insufficiente quantità di momenti volti a favorire il confronto e il ricambio generazionale nella base e nel management di un’organizzazione. Se non altro, quando esso è di tipo tradizionale (pensiamo alle classiche, storiche, organizzazioni di volontariato che rappresentano, tra le altre cose, l’anello di congiunzione tra i Centri di servizio e il Forum nazionale dei giovani). In secondo luogo, nell’assimilazione meccanica di modelli e comportamenti provenienti dal mondo adulto e istituzionale da parte del management delle grandi organizzazioni giovanili (che tendono a parlare, in termini relativi, il linguaggio della classe dirigente “matura” del Paese). Infine, nella difficoltà di intercettare in maniera continuativa e costituente (pensando a contaminazioni reali, a cambi di assetto e di leadership nelle reti) le piccole e medie esperienze, le realtà molto innovative, quelle che di volontariato istituzionalmente non sono ma che vivono, ipso facto, di investimento volontario palese. Il modello dell’incomprensibilità – Una delle propulsioni archetipiche che regolamenta spesso a livello implicito le relazioni tra persone e gruppi è quella della tendenza all’incomprensibilità. Parliamo di un concetto a

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molte facce che riassume idee come: diversità, diffidenza, paura del diverso, conformismo. Anche nell’associazionismo adulto e formale, oltre che per certi versi nei centri di servizio e, cosa ancor più preoccupante, nello stesso Forum (pensiamo ai modelli di fidelizzazione o ai modelli formativi, alle interpretazioni implicite sui giovani o agli scontri inter o intra-generazionali sottotraccia) a volte attecchisce il “modello dell’incomprensibilità”. Ad essere sinceri, poi, esso viene avallato in termini contrappositivi e simmetrici spesso dalle nuove generazioni che hanno però, a differenza di noi adulti, un alibi non da poco: quello della sperimentazione e della necessità di costruire percorsi identitari anche per contrasto. Secondo tale modello i giovani (o alcuni gruppi di giovani) sono devianti o portatori di istanze nuove ma non comprensibili. Di fatto, come già in parte detto, i giovani captano o determinano prima come protagonisti, i mutamenti culturali profondi di una società, le sue estetiche, i suoi conflitti. Sapersi muovere, come realtà che si occupa di giovani e come attore sociale, tra le istintive incomprensioni e le esigenze di stare dentro processi di comprensione più ampi, è fondamentale per un’organizzazione aperta che non deve ideologicamente ricercare il “nuovismo”, né tantomeno evitare pregiudizialmente scambi e confronti con le nuove generazioni. II° nodo epistemologico: sulla attivazione Il postulato dell’attivazione – “Perché la potenzialità innovativa dei giovani si trasformi in atto è necessario che la società ne favorisca la mobilitazione”. L’ipotesi di leggere la mobilitazione come un prodotto quasi “pedagogico”, lascia un poco perplessi. Come del resto lascia perplessi chi, con una sospettosità conservatrice, fa finta di non avere responsabilità dirette nel contribuire ad attivare o a comprendere percorsi partecipativi o conflittuali se si parla di i giovani. La società di oggi è costituita da una serie di corpi intermedi che hanno una funzione costruttiva: tra essi, rimanendo alla concezione primaria di multilevel governance, rientra anche l’associazionismo. Se è vero quanto detto finora, è necessario che l’associazionismo – più in generale anche coloro che hanno a che fare con i giovani come un centro di servizi – si preoccupi, per comprendere quale ruolo giocare come corpo intermedio, di disarticolare l’idea di “mobilitazione”. Rimanendo alla frase iniziale, ci sono alcune domande che

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dobbiamo farci nel tentativo di comprenderne il significato. Innanzitutto, come ogni volta che parliamo di concetti complessi, abbiamo l’obbligo ermeneutico di definire il concetto di mobilitazione (sociale, politica, individuale; ad alto impatto personale, sul gruppo, sull’organizzazione, sul territorio, societaria; monodimensionale o pluridimensionale; mediata da un social network, piuttosto che rappresentata per uno stesso gruppo sia dal social network che da un’associazione locale informale). E poi: di quali atti parliamo (impegno individuale e loisir, impegno civico e collettivo, etc.)? Come si esprime una dinamica di mobilitazione (conformismo nei confronti del gruppo dei pari, conflitto, creatività, eccentricità)? Che tempi ha? Con quali estetiche e forme si produce? Infine, per tarare le strategie e le metodologie di interlocuzione con i giovani e le prassi di interazione e di partecipazione, bisogna decidere e capire (sui piani formale, implicito e sostanziale) che compito giochiamo nel processo di mobilitazione: lo incrociamo, lo subiamo, lo attiviamo in fase iniziale, lo spegniamo, lo rafforziamo, lo riorientiamo, lo distorciamo? Una volta decisi i compiti che dobbiamo assolvere subentra la necessità di individuare le pratiche: con quali strumenti e metodi agiamo i nostri compiti? Perché? Prendere parte o fare parte? – Sia pure se appare abbastanza seduttivo e foriero di soddisfazioni immediate avere dei riscontri concreti relativi all’impegno e al piacere che gruppi di giovani fanno propri per partecipare, uno dei problemi è evitare di focalizzarsi unicamente su chi partecipa (alcuni cluster della popolazione giovanile) ed è facilmente intercettabile. Come partecipano e si intercettano gli Emo? E i punkabestia? E i ragazzi di un’area periferica assimilabile ad una banlieue? Vanno intercettati tali gruppi da soggetti come una rete provinciale di soggetti giovanili o dal Forum giovani della Lombardia? In che modo? Come si declinano – a partire da quanto detto fino ad ora – i concetti di “prender parte” (contenuti dell’appartenenza) e “fare parte” (appartenenza)? A tal proposito, abbiamo due necessità ineludibili. Prima necessità: lungo un continuum di modalità e metodologie partecipative – rappresentate ad un estremo da azioni a basso impatto partecipativo e all’altro da azioni ad impatto partecipativo diretto e costante – dobbiamo comunque individuare uno strumento che ci permetta quantomeno di osservare, capire. Anche quando riteniamo impossibile

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(per mille motivi: la diffidenza, il mandato circoscritto ad altro, l’impreparazione, etc.) il confronto diretto con gruppi giovanili che tendono a isolarsi o a marcare un’idea di partecipazione a noi non chiara. Nei rivoli di ogni atto partecipativo di gruppo, in quel rivolo particolare che abbiamo definito più volte dello “stare”, dell’esserci, è probabile che si setaccino indicazioni utili a comprendere l’articolazione più complessiva di un’azione collettiva. Seconda necessità: da una parte dobbiamo capire bene e in modo veloce - ci riferiamo adesso in particolare alle reti di secondo e terzo livello che al di là delle tendenze individualistiche generali, dovrebbero insistere nello stimolare politiche pubbliche partecipate, una presenza attiva che sia sociale ma anche politica, una visione societaria sostenibile - quali meccanismi portano a riconoscersi in istanze collettive (sia pure, per esempio, riguardanti il proprio territorio o il locale). Dall’altra, dobbiamo capire se avallare progressivamente le tendenze individualiste nella partecipazione e quanto forzare al contempo per riprodurre legami collettivi e una visione societaria condivisa. III° nodo epistemologico: sulla complessità La partecipazione non è più esclusivamente lotta politica con un ipotetico impatto trasformativo – L’affermazione è scontata e sia le esperienze accumulate che una lettura trasversale e diacronica dei movimenti giovanili ci forniscono ormai dati incontrovertibili. Il processo storico di personalizzazione ha avuto ed ha tuttora riverberi anche nel ridefinire il concetto stesso di partecipazione che oggi può orientarsi, per alcuni versi, in senso più individuale e meno collettivo, e per altri in senso più pragmatico. Riteniamo, allora, ordinaria l’affermazione che sintetizza l’assunto, nella misura in cui la leggiamo all’interno di una dinamica dualista, simmetrica: partecipazione politica e collettiva versus partecipazione individuale e basata su obiettivi pratici (soddisfare un piacere, mobilitare un territorio con una rassegna teatrale, avere uno spazio per suonare come gruppo musicale, etc.). Se ci colleghiamo a quanto emerso dalla nostra indagine, però, l’affermazione in apertura non è affatto scontata e ci obbliga a misurarci con altre due tendenze interessanti. La prima: la comunicazione entra in gioco come vettore strutturale e identitario e rappresenta anche la media re nell’incrocio tra real life e virtual life, tra social

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Capitolo 5

network e contesti quotidiani. Sempre più di frequente, in tal senso, la misura di come si destrutturino e si ridefiniscano estetiche e percorsi partecipativi ce la danno quelle esperienze intermedie che coniugano comunicazione, uso delle tecnologie web 2.0, relazioni dirette. Come già intuito da alcuni studiosi ormai diversi anni fa, anche in questo caso il mezzo fa la comunicazione, ed il mezzo e la comunicazione fanno la relazione (oltre che viceversa, è scontato). La seconda tendenza da tenere presente riguarda l’accezione non necessariamente positiva di “partecipazione”. L’apparente interesse per la questione, la costruzione di una fenomenologia fondata sulla retorica della partecipazione ed il consolidarsi di logiche conservative e privatistiche, a nostro avviso, hanno avuto un effetto rafforzativo nel definire la partecipazione in parte come “antipartecipazione” ed in parte come il locus di garanzia e conservazione delle elite, un ambito in cui tutelare e privilegiare i manierismi ed i meccanismi di potere e di status. Per farla breve, esistono realtà associative giovanili chiuse, i cui linguaggi e i cui riferimenti culturali sono molto più autoreferenziali e vicini a quelli della partitocrazia, di quanto lo siano a volte esperienze partecipative tradizionali rappresentate esclusivamente dal mondo adulto. Attenzione, a onor del vero, anche a quelle esperienze partecipative in organizzazioni di volontariato consolidate in cui è in prima battuta il mondo adulto a legittimare modelli culturali conservativi e fondati sulla cronicizzazione delle leadership e delle elite. Ai confini della partecipazione – I gruppi informali, così come in generale le esperienze più innovative, hanno le peculiarità che abbiamo descritto. Parliamo di attori che ci obbligano a ridefinire il concetto stesso di partecipazione, di falsificarlo e di muoverci sul limen. Per rimanere ancora meglio sul confine, sulla soglia, dovremmo a questo punto fare un altro paio di sforzi. Innanzitutto, provare a studiare ed interloquire con le due forme partecipative prevalenti: forte (partecipazione come modalità di influire sui processi decisionali per risolvere problemi) e debole13 (partecipazione non vincolata alla possibilità di intervenire sulle decisioni di maggior rilievo). Ma cogliendo in entrambi i casi le esperienze più estreme, ad alto contrasto figura-sfondo. In seconda istanza, dovremmo esplorare senza timori, anche se in via informale, sottotraccia, il rappor13 Purtroppo nel gergo adottato in parte della letteratura scientifica sono stati usati tali termini. A noi non interessa intenderli in senso valutativo ma vogliamo coglierne il loro significato espressivo

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Quando i giovani partecipano

to tra giovani, partecipazione e legalità, facendo attenzione alla partecipazione non convenzionale (boicottaggi, proteste, blocchi, occupazioni, etc.) che si misura con le contraddizioni sociali e non con le difficoltà medie di un sistema sociale. Oltre il cluster, per una lettura pluridimensionale di partecipazione – Gli esperti di politiche giovanili e quanti praticano tale mondo con una sensibilità nuova, andando al di là di visioni riduzioniste e secolarizzate, hanno fatta ormai propria una certezza. Come dicevamo con il primo assunto, bisogna stare attenti a non generalizzare e a non considerare i giovani come una massa indistinta di persone accumunate esclusivamente da debolezze e singolarità. Ebbene, la certezza a cui accennavamo consiste nel cominciare a praticare (in fase di analisi del fenomeno, di interazione con i contesti giovanili, di sviluppo di progettualità e politiche) la logica del cluster, intesa come gruppo di unità simili o vicine tra loro dal punto di vista della posizione o della composizione (in un’accezione molto tecnica). Banalmente, più che generalizzare, bisogna analizzare nello specifico i giovani. Prima di tutto, o in molti casi, considerandone i gruppi (multiappartenenza) di riferimento. E poi, non dimenticando, come detto, le dimensioni soggettiva, intersoggettiva o sistemica. In una prospettiva interazionista, però, bisogna andare più in là. Per definire un processo partecipativo, lo ripetiamo, e capire quali metodologie partecipative adottare, è fondamentale comprendere quali tipologie giovanili abbiamo di fronte. È importante tenere presenti tutti i livelli fino ad ora trattati e quanto detto nella prima parte del capitolo, ma non basta ancora. Quel determinato cluster va studiato nella sua reciprocità con le dimensioni portanti del mondo giovanile (piacere, devianza, rischio, valori, scuola, politica, lavoro, disoccupazione, tempo libero, divertimento, consumi culturali, musica, sessualità, orientamenti religiosi, salute, relazioni, etc.) che caratterizzano i contenuti di uno specifico processo partecipativo. Ma anche analizzato in termini di rappresentazioni sociali, vissuti, stereotipi, opinioni, pregiudizi, etc. E, ricordiamocelo, anche a partire dai punti di vista e dagli obiettivi degli stakeholders (istituzioni, reti, altri gruppi o associazioni, mondo adulto e familiari, etc.) interessati allo stesso, specifico, processo partecipativo. Perché insistere molto sui ragionamenti appena fatti? Perché pur non

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dovendo rincorrere un finto scientismo e scomporre secondo una logica eccessivamente analitica ogni parte fondamentale del discorso complessivo, c’è bisogno di recuperare rigore e sistematicità nell’agire. Senza freddezza, ma con attenzione, strutture come il Forum giovani, un ministero dedicato, un Centro di servizi per il volontariato, a partire dal proprio mandato, devono costituire una rete di osservatori con cui analizzare di continuo l’evoluzione e le trasformazioni dei giovani nel Paese e/o sui territori, attivando una propria line di ricerca-azione finalizzata al monitoraggio dei cambiamenti e delle trasformazioni che assume l’impegno civico e l’esercizio di una cittadinanza matura nelle giovani generazioni. IV° nodo epistemologico: sul potere di agire Leadership democratico-partecipative contro leadership dominanti – È uno dei grandi temi: influenza da sempre le dinamiche di gruppo, le caratteristiche che assume un aggregato umano, un attore sociale o un orientamento societario. Per evitare di legittimare effetti paradossali, è sempre bene considerare la partecipazione: • nelle sue declinazioni interne all’organizzazione o a un gruppo; • come modo di rapportarsi dell’organizzazione con le reti e il sistema/ territorio. Ci accorgeremo spesso, anche monitorando in maniera superficiale il tutto, che molte strutture o realtà che sembrano particolarmente attive sui territori, vengono guidate al loro interno nella migliore delle ipotesi da leadership carismatiche, nella peggiore da leadership dominanti e a forte impatto gerarchizzante. Il rischio, come dicono alcuni studiosi, è: “che prevalga un’ idea di organizzazione asservita al cognitivismo modernista, che focalizza di continuo l’attenzione sull’aspetto cognitivo della costruzione degli apprendimenti e dei significati, separandolo dall’affettività”. In casi più rari è vera una cosa diversa: associazioni o gruppi con una leadership diffusa e intercambiabile hanno un impatto nullo sul territorio in termini di networking, visibilità e proposte. Lasciamo volutamente da parte, per ora, le singole realtà giovanili. E parliamo ancora una volta di reti e realtà di terzo livello, tra cui includiamo anche quelle istituzionali che si rapportano con i giovani. La preoccupazione, in questo caso è ben chiara: quanto, tali agenzie di socializzazione e partecipazione emancipano il giovane dalle situazioni di dominio tipiche della società tradizionale? Quanto, invece,

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Quando i giovani partecipano

riproducono tali meccanismi (procedure di selezione, contenuti, rapporto senior-junior, culture e clima organizzativo, comunicazione, potere, etc.)? Lo fanno implicitamente? Esplicitamente? Per problemi di sovrarappresentanza della gerontocrazia? Per una strategia difensiva? Fuor di retorica, sarebbe sempre il caso di “guardarsi dentro”, sia per evitare l’effetto paradosso, sia per evitare di continuare a credere che si possa promuovere partecipazione se non la si pratica direttamente. Il ruolo attivo di una rete di secondo e terzo livello – Insomma: bisogna schierarsi apertamente. Sia soggetti come CSVnet o il Forum nazionale dei giovani che un Ente locale con una buona classe dirigente, ad esempio, pur facendo i conti con il contesto (contingenza) devono di fatto recuperare un ruolo che non sia solo tecnicistico ma anche trasformativo. Le due tendenze che convivono sono quella dell’autorealizzazione e il desiderio di fare per la collettività: quando si accompagna o si studia un processo partecipativo o il rapporto tra giovane e associazionismo bisogna tenerle presenti entrambe: • Stimolando nei giovani (e nelle associazioni) la propensione a ragionare anche in termini di ridefinizione della propria visione societaria, non solo a livello globale, ma anche locale: è affascinante pensare a come modificare nel tempo il quartiere in cui si vive, nelle sue relazioni e nella sua semiotica, per esempio; • Accettando che esistano e possano convivere (facilitando il processo di condivisione) esperienze fortemente individualizzate, altre riconducibili alle relazioni individuo-gruppo dei pari, altre ancora alle relazioni individuo-organizzazione, individuo-territorio; • Pensando, oltre alle variabili individuali (progetto individuale o di gruppo) a percorsi per le associazioni e i (singoli gruppi di) giovani che contemplino un lavoro di sollecitazione, sensibilizzazione, progettazione, nelle due direzioni sopracitate (visione societaria e esperienze individuali). Il ruolo dei gruppi informali – È importante intercettarli, sia pure forzando sul proprio mandato (ci riferiamo, ormai dovrebbe essere chiaro, a istituzioni, reti come i CSV, il Forum nazionale dei giovani, etc.). È inutile scendere nel dettaglio, basta tenere presente le tre caratteristiche che essi hanno: • Rappresentano, a volte, più e meglio contraddizioni societarie e difficoltà; • Rappresentano in maniera interessante la valenza espressiva della par-

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tecipazione; • Fanno valere tendenzialmente competenze, capacità e proposte del singolo e arricchiscono con il proprio contributo l’esperienza collettiva. La coerenza culturale, la tenuta e la tendenza all’azione – Si può davvero cambiare passo e provare a prestare maggiore attenzione al tema della partecipazione e allo studio dei meccanismi di governance locale e di sistema? È possibile rendere condivisi, sussidiari, universalmente compresi i contenuti di cui abbiamo discusso nel libro? Compresi dal livello locale di un’associazione, dai quadri, dai singoli associati. Compresi in maniera trasversale da tutti coloro che appartengono ad una rete, che si occupano di associazionismo e partecipazione giovanile: un presidente, un gruppo di giovani volontari, un direttivo, l’operatore che cura l’accoglienza, un tutor, un formatore. È possibile certo, ma nel momento in cui si attiva la filiera “coerenza culturale, tenuta, tendenza all’azione”. Tale filiera la attiviamo solo se riusciamo a governare in maniera diffusa e partecipata la cultura organizzativa complessiva, spesso riconducibile a uno spazio frammentato, i canali e gli strumenti di comunicazione e di costruzione dei saperi, una visione. Chiudiamo con un’ultima considerazione. Seguitare a considerare residuale il tema della partecipazione giovanile o cavalcarlo in maniera artificiosa, è pericoloso. Vuol dire non contribuire a incoraggiare un passaggio decisivo: da un’idea societaria fondata su logiche gerarchiche e frames tradizionali a un’idea fondata su logiche negoziali e pratiche di democrazia deliberativa. Concentrarsi sulle esperienze di partecipazione più visibili e prossimali, rimanere esclusivamente all’interno di configurazioni e rapporti convenzionali, adattarsi alle forme deboli di partecipazione e farlo con un orientamento pratico, vuol dire già molto. Ma rischiamo – come studiosi, come operatori, come giovani – di non andare oltre il mandato intermedio di un partito o del politically correct. Ciò mal si concilia con l’irrequietezza di un volontario, di un operatore sociale, di uno scienziato sociale, con la necessità di garantire costanza e attenzione al fenomeno. Fare nei prossimi anni uno sforzo che vada nella direzione di conoscere meglio (in termini di ricerca-azione) i contenuti di un processo partecipativo in tutte le sue articolazioni fino ad ora descritte - approcciando in punta di piedi anche al mondo della partecipazione forte, non convenzionale,

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Quando i giovani partecipano

eccentrica - può aiutare ad effettuare quel passaggio di cui parlavamo appena sopra. Probabilmente, il taglio delle riflessioni appena fatte sembra suggerire una lettura razionalista della partecipazione giovanile, collegata alla visione specifica di chi con i giovani lavora o si rapporta in un ambito preciso: quello associativo. È certo che non abbiamo esplorato ogni forma ed ogni modalità attraverso cui si articola un processo partecipativo, poiché ci siamo concentrati sulla figura di chi, pur non essendo interno come giovane a quella particolare esperienza di partecipazione, si rapporta costantemente con essa da “esterno promotore”. L’augurio con cui ci congediamo è uno solo: avere gettato le basi perché il tema sia trattato con dignità strutturale, ma anche con una complessità analitica maggiore, nei prossimi anni.

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APPENDICE - Nota metodologica di Rosa di Gioia

La ricerca si è sviluppata in tre fasi che hanno previsto, rispettivamente, la somministrazione di un questionario semistrutturato, la conduzione di 8 interviste in profondità e 3 focus group a testimoni privilegiati. Il questionario si compone di 8 sezioni, per un totale di 89 domande. Le finalità conoscitive che queste dovevano soddisfare si possono distinguere in due macrocategorie: profilo delle associazioni e profilo dei partecipanti. Da un lato quindi, erano necessarie domande sulla organizzazione interna delle associazioni e sui rapporti esterni, con il territorio inteso in senso ampio; dall’altro lato, domande sugli associati e sul loro modo di vivere la partecipazione. La prima sezione, che comprende le domande 1-9, riguarda i dati socioanagrafici dell’intervistato, il suo ruolo all’interno del gruppo associativo, l’eventuale retribuzione e il livello attribuito al ruolo, distinto in vertice, intermedio e base. In particolare, la domanda sul ruolo, d7, è stata lasciata aperta in modo che l’intervistato potesse descrivere le proprie mansioni, senza la frustrazione di non potersi identificare in categorie predefinite, mentre la domanda d9, relativa al livello, è servita come conferma della corretta interpretazione della d7. La seconda sezione, con le domande 10-25, inizia con una domanda a risposta multipla, tesa a sondare non solo la multiappartenenza dei soggetti intervistati, ma anche l’intensità della partecipazione. Questa


domanda (d10) è stata somministrata con l’aiuto del cartellino per agevolare la scelta degli intervistati. Prevede poi, domande riguardanti l’organizzazione dell’associazione specifica per la quale è stato intervistato, quindi nascita dell’associazione, anno di adesione ad essa, la sede, mission e relativo cambiamento, organigramma, ambito di intervento e rapporti con altri appartenenti che si situano sia allo stesso livello, sia a livello diverso, possibilità di avanzamento. La domanda sulla mission e sull’eventuale tipo di cambiamento giuridico sono state lasciate aperte e ricodificate successivamente; la d 20, riguardante l’organigramma prevedeva che gli intervistati lo disegnassero. Questo perché si è cercato di acquisire una informazione aggiuntiva relativa alla percezione della distanza tra vertici –intermedi- base o tra diversi sotto-gruppi eventualmente presenti. Le d22 e d23, tendenti a cogliere il giudizio sui rapporti con gli altri appartenenti al gruppo, sono due differenziali semantici. Il differenziale semantico è uno strumento ideato da Charles Osgood alla fine degli anni ’50 per rilevare soprattutto la componente affettiva di un atteggiamento. Prevede una serie di scale bipolari, a 7 posizioni i cui estremi sono identificati da aggettivi opposti (con la numero 4 che rappresenta la posizione neutrale), rilevanti, nell’ idea originaria, su tre dimensioni: potenza, attività, valutazione. Nel nostro caso, sono state previste 8 scale bipolari; agli intervistati si chiedeva di posizionarsi senza indugiare troppo, per diminuire il grado di controllo razionale sulla valutazione, su una delle 7 caselle tra i due aggettivi, rilevanti su due dimensioni valoriali: coesione-disgregazione; rigidità-flessibilità. La sezione C riguarda l’attività delle associazioni e comprende dalla d26 alla d48. In questa sezione quindi, le domande riguardano la frequenza, il luogo dove si svolgono, i contenuti degli incontri tra i membri del gruppo; i tipi di finanziamento con i quali le associazioni sovvenzionano le loro attività, quindi quote associative e/o finanziamenti esterni; modalità di promozione e di accoglienza dei nuovi soci e, infine, l’organizzazione di corsi di formazione. Le d28, d30, d31, d36, d39, d41, sono tutte domande a risposta multipla. Nello specifico, la d28, quindi contenuti degli incontri, la d31 (con cartellino), quindi attività svolte dall’associazione e d39 (con cartellino), quindi modalità di promozione dell’associazione stessa, sono domande che prevedono anche l’attribuzione dell’ordine di importanza. Tutta la parte relativa alla formazione non è stata somministrata agli intervistati appartenenti a gruppi informali. Ci sono due domande aperte, la d44 e la d48; la prima riguarda i motivi dell’inutilità dei corsi di formazione organizzati e la seconda i suggeri-


menti per migliorare la fase di accoglienza dei nuovi soci. In entrambi i casi l’intento era di ricodificare successivamente le risposte, ma ciò è stato fatto solo per i suggerimenti, in quanto praticamente nessuno ha sostenuto l’inutilità dei corsi effettuati. Questa sezione, infine, prevede anche una batteria, la d47, somministrata con cartellino, relativa al livello di soddisfazione rispetto alla fase di accoglienza. In particolare, si chiedeva agli intervistati di esprimere il loro grado di soddisfazione su un scala a quattro livelli, da per niente a molto, rispetto a 5 aspetti della fase di accompagnamento: il tutor; la trasmissione di competenze da risorse umane interne; la chiarezza degli obiettivi dell’associazione; la qualità delle relazioni interpersonali; la comunicazione interna. La sezione D, dalla domanda 49 alla 53, riguarda la partecipazione e le motivazioni. Si apre con una domanda aperta sul significato attribuito dagli intervistati alla partecipazione giovanile. Prevede, poi, due domande a risposta multipla, (in questo caso erano consentite fino ad un massimo di tre risposte) con l’attribuzione dell’ordine di importanza, entrambe somministrate con cartellino. Precisamente, la d50 chiedeva di scegliere le 3 motivazioni che spingono i giovani alla partecipazione in generale, mentre la d51 chiedeva di indicare quali fossero le 3 aspettative che i giovani sperano di soddisfare partecipando al gruppo specifico cui apparteneva l’intervistato. Le ultime due domande riguardano un giudizio complessivo sull’esperienza partecipativa dell’intervistato. Per rilevare questo aspetto, si è scelto di presentare in batteria 8 aggettivi utili a descrivere l’esperienza, 4 negativi e 4 positivi, per ciascuno dei quali il soggetto doveva esprimere, con l’aiuto del cartellino, il suo accordo da per nulla a molto. Chiude la sezione una domanda aperta tesa ad individuare i motivi dell’eventuale giudizio negativo degli intervistati sulla propria esperienza partecipativa. Le domande d54-d57 formano la sezione E sulle caratteristiche degli associati, in special modo il numero e la distribuzione tra i generi, l’età e le modalità con le quali essi si sono avvicinati al gruppo, la loro multiappartenenza. L’elaborazione dei dati di questa sezione non sono stati inseriti nel report, eccezion fatta per le modalità di contatto degli intervistati, perché molti intervistati non erano a conoscenza di queste informazioni, tranne nel caso di piccole associazioni. Con la sezione F si voleva sondare il rapporto delle associazioni con il territorio; pertanto le domande dalla 58 alla 69 riguardano i contatti con enti e istituzioni e la rispettiva frequenza in quattro gradi (da nessun rapporto a rapporti molto frequenti); il tipo e la natura di rapporti


con ciascuno di essi; (domande 59 e 59 somministrate con cartellino) contatti e il tipo di rapporti con altre realtà associative (dalla 67 alla 69, solo quest’ultima con cartellino). Per rilevare il giudizio sulle istituzioni sono stati usati ancora due differenziali semantici, d61 riferito alle istituzioni locali e d62 riferito alle istituzioni nazionali. Le sette scale bipolari, sempre a sette gradini, sono ritenute rilevanti su due dimensioni: fiducia-sfiducia nelle istituzioni; adeguatezza-inadeguatezza. Nella sezione c’è poi una batteria di 8 frasi, quattro positive e quattro negative, (d64 con cartellino) rispetto alle quali gli intervistati dovevano manifestare il proprio accordo su quattro livelli (da per nulla a molto), riguardanti le politiche giovanili attuate dalle istituzioni locali sul territorio di appartenenza del soggetto intervistato. L’unica domanda aperta della sezione (d66) riguarda le iniziative che le istituzioni locali dovrebbero attuare per i giovani del territorio corrispondente. La sezione G, dalla d70 alla d83, riguarda le reti e le integrazioni. Sono quindi domande intese a capire se il gruppo intervistato appartiene o ha appartenuto a reti, il suo giudizio sulle reti; la conoscenza e i rapporti con Forum Nazionale Giovani e con CSV.net. La sezione presenta 3 domande aperte: la d76 e d80 relative ai suggerimenti per Forum e CSV per migliorare la propria azione e la d83 intesa a comprendere quali potessero essere per gli intervistati i rischi dell’entrare a far parte di una rete. L’ultima sezione, infine, dalla d84 alla d87 (con due domande bis) riguarda l’andamento futuro della partecipazione. Questa sezione era più strettamente connessa alle fasi successive della ricerca e i risultati delle elaborazioni sono serviti come spunti per le interviste in profondità e focus group. In particolare, la sezione comprende la d86 sulle tematiche della partecipazione futura, a risposta multipla (fino ad un massimo di tre) con l’indicazione dell’ordine di importanza, somministrata con cartellino; e una domanda aperta, la d87, che chiude anche il questionario, riguardante gli aspetti ritenuti importanti dagli intervistati per incentivare la partecipazione. La durata dell’intervista è stata variabile da 45 minuti a un’ora. La rilevazione si è svolta dall’inizio di ottobre alla fine di novembre del 2008, da volontari di CSV territoriali che si sono resi disponibili. I CSV e i rispettivi territori interessati sono stati: Roma; Palermo; Firenze; Bologna; Messina; Caserta; Lecce; Treviso; Brindisi; L’Aquila; Chieti; Novara; Terni; Cremona; Mantova. Nello stabilire il criterio di campionamento territoriale abbiamo tenuto conto di


queste disponibilità. Prima dell’inizio della rilevazione è stata prevista una giornata di lavoro durante la quale il questionario è stato analizzato in ogni sua parte e ed è stata somministrata un’intervista di prova discussa dal gruppo. La durata dell’intervista ha reso necessario contattare persone fortemente motivate, interessate alla ricerca e attive all’interno dell’associazione, tanto da poterci fornire le informazioni che venivano richieste. Abbiamo quindi deciso di optare per un campionamento tipologico, non probabilistico, derivante dall’incrocio di tre variabili di stratificazione. Non sarebbe stato possibile adottare una procedura di campionamento probabilistico sia per la difficoltà di ottenere le informazioni che volevamo, sia perché, ad esempio, per i gruppi informali, sarebbe stato difficile ottenere una lista dalla quale estrarre i nominativi da intervistare, sia, infine, per la necessità di contenere costi e tempi della rilevazione. Ai volontari dei CSV locali che si sono offerti di collaborare abbiamo affidato, quindi, il compito di scegliere le persone da intervistare, tenendo fermi alcuni criteri, sulla base della loro più approfondita conoscenza delle realtà territoriali. I criteri di campionamento sono stati: 1) tipo di associazione, distinte per: nazionali/internazionali; locali; gruppi informali. 2) provincia a seconda della dimensione: area provinciale delle città metropolitane; province fino a 1.000.000; province fino a 500.000; province lombarde fino a 500.000. 3) livello occupato dall’intervistato all’interno dell’associazione: vertice, intermedio, base. Combinando le diverse modalità di ciascuna variabile, otteniamo una tipologia articolata in 36 tipi. Le interviste non sono distribuite nelle diverse celle in modo da rispettare le proporzioni esistenti sul territorio nazionale, ma sono state dettate da motivi di opportunità. Gli intervistatori dovevano intervistare soggetti tra i 18 e i 35 anni, cercando il più possibile di distribuire in maniera equa le interviste tra i due generi. Sull’età ci sono state alcune eccezioni, specie per quanto riguarda i vertici che a volte superavano i 35 anni, mentre sul genere, il compito è stato perfettamente svolto. Ulteriore sforzo richiesto agli intervistatori ha riguardato la dimensione territoriale: per evitare di ascoltare solo la voce di associazioni e gruppi operanti in grandi centri, sono state suddivise tra i vari CSV, 19 interviste in comuni con meno di 50.000 abitanti; 18 interviste in comuni con meno di 10.000 abitanti e


11 interviste in comuni con meno di 2000 abitanti. La tabella sinottica mostra la distribuzione delle interviste in base alle variabili di stratificazione (dimensione territoriale; tipo di associazione e livello occupato all’interno del gruppo).

Tabella sinottica Distribuzione interviste sulle variabili di stratificazione

ASSOC/ORGA-

ASSOC/ORGAN.

GRUPPI

TOT

NIZ. LOCALI

NAZIONALI/IN-

INFORMALI

TERNAZIONALI Area provinciale delle

vertici

interm

base

vertici

interm

base

vertici

interm

base

11

4

14

10

4

10

5

-

7

65

12

6

13

7

3

9

4

-

6

60

10

3

15

6

3

6

4

-

4

50

7

1

5

3

2

5

1

-

1

25

40

14

47

26

12

29

14

-

18

200

città metropolitane Province fino a 1.000.000 Province fino a 500.000 Province lombarde fino a 500.000 TOTALE

Alla fine della rilevazione sono stati consegnati 173 questionari dei 200 previsti. La costruzione degli indici Alcune variabili del questionario sono state ricodificate e altre usate per costruire degli indici. Le ricodifiche hanno riguardato l’età, il titolo di studio, l’anno di nascita delle associazioni, l’anno di adesione alle associazioni. In questi casi si è trattato semplicemente di raggruppare le risposte creando delle classi. I primi indici sono stati creati dai differenziali semantici 22 e 23, che sono identici, ma riferiti, il primo, ai rapporti con persone allo stesso livello; il secondo, con persone a livello diverso. Entrambi gli indici di rigidità (dei rapporti con persone a livello diverso e con persone allo stesso livello) sono stati formati dalle coppie: autoritari-democratici; rigidi-flessibili; formali-informali; verticali-orizzontali. Sommando i punteggi attribuiti dai soggetti a ciascuna coppia inserita abbiamo ottenuto un indice che può variare da un minino di 4 a un mas-


simo 28. I punteggi sono stati poi riclassificati, creando tre classi: da 4 a 9, rapporti rigidi; da 10 a 20, mediamente rigidi; da 20 a 28, codice 3= rapporti non rigidi. Entrambi gli indici di coesione interna (dei rapporti con persone allo stesso livello e con persone a livello diverso dal proprio) sono stati formati dagli opposti: freddi-caldi; amari-dolci; superficiali-profondi; fortideboli (con punteggio invertito, quindi considerando ‘deboli’ come il polo negativo). Anche in questo caso sono stati sommati i punteggi assegnati a ciascuna coppia ottenendo così una indice variabile da 4 a 28. Anche qui, i punteggi sono stati riclassificati in tre classi: da 4 a 9 rapporti disgregati; da 10 a 20, mediamente coesi; da 20 a 28, rapporti coesi. L’indice di soddisfazione della fase di accoglienza deriva dalla batteria n. 47 sommando i punteggi attribuiti a ciascuna variabile. Ne deriva un indice che varia da 5 a 20, riclassificato in tre classi: da 5 a 10, per niente soddisfatto; da 11 a 15, mediamente soddisfatto; da 16 a 20, molto soddisfatto. L’indice di coinvolgimento deriva dalla batteria n. 52 che chiedeva un giudizio sull’esperienza nel gruppo. Sono stati sommati i punteggi positivi e da questa somma è stata sottratta la somma dei giudizi negativi. Nella pratica, quindi: (gratificante + coinvolgente + divertente + formativa) – (faticosa + deludente + dispersiva + vincolante). Deriva un indice con punteggio che varia da -12 a +12., raggruppato in 4 classi: 1= da -12 a -4, per niente coinvolto; 2= da -4 a +2, poco coinvolto; 3= da 2 a 7, mediamente coinvolto; 4= da 8 a 12, molto coinvolto. Sui differenziali n. 61 e 62 sono stati costruiti 4 nuovi indici. Come si ricorderà, questi differenziali si riferivano a un giudizio sulle istituzioni e prevedevano per entrambi i tipi, locali e nazionali, le stesse coppie. Entrambi gli indici di fiducia, riguardo le istituzioni locali e nazionali, sono stati formati dalla somma delle opposizioni: trasparenti-opache; vicine-lontane e attente-disattente. Essi variano tra 3 e 21, poi classificati in tre classi: molta fiducia; moderata fiducia; nessuna fiducia. Analogamente, entrambi gli indici di adeguatezza sono stati formati sommando i punteggi delle opposizioni: potenti-impotenti; forti-deboli; leggere-pesanti e flessibili-rigide. Gli indici variano tra 4 e 28, riclassificati in tre classi: adeguate; moderatamente adeguate; inadeguate. Infine, dalla batteria n. 64 è stato creato un indice di efficacia delle politiche giovanili. Sottraendo la somma dei punteggi attribuiti alle frasi con valenza negativa dalla somma dei punteggi attribuiti alle frasi con valenza positiva, abbiamo ottenuto un indice variabile tra -12 e + 12 poi


ricodificato in 4 classi: per niente efficaci; poco efficaci; moderatamente efficaci; molto efficaci. La seconda fase della ricerca è consistita nella somministrazione di 8 interviste non strutturate per approfondire la conoscenza di 8 realtà associative differenti rilevanti su due dimensioni aventi a che vedere con la mission e con la struttura organizzativa: tradizionalismo/sperimentalità e formalità/informalità. Le associazioni che abbiamo contattato e la loro posizione lungo i due assi sono indicati nella tabella riepilogativa. Le interviste sono state somministrate nel mese di dicembre 2008 dalle tre ricercatrici dello staff tecnico. La durata di ciascuna intervista è stata di circa un’ora. La traccia prevedeva tre macroaree di indagine: il percorso partecipativo individuale, con particolare riferimento a tutte le esperienze associative vissute dal soggetto intervistato; tipologie e caratteristiche delle realtà giovanili, in particolare riferito all’esperienza più positiva e a quella più negativa; previsioni. ASSOCIAZIONE/GRUPPO

Posizione sui due assi

Centro sociale

Posizione intermedia su entrambi gli assi

Associazione A (ass.Cult.)

Sperimentale, moderatamente formale

Contrada senese

Tradizionale, formale

AGESCI

Tradizionale, formale

Circolo locale Beppe Grillo

Sperimentale, formale

Facebook

Sperimentale, formale

Associazione B (ass.cult.)

Abbastanza sperimentale, abb. informale

Arcigay

Mediamente sperimentale, formale

La prima macroarea tendeva ad approfondire il contesto socioeconomico nel quale ogni esperienza partecipativa si è insediata, le influenze subite; le motivazioni che hanno portato alla partecipazione; il percorso personale all’interno di ciascuna associazione/gruppo, fino ad arrivare all’esperienza nel gruppo di nostro interesse per la ricerca. La seconda macroarea era riferita in particolare alle associazioni e quindi relativa


a clima1 e cultura organizzativa2; nello specifico abbiamo approfondito questioni riguardanti i processi decisionali interni, le relazioni e i contatti, quali fossero le idee degli intervistati anche a proposito della leadership e della gestione del potere. Sempre riferite alla seconda macroarea vi sono stati poi approfondimenti relativi alla comunicazione e ai rapporti dei gruppi con i territori di riferimento e le attività svolte. Infine, la macroarea “previsioni” ha inteso sondare le idee degli intervistati in merito alla partecipazione futura e quindi: chi, come, su quali tematiche. Così come le interviste, i tre focus group sono stati condotti nel mese di dicembre 2008 a Milano, Roma e Brindisi, da due delle tre ricercatrici dello staff tecnico. La durata di ciascun focus group è stata variabile tra 2 ore e 2 ore e mezza. I partecipanti ai focus sono testimoni privilegiati nel campo della partecipazione, soprattutto giovanili. A ciascun focus group sono intervenuti 8 testimoni privilegiati. La traccia del focus prevedeva due macroaree: presente e futuro. Nella macroarea “presente” è stata approfondita la percezione della partecipazione con attenzione alle dinamiche emergenti, alle nuove modalità partecipative e il tema delle politiche giovanili e dei rapporti con il territorio in termini di reti e relazioni territoriali con Enti pubblici e privati; sinergie attuate, rapporto con la comunità territoriale. Nella sezione “futuro”, ancora una volta ci si è soffermati sulle modalità, i canali, le tematiche della partecipazione negli anni a venire concentrandoci anche sui suggerimenti/opportunità per incentivare la partecipazione; e sul ruolo delle reti. 1 Il clima organizzativo si valuta verificando come i componenti della struttura percepiscono l’organizzazione dell’azienda, del gruppo, dell’associazione, nel suo complesso e nei suoi aspetti particolari; il tutto associato alle emozioni, ai sentimenti, alle aspettative, agli atteggiamenti, ai comportamenti individuali che tale percezione induce. Nella valutazione del clima organizzativo assume primaria importanza il management (dal punto di vista del governo delle risorse umane) e il livello di leadership dei manager; quindi, non solo dei dirigenti bensì di tutti responsabili operativi. Nel processo di formazione del clima organizzativo, è fondamentale il sistema dei valori che guida ed informa le percezioni dei collaboratori dell’azienda. Da un punto di vista operativo, poi, il clima organizzativo è dato anche da variabili oggettive, quali lo stile di leadership (o di Direzione), il grado di socializzazione, la qualità della comunicazione. 2 Può essere utile identificare delle differenze tra i concetti di clima e cultura. Mentre il primo è una caratteristica relativamente durevole di un’organizzazione, la seconda ha la proprietà di resistere più a lungo nel tempo e subire trasformazioni più lente. La cultura progredisce lentamente in quanto esiste quando una certa unità sociale vive da lungo tempo ed ha un passato condiviso alle spalle. Il clima è più mutevole e, benché sia fatto dagli stessi elementi della cultura, si forma più velocemente e altrettanto velocemente muta. Ha, dunque, una caratteristica più umorale e temporanea. Un’altra differenza la notiamo relativamente al campo d’influenza; il clima agisce più che altro a livello di atteggiamenti e valori, la cultura opera anche ad altri livelli, come quello ideologico e filosofico. Il clima aziendale è il risultato delle fluttuazioni o variazioni immediate nell’ambiente interno ed esterno all’organizzazione, ma nello stesso tempo è intessuto dalle più profonde forme della cultura. Per il primo caso possiamo citare l’esempio dei cambiamenti a breve termine, come i tagli al budget, le nuove assunzioni o i licenziamenti, le politiche via via intraprese dall’azienda per rinnovarsi. Tutti questi eventi possono colpire subito il clima ma difficilmente ne modificano la cultura. Essa assume quindi la funzione di ancora, il serbatoio dei valori stabili cui attingere in tempi di crisi.



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AUTORI Rosa Di Gioia Sociologa. Si è specializzata in Women’s Studies con un Master per Esperti di Pari Opportunità e in Metodologia conseguendo il Dottorato di Ricerca in Metodologia delle Scienze Sociali presso l’Università di Firenze. Si è occupata in particolare di tecniche standard di rilevazione ed analisi dei dati. Dal 2000 ha partecipato a numerose ricerche per committenti pubblici e privati. Attualmente collabora con le Università di Firenze, Napoli e Bergamo. Laura Giacomello Sociologa, ricercatrice sociale presso l’Associazione Parsec, ha coordinato diverse ricerche in ambito nazionale e regionale su tematiche sociali. In particolare si è occupata di giovani, immigrazione e politiche sociali locali. Recentemente ha pubblicato “Osservare, capire, proporre” AA.VV., sviluppolocale edizioni (2008) e “Minori erranti” AA.VV., Ediesse (2009). Pier Paolo Inserra Esperto di pianificazione sociale territoriale e di progettazione partecipata, ricercatore e formatore, si occupa di politiche sociali, non profit, governance e sicurezza locale. Ha lavorato per molti anni sul tema della partecipazione giovanile in progetti di campo. E’ presidente di Parsec - ricerca e interventi sociali. E’ autore di diversi contributi scientifici riguardanti le scienze sociali. Di recente ha pubblicato “Costruire la sicurezza locale”, sviluppolocale edizioni (2008). Simona Rotondi Sociologa, si è specializzata in Management delle Organizzazioni di Terzo Settore, in metodologia e tecnica della Ricerca sociale e in Progettazione sociale. Ha realizzato numerose ricerche su tematiche sociali, per committenti pubblici e privati. E’ consulente presso l’Isfol e l’Osservatorio Nazionale per il Volontariato, Ministero delle Politiche Sociali per progetti di ricerca sulle politiche sociali e giovanili. Attualmente è Direttore Ricerca e Sviluppo del Consorzio Innopolis, con sede a Roma.




Finito di stampare dicembre 2009 Da Croma Multimedia Srl Roma


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