Identità Migranti. Segni per una nuova geografia dell'accoglienza

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Costellazioni Condivisere immaginari

migranti, volta a svelarne un’immagine ‘altra’, una geografia migrante, contro-egemonica rispetto a quella raccontata nei discorsi ufficiali (Foucault, 1971). La seconda fase del lavoro, ancora non conclusa al momento della stesura di questo testo2, e di cui si dirà meglio nel capitolo successivo (Segni), è stata da un lato, finalizzata a delineare un panorama di prospettive, nel campo delle politiche urbane e territoriali, volte a rendere traducibile all’interno dei territori reali, l’utopia della realizzazione di territori ospitali, luoghi di ospitalità e cosmopolitismo ordinari3. Dall’altro, è stata orientata alla creazione di codici e linguaggi progettuali ibridi capaci di creare territori e spazi pubblici ospitali, plurali, inclusivi e aperti alla diversità. Sono stati pertanto costruite occasioni di dialogo e riflessioni collettive, più o meno formali e più o meno strutturate. È stata infine sperimentata la costruzione di un laboratorio di ‘scrittura partecipata’ di un Alfabeto migrante, inteso quale sistema di segni plurilinguistici, attraverso i quali produrre ‘iscrizioni culturali’ all’interno degli spazi pubblici, volti ad orientare il viaggio dei migranti dentro i territori di accoglienza, al fine di renderli più ospitali. Il lavoro si è svolto secondo un percorso ricorsivo continuo tra le due fasi e secondo un processo di creolizzazione costante tra conoscenza esperta e conoscenza esperita. L’obiettivo finale del lavoro è stato quello di “lottare in modo esatto” (Dolci, 1962, 63): producendo “rilevazioni sottili dei fenomeni territoriali e sociali, analisi integrate, descrizione densa, lavoro sul terreno” (Paba, 2010, 100), al fine di (obiettivo che si è progressivamente chiarito nel corso dell’azione) “individuare i caratteri più specifici dello spreco di territorio e di umanità in una particolare situazione, ed elaborare una strategia di messa al lavoro delle potenzialità locali per cominciare a porvi rimedio” (ibidem), adottando un “approccio radicale alla partecipazione” (Paba, 2003, 41) finalizzato a dare parola alle voci inespresse e al rafforzamento del potere delle soggettività migranti.


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