QuiBolzano nr3 2021

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STORIA DI COPERTINA

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L’APPROFONDIMENTO

“Empatia” e una nuova scuola, per l’Alto Adige pacificato

Qual è lo “stato dell’arte” del conflitto etnico in Alto Adige? Ne abbiamo parlato con l’avvocata mistilingue esperta di mediazione Stefania Calabrò e con il giovane ricercatore in studi internazionali e storia Lorenzo Vianini. // Di Luca Sticcotti L’attuale periodo di crisi è contraddistinto da una grande conflittualità. L’ombrello protettivo fornito dall’autonomia (e dalle sue importanti risorse economiche) è sembrato infatti scricchiolare a più riprese, messo a dura prova dall’ardua sfida rappresentata dalla gestione della pandemia. Le nuove prospettive conflittuali (tra categorie economiche, generazionali, pubblico e privato, città e valli, eccetera) hanno di fatto messo in secondo piano la dimensione di fondo su cui è basata la convivenza in Alto Adige, caratterizzata dal confronto (e periodicamente anche dallo scontro) tra tradizionali gruppi etnico-linguistici. Il conflitto etnico non è più quello di una volta, ma non è certo scomparso. Per questo abbiamo pensato di parlarne con l’avvocata bolzanina mistilingue Stefania Calabrò, che nel recente passato e per più di un

Stefania Calabrò

anno ha curato, sul nostro giornale, una rubrica dedicata alle tecniche della “mediazione”.

L’INTERVISTA Dott.ssa Calabrò, nella sua attività di mediatrice in Alto Adige non le è mai successo di doversi occupare di conflittualità di tipo etnico? Devo essere sincera: non mi è mai capitato. Beh, questa di per sé è già una buona notizia. Sempre che ciò non sia conseguenza di un una conflittualità istitu-

zionalizzata e quindi in qualche modo sistemica. Ma come mediatrice e come donna mistilingue, lei come giudica la situazione attuale dal punto di vista del cosiddetto conflitto etnico? In sostanza quello che le chiedo è di fare una sorta di valutazione del nostro livello di convivenza, soprattutto rispetto al passato. Negli scorsi anni ho avuto la possibilità di fare un’esperienza di insegnamento della seconda lingua presso l’Istituto Rainerum di Bolzano. Visto e considerato che il tema della convivenza da sempre mi sta a cuore ho chiesto agli studenti com’era il rapporto tra i vari Istituti scolastici. In questa occasione ho potuto appurare che effettivamente esistono ancora tensioni tra gli studenti dei due gruppi linguistici, cosa che a dire il vero mi ha molto stupito. Sembrerebbe che le cose non siano cambiate di molto, rispetto a quando io stessa ero studentessa. Rimane comunque una conflittualità diffusa, non solo tra le scuole? A dire il vero, mi sembra che tra “adulti” la conflittualità sia diminuita. Mi capita di incontrare sempre più spesso persone che ripensando alla propria “carriera” scolastica si sentono amareggiate di non aver studiato bene “l’altra” lingua.

Le due culture oggi non sono più così lontane. E ci vorrebbe una scuola bilingue e/o interetnica vera, gestita da un’unica Intendenza. Nel 2021, poi, parlare di due o tre gruppi linguistici assolutamente distinti è di per sé una rappresentazione della realtà piuttosto discutibile. Le famiglie mistilingui sono oggi infatti molto numerose e lei personalmente ne sa qualcosa. Una mistilingue come lei come vive il concetto stesso di convivenza? Sembra quasi un paradosso… Come mistilingue per me non esiste differenza e mi sento a mio agio in ambedue i mondi, preferibilmente quando si mischiano, il che succede sempre più spesso.


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