Documenti e studi 13

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la morte come un eroe greco o come un gladiatore nell’arena, con l’impassibilità saccente di chi attraversa questo evento imperturbato, senza esserne davvero sfiorato, toccato, avvicinato. Egli, al contrario, soffre, ha paura, cade, suda sangue, grida, piange, trema. Anche lui sa che la morte è una sconfitta. Anche lui sa che la morte è l’extrema ratio per offrire la salvezza, e per questo, solo per questo, si abbandona estremamente debole ed estremamente forte, alla sua morte, alla derelizione e negatività assolute. La Sindone è anche immagine dell’impotenza che genera la morte, dell’impotenza che è la morte, ma pure della sua potenza e della conseguente impotenza dell’uomo. Essa rivela la conseguenza estrema del mistero dell’Incarnazione e spinge l’uomo a misurarsi con l’aspetto più conturbante di questo mistero: Dio si è fatto veramente uomo ed ha assunto realmente la natura umana facendosi in tutto simile all’uomo, fuorché nel peccato. Di fronte al velo sindonico sembra che sia naturale affermare che nemmeno il Figlio di Dio ha resistito alla forza della morte. Certamente essa induce a pensare che egli ha partecipato in maniera così reale alla condizione mortale dell’uomo tanto da volersi sottoporre all’impotenza totale del momento in cui la vita si spegne. «È l’esperienza del Sabato Santo — conclude il Papa —, passaggio importante del cammino di Gesù verso la gloria, da cui si sprigiona un raggio di luce che investe il dolore e la morte di ogni uomo»214. La Sindone è inoltre immagine del silenzio, ma di un silenzio speciale, quel silenzio che soprattutto il mondo contemporaneo sembra aver definitivamente e totalmente smarrito, poiché oramai stordito dalle molte, troppe, parole e notizie che quotidianamente lo bombardano e non gli danno alcuna tregua. La morte per Cristo è divenuta invece un silenzio abitato dalla parola, un silenzio parlante ed eloquente più di ogni possibile discorso. C’è, infatti, il silenzio tragico dell’incomunicabilità, che ha nella morte la sua più alta intonazione, e c’è il silenzio della fecondità, che è proprio di chi rinuncia a farsi sentire all’esterno per raggiungere nel profondo le radici della verità e della vita. «La Sindone esprime non solo il silenzio della morte, ma anche il silenzio coraggioso e fecondo del superamento dell’effimero, grazie all’immersione totale nell’eterno presente di Dio»215. Essa offre così la conferma del fatto che l’onnipotenza di Dio non è arrestata da nessuna forza del male. Essa, al contrario, ha il 214 215

L. c. L. c.

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