Lambaradan Luglio 2009

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brothers in arms Alberto M. Musy

L’avvocatura italiana nell’età della globalizzazione

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Quello che un tempo era al centro del sistema giuridico: le corti con i loro giudici ed i loro avvocati sembra la periferia, mentre la periferia: le imprese, i mercati ed i consulenti e tra questi le società di revisione, le banche d’affari ed i grandi studi legali internazionali, sono divenuti il centro della scena giuridica occidentale. La ragione di questa rivoluzione risiede nel successo economico delle imprese multinazionali e nel conseguente ruolo degli studi legali transnazionali. Essi, infatti, costituiscono lo strumento attraverso il quale le corporations possono operare a livello globale, volta a volta, esportando o imponendo i tipi contrattuali, i modelli di risoluzione delle controversie, gli strumenti societari, le strutture patrimoniali e le regole di gestione delle procedure concorsuali che meglio si attagliano alle loro esigenze. La pratica legale in Italia, invece, si è sempre basata su una conduzione di tipo familiare, piccoli uffici dove gli avvocati lavoravano in stretto rapporto con il cliente, padrone ed amico al medesimo tempo. Le fortune dell’avvocato sono spesso collegate a quelle imprenditoriali dei clienti di riferimento. È stato stimato (www. legal500.com) che, ancor oggi, il 97% degli studi italiani non conta più di tre soci1 e che i professionisti che operano da soli continuano ad occupare una parte importante del panorama legale del nostro Paese. L’apertura ai mercati internazionali ha portato sempre più di frequente i legali italiani a doversi conformare agli standard internazionali. Vi è, purtroppo, più di una remora alla creazione di grandi studi, oltre a quella che Fukuyama chiamerebbe un’antropologica indisponibilità alla coordinazione in gruppi non basati su rapporti familiari. Si è assistito, così, ad un massiccio fenomeno di acquisizione dei grandi studi italiani o dei loro soci più importanti da parte di studi stranieri, si è verificato un fenomeno di take over di una gran parte dei professionisti più qualificati del settore. In virtù del ricorso a politiche non lungimiranti nella

ripartizione degli utili di studio si osserva l’attitudine italiana alla scissione ogni volta che un socio ritiene di poter sottrarre per sé un cliente importante, opposta a quella anglo-americana di ripartire gli utili in modo più magnanimo e concorrere all’edificazione di studi con centinaia di avvocati ed in grado di fornire una copertura planetaria ai propri clienti2. Dal punto di vista del monopolio della conoscenza e delle prassi si potrebbe dire che, più che di globalizzazione della professione forense, si debba constatare la realizzazione di un oligopolio anglo-americano dei “livelli alti” della consulenza legale e della scientia juris. Il lavoro svolto dai grandi studi e dalle multinazionali per affermare la superiorità culturale e professionale delle proprie prassi ha determinato, nel tempo, l’implementazione di regole di governo societario, di finanza d’impresa e di gestione delle procedure concorsuali nuove, mettendo in crisi il monopolio culturale dell’élite dei professionisti locali su materie cruciali. A quest’ultimi, così, non rimane che il monopolio delle procedure giudiziali, ma paradossalmente in campo processuale, in Italia, si trovano ad essere vittime di una paralisi del sistema dovuta ad un eccessivo numero di legali non specializzati e poco preparati, per i quali la durata del processo ed il ricorso ad innumerevoli meccanismi dilatori è divenuto garanzia di sostentamento, ma la cui voce è ancora forte presso gli organismi di autogoverno dell’avvocatura. In realtà gli studi di media dimensione sarebbero i più adatti a fornire un prodotto di qualità alle piccole-medie imprese e costituirebbero i migliori interlocutori per gran parte del tessuto industriale nazionale. Le PMI a differenza delle multinazionali non sono così spesso alle prese con operazioni straordinarie (quotazioni in borsa, fusioni e acquisizioni, operazioni di leva finanziaria), hanno, al contrario, necessità di una costante e specializzata consulenza nella gestione ordinaria dell’attività di impresa (contrat-


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