Relazione "Expo Milano 2015 - Padiglione Italia"

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO SCUOLA POLITECNICA - DIPARTIMENTO DI ARCHITETTURA CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA MAGISTRALE LM4 A.A. 2014/2015

EXPO MILANO 2015 PADIGLIONE ITALIA

TESI DI LAUREA DI: Stefania Di Chiara

RELATORE:

Prof. Arch. Nunzio Marsiglia

CORRELATORE:

Giuseppe Verde



UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO SCUOLA POLITECNICA - DIPARTIMENTO DI ARCHITETTURA CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA MAGISTRALE LM4 A.A. 2014/2015

EXPO MILANO 2015 PADIGLIONE ITALIA

TESI DI LAUREA DI: Stefania Di Chiara

RELATORE: Prof. Arch. Nunzio Marsiglia

CORRELATORE: Giuseppe Verde


INDICE INTRODUZIONE

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CRONOLOGIA DELLE ESPOSIZIONI

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EXPO LONDRA 1851 2.1 Crystal Palace, simbolo dell’Expo 2.2 Un grandioso meccanismo ottico d’epoca moderna 2.3 L’industria al Crystal Palace

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EXPO PARIGI 1889 3.1 Il centenario della Rivoluzione Francese 3.2 La Galleria delle Macchine 3.3 La Tour Eiffel 3.4 Le Esposizioni Universali di Parigi

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EXPO BARCELLONA 1929 4.1 Le orgini dell’Esposizione 4.2 Il padiglione tedesco di Mies Van Der Rohe

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EXPO BRUXELLES 1958 5.1 L’Atonium 5.2 Poème électronique 5.3 Le Esposizioni Universali di Bruxelles

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EXPO MONTREAL 1967 6.1 Habitat 67

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EXPO LISBONA 1998 7.1 Edifici notevoli come l’Expo

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EXPO SHANGHAI 2010 8.1 Il padiglione italiano 8.2 Il padiglione britannico

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EXPO MILANO 2015 9.1 Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita 9.2 Il sito espositivo 9.3 Paesi partecipanti

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PADIGLIONE ITALIA 10.1 Vivaio Italia - il Concept del Padiglione italiano 10.2 Il concorso 10.3 Svolgimento del concorso

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NEMESI & PARTNERS 11.1 L’architettura di Palazzo Italia

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MIRALLES TAGLIABUE EMBT 12.1 L’architettura del Padiglione Italiano secondo Miralles Tagliabue EMBT

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MATTEO FANTONI | STUDIO 13.1 L’architettura del Padiglione Italiano secondo Matteo Fantoni | Studio

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CONCLUSIONI

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BIBLIOGRAFIA

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INTRODUZIONE Il termine Expo può riferirsi generalmente sia ad una esposizione di natura commerciale che non commerciale, e in entrambi i casi l'evento si caratterizza per l'organizzazione attorno ad un tema specifico. Vengono chiamate Expo le fiere dedicate all'ostensione di prodotti e tecnologie o eventi riguardanti temi generali. Il termine Expo è anche stato adottato in tempi moderni dalle esposizioni organizzate e riconosciute dall'Ufficio Internazionale delle Esposizioni (Bureau International des Expositions, BIE) con sede a Parigi, in Francia, che vengono ospitate da un unico Paese organizzatore e che vedono la partecipazione di più Nazioni e/o organizzazioni internazionali. «Un'esposizione è una mostra che, qualsiasi sia il suo titolo, ha come fine principale l'educazione del pubblico: può presentare i mezzi a disposizione dell'uomo per affrontare le necessità della civilizzazione, o dimostrare i progressi raggiunti in uno o più settori dello scibile umano, o mostrare le prospettive per il futuro». (BIE, Protocollo 1988) Con il nome generico di Expo ci si può riferire sia a un'Esposizione universale che a una internazionale. Sebbene la classificazione ufficiale non abbia sempre seguito questo dualismo, è possibile riconoscere, lungo tutta la storia delle esposizioni, la volontà di designare due tipologie di eventi: uno di più grande respiro, caratterizzato da un'area

espositiva molto ampia e che trattasse temi di carattere generale, e uno minore, organizzato in un'area più piccola e definito da un tema di carattere specifico. Le esposizioni hanno sempre costituito delle grandi occasioni di particolare favore per la sperimentazione di innovazioni non solo tecniche. Se si tiene conto delle circostanze particolari in cui le esposizioni si sono attuate, di ufficialità solenne, di grande portata pubblicitaria e informativa, esse restano fenomeni fondamentali a cui fare ricorso per illustrare oltre alle tendenze del gusto, delle forme e delle tecniche architettoniche anche l’evoluzione delle idee, delle dottrine politico-sociali e delle situazioni storiche in concomitanza delle quali si manifestarono. Inaugurate all’insegna della fratellanza universale, sono state il naturale campo di scontro per la pubblica affermazione delle egemonie nazionalistiche. Proposte come prova della pace tra le nazioni, hanno spesso ostentato strumenti di distruzione. Lanciate come occasioni decisive per dimostrare il felice avvento dell’industrializzazione hanno visto i contendenti organizzarsi proprio intorno ad esse. E tutto ciò è sempre avvenuto con grande risonanza e conseguente ampiezza d’informazione; il che risulta molto importante poiché si è osservato che i fatti di divulgazione hanno esercitato influenze determinanti, anticipando, deviando, o ritardando gli itinerari delle culture architettoniche locali. Introduzione | 1


CRONOLOGIA DELLE ESPOSIZIONI Fra estetica e funzionalità, tradizione e innovazione, divertimento e impegno sociale, utopia e realtà, le Esposizioni Universali sono un fenomeno impareggiabile e indistinguibile. Microcosmi effimeri che, per un periodo di tre o sei mesi, offrono al grande pubblico esperienze tanto diverse quanto lo sono le attività e la creatività umana che emergono dalla diversità dei settori e delle culture. Sigilli di un retaggio permanente che trasforma il tessuto urbano, integra nuove architetture, stimola nuovi interessi culturali e impregna il tessuto sociale. Forme uniche di cooperazione internazionale che per anni impegnano le nazioni nella costruzione comune di esperienze, contenuti e forme che fanno dell’Expo un evento memorabile per il pubblico e un marchio indelebile di un’epoca. Queste sono le Esposizioni Universali, che dal 1851, con la prima grande esposizione di Londra, regolarmente accompagnano e comunicano al grande pubblico innovazioni, cultura e architettura. Sebbene sia l’Inghilterra a ospitare il primo di questi grandi eventi, alla Francia va il merito della concezione delle prime esposizioni ed è la rivoluzione che le consacra; infatti, superate le difficoltà politiche e ideologiche, si riafferma la preoccupazione della prosperità economica. Già nel 1798, Parigi organizza l’”Exposition publique des produits de l’industrie Française”, con la quale lo Stato francese si dota di un nuovo strumento per 2 | Cronologia delle Esposizioni

promuovere l’identità nazionale, per iniettare nella società e nell’economia nuove idee e nuovi valori di progresso e per creare consenso coinvolgendo il pubblico in grandi e cerimonie. Da allora si susseguono numerose esposizioni, fra cui quelle “Napoleoniche” del 1801, 1802 e 1806 che affiancano i criteri di concorrenza a obiettivi didattici: da un lato si paragonano le numerose invenzioni industriali nazionali, dall’altro si presentano, in modo enciclopedico, i nuovi luoghi e settori dell’industria e dell’economia. Con lo scopo di valorizzare l’eccellenza e dare un vantaggio economico ai migliori imprenditori, viene introdotto un sistema di premi che resterà uno dei marchi delle esposizioni moderne. Anche se ogni esposizione si costruisce sull’eredità dell’altra, ogni volta ci si trova davanti ad un fenomeno nuovo, che si esprime in un progetto globale, riflesso dell’aria dei tempi e degli obiettivi di politica nazionale e del paese organizzatore. La prosperità dell’età vittoriana, la recente affermazione in Inghilterra della concezione economica del libero scambio favorirono, nel XIX secolo, la riuscita di una grande manifestazione. Nel 1851, l’esposizione di Londra, “The Great Exhibition of the Works of Industry of all Nations”, conferisce al modello francese di esposizione una portata mondiale. Vi partecipano venticinque paesi e, fra l’aprile e l’ottobre di quell’anno, più di sei milioni di persone vivono la scoperta di nuovi


oggetti e di nuove architetture. Il vetro è il più grande protagonista: dal Palazzo di Cristallo a tutti gli oggetti che discendono dalla sua applicazione, il vetro fa sognare e fa sperare. Da ciò si comprende come l’esposizione diviene il luogo dove si sperimentano i materiali, il cui uso pratico e creativo diventa fattore di civilizzazione e di modernità. Sull’onda del successo dell’esposizione inglese si continuano a sviluppare e a inventare nuove formule per questi grandi eventi. Con Parigi nel 1867, il concetto di Universalità si lega indissolubilmente alle esposizioni, in quanto da fiere industriali e commerciali tali eventi si trasformano in panoramica sulle culture e le società mondiali che entrano in contatto attraverso gli scambi economici e le conquiste coloniali. Una volta che i paesi partecipanti vedono l’esposizione come luogo di rappresentazione e di comunicazione della propria identità nazionale, questi nuovi e grandi eventi assumono una portata e una legittimità internazionale e diventano strumenti di cooperazione politica ed economica. Dal 1851, in Europa e negli Stati Uniti si susseguono a ritmo quasi frenetico una ventina di esposizioni. Alcuni paesi sentono la necessità di stabilire una cadenza, di farne una missione condivisa, in un quadro d’azione regolamentata. Intorno a questi obiettivi viene redatta la Convenzione di Parigi, che istituzionalizza il Bureau International des Expositions. Con la ratifica

della Convenzione nel 1928, trentuno paesi conferiscono a questa nuova organizzazione internazionale il mandato di regolamentare i grandi eventi e di vegliare sulla loro missione di promozione dell’educazione del pubblico, di protezione dei valori di progresso e di apertura all’intera comunità internazionale. Il XX secolo vede dunque un inquadramento delle esposizioni, che diventa un vero e proprio ponte fra politica, economia e cultura. L’esposizione del 1939 a New York inaugura questa nuova era. Su invito del presidente Roosevelt, cinquantotto paesi partecipano a quest’esposizione, dove l’aspetto multiculturale ed etnografico lascia spazio al design industriale e ai nuovi prodotti di consumo di massa che trasformeranno la società. Naturalmente, anche gli aspetti ludici hanno un ruolo di rilievo nella didattica delle esposizioni. Si inventano nuovi modi di fare spettacolo per soddisfare un pubblico che desidera vivere l’esposizione, immergendosi in suoni, immagini ed esperienze capaci di implementare le razioni umane. Si abbandona il tono un po’ pedante del secolo precedente a favore di un approccio più dinamico e multidimensionale. Dopo la lunga parentesi di una guerra che lascia ferite profonde, Bruxelles 1958 inaugura la ricostruzione nell’era dell’atomo. Una città artificiale di 200 Ha mette in risalto un nuovo umanesimo guidato dalla scienza. L’era atomica mette la scienza al centro dei dibattiti culturali e morali, che Bruxelles 1958 vuole elucidare attraverso il messaggio del Cronologia delle Esposizioni | 3


1851 1889 1929 1958

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suo tema “Valutazione del Mondo per un mondo più umano”. Una tematica ripresa dall’esposizione di Montreal del 1967, con il suo ottimistico e romantico tema “Man and His Land”, che fa riferimento all’opera di Antoine de Saint-Exupéry. La prima esposizione giapponese di Osaka del 1970 inaugura l’apertura dall’Oriente all’Occidente e introduce in Asia un fenomeno prolifico. Le esposizioni si dimostrano veri motori per emergere sulla scena internazionale e trasformare la società: Taejon 1993 in Corea, Aichi 2005 in Giappone, Shangai 2010 in Cina e Yeosu 2012 in Corea. Con l’era asiatica il modo di concepire e organizzare le esposizioni cambia: la strutturazione, le categorie e i metodi organizzativi occidentali non sono conosciuti. Il BIE diventa il tramite fra due tradizioni: gerarchica e trasversale. In questo modo, Osaka 1970 anticipa e riflette il ruolo 4 | Cronologia delle Esposizioni

BARCELLONA

BRUXELLES

”omogeneizzante” delle nuove tecnologie della comunicazione: la mediatizzazione, i computer e i robot sostituiscono l’industria e la scienza pura. Le prospettive cambiano e con loro i concetti: la “colonizzazione” diventa “viaggio nello spazio”; il “processo industriale” diventa “umanizzazione della tecnologia”. Dopo l’Expo di Siviglia 1992 le esposizioni attraversano una fase di transizione. Il progresso e l’innovazione avanzano a ritmi molto più rapidi delle esposizioni. Nel 2000 Hannover presenta nuovi oggetti e materiali che anticipano l’era dello sviluppo sostenibile. Tuttavia, le grandi piattaforme di comunicazione e di promozione delle nuove tendenze, delle nuove necessità e dell’innovazione tecnologica, artistica, sociale e culturale sono altrove. La comunicazione si specializza, i tempi di lancio di nuovi prodotti si restringono, la mobilità e la televisione portano comunque


1967 1998 2010 2015

M O N T R E A L

L I S B O N A

immagini di multiculturalità. Oggi le esposizioni si stanno reinventando. Si ripropogono in forma nuova non per una necessità di sopravvivenza ma proprio perché sono sopravvissute! Il pubblico le vuole. I governi le vogliono. Dal 1992 gli Stati membri del BIE sono praticamente raddoppiati, passando da circa ottanta a centoquaranta. Le esposizioni che si preparano e riflettono una convergenza semplice: la visione storica e tradizionale della Convenzione del BIE del 1928, con le priorità dettate dalla natura e dallo stato del mondo attuale. Ma il risultato non è affatto semplice, perché oggi le esposizioni devono poter anticipare il dopo-globalizzazione; e infatti lo stanno facendo. L’era dell’informazione, la globalizzazione e la mobilità hanno dato al tema delle esposizioni un ruolo prioritario. I nuovi temi riguardano le risorse e la qualità della vita: il pianeta, l’acqua, gli oceani, la città.

S H A N G H A I

M I L A N O

Dopo l’industrializzazione, l’umanizzazione della tecnologia, dopo l’economia della conoscenza a cavallo della globalizzazione, le esposizioni anticipano un mondo dove i paesi si riappropriano della propria identità. Oggi gli organizzatori e i partecipanti vedono l’esposizione come un modo per far capire e far valere la propria cultura, la propria capacità innovativa e il proprio impegno politico. L’identità culturale diventa la nuova protagonista e alla dimensione uniforme creata dalla globalizzazione si affianca il contributo delle nuove esposizioni: un caleidoscopio di culture, di creatività e di innovazione.

Cronologia delle Esposizioni | 5


EXPO LONDRA 1851 “THE GREAT EXHIBITION OF THE WORKS OF INDUSTRY OF ALL NATIONS” DATA: 1 Maggio - 11 Ottobre 1851 TEMA: Industrie di tutte le nazioni CATEGORIA: Esibizione Mondiale ORGANIZZATORI: Commissione Reale VISITATORI: 6.039.195 SUPERFICIE: 10,4 Ha PAESI PARTECIPANTI: 25

Nel 1851, il Regno Unito, che era all'avanguardia in termini di innovazione industriale, ospitò la prima Esposizione mondiale. L'organizzazione dell’evento avvenne in risposta alla richiesta di creare nuovi legami economici tra le nazioni di fronte al trionfo della politica di libero scambio. Come risultato degli sforzi del Principe Alberto, marito della regina Vittoria, e dell'inventore Henry Cole, l'Expo fu organizzata a Londra con grande successo. La Commissione Reale richiedeva un Palazzo delle Esposizioni della superficie di diversi ettari, il cuore della mostra, da costruire in uno dei luoghi principali di Londra: Hyde Park. Era però difficile che un edificio talmente grande potesse rimanere definitivamente in una zona così importante, per questa ragione una volta terminato

Crystal Palace: il palazzo a Hyde Park nel 1851, Londra, Inghilterra


l’evento fu previsto che venisse spostato in un’altra zona della città, a Sydenham Hill. Alla prima pubblicazione del concorso risposero circa 240 candidati. A proporre i progetti di maggior successo furono il francese Hector Horeau e l'irlandese Richard Turner. Entrambi pianificavano un edificio costruito interamente in ferro e vetro. Tutti i progetti proposti per questa prima edizione del concorso finirono per esser considerati irrealizzabili: il maggior problema emerso consisteva soprattutto nell'impossibilità di riutilizzare gli elementi prefabbricati dopo lo smontaggio dell'edificio. Il comitato responsabile decise in seguito di realizzare un semplice progetto base, per poi farlo sviluppare ulteriormente da altri architetti. Fu Joseph Paxton, allora famoso costruttore di serre, a fornire la variante del progetto base che prometteva l'esecuzione più rapida. Infatti, la costruzione poteva avvalersi di materiale prefabbricato e prodotto in serie, in maniera tale da permettere che l'edificio venisse eretto in pochi mesi. CRYSTAL PALACE, SIMBOLO DELL’EXPO L’edificio venne chiamato Crystal Palace, si trattava di un'enorme costruzione in stile vittoriano che divenne il capolavoro architettonico del tempo. L'unità base che costituiva l'edificio era un quadrato, i vari spazi di esposizione vennero distribuiti, a grandi linee, concordemente allo schema dei vari elementi quadrati uguali tra

di loro. Era dunque un esempio di struttura modulare. Questa struttura geometrica non aveva, in sé, nulla di nuovo, ma il suo uso era innovativo sotto diversi punti di vista e comportava notevoli vantaggi: l'uso di sostegni di ferro permetteva una totale rinuncia a grossi pilastri e muri portanti, per cui quasi tutta la superficie esterna poteva essere costruita con vetro. Dopo lo smontaggio e la ricostruzione nel 1852 in un nuovo sito, vi furono degli arricchimenti sostanziali: la volta a botte già presente solo sul transetto arrivò a coprire l'intera costruzione, che divenne non solo più estesa, ma anche più alta. Questo accorgimento risultava molto utile, dato che permetteva lo sviluppo degli alberi che crescevano nel palazzo. Inoltre furono poste torricelle laterali ai lati dello stabile, usate per immagazzinare l'acqua di cui avevano bisogno le piante. UN GRANDIOSO MECCANISMO OTTICO D’EPOCA MODERNA Il Crystal Palace è anche considerato un tempio della visualità. Nei suoi spazi interni infatti la visione è esaltata e costantemente ampliata grazie alla trasparenza dei moduli di vetro e all'essenzialità delle linee dei pilastri di acciaio, che si aprono allo spettacolo dei nuovi prodotti dell'epoca industriale e dei milioni di visitatori accorsi a guardare. Collocato nel bel mezzo di Hyde Park appare come enorme serra e insieme galleria di negozi che si estende a perdita d'occhio. Questa nuova architettura espositiva si Expo Londra 1851 | 7


Interno del Crystal Palace

presenta come un formidabile meccanismo visivo che ingloba e comprende i visitatori che, catturati da questa visibilità totale priva di qualsiasi barriera e separazione, possono guardare e farsi guardare, controllandosi e disciplinandosi a vicenda. Nel Crystal Palace tutti gli elementi architettonici sono pensati in funzione dell'esposizione spettacolare dei prodotti e dei visitatori ispezionanti. La trasparenza dei moduli di vetro permette così di illuminare ampi spazi interni dell'edificio, mentre i padiglioni dei vari paesi, privi di decorazioni e 8 | Expo Londra 1851

divisioni, si affacciano direttamente su due «viali» che favoriscono il transito dei visitatori. Dai piani alti del Crystal Palace si può poi godere, come da terrazze, la panoramica dei vari stands dove sono esibiti ogni genere di oggetti: beni di consumo e prodotti d'arte riproducibili, copie di statue antiche, mobili pregiati e fotografie. L’INDUSTRIA AL CRYSTAL PALACE La parte più impressionante è stata dedicata alle macchine in cui i visitatori hanno potuto scoprire il materiale ferroviario del Regno


La regina Vittoria apre l’Esposizione

Unito e della Germania, motori a vapore e attrezzature agricole americane, che erano quasi sconosciute in Europa. Dunque quasi esclusivamente dedicata alla presentazione delle materie prime, macchine, manufatti (tessuti, articoli in vetro e ceramica), al Crystal Palace si espongono riproduzioni di prodotti d'arte ma solo riproduzioni: stampe, litografie e incisioni, oltre a copie di statue antiche e mobili pregiati. Nella sezione macchinari moderni sono presenti i modelli delle più recenti macchine fotografiche; nella sezione arte dagherrotipi, calotipi (o eliografìe) di noti

autori britannici, francesi e statunitensi. La vera protagonista dell’Esposizione universale è però la fiumana dei 6.039.195 visitatori (di cui 58.427 stranieri) che si riversano nel Palazzo: un flusso continuo di gente intenta a guardare e mostrarsi, a scambiarsi e a intrecciare occhiate, nell'ansia di avvistare visitatori illustri o volti familiari da salutare, e comunque impegnata a ispezionare incessantemente. Il Crystal Palace di Londra venne definitivamente distrutto in un rogo il 30 novembre 1936. Expo Londra 1851 | 9


EXPO PARIGI 1889 “WORLD’S FAIR OF 1889, PARIS” DATA: 5 Maggio - 31 Ottobre 1889 TEMA: Celebrazione del centenario della Rivoluzione Francese CATEGORIA: Esibizione Mondiale ORGANIZZATORI: lo Stato VISITATORI: 32.250.297 SUPERFICIE: 96 Ha PAESI PARTECIPANTI: 35

L’Expo di Parigi del 1889 ha lasciato la sua impronta sulla città grazie alla Torre Eiffel, posizionata all'entrata della zona espositiva. L’esposizione si è tenuta tra il 5 maggio e il 31 ottobre a Champs de Mars, vicino la Senna. La sua superficie, il numero di visitatori e il profitto di 8 milioni di franchi, hanno battuto tutti i record precedenti. IL CENTENARIO DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE L'esposizione cadeva nel centenario della Rivoluzione Francese e della presa della Bastiglia, ma anche nel diciottesimo anniversario della Terza Repubblica. La commissione organizzatrice decise di finanziare l'evento con fondi pubblici e con l'aiuto della “Banking House Crédit Foncier de France”. L'idea di ospitare una fiera per celebrare la rivoluzione e la fine della monarchia, è

Tour Eiffel: la costruzione dal 15 Marzo del 1888 al 12 Marzo del 1889


emersa non appena la’Esposizione del 1878 si è conclusa, non per niente la sua preparazione è iniziata nel 1884. Tuttavia, durante l'Expo, per non trasformare la Fiera in un evento politico, molte celebrazioni si sono tenute al di fuori del sito espositivo, come a Versailles. Ma questa iniziativa non ha convinto le monarchie limitrofe a partecipare, anche se alcuni di loro hanno ufficiosamente inviato rappresentanti del settore per la Fiera in modo da non perdere opportunità economiche. LA GALLERIA DELLE MACCHINE L’architettura del ferro ha dominato l’Esposizione e la Galleria delle Macchine non ha fatto eccezione. Realizzata dall'architetto francese Ferdinand Dutert, era situata a Champs de Mars e si trattava di una struttura così grande che occupava l'intera superficie del parco. Il palazzo era caratterizzato da un’unica galleria, coperta da un’immensa struttura reticolare in acciaio, alta 110,6 metri. La struttura si sviluppava principalmente in larghezza, regalando alla vista un pregevole effetto di imponenza. In piena coerenza con tali finalità Dutert aveva affermato che una struttura che sarebbe stata destinata all'esposizione di macchine sensazionali e innovative, avrebbe dovuto essere in sintonia e armonia con esse, e dunque un’appropriata espressione della loro magnificenza. Per garantire la sicurezza della struttura, l'immensa Galleria concepita da Dutert, doveva terminare con delle enormi volte sui

lati corti, che avevano il compito statico di equilibrare le forze, rendendo stabile la struttura ed ognuno dei quattro lati della Galleria era sostenuto da tre torrette. Nel disegno finale si aveva una galleria principale, la cui facciata fu realizzata con una soluzione di parete continua, la più grande mai vista prima, con la particolarità di sopportare soltanto il carico proprio e la spinta del vento: travi d'acciaio alternate a vetrate colorate e sormontate da una serie di tanti piccoli archetti e un enorme arco centrale proprio sopra il portone d'ingresso, richiamavano molto la struttura del Crystal Palace, da considerarsi il vero progenitore della Galleria delle Macchine. All'interno, i visitatori hanno potuto scoprire una serie di innovazioni come fonografi e telefoni. Questo fu, inoltre, uno dei primi eventi in cui si sperimentò l'uso dell'elettricità come fonte di energia alternativa al vapore su vasta scala. Durante i vent'anni della sua esistenza la Galleria delle Macchine venne utilizzata in vari modi, ma nel 1909 la città annunciò la sua demolizione per liberare la prospettiva verso il Campo di Marte. LA TOUR EIFFEL L’idea di un edificio di inusitata altezza ossessionava da tempo l’immaginario collettivo soprattutto in America e in Inghilterra; la difficoltà non era tanto nel concepire un progetto gigantesco, quanto nell’eseguirlo. Il progetto di costruzione di Expo Parigi 1889 | 11


Interno della Galleria delle Macchine


una torre era un sogno per molti ingegneri e Eiffel ci lavorò sin dal 1884. Un concorso per una torre alta 300 metri è stato lanciato ufficialmente nel 1886, e fu grazie alla tenacia di Alexander Gustave Eiffel che ciò divenne realtà: assieme ai suoi collaboratori, progettò i quattro piloni dell’edificio basandosi su un concetto costruttivo particolare: anziché riunire i bordi della piramide con delle diagonali, com’era in uso fare nell’architettura fino a quel tempo, Eiffel diede a questi bordi una curvatura tale affinché la struttura potesse reggere alle sollecitazioni meteorologiche più forti. E questo si rivelò un concetto rivoluzionario in ambito ingegneristico. Il progetto è stato molto criticato, in particolare per l'uso del metallo come un elemento architettonico e non semplicemente come la struttura dell'edificio. La protesta degli artisti si palesò con una decisiva avversione nei confronti di questo progetto che avrebbe rischiato di falsare l‘identità di Parigi. Tuttavia, dopo il duro lavoro di 150 operai ogni giorno per 26 mesi, la torre di 300,65 metri di altezza è diventata il più grande successo dell’ Esposizione. I visitatori pagarono 5 franchi per potere salire sino in cima, e i 7 milioni di franchi che furono spesi per la sua costruzione furono ripagati grazie aquesti provvedimenti. La Torre doveva essere una costruzione provvisoria destinata ad essere demolita subito dopo l’Esposizione Universale del 1889

(come avvenne per tutti gli altri padiglioni), ma il suo ideatore riuscì a far cambiare idea agli amministratori del tempo ed ancora oggi si costituisce come il simbolo della città LE ESPOSIZIONI UNIVERSALI DI PARIGI La prima Esposizione Mondiale di Parigi si è tenuta quattro anni dopo quella di Londra, nel 1855. Questa mostra è stata molto importante a livello diplomatico grazie alla visita della regina Vittoria d'Inghilterra, che

La Tour Eiffel nel 1889 Expo Parigi 1889 | 13


riconobbe l'ascesa di Napoleone III al potere, mostrando solidarietà tra i monarchi e stabilendo un rapporto molto stretto con lui che durò fino alla sua morte. Nel 1867, sempre sotto l’imperatore Napoleone III, si è svolta la seconda Esposizione Mondiale di Parigi; l’obiettivo era migliorare la comprensione tra le nazioni, favorire la pace e consentire l'interazione tra culture diverse attraverso una nuova funzionalità: i padiglioni nazionali. Questi fornivano uno spazio nel quale i vari Paesi potevano mostrare la propria cultura, la loro storia e le loro innovazioni. Da questo momento i padiglioni diventano il marchio di fabbrica di tutte le Expo future. L’Esposizione del 1878, invece, portò tanta vita in una Parigi che aveva subito anni di guerre. Fu inaugurata il 1° maggio, giornata dichiarata festa nazionale in modo che tutti i lavoratori potessero assistere allo spettacolo. Il progetto per ospitare l’Esposizione di un nuovo mondo iniziò nel 1876, anno in cui Parigi stava iniziando a riorganizzarsi dopo la guerra franco-prussiana e dopo una guerra civile e questo evento fornì una grande opportunità per mostrare la rinascita della città. Come nel 1867, l'Expo si tenne a Champs de Mars: al centro del sito i padiglioni nazionali sono stati raggruppati lungo la Rue des Nations ed il ponte Léna fu ampliato per facilitare il movimento all'interno di un sito che si estendeva fino alla collina Chaillot sull'altro lato della Senna. Lì, gli architetti Gabriel Davioud e Jules Bourdais 14 | Expo Parigi 1889

fecero costruire il Palazzo Trocadéro, distrutto nel 1935. Durante questo evento, vi furono diverse attrazioni tra cui il gigante palloncino a vapore di Mr. Henry Giffard che consentì ai visitatori una vista di Parigi fino a 600 metri di altezza e la testa vuota della Statua della Libertà di Frédéric Auguste Bartholdi in cui i visitatori poterono entrare tramite scale interne. L’intera statua fu poi regalata a New York per celebrare il centenario dell'indipendenza americana, e diventare l'icona che tutti conosciamo oggi. «Parigi non è mai stata così bella» scrive Paul Morand a proposito dell'Esposizione del 1900. Questo evento resta il simbolo di influenza parigina durante la Belle Epoque: è una vetrina per il 19° secolo. Ma, all'alba di una nuova era, questa esposizione guarda anche al futuro e cerca modernità a tutti i costi. Questo desiderio viene fuori nella scelta di mantenere illuminati tutta la notte i padiglioni e la Torre Eiffel dando un'atmosfera incantevole per l'Esposizione. Possiamo dunque affermare che La Belle Epoque è la scena dell’Esposizione del 1900. Si tratta di un periodo di crescita economica, spensieratezza, divertimento e soprattutto di fede nel progresso. L'atmosfera dell’esposizione è piena di questa gioia. È soprattutto un grande evento popolare: la Francia, che aveva solo 41 milioni di abitanti in quel momento, ha ospitato quasi 51 milioni di persone a Parigi per questa occasione. Mentre le fiere del primo mondo avevano le loro radici nella rivoluzione industriale,


Il Palazzo del Trocadéro, demolito nel 1937

l'Esposizione del 1900 è diversa a causa del suo approccio artistico. Expo Parigi 1937, si costituì come un evento molto particolare in quanto realizzato alla vigilia della seconda guerra mondiale. In tale occasione, i padiglioni della Germania nazista e dell'Unione Sovietica furono posizionati uno di fronte all'altro in contrapposizione molto eloquente da un punto di vista simbolico. L’obiettivo di questa esposizione

era dimostrare che l’arte e la tecnologia non si oppongono, ma, al contrario, possono essere complementari in quanto l'Utile e il Bello devono essere indissolubilmente legati per promuovere la pace. Per questa occasione espositiva Pablo Picasso ha creato "Guernica", diventato poi un’opera dall’alta valenza simbolica in quanto richiamo universale contro gli orrori della guerra. Expo Parigi 1889 | 15


EXPO BARCELLONA 1929 “EXPOSICIÓN UNIVERSAL DE BARCELONA” DATA: 20 Maggio 1929 - 15 Gennaio 1930 TEMA: Industria, Sport e Arte CATEGORIA: Esibizione Mondiale VISITATORI: 200.000 SUPERFICIE: 118 Ha PAESI PARTECIPANTI: 20

Recinto dell’Esposizione di Barcellona del 1929

L'Esposizione Universale di Barcellona si tenne sul Montjuic, che venne espressamente rivalutato e dotato di servizi e strutture fino ad allora inesistenti, grazie ad una serie di interventi estensivi di urbanistica, perché potesse ospitare una delle più grandi Expo di tutti i tempi. Tra i paesi che vi parteciparono ufficialmente: l‘Italia, la Germania, la Gran Bretagna, il Belgio, la Francia e la Svizzera. Furono anche presenti organizzazioni private provenienti dagli Stati Uniti d’America e dal Giappone. L’Expo del 1929 fu fondamentale per la città di Barcellona, la quale conservava un piacevole ricordo dell’Esposizione Universale del 1888 che aveva rappresentato una svolta per la città sia in campo economico che tecnologico. Si andava incontro ad un evento dalla portata e importanza pressoché straordinarie, non solo quale prova


inconfutabile della forza e della solidità di tutta la Spagna; ma anche per la consapevolezza che tale evento non potesse essere paragonato a quello del secolo precedente, tanto per portata, quanto per le ricadute sociali e politiche. Per questo motivo si progettò una esposizione che mostrasse gli sviluppi tecnologici e promuovesse l'immagine della Catalogna all'estero. L’Expo del 1929 fu quindi un pretesto piuttosto scontato per urbanizzare nuove aree della città. In particolare, si scelse di estendere il piano urbanistico sulla collina del Montjuic, sebbene le autorità catalane fossero assolutamente consapevoli del fatto che il monte, fino ad allora quasi del tutto privo di intervento umano, non avesse le strutture idonee ad ospitare un tale evento. L'Esposizione si rivelò fautrice di un enorme sviluppo urbano per la città di Barcellona, oltre a divenire un ottimo banco di prova per i nuovi movimenti artistici che si stavano affermando all'inizio del ventesimo secolo. Inoltre, a livello locale, rappresentò il consolidamento del noucentisme catalano che sostituì il modernismo predominante in Catalogna e l'introduzione in Spagna delle correnti d'avanguardia internazionale, come il razionalismo rappresentato dal Padiglione tedesco di Ludwig Mies van der Rohe. L'Esposizione ha inoltre dotato la città di molti edifici, alcuni dei quali sono diventati veri e propri simboli cittadini come il Palau Nacional, la Font màgica, il Teatre Grec, il Poble espanyol e lo Stadio Olimpico Lluìs

Companys. La struttura principale dell’intera esposizione si trovava sulla sommità del Montjuic: il Palau Nacional. Realizzato tra il 1926 e il 1929, che si estende su un’area di circa 32.000 m² . È caratterizzato da uno stile classico, ispirato al Rinascimento Spagnolo, e presenta fontane e getti d’acqua ai lati della scalinata d’ingresso. La sua importanza non fu solo temporanea, o legata ai fasti dell’Expo degli anni ‘30, poiché il Palacio Nacional è tuttora l’edificio in cui viene ospitato il MNAC (Museu nacional d’art de Catalunya), uno dei musei più prestigiosi di tutta la Spagna. Attualmente vanta una collezione straordinaria di arte romanica, con dipinti appartenenti per lo più alle chiese rurali dei Pirenei. Di grande valore sono anche la collezione di Arte Gotica, di Arte Barocca, Rinascimentale e d’Arte Moderna. LE ORIGINI DELL’ESPOSIZIONE In un primo momento, l’Esposizione doveva avvenire nel 1917, ma fu posticipata a causa della Prima Guerra Mondiale, solo alla fine del conflitto, e sull’onda della ripresa economica che investì l’Europa e quindi anche la Spagna, il progetto venne ripreso dall’architetto che sin dal principio lo aveva voluto e sostenuto: Josep Puig i Cadafalch. Ma l'idea di una nuova esposizione nacque già nel 1905 e nel 1915 l’architetto presentò un primo progetto, che venne successivamente diviso in tre progetti specifici, ognuno dei quali venne assegnato a un team di architetti: Puig i Cadafalch con Guillem Busquets si occuparono della parte Expo Barcellona 1929 | 17


bassa del Montjuic destinata alla Sezione Ufficiale, Lluís Domènech i Montaner e Manuel Vega i March si incaricarono della parte alta della montagna destinata alla Sezione internazionale e Enric Sagnier i Villavecchia e August Font i Carreras svilupparono il settore Miramar, da destinare ad un'eventuale Sezione Marittima, che però non venne poi realizzata. La prima difficoltà fu il reperimento dei terreni per la realizzazione dell'Esposizione. Infatti, l'Ajuntament disponeva solo di 26 dei 110 ettari necessari. Si dovette quindi ricorrere all'espropriazione dei terreni, in forza di una legge del 1879 che permetteva l'esproprio per scopi pubblici, cosicché nel 1917 si poterono cominciare i lavori di urbanizzazione del Montjuic e del Transbordador aéreo che avrebbe collegato la montagna direttamente al porto, anche se poi venne aperto al pubblico solo nel 1931. Leggermente antecedente, e quindi pronta per la mostra vera e propria, è la Funicular de Montjuic, inaugurata nell’ottobre del 1928. I lavori ritardarono a lungo e vennero completati nel 1923, ma l'instaurazione nello stesso anno della dittatura di Primo de Rivera rinviò la celebrazione dell'evento, che avvenne nel 1929, in coincidenza con l'Esposizione iberoamericana di Siviglia. L'inaugurazione dell'Esposizione si tenne quindi il 19 Maggio 1929 ed alla cerimonia inaugurale prese parte il re Alfonso XIII, il presidente del governo Miguel Primo de Rivera e diverse personalità del mondo della 18 | Expo Barcellona 1929

politica, dell'economia e della cultura catalana, oltre ad un pubblico di circa 200.000 persone. Nonostante la crisi economica, l'Esposizione fu un grande successo a livello sociale e per le realizzazioni urbanistiche di cui si arricchì la città, soprattutto a livello architettonico, tutto ciò fece sì che l'Esposizione si affermasse come un evento di primaria importanza per la storia di Barcellona. Nei piani dei suoi ideatori, l’esposizione di Barcellona avrebbe dovuto avere come tema fondamentale l’elettricità, ma i continui ritardi, che ne posticiparono la realizzazione di ben 25 anni, resero obsoleto il tema. Fu pertanto necessario reinventare le tematiche intorno alle quali si incentrò la mostra. Si decise così di dare risalto a tre aspetti dell’epoca che stavano particolarmente a cuore ai barcellonesi: l’industria, lo sport e l’arte. Il sito della mostra venne costruito secondo il progetto di Puig i Cadafalch, con due diversi tipi di edifici: i palazzi, dedicati alle sezioni ufficiali del concorso, e i padiglioni, che rappresentavano Paesi, istituzioni o imprese. Il complesso cominciava sulla Plaça d'Espanya, dove furono costruiti quattro grandi alberghi per i visitatori, e proseguiva lungo l'Avenida de América dove si trovavano i grandi edifici della Esposizione, fino a giungere ai piedi del Montjuic, da dove partiva una scalinata che conduceva al Palacio Nacional, l'opera più monumentale della intera mostra.


Il Padiglione Barcellona visto dalla piazza, 1929

L'Avenida de AmĂŠrica venne decorata con fontane e colonne di vetro illuminate da luci elettriche, realizzate da Carles BuĂŻgas, che destarono notevole sensazione. Su entrambi i lati del viale si incontravano i principali edifici della Esposizione: il Palazzo del vestito, il

Palazzo delle comunicazioni e dei trasporti (progettato da Adolf Florensa i Ferrer) e il Palazzo della Metallurgia, dell'elettricitĂ e della forza motrice. Questo complesso architettonico costituisce oggi la zona fieristica di Barcellona. Expo Barcellona 1929 | 19


IL PADIGLIONE TEDESCO DI MIES VAN DER ROHE In seguito al successo dell'esposizione del Werkbund a Stoccarda nel 1927, il Reich incaricò Mies Van Der Rohe della direzione artistica e della costruzione degli edifici per la sezione tedesca dell’Esposizione Internazionale di Barcellona del 1929. Il compito, affidatogli nel 1928, era condizionato da una situazione economica incerta e da forti limitazioni temporali. Il progetto del padiglione espositivo e una serie di progetti per esposizioni industriali furono portati a termine in meno di un anno con la collaborazione di Lilly Reich e di altre persone. Il padiglione tedesco, meglio noto come “Padiglione di Barcellona”, è una delle principali opere di Mies. Sull’onda della fine della guerra e della ripresa economica, in un periodo segnato da forti luci e ombre, l’edificio doveva rappresentare la nuova Germania: democratica, culturalmente progredita, prospera e pacifista. Costruito con finalità cerimoniali e rappresentative, l’edificio ospitò l’inaugurazione ufficiale della sezione tedesca alla presenza dei reali di Spagna. Nel Padiglione di Barcellona, Mies introdusse per la prima volta alcune significative innovazioni sfruttando i principi della “pianta libera” e degli “spazi fluenti”. Come un antico tempio romano, l’edificio poggia sopra un podio di travertino alla cui estremità sud si eleva un segmento di muro dello stesso materiale che comporta una svolta di 180 20 | Expo Barcellona 1929

gradi e conduce a un piccolo edificio annesso. Una grande piscina d’acqua si estende verso sud-est: le lastre del pavimento proseguono oltre il bordo dando l'impressione che l'acqua continui a scorrere sotto il basamento, creando una significativa continuità visiva tra interno ed esterno. Un secondo bacino più piccolo è situato sul lato nord, dove il podio è circondato da un altro muro di marmo verde a forma di U. Il tetto piano dell’edificio è sostenuto da pilastri cruciformi cromati che danno l’impressione che il tetto sia sospeso e rivelano il carattere non portante delle pareti: lastre di pietra pregiata, come il marmo di Tino, il marmo antico di Vert e l’onice dorato, oppure di vetro colorato (grigio, verde, bianco e traslucido) fungono unicamente da preziosi elementi divisori che sembrano fluire l'uno dentro l'altro al di sotto e oltre il tetto piano in modo da creare un’armonica continuità tra interno ed esterno. I percorsi sinuosi che attraverso i variegati ambienti del padiglione permettono di apprezzare la combinazione di dinamismo ritmico e scenari accuratamente studiati ormai familiari in Mies. Salendo le scale in direzione del podio, gradualmente entrano nel campo visuale del visitatore l’ampia terrazza e lo specchio d’acqua più grande su cui galleggiano le ninfee. L'accesso all'interno, definito dalla lastra del tetto, richiede ancora una svolta di 180°. Uno stretto corridoio d'ingresso, chiuso da lastre di marmo sul lato sinistro e da una parete di vetro esterna rivolta a esta sul lato destro,


Il Padiglione visto dalla zona dei servizi annessi


Veduta d’interno sul muro di onice e sulla vetrata che dà sulla corte interna

conduce all’ambiente principale: uno spazio rettangolare dominato da una lunga lastra di onice dorato di fronte al quale sono posti un tavolo e delle sedie sopra un tappeto nero, protetti dall'ingresso della luce da una tenda di seta rossa. Sulla sinistra della parete di onice vi è una parete opalina di vetro smerigliato illuminata dall'interno. Altri elementi a parete rompono l’uniformità dello spazio e il muro esterno sulla destra, passando dal vetro al marmo, introduce i visitatori in una piccola corte scoperta che ospita la vasca d'acqua più piccola. In fondo al piccolo specchio d'acqua è posizionata una statua in bronzo "Der Morgen" (Il mattino) di Georg Kolbe: una figura femminile che esce dall'acqua e alza le braccia verso sole nascente. La statua si staglia contro uno sfondo verde scuro dettato dalla parete prima citata a forma di U; girando a sinistra il 20 | Expo Barcellona 1929

visitatore si trova all'interno di un ambiente delimitato in parte da una lastra in onice e sul fondo da un pannello vetrato. I critici contemporanei definirono la struttura come un'oasi che invitava i visitatori dell'affollata esposizione ad una breve sosta di riflessione. Progettato come padiglione espositivo temporaneo, l'edificio era quindi destinato ad essere smantellato alla fine della manifestazione. I tempi ridotti per la realizzazione, i tagli al budget e i metodi costruttivi inadeguati ad una struttura tanto moderna portarono ad alcuni difetti strutturali, soprattutto legati alla scarsa tenuta del tetto. Completato nel maggio 1929 l'edificio fu distrutto all'inizio del 1930. A seguito di un accurato studio delle fotografie, il padiglione fu ricostruito da un gruppo di architetti spagnoli tra il 1983 e il 1986, ed oggi è ancora possibile visitarlo.



EXPO BRUXELLES 1958 “EXPOSITION UNIVERSELLE ET INTERNATIONALE DE BRUXELLES WERELDTENTOONSTELLING BRUSSEL 1958 EXPO’58” DATA: 17 Aprile - 19 Ottobre 1958 TEMA: Equilibrio per un Mondo più Umano CATEGORIA: Esibizione Mondiale ORGANIZZATORI: Comitato Esecutivo della Società dell’esibizione VISITATORI: 41.454.412 SUPERFICIE: 200 Ha

Exposition Universelle et Iinternationale de Bruxelles - EXPO ‘58

Fu la prima esposizione organizzata dopo la Seconda Guerra Mondiale non per niente si svolse in un clima di stupore, euforia e ottimismo. Nel 1958, le tracce della guerra stavano iniziando a svanire: la “European Economic Community” era stata appena creata; Sputnik, il primo satellite artificiale, era in orbita; le innovazioni tecnologiche miglioravano una dopo l'altra; la società dei consumi stava emergendo e la popolazione iniziava a credere che un nuovo periodo di pace, prosperità e progresso stesse arrivando. L'area espositiva scelta fu quella dell'Heysel situato a sette chilometri a nord-ovest dal centro della capitale belga. Expo 1958 ha segnato una svolta nella storia delle Esposizioni in quanto sebbene il tema fosse dedicato anche al progresso, fu l’umanità ad essere posta al centro della manifestazione a preferenza della tecnologia.


L’Atonium, simbolo della città di Bruxelles

L’ATONIUM Il padiglione principale, nonché l'icona di Expo ‘58, è stato l'Atomium, una struttura di acciaio che rappresenta i 9 atomi di un cristallo di ferro: un riferimento alle scienze e agli usi dell'atomo, temi importanti e in pieno sviluppo all'epoca. Fu progettato dall'architetto André Waterkeyn e si trova ancora oggi nel parco Heysel di Bruxelles. Il monumento ha un'altezza totale di 102 metri, mentre le sfere, che hanno un diametro di 18 metri, sono collegate tra di loro da

collegamenti verticali, meccanici e non, dai quali, tramite finestrature ed oblò, da cui è possibile guardare le altre sfere o il panorama circostante. Tre delle sfere superiori non hanno supporto verticale e quindi, per motivi di sicurezza, non sono aperte al pubblico. Dalle finestre della sfera più alta si può godere di una vista panoramica di Bruxelles, mentre le altre sfere ospitano mostre di varia natura. La struttura non era destinata a sopravvivere, ma la sua popolarità e il successo presto fatto la fecero diventare un Expo Bruxelles 1958 | 25


punto di riferimento e una grande attrazione turistica di Bruxelles. POÈME ÉLECTRONIQUE Oltre alle nuove tecnologie, anche in campo architettonico a Bruxelles si è potuto notare un avanzamento innovativo: Le Corbusier decise di creare la prima opera multimediale elettronica della storia composta da architettura, luci, immagini, forme astratte, suoni elettronici in movimento. Il padiglione Philips e lo spettacolo in esso rappresentato, commissionati per pubblicizzare la potenza di una grande industria all’Esposizione Universale di Bruxelles, rappresentano un lavoro chiave nella storia dell’arte del Novecento.Il padiglione aveva la forma di uno stomaco e il pubblico, una volta entrato all’interno, era accompagnato da una successione dinamica (un vero e proprio film) di fotografie in bianco e nero selezionate da Le Corbusier, in cui venivano toccati temi vaghi dell'esistenza umana. L'interno del padiglione è stato anche illuminato con luci colorate in movimento, e in aggiunta al film, altri tre proiettori proiettavan ulteriori foto sulle pareti. Varese, l’autore della musica, ha progettato un sistema di spazializzazione molto complesso che è stato sincronizzato con il film: il suono in particolare, irradiato attraverso diversi altoparlanti fissati alle pareti interne del padiglione e poi rivestiti in amianto, creavano un effetto acustico cavernoso molto interessante. Il padiglione fu demolito circa un anno dopo 26 | Expo Bruxelles 1958

la sua costruzione, nonostante le richieste di Le Corbusier e della Belgian Society of Architects di attuare un progetto di conservazione della struttura per farne un laboratorio di ricerca ed un luogo di incontro per artisti; le apparecchiature e le pellicole utilizzate per l’esecuzione della musica e dell’intero spettacolo sono state distrutte; la partitura di realizzazione esecutiva della musica di Edgard Varèse è andata perduta e con essa alcune importantissime informazioni sui parametri di spazializzazione del brano. LE ESPOSIZIONI UNIVERSALI DI BRUXELLES Quella del 1958 non fu la prima Esposizione che venne fatta a Bruxelles, infatti la capitale belga aveva già ospitato un’Esposizione Mondiale nel 1910. L'evento ebbe un grande successo e accolse 13 milioni di visitatori. Grazie a questo evento, la capitale Belga potè ribadire il proprio progresso industriale e il suo potere coloniale. L’expo si svolgeva principalmente sul Solbosch Plateau, la scelta del sito ha dato un grande contributo alle politiche di espansione e di urbanizzazione del territorio della città. L’attrazione chiave all'ingresso dell’Expo era una ricostituzione della vecchia Bruxelles, chiamata "Brussells Kermesse". Ma la sera del 14 Agosto, un incendio ha distrutto parte della mostra e danneggiato “Brussells Kermess”, la sezione inglese e una parte della sezione francese. I pochi oggetti che sono stati salvati sono stati successivamente esposti.


Poème électronique - Padiglione Philips


EXPO MONTREAL 1967 “UNIVERSAL AND INTERNATIONAL EXHIBITION MONTREAL EXPO ‘67” DATA: 28 Aprile - 27 Ottobre 1967 TEMA: L’Uomo e il suo Mondo CATEGORIA: Esibizione Mondiale ORGANIZZATORI: Compagnia canadese delle Esposizioni Universali VISITATORI: 50.306.648 SUPERFICIE: 400 Ha

Padiglioni di Ontario, Canada e province occidentali

Expo Montreal 1967 si è tenuta in occasione del 100° anniversario della Confederazione Canadese. L’Esposizione, in origine, si sarebbe dovuta tenere a Mosca per aiutare l'Unione Sovietica a celebrare il 50 ° anniversario della Rivoluzione Russa; tuttavia, per varie ragioni, i sovietici decisero di ritirare la loro candidatura nel 1962, così Montreal fu eletta per ospitare l’Expo Mondiale del 1967; un anno pieno di significati per la città, infatti Expo Montreal 1967 si è tenuta in occasione del 100° anniversario della Confederazione Canadese e per i 325 anni della fondazione di Montreal. Il sito scelto era Mount Royal Park, a nord del centro città, in cui vennero create nuove isole nel fiume San Lorenzo, con l'ampliamento della esistente Île Sainte Hélène. Il tema dell'Esposizione è stato preso in


prestito dal libro «Il Pianeta dell'umanità» («La Terre des Hommes») di Antoine de Saint-Exupéry ed ha affrontato i problemi universali dell'umanità, seguendo l'esempio di Expo Bruxelles 1958. Le tematiche delle Esposizioni, infatti, non sono solo più scientifiche, tecnologiche o riguardanti il progresso industriale ma anche riguardanti l'Essere Umano: l’uomo con responsabilità sociali e coscienza ambientale. In conformità con il tema, gli organizzatori hanno preparato numerosi padiglioni tematici internazionali: “L'Uomo e la sua Salute”, “L'uomo nella Comunità”, “L'Uomo e l'Oceano”, “L'uomo e lo Spazio”, “L'Uomo il Creatore”, etc... Molte nazioni hanno partecipato con mostre importanti. La Francia, per esempio, nel padiglione “L’Uomo Esploratore” ha presentato la scoperta delle spedizioni di ricerca subacquea di Jacques Cousteau. Il padiglione sovietico ha esibito la capsula spaziale originale in cui Juri Gagarin divenne il primo uomo ad orbitare intorno alla terra e ha attirato oltre 13 milioni di visitatori in quanto una delle più grandi attrazioni di Expo '67. Nel padiglione “L'Uomo il Creatore” sono state mostrate 180 opere di pittori famosi provenienti da 50 gallerie nazionali. Expo '67 ha avuto un enorme successo, oltre 50 milioni di visitatori hanno partecipato in un momento in cui la popolazione del Canada era di solo 20 milioni, un record pro-capite per la partecipazione all'Esposizione Mondiale. Sebbene diversi

edifici sono stati rimossi subito dopo Expo 67, la maggior parte dei padiglioni sono stati utilizzati per la mostra dal titolo «L'uomo e il suo mondo», che si è aperta ogni estate fino al 1981. Quando la mostra è stata interrotta, il sito dell'Expo è stato incorporata in un parco gestito dalla città di Montreal, oggi conosciuto come Parc Jean Drapeau. La Cupola di Buckminister Fuller, ora chiamata “Biosfera di Montreal”, fu presentata al grande pubblico all'Expo 1967 di Montreal come parte del padiglione americano, la copertura esterna, in seguito, bruciò in un incendio, ma la struttura in sé è ancora in piedi: ribattezzata Biosfera di Montreal ospita oggi un museo interpretativo sul fiume San Lorenzo. HABITAT 67 Da un punto di vista architettonico, Expo 67, ha messo in mostra le ultime tendenze del dibattito internazionale. Uno dei punti di riferimento della Expo è stato il complesso residenziale denominata Habitat-67: un complesso edilizio di 158 abitazioni collocato sulle rive del fiume San Lorenzo il cui progetto fu ideato dall'architetto Moshe Safdie. Habitat fu la più grande mostra a tema dell’Esposizione Mondiale di Montreal del 1967. Realizzato come semplice dimostrazione, il progetto era all'avanguardia nella progettazione e costruzione di edilizia prefabbricata. Come edificio urbano, Habitat riuniva in se le funzioni residenziali, Expo Montreal 1967 | 29




Padiglione America - “La Biosfera di Montreal” oggi un museo ambientale

commerciali e di servizio, in modo da creare comunità vitali. Inoltre, esso forniva i comfort delle case monofamiliari attraverso un modulo di costruzione adattabile ad aree altamente popolate, contenendo per altro i costi di edificazione. Ogni abitazione all’interno di Habitat è perciò una casa separata, riconoscibile nello spazio, al secondo o al dodicesimo piano. Su ogni livello le case sono servite da strade pedonali esterne che portano ad aree di gioco per i bambini in numerosi luoghi disposti attraverso tutto l’edificio. Il parcheggio per tutti i residenti è coperto, mentre il parcheggio esterno riservato ai visitatori è 30 | Expo Montreal 1967

scoperto. Al piano terra sono collocati numerosi negozi. Le abitazioni vanno da dimore singole da 57 m² a casa da 160 m² con quattro camere da letto. Con vista su tre lati, ognuno dei quindici tipi di case si apre su almeno un grande giardino con vasi e fioriere fornite di sistema di irrigazione poste sul tetto del cubo sottostante. Il raddoppio delle pareti, dei soffitti e dei pavimenti nelle abitazioni adiacenti fornisce un adeguato isolamento acustico. Habitat è una struttura spaziale tridimensionale nella quale tutte le parti dell’edificio, unità abitative, vie pedonali e le tre trombe dell’ascensore fungono da elementi portanti.


Habitat 67, complesso residenziale costruito per l'Expo 67


EXPO LISBONA 1998 “LISBOA EXPO’98 - 1998 LISBON WORLD EXPOSITION” DATA: 22 Maggio - 30 Settembre 1998 TEMA: Gli Oceani: un patrimonio per il futuro 500° anniversario dell’arrivo in India di Vasco de Gama CATEGORIA: Expo internazionale specializzata ORGANIZZATORI: Expo ‘98 VISITATORI: 10.128.204 SUPERFICIE: 50 Ha PAESI PARTECIPANTI: 143

Torre Vasco da Gama con la teleferica di Lisboa Expo ‘98

L’Expo di Lisbona 1998 è considerata un esempio di expo virtuosa in cui l’utilizzo post Expo del sito utilizzato ha funzionato e che non ha lasciato scheletri o aree abbandonate. Fu un’occasione per la città per riappropriarsi di un’area adiacente al fiume che aveva sempre ospitato funzioni produttive pesanti. Il sito dell’Expo si trova nella zona nord orientale della città ed è un’area di circa 50 ettari che costeggia per 5 km il lato orientale del fiume Tago. Per evitare l’effetto Siviglia ’92, ovvero lasciare un sito semi abbandonato, ogni edificio era già stato venduto prima dell’inizio dell’Expo. Vennero realizzate una serie di infrastrutture di accesso alla nuova area tra cui il ponte Vasco da Gama (allora con i suoi 12 km e mezzo, il più lungo d’Europa), una nuova linea di metropolitana la “Gare do Oriente”, spettacolare struttura dal sapore neogotico


progettata da Santiago Calatrava ed una nuova stazione integrata per treni, bus e taxi. Successivamente questa zona venne rinominata Parque das Nações (Parco delle Nazioni). Al di là della commemorazione del 500° anniversario dell'arrivo di Vasco da Gama in India, la fiera internazionale di Lisbona aveva un tema molto particolare: "Gli oceani: un patrimonio per il futuro". Tale scelta venne effettuata per poter discutere riguardo al ruolo che gli oceani hanno nel mondo di oggi e su come le risorse del mare possano contribuire al meglio allo sviluppo sostenibile del Pianeta, per riflettere sulla distruzione degli habitat oceanici ricchi di vita e ricchi di risorse e per ragionare sull'importanza del mare nell'equilibrio della Natura. Il termine eredità venne scelto per esprimere un doppio concetto. Da un lato quello riguardante le ricchezze fisiche e culturali del mare, dall'altro la necessità della conservazione dell'ambiente oceanico. Quest'ultimo aspetto aveva come fine la nascita di un senso di responsabilità nel visitatore, che potesse riflettere su come poter lasciare intatto alle future generazioni un bene così importante. All'interno del tema principale fu possibile quindi individuare alcuni sottotemi, quali: la conoscenza dei Mari, le risorse degli Oceani; gli oceani e l'equilibrio del Pianeta; gli oceani e il tempo libero; gli oceani come fonte di ispirazione artistica. Inoltre, per dichiarazione delle Nazioni Unite, il 1998 è stato l'Anno Internazionale dell'Oceano, la simultaneità di

questi due eventi ha reso il tema degli oceani una priorità sulla scena politica globale. Expo'98 era eccezionale perché ha usato questo evento come una doppia opportunità: ha illustrato la modernità del Portogallo sulla scena mondiale e, allo stesso tempo, ha completamente ridisegnato la parte ovest della città, che era stata abbandonata. Questo fantastico progetto di riqualificazione ha permesso la nascita di un nuovo quartiere con componenti del sito dell'Expo. Questo ex deserto industriale è oggi il principale quartiere degli affari della città, ma anche un bel posto in cui vivere. Il successo della mostra è dovuto anche alle numerose attività culturali quali, ad esempio, i suoi circa 5000 eventi musicali ne hanno fatto il più grande festival musicale della storia dell'umanità. Oltre all'affermazione internazionale del Portogallo, l'Esposizione ha avuto un impatto significativo sul turismo, in quanto dal 1998, a Lisbona, il turismo è aumentato più velocemente che in qualsiasi altra città europea. EDIFICI NOTEVOLI COME L’EXPO Tra i padiglioni più popolari dell’Expo vi fu l’“Atlantico Pavilion”, ora chiamato MEO Arena, progettato dall'architetto Regino Cruz in collaborazione con il famoso studio statunitense Skidmore, Owings e Merrill; un grande volume asimmetrico ad anello che sembra galleggiare sopra un vestibolo con pareti in vetro. L'interno dell'edificio, ovoidale, è uno spazio da cattedrale, con Expo Lisbona 1998 | 35


Padiglione del Portogallo - Alvaro Siza

capriate in legno lamellare che si estendono fino a 115 metri. Una parete divisoria permette la vista sul fiume Tago, mentre i lucernari forniscono luce e ventilazione naturale. La struttura è stata progettata per assolvere alla funzione di cinema destinato ad ospitare 11.000 posti a sedere per uno spettacolo multimediale e destinato ad ospitare, ad Expo conclusa, eventi sportivi e concerti. Il padiglione dell’Oceanário con più di 500 specie rappresentate e un volume d'acqua pari a quattro piscine olimpiche si costituisce come uno dei primi acquari d'Europa. Il padiglione del Portogallo è stato progettato 36 | Expo Lisbona 1998

dal premio Pritzker Alvaro Siza. È costituito da due parti principali: il padiglione espositivo vero e proprio e l'ampia piazza coperta, pensata per accogliere manifestazioni pubbliche o concerti protetti da un "lenzuolo" teso. L'altezza massima raggiunge i 13 metri lateralmente e 10 nel punto centrale. Il portico lungo il bacino d'acqua è scandito da alte colonne e dai pilastri rivestiti in marmo. Il rivestimento esterno è in lastre monolitiche di lios, la tipica pietra di Lisbona, e in intonaco bianco. L’edificio funzionava da ingresso monumentale all’Expo e incorniciava la vista dell’oceano.


MEO Arena


EXPO SHANGHAI 2010 “EXPO SHANGHAI 2010” DATA: 1 Maggio - 31 Ottobre 2010 TEMA: Città Migliore, Vita Migliore CATEGORIA: Esibizione Mondiale ORGANIZZATORI: Governo Cinese VISITATORI: 73.000.000

Padiglione della Cina

I padiglioni espositivi vennero situati sulle due rive del fiume Huangpu che attraversa Shanghai. L'Esposizione universale del 2010 è ricordata come la più costosa e con il maggior numero di partecipanti mai organizzata fino a quel momento. «Better City, Better Life»: un tema particolarmente in tono con il suo tempo. Oggi, più di una persona su due vive in città. Entro il 2030, il 60% della popolazione mondiale sarà urbanizzata. Questi numeri in costante evoluzione sollevano questioni importanti come il mix sociale, la sostenibilità, la sicurezza o l'igiene. Shanghai, con i suoi 23 milioni di abitanti è particolarmente preoccupata per questi problemi e quindi ha scelto di essere la prima Esposizione ad affrontare la pianificazione urbana e di offrire un luogo per discutere di soluzioni innovative e nuove politiche per lo


sviluppo di città sostenibili. Il Padiglione della Cina da solo sarebbe sufficiente a capire la grandezza di tutta la manifestazione. È stato dedicato alla saggezza cinese nello sviluppo urbano ed è stato nominato «corona orientale». Si tratta di un edificio dipinto di rosso, il colore della ricchezza e della felicità secondo la cultura cinese. All’interno, i visitatori hanno potuto conoscere il processo di urbanizzazione della Cina. L'attrazione principale del padiglione è stata la «catena di saggezza» che ha aiutato i visitatori a immaginare nuovi modelli di sviluppo urbano attorno alla nozione di rispetto, un valore fondamentale secondo la popolazione cinese. Expo 2010 ha prodotto due documenti importanti: il Manuale di Shanghai (una guida per lo sviluppo sostenibile delle città) e la Dichiarazione di Shanghai. Tra i principi stabiliti dalla Dichiarazione è stata suggerita la creazione di una Giornata Mondiale della. Grazie agli sforzi congiunti del governo cinese, le Nazioni Unite e il BIE, la Giornata Mondiale della Città è stata celebrata per la prima volta il 31 ottobre 2014. Il riutilizzo del sito Expo è parte di un piano urbanistico di trasformare il sito in una nuova area culturale e commerciale di Shanghai. Nuovi edifici e parchi sono stati costruiti e nuovi musei sono stati aperti. Un importante progetto è attualmente in fase di preparazione: il Museo World Expo; sarà il primo museo al mondo dedicato a World Expo.

IL PADIGLIONE ITALIANO L’idea del progetto del Padiglione Italia nasce da un bisogno concreto: quello di riuscire a coniugare la capacità italiana del saper vivere riuscendo a gestire al meglio gli spazi tradizionali di aggregazione sociale come le piazze, i vicoli, i piccoli borghi, tutto nel rispetto di un’innovazione e di una ricerca scientifica sempre più interessata ad utilizzare materiali eco-compatibili, nel rispetto dell’ambiente e orientato al futuro. Il Padiglione Italia è una vera e propria città in miniatura, capace di riflettere l'immagine e le caratteristiche proprie della città ospitante, ma anche e soprattutto il carattere composito del bel Paese: esso racconta degli italiani, della loro creatività e della loro cultura millenaria. Progettato dall’architetto Giampaolo Imbrighi, il Padiglione illustra i valori culturali italiani e quelli del paese ospitante anche grazie alla capacità di rappresentare, la città di Shanghai, attraverso un prezioso richiamo al famoso gioco che prende il suo nome. Il disegno del padiglione presenta una pianta quadrata di 3.600 mq metri per un’altezza di 18 metri ed una divisione in più corpi di dimensioni diverse ed irregolari collegati da strutture-ponte in acciaio che lasciano intravedere i ballatoi di collegamento. Il progetto soddisfa, sul piano strutturale, la possibile esigenza di essere, eventualmente, smontato e ricostruito in dimensione ridotta in un’altra area della città. L’edificio è lambito su tre lati da uno specchio Expo Shanghai 2010 | 39


Padiglione Italiano


Padiglione Inglese

d’acqua che lo riflette esaltando gli effetti della luce naturale. La luminosità della struttura si riproduce anche all’interno non solo attraverso feritoie che evocano i vicoli stretti tra i palazzi delle città, ma anche grazie all’impiego di cemento trasparente, un materiale poliedrico di recente creazione. Tale prodotto, a seconda della sua particolare e diversa composizione in relazione ai diversi affacci del fabbricato, genera un duplice effetto architettonico: una percezione notturna dall’esterno della vivacità delle azioni contenute all’interno e una presenza dell’atmosfera esterna, durante il giorno, percepibile all’interno. IL PADIGLIONE BRITANNICO Singolare esempio di creatività e innovazione, il padiglione disegnato dall’architetto

britannico Thomas Heatherwick si presenta come una struttura di sei piani interamente rivestita da 60mila fili acrilici trasparenti lunghi 7,5 metri che si muovono insieme al vento; durante il giorno fungono da fibre ottiche, incanalando la luce naturale verso l’interno, mentre durante la notte la luce artificiale degli spazi interni, condotta all’esterno sino all’estremità di ogni filo, fa brillare l’intera struttura. Questa sorge su una piattaforma che si estende sul suolo assumendo l’originale forma di una carta aperta che sembra aver precedentemente avvolto il padiglione. Ne risulta, quindi, uno spazio esterno destinato ad ospitare eventi aperti al pubblico, che in alcuni punti si solleva offrendo percorsi coperti per raggiungere l’interno del padiglione. Expo Shanghai 2010 | 41


EXPO MILANO 2015 “EXPO MILANO 2015 - NUTRIRE IL PIANETA, ENERGIA PER LA VITA” DATA: 1 Maggio - 31 Ottobre 2015 TEMA: Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita CATEGORIA: Esibizione Mondiale VISITATORI: 20.000.000 SUPERFICIE: 110 Ha PAESI PARTECIPANTI: 122

Decumano

Il percorso di Expo Milano 2015 inizia nel 2006. In diversi ambienti cittadini, la celebrazione del centenario dell'Esposizione Internazionale che si era tenuta in città dal 28 aprile all’11 novembre 1906 offre lo spunto per evocare una nuova conferma del carattere cosmopolita di Milano. Tale fermento si inserisce nel più ampio dibattito in corso in Italia volto a definire se il Paese debba candidarsi per ospitare l’Esposizione Universale del 2015 e quale sia la città designata dal Governo a concorrere. Il 31 marzo 2008, in occasione della 143a Assemblea Generale del BIE, con una votazione di 86 voti a favore sui 151 disponibili, Milano si aggiudica l’organizzazione dell’Esposizione Universale del 2015. Expo Milano 2015 rappresenta l’occasione per confrontare le idee e le soluzioni


condivise sul tema dell’alimentazione, stimolando la creatività dei Paesi e promuovendo le innovazioni per un futuro sostenibile. NUTRIRE IL PIANETA, ENERGIA PER LA VITA È possibile assicurare a tutta l'umanità un'alimentazione buona, sana, sufficiente, e sostenibile? Con questa domanda si apre l'Esposizione Universale di Milano 2015. Solo l’uomo, centro coscienza del cosmo, artefice fin qui di uno straordinario percorso di evoluzione e intervento sulla natura, può darvi risposta, prendendo consapevolezza dell'enorme opportunità, ma anche responsabilità, che grava sui suoi prossimi passi. L’idea è semplice; anzi, necessaria. Dopo oltre un secolo e mezzo di Expo è indispensabile lanciare, nel rispetto della tradizione, una nuova visione del ruolo delle esposizioni universali, un nuovo modo, consono ai tempi, di interpretare l’evento: non solo infrastrutture iconiche e opere fisiche, ma anche e soprattutto cultura immateriale, tematica. Guardando alle esposizioni dei secoli XIX e XX fino al passaggio di millennio si nota una differenza di fondo rispetto all’Expo di Milano: mentre allora le grandi Esposizioni volevano celebrare un’idea di progresso e sviluppo economico, sociale e scientifico ritenute senza limiti, oggi il mondo è entrato in una fase storica nella quale al centro è la riflessione sui limiti allo sviluppo. Più che la crescita illimitata è la sostenibilità la parola

d’ordine. L’Expo di Milano aspira a essere il primo grande evento globale che ragiona di modelli di sviluppo facendo i conti con la scarsità e limitatezza delle risorse alimentari, energetiche, ambientali ecc. Un orizzonte che rende “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita“ un tema dalle molteplici chiavi d’interpretazione, il più grande evento mai realizzato sull’alimentazione e la nutrizione. Le Expo hanno visto storicamente coinvolte le migliori capacità precognitive e innovative della scienza, dell'industria e dell'architettura in un'unica arena, dove nell’arco di sei mesi vengono presentati nella loro realtà fisica gli ultimi traguardi raggiunti dal progresso democratico e civile dell’umanità intera. L’architettura e il design sono sempre stati chiamati a rappresentare, oltre a tutte le innovazioni tecniche e materiali, anche l’evoluzione globale dei diversi linguaggi espressivi e le anticipazioni nel prossimo futuro. A fronte della sopravvenuta crisi economica mondiale che mette in discussione l’architettura della big-ness e della mega-icone, così come il mondo del real estate, della finanza e il sistema fieristico internazionale, l’Expo di Milano si presenta con la sfida di definire una architettura nuova, tematica, adatta ai tempi, capace di essere sobria, generosa con l'ambiente, e che torni a mettere al centro del progetto la relazione tra l’uomo e il suo ambiente: il paesaggio. Dopo averci nutrito per millenni, il pianeta Terra ha bisogno di nutrimento, fatto Expo Milano 2015 | 43


soprattutto di rispetto, atteggiamenti sostenibili, applicazione di tecnologie avanzate e visioni politiche nuove, per individuare un equilibrio diverso tra risorse e consumi. Expo Milano 2015 può essere tappa decisiva di questo percorso di ricerca intrapreso dall’umanità intera, luogo dove mettere intorno allo stesso tavolo tutti i Paesi del mondo e dare un concreto sostegno a una nuova consapevolezza condivisa circa gli obiettivi di sviluppo e crescita della presenza umana sul pianeta. Expo Milano 2015 è opportunità di riflessione sulla storia dell’uomo e la produzione del 44 | Expo Milano 2015

cibo, sia nella sua accezione di conservazione e valorizzazione della memoria di antichi saperi, sia nella ricerca di nuove applicazioni tecnologiche. La prima grande trasformazione che compie questo evento, oltre che a livello espositivo, è nell’approccio concettuale al tema, che è reso esplicito nel titolo stesso dell’Esposizione: “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. Il tema di riflessione è la nutrizione, in primo luogo umana, il titolo scelto per l’Esposizione ribalta il punto di vista e pone al centro dell’attenzione non il nutrimento dell’uomo, bensì il nutrimento dell’ambiente in cui esso


vive, ovvero ciò di cui l’uomo si ciba. C’è un ragionamento preciso dietro questa apparente provocazione, che vuole far emergere un paradosso culturale raggiunto dall’uomo occidentale del XXI secolo. È un dato biologico scontato che la più basilare sfida dell’uomo sia quella di nutrire se stesso, per garantire la continuità della propria esistenza, e di fare tutto il possibile affinché si nutrono anche i suoi simili, così da garantire la sopravvivenza della specie. Eppure, un qualunque prospetto che illustra la disponibilità futura per l’uomo di risorse alimentari, sulla base del modello offerto dalle abitudini alimentari contemporanee della società occidentale, sembra dimostrare che questi obiettivi fondamentali della vita umana sul pianeta sono messi a rischio dalle stesse abitudini e comportamenti umani. Per raggiungerli è necessario che l’uomo compia un cambio di prospettiva e provi a capire come, oltre a nutrire se stesso, possa contemporaneamente nutrire il pianeta, ovvero il suo stesso elemento di nutrizione. È questa la sfida che pone il tema di Expo Milano 2015. Per millenni, senza soluzione di continuità e con incrementi sensibili di produttività a partire dal XIX secolo, l’uomo ha comprensibilmente pensato a nutrirsi. Consumo e produzione alimentare sono cresciuti esponenzialmente, risolvendo problemi di malnutrizione che colpivano larghe fasce della popolazione in numerose aree del globo, garantendo quanto

necessario alla sopravvivenza a un numero sempre maggiore di individui, ma palesando criticità progressive circa lo sfruttamento delle risorse naturali e la capacità del pianeta di rigenerarne in quantità e qualità soddisfacenti per le sempre più ampie richieste del mercato. Il timore che le risorse naturali possono esaurirsi pone l’uomo di fronte al tentativo di capire come, alimentando sé, alimentare la natura, come raggiungere l’equilibrio tra le proprie necessità di vita e la presenza della vita stessa sul pianeta di cui fa parte. Nella ricerca di un equilibrio cui tendere tra crescente fabbisogno alimentare e metodi di incremento della produzione, l’uomo deve adottare scelte di natura filosofica oltre che tecnica. Expo Milano 2015 è il palcoscenico dove attori da tutto il mondo potranno rappresentare le soluzioni più innovative per “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. Già negli insediamenti rupestri delle prime comunità umane, i nostri antenati hanno lasciato incisi sulle rocce i racconti della loro esperienza del cibo, conquistato attraverso la caccia. Se uno dei primi tratti distintivi dell’uomo dall’animale è stato il linguaggio, il primo racconto dell’uomo ha avuto per oggetto il cibo. È per procacciarsi il cibo che l’uomo ha iniziato il lungo percorso della tecnologia e della ricerca; è da questi primi tentativi di sopravvivenza che l’uomo ha iniziato il suo intervento sulla natura, sul paesaggio, sul pianeta. La storia dell’uomo sulla terra è storia del suo rapporto con Expo Milano 2015 | 45


l’ambiente e con la natura, di cui esso stesso è parte, ma anche artefice e consapevole o involontario trasformatore. Storia di abbondanza e di conflitti, di fecondità e carestie, di un rapporto indissolubile, che ha generato meraviglie, ma anche cataclismi. I mulini che sfruttano il moto delle acque fluviali, i filari di alberi carichi di frutti, in tutto il pianeta i segni del lavoro dell’uomo per rendere la natura più ricca e ospitale hanno tramutato il paesaggio e l’hanno reso più accogliente e produttivo per la vita della specie. La deforestazione, la desertificazione, le tonnellate di petrolio riversate nel mare, sono altrettanti sogni del passaggio dell’uomo, che hanno trasformato la natura in maniera violenta e avvolte irreversibile. Dagli equilibri futuri di questo rapporto dipende la sopravvivenza della vita sul pianeta, ed Expo Milano 2015 è banco di prova per validare la ricerca dell’uomo in questa direzione. Il progetto stesso del sito espositivo così come l’invito ai padiglioni dei partecipanti, introduce definitivamente il cambio di paradigma che si impone oggi come necessario: sviluppare un masterplan che nella sua forma fisica rappresenti il tema dell’Esposizione: “Quella del 2015 è una Expo memorabile perché capace di offrire ai visitatori un’esperienza diretta e immediata del grande tema dell'alimentazione; una Expo che saprà incarnare nei suoi stessi spazi il tema espositivo senza dover ricorrere a questi sistemi di simulazione e di 46 | Expo Milano 2015

documentazione che sono oggi accessibili dallo schermo di un qualsiasi computer. Ed è, in secondo luogo, una Expo che ribalta il concetto di monumentalità: non costruendo architetture monumentali ma realizzando un paesaggio inedito di monumentale leggerezza e naturale bellezza”. L’idea fondamentale che struttura tutto il disegno è che l’evento e l’esperienza del visitatore inizino immediatamente, appena superati i cancelli di accesso, e non solo all’interno di contenitori o padiglioni specifici. Esperienza basata sull’immersione nel bello, in un paesaggio unico e straordinario che in sé contiene un racconto: la narrazione del tema. Una Expo, quindi, in cui contenuto e contenitore, significato e significante, non sono più separati, ma diventano una cosa sola. Assimilabile a un grande parco, il progetto di paesaggio del sito espositivo si viene a comporre nella stretta collaborazione tra partecipanti e organizzatore, non più singole individualità iconiche, soliste, ma, nel rispetto delle differenze, un insieme unico, un paesaggio diffuso, una realtà in cui ogni strumento arricchisce l’orchestra, portando il suo contributo all’insieme. L’Italia, la Lombardia e Milano sono il luogo adatto per rappresentare questo scenario. Culla di uno stile di vita eccellente, marcata da un forte legame con il territorio e la tradizione alimentare, l’Italia, e Milano in particolare, possono indicare il principio di nuovo modello di nutrimento.


IL SITO ESPOSITIVO Il sito di Expo Milano 2015 è ideato come espressione del tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. L’area, modellata come un paesaggio unico - un’isola circondata da un canale d’acqua, vero e proprio monumento orizzontale - è strutturata intorno a due assi perpendicolari di forte impatto simbolico: il Decumano e il Cardo della città romana. La griglia che ne risulta determina la struttura dei lotti di terreno assegnati a ciascun Paese, tutti affacciati sul Decumano. Secondo un principio innovativo, Expo Milano 2015 garantisce quindi, nella loro diversità, un’eguale rappresentanza ai Paesi, offrendo a ciascuno un singolo spazio espositivo. Nei quattro punti cardinali sono collocati i principali elementi iconici di Expo Milano 2015: la collina Mediterranea, l’Open Air Theatre, la Lake Arena e l’Expo Centre, punti di riferimento che orientano i visitatori e ospitano il grandi evento dell’Esposizione. Il Sito espositivo si compone di: 70 padiglioni autonomi, 9 cluster, Cascina Triulza, 4 aree tematiche (Padiglione Zero, Biodiversity Park e Slow Food, Children Park, Future Food District), 5 strutture per eventi. Il sito espositivo, situato a nord-ovest del centro di Milano, è stato sviluppato su una zona principalmente non edificata e in parte utilizzata per scopi agricoli altamente accessibile grazie alla fitta rete infrastrutturale che la circonda. Il sito espositivo è stato disegnando pensandolo come un paesaggio unico e di

forte impatto per fornire al visitatore un’esperienza continua e sorprendente. I Paesi partecipanti hanno la possibilità di essere tutti presenti sul Decumano e sono stati chiamati a contribuire alla creazione di strutture tematiche basate sul rapporto con la terra, l’acqua e il sole, fonti di nutrimento e vita per il pianeta, con particolare attenzione agli spazi aperti dove vengono messe in scena grandi performance. Il lavoro del team progettuale si è ispirato a quattro principi - centralità del tema, protagonismo dei Paesi partecipanti, qualità del paesaggio, sostenibilità - con l'unico obiettivo di garantire che Expo Milano 2015 unisca attrattività dell'offerta, razionalità nell’uso delle risorse e innovazione dell’impianto espositivo. I due fronti dell’asse principale del sito – un percorso pedonale ampio trentacinque metri e lungo oltre un chilometro - sono composti dalle architetture e degli spazi immaginati da ogni singolo Paese. Expo Milano 2015 non è solo una collezione di grandi architetture ma un paesaggio complesso, in cui si incontrano brani di territorio che provengono da ogni parte del mondo. Ogni paese è stato chiamato a interpretare il tema di Expo Milano 2015 non solo offrendo una specifica interpretazione, ma anche calandosi in un contesto preciso, nel quale la dimensione dello spazio aperto ha l’obiettivo di costituire il carattere monumentale principale e memorabile. La realizzazione di un’Esposizione Universale Expo Milano 2015 | 47




deve necessariamente tenere in considerazione la sostenibilità ambientale sia nella realizzazione del sito sia nell’organizzazione dell’evento a partire dall’utilizzo delle più avanzate metodologie e tecnologie del futuro. In molte città moderne è ancora possibile riconoscere la schema urbanistico romana organizzato su dei assi principali ortogonali: il cardo maximus (asse nord-sud) e il decumanus maximus (asse est-ovest). Ed è proprio a questo schema che si ispira il disegno del sito espositivo di Expo Milano 2015. La via principale su cui si sviluppa la struttura è il Decumano, che attraversa l’intero sito da est a ovest per un chilometro e mezzo ospitando su entrambi i lati i padiglioni nazionali dei Paesi partecipanti. Simbolicamente l’asse unisce il luogo del consumo del cibo (la città) a quello della sua produzione (la campagna); una passeggiata cadenzata dal ritmo regolare dei lotti: ogni diciotto metri un nuovo Paese, con profumi e sapori diversi. Perpendicolarmente al Decumano si sviluppa il Cardo (lungo 350 metri), il secondo asse strutturante del masterplan, composto dai lotti assegnati all'Italia, alle sue regioni, città e province. La grande piazza, punto di unione dei due assi e virtuale centro dell'intero sito, diventa così, simbolicamente, il luogo dove il mondo incontra l'Italia. Ai quattro estremi del Cardo e del Decumano 50 | Expo Milano 2015

sono situate alcune delle strutture più importanti di Expo Milano 2015: la Collina Mediterranea, l’Expo Centre, l’Open Air Theatre e la Lake Arena. Davanti Palazzo Italia, al centro della Lake Arena è collocato il simbolo di questo evento, “L’Albero della Vita”, la grande struttura in legno e acciaio alta 37 metri. Con circa 90 metri di diametro, la Lake Arena, è i più grande spazio aperto dedicato ai visitatori, all’interno del quale si prevedono spettacoli. La struttura dell’Albero della Vita affonda le radici in uno dei periodi più fervidi dell’arte italiana, il Rinascimento. Dal disegno michelangiolesco, Marco Balich ha mutato la forma di questa grandiosa costruzione a metà tra monumento, scultura, installazione, edificio, opera d’arte. L'acqua, elemento fondamentale del tema di Expo Milano 2015, è parte integrante del sito espositivo grazie a un sistema di canali, che rappresenta il tessuto di canali e percorsi d'acqua del territorio milanese e lombardo che, nei secoli, ha garantito una ricca attività produttiva nel settore agricolo. Così, il visitatore ha la possibilità di vivere l'acqua come elemento fondamentale per la vita. Il percorso che lambisce il canale perimetrale serve a esprimere i temi legati all'acqua: il rispetto dell'acqua come nutrimento della vita e come risorsa da preservare, i rischi dello spreco e della cattiva gestione è, infine, l'utilizzo dell'acqua come elemento espressivo di divertimento.



PAESI PARTECIPANTI I Paesi e le Organizzazioni internazionali rappresentano il cuore delle Esposizioni Universali sin dal 1851, anno in cui contribuirono a costruire quella che è considerata la prima Esposizione Universale della storia. Nel 2010, oltre 150 anni dopo, il Governo Italiano si è impegnato di fronte all’Assemblea Generale del BIE a coinvolgere nell’Esposizione Universale oltre 130 Paesi. Questi hanno colto subito l’occasione, e partendo dall’adesione della Svizzera – arrivata nel gennaio 2011 a poche ore dall’invito ufficiale – sino a quelle di Paesi che hanno aderito per ultimi, hanno contribuito a disegnare sul sito di Expo Milano 2015 la geografia di un mondo in cambiamento. Un mondo dove i Paesi cosiddetti emergenti hanno deciso di partecipare all’Esposizione, in alcuni casi per la prima volta, costruendo padiglioni di grandi dimensioni in cui rappresentare la propria storia, cultura e visione del futuro dell’alimentazione. Ognuno dei Paesi partecipanti che hanno aderito a Expo Milano 2015 è stato invitato a sviluppare un “Theme Statement”, il documento che attesta le ragioni e gli obiettivi della propria partecipazione a Expo e le modalità di coinvolgimento dei visitatori nel raccontare il punto di vista del Paese rispetto al tema. Al contempo, è stato concordato con i Paesi in quale punto del Decumano avrebbe costruito il proprio padiglione, che ne rispetto di un affaccio 52 | Expo Milano 2015

di uguale dimensione si sarebbe però potuto estendere su superfici differenti, da 500 a 5000 m2. Ai primi arrivati sono andati i posti migliori, e le dimensioni più congrue, senza seguire allocazioni geografiche ma cercando di soddisfare le richieste di chi per primo tra i Paesi aveva creduto nell’Esposizione Universale. Ne è nata così una corsa tra i Paesi che ha permesso di raggiungere un record mai avvicinato da nessuna Esposizione: ben 52 Paesi hanno deciso di costruire un proprio padiglione autonomo. Un primato storico. Expo Milano 2015 ha così infranto il primato precedente detenuto dall’Esposizione di Shanghai 2010, l’Expo che aveva battuto tutti i record, dove i padiglioni autonomi furono 42. L’idea di concepire una modalità di partecipazione dei Paesi nuova e più tematica, che fosse al contempo formula innovativa per una Expo del XXI secolo, poneva anche la necessità di trovare una soluzione di qualità per quei Paesi che, per difficoltà economiche e organizzative, non potevano permettersi di costruire il proprio padiglione. Senza una loro presenza di valore il racconto del tema di Expo Milano 2015 avrebbe visto esclusa una parte troppo importante del mondo, una sconfitta tale da rendere vano ogni sforzo. È proprio da questa sfida che nasce l’idea dei cluster tematici, concepiti con la speranza e l’ambizione che possano costituire un’innovazione che verrà ripresa anche dalle prossime Esposizioni


BIO-MEDITERRANEO

CACAO E CIOCCOLATO

FRUTTA E LEGUMI

ISOLE, MARE E CIBO

CEREALI E TUBERI

SPEZIE

Universali. Expo Milano 2015 ha così dato vita a 9 grandi villaggi tematici, offrendo ai Paesi la possibilità di sviluppare una partecipazione congiunta attorno a una forte identità tematica (Bio-Mediterraneo, Cacao e Cioccolato, Caffè, Cereali e Tuberi, Frutta e Legumi, Isole, Mare e Cibo, Riso, Spezie, Zone Aride) e non più geografica. Viene deciso quindi di non riproporre più i “joint pavilion”, i grossi padiglioni dove venivano organizzati per aree geografiche piccoli desk per i Paesi che non potevano permettersi altro. Ogni cluster è organizzato come un villaggio, in cui attorno a uno spazio comune sono disposti i padiglioni che l’organizzazione ha

RISO

CAFFÈ

ZONE ARIDE

costruito e dato in affitto ai Paesi o concesso agli stessi gratuitamente o in maniera agevolata. Per la prima volta nella storia delle Esposizioni Universali ogni Paese ha così diritto al proprio singolo padiglione, una grande opportunità sin qui mai avuta che è concessa ai Paesi a fronte dell’accettazione di un patto: collaborare con i propri vicini allo sviluppo del tema. Ed è proprio nei cluster che si può scorgere al meglio la chiave del successo di Expo Milano 2015, quello spirito di collaborazione e innovazione che ha animato il rapporto tra l’organizzazione e i Paesi partecipanti nel percorso dell’Esposizione Universale. Expo Milano 2015 | 53


ANGOLA

ARGENTINA

AUSTRIA

AZERBAIJAN

BAHRAIN

BELGIO

ECUADOR

EMIRATI ARABI

ESTONIA

FRANCIA

GERMANIA

GIAPPONE

KUWAIT

LITUANIA

MALESIA

MAROCCO

MESSICO

MOLDAVIA

POLONIA

QATAR

REGNO UNITO

REP. CECA

ROMANIA

RUSSIA

SVIZZERA

THAILANDIA

TURCHIA

TURKMENISTAN

54 | Expo Milano 2015


BIELORUSSIA

BRASILE

CILE

CINA

COLOMBIA

COREA DEL SUD

INDONESIA

IRAN

IRLANDA

ISRAELE

ITALIA

KAZAKISTAN

MONACO

NAZIONI UNITE

NEPAL

OMAN

PADIGLIONE ZERO

PAESI BASSI

SANTA SEDE

SLOVACCHIA

SLOVENIA

SPAGNA

STATI UNITI

SUDAN

UNGHERIA

UNIONE EUROPEA

URUGAUY

VIETNAM Expo Milano 2015 | 55


PADIGLIONE ITALIA VIVAIO ITALIA - IL CONCEPT DEL PADIGLIONE ITALIANO Vivaio Italia è il concept guida del Padiglione Italia. Una metafora che diventa immagine molto rappresentativa e iconica. Il Padiglione italiano sarà uno spazio protetto che aiuta i progetti e i talenti a “germogliare”, che operano nel Paese. L’Albero Della Vita è icona come espressione della Natura Primigenia, icona di femminilità e simbolo delle forze generatrici. L’Albero come “madre” di tutte le cose viventi che può divenire l’icona centrale del Padiglione, organizzando lo spazio secondo una distribuzione “organica” dei contenuti e delle aree tematiche. Un simbolo le cui radici, possono diramarsi anche in una lettura “orizzontale”, collegando tra loro i diversi spazi, in particolar modo l’area dedicata alle Regioni. Un concetto che nella sua globalità progettisti, artisti e designer sono chiamati a interpretare liberamente nei materiali, nelle forme, nelle dimensioni, nella tecnologia. Un “oggetto architettonico” o un’installazione, che si pone l’obiettivo di rimanere nella memoria collettiva. Il Padiglione Italia dovrà essere concepito come uno spazio innovativo, inedito, sorprendente, unico. Uno spazio “trasparente”, che deve poter dialogare con l’ambiente circostante. Che cambia aspetto nel corso della giornata. Che respira e che vive, quasi fosse esso stesso un organismo vivente. Un punto di riferimento per imprenditori e 56 | Padiglione Italia

ricercatori, capaci di rinnovare il concetto di “eccellenza italiana” del “saper fare” e del Made in Italy. Un simbolo del nuovo patto tra il Paese e il suo territorio, non più inteso in senso meramente paesaggistico, ma come leva di trasformazione e crescita. Gli elementi cardine del progetto: TRASPARENZA - Vetro, cristalli, materiali fotosensibili. Materiali di valenza metaforica e concettuale (guardare al di là del proprio ambiente, dialogare con il mondo, essere trasparenti...). ENERGIA - Energia come vita, strumento e mezzo, come motore di trasformazione, come faro nella notte. Nel segno del rispetto ambientale e della compatibilità.. ACQUA - Un elemento fortemente legato all’identità di Milano e alle tematiche dell’Expo, simbolo dell’esistenza, della nascita, della rigenerazione, delle risorse della Terra, e anche della capacità di “riflettere il cielo”. NATURA - Elemento al centro del nostro futuro. Lo scenario da cui veniamo e verso il quale dobbiamo convergere. TECNOLOGIA - Uno sguardo al divenire. Espressione dell’identità di questo Paese. Una sfida. Un’opportunità. IL CONCORSO Si è svolto un Concorso Internazionale di Progettazione in una fase in forma anonima avente ad oggetto la progettazione preliminare finalizzata all'aggiudicazione del


SVOLGIMENTO DEL CONCORSO Al concorso hanno preso parte 68 raggruppamenti di progettisti italiani e stranieri che hanno avuto a disposizione 60

2° CLASSIFICATO 1° CLASSIFICATO Miralles Tagliabue Nemesi & Partners EMBT

giorni per redigere il progetto preliminare del Padiglione Italia. La commissione, presieduta dal Responsabile del Procedimento Ing. Antonio Acerbo è costituita dall’Arch. Ciro Mariani, dall’Ing. Monica Antinori, dall’Avv. Antonella Cupiccia di Expo 2015 S.p.A. e dall’Arch. Patricia Viel segnalata dall’Ordine degli Architetti della Provincia di Milano come rappresentante delle professioni. Il costo massimo preventivato per la realizzazione dei lavori è di € 40.000.000,00. Il giorno 19 aprile 2013 presso il Salone d’Onore della Triennale di Milano è stato proclamato il progetto vincitore del Concorso Internazionale di progettazione del Padiglione Italia all’Expo 2015.

3° CLASSIFICATO Matteo Fantoni Studio

servizio di progettazione definitiva ed esecutiva delle opere complete del cosiddetto "Padiglione Italia", costituito dall'insieme delle opere e degli spazi afferenti al Palazzo Italia e al Cardo. Il “Padiglione Italia”, oggetto del Concorso, si compone di 4 lotti rettangolari affacciati sul Cardo e di un lotto in prossimità del Lake Arena che ospiterà il Palazzo Italia. All’interno di questi manufatti sono previsti spazi espositivi e per eventi, spazi di rappresentanza e incontro per le istituzioni, servizi di ristorazione e vendita di prodotti italiani. I manufatti e gli spazi aperti che si affacciano sull’asse del Cardo ospitano una molteplicità di attività espositive ed istituzionali che vogliono rappresentare la varietà e la ricchezza dell’Italia, delle diverse identità locali riconoscibili nei suoi territori, delle istituzioni locali, dei paesaggi, dei prodotti e delle culture. A Nord Ovest del Cardo è situato il Palazzo Italia, un elemento di straordinaria rilevanza nel Sito Espositivo, perché destinato a luogo istituzionale e di rappresentanza dello Stato e del Governo Italiano; il Palazzo si rivolge verso la Piazza d’Acqua, spettacolare scenario per eventi e area di accoglienza e sosta per i visitatori.

Padiglione Italia | 57


NEMESI & PARTNERS

Fondata nel 1997 da Michele Molè, Nemesi è uno studio di architettura e design urbano, operante alle diverse scale del progetto, con un approccio sempre rigoroso ma aperto a nuove sfide, dove ogni punto d’arrivo rappresenta un nuovo punto d’inizio. L’architettura di Nemesi nasce da una profonda e continua ricerca e rielaborazione dei linguaggi espressivi contemporanei, unita ad un attento studio degli input del contesto di riferimento nel dialogo con il territorio. La ricerca e l’attività professionale dello studio si concretizzano attraverso un lavoro 58 | Nemesi & Partners

meticoloso sulla forma e sui linguaggi ad essa sottesi in grado di esprimere contenuti tecnologici, funzionali e prestazionali attraverso scritture coerenti e poetiche. Geometrie articolate, continuum spaziali fluidi con alternanze di vuoti e di pieni posti in stretta relazione con il contesto territoriale ed il paesaggio, questi i tratti distintivi dell’architettura Nemesi, contraddistinta da innovazione tecnologica e approccio sostenibile nella realizzazione. La ricerca sul linguaggio architettonico è accompagnata da una capacità di controllo del progetto in tutte le sue fasi, dallo studio di fattibilità, al concept architettonico, fino alla progettazione esecutiva e costruttiva. Nemesi ha maturato un’importante esperienza nella progettazione di uffici, residenze, infrastrutture, spazi culturali e per il tempo libero, public building, master plan, nell’ottica di soddisfare le differenti esigenze di committenti pubblici e privati. In risposta alle specificità e alle sfide del brief di progetto, l’approccio di Nemesi si contraddistingue nella capacità di mettere a fuoco le potenzialità del progetto, valorizzandone gli aspetti funzionali, ambientali ed economici. I professionisti di Nemesi sono architetti, grafici, designer. La modellazione in 3D e Bim accompagna il progetto in tutte le fasi di sviluppo, dalla concezione alla realizzazione e gestione. Con i suoi oltre 1.000 mq Nemesi ha sede a Roma, nel quartiere di Pietralata, all’interno dell’ex Lanificio Luciani, edificio risalente agli


anni ’40 i cui spazi sono stati riconvertiti nel 2007 con l’intento di creare una cittadella dell’arte e dell’architettura. Nemesi è affiancata dalla società di servizi integrati di architettura “Nemesi&Partners” attiva dal 2008 e guidata da Michele Molè e da Susanna Tradati, partner associato. L’architettura contemporanea e la pianificazione urbana hanno subito in questi anni in Italia un processo di banalizzazione con conseguente appiattimento della realtà e perdita di visione e slancio verso il futuro. Nemesi recupera la complessità propria della società contemporanea esprimendo nei suoi progetti un significato che va ben oltre l’immediatezza della visione. Dalla ricerca filosofica e scientifica sulla interdipendenza dei fenomeni complessi, Nemesi persegue la ‘profondità’ come forma stilistica - in opposizione alla semplificazione della realtà – in coerenza con il patrimonio culturale ed estetico della tradizione italiana. L’ARCHITETTURA DI PALAZZO ITALIA Il Padiglione Italia si costituisce quale baricentro di Expo Milano 2015 non solo sul piano geometrico ma anche su quello ideale: è il luogo dove l’Italia incontra il mondo e accoglie le delegazioni straniere in visita all’Esposizione Universale. All’interno del Padiglione Italia il Paese si racconta ai visitatori attraverso l’interpretazione del tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”, tema dalla forte valenza universale e, al contempo, italiano per eccellenza. Palazzo Italia

racconta la storia del “Vivaio Italia”, e il concept è stato interpretato architettonicamente dallo studio Nemesi, partendo da forme, che traggono ispirazione dai modelli dell’architettura naturale di una foresta urbana che avvolge il visitatore in un ambiente ricco di suggestioni visive e vibrazioni luminose; una struttura osmotica in forte connessione con l’ambiente circostante. I progettisti hanno immaginato Palazzo Italia come una comunità riunita attorno a una piazza situata al centro di quattro blocchi principali, connessi tra loro da elementi ponte. L’immagine della struttura richiama il profilo di due mani giunte a formare un “nido”: uno spazio raccolto ma aperto, capace al tempo stesso di avvolgere i visitatori e stimolare l’incontro conviviale. Per l’architettura di Palazzo Italia lo studio Nemesi è partito dall’idea di coesione, intesa come forza di attrazione che genera un ritrovato senso di comunità e di appartenenza. L’energia della comunità è rappresentata dalla piazza interna; quale cuore simbolico e partenza del percorso espositivo, questa piazza riunisce attorno a sé i quattro volumi che danno forma a Palazzo Italia. Vere e proprie quinte urbane, i quattro blocchi ospitano rispettivamente: la zona Espositiva (blocco Ovest), la zona Auditorium-Eventi (blocco Sud), la zona Uffici (blocco Nord) e la zona Sale Conferenze (blocco Est). Nemesi ha immaginato il percorso espositivo di Palazzo Italia come una graduale scoperta Nemesi & Partners | 59


e conquista delle forme e dei contenuti di questa architettura-paesaggio. Il percorso inizia nella piazza interna, grande grande hall di accoglienza dei visitatori, dove superfici inclinate e curve conferiscono fluidità e dinamismo alle volumetrie architettoniche disegnando uno spazio estremamente suggestivo. La grande scala che si innalza dalla piazza attraversa longitudinalmente lo spazio e ne connette visivamente tutti i piani. Palazzo Italia comprende: spazi per eventi al piano terra e, ai livelli superiori, spazi espositivi, di rappresentanza, per conferenze e per la ristorazione. Palazzo Italia è ispirato a una “Foresta Urbana”; la “pelle” ramificata come involucro esterno dell’edificio evoca una figuratività primitiva e tecnologica al tempo stesso. La tessitura di linee genera alternanze di luci e di ombre, di vuoti e di pieni dando vita a un’architettura-scultura che rimanda ad opere di Land Art. I volumi architettonici, metafora di grandi alberi, presentano degli appoggi massivi a terra che simulano delle grandi radici che affondano nel terreno; gli stessi volumi, visti dalla piazza interna, aprendosi e allungandosi verso l’alto, si liberano come chiome attraverso la grande copertura vetrata. A dare risalto alle forme scultoree di Palazzo Italia è la ricca trama ramificata dell’involucro esterno. Per il design di questa “pelle” Nemesi ha dato vita ad una texture geometrica unica e originale che evoca l’intreccio casuale di rami, dando vita a una architettura nell’architettura. 60 | Nemesi & Partners

BLOCCO NORD L’Area Uffici si estende per quattro livelli e la facciata corrispondente è costituito da una parete vetrata che offre la vista sul Lake Arena BLOCCO OVEST La Zona Espositiva si estende per tre livelli con una superficie totale di 1468 mq. L’ultimo livello è occupato dal ristorante.

BLOCCO EST La Zona Sale Conferenze si estende sui quattro livelli. BLOCCO SUD L’Area Auditorium è suddivisa su tre livelli: al primo piano vi è la sala più grande da 244 posti; una seconda sala da 144 posti è situata nel livello successivo e infine all’ultimo piano una sala 55 posti. Il terzo livello è occupato da una caffetteria.


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MIRALLES TAGLIABUE EMBT per la progettazione del nuovo edificio del Parlamento scozzese e nonostante la morte prematura di Miralles, avvenuta nel 2000, Tagliabue ha preso la leadership del team in qualità di Direttore di progetto e il Parlamento è stato completato con successo nel 2004, vincendo diversi premi. Ha vinto il concorso per il nuovo disegno di Hafencity porto di Amburgo, in Germania, per un treno della metropolitana ferroviaria di Napoli e per il padiglione spagnolo per l'Expo di Shanghai 2010. Sotto la direzione di Benedetta Tagliabue, lo studio Miralles Tagliabue-EMBT opera con progetti di architettura, spazi aperti, progetti urbanistici, mostre, cercando di conservare lo spirito architettonico della tradizione spagnola e italiana. La loro filosofia architettonica dedica particolare attenzione al contesto. Benedetta Tagliabue, nata a Milano e laureata presso l'Università di Venezia nel 1989, entra a far parte nel 1991 dello studio Enric Miralles che attualmente dirige. Il suo lavoro con Miralles comprende una serie di edifici di alto profilo e progetti a Barcellona: Parque Diagonal Mar (1997-2002), Sede Gas Natural (1999-2006) e il Mercato e il quartiere di Santa Caterina (1996-2005 ), così come i progetti in tutta Europa, tra cui la Scuola di Musica di Amburgo (1997-2000) e il Municipio di Utrecht (1996-2000). Nel 1998, la partnership ha vinto il concorso 64 | Miralles Tagliabue EMBT

L’ARCHITETTURA DEL PADIGLIONE ITALIANO SECONDO MIRALLES TAGLIABUE EMBT Il progetto presentato dallo studio Miralles Tagliabue-EMBT è basato sul concept dell’albero della vita italiana; l’ispirazione è nata utilizzando ritagli di fotografie aeree di campagna e di paesaggi da tutte le regioni d'Italia, incrociando il tema dell’albero con la cultura della cucina italiana e del cinema d’autore italiano. Il tema dell’"Albero" è stato presente in tutti gli aspetti del processo di progettazione del Padiglione italiano: le facciate ricordano filari di cipressi e pioppi, uniti con aperture tra le


foglie. La cupola centrale, con la sua struttura intrecciata, è stata pensata con la presenza di piante, ricadenti dall'alto in una sorta di performance acrobatica di vegetazione. La parte emergente della cupola che rappresenta l’Albero di energia e sostenibilità, annuncia ai visitatori la zona espositiva. Utilizzando un sistema di celle fotovoltaiche, lo stessa cupola fornisce energia solare per la costruzione e alimenta il sistema di ventilazione all'interno della cupola e il sistema di illuminazione. La scelta della cupola non è casuale, ma un chiaro un riferimento al Paese Italiano, dove i paesaggi di Roma, Firenze, Torino e Venezia sono associati, con uno skyline di cupole, che in epoche diverse sono sempre stati luogo di straordinaria realizzazione architettoniche. Dal Pantheon di Roma antica, alle cupole del Brunelleschi, Bramante, Bernini, Borromini, e Nervi, la cupola racconta la storia della civiltà italiana e le sue meraviglie artistiche; lo splendore architettonico delle città italiane può quindi essere rappresentato da magnifiche cupole. Il progetto di Miralles Tagliabue EMBT rappresenta anche il potenziale della costruzione di cupole per il futuro. Nel padiglione centrale, la grande cupola attrae il pubblico e fornisce un punto di riferimento ai visitatori e un’ottima forma per l'organizzazione degli spazi interni. Lo studio Miralles Tagliabue EMBT ha pensato a una seconda vita per questo Albero, che rimarrà come spazio centrale quando, dopo

Expo, il padiglione italiano sarà utilizzato per altre funzioni. Si è pensato, inoltre, sul Cardo alla realizzazione di più cupole costruite principalmente con materiali di legno per ospitare diverse mostre. Piccole architetture smontabili che possono essere trasportate e riassemblate facilmente per essere utilizzate in luoghi diversi in giro per l'Italia per svariate funzioni, rafforzando così il tema della sostenibilità dell'Expo, nonchè un’efficace ricaduta nel tempo dei temi delle Expo. Il percorso pensato da Miralles Tagliabue ha inizio nella piazza aperta, dove i visitatori rimarranno affascinati alla vista dall’enorme altezza della cupola traforata. Si continua attraverso un sistema di scale mobili, che danno continuità al tragitto, si accede al primo piano caratterizzato dalla sala espositiva, composta da elementi con movimenti morbidi che richiamano la natura; a questa quota sono previste inoltre una sala relax e una caffetteria. Il secondo piano, invece, è destinato ad ospitare le tre sale auditorium aventi diverse capacità ricettive come richiesto dal bando. Il lato est mantiene gli elementi espositivi del livello inferiore. Il terzo piano è interamente occupato dalla zona uffici, in cui è inoltre presente un giardino interno circondato da pareti di vetro che si estendono sino al livello superiore creando una doppia altezza che è possibile apprezzare da un affaccio situato al quarto piano in corrispondenza della cupola. Su questo livello troviamo inoltre la zona Miralles Tagliabue EMBT | 65


ristorante posizionata sul lato Nord comprendente anche una terrazza coperta; il lato Sud, invece, è occupato da una seconda zona uffici. I collegamenti verticali sono disposti agli angoli dell’edificio e sulla fascia Ovest, in cui è allocato il blocco dei servizi igienici. Il disegno geometrico del prospetto è il risultato dell’estensione e dell’iterazione di soltanto tre linee. Se ne ricava una fitta trama di linee intersecate tra loro e da queste è possibile ottenere l’esagono che viene rappresentato in tutte le facciate dell’edificio.

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MATTEO FANTONI | STUDIO

Matteo Fantoni apre il suo studio a Milano nel 2007. Lo studio è specializzato in Masterplanning e Landscape Design, Progettazione architettonica e Product Design. Integrazione, progettazione flessibile ed ecosostenibile rappresentano l'obiettivo quotidiano che si pongono Matteo Fantoni e il suo team. Sin dalla sua apertura a Milano, lo studio di Matteo Fantoni ha intrapreso progetti in tutto il mondo. Il 19 Aprile 2013 guadagna un riconoscimento importante quando si 70 | Matteo Fantoni | Studio

classifica al terzo posto nel concorso internazionale per la progettazione del Padiglione Italia di Expo Milano 2015. Partner di Foster and Partners, Londra Regno Unito; è stato responsabile di una vasta gamma di progetti in tutto il mondo (Spagna, Svizzera, Singapore, Germania, Italia e Giappone), sempre come responsabile nella progettazione e gestione di progetti fino alla loro realizzazione. Nel 1994 apre lo studio Foster and Partners di Berlino per la progettazione e la costruzione del Reichstag - il nuovo Palazzo del Parlamento di tedesco. Al termine del lavoro nel 1997 torna a Londra e tra il 1999 e il 2003 progetta e costruisce Chesa Futura, un nuovo edificio residenziale a St. Moritz, concepito con le più moderne tecnologie come la mappatura 3D. Nel 2004 progetta il Masterplan per Milano Santa Giulia, un progetto di 700.000 mq. Durante lo stesso anno dirige un team di 50 persone per il concorso per la riqualificazione di Fiera di Milano, condividendo la responsabilità di progettazione con Norman Foster e Frank Gehry. Nel 2007, dopo aver maturato una significativa esperienza professionale, decide di ritornare in Italia per aprire il suo studio. L’ARCHITETTURA DEL PADIGLIONE ITALIANO SECONDO MATTEO FANTONI | STUDIO La soluzione proposta dal team Matteo Fantoni | Studio è caratterizzata da un’architettura permeata da un vuoto


cielo-terra conoidale avvolto da una rampa che collega tutti i livelli fino a condurre alla terrazza panoramica con vista a 360° sull’area Expo e lo skyline di Milano. L’accesso ai piani superiori può avvenire, inoltre, tramite i tre cores, nonché i blocchi contenenti i collegamenti verticali. Il primo piano ospita la sala espositiva, mentre i livelli a seguire sono stati progettati per assolvere a funzioni istituzionali e di ristoro e protetti da un involucro esterno trasparente che garantisce

l’illuminazione naturale diurna a 360°. I servizi igienici si mantengono nella stessa posizione su tutti i livelli escluso il piano terra. Da un punto di vista spaziale la flessibilità viene garantita da una pianta libera, con la ridotta presenza di colonne essendo l’edificio strutturalmente sorretto dall’elemento conico, dai sei blocchi dei collegamenti verticali e dal solaio al primo piano che funge da solida base. Matteo Fantoni | Studio | 70


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CONCLUSIONI Guardando alle Esposizioni dei secoli XIX e XX secolo fino al passaggio di millennio si nota una differenza di fondo rispetto a Expo Milano 2015: mentre prima le grandi esposizioni volevano celebrare un’idea di progresso e sviluppo economico, sociale e scientifico che si credeva essere senza limiti, oggi il mondo è entrato in una fase storica nella quale al centro c’è la riflessione sui limiti allo sviluppo. Più che la crescita illimitata, la parola d’ordine è la sostenibilità. Accanto ai temi della terra e del cibo è importante il tema del territorio, della terra abitata e manipolata dall’uomo. Un’evidente trasformazione riguarda il concetto di “Padiglione”, la prima esposizione Universale di Londra si è tenuta all’interno di un unico padiglione a cui hanno partecipato i Paesi più ricchi in qualità di sedi idonee per mirare ad azioni di propaganda commerciale e politica, oltre che per la sperimentazione di nuovi prodotti, modelli comportamentali e, infine, di nuove tecnologie e forme architettoniche. I siti espositivi erano concepiti come oggetto di interesse della collettività, al pari di prodotti o servizi per la conoscenza e diffusione dei quali venivano realizzati, con immane sforzo organizzativo ed economico. A distanza di tempo si nota come all’interno di un Esposizione Mondiale non solo i Paesi partecipanti abbiano la possibilità di esprimersi attraverso il proprio padiglione ma per la prima volta si è trovata una soluzione di qualità per quei Paesi che, per difficoltà

economiche e organizzative non possono permettersi di costruire il proprio padiglione poiché senza la loro presenza Expo Milano 2015 avrebbe visto esclusa una parte troppo importante del mondo. È così che nasce l’idea dei Cluster tematici basati su una forte identità tematica e non più geografica e concepiti con la speranza che possano essere riproposti anche nelle Esposizioni successive. Il Padiglione Italia, l’unico elemento che sarà mantenuto una volta che l’Esposizione si sarà conclusa, è stato oggetto di competizione tra diversi progettisti. Alla base dei progetti da me esaminati vi è la natura, l’albero, la vita. Tre progetti concettualmente simili ma architettonicamente diversi. La creazione di un nucleo centrale e di accoglienza è un elemento comune in tutti i progetti. Lo studio Nemesi ha realizzato una piazza interna coperta, intesa come cuore simbolico in cui si riunisce la comunità, luogo di incontro e di partenza; Miralles Tagliabue EMBT ha progettato una piazza coperta da una cupola che esce fuori dall’edificio e che quindi consente l’ingresso della luce; il team di Matteo Fantoni ha pensato di far attraversare il proprio progetto da un elemento conoidale che connette tutti i livelli attraverso una rampa, ideologicamente una connessione cielo-terra. I pieni e i vuoti, un altro elemento che accomuna i progetti. La scelta di rivestire i propri edifici con elementi che richiamo alla foresta, nel caso di Nemesi; ai filari di cipressi e pioppi, per Miralles Tagliabue EMBT, o alle Conclusioni | 75


foglie, come rappresentato da Matteo Fantoni. Scelte diverse che però sono accomunate dagli effetti di luce e ombra che si creano e che confermano la Natura come protagonista di Expo Milano 2015.

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BIBLIOGRAFIA Aimone L., Olmo C., LE ESPOSIZIONI UNIVERSALI 1851-1900 IL

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PRODOTTI.

STORIA,

IMPRENDITORI,

METODI, ESPERIENZE APPLICATIVE,

ARCHITETTURA E ARTE NELLE GRANDI

Migliari R., FRONTIERE DEL RILIEVO: DALLA MATITA ALLA SCANSIONE 3D, Roma, 2001 Sacchi L., L’IDEA DI RAPPRESENTAZIONE, Roma, 1994. Zimmerman C., MIES VAN DER ROHE 1886-1969 - LA STRUTTURA DELLO SPAZIO, Taschen, Brema 2007.

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