R.C.DELCONTE. Compendio di Diritto Pubblico

Page 1


A mia madre



«La spada di qua su non taglia in fretta né tardo, ma’ ch’al parer di colui che disiando o temendo l’aspetta» (Par. XXII, 16) «C’è un proverbio spagnolo che dice: puoi prendere quello che vuoi, ma ricordati che devi pagare» (P.A. SOLDINI, Il cavallo di Caligola, ed. 2009, pag. 246) «Esiste un modo di intendere la comunità che non si basa sulle gerarchie, ma sull’idea che l’umanità si promuova attraverso un percorso armonico in cui la collaborazione di ciascuno, secondo le proprie possibilità, contribuisce all’emancipazione dei singoli e al progredire della società nel suo insieme. L’elemento fondante è l’esatto contrario di quello che porta alla sperequazione, alla separazione e all’esclusione. L’umanità non vive, non si emancipa, non progredisce attraverso la selezione, ma prestando attenzione a ogni suo componente» (G. COLOMBO, Sulle regole, Milano 2008, pag. 48) «Chi cerca nella libertà qualcosa di diverso dalla libertà stessa è fatto per servire» (C.C. DE TOCQUEVILLE) «Il destino del paese … non dipende dal tipo di scheda che lasciate cadere nell’urna elettorale una volta all’anno, ma dal tipo di uomo che lasciate cadere ogni mattina dalla vostra camera nella strada» (H.D. THOREAU)



ROBERTO CARLO DELCONTE

COMPENDIO DI DIRITTO PUBBLICO

SEPEL editrice


INDICE GENERALE Prefazione ................................................................................................................. pag.

15

PARTE I NORMA E ORDINAMENTO GIURIDICO Capitolo I – Lo studio del diritto 1. Il concetto di «diritto» …...…………………....................................………. » 2. Definizioni preliminari .........................................….……………………… »

19

3. La norma giuridica ........................……………………..………….………… » 4. Gli ordinamenti giuridici ...........................................…………….….…….. »

25

5. Il diritto pubblico e materie collegate ..............................…..…………….. »

27

23 26

Capitolo II – Lo Stato: nozioni generali »

29

2. Alcuni cenni sulla nascita dello Stato moderno ..........……………………. » 3. Le forme di Stato …………………………………….……….....……………… »

30

4. Segue: lo Stato assoluto .....................................………….…………………

»

35

5. Segue: lo Stato liberale ....…………………………………........………………

»

36

6. Segue: lo Stato socialista ...............………………………….………………. » 7. Segue: lo Stato di democrazia pluralista ........................….………………. »

37

1. La legittimazione del potere politico ........…………….…….…….......……..

34

37

»

40

9. La rappresentanza politica ...........……………….………………………….. » 10. Segue: il principio di maggioranza ...................................…………………. »

41

11. Il principio di laicità .................................................................…………….. » 12. Il concetto di Stato ................................……..…………..…………………… »

43

»

45

8. La separazione dei poteri ....................................………….………………..

13. La sovranità .......................................……..………..…………………………

42 45

9


INDICE

14. Il territorio ............................................…..……………..…………………….. pag. 15. Il popolo ............................................................………….…………………… »

46

16. Lo Stato unitario, federale e regionale .........……………………………….. » 17. Le forme di Governo .....................................………………..………………. »

48

47 49

Capitolo III - Lo Stato italiano e la comunità internazionale »

53

2. I soggetti del diritto internazionale ...................................…………………. » 3. Le fonti del diritto internazionale ..........……………………………………. »

55

4. La Comunità europea .......................……………………………………........ » 5. Segue: organi e funzioni ....……………………………………………………. »

59

»

65

7. Lo Stato e la Chiesa cattolica .....................................……………………….. » 8. Lo Stato e le altre Confessioni religiose .......................…………………….. »

67

1. Il diritto italiano e il diritto internazionale .........................………………..

6. Segue: le fonti del diritto europeo .............................……………………….

57 61

68

PARTE II LA COSTITUZIONE ITALIANA Capitolo IV – La Costituzione italiana 1. Il potere costituente .......................................…………………….…….……. » 2. Le nozioni di costituzione ...................................…………………………… »

73

3. Le caratteristiche della Costituzione italiana .........…….…………………. » 4. I simboli della Repubblica ..........…………………………………………….. » 5. I programmi di riforma della nostra Costituzione ...…………..….…….…. »

75

74 76 78

Capitolo V – I principi fondamentali »

81

2. Il principio di uguaglianza ................................................................................ » 3. Il principio lavorista .......................................................................................... »

82

4. I diritti e doveri dello straniero ......................................................................... »

85

1. I diritti inviolabili ................................................................................................

85

Capitolo VI - I diritti e i doveri dei cittadini

10

1. La libertà personale ........................................................................................... » 2. La libertà di domicilio ....................................................................................... »

89

3. Libertà e segretezza di comunicazione .......................................................... »

92

91


INDICE

4. La libertà di circolazione .................................................................................. pag.

93

5. La libertà di riunione ......................................................................................... »

94

6. La libertà di associazione ................................................................................ »

95

7. La libertà religiosa ............................................................................................. »

98

8. La libertà di manifestazione del pensiero ..................................................... »

99

9. I diritti della famiglia ........................................................................................ »

105

10. Il diritto alla salute ............................................................................................. »

107

11. La libertà della cultura e dell’insegnamento ................................................... »

109

12. La tutela dei lavoratori e il diritto di sciopero ................................................ »

112

13. La libertà di iniziativa economica ................................................................... »

113

14. Il diritto di proprietà .......................................................................................... »

114

15. I doveri dei cittadini .......................................................................................... »

116

PARTE III L’ORGANIZZAZIONE COSTITUZIONALE ITALIANA Capitolo VII - Il corpo elettorale (e cenni di legislazione in materia) 1. Nozioni .............................................................................................................. »

121

2. Il diritto di voto ................................................................................................... »

123

3. Ineleggibilità e incompatibilità parlamentari ................................................ »

124

4. I sistemi elettorali (cenni) ................................................................................. »

127

5. Gli istituti di democrazia diretta ...................................................................... »

130

Capitolo VIII - Il Parlamento (funzione legislativa) 1. Introduzione ...................................................................................................... »

133

2. La struttura e l’organizzazione delle Camere ................................................ »

137

3. Le funzioni del Parlamento .............................................................................. »

141

4. Segue: la funzione legislativa ............................................................................ »

142

5. Segue: l’approvazione delle leggi ordinarie .................................................... »

143

6. Segue: la formazione dei decreti legislativi ................................................... »

148

7. Segue: la formazione dei decreti legge ............................................................ »

148

8. La spesa pubblica .............................................................................................. »

150

Capitolo IX - Il Presidente della Repubblica 1. L’elezione del Presidente della Repubblica .................................................... »

153

2. Il ruolo del Capo dello Stato .............................................................................. »

154

11


INDICE

3. Le funzioni del Presidente della Repubblica ................................................. pag.

155

4. La irresponsabilità del Presidente della Repubblica .....................................

»

159

Capitolo X - Il Governo (funzione esecutiva) »

161

2. La struttura del Governo ................................................................................... »

164

3. Le funzioni del Governo .................................................................................... »

166

4. Gli organi ausiliari .............................................................................................. »

168

1. La formazione del Governo .............................................................................

Capitolo XI - La Magistratura (funzione giurisdizionale) »

171

2. I vari tipi di giurisdizione .................................................................................. »

177

3. Segue: la giurisdizione civile ............................................................................ »

179

4. Segue: la giurisdizione penale .......................................................................... »

180

5. Segue: la giustizia amministrativa ................................................................... »

182

6. Il Consiglio superiore della magistratura ....................................................... »

184

7. Il Ministro della Giustizia ................................................................................. »

185

1. I principi fondamentali in materia di giurisdizione ......................................

PARTE IV LE AUTONOMIE LOCALI Capitolo XII - Le Regioni 1. Introduzione ....................................................................................................... » 2. La ripartizione di competenze tra Stato e Regioni ....................................... »

189

3. Gli organi della Regione .................................................................................... »

195

191

Capitolo XIII – Le Province 1. Gli organi della Provincia .................................................................................. » 2. Le funzioni della Provincia e ipotesi di riforma ............................................ »

199

3. Le Città metropolitane ...................................................................................... »

202

201

Capitolo XIV – I Comuni

12

1.Gli organi del Comune ....................................................................................... » 2. Le funzioni del Comune .................................................................................... »

203

3. Gli organismi intermedi ..................................................................................... »

210

207


INDICE

PARTE V LA GIUSTIZIA COSTITUZIONALE Capitolo XV - La Corte Costituzionale 1. La nomina dei giudici costituzionali .............................................................. pag. 2. Il funzionamento della Corte Costituzionale ................................................. »

215

3. Le funzioni della Corte Costituzionale ............................................................ » 4. Il giudizio in via incidentale ............................................................................. »

219

5. Segue: la tipologia delle decisioni della Corte ................................................ » 6. Segue: le sentenze di rigetto .............................................................................. »

223

7. Segue: le sentenze di accoglimento ................................................................. »

226

217 222 225

PARTE VI LE FONTI DEL DIRITTO Capitolo XVI – Nozioni generali 1. Definizioni preliminari ..................................................................................... » 2. Il rapporto tra norme comunitarie e norme interne ...................................... »

231

3. La riserva di legge .............................................................................................. » 4. L’efficacia della legge ......................................................................................... »

235

5. Le modalità di rinvio ad altri ordinamenti ..................................................... » 6. Le antinomie ...................................................................................................... »

237

7. Le lacune del diritto ........................................................................................... » 8. Il valore e le tecniche di interpretazione legislativa ...................................... »

238

9. La dottrina e la giurisprudenza ........................................................................ »

240

233 236 238 239

PARTE VII LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Capitolo XVII - Nozioni generali 1. La Pubblica amministrazione .......................................................................... » 2. Gli enti pubblici .................................................................................................. »

245

3. I principi costituzionali in materia di Amministrazione ............................. » 4. I beni pubblici .................................................................................................... »

246

245 248

Capitolo XVIII – Gli atti e i provvedimenti amministrativi 1. Gli atti amministrativi ....................................................................................... »

251

13


INDICE

2. I provvedimenti amministrativi ....................................................................... pag.

253

3. Il procedimento amministrativo .....................................................................

»

254

4. I vizi del procedimento .....................................................................................

»

256

5. I ricorsi amministrativi .....................................................................................

»

258

1. La natura delle Autorità indipendenti .............................................................

»

263

2. La Banca d’Italia .................................................................................................

»

264

3. La Consob ...........................................................................................................

»

265

4. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ......................................

»

266

5. Il Servizio anticorruzione e trasparenza ........................................................

»

267

6. L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ...................................................................................................................

»

267

7. L’Autorità per l’energia elettrica e il gas ...........................................................

»

268

8. L’Istituto di vigilanza sulle assicurazioni ........................................................

»

269

9. La Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sull’esercizio del diritto di sciopero .........................................................................................

»

270

10. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni .............................................

»

271

11. Il Garante per la protezione dei dati personali ...............................................

»

272

12. La Commissione di vigilanza sui fondi pensione ........................................

»

273

13. L’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza ............................................

»

273

»

277

PARTE VIII LE AUTORITÀ AMMINISTRATIVE INDIPENDENTI Capitolo XIX - Le Autorità indipendenti

Appendice Eserciziario: alcuni quiz a risposta multipla (con soluzioni ragionate) ...........

14


PARTE I NORMA E ORDINAMENTO GIURIDICO

17


18


CAPITOLO I Lo studio del diritto

1. Il concetto di «diritto». Interrogarsi sul concetto di «diritto» — seppur in modo incompleto e forzatamente sintetico — si rende, in qualche modo, necessario anche in un’opera riassuntiva come questa, con l’ovvia avvertenza che le domande più apparentemente semplici risultano assolutamente complesse e «ambigue» nel senso che possono esigere — preliminarmente — alcune difficili scelte di campo epistemologico (relative ai problemi scientifici di metodo, di valore e di contenuto della materia oggetto di studio), ben al di là di mere difficoltà di ordine terminologico. Senza contare, poi, che proprio i «termini giuridici» si chiariscono meglio in relazione al contesto nel quale vengono utilizzati, vale a dire in base non soltanto ai problemi di linguaggio (relativi alle proposizioni nelle quali vengono adoperati determinati vocaboli giuridici), ma anche in riferimento ai valori — sociali, storici, etici, politici — che si vogliono rappresentare, oppure in base ai «soggetti» che entrano in gioco. Senza poter sconfinare nella «filosofia del diritto» (a cui compete la sovrana funzione di apprezzare criticamente i problemi fondamentali delle organizzazioni giuridiche), vorrei portare alcuni semplici esempi per meglio evidenziare la problematicità di alcuni preliminari aspetti giuridici. Innanzitutto, è importante non soltanto saper distinguere un «precetto giuridico» da un «precetto morale» (in quanto, anche qualora coincidessero, è ben diversa la loro funzione), ma anche una «norma esistente» (così com’è) da una «norma auspicabile» (come dovrebbe essere), in quanto anche una legge «stupida o iniqua» continua comunque ad essere formalmente — entro certi limiti — una legge. Resta, inoltre, molto aperto il rapporto tra «diritto» e «giustizia», vale a dire la sua finalità ultima: in quanto la «giustizia» può rappresentare sia il risultato tecnicamente più «giuridico» 19


PARTE I - NORMA E ORDINAMENTO GIURIDICO

(interno all’ordinamento preso in considerazione) e, nello stesso tempo, il risultato più socialmente «metagiuridico» (esterno all’ordinamento e quindi fortemente condizionato dalle scelte politico-sociali, etiche e culturali della società di riferimento). D’altronde, non si può non considerare la c.d. «relatività» dei valori giuridici: vale a dire il fatto che se un comportamento è considerato legittimo in un certo ordinamento, può non esserlo in un altro ordinamento. Anzi, anche all’interno dello stesso ordinamento — ma in diverse fasi storiche — può tranquillamente mutare, come spesso avviene, la sensibilità e quindi la disciplina di un particolare istituto giuridico. Infatti, se è ben diverso il valore di una «norma sociale» da quello di una «norma giuridica» (ad esempio, le regole di buona educazione che impongono di salutare le persone che si incontrano, non vengono prese in considerazione dal «diritto statale», che non considera la «maleducazione» una condotta rilevante per il proprio «ordinamento giuridico»; tuttavia il saluto rappresenta un «dovere giuridico» nell’«ordinamento militare»); è altrettanto vero che il cambiamento del costume sociale può determinare un cambiamento della «norma giuridica» (come è accaduto, ad esempio, nel «diritto di famiglia», dove l’introduzione dell’istituto del divorzio — confermato con il famoso referendum popolare del 12 maggio 1974 — è stata determinata dal cambiamento di mentalità rispetto alla indissolubilità del matrimonio. Seppur non è sempre facile stabilire quando certi cambiamenti di mentalità influenzano il «legislatore», o quando invece maggiormente le «leggi» modificano i comportamenti). Da questo punto di vista è molto importante cercare di formarsi una coscienza critica sulla «storicità del diritto», per evitare di imbalsamare gli istituti giuridici in una formale e astratta «staticità» (decisamente ingannevole), senza tener conto del loro rapporto dinamico con la realtà sociale che è in continua evoluzione (ed ecco perchè si raccomanda, a studenti e operatori, l’importanza della lettura dei quotidiani e dei giornali: non soltanto per richiamare il decisivo ruolo dei «mezzi di comunicazione», ma anche per abituarci ad un costante confronto con le emergenti tendenze dell’organizzazione politico-sociale). Vi è, poi, da considerare che uno stesso termine giuridico può assumere un ben diverso significato a seconda del contesto in cui viene utilizzato: affermare un «diritto soggettivo» è cosa diversa che parlare di «diritto oggettivo». Come, infine, è evidente che il valore dell’affermazione «Tizio ha diritto ad essere risarcito» cambi a seconda che a pronunciarla sia un giudice, attraverso una sentenza, oppure un privato cittadino, o uno studioso del diritto. Fatte queste rapidissime premesse, è ovvio che i singoli ordinamenti — pur di per sè autonomi — si possono influenzare a vicenda, come possono 20


CAP. I - LO STUDIO DEL DIRITTO

anche determinare, per i singoli soggetti che vengono in contatto con essi, conseguenze ben diverse rispetto ai comportamenti da loro posti in essere. Anzi è significativo come uno stesso comportamento possa suscitare opposte reazioni a seconda delle diverse regole poste dai singoli ordinamenti. Se un ragazzo diventa uno «sciupa femmine» questo suo atteggiamento può essere del tutto indifferente per l’«ordinamento giuridico statale», può essere molto apprezzato nel proprio gruppo di amici, può invece essere censurato in famiglia, oppure essere appena appena tollerato nel circolo parrocchiale di appartenenza. La valutazione dei singoli comportamenti ai fini della loro rilevanza «giuridica statale» dipende sia da aspetti di ordine qualitativo (ad esempio rubare, in un parco giochi pubblico, uno scivolo oppure qualche sassolino non è evidentemente la stessa cosa), che di ordine quantitativo (per continuare l’esempio di prima, un conto è sottrarre qualche sassolino da un giardino pubblico, e un conto è rubare un camion di ghiaia per il proprio giardino di casa, oppure trovarsi in qualche centinaia o migliaia di persone che sottraggono ognuna qualche sassolino). Pertanto, un atto o un fatto è considerato come «giuridico» se risulta conforme ai canoni di valutazione stabiliti dall’ordinamento giuridico statale (come ordinamento giuridico «originario» e «sovrano»), per cui è ritenuto meritevole di considerazione e tutela; al contrario viene riconosciuto come «antigiuridico» se è qualificato come divergente da quei canoni, con conseguente applicazione di sanzioni. Se un atto o un fatto risulta, poi, «indifferente» significa che non viene preso in alcuna considerazione per le finalità di quell’ordinamento. Concludendo questo discorso introduttivo, possiamo accontentarci di affermare che il nostro concetto di «diritto» — pur fortemente condizionato da fattori geografici e storici in continua evoluzione (si pensi, ad esempio, all’odierna «decadenza» del potere statale rispetto alla crescente integrazione europea, alla globalizzazione oppure all’uso dei moderni strumenti di comunicazione) — è basato sul monopolio del potere coercitivo dello Stato, il cui «ordinamento giuridico» — pur riconoscendo e/o tutelando altri «ordinamenti sociali» — è il solo che può prevedere, come sanzione per la violazione di una propria «norma», l’uso legittimo della forza fisica. Di certo il «diritto» (della cui importanza — anche da un punto di vista storico-scientifico — vi è traccia nello stretto legame che storicamente si è determinato tra «scienza giuridica» e nascita della università medioevale, proprio come prima «materia» di studio) ci segue in qualunque nostro comportamento privato e pubblico (del resto «ubi societas ibi ius»), ma la sua funzione non deve farci pensare ad un’ombra inquietante e oppressiva, ma piuttosto ad un utilissimo (e insostituibile) strumento di regolazione della 21


PARTE I - NORMA E ORDINAMENTO GIURIDICO

vita individuale e collettiva. Il «diritto» entra in tutti i settori della nostra vita (compresa la sfera più spirituale come è quella religiosa, dove — per quanto riguarda la Chiesa cattolica — troviamo il «diritto canonico», vale a dire il diritto che regola la vita dei fedeli nella Chiesa), e contribuisce faticosamente alla crescita umana e sociale degli individui. La «legge» però è spesso vista come qualcosa di «coercitivo» rispetto alla nostra piena libertà; tuttavia dietro ogni «comando» è prevista una «garanzia» a favore di qualcuno o di qualcosa. L’esempio del semaforo — nella regolazione della circolazione stradale — penso sia efficace nel farci capire il ruolo del «diritto»: quando il disco rosso ci ferma non è per «opprimerci» ma per garantire la libertà di circolazione di quelli che hanno il disco verde; allo stesso modo, quando verrà il nostro turno, avremo la sicurezza di poterci muovere più liberamente. È indispensabile allora recuperare una «cultura delle regole» dove «passare con il rosso» non è da furbi, ma al contrario è un comportamento da persone irresponsabili, perchè mette a repentaglio anche la nostra stessa sicurezza, oltrechè quella degli altri. In questo senso la Costituzione non si rivolge tanto alla «politica» — la sola che dovrebbe risolvere i problemi complicati dei nostri giorni — ma a ciascuno di noi: cittadini, enti privati e pubblici, organizzazioni sociali e libere associazioni, affinchè ognuno possa fare la sua parte. Del resto è stata proprio la XVIII disposizione transitoria (che è l’ultima) a stabilire che il testo della Costituzione venisse depositato nella sala comunale di ciascun Comune della Repubblica per rimanervi esposto tutto l’anno del 1948, perchè ogni cittadino potesse prenderne cognizione. Ecco perchè — come è stato opportunamente detto — c’è bisogno dunque di «democrazia a Km zero» nella quale ognuno — in modo apparentemente «minimalista» — non demorde dal cercare di contribuire a rendere migliore la realtà che ci circonda, con scrupolosa attenzione alla singola persona e al bene comune, come ci incoraggia a fare la nostra Costituzione. La grande sfida — infine — del «diritto» non è tanto quella di dover scegliere tra un «valore positivo» e uno «negativo» (ad esempio, tra il derubato ed il ladro; in tal caso il problema si sposta eventualmente sul piano investigativo e processuale per riuscire ad individuare il vero responsabile), ma quello di «mediare» tra due valori entrambi «positivi» e meritevoli di tutela, ma in qualche modo conflittuali. Tipico caso di questo «contrasto» è quello — per rimanere in tema di diritto di famiglia — previsto dall’art. 81 cod. civ., dove viene sì previsto il dovere del risarcimento a carico del promittente che, senza giusto motivo, si rifiuti di eseguire la promessa di matrimonio fatta vicendevolmente per atto pubblico o per scrittura privata, oppure risultante dalla richiesta di pubblicazione, ma limitata alle spese 22


CAP. I - LO STUDIO DEL DIRITTO

fatte e alle obbligazioni contratte dall’altra parte a causa di quella promessa. Vale a dire che se, da un lato, viene riconosciuto il diritto ad un equo ristoro a favore del promittente improvvisamente abbandonato; viene ammessa, dall’altro lato, la risarcibilità soltanto delle spese sostenute che siano strettamente connesse a quella promessa, e non dei danni ulteriori (ad esempio, rinuncia della donna ad un lavoro, in vista del matrimonio), in quanto vige — in tema di promessa di matrimonio — il principio di «libertà matrimoniale» (cioè la libertà delle parti, fino al momento della perfezione del matrimonio, di decidere di sposarsi o di non sposarsi). Quindi, la logica giuridica sottesa è quella di evitare che se il promittente venisse esposto al rischio di dover risarcire una grossa somma, tale obbligo determinerebbe nel suo animo un forte condizionamento spingendolo, forse, a sposarsi contro voglia. Anche in tema di principi costituzionali (come vedremo) ci si imbatte, in molti casi, con la difficoltà (e necessità) di contemperare opposte esigenze. Ad esempio — per rimanere ancora una volta in materia di famiglia — si è ampiamente discusso sulla eventuale rilevanza giuridica di forme di convivenza diverse dal matrimonio, in considerazione dei fondamentali principi di tutela della persona, di cui all’art. 2 Cost. In pratica si tratterebbe di studiare la prevalenza e la compatibilità dei principi di tutela della persona umana — sia come singolo sia nelle formazioni sociali — rispetto alla «tradizionale» disciplina costituzionale della famiglia (segnatamente individuabile nell’art. 29 Cost.). Tra l’altro, non si tratterebbe tanto di compiere scelte di campo «etiche» o «culturali» (tenendo anche presente come la nostra Carta costituzionale abbia anzi evitato un rapporto troppo stretto tra «cultura» e «ordinamento statale», nella consapevolezza dei pericoli di uno Stato che fosse troppo preoccupato di garantire l’identità culturale del popolo; dal momento che il libero sviluppo della personalità umana richiede la massima capacità di autodeterminazione), ma di essere in grado di affrontare i nuovi problemi e le nuove sfide — individuali e sociali — che via via maturano e si presentano a noi. 2. Definizioni preliminari. Dopo questo breve discorso introduttivo, è necessario prendere maggior dimestichezza con alcuni concetti giuridici. Si può partire dalla considerazione che, se la funzione tipica del «gruppo organizzato» è quella della produzione del diritto, ecco che abbiamo due distinti momenti (logicamente e funzionalmente collegati): da una parte la costituzione dello stesso «ordine normativo» (come preliminare fase «istituzionale» del «gruppo»), e 23


PARTE I - NORMA E ORDINAMENTO GIURIDICO

dall’altro la successiva e concreta attuazione delle qualificazioni giuridiche necessarie per le finalità del «gruppo». In questo senso, si parla di «diritto oggettivo» per indicare l’insieme delle «norme giuridiche» che disciplinano i rapporti tra i consociati e tra questi e il «gruppo» (vale a dire la «norma agendi», che rappresenta il «metro di valutazione» effettivo che viene utilizzato); e di «diritto soggettivo» per indicare la possibilità («facultas agendi») di porre in essere le condotte previste dalla autorità da cui emana il diritto oggettivo, con la pretesa di far valere l’osservanza dei relativi doveri a carico di altri e di richiedere pertanto protezione adeguata da parte di quell’ordinamento. Ad esempio: l’art. 79 del nostro codice civile stabilisce (come diritto oggettivo) che «la promessa di matrimonio non obbliga a contrarlo nè ad eseguire ciò che si fosse convenuto per il caso di non adempimento»; di conseguenza il promittente ha il diritto soggettivo di non essere vincolato a contrarre il matrimonio nonostante la promessa fatta (salvo la restituzione dei doni o l’eventuale risarcimento di cui agli artt. 80 e 81 cod. civ.). Il diritto oggettivo, a sua volta, si distingue principalmente in due rami: il diritto pubblico e il diritto privato. Questa è una tradizionale distinzione secondo cui il diritto pubblico disciplina l’organizzazione dello Stato e degli altri enti pubblici e regola la loro azione anche nei confronti dei cittadini. Fanno parte del diritto pubblico: il diritto costituzionale, il «diritto penale» (che può essere definito il complesso delle norme giuridiche, contenute nel codice penale e in leggi speciali, che regolano la materia dei reati), il «diritto processuale civile e penale» (che disciplina il funzionamento e l’attività degli organi di giustizia); il «diritto tributario» (che disciplina l’imposizione e riscossione dei tributi) e il diritto ecclesiastico. Il diritto privato, invece, è il complesso delle norme che regolano i rapporti vicendevoli tra i membri della collettività, posti in una posizione di reciproca parità, sia come singoli che come enti privati. Fanno parte del diritto privato: il «diritto civile» (che disciplina il diritto di famiglia, i contratti, la proprietà) e il «diritto commerciale» (che studia l’impresa e la figura dell’imprenditore). La suddetta linea di demarcazione è tuttavia non soltanto variabile (nel senso che lo Stato può decidere di avocare a sè la realizzazione di funzioni precedentemente lasciate ai privati, oppure, al contrario, demandare ai privati proprie funzioni); ma, per larga misura, incerta, in quanto sia dei soggetti privati possono essere concessionari di servizi pubblici con tipici poteri pubblicistici, e, viceversa, soggetti pubblici possono operare in regime privatistico (ad esempio: un’università statale stipula un contratto di locazione di diritto privato per reperire maggiori spazi). Inoltre, molto spesso un medesimo fatto è disciplinato sia da norme di diritto pub24


CAP. I - LO STUDIO DEL DIRITTO

blico che da norme di diritto privato: ad esempio l’investimento di un pedone, o la diffamazione di una persona possono far scattare sanzioni penali (nel primo caso per lesioni colpose e, nel secondo, per il reato di diffamazione), oltre alla sanzione civile, in entrambi i casi, del risarcimento del danno (per i danni fisici e/o morali). Vi sono, infine, dei rami del diritto — come il «diritto del lavoro», «il diritto dell’economia» o il «diritto della navigazione» — che rivestono, più di altri, un carattere misto tra «pubblico» e «privato» (ad esempio nel diritto del lavoro: la legge emana delle norme a tutela degli interessi dei lavoratori, come parti più deboli del rapporto di lavoro; mentre, poi, l’autonomia sindacale e contrattuale contribuisce alla disciplina del lavoro con ulteriori specificazioni di dettaglio). 3. La norma giuridica. La norma giuridica — a cui dedicheremo la nostra attenzione — è soltanto quella stabilita dal diritto, ben sapendo che esistono altre norme (sociali, religiose, morali, ecc.) che completano, in diverso grado e intensità, la nostra «esperienza normativa» nella vita di tutti i giorni. La norma giuridica è una particolare «proposizione prescrittiva» attraverso la quale l’«ordinamento giuridico» stabilisce le sue «regole». Essa presenta i caratteri della «generalità» e «astrattezza», in quanto si rivolge ad una generalità di destinatari (salva la possibilità di c.d, «leggi-provvedimento», attraverso cui si vuole disciplinare un singolo caso, come la costituzione di un certo ente pubblico, ecc.), con la previsione di una «ipotesi astratta» riferibile non ad uno specifico caso concreto, ma ad una serie di possibili casi riconducibili a quella ipotesi normativa prevista. Inoltre, è dotata di «imperatività», in quanto l’«ordinamento statale» impone le sue regole, molte delle quali sono poi garantite dalla minaccia di una sanzione (che può essere civile, penale o amministrativa, vale a dire una ben definita «conseguenza» come reazione da parte dell’ordinamento giuridico alle violazioni delle sue norme). Le norme giuridiche possono essere variamente classificate. Ad esempio — rispetto al loro contenuto — possono essere: precettive (che contengono dei comandi), proibitive (che contengono dei divieti), permissive (che contengono delle facoltà). Le norme perfette sono, poi, quelle dotate di specifica sanzione (come le norme penali), mentre quelle imperfette non sono munite di sanzione, e quelle men che perfette prevedono sanzioni non completamente adeguate rispetto al bene tutelato. Non bisogna, poi, confondere il piano testuale della norma scritta con il suo reale significato: in effetti l’esatta (e difficile) individuazione del significato di quel testo è ricavato dalla sua «interpretazione» tra le varie possibili (e inevitabili) letture. 25


PARTE I - NORMA E ORDINAMENTO GIURIDICO

Per diritto positivo, infine, si intende l’insieme delle norme vigenti da cui è costituito ogni ordinamento giuridico; mentre per diritto naturale — variamente inteso a seconda delle concezioni filosofiche, religiose o morali — ci si riferisce ad un diritto sovraordinato (rispetto ai singoli ordinamenti) il quale, seppur non sempre fornito da evidenti e univoche norme, costituisce comunque — attraverso i suoi principi-guida — un costante monito al legislatore affinchè il contenuto del diritto positivo non diventi espressione di arbitraria irrazionalità (a questo riguardo — rispetto al concetto di «diritto naturale», inteso come diritto non creato dall’uomo, ma iscritto nella sua stessa natura — è molto interessante la recente prospettiva, sul diritto e la giustizia, indicata da Papa Benedetto XVI — nel discorso tenuto al Parlamento federale tedesco il 22 settembre 2011 — il quale ha dichiarato che «contrariamente ad altre grandi religioni, il cristianesimo non ha mai imposto allo Stato e alla società un diritto rivelato ... Ha invece rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del diritto ... I teologi cristiani si sono associati ad un movimento filosofico e giuridico che si era formato sin dal sec. II a.Cr. Nella prima metà del secondo secolo precristiano si ebbe un incontro tra il diritto naturale sociale sviluppato dai filosofi stoici e autorevoli maestri del diritto romano; … ‘dal cui’ legame precristiano — tra diritto e filosofia — parte la via che porta, attraverso il Medioevo cristiano, allo sviluppo giuridico dell’Illuminismo fino alla Dichiarazione dei Diritti umani»). 4. Gli ordinamenti giuridici. Una determinata norma è prodotta dalla complessa organizzazione che costituisce l’ossatura di quel certo ordinamento giuridico, il quale è appunto costituito dal complesso di norme e istituzioni che regolano la vita dei singoli e dell’intera società organizzata; che richiede, oltre all’aspetto istituzionale fondativo, anche una adesione da parte dei singoli, i quali devono effettivamente osservare quelle regole («principio di effettività»), o almeno riconoscerle legittime (dal momento che, ovviamente, è inevitabile che in ogni collettività non tutte le norme vengano osservate o rispettate). Inoltre, ogni ordinamento giuridico tende ad essere «sistematico», nel senso che tende a costruire un sistema chiuso e completo, con i conseguenti e inevitabili problemi relativi alla c.d. lacune del diritto (dal momento che è impossibile disciplinare compiutamente qualunque condotta). Altro problema è quello del rapporto tra i vari ordinamenti: che possono essere di «coordinazione», di «subordinazione» o di «separazione» (a seconda che i loro rapporti siano paritari oppure abbiano un diverso grado di validità); e così 26


CAP. I - LO STUDIO DEL DIRITTO

dell’eventuale «rinvio» di un ordinamento all’altro, oppure dei loro rapporti «temporali», «spaziali» o «materiali» (ad esempio: due ordinamenti possono avere in comune l’ambito spaziale e materiale ma non quello temporale, come accade nella successione nel tempo di due ordinamenti statali nello stesso territorio; oppure possono avere in comune l’ambito temporale e spaziale, ma non quello materiale, come accade nel rapporto tra ordinamento statale e l’ordinamento della Chiesa; o due ordinamenti possono avere in comune l’ambito temporale e materiale, ma non quello spaziale, come accade fra due stati contemporanei). È bene anche ricordare come alla base di ogni «gruppo organizzato» vi sia la naturale predisposizione dell’uomo alla collaborazione e condivisione di comuni obiettivi, per cui si registrano storicamente varie forme di «collettività» (partiti, sindacati, associazioni, Chiese, ecc.). Sicuramente, dopo questi rapidissimi cenni generali, occorre focalizzare l’attenzione sull’«ordinamento giuridico statale» che è quello più importante. Esso può essere inteso come l’ordinamento giuridico «originario» e «sovrano» (cioè indipendente, autonomo e dotato del monopolio della forza), a «fini generali» (quindi non settoriali o, almeno, che non si esauriscono soltanto in essi) che esercita il «potere politico» su un determinato territorio «cui sono subordinati obbligatoriamente i soggetti ad esso appartenenti». Con l’ovvia avvertenza che anche l’ordinamento statale non è immutabile, ma è il risultato (tendenzialmente aperto) delle spinte sociali e politiche che si sviluppano tra i membri di quella collettività. 5. Il diirtto pubblico e materie collegate. La materia «istituzioni di diritto pubblico» coincide quasi totalmente con il «diritto costituzionale», dal momento che tratta gli stessi temi (sostanzialmente «principi organizzativi» dello Stato e sue «Istituzioni» da un lato e «regime complessivo delle libertà» dall’altro), a cui tradizionalmente aggiunge alcuni capitoli relativi all’attività della «pubblica amministrazione». In questo modo — forse più panoramicamente — è possibile fornire un quadro generale dei principi e degli istituti del «diritto pubblico» anche se, in qualche modo, con un taglio più «schematico». Diverse sono, dunque, le materie affini a questo insegnamento (premesso che la Costituzione fissa importanti principi orientativi per qualunque ramo del diritto): il «diritto costituzionale comparato» e il «diritto pubblico comparato» (il primo confronta le varie «forme di governo» dei vari Stati presi in considerazione; mentre il secondo si sofferma anche sulla comparazione delle principali istituzioni amministrative); il «diritto parlamentare» (che studia l’organiz27


PARTE I - NORMA E ORDINAMENTO GIURIDICO

zazione interna delle Camere e la loro attività); il «diritto regionale» (che si occupa degli organi della regione e della sua organizzazione amministrativa, come delle sue funzioni e dei rapporti con lo Stato e gli enti locali); il «diritto ecclesiastico» (che studia le manifestazioni, giuridicamente rilevanti, del fenomeno religioso e così dei rapporti tra Stato e «confessioni e/o istituzioni religiose»); la «filosofia del diritto» (volta ad indagare i problemi fondamentali del diritto e la storia dell’esperienza giuridica); la «sociologia del diritto» (che studia il ruolo del diritto nella società, attraverso la conoscenza dei fatti sociali da cui deriva e dei cambiamenti sociali che provoca); la «storia del diritto italiano» (che cerca di interpretare il complesso sviluppo delle esperienze giuridiche che si sono succedute nel tempo, cogliendone i tratti caratteristici, per consentire al giurista di mettere in crisi le proprie troppo assolute certezze di diritto positivo, «o almeno costringerlo a guardare in controluce quelle certezze»); il «diritto amministrativo» (che tratta della disciplina giuridica delle amministrazioni pubbliche e dei loro rapporti con i cittadini); il «diritto internazionale» «pubblico» e «privato» (che studia la disciplina giuridica dei rapporti tra gli Stati e gli altri soggetti internazionali, oppure la disciplina dei rapporti interindividuali tra cittadini di diversi Stati).

28


CAPITOLO II Lo Stato: nozioni generali

1. La legittimazione del potere politico. Come ho già accennato, qualsiasi ordinamento non è fisso e immutabile perchè subisce di continuo (in modo apparente o più nascosto, in modo diretto o indiretto) le spinte e le controspinte (ideologiche, etiche, culturali, sociali, economiche) dei propri componenti e, soprattutto, della propria «classe dirigente». Di conseguenza l’«ordine costituito» attuale di un ordinamento può essere nato da un «moto rivoluzionario» che ha riformato l’«ordine» precedente, oppure un futuro «movimento» può modificare pesantemente quello attuale. Le società politiche hanno storicamente assunto le forme più diverse (dalle comunità primitive, allo stato pluralista moderno), nella cui linea evolutiva è possibile forse rintracciare l’aspirazione di ceti sempre più vasti a voler partecipare, in qualche misura, alla gestione del «potere». Il «potere politico» è pertanto quella tipologia di «potere sociale» che riesce a imporre il proprio «Indirizzo politico» generale, potendo anche contare sulla «forza pubblica». Il «potere sociale», invece, (che può ulteriormente distinguersi, a seconda delle risorse impiegate, in «potere economico», «potere ideologico», «potere dell’informazione», con eventuali mix tra questi) esprime la semplice (anche se, talvolta, decisiva) capacità di influenzare il comportamento o il pensiero degli altri. Il potere politico — di cui rappresenta l’esperienza tipica lo Stato — non si basa soltanto sulla «forza» ma, soprattutto nella sua prima fase di affermazione, su una determinata forma di «consenso». Pertanto, il potere politico ha bisogno di un «principio di giustificazione» dello stesso che ne legittimi la sua esistenza; ed il potere attribuito alle Istituzioni non deve degenerare in un «abuso» a scapito della libertà dei cittadini. Il «costituzionalismo» ha avuto proprio il ruolo di sottoporre il potere politico a dei limiti giuridici, con il risultato di 29


PARTE I - NORMA E ORDINAMENTO GIURIDICO

contribuire all’affermazione dello «Stato di diritto»: per cui «tutti» — anche chi esercita il potere — sono sottoposti alle medesime regole. Il «principio di legalità» (per cui nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso); la «separazione dei poteri» (legislativo, esecutivo, giurisdizionale); le varie «garanzie costituzionali» di libertà hanno permesso così di arrivare ad una maggior affermazione dello Stato di diritto. L’attuale democratizzazione, infine, con il solenne riconoscimento della «sovranità popolare», ha consentito di sottoporre il «potere legittimo» non soltanto a delle regole certe, ma al «controllo» del libero «consenso popolare» (seppur sapientemente «dosato» dall’art. 1 Cost., per cui «la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione», anche per evitare derive «plebiscitarie» e la c.d. «tirannia della maggioranza»). 2. Alcuni cenni sulla nascita dello Stato moderno. Dopo l’esperienza medioevale basata sul sistema feudale — nel quale il rapporto personale di potere tra signore e vassallo si ripercuoteva sul feudo a lui assegnato, in una «confusione» tra sorte del singolo feudatario e abitanti di quei villaggi — attorno al XV e fino al XVII secolo si consolidò nell’Europa occidentale (Francia, Inghilterra, Spagna) quel particolare sistema di «organizzazione politica» e di «accentramento del potere» che diede forma allo stato moderno. Esso costituisce una «comunità politica» — formata da un popolo stanziato su un determinato territorio e organizzato come «persona giuridica» collettiva, e titolare di un potere sovrano, capace di garantire l’ordine interno e la difesa esterna — improntata ad una «visione tecnica e mondana del potere del principe». E per l’esercizio concreto del potere — soprattutto in funzione dell’esigenza di garantire e rappresentare il «monopolio della forza legittima» — si coagulano sempre più strutture burocratiche e nuovi «apparati» (tra cui, ad esempio, l’«organizzazione di una diplomazia permanente»). Si registra così l’affermarsi di solidi stati monarchici, che si sforzano di imporsi ai propri sudditi in contrapposizione all’«anarchia feudale» prima esistente. Piuttosto avanzata — già intorno alla seconda metà del XII secolo — fu la monarchia inglese che prevedeva un tribunale per tutti i sudditi — laici ed ecclesiastici — oltre ad una amministrazione finanziaria basata sul principio dell’obbligatorietà universale dei tributi, senza distinzione di ceti privilegiati. In seguito, ad opera della I rivoluzione inglese (1640) vennero riaffermati alcuni importanti principi del sistema costituzionale inglese, fra cui l’inviolabilità della persona ed il divieto di imposizione fiscale arbitraria del 30


CAP. II - LO STATO: NOZIONI GENERALI

re; finchè con la II rivoluzione si garantì il controllo del parlamento su tutta l’attività del governo. Senonchè — sempre in Inghilterra — il pensatore Tommaso Hobbes arrivò ad affermare la c.d. «teoria contrattualistica dello Stato» (1651), secondo cui il fondamento dello stato nasceva da una specie di contratto stipulato dagli uomini, con il quale essi rinunciavano alla «propria forza» affidandola al potere assoluto. E via via, partendo da questa concezione, si arrivò all’idea dei «diritti umani», «altrettanto innati nell’uomo dell’esigenza di costituirsi in società, i quali non potevano interamente essere soppressi dall’autorità dello Stato». A seguito, infine, della «rivoluzione industriale» (seconda metà del settecento), del grande apporto dei pensatori dell’illuminismo, della «Dichiarazione di indipendenza americana» (1776) e della «rivoluzione francese» (1789) si consolidarono i moderni principi di libertà e di uguaglianza e, dopo il periodo napoleonico e la parentesi di restaurazione (che volle abbattere tutte le conquiste della Rivoluzione e di Napoleone), si giunse ai moti rivoluzionari del 1820-21 (che, pur fallendo in pratica, ebbero il grande merito di evidenziare la debolezza dei regimi conservatori). Dopo questa sommaria indicazione di alcune principali tappe della nascita dello stato moderno (che non può certamente tener conto della complessità dei fenomeni storici citati, in considerazione anche del fatto che l’evoluzione di questi processi — con gli inevitabili alti e bassi — non è certo semplice e lineare), è appena il caso di ricordare alcune significative date riguardo la nascita dello Stato italiano. I moti del 1831 — pur avendo avuto una base sociale più allargata rispetto a quelli del 1820-21 — rivelarono la crisi delle società segrete (in particolare della Carboneria). La «Giovine Italia» mazziniana — pur esprimendo un progetto politico di alto profilo morale (per cui Mazzini contrappose «ai diritti dell’uomo, affermati dalla Rivoluzione francese, i doveri degli uomini, rinnovando il rigorismo morale dei giansenisti») — non riuscì a raggiungere il vasto popolo dei contadini, compromettendone, in tal modo, il successo insurrezionale. Di certo, però — anche per il contributo del prete piemontese Vincenzo Gioberti, con la sua opera «Del primato civile e morale degli italiani» — si fece strada, anche in ambienti conservatori e aristocratici, l’idea di una Italia indipendente e unita. E così pure si affermò l’idea — decisamente più moderata — di una «monarchia costituzionale» e di una «federazione» tra i vari Stati italiani (pur di varia e diversa impostazione politica). Cesare Balbo (con il suo libro «Le speranze d’Italia del 1844) affermò che occorreva indurre l’Austria ad abbandonare il Lombardo-Veneto, favorendo il coagularsi di una forte potenza militare italiana (che poteva essere realizzata attorno a Carlo Alberto di Savoia, con l’autorità morale del papa; a cui, invece, si contrappose, una 31


PARTE I - NORMA E ORDINAMENTO GIURIDICO

ok?

corrente «neoghibellina» che valutava il papato un grosso ostacolo all’unificazione italiana). Il regno di Sardegna, nel frattempo, con il re Carlo Alberto (dal 1831 al 1849), pur mantenendosi in una linea conservatrice non mancò di introdurre un certo rinnovamento amministrativo, cercando anche di non impedire la diffusione delle idee dei liberali moderati. Il 4 marzo 1848 — superando gli altri Stati italiani — promulgò anche lo Statuto. Nella politica estera (dopo una linea di intesa con l’Austria), si cercò di ridurre i rapporti di cordialità con l’Austria fino a metterli in crisi (per una questione doganale). Ed il conflitto commerciale si trasformò ben presto in conflitto politico, «che vide il pieno appoggio dell’opinione pubblica piemontese al comportamento del re» ... Conservatori e liberali si trovarono uniti intorno a Carlo Alberto, assurto a campione di un nuovo spirito d’indipendenza». Il figlio, Vittorio Emanuele II, arrivò a far approvare dal parlamento il trattato con l’Austria (5 gennaio 1850), riuscendo ad ottenere buone condizioni di pace e a non compromettere le riforme costituzionali del Piemonte e, soprattutto, a salvare la possibilità che «casa Savoia aveva di portare a termine la sua missione nazionale». Nel 1852 chiamò alla presidenza del consiglio il Cavour (nonostante la sua simpatia per il d’Azeglio). Forte dell’alleato francese, il Piemonte riprese ad attaccare l’Austria finchè si arrivò all’armistizio. In seguito il re appoggiò segretamente la «spedizione dei mille» (in contrasto con Cavour) e Garibaldi potè finalmente salutare a Teano Vittorio Emanuele II come re d’Italia (il 26 ottobre 1860), venendo poi formalmente proclamato tale mercoledì 17 aprile 1861 dalla Camera dei deputati del regno d’Italia (con 174 voti contro 58). Il ruolo di Cavour è stato — comunque — determinante (famoso resta il «connubio»: alleanza politica tra «centro-destra» e il «centro-sinistra» capeggiato da Urbano Rattazzi), in quanto riuscì a «coordinare l’iniziativa dinastica dei Savoia con il problema dell’unificazione nazionale» e a porre le basi per la trasformazione dell’Italia in una nazione moderna. Finchè, il 21 ottobre 1866 si svolse il plebiscito per l’annessione del Veneto al Regno d’Italia (in seguito alla vittoriosa «terza guerra di indipendenza»); ed il 20 settembre 1870 — con la «breccia di Porta Pia» (che comportò la fine del potere temporale del papato, e la realizzazione più matura delle aspirazioni patriottiche del Risorgimento) — si gettano le basi affinchè Roma diventi (il 1 luglio 1871) la capitale d’Italia. Mentre, il 4 novembre 1918, finisce per l’Italia la Prima guerra mondiale, con il completamento dell’unità territoriale e l’annessione del Trentino, l’Alto Adige e la Venezia Giulia e l’Istria. Infine — rapidamente, per completare le ultime significative tappe fino ai nostri giorni — ecco alcune fondamentali date. Dopo la caduta del quinto 32


CAP. II - LO STATO: NOZIONI GENERALI

e ultimo governo di Giovanni Giolitti (giugno 1921) — dimessosi per le nuove elezioni — i successori Bonomi e Facta non riuscirono ad affrontare i gravi problemi sociali ed economici del paese e, soprattutto, a contenere in un alveo costituzionale il crescente movimento fascista, capeggiato da Benito Mussolini; il quale dopo la minaccia, con la marcia su Roma, di prendere il potere con la forza (28 ottobre 1928) ottenne l’incarico, dal re Vittorio Emanuele III, di formare il nuovo governo. Nel gennaio 1939 venne sostituita la camera dei deputati con la «camera dei fasci e delle corporazioni», operandosi anche la soppressione del pluralismo dei partiti, e così di alcune fondamentali libertà. Il 10 giugno 1940 l’Italia entra, a fianco della Germania, nella seconda Guerra mondiale (formandosi poi l’Asse «Roma, Berlino, Tokyo»), rivelando però «tutte le debolezze intrinseche del fascismo, la sua negligenza e la sua corruzione, la sua insincerità e la sua mancanza di spirito critico». Finchè il 13 luglio 1943 l’esercito americano e inglese sbarcò in Sicilia, mentre i partiti antifascisti si riorganizzarono contro il nazifascismo. La caduta del regime — avvenuta il 25 luglio 1943 — iniziò con l’ordine di arresto ad opera del re Vittorio Emanuele III nei confronti di Benito Mussolini, con la sostituzione a capo del governo del maresciallo Badoglio. Tralasciando le varie convulse fasi di questo periodo (che videro — ad esempio — il tentativo di formazione di un nuovo governo fascista a Salò il 23 settembre 1943, dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943, con la successiva dichiarazione di guerra all’ex alleato tedesco il 13 ottobre 1943 ad opera del governo Badoglio, ricostituitosi a Brindisi), si arrivò alla rioccupazione di Roma — 4 giugno 1944 — con il passaggio di tutti i poteri regi, dopo la rinuncia definitiva del re al loro esercizio, al principe Umberto di Savoia nominato «luogotenente generale del regno». Il primo Ministro Ivanoe Bonomi (presidente del Comitato di Liberazione Nazionale, CLN, di Roma) — in sostituzione del dimissionario Badoglio — formò così, nel giugno 1944, un governo sostenuto dai sei partiti antifascisti. Con il decreto luogotenenziale del 25 giugno 1944, n. 151 venne presa la decisione di convocare una «assemblea costituente» per decidere sulla nuova costituzione, e venne altresì raggiunta una «tregua istituzionale» tra monarchia e i partiti riuniti nei comitati di liberazione, affinchè non venisse pregiudicata la soluzione della questione istituzionale, che verrà affidata alla futura decisione del popolo. A questo riguardo, il 9 maggio 1946, a meno di un mese dalle elezioni e dal referendum istituzionale, ci fu la vera e propria abdicazione di re Vittorio Emanuele III (che partì per l’Egitto con la regina Elena) a favore del principe ereditario Umberto II, che determinò, per alcuni, una violazione della concordata «tregua istituzionale», mentre per altri — ridimensionando la vicenda — si trattò di un «fatto interno a casa Savoia». (Come è 33


PARTE I - NORMA E ORDINAMENTO GIURIDICO

noto Umberto II — soprannominato «re di maggio» — lasciò l’Italia il 13 giugno 1946, partendo da Ciampino e diretto in Portogallo. Celebre questa sua frase: «La repubblica si può reggere con il 51%, la monarchia no. La monarchia non è un partito ... deve essere un simbolo caro o non è nulla»). Dopo l’insurrezione generale del 25 aprile 1945, i partigiani catturarono Mussolini, che verrà fucilato il 28 aprile 1945, mentre il giorno successivo le forze tedesche si arresero incondizionatamente. Dopo il gabinetto Parri, si formò (dicembre 1945) il governo De Gasperi (come «governo provvisorio», e non più come organo dello stato monarchico agganciato allo Statuto albertino), con il delicato compito di preparare le prime libere elezioni (venne anche nominata dal governo una «consulta nazionale» di 430 membri, su designazione di varie associazioni, per conferire maggior rappresentatività agli organi governativi, in attesa delle elezioni). Esse si svolsero il 2 giugno 1946: affidando, contemporaneamente alle elezioni per la Costituente, la scelta preliminare tra «monarchia» e «repubblica» ad un «referendum popolare» (secondo il successivo decreto luogotenenziale del marzo 1946, il cui esito, proclamato ufficialmente il 18 giugno dalla Corte di Cassazione, consacrò la vittoria della repubblica con 12.717.923 voti, contro 10.719.284 voti per la monarchia). Nelle elezioni, invece, per l’Assemblea costituente questi furono i risultati: la democrazia cristiana ottenne 207 seggi (con più di 8 milioni di voti), il partito socialista di unione proletaria ottenne 115 seggi, e il partito comunista ottenne 104 seggi. L’Assemblea — riunitasi il 25 giugno 1946 — elesse il 28, come capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, il quale incaricò Alcide De Gasperi di formare il primo governo repubblicano. La Costituente approvò la nuova Costituzione il 27 dicembre 1947 (sulla base di un testo redatto da una ristretta Commissione formata da 75 membri, in massima parte non anziani) ed entrò in vigore il 1° gennaio 1948. Il 18 aprile 1948 verrà, invece, eletto il primo Parlamento della Repubblica italiana; mentre l’11 maggio 1948 verrà eletto Presidente della Repubblica Luigi Einaudi. La disposizione transitoria XIII vieterà agli ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi l’ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale; disposizione che è stata successivamente abrogata dalla legge Cost. 23 ottobre 2002, n. 1. 3. Le forme di Stato. Lo stato, storicamente, ha assunto e assume varie forme, nelle quali vengono variamente miscelati gli elementi fondanti della struttura statale e dove viene anche elaborata la sua stessa «filosofia» riguardo al rapporto con i cittadini (al rapporto cioè — come si dice oggi — tra «palazzo» e «so34


CAP. II - LO STATO: NOZIONI GENERALI

cietà civile»). La nozione di «forma di stato» (con la quale ci si riferisce al rapporto generale «fra governanti e governati») si differenzia da quella simile di «forma di governo», con la quale si intendono più specificamente le modalità attraverso cui il «potere» è distribuito tra i vari organismi dello «Statoapparato» (detto anche «Stato persona», che è il complesso degli organi istituzionali, rispetto allo «Stato-comunità», che è l’insieme dell’organizzazione sociale; mentre lo «Stato ordinamento» è sostanzialmente la somma dei due aspetti precedenti). Inoltre, occorre ricordare che l’organizzazione burocratica dello Stato si articola in diverse strutture e articolazioni: gli «uffici», che sono «unità strutturali di base» — semplici o complesse — che comprendono persone, beni e strumenti volti a garantire un certo servizio; gli «organi», che sono «uffici di vertice» che esercitano funzioni e poteri che impegnano, verso l’esterno, l’ente che rappresentano (che possono, ancora, suddividersi ad esempio: in organi individuali o collegiali, a seconda che siano composti da una o più persone; rappresentativi o non rappresentativi, a seconda che i titolari siano o meno eletti; attivi, consultivi o di controllo, a seconda che abbiano potere decisionale, consultivo o di verifica). Tornando alle forme di Stato, sicuramente l’individuazione e lo studio di questi «modelli» (con l’avvertenza che essi esprimono un concetto più teorico, frutto della comparazione tra i vari sistemi costituzionali effettivamente esistenti, per ricavarne un’immagine riassuntiva delle caratteristiche comuni o più ricorrenti o caratterizzanti) può essere utile sia per cogliere i tratti significativi e distintivi di ciascun «modello costituzionale» — per verificarne i meccanismi istituzionali di funzionamento, il suo impatto sociale nonchè le condizioni storiche che hanno originato quel fenomeno — e sia per offrire all’interprete un possibile orientamento coerente alla logica di quel certo «modello». Varie sono, dunque, le classificazioni con cui sono state definite le principali forme di Stato e di Governo (ad esempio — per capire concretamente la differenza tra le due definizioni — un conto è parlare di «Stato liberale», o di «Stato assoluto» e un conto è parlare di «governo presidenziale» o di «governo parlamentare»). 4. Segue: lo Stato assoluto. Lo «Stato assoluto» si caratterizza per l’esistenza di un potere sovrano concentrato nella figura del re, il quale detiene sostanzialmente la funzione legislativa ed esecutiva, e condiziona pesantemente quella giudiziaria nominando i giudici. Si è sviluppato nell’Europa del quattrocento e cinquecento, ed era imperniato sulla volontà del re come fonte primaria di diritto. Ovvia35


PARTE I - NORMA E ORDINAMENTO GIURIDICO

mente vi sono state diverse modalità di «assolutismo regio», a seconda del rapporto tra nobiltà e corona, a seconda della tradizione storico-giuridica e della rilevanza dei vari ceti (e quindi del ruolo dei vari «parlamenti» medioevali). Si passa così da forme di «assolutismo illuminato» a forme di più dura concentrazione del potere regio. Esemplari espressioni del primo tipo furono il regno di Maria Teresa d’Austria (1717-1780), la quale intraprese numerose riforme (ed alla quale si deve, ad esempio, la fortuna dell’Università di Pavia, con la serie di grandi investimenti effettuati — e poi proseguiti dal figlio Giuseppe II — e la lungimirante politica accademica di invitare i migliori professori dell’epoca); e quello di Pietro Leopoldo di Toscana (17651790), al quale si deve l’abolizione della pena di morte con l’approvazione del nuovo codice penale del 1786 (recependo così i principi del grande giurista e illuminista milanese Cesare Beccaria — contro la tortura e la pena di morte — contenuti nella sua famosissima opera «Dei delitti e delle pene» del 1764). Tipica, invece, del secondo la Corte di Versailles del re sole, Luigi XIV, che rappresentò il trionfo dell’assolutismo monarchico. Si è parlato anche di «Stato di polizia» (a cui sono riconducibili gli stessi regni di Maria Teresa d’Austria e di Giuseppe II), con il quale si intende uno Stato volto ad accrescere il benessere dei sudditi, in base ad alcuni principi giusnaturalistici (da non confondere con lo «Stato poliziesco», nel quale vige lo strapotere delle forze di polizia nel controllo della popolazione). 5. Segue: lo Stato liberale. 5. Dopo l’esperienza dello Stato assoluto (e anzi a seguito della sua crisi) nasce lo «Stato liberale». Esso si sviluppa dopo le rivoluzioni francese, inglese e americana tra fine settecento e inizio ottocento, con il progressivo affermarsi — sia a livello politico che economico — della borghesia. I caratteri essenziali di questa forma di Stato — che, ovviamente, presenta varie concrete esperienze storiche — sono: la libertà e l’autonomia dei singoli (con una finalità generale garantista proprio a favore dei singoli e non dei «gruppi» o «corpi» nei quali essi si trovavano inseriti, come avveniva nella società medioevale); il principio rappresentativo (con la rappresentatività delle assemblee legislative estesa a tutta la nazione, seppur con le restrizioni dovute alle leggi elettorali che, di fatto, limitavano le categorie di persone aventi il diritto di voto); la «separazione dei poteri» (con una chiara suddivisione dei vari poteri — legislativo, esecutivo e giudiziario — per un loro bilanciato reciproco controllo); il «principio di legalità», per cui sia le potestà pubbliche e sia la tutela dei diritti sono affidate soltanto alla legge (con la tendenza alle codificazioni scritte). 36



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.