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L’emozione non ha il wi-fi

Cosa dobbiamo aspettarci dalla ripresa degli eventi “in presenza” nel mondo B2B? Siamo disposti a rivivere le stesse dinamiche di prima, o la pandemia ha cambiato profondamente il nostro modo di incontrarci e fare business insieme? E quale approccio può rivelarsi davvero vincente? Ne abbiamo parlato con Cristina Cortellezzi, anima di Pinkommunication.

A cura della REDAZIONE Vernissage di BRL 2019 - Ph. Moorigo Studio

C’è stato un tempo in cui tutti avevamo l’agenda stracolma di inviti a convegni, fiere, presentazioni, open house, tanto da dover fare una scelta non potendo partecipare a tutto. Poi abbiamo vissuto parecchi mesi in cui, giocoforza, tutta questa mondanità è migrata nel web. Visi e sorrisi hanno popolato i nostri device in lunghe ore passate a fissare un monitor per “partecipare” a eventi di vario genere. Abbiamo ascoltato relatori, abbiamo preso parte attivamente a meeting, abbiamo anche provato a visitare fiere virtuali, popolate da pochi fiduciosi espositori e pochissimi visitatori spaesati. E ora cosa succederà?

Buffet a parte, gli eventi ci sono davvero mancati?

Sicuramente la risposta potrebbe essere variegata, anche in base alla voglia di socializzare dei singoli. Questo vale per il “faccio cose, vedo gente” tanto in voga nella Milano da bere. Ma qui stiamo parlando di eventi aziendali, con finalità commerciali e comunicative. Eventi in cui le aziende incontrano i loro stakeholders, per presentare novità a vario titolo: l’ampliamento della compagine societaria, la sede futuristica, il reparto produttivo riorganizzato in chiave Industry 4.0, prodotti e servizi innovativi. Alla base di ogni evento c’è, o quantomeno dovrebbe esserci, prima di tutto un contenuto da trasferire.

Chi sono i destinatari di questi contenuti?

L’evento non è per tutti, ma deve essere pensato e organizzato per un target specifico: clienti fidelizzati, partner istituzionali, prospect, influencer, giornalisti, dipendenti e collaboratori. Ci sono eventi in cui però non si possono coinvolgere contempora- neamente target diversi. Anzi, sarebbe meglio selezionare un singolo pubblico per ogni evento, così da confezionare il contenuto con il giusto linguaggio, i tempi più adatti, gli interlocutori aziendali dedicati. Dopo mesi e mesi di digital, finalmente da qualche tempo hanno iniziato ad arrivare inviti con la scritta ben sottolineata “in presenza”. Il concetto più evidenziato in questi inviti è proprio la possibilità di parteciparvi dal vivo, come se questo fosse già il valore dell’evento stesso. L’immancabile dicitura “Il meeting sarà fruibile anche in streaming” sta diventando sempre più piccola, quasi un dovere morale e non più un plus. Ormai lo sappiamo, il new normal per l’event industry è phygital, una modalità che probabilmente si sarebbe raggiunta comunque, ma che sicuramente la crisi sanitaria ha velocizzato, rendendola oltremodo necessaria. Con vantaggi che abbiamo potuto sperimentare direttamente. Il tempo è uno dei beni più preziosi che abbiamo, e la possibilità di ottimizzarlo partecipando virtualmente a un evento senza spostarsi dall’ufficio in certe occasioni può anche essere la soluzione più efficace.

E allora perché questo entusiasmo di tornare alla fisicità?

Non credo sia la voglia di guidare, trovare parcheggio e doversi agghindare in base alle circostanze. Personalmente ritengo che il “digitale” abbia totalmente fatto perdere uno degli ingredienti fondamentali di un evento di successo: l’emozione. In oltre vent’anni di attività nel mondo della comunicazione, ho partecipato ma soprattutto ho contribuito all’ideazione e all’organizzazione di tantissimi eventi di varie tipologie, partendo dalla classica conferenza stampa con sedie a platea fino ai viaggi

Cristina Cortellezzi

Fondatrice e anima di Pinkommunication, agenzia tutta al femminile che offre consulenza strategica per progetti di comunicazione integrata, Cristina Cortellezzi per presentarsi lascia la parola ad alcuni clienti con cui ha collaborato negli anni: «Cristina appartiene a una specie di Foemina Komunicatrix Milanensis particolarmente evoluta. Quando abbiamo avuto bisogno di una Guida nell’Inferno dantesco della comunicazione, ci siamo rivolti a lei – una specie di Virgilio e Beatrice messi assieme – ed è stata Divina», ha detto Patrizio Roversi, Turisti per caso. «In 20 giorni, sotto Ferragosto, abbiamo organizzato una press conference a cui hanno partecipato un centinaio di giornalisti: un successone! Non solo comunicazione, ma tante idee e proposte per lo sviluppo dell’attività» è il feedback lasciato da Andrea Vai, Lidl Italia. «Capacità di proporre contenuti che si sanno “far leggere” nell’affollato mondo dell’informazione. Tutto questo condito da uno staff disponibile e sorridente, dote rara nel mondo frenetico della comunicazione» ha detto Vittorio Neri, Roland.

Nel business, come nella vita, gli affari migliori si fanno quando c’è l’amore.

Sweet Table allesitito da Pinkommunication per la conferenza stampa Candyland

incentive, passando per seminari, convegni, inaugurazioni, happening in chiave PR. Quando sei all’inizio della tua carriera professionale, ogni novità è elettrizzante, anche il seminario più ammorbante. Ma è “la prima volta” che porta con sé quel brivido di novità. Poi col passare degli anni le situazioni si ripetono e l’invito a certi eventi diventa stimolante quanto il matrimonio della cugina antipatica a cui dovrai partecipare per forza.

L’eccitazione per il ritorno alla presenza è un fuoco fatuo che si spegnerà velocemente?

Io non credo che sarà così, per vari motivi. La socialità ci è mancata, ma soprattutto in questa inedita realtà in cui ci siamo ritrovati, abbiamo avuto il tempo di pensare cosa avesse veramente valore per noi, per la nostra vita privata e per quella professionale. E le relazioni sono una componente fondamentale anche del fare impresa. Oggi sicuramente i tool tecnologici che abbiamo a disposizione permettono di connettersi con estrema facilità. Ma questo non basta. Non basta perché nel business, come nella vita, gli affari migliori si fanno quando c’è l’amore. E per amore intendo quell’innamoramento che ci fa scegliere un prodotto, un servizio, un socio, la proposta di un venditore piuttosto che dell’altro. Non per niente nel marketing si parla di love brand, marchi capaci di creare una relazione unica con il proprio target, garantendosi fedeltà oltre l’aspetto razionale. E quando si diventa il marchio del cuore, si vince la guerra dei prezzi. Per fare un parallelismo romantico, così come il colpo di fulmine ad una cena tra amici in una calda sera d’estate non potrà mai essere sostituito da una chat d’incontri, allo stesso modo l’evento online non potrà a mio parere mai eguagliare l’impatto e il ricordo di un evento in presenza. Ma, c’è un ma. L’evento, per essere efficace, deve essere studiato nei minimi dettagli, deve essere targettizzato e deve comunicare un contenuto di valore. E ancora, o forse, e soprattutto, deve trasferire un’emozione così che faccia scattare quella scintilla tra il pubblico e la marca. Per questo negli anni ho iniziato a proporre eventi dove al trasferimento di un contenuto venisse associata un’esperienza leisure finalizzata a creare, alimentare e custodire la relazione tra il brand e gli ospiti.

A grandi emozioni devono corrispondere grandi budget, o l’emozione non ha prezzo?

A fare la differenza è l’unicità dell’esperienza. Non servono necessariamente lussi e fasti. Ho avuto modo di sperimentare personalmente il divertimento degli ospiti nel maneggiare più o meno abilmente la pasta di zucchero durante un corso di cake design, l’impegno nel realizzare un sushi floreale, l’animo competitivo nell’ideare il panino gourmet più originale per vincere un pallone da spiaggia. Esperienze che creano un ricordo che gli ospiti assoceranno al brand. Quindi certamente sì, che tornino gli eventi in presenza, ma che siano ben organizzati, con i giusti tempi in base alla tipologia di ospiti, con contenuti interessanti conditi da momenti che facciano innamorare creando valore per la marca e per l’azienda che duri nel tempo.

Dillo con una pianta

di ROBERTA RAGONA

Maggiore cura degli spazi quotidiani, la voglia di portare la natura dentro casa e una particolare attenzione alla sostenibilità. Ecco la ricetta di un trend in crescita: l’acquisto e la cura delle piante, un piccolo lusso che gratifica nuove fasce di consumatori e che ingaggia le aziende specializzate in sfide creative per packaging belli e funzionali. Ne abbiamo parlato con Be.Green, Flob e P-love, aziende attive nell’e-commerce del settore florovivaistico.

Il 2020 ha segnato un “prima” e un “dopo” con cui continueremo a lungo a confrontarci. In pochi settori, però, il rapporto tra le due fasi è complesso e sfaccettato come nell’ambito dell’orticoltura e del florovivaismo. Anche per i fiori e piante ornamentali la crescita del mercato online ha generato spazi di sperimentazione in cui cambiare i codici comunicativi e le modalità di rapporto coi clienti, ma ha anche creato sfide nuove in termini di packaging e materiali che hanno stimolato la creatività di aziende, fornitori e stampatori. Ne abbiamo parlato con Keren Shaltiel, product manager di Be.Green, Francesco Bovo, founder di Flob, e Bruna Romeo, founder di P-love.

La coltivazione, produzione e vendita di fiori e piante ornamentali sino al 2019 ha conosciuto una crescita significativa in termini di produzione, di volumi e di ampliamento di pubblico: secondo i dati del Mipaaf – il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali – nell’anno che ha preceduto l’inizio della pandemia il valore della produzione florovivaistica italiana ha superato i 2,7 miliardi di euro, in crescita per il terzo anno consecutivo. Numeri importanti in particolare per le piante in vaso (+8,9%) e un incremento significativo di export dall’Italia verso altri mercati europei come Francia, Germania e Paesi Bassi.

Un settore che conta oltre 24.000 aziende produttrici, secondo l’ultimo censimento dell’Istat. Una crescita che ha subito nel 2020 una battuta d’arresto di enormi proporzioni, da cui il settore ha iniziato a riprendersi nei due anni successivi. Contemporaneamente a questi stravolgimenti, però, si sono verificati degli altri cambiamenti di segno ben più positivo, spie di una vitalità del mercato e dell’interesse dei consumatori.

Le piante sotto una nuova luce

Il primo e più sintomatico è il modo in cui è cambiato il rapporto tra persone e piante: il maggior numero di ore trascorse in casa ha generato un nuovo interesse per gli spazi domestici, maturato in due direzioni. Da una parte quella legata al comfort e all’estetica, la spinta a rendere la casa un luogo più gradevole in cui vivere. Dall’altra il desiderio di portare nella propria abitazione un po’ del mondo esterno: orgnismi vivi che ricordano a chi ci vive insieme dell’esistenza di un tempo naturale che prescinde dalla routine.

I segnali dell’importanza che avrebbe avuto la vendita di piante online erano tuttavia già evidenti prima del 2020: secondo i dati pubblicati dal progetto Flore 3.0 nel 2019 nel Regno Unito gli acquisti via internet di piante in vaso erano già il primo canale di vendita col 27% del totale, seguito da vivai e garden (14%), super-ipermercati (25%) e fioristi (19%).

Piante in viaggio

Ma un prodotto dalle necessità così peculiari ha bisogno di un packaging che rispetti la delicatezza del contenuto senza sacrificare le esigenze di logistica. Per questo Flob, azienda italiana che si è posizionata tra le prime nell’e-commerce di piante sul mercato italiano e in forte crescita in quello europeo, per il proprio packaging si è rivolto a Raja Italia per sviluppare un sistema che garantisse un’adeguata protezione durante il trasporto e fosse in grado di comunicare i valori di marca. «Nell’e-commerce l’unico incontro fisico tra brand e consumatore è il packaging del prodotto» dice Francesco Bovo, fondatore di Flob. «La necessità di creare delle fustelle ad hoc con apertura a libro è duplice, per la sicurezza del prodotto ma anche per offrire un’esperienza di unboxing gratificante per i nostri clienti». Dal punto di vista della protezione la scelta è ricaduta sul sistema di protezione Geami WrapPack con carta avana e carta velina, nastro di carta e riempimento con carta FillPack TT Cutter, una soluzione che consente di minimizzare la quantità di materiale utilizzato.

Ma a viaggiare non sono solo le piante: la proposta di vasi abbinati permette di ampliare la gamma di proposte e può persino semplificare il lavoro sul packaging, come fa notare Bruna Romeo, fondatrice di P-love, un vivaio storico che si è affacciato al mercato online creando una

Da una parte il design ha preso sempre più ispirazione dal mondo naturale. Dall’altra le piante sono diventate un elemento importantissimo nel design di interni.

L’esperienza online ha reso accessibile un piccolo lusso. È fondamentale che tutti gli aspetti dell’esperienza siano gratificanti e coerenti.

community di appassionati grazie all’approccio personale di Bruna, che si occupa del sito e della comunicazione social. «Il vaso è un elemento che contribuisce all’esperienza. Protezioni, imballaggio e ancoraggi vengono pensati anche per proteggere il vaso, non solo la pianta: il vaso è un abito che la pianta andrà a indossare e fa parte dell’esperienza d’acquisto».

Il packaging? Ovviamente green

Protagonisti del packaging delle piante sono la carta e il cartone ondulato, leggeri e facili da riciclare, sempre più presenti non solo nell’imballaggio secondario ma anche in quello primario. Un esempio è la nuova carta Cordenons Change nella versione Waterproof. Change Waterproof è caratterizzata da un’elevata resistenza all’umidità, che la rende adatta a tutte le occasioni d’uso in cui era necessario ricorrere a supporti meno sostenibili o dal fine vita più complesso come plastiche o trattamenti impermeabilizzanti. La resistenza all’umidità può arrivare sino ai nove mesi: molti più di quelli necessari per il trasporto di piante vive, che possono andare da una media di cinque/sei giorni per le spedizioni internazionali e uno/due giorni per quelle nazionali. La disponibilità in una gamma di grammature differenti e la versatilità di stampa – che sia digitale, offset, serigrafia o rilievo a secco – permettono di immaginarne una molteplicità di usi differenti nell’abbigliaggio delle piante.

L’importanza dell’uso di materiali sostenibili è rimarcata anche da Keren Shaltiel, product manager di Be.Green, piattaforma di e-commerce specializzata in piante e design con base a Barcellona ma con un circuito distributivo che comprende anche l’Italia: «L’acquirente di piante online è un consumatore attento e informato. E non potrebbe essere diversamente: una persona che decide di circondarsi di piante è particolarmente sensibile all’influenza delle proprie scelte anche sugli esseri viventi fuori dalla propria abitazione».

Una nuova generazione di plant-lovers

Le differenze tra mercato online e offline sono anche generazionali, come ricorda Francesco Bovo: «Se pensiamo ai canali tradizionali come garden center, fiorerie e GDO, la comunicazione è più orientata all’agricoltura e i giovani si approcciano con una certa difficoltà. L’obiettivo di un packaging parlante per noi era anche quello di avvicinarci a un pubblico più giovane: se l’utenza media del garden center è nella fascia 45-60, il nostro target principale è la fascia 25-40. La crescita di questi utenti è visibile anche nei contenuti sulle piante online: basti pensare che i video tutorial sul mantenimento delle piante in interni sono stabilmente di tendenza sulla homepage di YouTube negli ultimi anni. Flob è nato cinque anni fa per rispondere a una nuova domanda: in quel

momento non c’era nessun player sul mercato italiano posizionato come brand e non esisteva una riconoscibilità in questo settore».

Proprio il fatto di raggiungere un pubblico diverso rende ancora più importante la voce del brand, soprattutto per realtà storiche del vivaismo che possono mettere la propria esperienza a disposizione di una nuova generazione di consumatori. È quello che racconta Romeo: «Il contatto diretto attraverso i social con le persone ha creato intorno a P-love una comunità vivace ed estremamente attiva. Le persone che si avvicinano per la prima volta alla coltivazione delle piante apprezzano il fatto di avere una voce di riferimento a cui sottoporre i propri dubbi, e i cultori apprezzano la cura nella selezione di varietà insolite. Il risultato è una community estremamente partecipe che premia la disponibilità nel mettersi in gioco in prima persona e la competenza sull’argomento con una grande fedeltà di acquisto».

Una rivoluzione non solo nella modalità di comunicazione ma anche nei suoi codici: da un graphic design estremamente funzionale tipico dell’orticoltura a un linguaggio comunicativo che rimanda all’interior design e al lusso.

Per Keren Shaltiel di Be.Green è una sorta di convergenza di linguaggi: «Da una parte il design ha preso sempre più ispirazione dal mondo naturale, basti pensare al modo in cui le piante tropicali con le loro foglie scultoree e pattern grafici sono state negli ultimi anni fonte di ispirazione per la grafica, l’illustrazione e l’arredamento. Dall’altra le piante sono diventate un elemento importantissimo nel design di interni, e la possibilità di acquistare piante online ha reso più accessibile un piccolo lusso. E quando si ha a che fare con prodotti che non rispondono a una stretta necessità ma a un desiderio, è fondamentale che tutti gli aspetti dell’esperienza siano gratificanti e coerenti».

Coltivare il futuro

Uno degli aspetti su cui concordano tutti gli interlocutori è proprio come la personalizzazione dell’esperienza sia uno degli aspetti su cui vedremo le principali novità nel prossimo futuro dell’e-commerce delle piante, anche attraverso la stampa digitale. La possibilità di personalizzare l’esperienza in termini di colori e soggetti – ma anche la creazione di capsule collection intorno a particolari specie di piante senza che questo significhi stravolgere il proprio packaging o aumentare il tempo necessario al confezionamento, già molto significativo per la delicatezza del prodotto – potrà dare un ulteriore impulso a un settore che per molti è la porta di accesso a una passione che dura nel tempo. D’altra parte lo diceva persino Audrey Hepburn: «Piantare un giardino è credere nel futuro».

Se ti ha appassionato questo articolo non perdere il prossimo numero di PRINTlovers: racconteremo alcune tra le migliori applicazioni di packaging ed etichette del settore florovivaistico.

Box studiata da Brand Revolution Creative per l’e-commerce dei prodotti di Podere l’Agave, contenente anche un welcome kit con un erbario.

LLussuosa e personalizzata, come il suo contenuto. Robusta e collezionabile, per vivere una seconda vita dopo un lungo viaggio. Piccola e ricca di tesori, come il ricordo di una vacanza indimenticabile. Giocosa e coinvolgente, per condividere un’esperienza. Anticonvenzionale e da esposizione, per cominciare una conversazione difficile. Se dovessimo puntare i riflettori sull’ultima edizione di Brand Revolution LAB, lo sguardo si fermerebbe indubbiamente sulla cartotecnica nelle sue molteplici interpretazioni: è infatti proprio alla scatola, nelle sue potenzialità comunicative oltre che protettive, che si è affidata la maggior parte dei progetti con l’aiuto di materiali e tecnologie innovativi. Qui vi raccontiamo le applicazioni che abbiamo visto in mostra.

Cartone ondulato, protettore dell’e-commerce

Spedire, proteggere, promuovere. Gli ultimi anni hanno visto l’ascesa del cartone ondulato, un tempo considerato cheap, che oggi rappresenta una frontiera espressiva tutta da esplorare. L’e-commerce affermatosi in tutti i settori, dalla moda al food & beverage, passando per il trend inarrestabile delle box in abbonamento di cosmesi e wellness, design, homecare, cancelleria ed editoria ha accelerato il cambiamento di passo tecnologico, chiedendo alle tradizionali box per la logistica di entrare pienamente a far parte di un’esperienza d’acquisto coinvolgente, su misura, esteticamente appagante e, non da ultimo, ecosostenibile. Grazie alla tecnologia di stampa digitale è oggi possibile realizzare progetti personalizzati e in basse tirature con una qualità di stampa elevatissima: una versatilità che con la flexografia, tradizionalmente utilizzata per la stampa in piano di questo supporto, non è possibile ottenere. Una peculiarità delle box di cartone ondulato, oltre alla ben nota resistenza, è quella di prestarsi alla realizzazione di fustelle automontanti. Con due enormi vantaggi: quello di poter essere trasportate e stoccate distese, occupando poco spazio, e di ridurre o eliminare del tutto i punti colla, a vantaggio di un fine-vita circolare. La produzione on-demand resa possibile dalla stampa digitale permette inoltre di evitare sprechi, questione cruciale soprattutto adesso che la materia carta sta subendo considerevoli rincari e difficoltà di approvvigionamento. Due interessanti applicazioni di box per l’e-commerce in cartone ondulato sono state realizzate per i progetti di GustOsa e Podere l’Agave, utilizzando tecnologie digitali diverse. L’agenzia Lateral Creative Hub ha realizzato il progetto per GustOsa, e-commerce specializzato nelle eccellenze enogastronomiche del territorio italiano, sviluppando il branding “Welcome Foodies” che mette al centro il consumatore attraverso diversi canali di comunicazione: la stationery, con le sue carte colorate, timbri e sticker a sottolineare l’artigianalità dei prodotti; l’e-commerce, i social e il merchandising. La box per l’e-commerce si articola in 4 varianti grafiche e tematiche, con ritratti

Scatole rigide a marmotta per E. Marinella, personalizzate grazie alla nobilitazione digitale. Il progetto è di O,Nice Design e Ideology Creative Studio.

dal gusto pop, colore, invenzioni cartotecniche e tecniche di stampa che trasformano il semplice cartone ondulato in un oggetto unico; la sua realizzazione è stata affidata a ICO che ne ha stampato anche l’interno. Il versioning è reso possibile dalla tecnologia digitale HP PageWide C500: il risultato è una collezione di vere e proprie icone da impilare per ottenere un wall di forte impatto visivo. Anche L’Agriturismo Biologico Podere l’Agave, una fattoria sulle colline toscane, ha scelto di vendere i propri prodotti online, portando dentro le case dei clienti l’esperienza di una vacanza sensoriale a contatto con la natura. I suoi prodotti legati al ritmo delle stagioni, sia quelli che ricordano i sapori delle vacanze in Toscana – l’olio extravergine di oliva, le confetture gluten free, i vini, i salumi e i formaggi – sia i cosmetici ecobio realizzati con le erbe e le essenze del Podere sono stati i protagonisti del progetto sviluppato da Brand Revolution Creative, con la creazione di etichette e di un welcome kit. Tutto racchiuso in una box di cartone ondulato automontante con apertura a libro, realizzata nel democenter Konica Minolta utilizzando la stampante per cartone ondulato Precision Packaging Series PKG-675i, progettata per produttori e trasformatori che cercano una soluzione di stampa per tirature ridotte, di alta qualità e personalizzate. La tecnologia utilizza inchiostri base acqua con certificazione FDA per uso alimentare.

Rigida e rivestita: la quintessenza del lusso

La box rigida con anima in cartone accoppiata a carte di pregio è la quintessenza del lusso. Non solo perché custodisce e presenta il prodotto con eleganza, specie se accompagnata da accessori come veline, sigilli e nastri, ma anche perché è fatta per durare. Ed è per questo che E. Marinella, storico brand di cravatte sartoriali nato a Napoli più di un secolo fa, confeziona le sue creazioni dentro eleganti scatole a marmotta rettangolari con fondo e coperchio a struttura rigida, montate e chiuse da elastici, che si distinguono per l’iconico blu su cui spicca in bianco il nome e lo stemma della marca. Nella sua consolidata e distintiva classicità, tuttavia, E. Marinella non ha avuto paura di sperimentare e si è affidata alle agenzie O,Nice! Design e Ideology Creative Studio per portare il concetto di sartorialità – e quindi di unicità e cura per il dettaglio – anche sul packaging. Le cravatte artigianali sono in seta, tagliate e cucite a mano una a una. I pattern sono tutti originali, disegnati dal fondatore e stampati a mano. Da qui l’idea di una scatola per le cravatte decorata con i pattern dell’archivio E. Marinella, selezionati digitalmente da un software per creare migliaia di combinazioni tutte diverse l’una dall’altra. La cartotecnica è stata affidata a Grafical, che ha realizzato la stampa bianca con hot foil sui cofanetti, realizzati con carta tinta in pasta Cordenons Reef Blue da 120 gsm accoppiata a cartoncino rigido, sia internamente sia esternamente. La parte esterna delle scatole è impreziosita da una nobilitazione digitale realizzata da Ciemme con 28 diversi pattern, utilizzando MGI JetVarnish 3DS & iFoil, sistema di nobilitazione digitale a vernice spot UV con stampa hot foil di Konica Minolta, applicando una vernice lucida flat che dialoga con la stampa bianca del logo E. Marinella e valorizza per contrasto la texture ruvida e materica della carta Reef Blue. Per rendere ancora più coinvolgente l’esperienza di unboxing, la scatola contiene anche una brochure e una card con contenuti aumentati e inchiostri invisibili. I codici del cofanetto di lusso sono stati utilizzati, inaspettatamente, anche per un prodotto del settore farmaceutico. Il kit pensato da The Embassy insieme a Hello DTV per Cavilon Advanced, prodotto medical di 3M che previene e allevia le irritazioni da incontinenza,

PICCOLO GLOSSARIO DI CARTOTECNICA

AMERICANA

è una scatola di medie/grandi dimensioni di solito di cartone ondulato o cartone rigido, dotato di alette. È il classico cartone da imballaggio e spedizione di diverse forme e dimensioni.

ALETTA

è l’elemento pieghevole ottenuto tramite fustellatura e cordonatura che fa parte del sistema di montaggio del fondo e/o della chiusura di un astuccio o di una scatola.

AUTOMONTANTE

è la scatola che si monta manualmente prima dell’utilizzo. Viene fornita stesa e di solito è composta da un unico pezzo con coperchio annesso.

COFANETTO

indica il contenitore rigido a scrigno con coperchio annesso.

CAPPELLIERA

è la scatola a base tonda di solito rigida e con fondo e coperchio, usata originariamente per il confezionamento dei cappelli e oggi molto diffusa in ambito dolciario.

CUSCINO

è la forma dell’astuccio in cartoncino, preincollato su un lato, che presenta le alette estreme ripiegabili in forma di ellittica.

COPERCHIO ANNESSO

è la caratteristica delle scatole costituite da un unico pezzo, adatte sia per confezioni che per trasporto/spedizioni. Esempi di coperchio annesso sono le scatole con apertura a libro, con chiusura a calamita e i cofanetti in genere.

MARMOTTA

la scatola a marmotta ha fondo e coperchio separati. Di solito è una scatola rigida montata, come per esempio quella delle scarpe.

MONTATA

è una scatola di cartone rigido, che può essere o meno rivestito, già assemblata.

MANICOTTO

indica un astuccio composto da una struttura esterna che contiene un interno a forma di cassetto scorrevole, come quello dei fiammiferi. È detta anche Shell and slide.

ASTUCCIO

è un contenitore di cartoncino teso di diverse grammature che viene fornito steso, con o senza preincollature. La forma è di solito parallelepipeidale.

APERTURA PERFORATA

è il tratto che permette l’apertura a strappo di un astuccio in cartone o cartoncino.

CORDONATURA

è il segno di piega di cartoncino e cartone realizzato tramite un leggero incavo.

MARCIAPIEDE

la scatola con marciapiede è dotata di bordi interni più o meno spessi che fungono da cornice o da elemento di incastro del contenuto.

VALIGETTA

scatola di diversa forma e misura dotata di manico per il trasporto, di solito utilizzata per il confezionamento di prodotti pesanti. Il manico può essere parte della fustella oppure aggiunto successivamente.

ha l’obiettivo finale di infrangere un tabù, dando voce e valore alla pelle delle persone che soffrono di questo disturbo. Il kit realizzato da Ba.ia sia nella stampa che nella cartotecnica con macchine a toner Konica Minolta AccurioPress a 4 colori, e nobilitato con MGI JetVarnish 3D EVO, comprende un manifesto e una coppia di box rigide, contenenti sample di prodotto e materiali di comunicazione. Il manifesto, stampato e nobilitato su carta Cordenons Change Waterproof, avvolge e protegge i due cofanetti stampati in tinta blu con il logo 3M in rosso nobilitato con UV ad alto spessore trasparente, uniti tra loro da due calamite in modo che svolgendo il manifesto non si separino. Il primo cofanetto funge da espositore del prodotto: è stato realizzato in cartoncino rivestito con carta Monnalisa da 135 gsm, ha un alloggiamento in cartone alveolare e presenta un oblò trasparente che permette la visione del Cavilon Advanced quando esposto sulle scrivanie dei medici prescrittori. Grazie alla chiusura a libro calamitata, permette un’immediata dimostrazione del prodotto. Il secondo cofanetto, più profondo, è concepito come contenitore di sample. Le scatoline in cartoncino teso che contengono il Cavilon Advanced e il Cavilon Crema sono realizzate sempre da Ba.ia con Venicelux Cover monopatinata da 300 gsm.

L’eleganza naturale del cartoncino teso

Anche l’utilizzo del cartoncino teso può donare in cartotecnica risultati eccellenti e di grandissimo valore, se si punta sulla scelta dei materiali e delle lavorazioni giuste in grado di restituire effetti sensoriali che si imprimono nella memoria. È quello che ha fatto l’agenzia The 6th per la creazione di una welcome box per il suo cliente Oasyhotel, una struttura composta da luxury lodge immersi nella natura di un’area protetta del WWF in Toscana. La Welcome box con cui i clienti vengono accolti è stata studiata per “giocare” con gli animali anche all’interno dei Lodge o una volta tornati a casa: racchiude infatti 7 piccole box di forme diverse, ognuna contenente un oggetto da utilizzare o gustare durante il soggiorno. Le 7 sagome delle box sono quelle di un tangram e, spostandole su un piano, creano le figure di molti animali diversi. Lazzati si è occupata della stampa e della progettazione cartotecnica realizzando un prodotto finale in grado di esprimere un’immagine luxury e insieme un’identità green. È staDoppio cofanetto rigido con chiusura a calamita, ideato da The Embassy e Hello DTV per 3M per la presentazione del Cavilon Advanced.

Le scatole di Quercetti vengono personalizzate con un supporto attacca e stacca stampato in digitale. Progetto di Creostudios.

ta utilizzata la carta tinta in pasta Wild di Gruppo Cordenons da 300 gsm per il rivestimento del cofanetto esterno rigido con chiusura a libro e struttura interna a marciapiede, e da 150 gsm per gli astucci-tangram, nei colori Green, Clay e Brown, caratterizzata dalla superficie naturale e dalle tonalità ispirate alla terra. La stampa è semplice ma preziosa: a un Pantone bronzo metallizzato sono affidati mappe e testi sia all’esterno del cofanetto, sulla copertina a libro rivestita, sia sui sette astucci racchiusi all’interno della scatola/cornice in cartoncino. La ricerca dell’effetto luxury & green ha ispirato anche la realizzazione del welcome kit di Podere l’Agave, destinato all’accoglienza dei visitatori nel corso della loro “Vacanza dei Sensi”: un elegante cofanetto in cartoncino teso la cui realizzazione di stampa e cartotecnica è stata affidata a Ciemme, che ha stampato con vernice lucida e oro digitale con MGI JetVarnish 3DS & iFoil su carta Gruppo Cordenons Reef Brown da 330 gsm. Il cofanetto racchiude un libriccino di benvenuto per gli ospiti del Podere, contenente tutte le informazioni utili per la permanenza nella struttura, stampato con tecnologia ad alta produttività Konica Minolta AccurioPress C 12000 su carta Reef White da 260 gsm; con la stessa carta sono state realizzate le schede dell’erbario custodite da un folder stampato con vernice lucida e oro digitale su Reef White da 330 gsm.

Cambiare il pack senza cambiarlo

Può capitare, nella comunicazione di marca, di avere la necessità di personalizzare il pack senza intervenire in fase progettuale. Per esempio quando il time-to-market di una campagna specifica non si concilia con i tempi standard di produzione e confezionamento del prodotto, o in tutti i casi in cui sono presenti stock importanti da smaltire prima di procedere alla progettazione di un nuovo pack. Tuttavia, se non è possibile modificare la scatola, non è detto che non si possa fare niente per personalizzarla offrendo un’esperienza diversa a ogni singolo cliente. È quello che ha fatto l’agenzia Creostudios per Quercetti, storico produttore di giocattoli con sede in Piemonte e inventore dei famosi “chiodini”. La linea Pixel Art 8 Take a Selfie permette all’utente di realizzare con i chiodini-pixel colorati una composizione esclusiva sulla tavoletta da gioco a partire da una propria foto caricata sulla piattaforma di Quercetti. Il contenuto della scatola che arriva a casa del cliente è calibrato sulla foto da comporre, comprendendo anche dei chiodini aggiuntivi rispetto alle confezioni standard; ma la scatola stessa viene personalizzata prima della spedizione con la composizione finale. Per non intervenire direttamente sul pack standard di Quercetti, l’azienda grafica Ciemme ha realizzato un adesivo stampato su uno speciale supporto attacca & stacca, che sfrutta le possibilità creative del dato variabile per personalizzare la confezione. Ha inoltre realizzato gli astucci in cartoncino teso automontanti senza punti colla che contengono i chiodini aggiuntivi. La stampa è stata realizzata con la nuova tecnologia ad alta produttività Konica Minolta AccurioPress C12000. I set di astucci in cartoncino teso creati da The 6th per Oasyhotel sono allo stesso contenitori per piccoli gadget e tessere di un tangram con cui giocare.

Simone Azzoni

È critico d’arte e docente di Storia dell’arte contemporanea allo IUSVE. Insegna Lettura critica dell’immagine all’Istituto di Design Palladio di Verona. Ha curato numerose mostre di arte contemporanea in luoghi non convenzionali. È co-direttore artistico del festival della Fotografia Grenze. È critico teatrale per riviste e quotidiani nazionali. Organizza rassegne teatrali di ricerca e sperimentazione. Tra le pubblicazioni recenti Frame - Videoarte e dintorni per Libreria Universitaria, Lo Sguardo della Gallina per Lazy Dog Edizioni e, per Mimemsis, Smagliature (2018). Teatro e fotografia. Conversazione con Enrico Fedrigoli è il suo ultimo libro.

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Il rapporto tra fotografia commerciale e Fine Art è un dialogo affascinante che, libero da pregiudizi culturali, è una sfida che si gioca su professionalità di altissimo livello. Come sia possibile intrattenere questa conversazione ce lo racconta Susi Belianska, che dopo un passato nella moda davanti all’obiettivo e nel dietro le quinte, oggi scatta per alcuni tra le testate editoriali più prestigiose del mondo e lavora con agenzie di pubblicità come Mother Agency London e con clienti come Lavazza, Hines, Jacob Cohen o Gessi. Progetti dalla filiera professionale articolata e complessa che chiedono un approccio rigoroso e impeccabile e un bagaglio di competenze capaci di guidare anche la produzione Fine Art.

Lavori sia su committenza sia su progetti personali. Quali sono le differenze tra i due approcci? Quando, nell’uno e nell’altro caso, un progetto può dirsi pienamente compiuto e soddisfacente?

Dall’allestimento allo scatto: come si struttura il tuo lavoro dal punto di vista tecnico? I miei lavori commissionati si posso dividere in due categorie: i lavori editoriali, per realtà editoriali come Condé Nast, Mondadori, Hearst, Financial Times, e i lavori commerciali commissionati dalle agenzie di pubblicità o direttamente dai clienti. Nel lavoro editoriale ricevo un brief dal photo editor della rivista che devo sviluppare. Nell’esecuzione ho abbastanza libertà sia nella gestione del lavoro sia nelle scelte stilistiche, ed è anche per questo che un photo editor sceglie un fotografo piuttosto che un altro: per il suo stile. Per i lavori commerciali ho collaborato con agenzie di pubblicità come Mother agency London, o direttamente con clienti come Lavazza, Hines, Jacob Cohen, Gessi. L’approccio è diverso rispetto i lavori editoriali, perché al centro dell’attenzione c’è il prodotto e deve essere rappresentato al meglio. Lavoro su layout fornito dall’agenzia o dal cliente insieme al loro reparto creativo, ma talvolta mi viene richiesto di sviluppare un concept fotografico. Per ogni progetto ci sono dei tempi e dei budget da rispettare e spesso è coinvolto un numero elevato di professionalità per cui la gestione di tutte le fasi deve essere impeccabile. Giudico un progetto positivamente quando il cliente è soddisfatto del risultato finale e io sono riuscita a realizzare quello che avevo in mente. Nei miei lavori di ricerca, invece, scelgo io le tematiche che devo riuscire a focalizzare in modo corretto fin da subito, anche se poi in corso d’opera posso comunque apportare modifiche per ottenere il risultato desiderato. In questi casi gestisco e coordino tutto: le persone da coinvolgere, i tempi e il budget. La soddisfazione arriva quando porto a compimento il progetto con una pubblicazione o un’esposizione.

Lavoro principalmente con la mia Nikon D810, ha una buona risoluzione, è comoda e veloce, e porto con me le lenti che uso di più, 35-70mm, 85mm, 105 micro. Capita anche, soprattutto per progetti pubblicitari, che debba lavorare con il medio formato. Per gli editoriali mi piace molto lavorare in location, e di base oltre alla macchina fotografica e le lenti porto sempre un grande pannello riflettente, due flash a batteria e soft-box, oppure dei led, sempre a batteria. Molto dipende da dove devo realizzare lo shooting e di solito lavoro con un assistente soprattutto per i ritratti che richiedono set più sobri. Nell’editoriale moda poi la collaborazione si estende ad altre professionalità: modelle, stylist, make up artist e hair stylist e diverse altre figure. Il set pubblicitario è più complesso, di solito è presente anche il cliente e l’agenzia, per cui è richiesta un’organizzazione maggiore. Oltre al producer che coordina il set fotografico, ci sono uno o due assistenti per la gestione delle luci, un assistente digitale, oltre a stylist, make up artist, set designer e modelli. In questi casi per raggiungere un buon risultato è molto importante la fase di preparazione in cui si definiscono tutti i dettagli e le tempistiche, così da arrivare al giorno dello shooting con tutto il necessario e compiti precisi per ciascuna persona coinvolta.

Susi Belianska

Susi Belianska è una fotografa di moda e ritratto. Nata in Slovacchia nel 1980, dal 2004 vive e lavora a Milano. Dopo aver sperimentato in prima persona il mondo della moda sia come modella sia come produttrice e location manager per clienti internazionali, ha deciso di trasformare la passione per la fotografia in impegno a tempo pieno. Professionista dal 2007, Belianska ha iniziato a scattare per campagne e cataloghi di marche nazionali e internazionali. Attualmente collabora con gruppi editoriali internazionali come Condé Nast, Gruppo Mondadori, Hearst, e testate come Financial Times, Vogue, GQ, Elle e L’Officiel. Sviluppa allo stesso tempo progetti personali di fine art. Nel 2013 ha vinto Talent photo contest di Nikon presentato ed esposto durante la fiera internazionale di arte contemporanea Artissima nella categoria Moda e Glamour. Nel 2012 ha fatto parte della shortlist dei Sony World Photography Awards nella categoria Moda. Dal 2014 è rappresentata dall’agenzia Sudest57.

Collabori con riviste del calibro di Elle, Vogue e GQ. Quando si tratta di andare in stampa su carta, come prepari i tuoi file e quanto è importante la figura del postproduttore?

Quando devi portare un tuo progetto in mostra, invece, come scegli il supporto di stampa, come ti rapporti e cosa chiedi allo stampatore? Per gli editoriali non uso molta postproduzione, nei file eseguo la pulizia di base e una calibrazione delle cromie. Controllo il giusto rapporto tra i bianchi e neri. Il ritocco preferisco farlo personalmente quando ho il tempo. Per gli incarichi pubblicitari, per i quali il ritocco spesso è più complesso, collaboro con alcuni ritoccatori di fiducia con cui seguo il lavoro passo a passo. Deve essere tutto verificato e approvato dall’agenzia e dal cliente, che sono giustamente molto esigenti. La resa finale dei colori e dei prodotti fotografati deve essere fedele alla realtà e alle aspettative, quindi anche le piccole sfumature sono importanti. La verifica finale, soprattutto per la resa dei colori, la si ha con un cromalin.

In questo caso intervengono diverse variabili. Per esempio lo spazio e il tipo di allestimento, che determinano il numero e il formato delle fotografie. Ma anche dettagli come il tipo di carta, i supporti e il tipo di cornice. Tutti gli elementi, insieme all’illuminazione, devono offrire la giusta interpretazione. Per le esposizioni trovo molto interessante la stampa fotografica montata su DBond senza cornice o passe-partout perché crea un rapporto più diretto con lo spettatore. Anche un filo di cornice può funzionare, ma se le stampe sono espressamente realizzate per la mostra le preferisco senza il vetro. Prima però c’è la fase di stampa che è un momento fondamentale. Lo stampatore deve saper leggere e interpretare il lavoro. Io collaboro da tempo con Roberto Berné, fondatore dello Studio Berné, e insieme decidiamo la carta e gli interventi da fare in fase di stampa per ottenere il risultato desiderato.

GQ, talent – Anuj Choudhry White Gallery

A proposito del rapporto tra Fine Art e fotografia commerciale, Giuseppe Ceroni di Sudest 57 racconta che per molte aziende è importante collaborare anche con i grandi nomi della fotografia perché contribuiscono a “costruire” la storia visiva dell’azienda e a trasmettere determinati valori. Ma per i fotografi quanto è importante avere nel proprio portfolio determinate aziende? È possibile mantenere un proprio stile personale e riconoscibile quando si lavora su commissione?

Ci parli di un progetto, commerciale o personale, che ti sta particolarmente a cuore?

L’NFT sta rivoluzionando il rapporto tra collezionista e autore e anche tu stai sperimentando questa nuova tecnologia. Quali sono le prospettive e le potenzialità? Non tutte le aziende hanno una vocazione fotografica, ma quelle che la utilizzano nella loro comunicazione ne hanno la giusta conoscenza e ne riconoscono l’importanza, selezionano un fotografo proprio sulla base della sua storia e del suo stile. Può essere per una singola campagna pubblicitaria o per un percorso più lungo, come un progetto che si sviluppa nel tempo e finalizzato alla nascita di un libro. La collaborazione di un fotografo con un’azienda non deve diventare un esercizio di stile. Il fotografo riceve un brief che deve capire e interpretare attraverso il proprio punto di vista. Succede che si creino delle alchimie particolari e di riuscire a ottenere dei risultati davvero importanti. Per collaborare con le grandi aziende, ma direi in generale, bisogna avere un’ottima organizzazione e un team affidabile. Spesso le tempistiche sono strette e quindi deve funzionare tutto bene. Per un fotografo queste collaborazioni sono stimolanti, perché si riescono a realizzare progetti qualitativamente superiori, con professionalità e budget adeguati. Avere quindi nel portfolio determinati brand è un segno distintivo, che conferma la professionalità del fotografo e le sue capacità.

Un progetto che ho realizzato a cui tengo molto è “Secret Garden”. Le immagini le ho scattate nel contesto di Villa Lante, una villa storica fuori Roma. Questa serie di immagini ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti. Insieme alla stylist abbiamo selezionato degli abiti molto particolari e senza tempo, non convenzionali. Tutto è stato pensato, dalla scelta della modella alle scelte del make-up e delle acconciature, per ottenere un effetto un po’ surreale e fuori dal tempo, magico e fiabesco. È un progetto personale di ricerca, per cui ho potuto sperimentare cose diverse da quelle che si fanno abitualmente nei commissionati, come per esempio le scelte di stile, le inquadrature, anche da lontano, meno convenzionali per un servizio di moda ma funzionali a creare il mood che avevo in mente. Sono felice del risultato finale. È un percorso che sto portando avanti, e fra le altre cose ho un’idea nel cassetto: lo stesso format potrebbe essere applicato alla promozione dell’immenso patrimonio che abbiamo in Italia. Un modo nuovo, vivo e contemporaneo.

È l’ultima novità sulla bocca di tutti. Il mondo NFT sembra dare altre opportunità e creare un mercato nuovo per artisti, amatori e professionisti. È in piena evoluzione per cui è ancora difficile capire in quale direzione andrà e se sarà un nuovo standard. È basato sulle criptovalute, con valute molto volatili e un sistema poco regolamentato che crea incertezze anche di carattere etico, a causa dall’impossibilità di verificare la provenienza del denaro che circola e l’impossibilità di produrre adeguata documentazione fiscale. Inoltre il sistema ha consumi energetici molto alti. Dà l’idea di facili guadagni, ma in realtà la percentuale di chi ha successo attualmente è molto bassa. Inoltre i costi possono essere importanti, sia per la pubblicazione delle opere che per le transazioni in caso di compravendita di un’opera. Anche io sto studiando per approfondire e conoscere meglio queste piattaforme e facendo qualche esperimento, ma faccio ancora fatica a capire se davvero funziona o è un momento di transizione per arrivare a un altro sistema.

di ELENA PANCIERA

Un’immersione soffice, questa nel cotone. Ma parliamo poco di ovatta e tanto di filato, di tessuto, di stampa e tutto quello che ci sta intorno: di cotone stampato sono i tessili per la casa, vestiti estivi e sportivi, materiale promozionale, magliette e tote bag. Vediamo allora come si produce un tessuto di cotone, dal fiocco al finissaggio.

Fiocco

Ciclo di lavorazione del cotone

— Il processo di lavorazione del cotone prevede diversi passaggi, necessari o facoltativi. La scelta del percorso ideale per ogni prodotto dipende dalla sua destinazione d’uso.

Filato

(eventuale) Gasatura e Mercerizzo

Purga Candeggio

Tintura filato

(eventuale) Imbozzimatura (non su filati ritorti e di maglieria)

Contributo tecnico e scientifico di: — Giuseppe Bosio Specialista tessile — Antonio Pasquariello Print specialist del team tecnico Monna Lisa, For.Tex/Epson — Maria Grazia Soldati Docente e ricercatrice, Politecnico di Milano

Tessuto

(eventuale) Bruciapelo

Sbozzima (non per i tessuti a maglia)

(eventuale) Mercerizzo

Purga Candeggio

Tintura e/o Stampa

Vaporizzo (dopo stampa)

Lavaggio dopo tintura e/o stampa

Finissaggio e controllo confezione

Il cotone è un materiale che l’uomo usa da millenni, quotidianamente, in molte forme, dal batuffolo ai filati, dai vestiti alle lenzuola. Raccontare cosa succede quando stampiamo il tessuto di cotone non è semplice. Iniziamo dal contesto: la stampa tessile “tradizionale”, usata nell’abbigliamento e nell’arredamento, è un settore industriale a tutti gli effetti. Questo significa alti volumi produttivi, elevate velocità di processo, flussi di lavoro e procedure consolidate, grandi competenze tecniche degli operatori, investimenti importanti in attrezzature. Ma la stampa su tessuto di cotone esiste anche nella comunicazione visiva, benché abbia numeri decisamente più ridotti (e non solo come tirature): pensiamo soprattutto al merchandising, all’allestimento e al DTG (direct-to-garment, soprattutto la stampa di magliette).

Da dove viene il cotone

Il cotone è un materiale organico di origine vegetale: il Gossypium è una pianta arbustiva che fa parte della famiglia delle Malvaceae, originaria del subcontinente indiano e delle regioni tropicali e subtropicali dell’Africa e delle Americhe. Si diffuse in Europa grazie agli arabi: la prima attestazione della parola “cotone” compare nel 1348, dal termine arabo qutun. Tutti abbiamo ben presenti le immagini dei campi in cui viene coltivata questa pianta, e la sua storia drammatica legata alla schiavitù. Oggi la raccolta dei fiocchi di cotone viene fatta soprattutto in modo meccanico, grazie a macchine aspiratrici, anche se nei paesi più poveri viene realizzata ancora a mano.

Dal fiocco al tessuto: i pretrattamenti

Il cotone, di origine vegetale, è una fibra idrofila, ovvero facilmente bagnabile (imbibibile). Questo significa che è più facile da trattare con pretrattamenti liquidi che servono a prepararli per la tintura e la stampa. I pretrattamenti vengono applicati al materiale in fiocco, ma anche in nastro, ai filati e agli stessi tessuti. Iniziamo dai fiocchi, che vengono aperti con l’apritoio, puliti e battuti con un organo battitore e un ventilatore per eliminare le impurità e ottenere fiocchi soffici. In questa prima fase può avvenire anche la mischia.

La cardatura serve a districare le fibre e dà origine ai nastri, che vengono accoppiati e stirati passando tra rulli che li rendono più sottili e omogenei. A questo punto possono essere anche pettinati, in modo da eliminare altre impurità, fibre troppo corte, neps e guscette. I nastri, ottenuti sia dalla cardatura che dalla pettinatura, vengono quindi accoppiati perché le fibre siano più parallele e la mischia sia più omogenea, e gli viene impressa una torsione. Questo è uno degli elementi che determinano la resistenza del filato: quanto più numerosi sono i giri impressi al metro, tanto più grande sarà la sua resistenza alla trazione, e viceversa. Durante questa fase di lavorazione il filato assume già caratteristiche ben precise, a seconda delle lavorazioni che subisce e della sua composizione: può essere più o meno resistente, più o meno elastico, più o meno puro, pulito.

La digrezzatura serve a eliminare ulteriori impurità del cotone e a conferirgli un buon grado di idrofilia, necessario per il candeggio e la tintura. È composta da diverse fasi: bruciapelatura; sbozzimatura; prelavaggio con acidi; mercerizzazione; purga; candeggio.

Un tessuto di cotone? No, tanti

Abbiamo già accennato ai diversi tipi di tessuti nell’articolo “La comunicazione con fili di poliestere” su PRINTlovers 89. Con i filati di cotone possiamo realizzare gli stessi tipi di tessuti, e quindi ortogonali o navetta, maglia, tufting e TNT (tessuto non tessuto).

Un po’ di colore: la tintura

La tintura è una delle fasi della nobilitazione tessile che prevede l’applicazione di sostanze coloranti alle fibre (la tintura di fibra pura è più facile di quella di mischie). Questo può avvenire in diverse fasi della lavorazione: dal fiocco al filato, al tessuto, fino all’indumento finito.

Prima avviene la tintura, nel processo, e tendenzialmente migliore sarà il risultato in termini di resistenza e brillantezza. Ma una tintura in fase iniziale implica grosse quantità, una lavorazione a lungo termine, tempi di produzione più lunghi e il rischio di dover stoccare e conservare il materiale tinto se non immediatamente usato.

Per le fibre cellulosiche si possono usare diversi tipi di coloranti, ma i più diffusi e apprezzati per la loro solidità alla luce e a umido, oltre che per la loro brillantezza, sono quelli reattivi.

La scelta della tintura dipende dalle lavorazioni che il cotone ha subito fino a questo punto: sta alla competenza e all’esperienza del tintore scegliere la chimica più idonea al tipo di impiego del tessuto, alle esigenze del cliente, alle resistenze e alle caratteristiche richieste.

La preparazione alla stampa

Se un tessuto è destinato alla stampa, capita spesso che venga pretrattato per migliorare le performance degli inchiostri (resistenze, brillantezza dei colori). Se nella stampa analogica questo passaggio è facoltativo, nella stampa inkjet è fondamentale. Gli inchiostri, più liquidi (e quindi diluiti) e più puri rispetto alle paste tradizionali, mancano di alcuni componenti necessari alla buona realizzazione del prodotto, come gli addensanti che impediscono l’espansione del colore oltre i confini dei disegni, o gli ausiliari che servono da imbibenti, antischiuma, acceleratori di fissazione dei colori.

— Con la tecnologia digitale la progettazione di un capo è completamente rivoluzionata, con risparmio di tempo e materiali, e una totale libertà creativa —

Piccolo glossario dei materiali, delle proprietà e delle tecnologie

Armatura: le operazioni per montare il telaio ma anche il modo in cui ordito e trama si intrecciano (e in questo caso è detta anche costruzione). Bagnabilità: capacità di una superficie di essere bagnata. A parità di temperatura e tipologia di liquido, dipende dalla levigatezza e dalle impurità presenti sulla superficie. Determina la forma che assume la goccia di colla sulla superficie: quanto più la bagnabilità è alta, tanto più sarà sottile lo strato di liquido. Bozzima: v. sbozzimatura. Bruciapelatura: bruciatura superficiale dei tessuti in modo da eliminare le estremità delle fibre che fuoriescono dai filati. Candeggio: decolorazione del cotone in modo da poterlo tingere o stampare con colori chiari e brillanti. Costruzione: v. armatura. Cimosa: margine esterno della pezza che impedisce al tessuto di sfilacciarsi. Filo: si definisce così un materiale derivato da filo continuo.

L’unico filo presente in natura è quello di seta. Altri fili sono di origine artificiale o sintetica. Il filo di poliestere viene impiegato soprattutto per usi tecnici e sportivi. Filato: materiale composto da fibre corte unite dalla torsione, che gli dà stabilità, ovvero filate insieme. Finissaggio: processi chimici, fisici o meccanici che agiscono sull’aspetto e sulle resistenze di un filo o filato. Fiocco: massa di fibre tessili elementari disposte in modo disordinato. Guscetta: particella di seme rimasta attaccata al fiocco di cotone. Idrofobia o idrofobicità: proprietà di un materiale di non assorbire e non trattenere acqua né all’interno né sulla superficie. Mano: si definisce “mano” di un tessuto la sensazione tattile che offre. La mano può essere morbida, rigida, cotoniera, laniera, per esempio, a seconda delle sensazioni che restituisce a chi tocca il tessuto. Mercerizzatura o sodatura: immersione in una soluzione concentrata di alcali che conferisce al tessuto aspetto brillante, lucentezza, elasticità e resistenza, facilità alla colorazione. Mischia: quando una fibra tessile viene mescolata ad altre per migliorarla. Il cotone si trova spesso in mischia con il poliestere: il primo offre la possibilità di avere una mano naturale, “cotoniera”, mentre il secondo dà stabilità, ingualcibilità, resistenza. Nastro o top: fascio di fibre tessili discontinue allineate grossomodo tra loro, senza torsione. Purga: operazione che serve a pulire il cotone dal grasso e dal sudiciume, e ammorbidire le guscette, rendendo il cotone idrofilo. Neps: nodo che si presenta tra le fibre del fiocco di cotone. Ramosa o rameuse: macchina per asciugare i tessuti dopo un trattamento a umido. Sbozzimatura: trattamento in acqua calda con prodotti chimici per eliminare i residui della bozzima, sorta di colla distribuita in fase di preparazione alla tessitura. Sintetico: materiale creato a partire da materiali non naturali, attraverso un processo di sintesi chimica. Top: v. nastro. Vaporizzaggio: operazione che serve a fissare gli inchiostri sui tessuti, usando vapore acqueo. Viscosità: grandezza fisica che misura la resistenza di un fluido allo scorrimento.

Ciak, si stampa

La stampa tessile è, di fatto, una tintura localizzata che permette di riprodurre grafiche e disegni. È realizzata con diverse tecniche, analogiche (soprattutto, se consideriamo i volumi prodotti) e digitali (in grande espansione sia nel settore tessile tradizionale che nel DTG e nella comunicazione visiva). Le metodologie di stampa tessile si possono classificare sulla base del sistema di applicazione delle paste e degli inchiostri oppure sulla base della tipologia di lavorazione.

La stampa diretta o in applicazione è la tipologia più semplice, pratica ed economica: per questo – dove possibile – viene preferita a quella per corrosione o a riserva, che con la diffusione della stampa digitale hanno perso quote di mercato. I disegni vengono riprodotti direttamente su un solo lato del tessuto, bianco o comunque chiaro (per evitare che il colore del tessuto modifichi i colori della stampa), e vengono poi asciugati e fissati.

La tecnologia digitale inkjet, che viene usata sia per applicazioni di tipo industriale con le stampanti scanning o single pass, sia per il direct-to-garment per la decorazione di una singola maglietta (e tutte le “misure” intermedie), ha avuto un grande sviluppo negli ultimi anni. I produttori hanno lavorato per migliorare le performance tecniche a ogni livello: dalla velocità (che ormai è paragonabile a quella dei sistemi di stampa tradizionali) alla risoluzione, dalla gestione degli inchiostri a quella dei tessuti.

Le chimiche usate per stampare il cotone sono molte, e dipendono dal tipo di applicazione e dal tipo di lavorazione. Generalmente si presentano in pasta, e quindi con una viscosità elevata.

Tutt’altro discorso per quelli usati nella stampa digitale, che devono passare attraverso gli ugelli delle teste di stampa sotto forma di gocce, e quindi sono necessariamente meno viscosi e hanno una composizione più pura. Le chimiche principali usate nell’inkjet sono essenzialmente due: quella a base di coloranti reattivi e quella a base di pigmenti.

I primi si legano chimicamente alle fibre, presentano colori brillanti e buone resistenze; hanno bisogno di pretrattamenti specifici per aiutare la penetrazione nei filati evitando al contempo l’espansione fuori dai confini del disegno, vista la loro composizione più liquida, e anche del finissaggio (vaporizzaggio e lavaggio). Gli inchiostri a pigmento invece ricoprono le fibre senza legarsi a loro: per questo motivo riveste un ruolo davvero fondamentale il pretrattamento, che aiuta a fissarli al tessuto e ad aumentare le resistenze del prodotto finito. Non è invece necessario vaporizzare e lavare, ma solo fissare il colore.

Quest’ultima tipologia di inchiostri è particolarmente versatile per il fatto che può essere usata praticamente su qualsiasi tipo di tessuto, naturale, artificiale e sintetico (anche se per ottenere resistenze e caratteristiche migliori ci sono ovviamente formulazioni diverse, proposte dai diversi produttori). Ma per questi due motivi le tecnologie di stampa che supportano chimiche a pigmento sono una valida opzione per quegli stampatori che sono interessati alla stampa su tessuto ma non provengono dal settore tessile tradizionale.

Classificazione della stampa tessile tradizionale in base al metodo di lavorazione

Tipo di stampa Descrizione

Stampa a quadro (manuale, a carrello e manomacchina) Viene eseguita con telai metallici su cui viene tesa una tela serigrafica, detta “buratto”. Ciascuno gestisce un colore, quindi servono tanti quadri quanti sono i colori del disegno da riprodurre. La pasta viene spalmata con una racla e passa attraverso piccolissimi fori, trasferendosi sul tessuto che scorre sotto.

Stampa a cilindro cavo o a rotativa o stampa cilindro Le paste sono contenute all’interno di cilindri cavi, disposti uno dopo l’altro, con fori fotoincisi a laser in corrispondenza del disegno da trasferire. Una racla all’interno dei cilindri cavi aiuta la fuoriuscita delle paste.

Stampa a cilindro o a rullo o a matrici cilindriche di metallo Le paste vengono trasferite su tessuto tramite cilindri con il disegno fotoinciso a laser, disposti uno dopo l’altro. Ricevono l’inchiostro da cilindri “fornitori”, che prelevano le paste e le depositano sul cilindro inciso.

Classificazione della stampa tessile tradizionale in base al sistema di applicazione

Tipo di stampa Descrizione

Stampa diretta o in applicazione Consiste nella deposizione e fissazione sul tessuto del disegno. È la più comune; le sostanze coloranti o a pigmento contengono i prodotti e i fissativi necessari a farle permanere sul tessuto. Il disegno viene impresso direttamente in modo permanente, anche in più passaggi. A questa categoria appartiene anche la stampa digitale inkjet.

Stampa per corrosione

Stampa a riserva Questo tipo di stampa viene eseguita sui tessuti colorati che prima della stampa siano stati opportunamente tinti o placcati con una soluzione di colorante che costituirà il fondo. La stampa per corrosione consiste nel distruggere il colore del fondo nei punti in cui verranno stampati i motivi colorati. Per questa operazione si impiegano i coloranti selezionati, scelti fra quelli che possono essere demoliti per via chimica durante la fase di fissazione grazie a particolari prodotti aggiunti alle paste da stampa.

Si impiega in alternativa alla stampa per corrosione, soprattutto per forti tirature e ne ha praticamente lo stesso aspetto e le stesse destinazioni. Come indica il nome, si tratta di stampa durante la quale si impedisce al colore destinato a tingere il fondo, di fissarsi nei punti in cui vengono stampati i colori illuminanti.

Vaporizzaggio, lavaggio, asciugamento e finissaggio

Vaporizzaggio, lavaggio, asciugamento e finissaggio sono le ultime fasi di lavorazione dei tessili, che servono a conferirgli particolari caratteristiche fisiche o visive e a renderli pronti per la commercializzazione. Questi passaggi cambiano soprattutto a seconda della chimica d’inchiostro usata. Nel caso del pigmento, infatti, basta l’asciugamento e la polimerizzazione del legante, e spesso queste due operazioni vengono svolte direttamente nella macchina da stampa o immediatamente dopo, con un processo in linea.

Nel caso degli inchiostri reattivi, invece, sono necessari altri passaggi: stiamo parlando di vaporizzaggio e lavaggio. Il primo, come dice il nome stesso, consiste nel sottoporre il tessuto a un bagno controllato di vapore acqueo per aiutare i colori a “svilupparsi”, ovvero a fissarsi e ad assumere la brillantezza finale. Questa operazione è delicata e fino a poco tempo fa veniva svolta solamente fuori linea (e spesso a mano). A questo punto, però, i tessuti non sono ancora pronti per l’asciugamento in rameuse: sono ancora impregnati di addensanti, ausiliari, altri prodotti chimici. Hanno bisogno di essere lavati: passano quindi in macchine che separano in modo chimico e meccanico queste sostanze dai tessuti.

Tutti i tessili subiscono infine il finissaggio: un insieme di lavorazioni chimiche, fisiche o meccaniche che serve a conferirgli le proprietà richieste dalla loro destinazione d’uso. Vengono usati il calore per fissare tutte le sostanze, a cominciare dagli inchiostri (con un passaggio in rameuse); la pressione (con un passaggio in calandra); la frizione per modificare la superficie del tessuto (con un passaggio in calandra a frizione o calandra a bacinella, dove uno dei due cilindri ha velocità di rotazione superiore all’altro); tensione, per distendere il tessuto e influire sulle sue dimensioni (con un passaggio in rameuse di finissaggio); umidità e vapore per migliorare la pieghevolezza della fibra.

Questi sono alcuni dei trattamenti di finissaggio “tradizionale” che possono essere applicati: antimacchia, easy care, ingualcibilità, lucidità, minimo stiro, morbidezza, opacizzazione, sostenutezza, stabilità dimensionale. Ma ci sono anche finissaggi “speciali”, come smerigliature, garzature, spalmature, resinature, impermeabilizzazioni, laminature, applicazione di microcapsule.

I materiali tessili misti

Capita spesso che il cotone non venga impiegato in purezza, ma in mischia con altre fibre, naturali, sintetiche o artificiali. Questo per migliorarne alcune caratteristiche come la resistenza o l’elasticità. La mischia può avvenire a vari livelli: in fase di filatura meccanica, dando quindi origine a una mista “intima” di fibre; in una seconda fase della filatura, in cui il filato composto da una fibra diventa “anima” dell’altro; in fase di tessitura, usando per esempio filati diversi per trama e ordito. Bisognerà tenere conto di questa composizione mista in ogni fase della lavorazione, dal pretrattamento al finissaggio.

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è passata alla stampa off ni nelle cromie, nei processi set a foglio, di cui è stata di stampa, nei materiali e tra i pionieri nel settore in nelle nobilitazioni, carat Piemonte. Poi l’introduzione teristiche che le hanno per di macchine a tecnica mista messo di essere premiata come in bobina dotate di sezioni

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freddo e digitale. Attraver so le sue ispirazioni, Luxo gorose politiche aziendali ro vuole diffondere un nuovo volte alla sostenibilità modo di pensare il packaging ambientale, Luxoro è da tem

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