Il Poligrafico, n. 175, Febbraio - Marzo 2017

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di Cristina Rossi

Andrea Bianchi

Pietro Lironi

“Dobbiamo creare prospettive per i giovani per arginare le fughe di cervelli e pertanto il Piano nazionale Industria 4.0 deve diventare un volano per gli investimenti”

avere un atteggiamento positivo e il nostro sistema produttivo ha scelto la seconda modalità”, ha detto Bianchi. “Siamo la seconda manifattura in Europa, nel 2015 abbiamo raggiunto il top delle esportazioni e siamo il quinto Paese nelle esportazioni nel settore manifatturiero. Rispetto alle precedenti rivoluzioni industriali, la quarta – che prevede l’applicazione del digitale alla produzione – non è solo una rivoluzione tecnologica, bensì è anche una rivoluzione culturale che investe in modo più invasivo l’intera società”. Bianchi ha individuato tre caratteristiche principali dell’Industria 4.0: 1) Non esiste una sola tecnologia guida, bensì è un paniere di tecnologie che sta determinando il cambiamento. E tra queste tecnologie chiave figurano i robot collaborativi, le stampanti 3D, la realtà aumentata, la simulazione, l’integrazione, la comunicazione multidirezionale, la gestione dati, la sicurezza dei dati durante le operazioni in rete e l’analisi dei dati per ottimizzare i prodotti. 2) La quarta rivoluzione industriale modifica il rapporto tra il produttore e il consumatore e introduce, pertanto, un cambiamento nel modello di business. Si sta assistendo a una crescente integrazione tra servizi e manifattura. Ad esempio, Xerox non vende le macchine,

bensì il servizio di fotocopiatura. 3) Con l’Industria 4.0 nasce un nuovo fattore di produzione. La capacità di gestione del dato e dell’informazione è essenziale nella competitività dei sistemi produttivi. Queste tre caratteristiche hanno già prodotto dei cambiamenti, visto che la politica economica ha assunto due nuovi assiomi: la centralità dell’industria anche nei Paesi avanzati e la fabbrica che riacquista importanza, diventando il luogo del futuro e non un retaggio del passato, perché vi si incrociano tecnologie e competenze per produrre meglio i prodotti tradizionali e sviluppare nuovi prodotti. Molti Paesi hanno già colto questa nuova dimensione della politica industriale. Nel 2007 la Germania ha introdotto la prima strategia sull’innovazione e nel 2011 ha inventato il termine Industria 4.0, seguita da Gran Bretagna, Francia e USA. L’Italia è rimasta indietro, nonostante fosse sensibile alla quarta rivoluzione industriale, poiché ha una larga base manifatturiera, ha un sistema di piccole/medie imprese e una capacità di personalizzazione del prodotto. L’Italia, tuttavia, ha anche dei punti di debolezza: non ha grandi player nell’IT. “Il piano presentato dal Governo”, ha spiegato Bianchi, “evidenzia un segnale di discontinuità

rispetto al passato per il metodo. Stiamo assistendo per la prima volta a un consistente contributo di Confindustria al rapporto tra Parlamento e Governo. Il Piano Nazionale Industria 4.0 è innovativo perché prevede la convergenza di diversi strumenti: investimenti innovativi, competenze, infrastrutture abilitanti e strumenti pubblici di supporto. È un piano di politica industriale con una forte governance (la cabina di regia è presso la Presidenza del Consiglio), è orizzontale e non settoriale, non stravolge la strumentazione attuale ed è incentrato sull’innovazione. Quattro i campi d’intervento previsti: il sostegno agli investimenti, innovazione e competenza, finanziamenti per la crescita e infrastrutture (Piano Banda Ultra Larga). Il sostegno agli investimenti è fondamentale, dal momento che dal 2008 al 2015 si sono bloccati gli investimenti nelle aziende e l’età media delle macchine è il più alto dal secondo dopoguerra. Dobbiamo dare una spinta agli investimenti in direzione dell’Industria 4.0 attraverso l’iperammortamento dei beni”.

“Di fronte ai grandi cambiamenti si possono avere due reazioni: ci si può mettere sulle difensive o avere un atteggiamento positivo e il nostro sistema produttivo ha scelto la seconda modalità”

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