Printlovers, n. 79, Ottobre 2019

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H O W

I T ' S

M A D E

L’attenzione al cliente è come un’asticella che si alza man mano che il consumatore prende consapevolezza di sé, dei propri diritti di acquirente e del proprio potere per così dire contrattuale. Ormai non si tratta quasi più solo di creargli nuovi bisogni o di coccolarlo con doni e omaggi, di intrattenerlo e di entrarci in contatto, di fidelizzarlo o di fargli vivere esperienze indimenticabili. Occorre andare oltre: far tendere al limite questo rapporto uno-a-uno tra azienda e consumatore. Occorre un coinvolgimento più profondo, endto-end, dalla pre- alla post-vendita, soprattutto quando il prodotto ancora non c’è, e non solo nell’e-commerce. Occorre empatia, tornando al guru del marketing Don Peppers, empatia. 0054

Applicare l’empatia al business, a Standford lo chiamano “Customer Focused Innovation”, e si basa sui principi del Design Thinking, che lì hanno inventato: un metodo per trovare delle soluzioni creative a problemi esistenti partendo proprio dai bisogni (o presunti tali) di una persona. È esattamente quello che ha fatto Steve Jobs quando ha inventato l’ipod: “Alcuni dicono: ‘date al cliente quello che vuole’. Il nostro lavoro consiste nell’immaginare ciò che il cliente vorrà, prima ancora che lo faccia lui stesso. Una volta Henry Ford ha detto: ‘Se avessi chiesto ai clienti che cosa volevano, mi avrebbero risposto: un cavallo più veloce!’. La gente non sa ciò che vuole, finché non glielo fai capire tu”. Ma, come con gli amici, per far capire ai potenziali clienti quello che fa per loro, occorre chiamarli per nome, portarli vicino e parlare solo a loro.

SHARE A COKE Ricordiamo tutti il successo incredibile della campagna di personalizzazione del packaging di Coca Cola, “Share a Coke”, con tutti noi che cercavamo negli scaffali la bottiglia con il nostro nome, quello di amici e familiari. O la campagna di Nutella, con le etichette ad hoc per “avere un buongiorno con il tuo nome”. Forme di contatto fisico, che raggiungono l’apice nell’en-

gagement digitale che ogni giorno sperimentiamo on-line, non solo nell’e-commerce, ma in ogni forma di navigazione, dal social alle newsletter, dai banner alle notifiche push. Ormai, come la veggente del luna park, ogni ente sul web ci conosce, sa chi siamo, cosa facciamo, come navighiamo, cosa compriamo e, soprattutto, cosa vorremo comprare, ancor prima di desiderarlo. E non sono solo le briciole dei nostri cookies a lasciare traccia e a consentire la profilazione, ma soprattutto le tracce che lasciamo di noi in giro. E così osservandoci, capendo e immedesimandosi in noi le aziende creano i nostri bisogni, ci chiamano per nome e ci portano al carrello, fisico o virtuale, in un’escalation che parte dalle iniziali sui fazzoletti e gli abiti su misura dei secoli scorsi, alla bici pieghevole Brompton del 1981, ai jeans Spin di Levi Strauss Original del 1994, ai biglietti d'auguri personalizzati del 2002, ai Lego customizzati del 2016… C’è una statistica molto interessante dell’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano che dimostra come il 24% delle app vengono abbandonate dopo il primo uso e solo il 37% supera gli 11 usi: e il motivo è da ricercare nello scarso coinvolgimento dell’utente di queste app. Pensate cosa può succedere nelle corsie “mute” di un supermercato.


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