Stadium n. 1-4/2013

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Presidenza Nazionale

• Gli amici dello sport in oratorio • Vota il modello per i giovani • Credi nei tuoi sogni • Benedetto XVI e lo sport

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Il magazine di chi ama lo sport pulito

Formazione

Dirigenti sportivi si nasce o si diventa?

F o n d a t o n e l 1 9 0 6 - N. 1 / 4 - G e n n a i o / A p r i l e 2 0 1 3

Clericus Cup

BENEDETTI SEDICESIMI

Junior TIM CUP

Quando la parrocchia finisce in serie A

Nuovo CONI “Ritorno alla base” Intervista a Malagò

HABEMUS PAPAM



PAROLA DI PRESIDENTE

Massimo Achini Presidente nazionale CSI

L’impegno del Csi per creare e formare la figura del volontario sportivo internazionale

La “fine del mondo” come orizzonte

A

ppena iniziato, il pontificato di papa Francesco si preannuncia straordinariamente ricco di grazia e animato da un forte slancio missionario. Dalle sue prime parole si è colto che per lui, che si è detto chiamato al soglio di Pietro “dalla fine del mondo”, tutte le “fini del mondo” sono ugualmente da raggiungere nel segno della carità e della misericordia cristiane. Le aree alla “fine del mondo” non sono geografiche, non hanno confini, non sono soltanto materiali, ma sono ovunque l’essere umano abbia bisogno di essere guarito dalle povertà, dalle malattie, dallo sconforto. Colpiscono, e riguardano da vicino anche il Csi, le esortazioni che il nuovo Papa ha rivolto ai vescovi in un incontro nella Congregazione di “Propaganda Fide”. Bisogna uscire, - ha detto - andare verso chi ha bisogno, ad annunciare il Vangelo nelle periferie. Anche se a volte può esserci stanchezza, come cristiani siamo chiamati ad annunziare sempre il Vangelo, con zelo e con amore. Papa Bergoglio - ha riferito il cardinale Filoni - «ci ha esortato a uscire da noi stessi, a non cedere a tentazioni di autoreferenzialità, ma ad andare verso i bisognosi, a portare un annuncio di gioia e di speranza verso tutte quelle realtà segnate dalla miseria materiale e spirituale». Mentre questo primo messaggio di papa Francesco si diffondeva, il Csi era appena

tornato da Haiti, dove, con l’effettuazione di un corso per allenatori di calcio e basket con 50 iscritti, aveva posato un’altra importante pietra nella costruzione di uno sport haitiano in grado di essere appunto segno di gioia e di speranza per una gioventù che vive in condizioni difficilissime. Il progetto haitiano si inserisce nel quadro più ampio delle azioni che, sotto la sigla “Il Csi per il mondo”, vede da tempo l’Associazione, i suoi Comitati e le sue Società sportive, impegnati ad operare presso comunità svantaggiate di paesi lontani. Ora questo papa così coinvolgente nella sua semplicità e umiltà, che entrambe rimandano direttamente al Vangelo, ci invita a impegnarci ancora di più, a non stancarci, ad uscire dalle nostre certezze per accettare la sfida dell’essere strumento di evangelizzazione attraverso lo sport anche nelle realtà più complesse. Tante cose su questo percorso il Csi le ha già fatte, altre sono sul tavolo pronte ad essere trasformate da progetti in azioni. Una delle idee che stanno prendendo forma e su cui vogliamo impegnarci riguarda la creazione e la formazione delle figura del volontario sportivo internazionale, sulla quale fare affidamento per allargare ancora l’orizzonte del Csi e “specializzare” i suoi interventi ad ogni realtà che sia “fine del mondo”. 3


SOMMARIO Il magazine di chi ama lo sport pulito

C E N T R O S P O R T I V O I TA L I A N O 1 PAROLA DI PRESIDENTE La “fine del mondo” come orizzonte

20 DOSSIER Vota il modello per i giovani

3 LA BUONA NOTIZIA La rivoluzione di Pasqua

40 COSTUME 22 DOSSIER A Port au Prince, la terza Parla la passione volta del Centro sportivo 41 FORMAZIONE italhaitiano Dirigenti sportivi si nasce o si diventa? 24 ULTIM’ORA Papa Francesco 44 FOCUS Benedetto XVI e lo sport 26 ATTUALITà Benedetti sedicesimi 48 AGENDA 32 JUNIOR TIM CUP Quando la parrocchia finisce in Serie A

Direttore responsabile Claudio Paganini - claudio.paganini@csi-net.it

17 LIBRI

36 DANONE NATIONS CUP Credi nei tuoi sogni

Stampa: Varigrafica Alto Lazio Via Cassia, km 36,300 Zona Industriale Settevene - 01036 Nepi (VT)

18 DISABILI Forza fenicotteri 4azzurri!

37 GAZZETTA CUP Fiori rosa, fiori di GazzettaCup

Poste Italiane SPA - Spedizione in abbonamento postale -70% - DCB Roma

4 ATTUALITà “Ritorno alla base, riparto dall’oratorio” 10 ATTUALITà Libro bianco, futuro grigio 13 PRIMO PIANO Gli amici dello sport in oratorio

39 EVENTI La porti un pallone a Firenze

Quadrimestrale del Centro Sportivo Italiano

Editore Centro Sportivo Italiano Via della Conciliazione, 1 - 00193 Roma Iscrizione al Tribunale Civile di Roma n. 118/2011 Redazione: stampa@csi-net.it Tel. 06 68404592/93 - Fax 06 68802940 Hanno collaborato a questo numero: Massimo Achini, Alessio Albertini, Felice Alborghetti, Maurizio Caterina, Roberto Mauri, Massimiliano Morelli, Andrea De Pascalis, Giulj Picciolo, Danilo Vico. Foto: Daniele La Monaca, Siciliani Impaginazione: Gianluca Capponi

Periodico associato all’USPI (Unione Stampa Periodica Italiana)


LA BUONA NOTIZIA

don Alessio Albertini Consulente Ecclesiastico Nazionale CSI

La rivoluzione di Pasqua

I

n quel pomeriggio del Venerdì Santo, in cui morì Gesù di Nazareth, il dominio di ANCHE sembrava definitivo. Anche lui! Alla fine anche lui era come tutti e la morte dimostrò che non esistono eccezioni e che bisogna rassegnarsi. Come tutti quelli che dietro questo semplice vocabolo, anche, trovano la scusa per nascondersi nel gregge come pecore: “Tutti pensano a se stessi, anche io…, tutti cercano di imbrogliare, anche io”. Quando poi uno vuole spegnere la speranza e lasciare in solaio la fantasia, mette anche dappertutto. E non dice: “Oggi vado al lavoro” ma piuttosto: “Anche oggi vado al lavoro”, e già la malinconia gli stringe il cuore per la noia e la fatica che lo aspetta. è facile capire che di questo passo ogni originalità è messa fuori legge. E infatti “anche” è il principio della pubblicità e della moda. Invece, proprio in quel Venerdì, cominciò la sconfitta di “anche”: perché contro ogni previsione, Gesù sconfisse ogni insulsa, scontata, supponente previsione. Così l’umanità ricevette di nuovo la speranza, la fantasia, l’originalità. Comincia proprio da lì, dalla Risurrezione, la chiamata a rendere migliore questo mondo. E perché no, anche lo sport? La mattina di Pasqua alcuni uomini furono chiamati fuori, messi da parte, ciascuno con una propria missione

irripetibile, geniale, unica. Fu allora che il nostro “anche” per non scomparire senza lasciar traccia, trovò la soluzione di mettersi con il “se”. Ne venne fuori “anche se”, che è la formula più rivoluzionaria, più generosa, più eroica. Anche se hai tanti soldi e puoi permetterti i migliori ristoranti, non puoi dimenticarti dei più bisognosi. Il calciatore dello Swansea City, Rangel, avendo notato che il cameriere di un fastfood stava gettando nell’immondizia un sacco di panini ha chiesto di risparmiarli per i più poveri. Per tutta la notte Rangel insieme alla moglie hanno

“anche se”, dal mattino di Pasqua, è la formula più rivoluzionaria, più generosa, più eroica. girato per le strade della città a distribuire panini. “Non so se riuscirò sempre a trovare panini per tutti e così dovrò cucinare una frittata di patate spagnola”, ha concluso scherzando. Anche se pensi di aver perso tutto c’è sempre un’altra possibilità. Come il soldato britannico Derek Derenalagi, dichiarato morto dopo un attacco dei talebani in Afghanistan. Addirittura il suo corpo era

già stato chiuso in un sacco per il rimpatrio. Dopo otto giorni di coma si risveglia in un letto di ospedale con al fianco sua moglie Ann. Non ricordava più nulla dell’accaduto ma un ricordo indelebile lo avrebbe accompagnato per tutta la vita: aveva perso entrambe le gambe. Durante la riabilitazione guarda in tv le Paralimpiadi di Pechino e ne rimane affascinato. Cinque anni, sei settimane e un giorno dopo quel terribile incidente Derek fa il suo ingresso, sulle sue gambe, nello stadio olimpico di Londra per gareggiare nel lancio del disco. “Anche se il fairplay può costarmi la vittoria”… è stato il pensiero del mezzofondista Ivan Fernandez nella gara di cross di Pamplona nel dicembre scorso, quando all’ultima curva ha notato che l’etiope che lo precedeva con un cospicuo distacco saltellava felice convinto della vittoria. Ma la linea del traguardo era a un centinaio di metri più avanti. Avrebbe potuto approfittare dell’equivoco e invece Fernandez ha spinto l’atleta fino al traguardo accontentandosi del secondo posto. “L’ho lasciato vincere – ha dichiarato – perché il mio cuore mi diceva che era lui il vincitore della gara”. Anche e se, da quel mattino di Pasqua, vanno sempre insieme: e chi li trova è fortunato. Sta attento, perché potrebbero passarti vicino. 5


CHIESA & SPORT

Giovanni Malagò è il nuovo presidente del Coni. È stato eletto il 19 febbraio a Roma durante il Consiglio Nazionale del Comitato Olimpico e succede a Giovanni Petrucci. Malagò ha ottenuto 40 voti, uno in più della maggioranza necessaria all’elezione come presidente del Coni. Raffaele Pagnozzi ha ottenuto 35 voti. Malagò è il quindicesimo presidente del Coni

“Ritorno alla base, riparto dall’oratorio” di Felice Alborghetti 6


PRIMO ATTUALITà PIANO

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ATTUALITà

“N

ello sport è difficile vincere, ma anche non vincere” le parole a caldo di Giovanni Malagò, visibilmente commosso, subito dopo la proclamazione del voto, che lo ha eletto numero uno dello sport italiano. Il neopresidente ha abbracciato le due figlie presenti al Salone d’Onore del Coni, senza trattenere le lacrime. Partiamo da qui, prima di addentrarci su alcune delle principali tematiche e nuove linee guida nel governo dello sport italiano. Quanto conta la famiglia nella sua esperienza di vita? “La famiglia è un baluardo inattaccabile, uno dei valori intramontabili cui fare sempre riferimento. Ci tenevo che le mie figlie vivessero con me quella giornata, non necessariamente nell’ottica della vittoria. A loro ho sempre insegnato diritti e doveri, ad apprezzare le cose belle e ad accettare quelle meno belle. Ludovica è tornata da Los Angeles dove frequenta un Master, Vittoria invece l’ho intercettata tra Milano e il Sudafrica: mi faceva piacere facessero un sacrificio perché le volevo accanto”.

“Tornare alla base non vuol dire andare indietro, anzi significa ritrovare le forze per aggredire il futuro e ottenere riscontri importanti”. L’obiettivo di governo di Malagò è che “Lo sport che verrà deve fare da traino per il nostro disastrato Paese. Con lo sport possiamo creare sviluppo. Felice se la mia presidenza lasciasse un segno in questo senso”.

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Presidente, la sua campagna elettorale è iniziata in un oratorio di San Lorenzo per finire in un liceo ai Parioli. Una scelta insolita per un candidato alla presidenza del Coni fare la prima presentazione ufficiale del suo programma in un oratorio. Come é nata quest’idea? “è stata un’idea spontanea, legata al mio modo di concepire lo sport. L’oratorio è un formidabile centro di aggregazione e deve essere il punto di partenza per il nostro movimento: non è immaginabile l’attività di vertice in sua assenza. Ritengo quindi che l’oratorio sia il simbolo di partenza, l’architrave del sistema agonistico”. La sua umanità e la capacità di dialogare con le persone sono carismi che le riconoscono tutti. Supponiamo che domani si trovi ad incontrare casualmente il dirigente di una delle tantissime piccole società sportive di periferia che si basano sul volontariato e che spesso si sentono abbandonate dai vertici


ATTUALITà

I componenti la Giunta del CONI

dello sport italiano. Come lo conforterebbe per regalargli un po’ di speranza e di entusiasmo? “La mia elezione è figlia del coraggio, dell’impegno e della voglia di protagonismo collettivo. Ho saputo ascoltare non solo le esigenze dei dirigenti federali ma di tutto il mondo sportivo, di chi fa volontariato, di chi vive alla periferia del grande movimento. Voglio certamente rappresentarli e coinvolgerli: penso a una forte condivisione per superare gli ostacoli che lo sport troverà sul proprio cammino. A loro dico che non può esserci sviluppo senza coinvolgimento e strategia, non

può esistere creazione di valore senza collegialità e pianificazione. Non ci sono preconcetti, il CONI è aperto a tutti per vagliare e ragionare su idee che possano schiudere nuovi percorsi di crescita”. Siamo un Paese in crisi. Quale contributo può dare oggi lo sport alla crescita del Paese? “Lo sport deve fare da traino al Paese, generando sviluppo. Compito sicuramente oneroso ma non impossibile. Ci vuole impegno, abnegazione, grande spirito di applicazione, si tratta di una mission che trae spunto dalla componente agonistica

Nei box presenti su queste pagine riproduciamo alcuni punti del programma presentato da Giovanni Malagò al momento della presentazione della sua candidatura alla presidenza del CONI.

«Non vi può essere sviluppo senza coinvolgimento e senza strategia, non vi può essere creazione di valore senza collegialità e senza pianificazione. Il tutto con un confronto schietto, onesto e nel segno di una partecipazione e di un’armonia senza le quali il CONI diventa, più che la casa dello sport, la sede di un potere arroccato su se stesso e distaccato dalla base».

per estendere i propri benefici in campo sociale. Servono progetti che possano aiutare l’Italia, lo sport può essere interpretato come risorsa lavorativa per i giovani. Sarei felice se la mia Presidenza lasciasse un segno in questo senso”. La Chiesa italiana pone la sfida educativa come una delle grandi questioni che riguardano la società del nostro tempo e sostiene che lo sport può offrire un contributo fondamentale all’educazione dei ragazzi e dei giovani. Lei crede che la partita educativa sia una partita per pochi o che debba coinvolgere sempre di più tutto il sistema sportivo italiano? “Ritengo che lo sport sia anche un formidabile strumento educativo. Il compito di chi fa attività agonistica, a qualsiasi livello, deve essere sempre quello di conferire una prospettiva privilegiata all’aspetto comportamentale. Il nostro è un mondo che vive sotto la luce dei riflettori, deve essere sempre in grado di creare modelli ed esempi virtuosi: i campioni dello sport devono saper essere anche campioni di vita, coniugando il talento al rispetto dell’etica”. Cosa si aspetta dagli enti di promozione sportiva? Quale ruolo giocheranno nel suo mandato e che contributo possono dare allo sport italiano? “Gli Enti hanno un ruolo nevralgico nell’ottica di cambiamento e di riforme 9


ATTUALITà

“I praticanti, il volontariato e il territorio, intesi nella loro essenza e non solo nell’ottica di conquista-medaglie, non possono meritare attenzioni quando vincono ed essere abbandonati quando i risultati non arrivano. Lo sport dei successi non esiste se non c’è sotto una bella e solida piattaforma”. che vuole perseguire il CONI perché sanno diffondere lo sport, facendo dell’attività motoria il veicolo per promuovere salute e benessere tra i cittadini. L’obiettivo è quello di sviluppare una sempre più diffusa capacità di sostenere il movimento fisico, sentendosi attori protagonisti, al centro della scena, per valorizzare l’importanza sociale di un’azione capillare e costante. Si parla di un’attività di base imprescindibile”. Il CSI vanta quasi 70 anni di esperienza nel promuovere lo sport come strumento di educazione alla vita. È contento di averlo in giunta? “Mi vanto di aver già condiviso un quadriennio in Giunta con Massimo Achini e devo dire che ho sempre apprezzato l’entusiasmo e la capacità di saper interpretare il ruolo con spirito costruttivo. Il CSI si caratterizza come importante punto di riferimento per esaltare la diffusione del concetto di sport per tutti, con la finalità di far crescere anche la nostra società”. L’Italia é l’unica nazione al mondo ad avere il cappellano olimpico (a Londra mons. Mario Lusek) inserito nella delegazione ufficiale. Confermerà questa scelta? “Si tratta di un orientamento che condivido, come irrinunciabile desiderio di trovare - grazie alla fede - quell’intima certezza di serenità e di conforto alla vigilia delle sfide sportive più importanti. La presenza di un esponente religioso, tra l’altro, può certamente favorire il massimo impegno per affermare l’autenticità e la trasparenza nei comportamenti, nel pieno rispetto delle regole e lontano dalle pericolose degenerazioni che attentano alla genuinità della competizione”. C’è spazio per un ultimo sms da 10

inviare alle centinaia di migliaia di società sportive di base del Paese. Cosa ci scrive il numero uno dello sport italiano? “Ritorno alla base”. Che racchiude la formula capace di esprimere uno dei punti salienti del mio programma. Tornare alla base non vuol dire andare indietro, anzi significa ritrovare le forze per aggredire il futuro e ottenere riscontri importanti. Dobbiamo recuperarla perché sembra essersi allontanata terribilmente dal vertice negli ultimi 20 anni. I praticanti, il volontariato e il territorio, intesi nella loro essenza e non solo nell’ottica di conquista-medaglie, non possono meritare attenzioni quando vincono ed essere abbandonati quando i risultati non arrivano. Lo sport dei successi non esiste se non c’è sotto una bella e solida piattaforma”.

«Il riconoscimento del giusto ruolo di tutti gli attori del panorama delle Istituzioni sportive non può prescindere da taluni principi ed azioni fondamentali [tra cui]: ... b) superamento di qualsiasi contrapposizione tra Federazioni, Discipline Sportive Associate, Enti di promozione in favore di un sistema integrato, bilanciato; c) valorizzazione dello sport amatoriale, componente essenziale dell’economia dello sport italiano;... e) concreto supporto agli Enti di Promozione sportiva, con nuove progettualità ed energie nel loro fondamentale ruolo di volano dello “sport per tutti”; g) valorizzazione delle Società Sportive e dei volontari attraverso le rispettive Istituzioni sportive..».


PRIMO PIANO «Sogno un CONI che sia in grado, anche attraverso il coinvolgimento, la condivisione e la sollecitazione di nuove risorse, di creare valore non solo per lo sport ma per il Paese tutto; che sia in grado di tramutare i costi in investimento, quindi sia generatore di benefici sociali ed economici».

Giovanni Malagò Giovanni Malagò è nato a Roma il 13 marzo 1959. Ha due figlie gemelle Vittoria e Ludovica. Risiede a Roma. Ha conseguito la Laurea in Economia e Commercio. Da sportivo è stato giocatore di calcio a 5, vincitore di 3 campionati italiani con la Roma RCB, 4 Coppe Italia, di cui 2 con l’Aniene. Ha partecipato con la Nazionale Italiana al Mondiale in Brasile nel 1986. Atleta azzurro d’Italia. Dal 2002 al 2010 Consigliere d’Amministrazione di Banca di Roma e successivamente di Unicredit. Dal 1997 Presidente del Circolo Canottieri Aniene. Dal 1998 al ‘99 Presidente del Comitato Organizzatore degli Internazionali d’Italia di Tennis. Dal 2001 al 2003 e dal 2009 membro della Giunta Esecutiva del CONI. Nel 2003 Coordinatore del Comitato di “Sport per Tutti” promosso dal CIO e dal CONI. Presidente del Comitato Organizzatore “Europei di Pallavolo” 2005. Presidente del Comitato Organizzatore dei Mondiali di nuoto di Roma 2009. Presidente Comitato Organizzatore Eurolega di Pallavolo nel 2006. 11


ATTUALITà

Lo sport italiano al microscopio

Libro bianco, futuro grigio

Nelle prossime settimane dovrebbe essere presentata dal CONI la terza e ultima parte del Libro bianco dello sport italiano. Nell’attesa ripercorriamo cosa è emerso dalle prime due parti di Andrea De Pascalis

S

ta per completarsi il puzzle con la fotografia complessiva dello sport nazionale, bilanci, problemi e prospettive inclusi. A meno di imprevisti, la primavera dovrebbe portarci la pubblicazione della terza e ultima parte del Libro Daniele Molmenti

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bianco del CONI, base su cui mettere ulteriormente a punto il progetto di autoriforma “Lo sport italiano verso il 2020” varato sotto la presidenza Petrucci. La scelta della presentazione in tre tappe, distanziate l’una dall’altra di alcuni mesi,

non semplifica il compito di cogliere il senso complessivo dell’analisi compiuta dal Foro Italico. Un piccolo promemoria può essere utile. La prima parte del Libro bianco, presentata il 10 luglio 2012, era servita a descri-


ATTUALITà

Spesa dalla PA per la Funzione Sport e Atività ricreative nei principali Paesi UE

vere in sintesi lo stato di salute generale dello sport nazionale, con un ritratto che alternava luci e ombre. Tra le luci l’ulteriore crescita del numero dei praticanti nel primo decennio di questo secolo, con gli sportivi continuativi passati dal 19,3% della popolazione (2001) al 22,0% (2011) e quelli totali, continuativi e non, cresciuti nello stesso intervallo di tempo dal 55,8% al 58,5%. Tra le ombre l’insufficienza dei nostri numeri rispetto alla media europea, la riduzione dei finanziamenti pubblici e la mancanza di certezze circa il loro ammontare, gli squilibri persistenti tra Nord e Sud, l’insufficienza dello sport nella scuola. La seconda parte, presentata il 18 dicembre 2012, ha proposto in massima parte un’analisi del livello di competitività dello sport italiano di alto livello, giudicato in rapporto ai finanziamenti pubblici ricevuti e ai risultati conseguiti nelle competizioni internazionali da altri paesi. Ne è risultato che lo sport azzurro se la cava affatto male, come dimostra il medagliere delle ultime 4 edizioni olimpiche. Aumenta il numero di specialità cui partecipano i nostri atleti, aumenta in qualità e quantità la componente femminile. Di buona salute olimpica gode anche lo sport paralimpico. Tutto questo si configura come una sorta di miracolo all’italiana. La “fotografia” scattata dal Coni, con l’ausilio degli atenei Bocconi di Milano e La Sapienza di Roma, dedica un altro capitolo alla spinosa questione dei contributi pubblici a favore dello sport, arrivando alla conclusione che negli ultimi dieci anni e in termini reali la spesa pubblica complessiva per lo sport è diminuita

Stima del risparmio complessivo - Soggetti attivi e Semi attivi

mediamente del 2,6%, decremento che nel 2010 è ammontato addirittura al 16% rispetto all’anno precedente. Che il sistema sopravviva, e continui a farsi onore a livello di competizioni internazionali, è appunto una forma di miracolo, o meglio un attestato al merito per il modo in cui le risorse sono messe a frutto. Se a livello di medagliere l’Italia ottiene risultati comparabili a quelli di Gran Bretagna, Francia e Germania, il confronto con i loro finanziamenti è impietoso: -50% rispetto a Gran Bretagna e Germania, -65% rispetto alla Francia. Nell’ambito

dell’Unione Europea l’Italia si colloca tra i paesi con la spesa pro-capite più bassa (circa 64 euro) insieme a Irlanda e Grecia. L’illogicità di questa scelta è stata evidenziata nelle ultime pagine dello studio del 18 dicembre, che analizzava l’impatto della pratica sportiva sia sulla spesa sanitaria sia sul PIL nazionali. Assumendo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità circa la riduzione di alcune patologie ottenibili con una pratica sportiva regolare, e rapportando tali dati con i numeri della popolazione italiana, si arriva a conclusioni straordinarie: il livello attuale 13


ATTUALITà

di pratica sportiva consente oggi di evitare ogni anno 52mila malattie (pari alla popolazione del Comune di Pordenone o Campobasso), ovvero circa 1,5 mld di euro risparmiati sulla Spesa Sanitaria Nazionale e 22mila decessi, in euro pari a 32 miliardi di valore della vita “salvaguardato”. I benefici economici, quanto a costi sanitari diretti e indiretti risparmia-

ti, ammontano a più di 2 miliardi di euro l’anno. Si conferma che conferire risorse allo sport va considerato un investimento fruttifero e non uno spreco. In attesa della terza e ultima parte del Libro bianco, che dovrebbe essere tarata in buona parte sullo sport sociale, si può credere il trascorrere dei mesi non ha giovato al significato generale della

ricerca come piattaforma del possibile cambiamento. Non solo il CONI ha cambiato i suoi vertici, con l’elezione di Giovanni Malagò alla presidenza, ma su tutto pesa anche l’incognita della difficilissima situazione economica e istituzionale che avvolge il paese.

Stima delle morti evitate all’anno - Soggetti attivi

L’impatto della pratica sportiva sulla spesa sanitaria

* Popolazione > 14 ** Benefici relativi a 5 patologie per le quali è provato il nesso di casualità tra sport e salute: malattie cardiovascolari, ictus, tumore al colon, tumore al seno, diabete tipo II.

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Gli amici dello sport in oratorio Gli “Ambasciatori” s’impegneranno in iniziative di campo e in operazioni “engagement virtuale”: incontreranno squadre di giovani tesserati negli stessi oratori in cui si sono formati da ragazzi e si faranno promotori della pagina Facebook ufficiale degli “Amici dello sport in oratorio” per raccogliere i “Mi Piace” di campioni e dilettanti, adulti e teen agers, uomini e donne che condividono la stessa visione educativa dello sport. di Danilo Vico 15


PRIMO PIANO

“Educare alla vita attraverso lo sport è l’unica partita che nessun dirigente possa permettersi di perdere; per questa ragione il Centro Sportivo Italiano culla un sogno: portare lo sport in tutte le parrocchie e oratori del Paese”

I

l Centro Sportivo Italiano ha presentato ufficialmente la nuova campagna di comunicazione 2013 “GLI AMICI DELLO SPORT IN ORATORIO”, promossa per valorizzare l’oratorio come luogo ideale per la preparazione sportiva e culturale dei giovani, centro d’aggregazione sociale senza uguali in cui hanno cominciato il proprio percorso grandi e affermati campioni dello sport. Per questa campagna ben nove “Ambasciatori” hanno accettato con entusiasmo di prestare la propria voce ed il proprio volto per dare visibilità al posto dove “tutto è cominciato qui” e per invitare gli sportivi di tutta Italia a dichiarare la propria “amicizia” all’oratorio: Mauro Berruto coach della Nazionale maschile di volley e Bronzo ai Giochi Olimpici Londra2012; Paola Cardullo, Oro ai Mondiali di volley Germania2002; Emiliano Mondonico, allenatore di calcio e commentatore TV; Matteo Morandi, il nuovo “Signore degli Anelli” e Bronzo a Londra2012; Samuel Pizzetti, Bronzo 400SL Europei Vasca Corta Debrécen2012; Bruno Pizzul, voce storica della Nazionale di calcio; Antonio Rossi, Oro ai Giochi Olimpici Atene2004; Giusy Versace, runner biamputata, primatista italiana 100mt e 200mt, sono gli otto volti della campagna di advertising che in questi giorni trova spazio sulle principali testate giornalistiche nazionali. A completare questo team di grandi campioni, nati e cresciuti sportivamente tra campo e parrocchia, secondo una precisa indicazione di Gianfelice Facchetti, comparirà anche “l’olmo” Gia-

Mauro Berruto

cinto (secondo la celebre definizione dell’interista Severgnini), senza dubbio la più elevata espressione dello sport in oratorio di sempre. Potendo contare su una squadra di così elevata caratura, è stato semplice declinare la campagna in un visual pubblicitario che è sintetizzato dal claim “tutto è cominciato qui” ed è costruito sui tre cardini della mission del CSI: l’educazione (attraverso lo sport), i valori (del luogo) e l’eccellenza (degli Ambasciatori). La grafica mette quindi sullo stesso piano un gruppo di bambini che gioca felici, un prete in procinto di “fare canestro”, un piccolo calciatore che esulta e ognuno degli Ambasciatori ritratto sia nel suo gesto sportivo più riconoscibile sia nel suo volto da bambino, così come compariva sul tesserino consunto ed originale del CSI. Sullo sfondo, un oratorio come tanti in Italia con il campetto ed il campanile ad abbracciare tutte le emozioni. Per questo progetto il CSI ha coinvolto anche il Forum oratori italiani nella persona del presidente don Marco Mori. Il senso più profondo di questa iniziativa del CSI l’ha spiegata bene il presidente nazionale Massimo Achini “Educare alla vita attraverso lo sport è l’unica partita che nessun dirigente possa permettersi di perdere; per questa ragione il Centro Sportivo Italiano culla un sogno: portare lo sport in tutte le parrocchie e oratori del Paese. La pratica sportiva in oratorio, che ha fatto crescere tantissimi campioni ma soprattutto ogni giorno fa crescere migliaia di ragazzi e di giovani, rappresenta la storia, il presente ed il futuro di tutto lo sport italiano”.

La parola degli Ambasciatori Mauro Berruto

«Non è un modo di dire, non è un’esagerazione, non è una favola. È partito tutto dal mio oratorio, davvero. Avevamo un motto a quei tempi: “Insieme è più facile”. Penso semplicemente di averlo messo in campo in tutte le squadre, di tutte le categorie in cui ho allenato. Quando questo succede le favole non sono più favole ma presupposti per diventare realtà. “Insieme è più facile”: sapendo dove si incomincia ma non sapendo dove si arriverà: magari dall’Oratorio ai Giochi Olimpici».

Paola Cardullo

«Sono sempre stata spinta da una sana competizione, Giocavo da bambina ad Omegna in una squadretta, dove ho imparato l’impegno per arrivare ad

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PRIMO PIANO

ottenere un risultato e a gestire senza drammi successi e insuccessi. Anche a quei livelli c’è una sana competizione ed è importante viverla, gradualmente, anche a quell’età».

Emiliano Mondonico

Gianfelice Facchetti

«Giacinto sarebbe felicissimo di far parte di questo “Top Team” perché l’oratorio Sant’Agostino di Treviglio, al pari del quartiere operaio dove è cresciuto, è stato per tutta la vita uno dei luoghi cui è rimasto più legato. Non è un caso che la recente iniziativa della Gazzetta dello Sport di intitolare alcune vie di Milano agli sportivi lo vede tra i più votati dai lettori: la via è il luogo dove è nato e l’oratorio è il posto dove è diventato grande». Giusy Versace

Emiliano Mondonico

«In un paese della bassa padana dove l’assenza dello sport era diventato un incubo per noi ragazzi, la partecipazione ad un campionato CSI di calcio ha permesso a tutti ed a me in particolare di intraprendere un percorso sportivo di grande rilievo unito al rispetto delle regole non solo sportive, non finirò mai di ringraziare quei volontari che hanno contribuito a far si che il sogno diventasse realtà».

Matteo Morandi

«Quando il Presidente del CSI Massimo Achini mi ha chiesto di aderire a questa meravigliosa iniziativa ho risposto con gioia ed entusiasmo! Sono cresciuto a Velasca un paesino di 1600 abitanti in provincia di Milano e l’Oratorio Don Bosco era il punto di ritrovo quotidiano di noi bambini. La mia scuola confinava con l’oratorio e appena terminava l’orario scolastico correvo a giocare con i miei amici. Era un grande punto di riferimento non solo per noi bambini diventati poi ragazzi, ma per le nostre famiglie che ci sapevano sicuri in un luogo dov’eravamo protetti ed educati alla vita! Conservo dei ricordi meravigliosi, ricordi che rivivo ogni qual volta vado nel mio oratorio per incontrare i bambini di oggi che, come noi bambini di ieri, hanno tanta voglia di crescere e divertirsi! Io ero campione di “Scavalca Cancelli” perché scavalcavo dal cortile della scuola per andare in oratorio e nonostante la Medaglia ai Giochi Olimpici di Londra per gli amici dell’oratorio sono sempre lo “Scavalca Cancelli!»

Samuel Pizzetti

«Quando ero più piccolo ai Grest ho trascorso molte delle mie estati. Questa campagna mi permette di rivivere uno dei periodi più spensierati e felici della mia vita. Per questo sono onorato di mettermi a disposizione per promuovere lo sport nell’oratorio, il luogo che mi ha aiutato a crescere come uomo e dove oggi ho la possibilità di incontrare dei ragazzi ai quali trasmettere la mia esperienza nella speranza di poter dare loro il mio piccolo contributo; mi piacerebbe spronarli a credere nei pro-

pri sogni e ad acquisire la consapevolezza che tutto è possibile, il mio motto è: “Nessuno è degno quanto te di decidere il tuo futuro”. Io ho iniziato a frequentare l’oratorio a 6 anni. Qui ho avuto la possibilità di provare molti sport: calcio, atletica, basket, pallavolo ma ricordo che mi piaceva moltissimo il giorno dei giochi d’acqua, insomma il mio primo amore con l’acqua si può dire che sia nato proprio all’oratorio. Con il tempo spero che altri ragazzi arrivino ad amare il nuoto come me».

Bruno Pizzul

«Con colpevole ritardo mi rifugio nel non sempre credibile esercizio dell’autocritica: in passato, ai microfoni, ho talora abusato dell’espressione “rinvio alla viva il parroco” o similari, per bollare una giocata non particolarmente elegante o efficace. Implicito il riferimento poco lusinghiero alla qualità non eccelsa della pratica sportiva negli oratori. Errore personale, derivante da uno dei tanti luoghi comuni fasulli che zavorrano i correnti giudizi sullo sport dei giovani. In effetti, a sconfessare simili convincimenti, sarebbe sufficiente verificare quanti dei campioni affermati, nel calcio e in altre discipline, hanno maturato le prime, fondamentali esperienze agonistiche in ambito oratoriano. Tanto dovrebbe essere sufficiente ad eliminare il diffuso pregiudizio che lo sport dell’oratorio sia meno importante e produttivo rispetto a quello gestito e organizzato dalle tradizionali federazioni: quante volte abbiamo saputo di genitori convinti che i propri rampolli avrebbero più possibilità di sfondare e fare carriera

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PRIMO PIANO

I fratelli Albertini: Gabriele il più piccolo gioca ai piedi del papà, Demetrio il primo in basso a sinistra, Alessio il terzo in piedi da sinistra.

I fratelli Albertini e la “stoffa” di due campioni

se inseriti in campionati giovanili con l’etichetta FIGC anziché in realtà targate CSI, tradizionale supporto dell’agonismo negli oratori. Credo che sia doveroso e necessario rivendicare pari dignità e valore della pratica sportiva oratoriana rispetto alle altre organizzazioni esistenti, fermo restando che la finalità ultima non è creare campioni ma proporre, giocando, un percorso di crescita umana, civile e religiosa. Mi consola verificare che, con riferimenti familiari personali, l’oratorio, anche nella sua dimensione ludico sportiva, resta il luogo scelto e privilegiato per il nonno, che sarei poi io, i miei tre figli e gli undici nipoti, in contesti diversi territorialmente e temporalmente, ma caratterizzati dalla costante volontà di coniugare il momento dello sport con l’educazione civile, morale e religiosa. Impresa non sempre agevole ma che, nonostante tutto, continua a dare i suoi frutti. Con stima e gratitudine da un antico tesserato CSI».

Antonio Rossi

«Che emozione sugli sci, giornate indimenticabili quelle all’Oratorio San Francesco di Lecco quando, a 9 anni, gareggiavo sugli sci per l’Aurora San Francesco. Quanta emozione nell’attesa dei giorni in cui il pulmino doposcuola ci portava in Valsassina. Torno volentieri oggi tra i ragazzi in oratorio, dove il valore dello sport non è mai in una rincorsa al risultato».

Giusy Versace

«Credo molto nell’alleanza sportiva che si crea spesso negli oratori. Da piccola ne ho frequentato uno anche se per poco tempo e ciò che ricordo di più bello è la voglia di giocare insieme per passione e non per agonismo. Questo tipo di atmosfera aiuta i bambini anche a confrontarsi e formare il proprio carattere. Trovo infatti che sia un ottimo mix di alto valore educativo. L’oratorio oggi è il primo posto dove puoi acquisire, grazie allo sport, anche abilità e competenze in una o più pratiche sportive. Un luogo divertente dove potersi misurare in diverse discipline ma anche dove respirare la Fede e l’amore di Dio. Trovo che sia importante che i bambini crescano in ambienti simili, luoghi dove nessuno è maestro, perché l’unico Maestro è Gesù. Un’idea intelligente per togliere i ragazzi dalle strade e offrire loro un ambiente accogliente e protetto dove giocare e crescere insieme imparando ad amare lo sport. Credo fortemente che la collaborazione tra Chiesa e società sportive metta in evidenza quanto sia assurdo pensare di ottenere risultati educativi lavorando da soli. è proprio da posti come questi che nascono campioni dello Sport e della vita». 18

Don Alessio e Demetrio Albertini, fratelli, uno consulente nazionale del Csi e l’altro leader nel grande Milan e oggi tra i dirigenti della Federcalcio, sono esempi di come i campioni nascano anche in oratorio, all’ombra del campanile. «In oratorio – ricorda don Alessio - avevamo imparato che “l’avversario non è mai un nemico da abbattere”, ma un amico con cui confrontarsi». Demetrio partecipò al suo primo torneo del Csi quando aveva 9 anni e i suoi compagni di squadra, tra cui il futuro don Alessio, 13. Li allenava, sul campo e nella vita, papà Cesare che poi accompagnò Alessio nel suo sogno di diventare prete. Per Demetrio non fu facile conciliare scuola e sport. Ci riuscì con tenacia e con il sostegno della famiglia, anche quando la mamma si ammalò. Ancora oggi Demetrio non si dà arie. Il suo primo gol in serie A, con il Milan, il 6 ottobre 1991 all’Atalanta al Meazza, lo dedicò alla famiglia. L’unione speciale tra i due fratelli, nata in famiglia e rafforzata sul campetto dell’oratorio, regalò anche la coincidenza del primo scudetto di Demetrio la domenica prima dell’ordinazione sacerdotale di Alessio. Nel 1992 Demetrio vinse gli Europei under 21 contro la Svizzera e quindi andò alle Olimpiadi di Barcellona, città di quella squadra che poi superò, il 18 maggio 1994 ad Atene conquistando “la Coppa con le orecchie” e rendendo don Alessio un fratello orgoglioso. Al Mondiale del 1994 negli Usa, Demetrio segnò il rigore in finale, ma il Brasile ebbe ugualmente la meglio. Il tiro dagli 11 metri di Demetrio fu invece parato da Barthez ai mondiali del 1998. «Dopo quell’errore – ricorda Demetrio – mi sentivo molto solo, attorniato da milioni di persone. Non sentivo niente se non me stesso e la mia delusione». Don Alessio e Demetrio Albertini sono fratelli diventati campioni in e grazie all’oratorio e alla famiglia che, dicono in coro, «ci hanno aiutati a realizzare i nostri sogni facendoli poggiare su solide fondamenta, sui valori e sui sacrifici». [m.g.]


LIBRI

a cura di Massimiliano Morelli I GIORNI DI GIGI RIVA Paolo Gabriele, Aipsa edizioni, 25 euro Sarà pur vero che Gigi Riva è un campione di quel passato che non ritorna e dunque potrebbe perfino apparire superfluo dedicargli un libro come ha fatto Paolo Gabriele per Aipsa edizioni. Ma va anche spiegato che nell’immaginario collettivo uno come “Rombo di tuono” resterà per sempre una sorta di eroe dei due mondi, capace di sfondare in Sardegna e nel contempo di essere amato un po’ ovunque, forse per quella sua scelta di essere bandiera d’una provinciale e certo non d’uno squadrone. Perché uomini simbolo lo furono anche Giacinto Facchetti e Sandro Mazzola, Gianni Rivera e Paolo Maldini e oggi lo è pure Francesco Totti; ma c’è altresì da aggiungere che scegliere Cagliari preferendola a piazze come Milano e Roma è impresa da applausi e significa un ulteriore “atto di sacrificio”. Un’abnegazione che magari non lo è stata per l’attaccante lombardo trapiantato nell’isola felice, anzi c’è quasi la certezza della vera scelta di vita, lontana anni luce da atmosfere pesanti e salotti “finto-perbene”, costruita invece su rapporti umani tanto semplici quanto reali. Di Riva, comunque, è stato scritto “di tutto e di più”, ma la lettura di un volume come questo, che mantiene intatto il fascino del bianco e nero, riesce comunque a regalare sensazioni forti e s’accappona la pelle a chi ha scavalcato gli “anta” nell’osservare istantanee d’altri tempi mentre si rileggono spaccati d’una vita che fu. “Luis”, come lo chiamava Gianni Brera, suo grande estimatore, viene raccontato e ammirato in ogni sua sfaccettatura, dagli esordi col Laveno Mombello allo sbarco in Sardegna, isola che quando “Giggirrivva” la intravide per la prima volta, dall’alto d’un aereo, gli fece esclamare un qualcosa di simile all’“io qui non ci resto più di un quarto d’ora”. Riva e la nazionale, col record di gol ancora oggi imbattuto e gli infortuni in Azzurro patiti contro il lusitano Americo e l’austriaco Hof; Riva e il suo Cagliari, uno scudetto storico e una coppa dei campioni persa perché diventa difficile far gol da un letto d’ospedale; Riva e l’amicizia, gli affetti, i gol e i rapporti schietti con la gente isolana, lontana anni luce dallo stereotipo d’un “lumbard” come lui. Nessun miracolo della genetica, il libro di Gabriele spiega per filo e per segno scampoli di realtà certe, inframezzate da episodi che a viverli sarebbe stato un sogno. Un sogno come quello di chi ancora oggi fantastica per lo meno la nascita d’un erede di Riva per assegnargli di nuovo la maglia numero 11, ritirata come è consuetudine ormai quando il “grande” di turno appende le scarpette al chiodo.

LO SPORT DEL doping Alessandro Donati, Edizioni Gruppo Abele, 16 euro C’è chi parla di lotta al doping riempiendosi la bocca di teoremi e ipotesi, proposte fantascientifiche e spesso parole a vanvera e chi, Alessandro Donati, il cancrodoping lo combatte da anni, con cognizione di causa. Preambolo necessario per trattare l’argomento “Lo sport del doping-Chi lo subisce, chi lo combatte”, libro scritto da Donati per le Edizioni Gruppo Abele. Per la cronaca l’autore, già collaboratore del Coni, è un personaggio conosciuto in ogni angolo del pianeta per le sue battaglie e dice sempre cose talmente sensate al punto che quando, poco tempo fa, ha dichiarato alla stampa olandese che si potrebbero cominciare a nutrire sospetti perfino su Miguel Indurain, nessuno ha battuto ciglio, con buona pace del campione spagnolo. Perché non è certo la prima pagina né il sensazionalismo quel che spinge il “nostro” ad andare avanti come un caterpillar per cercare di debellare, o per lo meno di scovare, il male. Del resto, risultavano anomali già all’epoca gli spostamenti da Pamplona a Ferrara del ciclista iberico, e così adesso s’insinua pure sui suoi successi al Tour datati inizio anni Novanta, come se non fosse bastata la cancellazione dei “trionfi” di Lance Armstrong e le accuse, poi rivelate fondate, nei confronti di atleti dell’epoca: Bjarne Riis, Jan Ullrich e il compianto Marco Pantani. Diventa dunque inevitabile trovare in copertina sul libro di Donati una ruota di bicicletta, mentre l’invito particolare spinge a leggere attentamente il quarto capitolo del manoscritto, “Se l’omertà si incrina”. Certo, agli attenti non sfuggirà il fatto che il libro in questione è una sorta di prosecuzione di “Campioni senza valore”, altro libro scritto sul tema da Donati. Un volume datato 1989, come a sottintendere che è trascorso quasi un quarto di secolo, ma il problema rimane. Però c’è anche da dire che nelle prime settimane d’uscita del manoscritto, c’è anche stato il “tutto esaurito” in libreria, quasi a dimostrazione del fatto che l’argomento tira e conferma le attenzioni verso uno dei lati oscuri dello sport. Donati analizza l’Olimpiade del doping (Seoul ‘88), i “miracoli” dell’Epo, le stagioni del “pirata di Cesenatico”, l’ingresso in campo dell’Agenzia mondiale antidoping e chiude amaramente il suo scritto con le “considerazioni finali di una storia senza epilogo”. Quasi un pozzo senza fondo, insomma, nel contesto di un “manuale autobiografico” sull’evoluzione del doping in Italia e nel mondo negli ultimi trent’anni. Un manuale redatto con cognizione di causa dall’unico consulente italiano e membro della Wada. 19


DISABILI

La prima Nazionale Csi attesa in Francia dall’amichevole con i transalpini. In campo con le stampelle ad Annecy il 27 aprile

Forza fenicotteri azzurri! di Danilo Vico

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rima volta in campo internazionale per una Nazionale targata Csi. La neonata Nazionale di Calcio Amputati dal 26 al 28 aprile è attesa a la Balme de Sillingy, dipartimento Alta Savoia in Francia per giocare un’amichevole con l’analoga rappresentativa transalpina. Non lontano da Lione nella regione del Rodano-Alpi la gara si giocherà sabato 27 ad Annecy, la cittadina capoluogo del dipartimento. Quindici i convocati agli ordini dei tue tecnici emiliani Renzo Vergnani e Paolo Zarzana. Allenati al punto giusto dopo i 4 raduni effettuati in inverno: il primo nella presentazione ufficiale in maglia azzurra, ad Assisi nel dicembre 2012, quindi a gennaio a Fano e ancora in febbraio a San Donnino, in provincia di Modena, e l’ultimo richiamo effettuato a Gabicce Mare il 9 e il 10 marzo. Sarà ovviamente in campo capitan France-


DISABILI

sco Messori, il 14enne di Correggio, che ha avuto il merito di accendere con una scintilla il motore arancioblu, sognando ad occhi aperti: “Vorrei fondare una squadra di giocatori con le stampelle”. C’è Luca: un anno e mezzo fa vittima di un incidente in scooter. Poi Stefano: a 11 anni il tumore da combattere e ora ne ha 29. E Davide: ancora incidente e il basket in carrozzina, anche se il calcio è sempre il calcio. Un bel gruppo, di ogni età, insieme per giocare a calcio senza una gamba. Dopo la trasferta transalpina il progetto prevede l’ingresso nella World Amputee Football Federation (Waff) e incontri con analoghe rappresentative di Germania, Gran Bretagna e Giappone.

Da Lecce la storia di Roberto

«Era una mattina di settembre, guardavo il tg della mattina, stavo per spegnere la

tv e uscire di casa per recarmi al lavoro, quando trasmettono il servizio più importante: il raduno della Nazionale Amputati! Non credevo ai miei occhi, una squadra di ragazzi, che, spogliatisi dai chili di troppo delle protesi, giocano in piena libertà correndo sulle stampelle. Mi è sempre piaciuto il calcio, ma avevo potuto praticarlo solo come tifoso dalla poltrona o allo stadio, con mio padre e i miei fratelli. In un attimo però era cambiato tutto, ora potevo accarezzare il sogno di giocare realmente... Generalmente a 31 anni un calciatore è quasi a fine carriera, ma non io. Per me quello era un nuovo inizio, un’opportunità che non potevo non cogliere. Detto fatto, contatto i ragazzi tramite il gruppo di Facebook e il 2 dicembre ero uno di loro a Reggio Emilia, in campo per la prima volta. In quell’occasione ebbi

modo di conoscere tra gli altri Francesco, sua mamma Francesca, mister Renzo e Anna Maria, che mi hanno illustrato e subito fatto sentire parte di questo grande progetto del CSI. Ora però avevo bisogno di allenarmi, corro ad iscrivermi in palestra, ma un calciatore, si sa, ha bisogno di un pallone. Non avevo idea di chi potesse concedermi lo spazio e il tempo per allenarmi, quando Veronica, la mia ragazza, mi disse: “Il Csi sta sostenendo un’intera squadra Nazionale, prova a contattare i responsabili locali!” e così feci. Scrissi una email al presidente Marco Calogiuri, che nel giro di pochi giorni mi chiamò mettendomi in contatto con gli amici del centro San Giovanni Maria Vianney: Ninì Marzo e il mister Armando Pesce. La disponibilità di queste persone è stata a dir poco sorprendente: hanno da subito messo a mia disposizione la struttura e loro stessi. Armando sta dedicando il suo tempo libero per allenarmi e in ogni occasione dimostra un entusiasmo per lo meno pari al mio per questa neonata squadra di fenicotteri. Circondato da tutte queste persone che si dedicano così tanto alla mia “carriera di calciatore”, al di là di ogni mia capacità tecnico-tattica, mi sento spronato a profondere il massimo impegno per mettere in pratica tutti i loro preziosi insegnamenti e continuare a crescere come sportivo e come uomo. Prossimo obiettivo con gli amici del Csi di Lecce ed Anna Maria è portare la Nazionale nel nostro amato Salento». 21


DOSSIER

Vota

un modello per i giovani

Il vincitore riceverà la targa nonché la spilla Fair Play e la carta del Fair Play Mecenate, nel corso della cerimonia di consegna della 17ma edizione, che si terrà a Castiglion Fiorentino (AR) dal 1° al 3 luglio 2013

di Danilo Vico

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ieci campioni dello sport italiano sono in lizza per concorrere al premio internazionale Fair Play Mecenate nella speciale sezione “un modello per i giovani”. I nomi dei candidati sono stati ufficializzati da Angelo Morelli e da Chiara Fatai, rispettivamente presidente e vicepresidente della Associazione Premio Internazionale Fair Play “Gaio Cilnio Mecenate”, e resi noti dal Csi, al cui tessuto associativo è stata affidata la scelta. Ad Assisi 2012, nel corso del tradizionale appuntamento associativo di fine anno, sono state esplicitate le dieci “nomination” con le relative motivazioni. In primavera, sarà dunque eletto l’ideale “modello per i giovani”, quello sportivo cioè che, a giudizio dei giovani sportivi arancioblu, si sia contraddistinto in carriera per essere un esempio da imitare. Nel 2012 il prescelto fu l’“anima candida” Damiano Tommasi, oggi presidente dell’Associazione Italiana Calciatori, premiato dal presidente Achini a Cortona (Ar). Il vincitore riceverà la targa nonché la spilla Fair Play e la carta del Fair Play Mecenate, nel corso della cerimonia di conse-

gna della 17ma edizione, che si terrà a Castiglion Fiorentino (AR) dal 1° al 3 luglio 2013.

Csi insieme al Fair Play Mecenate

Gli sportivi di alto livello hanno una responsabilità che va ben oltre il fare onore alla maglia che indossano, al club o alla nazione che rappresentano. Agli occhi dei giovani essi incarnano lo spirito, l’essenza stessa dello sport. Soprattutto oggi, per via della dilatazione della visibilità mediatica di cui fruiscono, i campioni, lo vogliano o no, rappresentano modelli di riferimento. è quanto condiviso dal Centro Sportivo Italiano e dal Premio internazionale Fair Play Mecenate, nel proporre questa scelta di Fair Play: un concetto che va ben oltre il rispetto delle regole in campo e che piuttosto investe l’intero stile di vita di uno sportivo, un modo di essere basato su molteplici aspetti, come la correttezza, la trasparenza, la serietà, l’umanità che si dimostrano anche fuori dallo sport.


DOSSIER

Vota il tuo preferito

Si vota on line. Il sondaggio è sul web e sui social network, tramite la pagina di facebook dedicata all’iniziativa e attraverso i numerosi siti o portali dei diversi comitati Csi in tutta Italia, che riporteranno il format per votare. Romano Battisti e Alessio Sartori (1) Hanno vinto l’argento nel canottaggio a Londra 2012. Equipaggio delle Fiamme Gialle, per la federazione non erano adatti alla gara olimpica. Hanno gareggiato con un lutto sulla maglia per il colonnello Gaetano Bellantuono che è stato per loro un secondo papà ed ha formato questo equipaggio. Maurizio Felugo (2) Pallanuotista azzurro, attaccante della Pro Recco. Campione del mondo nel 2011. Argento alle Olimpiadi di Londra. Sul polpaccio ha tatuata una poesia di Alda Merini. Un modo per esplicitare la sua fede, in quel Lui, che ti cerca per ogni dove anche quando tu ti nascondi per non farti vedere. Eleonora Lo Bianco (3) Pallavolista azzurra. Nel 2011 vince la sua seconda Coppa del Mondo: durante la competizione supera le 500 presenze, diventando l’italiana con più presenze in qualsiasi squadra nazionale italiana, sia maschile sia femminile. All’inizio della stagione 2010-11 le viene diagnosticato un tumore al seno: tornerà in campo a gennaio 2011, vincendo poi il suo secondo scudetto. Andrea Lo Cicero (4) Pilone della Nazionale azzurra di rugby. Per tutti il Barone. In campo autodisciplina e moralità. Fuori dalla mischia sempre impegnato nella solidarietà. Testimonial della campagna “Vogliamo Zero” contro la mortalità infantile nel mondo e con la Croce Rossa, ha fatto a lungo il volontario con i malati terminali. Andrea Lucchetta (5) Due metri di energia, un gigante dello sport azzurro. Motore della Nazionale di pallavolo, quella dei fenomeni, condotta da Julio Velasco, a lungo dominatrice della scena mondiale. In campo e nella vita ha dichiarato di aver trovato la vittoria nei sorrisi dei bambini. Annalisa Minetti (6) Cantante ed atleta. Nel 2012 conquista la medaglia di bronzo nei 1500 m alle Paralimpiadi di Londra, stabilendo il record del mondo della ca-

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tegoria ciechi (le due atlete che l’hanno preceduta al traguardo erano della categoria ipovedenti). Angelo Peruzzi (7) Super portiere azzurro, con la Nazionale campione del mondo nel 2006. Coinvolto da giovane in un caso doping commentò: “Fu molto importante: ero un ragazzo che agiva senza pensare, e invece quel momento mi insegnò come ci si deve comportare nella vita”. Uomo spogliatoio in ogni squadra in cui ha militato. Cesare Prandelli (8) Dal 2010 ct della Nazionale italiana di calcio, con la quale ha raggiunto il secondo posto agli Europei 2012. Si è distinto per lealtà, fair play, correttezza e impegno sociale. Suo il “codice etico”, in base al quale i calciatori che si rendono protagonisti di azioni aggressive e antisportive non saranno convocati in Nazionale.

Giulia Quintavalle (9) È la prima donna italiana, nella storia dei giochi olimpici, a vincere la medaglia d’oro nel judo. La famiglia per lei è sempre stata un punto di riferimento importante: prima delle gare, dopo e anche durante gli allenamenti. Ovunque vada porta con sé una piccola bustina. Niente di prezioso all’interno, ma solo tanti piccoli oggetti regalatili dalle persone care. Beatrice Vio (10) A 11 anni di età, a causa di una febbre che si rivelerà una meningite fulminante e alla conseguente necrosi degli arti, le vengono amputate le braccia all’altezza del gomito e le gambe all’altezza del ginocchio. Non si spezza però il suo amore per la scherma. Tedofora alla Paralimpiade di Londra. Nazionale italiana di scherma in carrozzina da dicembre 2011.

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DOSSIER

Andrea Zorzi, Valentina Piazza, Massimo Achini

Haiti ora viaggia di pari passo col Csi

A Port au Prince, la terza volta del gruppo italhaitiano di Massimiliano Morelli

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arlare di Haiti per il Centro sportivo italiano è diventata una piacevole abitudine. Perché l’isola caraibica che invece d’essere posizionata a due ore d’aereo dall’opulenza di Miami pare essere incastonata in Africa rappresenta ormai una seconda casa. Una dimora umile ma accogliente, dove la gente è bisognosa d’affetto e consigli, esperienza, solidarietà, confronto. Una seconda casa, scrivevamo, al punto che all’inizio di marzo si è tornati per la terza volta da quelle parti. Quasi una piacevole abitudine il dialogare e discettare su Haiti, ma un “obbligo” morale nel contempo - da parte di chi sbarca su uno dei Paesi col Pil più povero del pianeta - di rimboccarsi le maniche perché ogni volta che si va dall’altra parte del mondo, a Port au Prince, c’è sempre da fare qualcosa. E diventa importante oltre all’insegnamento che si può offrire a chi ha sempre voglia d’apprendere, anche il più genuino dei sorrisi o una carezza esternata nei confronti di chi non aspetta altro che affetto. Amore, verrebbe da scrivere, ma rischieremmo d’esser fraintesi, perché qualcuno è ancora convinto che si debbano amare solo le persone con cui si vive a stretto contatto di gomito, non chi s’incontra casualmente in un fazzoletto di terra posizionato a 15, 20 ore d’aereo dalla propria casa. Così, dopo che nella scorsa estate s’erano


DOSSIER

...un pallone seppur fatto di stracci si rimedia sempre e il bidone della spazzatura si può sempre trasformare in un canestro, così come due sassi rappresentano sempre i pali d’una porta di calcio

gettate le basi per un rapporto duraturo e sincero, cui s’è aggiunta sei mesi dopo la firma di una sorta di protocollo d’intesa per esportare gratuitamente competenza dall’altra parte del mondo, adesso s’è scelto di inaugurare il primo corso per allenatori locali, un’iniziativa nata e realizzata grazie alla disponibilità e alla collaborazione della Fondazione Francesca Rava; un’idea che in breve s’è trasformata in un successo se è vero che sono stati 50 gli iscritti al primo corso da coach, suddivisi tra calcio e basket. Che restano per ora inevitabilmente i due sport più vicini alla popolazione, perché un pallone seppur fatto di stracci si rimedia sempre e il bidone della spazzatura si può sempre trasformare in un canestro, così come due sassi rappresentano sempre i pali d’una porta di calcio. Anche stavolta la delegazione del Csi che s’è spostata nel continente americano s’è preparata nel migliore dei modi, accompagnata perfino da Andrea Zorzi, uno che ha esperienza da vendere se non altro per aver fatto parte della squadra del secolo, e parliamo dell’Italvolley che vinse tutto qualche anno fa. Ne deriva che il 4 marzo, mentre in Italia si omaggiava la nascita del mai dimenticato Lucio Dalla, ad Haiti si cominciava a dare il “la” a un’iniziativa breve ma intensa, quattro giorni di corso “all inclusive”, incastonati fra incontri ufficiali organizzati con la Caritas locale e il Governo.

Un Governo, quello haitiano, che ormai ben percepisce la realtà del Centro sportivo italiano, conosciuto in maniera diretta a metà dello scorso anno, quando la prima delegazione sbarcò nell’isola per instaurare iniziali rapporti di collaborazione. Rapporti umani e di lavoro, solidali e piacevoli da tenere in piedi, insomma il frutto di un’alleanza per offrire esperienza, e non solo sotto il punto di vista sportivo. Una sinergia sancita poi al dodicesimo congresso nazionale di Assisi, nel corso del quale è stata presentata in maniera ufficiale l’esperienza che il Csi ha condotto e sta portando avanti ad Haiti, al punto di far nascere un Centro sportivo haitiano e dotarlo di alcune strutture di gioco e di sport destinate ai bambini. Un’esperienza che ha avuto un testimone particolare come Jean Roosevelt René, ministro del-

lo Sport dell’isola centroamericana. Già, Assisi. Sul palco, fra una chiacchierata amabile con Emiliano Mondonico e Mauro Berruto, l’input del Premio Mecenate, la presenza della nazionale amputati e quant’altro, s’è posizionato anche il momento istituzionale. E nessuno si senta offeso se confidiamo che suggellare il protocollo d’intesa istituzioni haitiane-Csi è stato l’attimo più toccante dell’evento d’aggregazione che s’è tenuto in Umbria. E quando Francner Thalusma, segretario di Stato del Ministro dello sport di Haiti, ha letto un discorso rivolto al Csi descrivendo la sinergia innescata e i passaggi fondamentali pronti a fare da fulcro all’iniziativa, c’è stata profonda emozione. Perché le parole di Thalusma hanno riscaldato senza ombra di dubbio una platea già eccitata dall’idea della trasformazione internazionale del movimento. E la mente di tutti è andata inevitabilmente alla devastazione del terremoto, all’uragano e alle susseguenti malattie che hanno colpito la popolazione. Sì, è vero, Haiti ha bisogno di aiuto ma non aspetterà in panciolle la mano tesa, del resto gli haitiani hanno dimostrato di aver voglia di fare, vogliono crescere, puntano al miglioramento. La firma e il protocollo d’intesa hanno rappresentato solo una formalità, in certi casi basta un’occhiata, al massimo una “semplice” stretta di mano. 25


«Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro. Preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza».

Il profilo

Jorge Mario Bergoglio, argentino, 76 anni, gesuita, 266esimo Pontefice. L’ex Arcivescovo di Buenos Aires è il primo papa sudamericano e anche il primo a scegliere il nome del santo di Assisi, Francesco. 26


ULTIM’ORA

Il nuovo Papa Jorge Mario Bergoglio. Eletto il 13 marzo 2013

Bienvenido, Papa Francesco don Alessio Albertini

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i dice, e noi ne siamo profondamente convinti, che nella Cappella Sistina il vero protagonista è lo Spirito Santo, che suscita, ispira, guida, anima… e quando alle 19:06 di mercoledì 13 marzo la fumata bianca ha annunciato l’elezione dell’argentino Jorge Mario Bergoglio abbiamo riconosciuto “la mano de Dios”. Quella mano forte e potente, di biblica memoria, che guida la sua Chiesa, che non lascia la storia in balìa del nulla, che indica un cammino.

Foto: Siciliani

Un cammino che comincia con un saluto: “Buonasera”. Il saluto è un semplice gesto che riconosce il valore della persona che sta davanti. Non una semplice platea, una folla anonima ma una Chiesa fatta di volti concreti, un popolo al quale è possibile chiedere la benedizione per lui e il suo ministero, capovolgendo le gerarchie. Capace di mettersi in ginocchio e far tacere i 150.000 di piazza S. Pietro. Il silenzio come occasione per ascoltare la voce di Dio contro il terrore di entrare in contatto con se stessi. Questo bisogno di buttare sempre fuori tutto, per paura di sentire che cosa c’è dentro, fra la pancia e la testa: il cuore. Il primo discorso di Papa Francesco è pronunciato a bocca chiusa. Poco importa che arrivi dalla “fine del mondo”. è il Papa e allora è festa: sventolano tutte le bandiere della cristianità, si abbracciano tanti pellegrini, scende in piazza anche chi lavora alla Presidenza del CSI. Questa festa è rinchiusa nel film preferito dal nuovo Papa, il Pranzo di Babette, dove i protagonisti vivono una religione puritana fatta di proibizioni e limiti esagerati. “Quando arriva la freschezza della libertà, – ha spiegato- lo spreco per una cena, tutti finiscono trasformati. In verità questa comunità non sapeva che cosa fosse la felicità. Viveva schiacciata dal dolore…aveva paura dell’amore”. Papa Francesco ha anche una squadra preferita per cui fa il tifo, il San Lorenzo de Almagro. Squadra del quartiere Boedo di Buenos Aires. Ha frequentato lo stadio, da Cardinale ha celebrato la Messa per il centenario del club, e possiede la tessera di socio n° 88.235. Non sappiamo se è un Papa sportivo ma di certo un Papa che ama l’uomo e le sue esperienze. Per questo amava girare in metropolitana, andare a fare la spesa al supermercato e mangiare alla mensa dei poveri. Il giovedì santo non ha mai celebrato la lavanda dei piedi in cattedrale ma ogni anno in un posto diverso: nell’ospedale con i malati di AIDS, in carcere, in un ricovero per senzatetto, in un ospedale pediatrico. Una volta lavò i piedini dei neonati di un reparto maternità. Anche noi popolo del CSI non vediamo l’ora di incontrarlo. Non è solo un sogno ma l’accoglienza dell’invito con cui l’altra sera il Santo Padre si è congedato dalla loggia di S. Pietro: “Pregate per me…ci vediamo presto”. Bienvenido en la Iglesia de Roma, Papa Francesco! Il CSI està contigo, muy feliz y con mucha alegria. 27


PRIMO ATTUALITà PIANO

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Benedetti


PRIMO ATTUALITà PIANO

Entra nel vivo la settima Clericus Cup, il Mondiale di calcio pontificio promosso dal Csi. In campo 16 squadre con 355 atleti di 51 nazioni. Sotto al Cupolone il 13 aprile si giocano i quarti. Finali il 18 maggio

sedicesimi

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ATTUALITà

di Felice Alborghetti

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arà il nuovo Papa Francesco a salutare sabato 18 maggio, le finali della settima edizione della Clericus Cup. Partita a fine febbraio con Benedetto XVI ancora Pontefice, subito dopo il Mondiale del Clero, organizzato dal Centro Sportivo Italiano, con il patrocinio dell’Ufficio sport della Cei, del Pontificio Consiglio per i Laici e del Pontificio Consiglio della Cultura del Vaticano, ha quindi osservato un turno di stop, come segno tangibile di rispetto, devozione e riconoscenza a Papa Ratzinger nel momento in cui ha lasciato il pontificato. Nel mese di marzo centinaia di sacerdoti e seminaristi, unici ammessi nelle distinte degli arbitri del Csi, sono quindi scesi in campo per ricominciare, a suon di gol, la rincorsa alla celebre Coppa con il saturno, un anno fa conquistata dal North American Martyrs, il seminario che ha rimesso in gioco il trofeo, ospitando la conferenza stampa di presentazione

Cinque continenti in campo. Messico leader

Sono 355 i giocatori iscritti, con passa-

porto di 56 diverse nazionalità, che disputeranno la settima edizione della Clericus Cup. Il Messico è il paese con più rappresentanti: ben 46 atleti. Italia e Brasile seguono con 23 giocatori iscritti. Folte le presenze per giocatori di Perù, Stati Uniti, Nigeria e Camerun. Cinque i continenti rappresentati, con rappresentanti anche di Australia, Papua Nuova Guinea, Zimbawe, Timor Est e Corea del Sud.

La formula del torneo

Nella settima edizione, la Clericus Cup avrà una formula assai vicina alla Champions League: quattro gironi da quattro squadre, con le prime due classificate di ogni girone che si qualificano per le fasi successive. Sosta obbligata nella domeniche delle Palme, di Pasqua e in Albis. Quindi il sorteggio per i quarti di finale fissati per sabato 13 aprile, quindi l’11 maggio le semifinali e appuntamento sabato 18 maggio per le due finali.

Edizioni precedenti

Sono sei i seminari fedelissimi al torneo. North American Martyrs, Collegio Urbano, Redemptoris Mater, Pontificio Seminario Gallico, Mater Ecclesiae e Sedes Sapientiae le squadre sempre partecipanti. Con i campioni in carica statunitensi le tre squadre mariane le favorite al titolo. L’edizione 2013 segna l’esordio del Collegio Spagnolo, il ritorno del Seminario Romano Maggiore e del Collegio Messicano, assenti nel 2012 e la conferma dei Guanelliani, Verbo Incarnato, San Paolo, San Pietro, Pio Latinoamericano Il Redemptoris Mater è il seminario pontificio ad aver conquistato il maggior numero di scudetti Clericus: i neocatecumentali hanno realizzato il “triplete”, vincendo nel 2007, nel 2009 e nel 2010. I sudamericani del Mater Ecclesiae hanno interrotto il dominio dei gialloblu vincendo l’edizione del 2008. Gli studenti della Gregoriana hanno inciso il loro nome sulla Coppa con il saturno nel 2011, perdendo poi il possibile bis in finale (3-0) nel 2012 contro i Martyrs nordamericani.

Gli auguri di Vicente Del Bosque al Collegio Spagnolo

Debutto assoluto per il Pontificio Collegio Spagnolo. In terra iberica non è passa30


ATTUALITà

ta inosservata nell’ambiente calciofilo l’“esordio” dei sacerdoti spagnoli. A loro è infatti arrivato nei giorni antecedenti il “battesimo” nella Clericus Cup la vicinanza ed il sostegno di alcune delle “Furie Rosse” campioni del mondo e d’Europa in carica. Per tutti Pedro, Valdes, Iniesta, Villa Jordi Alba e capitan Puyol. Anche il centrocampista della Fiorentina Borja Valero ha inviato un sms augurando “In bocca al lupo ai ragazzi del Collegio Spagnolo che sabato faranno il loro esordio nella Clericus Cup. Suerte!” E, di più, è stato davvero straordinario l’incoraggiamento del commissario tecnico spagnolo Vicente Del Bosque, attraverso un videomessaggio calorosissimo e assai tecnico, con tanto di lavagna per spiegare i segreti per far gol. “Jugar limpio” la chiave tattica disegnata dal mister campione del Mondo, nel 4-42 proposto a distanza per “los curas” de la Roja. “Un saluto a tutti – le parole del tecnico campione del mondo e d’Europa. Vi spiego la lista dei giocatori che giocherà nella Clericus Cup, una competizione che gli spagnoli giocano per la prima volta questo anno e perciò gli auguro i migliori successi. Questa é la formazione: Isaac, Ricardo, Bernardo, Jesús, Gabriel, Pablo, David, Antonio, Oscar, Llamas, Pedro, Jose Angel, Hilary, Juan, e coma attaccanti Menduiña, Alberto, Fernando e Ignacio. Vorrei augurarvi una buona partecipazione che la giocate bene, pulito: questo è molto importante nello sport, giocate uniti e siate squadra, che sappiate difendere e attaccare allo stesso tempo e dopo... che Dio vi parti fortuna sia nei gesti sia nei comportamenti essere buoni indipendentemente dei risultati. Un abbraccio a tutti voi e tante grazie».

Vicente del Bosque

“Succede a chi ci crede”

Il consulente ecclesiastico del Csi, don Alessio Albertini, riconduce la nuova edizione del torneo nell’ambito dell’Anno della fede. «La Clericus Cup 2013 vedrà ogni capitano scendere in campo con una fascia recante la scritta lo slogan “Succede a chi ci crede”. Un modo per evidenziare “quanto la fede sia capace di grandi sorprese, inaspettate ma straordinariamente belle. Una fede che raggruppa le diversità, che spinge ad andare ol-

tre, che è capace di gesti di rispetto, che spalanca orizzonti nuovi… come questo torneo di calcio. è più di quello che si vede. è più di un pallone che rotola. è una manifestazione bella di chi ci crede». Presente e futuro dello sport in oratorio la chiave del presidente del Centro Sportivo Italiano, Massimo Achini: «La Clericus

Cup è viva e parte dalla “mission” della nostra associazione, da sempre al servizio della Chiesa, ed è sicuramente oggi una delle più belle testimonianze di come lo sport sia di casa nella Chiesa. Questo appassionante Mondiale di calcio è ancora una volta una grande occasione per accendere i riflettori sullo straordi-

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ATTUALITà Il mondiale pontificio

Tra le sfide della Clericus Cup anche il “classico” Brasile-Argentina. Fra Collegio Brasiliano e Verbo Incarnato è finita 8-7 dopo un avvincente 1-1 e i conseguenti calci di rigore.

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ATTUALITà

don Alessio Albertini

nario fenomeno dello sport in Oratorio e sull’impegno e sulla fiducia della Chiesa nei confronti delle valenze educative della pratica sportiva». «è importante riallacciare i legami che hanno vincolato tradizionalmente lo sport agli istituti di formazione sacerdotale – le parole del Cardinal Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Collegio della Cultura, sostenitore del torneo – Urge recuperare la dimensione profondamente educativa dello sport, come strumento di conoscenza di sé, di apertura all’altro, di superamento dei limiti e, ultimamente, come luogo della scoperta di Dio».

La Clericus Cup sul web, e sui social network

La Clericus Cup 2013 ha un suo sito web dedicato all’indirizzo www.clericuscup.it. Video, fotografie, rassegna stampa, regolamento di gioco, classifiche, calendari e tutte le news dai campi del campionato di calcio vaticano: un portale al servizio degli addetti ai lavori e dei semplici appassionati. Da quest’anno la Clericus Cup sarà sempre più “social”: news, contenuti, immagini, video e interviste saranno aggiornati in tempo reale grazie alla copertura delle diverse piattaforme ufficiali inaugurate. Facebook, Twitter, Youtube e Flickr documenteranno in diretta i vari momenti inter-

nazionali del Torneo, in costante contatto anche con l’universo di appassionati, followers o semplici curiosi. Le centinaia di appassionati della Clericus Cup potranno interagire con lo staff anche in lingua inglese, spagnolo e portoghese: un vero e proprio “mondiale” dello Sport! Non mancheranno approfondimenti, rubriche e report che racconteranno il vis-

suto quotidiano dei Collegi partecipanti.

Albo d’oro 2007 2008 2009 2010 2011 2012

Redemptoris Mater Mater Ecclesiae Redemptoris Mater Redemptoris Mater Gregoriana North American Martyrs

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JUNIOR TIM CUP

CENTRO SPORTIVO ITALIANO, TIM E LEGA SERIE A INSIEME NELLA “JUNIOR TIM CUP – IL CALCIO NEGLI ORATORI”

Quando la parrocchia

finisce in Serie A

Con la firma ad inizio 2013 del protocollo d’intesa è nata un’importante alleanza a favore della pratica dello sport in oratorio

di Daniele Zaccardi

U

n mix impensabile, se non fosse che il Csi ci ha sempre creduto, che ha sempre pensato si potesse fare dello sport di vertice, dei suoi campioni, il promotore e il testimonial dello sport giovanile, anche di quello più “povero ma bello” che va in scena negli oratori. Ora che ai primi di gennaio è nata ufficialmente la Junior TIM Cup nessuno potrà più dubitare che l’idea, per quanto audace, può avere vita. La svolta storica è avvenuta il 9 gennaio, a Milano, quando è stato firmato il protocollo d’intesa che ha fatto da atto di nascita della Junior TIM Cup, un protocollo, così hanno detto nell’occasione gli organizzatori, firmato con un inchiostro speciale: quello della speranza. Attori dell’intesa Centro Sportivo Italiano, TIM e Lega Serie A, uniti in un’iniziativa volta a favorire la pratica del calcio in oratorio. L’intesa ha fruttato l’istituzione di un fondo per promuovere il calcio negli oratori italiani, fondo nel quale confluiranno sia parte delle ammende comminate dal Giudice Sportivo ai tesserati e alle società

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di Serie A TIM durante il corso della stagione, sia un contributo di TIM nel ruolo di “title sponsor” del torneo. L’impegno di Csi, TIM e Lega Serie A è poi quello di costituire un “Comitato di garanzia”, che stabilisca l’assegnazione delle risorse sul territorio a sostegno di progetti di certificata valenza educativa e che riguardino la formazione di educatori sportivi, il supporto a squadre giovanili, oltre alla realizzazione di nuovi impianti e la fornitura di materiale sportivo. Intorno a tutto ciò ruota il torneo di calcio a 7, partito ai primi di febbraio, riservato a giovani under 14, che vede protagonisti gli oratori di 16 città le cui squadre militano nella Serie A TIM 2012-2013. Ad accrescere ulteriormente il fascino della competizione contribuisce anche il palcoscenico di eccezione offerto ad alcune squadre partecipanti - sorteggiate per mano dei grandi campioni della massima serie nel mese di febbraio proprio nei luoghi educativi della quotidianità, le sale oratoriali - che giocheranno prima del massimo campionato di Serie A.


JUNIOR TIM CUP

Il calcio è di chi lo ama

«TIM è da sempre vicino allo sport e la “Junior TIM Cup – Il calcio negli Oratori” rappresenta un’importante tappa del percorso intrapreso all’insegna del claim “Il calcio è di chi lo ama”. TIM si propone, con questa ed altre iniziative, come protagonista attivo nell’incoraggiare i comportamenti virtuosi fuori e dentro il campo, per portare i valori puliti del calcio all’attenzione dei tifosi e dei media. Abbiamo deciso di abbandonare l’aspetto prettamente commerciale, puntando unicamente sui valori e sulla parte più sana del calcio, la parte migliore, rappresentato dai ragazzi». Carlotta Ventura, Direttore Domestic Media di Telecom Italia. «Non posso far altro che fare gli auguri a tutti i partecipanti al torneo. La promozione e lo sviluppo del calcio sul territorio nazionale dev’essere una delle nostre priorità. La Lega Serie A è contenta di destinare una significativa percentuale delle multe del Giudice Sportivo per finanziare il calcio negli oratori attraverso il progetto della Junior TIM Cup, consapevoli che grazie a questa splendida iniziativa migliaia di ragazzi in tutta Italia potranno divertirsi e crescere praticando sport. In questo modo offriamo la possibilità di trovare un modo di redenzione a dei comportamenti poco consoni alle regole dell’etica». Maurizio Beretta, Presidente della Lega Serie A. «Si tratta di un accordo storico che sancisce una grande alleanza a pari dignità, in cui le parti si prendono per mano e condividono una grande responsabilità: valorizzare il calcio che si gioca in quei luoghi educativi che sono gli oratori e di considerarli un patrimonio dell’intero movimento. Le grandi squadre di Serie A sono le prime a valorizzare il bel calcio in oratorio. La partita più grande che non possiamo perdere oggi è quella dell’educazione dei giovani. In questo il calcio è fondamentale». Massimo Achini presidente nazionale Csi.

S.E. Mons. Salvatore Gristina, Arcivescovo di Catania

Le dichiarazioni dei Vescovi

Mons. Betori: «Un pareggio che vale tre vittorie» Non nascondo la mia soddisfazione per questa iniziativa, che nella mia diocesi di Firenze, per l’operosa attività del rinato Csi, è riuscita a coinvolgere 24 diverse realtà under 14. Negli oratori si formano le generazioni del futuro e questo avviene senza trascurare nulla di ciò che è espressione dell’umano, perché sia reso pienamente tale. A volte si ha l’impressione che non ci siano più gli oratori di una volta. Sono però testimone dell’impegno che molte comunità profondono senza riserve in questo campo attraverso educatori appassionati e preparati. La manifestazione in corso è in fin dei conti un riconoscimento di questa opera di evangelizzazione e perciò di alto valore e profilo sociale. Lo sport è un grande veicolo di valori per la crescita umana dei nostri ragazzi, ma come tutte le agenzie educative ha bisogno del supporto fondamentale per eccellenza che è la famiglia. Uno sport per una famiglia che impara dallo sport dinamiche che fanno bene alla vita (successo, sconfitta, relazione, impegno, collaborazione, talento personale e spirito di sacrificio…). È lo sport che desideriamo. Il derby fra gli oratori di S. Caterina a Coverciano e del Sacro Cuore a Campi si è concluso in parità con 3 reti per parte, 35


JUNIOR TIM CUP

ma per me e per tutti il fatto che abbiano giocato e che il torneo abbia preso il via è già una gran bella vittoria. Mons. Gristina: lo sport come allenamento alla libertà e alla verità Attraverso lo sport ogni persona viene educata a rispettare il proprio corpo, il compagno e l’avversario, si abitua alla competizione e comprende che i successi non sono facili da ottenere e che i risultati vengono dalle dure prove, dai sacrifici, dalle rinunce ed anche dalle sconfitte. In una sola parola lo sport abitua l’uomo ad una disciplina della libertà e della verità con se stesso e con gli altri. Naturalmente tutto ciò può essere inquinato da uno spirito affaristico che trasforma lo sport in industria e crea un mondo fittizio di dimensioni spaventose. Da qui lo sforzo continuo che ciascun cristiano deve mettere in atto per far comprendere che, come ha recentemente ricordato il Papa Benedetto XVI, l’uomo non vive di solo pane e che “il mondo del pane” è solo preludio della vera umanità e della vera libertà (cfr. Udienza Generale del Mercoledì 13 febbraio 2013). Solo così si riesce veramente a comprendere il valore altamente educativo dello sport. Sono lieto, pertanto, di aver partecipato alla prima edizione della “Junior Tim Cup - il Calcio negli Oratori”, che ha avuto il merito di rendere protagonisti per qualche ora i ragazzi che frequentano i nostri Oratori parrocchiali, veicolando un messaggio altamente educativo. Auguro cordialmente che gli Oratori svolgano sempre con successo tale compito e che tutti comprendiamo l’importanza e

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la portata di tale messaggio.

Le dichiarazioni dei presidenti dei club e dirigenti sportivi

Nei loro occhi la gioia di un sogno «Sono contento che sia stata Firenze a ospitare la partita inaugurale del torneo. È un’iniziativa che fa bene al calcio. In tribuna, avevo accanto i ragazzi dei due oratori. Ho parlato con loro e nei loro occhi c’era l’emozione di aver vissuto una giornata da protagonisti, la gioia per un sogno realizzato. Avvicinare i giovani ai campioni, riportare le famiglie allo stadio, recuperare i valori del calcio sono priorità che dovrebbero avere tutte le società di calcio. Gli oratori sono luogo di amicizia, integrazione e sport e tanti campioni sono partiti da lì». Andrea della Valle,

Presidente della Acf Fiorentina «Sono cresciuto in un oratorio brianzolo che mi ha trasmesso i valori della vita quelli che contano perché i veri campioni lo sono anche fuori dal campo». Adriano Galliani (Vice Presidente Vicario e


JUNIOR TIM CUP

Amministratore Delegato AC Milan)

Le dichiarazioni dei sindaci

Manuel Pasqual

L’oratorio, la “faccia” bella del calcio. «L’Oratorio è da sempre luogo di incontri e confronti, e il calcio rappresenta un fattore di crescita per i nostri ragazzi, che con lo sport apprendono il valore del fare squadra e del rispetto. La “Junior Tim Cup” è un’ulteriore occasione per valorizzare lo sport in oratorio come patrimonio educativo. A questo, poi, si aggiungono il divertimento e l’emozione, sentimenti che hanno senza dubbio assaporato i ragazzi. Una iniziativa che, ancora una volta, ci ha mostrato la ‘faccia’ bella del calcio». Matteo Renzi (Sindaco di Firenze) Bello vedere i ragazzi in campo prima del Derby. «Sarà bello vedere tanti ragazzi allo stadio prima del derby. Aiuterà sicuramente a stemperare la tensione sugli spalti e a riportate il calcio nella sua dimensione più pura. Questo torneo è un grande aiuto a tutto lo sport ed a voi ragazzi. Dovreste cominciare a considerare vostri amici non solo i compagni di squadra, ma anche quelli delle squadre avversarie». Gianni Alemanno (Sindaco di Roma)

Alberto Gilardino

«Crediamo molto nel valore dello sport come elemento di coesione e di condivisione sociale, ma anche come modello di crescita personale e assieme agli altri. Purtroppo quello giocato dai nostri giovani ragazzi passa spesso in secondo piano. Invece, la forza di questo progetto è proprio quello di dare risalto al sano agonismo e allo spirito genuino utilizzato dai ragazzi durante le sfide all’oratorio. Sfide che, tutti noi, abbiamo giocato almeno una volta nella vita». Federico Pizzarotti (Sindaco di Parma)

Le dichiarazioni degli allenatori

«Anch’io ho iniziato sul campo in cemento della parrocchia. Lì si trovano gli ideali e i valori giusti, ci si diverte, ci si sfida, si impara ad apprezzare la vittoria, ma anche la sconfitta e a rispettare i propri compagni. Noi abbiamo fatto del calcio una professione, è una grande fortuna, ma non dimenticate che c’è dietro una grande passione e una grande gioia quando entriamo in campo». Stefano Pioli (Allenatore Bologna FC)

Le dichiarazioni dei campioni

“Con questa iniziativa si offre la possibilità a dei ragazzi di poter calcare dei campi importanti e di riportare le famiglie allo stadio che penso sia uno degli obiettivi più importanti di cui il calcio ha bisogno». Manuel Pasqual (capitano ACF Fiorentina) «Vedere tanti bambini degli oratori che si divertono a giocare nello stadio “dei grandi” prima di un’importante sfida di campionato è una grandissima emozione anche per noi professionisti». Lorenzo Insigne (calciatore SSC Napoli) «Ho iniziato a giocare a calcio a 7 anni in un oratorio a Frattamaggiore. Mio fratello non mi voleva portare perché ero troppo piccolo, ma quando sono in campo non mi hanno fatto più uscire». Alessandro Lucarelli (capitano FC Parma) «Anch’io sono partito dall’oratorio del mio quartiere a Tor de Cenci. Me lo ricordo con grande romanticismo, giocavano fino al tramonto senza regole, senza nervosismi, con passione. Chiaramente allora non pensavo alla serie A ma devo riconoscere che quell’esperienza mi ha aiutato ad arrivare dove sono ora». Antonio Candfreva (calciatore SS Lazio) «Sono nato in un campo di pallone. Andavo in chiesa. Giocavo a pallone con altri bambini. Poi quel tempo è passato. E’ importante avere una famiglia alle spalle che segua e sostenga la vostra genuina passione per il calcio dei ragazzi». Alessandro Florenzi (calciatore AS Roma) «La vita non è solo calcio. A 31 anni vivo il calcio ancora con la passione di un ragazzino. I bambini devono vivere questo sport con agonismo e determinazione, ma aiutati sempre dagli adulti. Impegno, studio, stare insieme non devono mai mancare». Massimo Donati (calciatore US Città di Palermo) «Felice di aver partecipato a questa iniziativa perché l’oratorio è molto importante per la crescita dei ragazzi». Nené (calciatore Cagliari Calcio) 37


DANONE NATIONS CUP

Credi nei tuoi sogni

di Giulj Picciolo

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“C

redi nei tuoi sogni” è il motto della Danone Nations Cup 2013. Un sogno che si realizza davvero, vestendo una divisa da campioni, scendendo in campo in un prestigioso stadio internazionale per vivere le gesta dei più grandi, in una dimensione speciale fatta di fair play, socializzazione e ovviamente tanto divertimento. è questa la Danone Nations Cup, il più grande torneo internazionale giovanile di calcio a 9 per bambini tra i 10 e i 12 anni che, dal 2000 ad oggi, coinvolge ogni anno oltre due milioni e mezzo di piccoli atleti in tutto il mondo. Approvata dalla FIFA e organizzata da Danone tramite tornei locali a livello nazionale in 40 Paesi, la DNC raggiunge il suo culmine nella finale internazionale, alla presenza di un testimonial d’eccezione: Zinedine Zidane, famoso per essere diventato un campione nonostante le sue umili origini, un chiaro esempio del “credere nei propri sogni”. Dal 2006 il torneo nella sua fase italiana è organizzato dal Centro Sportivo Italiano. A partire dall’edizione 2012/13 Danone è diventata partner dei Campionati Giovanili Under 12 di calcio del Csi, creando un connubio tra di essi e la Danone Nations Cup 2013, fin dalle loro prime fasi. In questa prima edizione, “grado zero” della manifestazione, Danone sostiene i campionati dando la possibilità alla squadra vincitrice della Finale Nazionale di partecipare alla

Finale Internazionale della Danone Nations Cup 2013, che si terrà nel prossimo autunno a Londra. Nel progetto sono coinvolti i comitati CSI di Bari, Bergamo, Cremona, Genova, Macerata, Milano, Napoli, Padova, Reggio Calabria, Roma, Sassari, Teramo, Torino, Venezia, il Coordinamento territoriale Emergenza per il terremoto dell’Emilia Romagna e la regione Sicilia. Concluso il Campionato territoriale e definite le squadre ammesse alla fase successiva, nel prossimo mese di aprile avranno luogo le “Final Ten”: dieci finali provinciali o regionali che definiranno le squadre partecipanti alla finale nazionale, che si terrà il 18-19 maggio presso il Centro Sportivo Arvedi a Cremona, che per il 2013 riveste l’importante ruolo di Città Europea dello Sport. Per qualunque informazione potete scrive a csidanonecup@csi-net.it o contattare i comitati interessati.

I vincitori delle precedenti edizioni della DNC Italia 2012 2011 2010 2009 2008 2007 2006 2005

Armando Segato Promesse Viole (Reggio Calabria) Reggina Calcio (Reggio Calabria) Nuova Tor Tre Teste (Roma) Latte Dolce (Sassari) Reggina Calcio (Reggio Calabria) Nuova Tor Tre Teste (Roma) Cisco Roma (Roma) Lodigiani (Roma)


GAZZETTA CUP

Fiori rosa, fiori di Gazzetta Cup

S

i tinge di rosa la primavera del Centro Sportivo Italiano. Da marzo a maggio fiorirà infatti la quinta edizione nazionale della prestigiosa Gazzetta Cup, il più importante torneo di calcio giovanile nella nostra penisola. Il calcio di oggi ha bisogno di tornare a sbucciarsi le ginocchia. Ha bisogno cioè di recuperare umanità, gioia, allegria, divertimento. Ha bisogno fare un lungo viaggio tornando alla spontaneità e alla “normalità” di quando bastava un pallone ed un campetto spelacchiato per giocare sino a sera inoltrata, quando la mamma o il papà non urlavano che era pronta la cena. Questa è la filosofia alla base di Gazzetta Cup ed è assai bello che a lanciare questo tipo di messaggio sia proprio il principale quotidiano sportivo nazionale. La “Gaz-

zetta”, da sempre, ha descritto, una per una, le grandi imprese dello sport italiano. Oggi serve raccontare anche l’impresa forse più grande di tutti. Quella di un calcio capace di educare alla vita con semplicità, spontaneità, e immediatezza i ragazzi ed i giovani di questo paese. è su questa idea che Gazzetta dello Sport e Centro Sportivo Italiano si sono incontrati. “La Gazzetta Cup non è un semplice torneo o una manifestazione qualsiasi - afferma il presidente nazionale del CSI Massimo Achini. è molto, molto di più. è una testimonianza ed un segno di speranza per tutti quelli che credono che lo sport possa davvero educare alla vita. è un modo concreto per inseguire il sogno di vincere la partita educativa che rimane la sfida più difficile e complessa del nostro tempo”.

Con l’arrivo della primavera sboccerà la quinta edizione del torneo giovanile. Junior e Young di nuovo in campo in tutta Italia per inseguire il sogno della finale al Meazza l’11 giugno

di Maurizio Caterina

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GAZZETTA CUP

Sognando la finale al Meazza Dopo il successo dell’edizione 2012 con la partecipazione di 28.000 ragazzi in Italia, riparte la “Gazzetta Cup”, torneo di calcio nazionale a 5 e 7 organizzato da “La Gazzetta dello Sport” in collaborazione con il Centro Sportivo Italiano, riservato ai ragazzi e ragazze nati dal 1.1.2000 al 31.12.2003. Due le categorie, gli young, nati nel 2000 e 2001, che disputeranno il torneo di 40

calcio a 7 ed i junior, nati nel 2002 e 2003 che disputeranno quello di calcio a 5. Il torneo, giunto alla sua quinta edizione, completamente gratuito, prevede iscrizioni fino a metà marzo, fasi interne di qualificazione in tutte le regioni d’Italia nei mesi di marzo e aprile, fasi finali regionali e/o interregionali nel mese di maggio e finale nazionale martedì 11 giugno allo stadio Giuseppe Meazza –

San Siro di Milano. Le fasi regionali/ interregionali si svolgeranno a Bari, Bolzano, Cagliari, Catania, Firenze, Macerata, Milano, Napoli, Padova, Parma, Roma e Torino. Per informazioni ed iscrizioni potete visitare il sito www.gazzettacup.it dove potete trovare i contatti dei comitati provinciali del Centro Sportivo Italiano presenti sul territorio nazionale.


EVENTI

G

rande festa e anche qualche momento di commozione nella Sala dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze, gremita per l’edizione 2012 della “Hall of Fame”, il riconoscimento istituito lo scorso anno dalla Figc e dalla Fondazione Museo del Calcio per celebrare le figure che hanno lasciato un segno indelebile nella storia del calcio italiano. Tra i premiati due vecchi compagni del Milan, Marco Van Basten (categoria Giocatore straniero) e Paolo Maldini (categoria giocatore italiano), gli ex Ct della Nazionale Giovanni Trapattoni (categoria Allenatore) e Dino Zoff (categoria Veterano italiano) e poi ancora Giampiero Boniperti (categoria Dirigente italiano), Luigi Agnolin e Paolo Casarin (ex aequo nella categoria Arbitro italiano). Hanno ricevuto un premio alla memoria Angelo Schiavio, Concetto Lo Bello, Valentino Mazzola e Nereo Rocco. In sala presenti nelle vesti di padrone di casa il sindaco di Firenze Matteo Renzi, il presidente della Figc Giancarlo Abete, il vicepresidente vicario della Figc e presidente della LND Carlo Tavecchio, il vicepresidente federale Demetrio Albertini, l’ex presidente federale Antonio Matarrese, il presidente dell’Aia Marcello Nicchi, il presidente dell’Aiac Renzo Ulivieri, il presidente dell’Aic Damiano Tommasi, il direttore generale della Lega di A Marco Brunelli, il presidente della Lega B Andrea Abodi, il direttore generale della Lega Pro Francesco Ghirelli e il direttore generale della Figc Antonello Valentini. “Sono orgoglioso di questa iniziativa - ha spiegato il presidente Abete - organizzata con la Fondazione del Museo del Calcio. è un’occasione per ricordare che il calcio attraverso queste persone ha scritto e sta scrivendo pagine importanti per il nostro Paese. Grazie a queste persone è rappresentato il bello del nostro calcio. Nel 2013 - ha annunciato il presidente federale - saranno passati 30 anni dalla morte di Artemio Franchi e uniremo le forze della Fondazione Franchi e del Museo del Calcio intitolando a Franchi la Fondazione del Museo del Calcio”. Dopo i premi a Giampiero Boniperti, che ha donato al Museo del Calcio la sua prima maglia Azzurra indossata nel 1947 e a Luigi Agnolin e Paolo Casarin, è stata la

Dino Zoff è entrato nella “Hall of Fame” del Museo del Calcio di Coverciano regalando la sfera della finale dell’Europeo vinto dall’Italia nel 1968

La porti un pallone a Firenze di Danilo Vico volta di Dino Zoff, entrato a far parte della ‘Hall of Fame’ nella categoria di Veterano italiano. Zoff ha donato al Museo del Calcio il pallone della finale dell’Europeo vinto dall’Italia nel 1968: “Questo premio è straordinario, non sono stato così maestro di vita come mi hanno dipinto oggi, ma ho fatto il possibile”. Un altro Ct azzurro Giovanni Trapattoni è stato invece premiato nella categoria Allenatore: “Devo dire grazie al calcio italiano e alle società in cui sono stato. In Europa e nel Mondo, da Capello ad Ancelotti ci sono diversi allenatori che hanno vinto tanto. Oggi - ha dichiarato parlando di alcuni suoi potenziali eredi - ci sono allenatori

come Conte, Montella e Stramaccioni veramente in gamba”. Il presidente dell’Aic Damiano Tommasi ha ritirato il premio assegnato a Marco Van Basten nella categoria calciatore straniero, poi a salire sul palco è stato un’altra leggenda come Paolo Maldini che, accolto da un’ovazione, ha lasciato al Museo del calcio la maglia del Milan con cui ha vinto il suo ultimo Mondiale per club: “Ho avuto da parte dei miei genitori un dono - ha spiegato - e ho cercato di sfruttarlo rispettando sempre il prossimo. Ho praticato lo sport più bello del mondo e non posso lamentarmi per quello che ho fatto nella mia vita”.

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COSTUME

P

untuale come ogni anno di questi tempi, è arrivato nelle edicole l’album dei calciatori Panini. Questo della stagione 2012-13 è il numero 52 della serie, una favola che continua ad affascinare milioni di italiani, di ogni età. Nell’era della digitalizzazione più totale, degli iPhone e degli iPad, degli italiani che leggono sempre meno e tralasciano il «cartaceo», l’album dei calciatori è l’unico oggetto del genere che non perde terreno, nemmeno fra i giovanissimi, all’insegna di un «ce l’ho, mi manca» che si sta sempre più modernizzando ma non passa mai di moda. La raccolta da poco uscita ha rischiato di non vedere la luce, causa «pericolo americano». Poi però ha prevalso il gusto della tradizione e questa dei «Calciatori 2012’13» è la prima raccolta realizzata dalla casa di Modena dopo il recente accordo di licenza pluriennale con la Lega calcio. Così tantissimi italiani continueranno ad avere il gusto di attaccare le «figu» squadra per squadra, spaziando dalla serie A al torneo cadetto, dalla Lega Pro al calcio femminile, mentre è stata accantonata «per problemi di tempistica», come ha spiegato il direttore del marketing della Panini, Antonio Allegra, la suggestiva idea di inserire nell’album anche la Clericus Cup, il campionato del Vaticano: «Ogni volta ne discutiamo - ammette - e non escludo che in futuro la metteremo in pratica». E, chissà, se con l’avvento della Junior Tim Cup, anche gli oratori del Csi non divengano protagonisti nella prossima edizione della più famosa collezione di figurine in Italia. Di novità non mancano anche quest’anno: una si adegua al «trend» del carovita 42

Parla la passione Immancabile con il nuovo anno arriva in edicola l’album dei calciatori Panini. Nel classico gioco-collezione del “ce l’ho – manca” possibili aperture in futuro a Junior Tim Cup e Clericus Cup di Felice Alborghetti

in Italia, dove tutto aumenta e lo fa quindi anche la «bustina» Panini, che costa sì 70 centesimi, ma contiene una figurina in più, non più le solite cinque ma sei. Si adegua invece alla tendenza di dare sempre maggiore spazio ai giovani nelle varie squadre l’idea di inserire nell’album per la prima volta le 42 squadre del campionato Primavera, divise in 21 con doppia immagine, all’insegna del «giovane è bello» e per dare spazio anche alle speranze e non solo ai Pirlo e agli El Shaarawy, campioni di oggi e di domani. Ma fra le

741 figurine che compongono questo album di 128 pagine ci sono anche alcune sezioni speciali: il «Calcio che cambia», sorta di mini-manuale di 12 «figu» sulle ultime novità, introdotte o in via di valutazione, sul regolamento del gioco. Ecco allora l’immagine dei giudici di porta, delle panchine lunghe, delle bombolette spray che in alcuni paesi vengono date in dotazione agli arbitri per evidenziare dove deve collocarsi la barriera e perfino del sistema «occhio di falco» per evitare i gol-fantasma.


FORMAZIONE

Dirigenti sportivi si nasce o si diventa? di Roberto Mauri*

I dirigenti volontari rappresentano l’insostituibile motore delle oltre 80.000 Società sportive di base del nostro paese. Una risorsa che continuamente cresce e si rinnova. Come e con quali responsabilità si esercita questo affascinante ma faticoso mestiere?

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irigenti sportivi si nasce o si diventa? La risposta forse più corretta alla domanda è: entrambe le cose. Dirigenti sportivi si nasce e si diventa. Può sembrare una risposta pilatesca, ma non lo è. Il ruolo di dirigente è infatti per tutti ma non da tutti: per un verso, 43


FORMAZIONE

in molte delle società sportive dirigenti né si nasce né si diventa, ma semplicemente ‘ci si trova’ è innegabile che nelle Società sportive di base e nelle strutture organizzative cui esse fanno riferimento tutti possono essere dirigenti, dal momento che non sono richiesti titoli o esami particolari ma la semplice disponibilità. In questo senso ciascuno è un ‘dirigente nato’, almeno sulla carta. D’altra parte è altrettanto evidente che la buona volontà non basta al dirigente, ruolo delicato che richiede preparazione e sensibilità specifiche che si acquisiscono solo con applicazione ed esperienza. È dunque altrettanto giusto affermare che dirigenti si diventa, ammesso che si riesca. Ma la cruda verità è anche un’altra: in realtà in molte delle società sportive dirigenti né si nasce né si diventa, ma semplicemente ‘ci si trova’ ad interpretare questo ruolo. Sembra a volte che nelle Società e Gruppi sportivi non vi sia niente di più facile che diventare dirigente: basta dare o solo far intuire una disponibilità ed è fatta. A differenza delle cariche di vertice (presidente, vice, talvolta segretario) il dirigente solitamente non viene eletto ma semplicemente cooptato, sulla base di un rapporto fiduciario, una stretta di mano, una vecchia amicizia. Nello stesso tempo, e chi ci è passato lo sa bene, non c’è niente di più difficile che fare il dirigente, governare le relazioni Giacomo Abate, Beppe Basso, Rossella Graziano, Roberto Mauri

e tenere insieme le piccole grandi attese, esigenze, richieste di quel curioso, affascinante e complesso microcosmo che chiamiamo ‘società sportiva’.

Dirigente: dilettante, volontario, o…

È paradossale ma è così: la figura più strategica per lo sviluppo della società sportiva, il dirigente, è quella su cui si fanno meno investimenti strategici, quella maggiormente lasciata alla ‘buona sorte’ o ‘provvidenza’ associativa che dir si voglia. In questo senso il percorso del dirigente sportivo, ovvero le fasi di sviluppo che caratterizzano questa figura, sembra segnata da tre tappe, che rispondono ad altrettanti atteggiamenti mentali: a) nella fase iniziale il dirigente solitamente appare animato dalla tipica passione e l’entusiasmo degli ‘amatori’, mosso dal piacere e dal gusto della novità; sensibile alla propria gratificazione e per questo a rischio di incostanza, si impegna finché si diverte e si trova bene, poi tende a lasciare se non viene costantemente motivato. Per crescere ha bisogno di condividere esperienze e progetti, essendo egli centrato sul presente ma carente in termini sia di mission che di vision associativa. b) nella fase successiva, che potremmo associare ad una interpretazione “adulta” del ruolo, il dirigente assume la fisionomia del “volontario”, il cui aspetto chiave è il senso di responsabilità e di servizio; fortemente animato da motivazioni etiche, è convinto che buona volontà e retta intenzione siano contagiose e sufficienti a far funzionare le cose; incline all’attivismo ma incapace di delega, si impegna anche pagando di tasca propria, assumendo spesso il ruolo di “cireneo associativo”; quando lascia è per delusione e

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FORMAZIONE

incomprensione, sentendosi tradito nei suoi ideali e valori. c) infine, il ruolo dirigenziale nella sua fase di “maturità” tende a sviluppare un rapporto più disincantato (talvolta utilitarista), puntando a fare bene i propri compiti con efficienza; è un dirigente molto sensibile al valore delle competenze e delle prestazioni più ed oltre che alle motivazioni etiche, secondo una logica di costi-benefici. Propende a sopravvalutare gli aspetti di pianificazione ed è più che mai sensibile agli equilibri politico-associativi, diviso tra garantire continuità e possibilità di far crescere i più giovani. Ciascuna di queste tre fasi ha pregi e limiti: l’ottimale per una Società sportiva sarebbe potere contare su tutti questi tre profili dirigenziali, integrandoli tra loro. Un’Associazione sportiva di qualità ha bisogno di dirigenti sportivi che sappiano far sintesi di questi tre aspetti, ovvero persone di alto profilo, che vivono il loro ruolo dirigenziale attraverso un volontariato appassionato, responsabile e competente. Si tratta di far fare a tutti un passo in avanti: rendere i “dilettanti” pienamente responsabili, i “volontari” in grado di andare oltre le buone intenzioni, recuperare ai ‘navigati’ la passione ed il senso del fare. Altrimenti succede di tutto e di peggio: “dilettanti” che fanno danni, inventandosi improbabili competenze; volontari che fanno confusione, mescolando dimensione morale, affettiva e associativa; leader navigati che curano solo l’efficienza, trascurando l’efficacia, i valori e le persone.

Dirigente sportivo: un leader ben formato

Nessuna organizzazione o associazione può esistere e resistere senza validi dirigenti. Vale anche per il Csi e per le Società e Gruppi sportivi aderenti, dalla più evoluta e ricca di storia alla più modesta o neonata aggregazione.

FORMAZIONE DIRIGENTI: UN’OCCASIONE DA NON PERDERE Al bravo dirigente sportivo oggi si richiede di sapere affrontare e gestire una serie di situazioni attraverso competenze organizzative e sensibilità relazionali. Nel CSI il Team Formazione ha appena predisposto un percorso di aggiornamento della classe dirigente dei suoi Comitati da realizzarsi mediante Stage formativi annuali. Il tema dello stage iniziale, del 2013, è “COORDINARE: Dirigere gli altri, dirigere con gli altri, dirigere per gli altri”. Gli obiettivi dell’iniziativa sono principalmente: - migliorare il livello della qualità dei dirigenti territoriali e favorire i processi di rinnovamento - valorizzare le potenzialità ancora inespresse della leadership efficace nella nostra Associazione - favorire il rinnovamento, promuovendo figure sulle quali il Comitato stesso intende investire nel prossimo futuro. Gli Stage sono organizzati su base regionale o interregionale, al fine di ottimizzare partecipazione e risorse, ed hanno carattere residenziale per godere al meglio della esperienza di condivisione che si intende realizzare.

Nel Csi “dirigere” significa non tanto “comandare” ma soprattutto “orientare verso” la realizzazione degli obiettivi sportivi ed educativi che animano la Società sportiva. In questo senso il primo compito del gruppo dirigente è quello di contribuire in modo qualificato ad elaborare, custodire, verificare il Progetto sportivo della Società, adattandolo al proprio contesto in sinergia con gli altri Progetti e percorsi educativi (famiglia, oratorio, scuola, …) ed in dialogo con il territorio di riferimento. È evidente che il dirigente sportivo è una figura che non si inventa ma si prepara, a partire da una sapiente azione di talent scouting, ovvero di orientamento e ricerca, da parte dell’Associazione o della Società sportiva nell’insieme, e dei loro vertici in particolare. Come trovare e riconoscere allora un bravo dirigente? Certo occorre partire

dalle doti naturali: la capacità spontanea della persona di diventare riferimento per gli altri, ispirare, influenzare e guidare le loro opinioni, azioni ed emozioni. La leadership naturale tuttavia non basta, è una condizione necessaria al dirigente ma non sufficiente. Tutti i bravi allenatori sanno che c’è differenza tra un atleta di talento ed un campione. Il campione infatti è colui che allena il suo naturale talento, ovvero accetta di sottostare ad una disciplina che lo renda in grado di realizzare prestazioni eccellenti nel tempo. Così come la fortuna di un campione è quella di trovare un bravo allenatore per il suo talento, la fortuna di un dirigente è quella di trovare un’Associazione che lo sprona alla formazione continua e misura il suo talento sull’aggiornamento costante. *Coordinatore Team Formazione CSI 45


Benedetto XVI e lo sport All’indomani del ritiro di Papa Ratzinger dal Soglio di Pietro, Stadium gli rende omaggio riproponendo alcuni stralci dei suoi interventi sullo sport di Andrea De Pascalis

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Focus

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S

e Giovanni Paolo II contende a Pio XII il titolo di “papa dello sport”, per il modo in cui entrambi hanno saputo interpretare e indirizzare con il loro vasto magistero il significato del fenomeno sportivo nel XX secolo, Benedetto XVI in più di un’occasione ha dimostrato la sua vicinanza al mondo dello sport, cui ha regalato importanti spunti di riflessione. Come solo i campioni di razza sanno fare, nel momento in cui ha avvertito il declinare delle proprie forze, la difficoltà di continuare ad esprimersi in campo da “fuoriclasse”, con un gesto di grande coraggio egli ha deciso di fermarsi, di ritirarsi dal Soglio di Pietro. Stadium gli rende omaggio ricordando alcuni significativi passaggi dei suoi pensieri sullo sport.

Uno strumento di formazione umana e cristiana

«Lo sport possiede un notevole potenziale educativo soprattutto in ambito giovanile e, per questo, occupa grande rilievo non solo nell’impiego del tempo libero, ma anche nella formazione della persona. Il Concilio Vaticano II lo ha voluto annoverare tra i mezzi che appartengono al patrimonio comune degli uomini e che sono adatti al perfezionamento morale ed alla formazione umana (cfr. Gravissimum Educationis, n. 4). Se questo è vero per l’attività sportiva in generale, tanto più lo è per quella svolta negli oratori, nelle scuole e nelle associazioni sportive, con lo scopo di assicurare una formazione umana e cristiana alle nuove generazioni». (3 novembre 2009)

Scuola di valori e di sviluppo integrale

«Praticato con passione e senso etico, lo sport, oltre che esercitare ad un sano agonismo, diventa scuola per apprendere e approfondire valori umani e cristiani. Esso, infatti, insegna ad armonizzare dimensioni importanti della persona umana favorendo il suo sviluppo integrale». (15 novembre 2010)

Il rispetto del corpo

«Mediante l’attività sportiva, la persona comprende meglio che il suo corpo non può essere considerato un oggetto, ma che, attraverso la corporeità, esprime se stessa ed entra in relazione con gli altri. In tal modo, l’equilibrio tra la dimensione fisica e quella spirituale porta a non idolatrare il corpo, ma a rispettarlo, a non farne uno strumento da potenziare a tutti i costi, utilizzando magari anche mezzi non leciti». (15 novembre 2010)

Il compito degli operatori cattolici

«Attraverso le attività sportive, la comunità ecclesiale contribuisce alla formazione della gioventù, fornendo un ambito adatto alla sua crescita umana e spirituale. Infatti, quando sono finalizzate allo sviluppo integrale della persona e gestite da personale qualificato e competente, le iniziative sportive si rivelano occasione proficua in cui sacerdoti, religiosi e laici possono diventare veri e propri educatori e maestri di vita dei giovani.... In un’azione formativa coordinata, i dirigenti, i tecnici e gli operatori cattolici devono considerarsi sperimentate guide per gli adolescenti, aiutandoli a sviluppare le proprie potenzialità agonistiche senza trascurare quelle qualità umane e quelle virtù cristiane che rendono la persona completamente matura». (1° agosto 2009).

Campioni nello sport e nella vita

«Voi, cari atleti, siete modelli per i vostri coetanei, ed il vostro esempio può essere per loro determinante nel costruire positivamente il 48


Focus loro avvenire. Siate allora campioni nello sport e nella vita! ... Inoltre, manifestazioni sportive come la vostra, grazie ai moderni mezzi di comunicazione sociale, esercitano un notevole impatto sull’opinione pubblica, dato che il linguaggio dello sport è universale e raggiunge specialmente le nuove generazioni. Veicolare messaggi positivi attraverso lo sport contribuisce pertanto a costruire un mondo più fraterno e solidale» (1° agosto 2009).

Il gioco, un ritorno al paradiso

«Perché è questo che s’intende in ultima analisi con il gioco: un’azione completamente libera, senza scopo e senza costrizione, che al tempo stesso impiega e occupa tutte le forze dell’uomo. In questo senso il gioco sarebbe una sorta di tentato ritorno al paradiso: l’evasione dalla serietà schiavizzante della vita quotidiana e della necessità di guadagnarsi il pane, per vivere la libera serietà di ciò che non è obbligatorio e perciò è bello. Così il gioco va oltre la vita quotidiana. Ma, soprattutto nel bambino, ha anche il carattere di esercitazione alla vita. Simboleggia la vita stessa e la anticipa, per così dire, in una maniera liberamente strutturata». (1986)

Al servizio della persona

«Uno sport che voglia avere un senso pieno per chi lo pratica deve essere sempre a servizio della persona. La posta in gioco allora non è solo il rispetto delle regole, ma la visione dell’uomo, dell’uomo che fa sport e che, al tempo stesso, ha bisogno di educazione, di spiritualità e di valori trascendenti. Lo sport infatti è un bene educativo e culturale, capace di rivelare l’uomo a se stesso ed avvicinarlo a comprendere il valore profondo della sua vita». (17 dicembre 2012)

Riconoscere il progetto di Dio

«L’atleta che vive integralmente la propria esperienza si fa attento al progetto di Dio sulla sua vita, impara ad ascoltarne la voce nei lunghi tempi di allenamento, a riconoscerlo nel volto del compagno, e anche dell’avversario di gara!». (17 dicembre 2012)

L’agonismo spirituale

«L’attività sportiva può educare la persona anche all’“agonismo” spirituale, cioè a vivere ogni giorno cercando di far vincere il bene sul male, la verità sulla menzogna, l’amore sull’odio, e questo prima di tutto in se stessi. Pensando poi all’impegno della nuova evangelizzazione, anche il mondo dello sport può essere considerato un moderno “cortile dei gentili”, cioè un’opportunità preziosa di incontro aperta a tutti, credenti e non credenti, dove sperimentare la gioia e anche la fatica di confrontarsi con persone diverse per cultura, lingua e orientamento religioso». (17 dicembre 2012)

Essere testimoni di buona umanità

«Penso dunque a voi, cari atleti, come a dei campioni-testimoni, con una missione da compiere: possiate essere, per quanti vi ammirano, validi modelli da imitare. Ma anche voi, cari Dirigenti, come pure gli allenatori, i diversi operatori sportivi, siete chiamati ad essere testimoni di buona umanità, cooperatori con le famiglie e le istituzioni formative dell’educazione dei giovani, maestri di una pratica sportiva che sia sempre leale e limpida». (17 dicembre 2012)

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AGENDA

15° Campionato nazionale di Sci “Diavolina Cup” 14/17 marzo - Andalo (TN)

1° Campionato nazionale di Corsa su strada 30 Km 24 marzo - Belluno

16° Campionato nazionale di Corsa Campestre 5/7 aprile - Acqui Terme (AL)

13° Campionato nazionale di Tennistavolo 18/21 aprile - Lignano Sabbiadoro (UD)

11° Campionato nazionale di Judo 25/26 aprile - Ciserano (BG)

11° Campionato nazionale di Karate 27/28 aprile - Ciserano (BG) 50




Articles inside

Benedetto XVI e lo sport

6min
pages 46-49

Dirigenti sportivi si nasce o si diventa?

7min
pages 43-45

Parla la passione

3min
page 42

La porti un pallone a Firenze

4min
page 41

Fiori rosa, fiori di Gazzetta Cup

3min
pages 39-40

Credi nei tuoi sogni

3min
page 38

Quando la parrocchia finisce in Serie A

10min
pages 34-37

Benedetti sedicesimi

7min
pages 28-33

Bienvenido, Papa Francesco

3min
pages 26-27

A Port au Prince, la terza volta del gruppo italhaitiano

5min
pages 24-25

Un modello per i giovani

6min
pages 22-23

Forza fenicotteri azzurri!

4min
pages 20-21

Libri

5min
page 19

Gli amici dello sport in oratorio

11min
pages 16-18

Libro bianco, futuro grigio

4min
pages 12-14

“Ritorno alla base, riparto dall’oratorio”

6min
pages 6-11

La rivoluzione di Pasqua

4min
page 5

La “fine del mondo” come orizzonte

3min
page 3
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