SpiritoTrail2008-04

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SPIRITOTRAIL TRAIL RUNNING WEBZINE

N째 4 - LUGLIO 2008

speciali

LAVAREDO ULTRA TRAIL 100 KM DEL PASSATORE cronache

GRPT NEMEA-OLYMPIA MYWOK 100

personaggi

ENRICO VEDILEI materiali a confronto

SCARPE DA TRAIL RUNNING interviste

MONICA CARLIN e FRANCESCA NARDI concorso

FOTO DEL MESE

anteprima gare

TRAIL DEL BANGHER CAMIGNADA

calendario

LE GARE DA LUGLIO A DICEMBRE


FOTO di COPERTINA: Sotto le pareti nord delle Tre Cime di Lavaredo © SIMONE BROGIONI

REDAZIONE Simone Brogioni, Matteo Grassi, Gualtiero Linetti, Stefano Michelet, Cristina Murgia, Maurizio Scilla, Leonardo Soresi, Francesco Zanchetta. Hanno collaborato: Gerardo Langone, Norberto Salmaso, Tite Togni, Enrico Vedilei, Marco Vendramel.

I vostri contributi saranno molto graditi. Scriveteci a: redazione@spiritotrail.it

Prima di scrivere questo breve editoriale ho voluto rileggere il racconto di Norberto Salmaso sul suo particolarissimo Passatore, che in 34 ore lo ha portato da Firenze a Faenza attraverso sentieri e boschi. In questo pezzo, che trovate a pagina 20, c’è l’essenza del trail: uno sport che non ammette punti d’arrivo, dove l’avventura, l’amore per la natura, il rispetto e la solidarietà sono valori essenziali. Proprio di natura e di rispetto si parla su questo numero della webzine, con un’ironica denuncia rivolta a tutti coloro che gettano rifiuti sui percorsi di gara, dimostrando di aver poco a che fare con lo spirito trail. Solo un’azione pedagogica umile e costante da parte di tutti noi potrà portare questi personaggi a capire la stupidità di certi gesti, e magari un giorno a denunciarli a loro volta. Perché trailer non si nasce soltanto ma lo si diventa, così come ci racconta Enrico Vedilei nel suo viaggio lungo 30 anni di corsa e di emozioni. Emozioni che ritroviamo nel racconto di Maurizio “Micetto” Cenci della sua Lavaredo Ultra Trail, la corsa dolomitica che si è trasformata in un rendez-vous tra gli amici del forum di www.spiritotrail.it e che ha visto il sabato precedente la gara la premiazione dei vincitori della speciale classifica riservata ai partecipanti ai trail autogestiti. In un’atmosfera familiare, molti utenti hanno avuto la possibilità di conoscersi di persona e di scambiare quattro chiacchiere a voce e non solo tramite tastiera. Perché il forum è sì importante per mantenere un contatto quotidiano con i “compagni di trail”, ma ritrovarsi faccia a faccia... ha sempre un sapore particolare. Tutti insieme, tutti uguali: tapascioni e top runner, come evidenzia in maniera simpatica la doppia intervista alla campionessa Monica Carlin e alla trailer senza pretese, ma con enorme passione, Francesca Nardi. Infine, una piccola nota di rammarico. Abbiamo creato Spirito Trail perché sentivamo l’esigenza di un punto d’incontro, seppure virtuale, tra gli appassionati di uno sport che sta raccogliendo sempre più consensi. Siamo contenti di aver creato un gruppo di persone che partecipa attivamente a quella che amiamo definire una “redazione aperta”, per la realizzazione di questo prezioso “gioiellino”. Ma il movimento del trail running è in crescita, e si affaccia lo spettro del mero business, lontano dal nostro modo di pensare. Il pezzo d’attualità di Leonardo Soresi vi spiegherà nel dettaglio ciò che probabilmente avrete letto nell’articolo apparso sul mensile “Correre” di questo mese: gli organizzatori dell’Ultra-Trail du Mont Blanc rivendicano il potere assoluto sul marchio “Ultra-Trail”, pretendendo di dettare regole anche in Italia. Mi auguro di cuore che tutti si risolva nel migliore dei modi e che il signor Poletti e i suoi collaboratori si siano resi conto del loro scivolone. Comunque vada, noi saremo qui a raccontarvi gli sviluppi della vicenda e a condividere con voi non solo le emozioni e le gioie, ma anche quei piccoli fastidi che, purtroppo, stanno intaccando anche questa nostra isola sempre più popolata. Simone Brogioni


CRONACHE...

TRAIL AUTOGESTITI: tutti vincitori! A cura della redazione

Foto Š Simone Brogioni

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abato 21 giugno, primo giorno d’estate e vigilia della Lavaredo Ultra Trail, alla Villa Gregoriana di Palus San Marco (BL), luogo di partenza e arrivo della corsa cadorina, si sono svolte le premiazioni del primo anno di Trail Autogestiti. L’occasione era quella giusta: alla “LUT” erano presenti quasi tutti gli utenti del forum di Spirito Trail, dove i Trail Autogestiti prendono vita. Così, nella sala riunioni popolata da oltre 200 persone in attesa del briefing tecnico pre-gara, Simone Brogioni e Matteo Grassi hanno avuto l’occasione di presentare al “popolo trail” questa iniziativa che ha riscosso fin da subito un lusinghiero gradimento. I vincitori della classifica dei Trail Autogestiti 2007/2008 sono risultati coloro che hanno partecipato al maggior numero di eventi. Nessuna somma dei tempi quindi, né posizioni in graduatoria, come è nella natura di questi incontri. Stefano Michelet, organizzatore dell’Ecomaratona dei Cimbri e “pioniere” dei Trail Autogestiti, è stato chiamato a premiare i primi tre uomini classificati: Gabriele “mudanda” Bortolotto, trionfatore con 5 presenze, Matteo “emme” Grassi e Maurizio” mi-

Foto © Simone Brogioni

cetto” Cenci con 4 presenze. Emilio Baldoni, in rappresentanza del Prosecco Bortolotti che ha contribuito senza dubbio a rafforzare lo... “spirito” trail, ha premiato invece la prima donna: Elisa Betti, con 4 presenze all’attivo. Durante la cerimonia sono stati anche ringraziati i promotori dei Trail Autogestiti organizzati nell’ultima stagione: Stefano Michelet e Gianni de Polo “i Cimbri”, Roberto Scandiuzzo, Giovanni “Giocai” Paoletti (Prealpi Venete), Giovanni Lolli, Stefano “Ste” Bartolini e Gerardo “Jack” Langone (Apennino Tosco-Emiliano), Andrea “Chiocciola” Olivi (Cinque Terre), Maurizio “Maudellevette” Scilla (Alpi Occidentali), oltre a Matteo “emme” Grassi (Prealpi Venete) e Simone Brogioni (Dolomiti). Ma... cosa sono i Trail Autogestiti? Nati l’autunno scorso in alternativa alle gare o alle non competitive, che in quel periodo scarseggiano, i TA sono veri e propri TRAIL, ma senza struttura organizzativa e senza costi di partecipazione, appunto AUTOGESTITI, ovvero l'anello di congiunzione tra un allenamento e una gara. Fra gli scopi dei TA non c’è tanto l’alle-

namento in sé, quanto piuttosto la scoperta dei luoghi. Chi li organizza studia scrupolosamente e attentamente gli itinerari per far scoprire la bellezza dei diversi territori (riserve e parchi, ambiti monumentali, luoghi storici) invogliando a partecipare anche persone provenienti da diverse aree geografiche. I TA si organizzano sul forum di spiritotrail.it, ma non fanno riferimento a un gruppo “chiuso” o “precostituito”, sono anzi un’importante occasione di incontro e ritrovo fra appassionati dello stesso sport. Non dimentichiamo infine il “terzo tempo”, altro ingrediente fondamentale dei TA, cioè la condivisione finale del ristoro che, naturalmente, viene anch’esso autogestito! Non ci sono regole scritte, ma tutti insieme si cerca di rispettare alcuni principi. Chi organizza dovrebbe: - evitare di sovrapporre più TA nella stessa data, a meno che non siano in regioni distanti - proporre itinerari alla portata di tutti (salvo eccezioni, che vanno opportunamente segnalate) - descrivere nel forum, o in altro spazio web, le caratteristiche del percorso,

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Foto © Francesco >checo< Zanchetta

Foto di Riccardo >riczac< Zaccaria

sua lunghezza, il dislivello, l’altimetria, il tempo di percorrenza previsto e le eventuali difficoltà - descrivere o fornire i riferimenti sulle caratteristiche ambientali, storico-artistiche, paesaggistiche... - redigere un elenco dei partecipanti e mantenere i contatti - informare sulle condizioni meteo previste - segnalare eventuali punti di ristoro e i servizi presenti in zona (alla partenza, all’arrivo e lungo il percorso) - consigliare l’attrezzatura e le riserve idrico-alimentari - stabilire il luogo e l’orario del ritrovo, verificare la presenza dei partecipanti - guidare il gruppo o eventualmente, tramite alcuni aiutanti, guidare più gruppi dall’inizio alla fine del percorso. Chi partecipa dovrebbe - verificare di essere nelle condizioni di affrontare il Trail (ciascuno è direttamente responsabile di sé stesso, a lui la libera scelta di assicurarsi contro eventuali infortuni) - rimanere in gruppo - onorare il terzo tempo!!! ;-) Senza la pretesa di aver inventato nulla, se non forse il nome, siamo convinti che il “movimento” dei TA con tanto di calendario e di classifica stia diventando una importante realtà nel panorama del Trail in Italia. Questi i prossimi TA in programma: - 25.07 Notturna Prato-Bocca di Rio (Prato, PO) - 16.08 Full Moon Camignada Trail (Misurina-Auronzo, BL) - 05.10 Valle Siciliana del Gran Sasso (Isola del Gran Sasso, TE) - 12.10 Ranjese Race (Vittorio Veneto, TV) - 02.11 Colline del Prosecco D.O.C. e, ancora in fase di definizione: - 5 Bivacchi (agosto - BL) - Gattone Race (MO) - Piccole Dolomiti e Pasubio (VI). Tutte le informazioni sono nella sezione “Trail autogestiti” del forum di www. spiritotrail.it.

A sin. un’immagine delle premiazioni (Foto di Luca Baradello)

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CRONACHE...

LAVAREDO ULTRA TRAIL >>una grande esperienza << Testo di Maurizio >micetto< Cenci Foto di Belinda Sorice

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on voglio dilungarmi sulla giornata di sabato, dove ho raggiunto Villa Gregoriana (sulle Dolomiti) insieme ad Elisa, una amica alla quale ho dato volentieri uno strappo per arrivare al luogo di partenza della gara. Giornata dedicata al ritiro pettorali e alle strette di mano a vecchi amici e a tanti altri che incontravo per la prima volta, devo dire tutti simpaticissimi e sorridenti. Passiamo invece direttamente al giorno della gara. Ore 7.59: sono teso, il mio obiettivo è come ho sempre detto arrivare entro il tempo massimo di 10 ore, cosa a mio dire non facile visto il tipo di corsa: 53 km, dislivello positivo 3300 m

(tra cui 2500 m concentrati nei primi 24 km), e se togliamo 8,5 km di discesa, 2,5 piani, rimangono 2600 metri di dislivello in 13 km, praticamente una media di 19,5% a km! Accipicchia. Dopo una parte centrale abbastanza normale di su e giù, dal 35° km in poi è stato un nuovo supplizio, altri 500 metri di dislivello che salivano costantemente senza darti un metro di respiro prima della discesa finale. Ma partiamo dall’inizio… meno tre, meno due, meno uno: ore 8, via! Ma dove vanno ‘sti pazzi, siamo solo all’ inizio e questi tirano già… Primo chilometro abbastanza piatto, servirà per allungare un po’ questa marea di 500 pazzi che non sanno a cosa vanno in-

contro; cominciamo a salire, e più vai avanti più il terreno davanti a te si alza, passiamo il primo ruscello e qui i soliti che hanno paura di bagnarsi le scarpette intralciano un po’ il passaggio. Pian piano raggiungiamo una malga, e fino qui eravamo in sottobosco perciò ancora non capivamo

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in che guaio ci stavamo per cacciare, con il sole che avrebbe picchiato sopra la testa più avanti. Da qui un km che ti fa rifiatare un attimo, poi di nuovo su verso il rifugio città di Carpi. Salita dura fatta in gran parte in compagnia di Riccardo, ma lungo questo tratto ciò che mi ha distratto di più sono stati dei fantastici massi giganteschi sparsi sul terreno su cui erano cresciuti alberi stupendi (che meraviglia). Arriviamo al rifugio, ci guardiamo indietro: un paesaggio…spettacolare. Finalmente si scende, qui provo a lanciarmi come so fare io (la discesa è la mia specialità), ma non riuscirò a correre veloce come avrei voluto a causa di uno stiramento alla coscia destra che mi trascino dietro da mesi e mi impedisce di allungare la gamba come vorrei, comunque scendo bene per tutti e 8 i km superando di continuo. Finita la discesa si ricomincia a sa-

lire (siamo al 16° km), mi metto a camminare mangiando la prima barretta e zuccheri per non arrivare al punto di finire le energie. Ricominciano i ruscelli, bevo acqua fresca e riparto; ecco che arriva anche Giovanni che avevo passato in discesa, riempie la borraccia e via, mi passa e… chi lo rivede più. Ora c’è il bivio per Val di Cengia: da qui in poi la salita si farà sempre più dura e ad ogni ruscello ci salto dentro, bevo, bagno il cappellino e mentre gli altri cercano di non bagnarsi i piedi io invece li immergo sempre per rinfrescarli. La salita si fa sempre più dura, ora si sale in un continuo zig zag sempre più pendente, siamo sotto il sole e c’è caldo e afa. Uffa, non ne posso più… mi passa anche Elisa e le dico: ecco quella che non va, che non la finisce… le faccio un incitamento e da quel momento anche lei non la rivedrò più.

Molti dei miei amici e compagni uno alla volta mi passano, ma non importa, il mio obiettivo è finirla entro il tempo massimo e ci devo riuscire. Una cascatina, si beve ancora acqua fresca ma la strada non molla, anzi. Eccoci finalmente in val di Cengia… Scusatemi, ma qui un minuto devo fermarmi: non perché sono morto (anche se lo sono), non per mangiare qualcosa (anche se lo faccio), ma per ammirare la meraviglia che mi è apparsa davanti: VAL DI CENGIA… Da qualunque parte ti giri è un quadro, una poesia di colori, un’atmosfera da favola… Ti sembra di essere in un luogo da cartoni animati, non ti sembra vera eppure c’è; è la zona più bella che ho mai visto nella mia vita e sarà difficile batterla. Ripartiamo, il tempo sull’orologio scorre inesorabile e io non posso sprecarne troppo. Un altro paio di km e sono sotto le Tre Cime che tutto il mondo ci invidia. Passo attraverso due muri di neve, ne mangio un po’ e via. Finalmente il punto più alto l’ho raggiunto e non mi fermo un secondo, parto subito in discesa verso un’altra malga dove c’è un altro ruscello di acqua fresca limpida: faccio un’altra degustazione e via. Su verso l’altra forcella e adesso si scenderà fino al lago di Misurina, prima su un sentiero stretto e sdrucciolevole poi su un percorso più corribile. Ahimé, qui scopro che il mio problema alla coscia è molto più grave del previsto e nelle discese non riesco ad allungare la gamba, perciò da qui alla fine potrò correre solo con passi corti, ma così facendo velocità non se ne fa molta e perderò molto tempo. Finalmente siamo al lago, km 34: da qui in poi mi avevano detto che sarebbe stato più semplice… Non mi fermo, sono in ritardo e non voglio perdere il mio ritmo lento ma regolare. Arrivo a malga Misurina dove hanno detto che fanno un’ottima polenta e salsiccia! La tentazione è forte ma poi opto per continuare. Ultima fontana, una grande bevuta e si risale, una salita continua che non molla un metro (accipicchia a chi ha detto che da Misurina in poi era semplice). Caldo, fatica, sudore, fame, sete si fanno sentire tutti assieme, ma non mollo, se vogliono che mi fermi mi devono abbattere a cannonate. Ancora su: ecco la cima, grazie a Dio. Ora un saliscendi leggero su di un sentiero ghiaioso stretto dove corri a stento ti porta ad un’ultima salitella: hurrah, le salite sono finite, ora si scende! Si scende! Sì, ma da dove?! Ci sono solo strapiombi, si scende da un ghiaione praticamente verticale, quelli davanti a me scendono quasi seduti, o tenendosi due a due piedi di traverso pian piano. Penso: io devo scendere, mi butto, faccio tutto il ghiaione corS P I R I T O T RA IL [LU GLIO] - 7


rendo saltando giù dritto, puntando solo i talloni, schiena indietro. Però ora mi ritrovo con le scarpe piene di sassi, le tolgo, le svuoto e riparto e vedo che quelli che scendevano di sedere o passetto dopo passetto sono ancora a metà, vuol dire che la mia tattica ha fruttato nonostante i sassi nelle scarpe. Da questo punto in poi, gli ultimi 13 km sono solo di discesa, prima un po’ sconnessa poi corribile; si torna nel sottobosco, almeno così il sole non ti picchia in testa e il caldo si sente meno, ma forse perché sono stanco il caldo non sembra scendere, la coscia continua a non lasciarmi correre come vorrei, ma da qui fino al traguardo correrò sempre, non mi fermerò nemmeno un metro, non vorrei che il fermarmi mi bloccasse la gamba, e allora… forza Maurizio, fai vedere chi sei! Ad alcuni questo tratto non è piaciuto, a me invece è servito a ripensare ai tratti passati nelle prime 8 ore, e nei miei pensieri tornavo alla prima salita, alla Val di Cengia, alle Tre Cime, al lago di Misurina, ai freschi ruscelli dove inzuppavo i piedi per sentire un po’ di frescura, alla malga con polenta e salsiccia, alla discesa che c’era e non c’era… e i km sono scorsi via in un lampo. Però anche l’orologio correva. Sottopasso, il prato finale, ultimo km, e qui come al solito non riesco a trattenere le lacrime (è più forte di me). Sto per arrivare, ormai il traguar-

do è lì e nessuno me lo può più togliere. Lo vedo: sì, è lo striscione! Alzo le braccia: eccomiiii! E’ finitaaaaaaa!! Ore 9’15”54, ben sotto le 10 ore e nonostante la mia coscia acciaccata. Medaglia, un abbraccio, il saluto di chi c’era; arriva l’amico Luciano, si complimenta, gli chiedo di portarmi subito all’ambulanza, ho un bisogno immediato di ghiaccio per la mia coscia che nonostante tutto ha tenuto botta; intanto vedo amici che parlano, ridono, e nonostante siano distrutti si vede la soddisfazione sui loro volti, vengo anche a sapere che già al 24° km a Forcella Lavaredo c’erano più di 100 ritirati. Peccato, mi metto nei loro panni e sento il loro dispiacere nell’aria, ma era veramente dura. Ora basta, ho già detto troppo e poi non riesco più a vedere lo schermo del computer mentre scrivo: il ripensare al percorso, ai colori, ai profumi, agli angoli meravigliosi, alla fatica, alla gioia di avere tagliato il traguardo mi sta facendo lacrimare gli occhi e appannare la vista. Grazie a tutti gli amici nuovi e vecchi e a tutti quelli che lungo il percorso mi hanno incitato, gridando il mio nome di battaglia che avevo scritto dietro al mio zaino (MICETTO), i vostri “vaaaaiiii Micetto” sono serviti come se mi aveste passato una bibita fresca. P.S. grazie SIMONE per questa bellissima gara, dura più del previsto ma

piena di emozioni forti che mi sono gustato, come dice Gabriele, “Piano piano, lentamente” fino alla fine. P.S. ottima organizzazione. Ho trovato zero code per il pettorale, zero code per la doccia calda finale, zero code per la buonissima cena serale che non mi aspettavo compresa nell’iscrizione, con primo, secondo, tanta frutta e del fresco cocomero. Sul percorso pochi segnali ma tutti sistemati nella posizione più opportuna. P.S. spero di non avere fatto torti a chi non ho nominato, ma dire il nome di tutti gli amici nuovi e vecchi sarebbe stato impossibile. Una sola nota negativa: la maleducazione di alcuni concorrenti che, incuranti del luogo dove eravamo, hanno gettato lungo il percorso le loro cartacce, le loro bottigliette e altro. Sarebbe costata tanta fatica mettersele in tasca e riportarle giù? Io al traguardo avevo il taschino dei pantaloncini e una tasca dello zaino pieni di cartacce… E non erano solo le mie.

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OPINIONI PERSONALI...

IUTO di E...

Testo di Francesco >Checo< Zanchetta

...CHE TUTTI I RESTI DI INTEGRATORI, BARRETTE, ECC. SIANO STATI LASCIATI COME IMMONDIZIA SUL PERCORSO. NON PUÒ ESISTERE UNA COSA DEL GENERE, CI DEVE ESSERE PER FORZA UN’ALTRA SPIEGAZIONE. AZZARDO ALLORA QUALCHE IPOTESI:

1) Il percorso era segnalato male. Per questo alcuni concorrenti più sensibili ed altruisti hanno pensato bene di andare in aiuto a quelli che seguivano, lasciando segnalazioni ben visibili lungo il percorso. Essendo persone intelligenti e colte, memori di quanto accadde al povero Pollicino, si sono premurate di lasciare solo oggetti non commestibili, assolutamente non biodegradabili, e anche colorati e ben visibili. 2) Vista la carenza di spazi pubblicitari sul sito internet della gara, le case produttrici di integratori hanno assoldato alcuni atleti per lasciare gli involucri, come dei banner pubblicitari, sparsi lungo il percorso. Un chiaro invito agli organizzatori della Lavaredo Ultra Trail a cedere alle pressanti richieste degli sponsor del settore. 3) Un'astuta azione di marketing da parte dell'organizzazione. Visto il gran polverone che ha suscitato nei mezzi di comunicazione l'accumulo dei rifiuti a Napoli, qualcuno ha pensato di cavalcare l'onda e usare il traino mediatico che ne deriva. Della serie: "Parlate pure male di me, ma parlatene..."; in definitiva un'ottima pubblicità per la gara. 4) Basta lamentarsi che gli antichi costruivano le cose perché durassero, mentre della nostra civiltà dell'informazione non resterà più niente! Per una volta che c'è qualcuno che si preoccupa di lasciare materiale archeologico ai posteri, noi anche lo

condanniamo? Male hanno fatto gli sventati che quegli oggetti hanno raccolto, dovevano lasciarli in sito per i secoli a venire. Ma agli archeologi del 5000 D.C. nessuno ci pensa? Di questo passo produrremo in futuro un’intera categoria di disoccupati. E adesso tocca rifare tutto daccapo, uffa! 5) Visto che predichiamo tutto questo amore per la natura, dovremmo portare più rispetto alla natura istintiva del trailer. Così se gli animali selvaggi marcano il territorio con i loro escrementi, allora anche il trailer evoluto lascia il suo segno. Pochi se ne sono accorti, ma sul percorso c'erano i documentaristi di Quark; noi che siamo 'gnurànt queste cose non le capiamo, ma a Piero Angela certi comportamenti non sfuggono! Non meravigliatevi se nei prossimi trail vedrete qualcuno fare il bisognino alzando la zampetta, sarebbe un'ulteriore evoluzione della specie... In tutti questi casi è evidente l'intento più che positivo, vorrei dire lodevole, di chi ha lasciato i suoi resti lungo il percorso. Per cui è ora di finirla, basta denigrare queste adorabili persone, anzi dovremmo dare loro un premio speciale. Ecco, propongo: un sacco della loro mer*a da riportarsi a casa!

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ULTRA & YOGA

Foto www.drumayoga.it

SCRITTO DA VOI...

Testo di Tite Togni

ORA RIESCO DI NUOVO A MUOVERE LA MANO SINISTRA PER SCRIVERE. A DUE GIORNI DALL’EVENTO, POSSO DIRLO: SOLO GRAZIE ALLO YOGA HO POTUTO AFFRONTARE LA LAVAREDO ULTRA TRAIL. HO POTUTO PORTARLA A TERMINE CON SUCCESSO ED AMPIAMENTE ENTRO IL TERMINE MASSIMO (9:08), NONOSTANTE UNA CADUTA ROVINOSA PER LA MIA MANO SINISTRA, ANCHE PER MERITO DELL’ALLENAMENTO ALLA CORSA DEGLI ANNI PRECEDENTI, E A QUELLO DI MONTAGNA DEGLI ULTIMI MESI.

G

ià 3 anni fa, quando cominciai ad applicarmi con le tabelle di allenamento per affrontare la mia prima maratona, ero convinta che lo yoga fosse soprattutto quello che va oltre (Ultra!) la pratica specifica, e la curiosità di mettere alla prova tale disciplina corroborante ed equilibrante in un contesto durevole e di difficoltà come la maratona, non solo mi spronò e mi sostenne in allenamento e in gara, ma continua a sostenermi nei miei miglioramenti lievi ma continui, oltre che conservare un equilibrio tra mente e corpo che non può che prevenire molti dei piccoli infortuni da sovrallenamento. Da allora,

migliorata di 20 minuti in maratona, mi sono ritrovata ad aumentare la pratica yogica, sia prima sia dopo la corsa, e apprezzo la mirabolante capacità del corpo di passare dalla flessibilità al potenziamento, allo sforzo, all'allungamento passivo senza traumi ma in maniera calma e senza interventi esterni (medicamenti o altro)... e con esso la mente. Il fatto è che è proprio dell'essere umano spostare i limiti: l'importante è farlo con misura, ossia ascoltandosi sempre, e questa pratica, la consapevolezza, è un esercizio difficilissimo se non si è abituati, ma è il dono principale dello

yoga, sin dai primi istanti. Quindi fu naturale, dopo tante gare su asfalto, apprezzare maggiormente la natura e la sua varietà principale, la montagna... anche perché è estremamente allenante, oltre che scenograficamente ricca e, tra un allenamento e l'altro, mi ritrovai iscritta alla seconda edizione della Lavaredo Ultra Trail di domenica 22 giugno 2008. Non solo sarebbe stata la mia prima Ultra, ossia una distanza superiore ai 42 della maratona, ma ancora oggi faccio fatica a realizzare che il dislivello totale è di oltre 3000 metri! In pratica 3 salitone di 1000 metri che duravano non meno di un'ora ciascuna, più tutte le discese

Foto © Belinda Sorice

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impervie, più tutta la corsa appena il terreno lo permetteva. Ho ancora la sensazione che definirei "visione da elicottero": le 3 cime che si avvicinano e poi si abbassano, poi si rialzano e poi si abbassano e poi si rialzano, prima di riatterrare. L'unica differenza è che erano i piedi, le gambe e tutto il corpo che mi spostavano la visione, con tutto il consumo energetico e mentale che un "lungometraggio" così comporta... E, come e più di un pilota, si impara ad applicare un altro principio yogico, che è quello insito nella stessa parola sanscrita originale: YUG = unione (degli opposti), ma anche disciplina, controllo del corpo come veicolo primario per la mente. E' bastato infatti che mi rilassassi un attimo durante la corsa per ritrovarmi stesa a faccia in giù con una mano sanguinante e un taglio profondo. Tuttavia, anche in questo caso sento che lo yoga mi è venuto

in aiuto: l'abitudine della pratica ad ascoltare lo sforzo e a respirarci sopra mi ha permesso di non cedere alla paura, al dolore e quindi di ritrovare le forze per alzarmi e riprendere la corsa con mente chiara, fino in fondo. 9 ore, 8 minuti. 11a donna, 162a su 400 concorrenti.

i podisti che ne possono usufruire anche come prevenzione per gli infortuni e sogno di correre un giorno una maratona "benefica" a favore del grande mondo dello Yoga.

Come per tutte le imprese umane portate a termine, quindi, non posso che continuare a ringraziare dentro di me e anche esternandolo, lo yoga, nella forma originale del primo grande codificatore, Patanjali coi suoi Sutra (Aforismi), nonché il suo grande, fedele studioso e diffusore BKS Iyengar anche e soprattutto negli insegnamenti e nelle correzioni di tutti gli insegnanti formati alla sua scuola, della quale faccio parte a mia volta. Per questo motivo mi prodigo a diffondere un programma di yoga ad hoc per la corsa per

LINKS www.iyengaryoga.it www.bksiyengar.com www.yogaforrunners.com www.tite.it www.yogajournal.it www.ultratrail.it

In viaggio

dentro di sé

oto:

Testo di Francesco >Checo< Zanchetta Foto © www.naturaosta.it

L

eggendo questa lettera, immagino qualcuno avrà storto il naso: che c’entra lo yoga con il trail? Anch’io sento lo yoga come qualcosa di distante, che arriva da un’altra cultura, ma nello stesso tempo credo che qui ci possa stare. C’è chi, figlio dell’italica cultura contadina o del lavoro fisico in senso lato, si è formato una solidità mentale nel duro lavoro in condizioni difficili, chi con altre esperienze sempre fisiche. Resistere a lavorare alle due del pomeriggio sotto il sole di luglio tempra il corpo, ma soprattutto la mente, che ha come unica possibilità di uscita il viaggio dentro di sé, per far passare

il tempo mentre le braccia lavorano, per uscire indenni dalla giornata. Giorno dopo giorno questi “viaggi” della mente diventano abitudine, portano alla riflessione sempre più profonda, a capire sé stessi e il mondo che ci circonda, e ad un pensiero autonomo (non si diceva forse: “Contadino, scarpe grosse ma cervello fino...”?). Quando viene meno (per fortuna) l’emergenza della sopravvivenza e la vita si fa più comoda, rimane quel bisogno di ritrovare certe sensazioni che solo lo sforzo fisico prolungato ci può indurre, e quindi cerchiamo la forma di fatica più semplice e naturale: la corsa. Ora che la vita si è fatta meno faticosa

e lavoriamo seduti ad una scrivania, non ci deve far meraviglia se qualcuno cerca certi traguardi mentali con sistemi “alternativi” tipo yoga, training autogeno o altro. In fondo quello che la nostra cultura ha fatto uscire dalla porta sta rientrando dalla finestra. Alla fine, anche se partiti da esperienze completamente diverse, ci ritroviamo poi tutti assieme allo stesso punto di arrivo: muovere il corpo per far viaggiare la mente.

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®

BASTERÀ una ad UCCIDERE lo SPIRITO TRAIL?

Testo di Leonardo >leosorry< Soresi

(L’articolo riprende quanto apparso a pag. 20 del numero di luglio del mensile CORRERE)

LO SCORSO 22 MAGGIO GLI ORGANIZZATORI DELLA LAVAREDO ULTRA TRAIL (LUT) HANNO RICEVUTO LA SEGUENTE MISSIVA DA PARTE DI MICHEL POLETTI, DIRETTORE DELL’ULTRA-TRAIL TOUR DU MONT BLANC®, CON CUI VENIVANO DIFFIDATI DALL’UTILIZZARE LA DENOMINAZIONE “ULTRA TRAIL”. Gentili signori, vi contattiamo a causa di diversi problemi di estrema importanza. Come sempre ben specificato in ogni nostro documento e comunicazione, Ultra-Trail® è un marchio legalmente depositato che non può essere utilizzato senza nostra esplicita autorizzazione. Inoltre, conformemente alla definizione della Federazione Francese di Atletica, un ultra-trail è una corsa di minimo 80 km. Nello stato attuale delle cose non possiamo autorizzarvi ad utilizzare “Ultra-Trail”, o una qualsiasi forma derivante dalla dicitura stessa, come nome della vostra corsa e vi chiediamo quindi di cambiarne il nome. Siamo inoltre estremamente sorpresi che sia stato creato un campionato italiano di ultra-trail che comporta un’unica prova. Oltre al fatto che la vostra corsa non è un ultra-trail, la creazione di un tale campionato senza la concertazione con altri organizzatori italiani di trail ci sembra assolutamente contrario allo spirito con cui vengono organizzati i trail in Europa e lo deploriamo vivamente. Infine abbiamo potuto constatare che utilizzate il nostro logo di “Course qualificative 2009” sul vostro sito senza esserne stati autorizzati. Vi chiediamo di cancellare urgentemente questo logo dal vostro sito, insieme a tutte le comunicazioni che indicano la vostra corsa come qualificante 2009. La vostra corsa non potrà essere dichiarata qualificante e voi non potete utilizzare il nostro logo fino a quando i punti sopraesposti non saranno risolti. Distinti saluti. Michel Poletti Direttore di Corsa ULTRA TRAIL TOUR DU MONT BLANC®

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n pratica, l’organizzazione dell’UTMB ha registrato presso tutti i paesi CEE il marchio “Ultra-Trail®”: d’ora in poi chi vorrà organizzare una gara di ultratrail dovrà chiedere l’esplicita autorizzazione per poterlo utilizzare. Come se la New York City Marathon avesse registrato il termine “Marathon”, o il Passatore quello di “Ultramaratona” e andassero a negare il permesso alle altre gare che a loro dire non possiedono le caratteristiche per essere definite come tali. Da sempre nel mondo del podismo, sia italiano sia internazionale, con il termi-

ne “ultra” si è denominata ogni corsa che va al di là dei fatidici 42 km e 195 metri. In Italia si parla di ultramaratone, in America di ultrarunning. Nella stessa Francia è nata perfino una rivista per chi supera la distanza della maratona, che guarda caso si chiama “ULTRAfondus”… Poletti invece sostiene che per poter utilizzare il termine "Ultra-Trail" la gara deve come minimo essere di 80 km, “conformemente alla definizione della Federazione Francese di Atletica (FFA)”. Dimenticandosi però che la Lavaredo è una gara italiana e che quindi la FFA non ha alcuna autorità al di fuori dei confini francesi. Poletti

va poi oltre, permettendosi di criticare l’operato della IUTA (Italian Ultra and Trail Association) che ha deciso di istituire nel 2008 il primo campionato italiano di ultra trail su una prova unica, assegnandolo proprio alla LUT. Di certo tutti i trailers italiani si augurano che nei prossimi anni il campionato venga esteso a più prove in modo da essere davvero significativo, ma sinceramente lascia esterrefatti che sia un organizzatore francese a ritenersi autorizzato a sollevare il problema.

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La diffida è caduta come un fulmine a ciel sereno per gli organizzatori della LUT, dato che proprio l’organizzazione dell’UTMB aveva inserito la LUT fra le corse qualificanti per la partecipazione all’edizione 2009 (come verificabile dal sito ufficiale dell’UTMB, dove la

LUT figura ancora tra le corse che assegnano un punto). Ad una successiva richiesta di spiegazioni da parte degli organizzatori della gara dolomitica, Michel Poletti ha così risposto.

Gentile signor Brogioni, la ringrazio per la sua mail alla quale rispondo anch’io punto per punto per chiarezza. È vero che normalmente si parla di ultra per competizioni al di sopra dei 42.195 km, ma questo termine si applica generalmente a tutte le corse a piedi di lunga distanza, su strada o sentiero. Per quanto riguarda il termine “trail”, viene abitualmente utilizzato per le corse di lunghezza tra 30 e 70 km, mentre il termine “ultra” è riservato alle corse più lunghe. Questo è vero in Francia, ma anche in numerosi altri paesi (Italia, Svizzera, Spagna, Grecia, Ungheria...). È molto importante che l’appellativo “Ultra-Trail” sia il più armonizzato possibile. La definizione della Federazione Francese di Atletica rispetta l’attuale uso constatato in Europa ed è per questo che, per semplicità e coerenza, noi applichiamo una regola identica. In allegato alla presente può trovare la documentazione della registrazione del marchio Ultra-Trail in tutti i paesi della comunità europea. La nostra intenzione non è di vietare ad altre corse di chiamarsi “Ultra-Trail”, ma di assicurare che queste corse siano coerenti con l’Ultra-Trail du Mont Blanc. Per questo motivo una corsa non può chiamarsi Ultra-Trail se non a determinare condizioni molto importanti: • corsa di più di 80km con al massimo il 15% di strada asfaltata ed un dislivello positivo di almeno 2000 mt, in autonomia completa o semi autonomia; • rispetto dell’ambiente; • nessun premio in denaro. Per queste ragioni non possiamo permettere che voi utilizziate il termine “Ultra-Trail” (o un suo derivato) e vi domandiamo di cambiare urgentemente il nome della vostra corsa. Per quanto riguarda il campionato italiano d’ultra trail, vi abbiamo semplicemente fatto parte delle nostre riflessioni, ma, essendo organizzatori francesi, ci rendiamo conto che non è nostro compito discuterne in dettaglio. Lascio quindi la questione ad Alberto Motta, che riceve in copia questa mail, vice-presidente dei Trailers du Mont-Blanc (associazione che organizza l’Ultra-Trail du Mont-Blanc) ed organizzatore del Gran Trail Valdigne, affinché prosegua questa discussione con lei o con la IUTA. Riguardo alle corse qualificanti 2009, lei ha ricevuto il questionario, ma non la risposta di conferma e l’autorizzazione ad utilizzare il nostro logo. La sua corsa appare nell’elenco delle corse qualificanti con la dicitura “ND” (non determinata). Abbiamo constatato che ad oggi il logo è stato tolto dal sito della sua corsa e vi ringraziamo. Quando il punto per il riconoscimento della sua corsa verrà risolto, potremo rivedere la questione insieme. Il nostro desiderio, ma anche la nostra responsabilità, è di vegliare, vista la notorietà acquisita ormai dall’Ultra-Trail, affinché l’immagine dell’ultra-trail rimanga coerente. È il motivo per cui ci siamo rivolti a lei. Sappia che anche noi siamo degli appassionati e che rispettiamo e conosciamo l’impegno ed il lavoro che organizzare una manifestazione di trail comporta. Cordialmente Michel Poletti Direttore di Corsa ULTRA TRAIL TOUR DU MONT BLANC®

Come andrà a finire? Ci troveremo con gare costrette a coniare nuovi termini quali “Super-Trail” o “MegaTrail”? Intanto due vittime ci sono già state: i primi a farne le spese sono tutti i partecipanti alla Lavaredo, cui è stato “congelato” il titolo di “Course qualificative UTMB 2009” e che forse non potranno utilizzarla per iscriversi alla prossima edizione dell’UTMB. Dall’altro a uscirne con le ossa rotte è l’ esprit trail, che i cugini francesi in questi anni han-

no tanto sbandierato con aria di superiorità. Simone Brogioni e gli altri volontari del CAI di Auronzo organizzano la LUT senza guadagnarci un solo euro, senza aiuti da parte degli enti locali e senza sponsor. Lo fanno spinti solo da pura passione, da amore per le Dolomiti, con l’unico scopo di far divertire 500 appassionati di trail running. È bastata invece una ® a mostrare come anche in questo nostro mondo, che credevamo incontaminato, il denaro

è importante e una gara non è più solo una festa ma un’azienda che deve produrre utili e fatturato. Come trailer non finirò mai di ringraziare Michel e sua moglie Catherine Poletti per aver creato l’UTMB, non solo una gara fantastica, ma un autentico sogno per i podisti di tutto il mondo. Qui però hanno commesso un grave errore: l’UTMB è già nella storia di questo sport, e non ha certo bisogno di nascondersi dietro un marchio per garantirsi un futuro.

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CRONACHE...

GRAN RAID delle PREALPI TREVIGIANE

Una prima edizione da ricordare Testo di Leonardo >leosorry<Soresi Foto di Carlo Lamonato

VA IN ARCHIVIO LA PRIMA EDIZIONE DEL GRAND RAID DELLE PREALPI TREVIGIANE E LA SENSAZIONE FORTE CHE MI HA LASCIATO DENTRO È QUELLA DI AVER PRESO PARTE AD UNA GARA CHE SI RITAGLIERÀ UN POSTO IMPORTANTE NEL PANORAMA DEI TRAIL ITALIANI.

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’idea alla base del Raid è semplice: una traversata completa del crinale delle Prealpi Trevigiane da ovest a est, con partenza da Segusino e arrivo al Lago Morto in Val Lapisina, transitando su quelle “terre alte” dove la vita contadina e montanara ha lasciato segni indelebili ma, ahimé, ormai ignorati dai più. Un territorio dalle grandi bellezze naturali, abbandonato ormai da alcuni decenni in conseguenza dei mutamenti socio-economici intervenuti in tutto il nord-est e che solo lentamente viene valorizzato dal turismo locale delle seconde case e degli agriturismi.

Le premesse atmosferiche non potevano essere peggiori: settimana da incubo con continui piovaschi che avevano allentato il terreno e una giornata in cui Giove Pluvio ha risparmiato i trailer ma in compenso ha regalato un nebbione fitto fitto che ha nascosto il percorso per quasi tutti i 59 km. La concomitanza di questi due fattori avrebbero stroncato parecchie gare più blasonate, ma il merito del Running Team di Conegliano, organizzatore dell’evento, è stata proprio quella di offrire un’organizzazione davvero professionale che è riuscita a far passare in secondo piano le pes-

sime condizioni atmosferiche. Molti della squadra organizzativa avevano partecipato per anni alla preparazione della Treviso Marathon e il risultato si è visto: segnalazione del percorso a dir poco eccezionale, senza la quale oggi staremmo ancora contando i dispersi nella nebbia al Col de Moi. Assolutamente fuori dall’ordinario anche la presenza dei volontari della Protezione Civile e del Soccorso Alpino, che sorvegliavano ogni punto pericoloso e ogni bivio in cui gli atleti avrebbero potuto sbagliare direzione: come hanno scritto in tanti sul forum, le loro tute gialle e rosse apparivano dal nulla S P I R I T O T R A IL [LU GLIO] - 1 4


come angeli custodi, rassicurando non poco chi temeva di smarrirsi. Non conoscevo affatto la zona in cui si è corso, e con le condizioni di visibilità che abbiamo incontrato posso dire di non conoscerla ancora. Eppure, anche adesso che sono passate un po’ di settimane dalla gara, continuo a rimanere meravigliato dall’aver trovato affascinante il percorso. In parte il merito di questa sensazione è stato della nebbia stessa, che ha trasportato come d’incanto questo angolo della provincia di Treviso in piena Irlanda. Silenzi irreali rotti solamente da qualche rumore ovattato. L’impossibilità per lo sguardo di spaziare verso l’orizzonte nascosto da un muro bianco di brume che ti spinge a guardarti dentro. Concorrenti che appaiono dal nulla e nel nulla scompaiono dopo poco, giusto il tempo di una battuta o uno scambio di occhiate per rassicurarsi a vicenda. Di tanto in tanto, per brevi istanti, la visibilità migliorava, lasciando intuire quanto il paesaggio che si apriva ai due lati del sentiero fosse davvero bello. Bastava un po' di vento o un'improvvisa apertura del sole e subito ti si apriva anche il cuore! Laghi alpini, pascoli verdi, boschi di scuro smeraldo, e un sentiero giallo che si perde in lontananza: cosa può volere di più un trailer? Ogni volta che tutto questo appariva per pochi secondi prima di scomparire nuovamente inghiottito dalla nebbia, non potevo fare altro che ripromettermi di tornare il prossimo anno, per una seconda edizione

che già fin d’ora si annuncia come uno degli eventi principali del 2009. La gara Fabio Caverzan si conferma l’atleta da battere su queste distanze. Dopo la vittoria alla prima edizione della Lavaredo Ecomarathon, l’atleta di Monfumo, classe 1968, ha vinto anche questa prima edizione del Grand Raid delle Prealpi Trevigiane. Se il successo alla Lavaredo 2007 non era però mai stato in discussione, questa volta Caverzan ha dovuto lottare sino alla fine per staccare il friulano Andrea Moretton: dopo 6h e 40’ di gara il distacco tra i due è stato di appena 51 secondi!

Combattutissima anche la lotta per il gradino più basso del podio, con Ivan Geronazzo che è riuscito a staccare il nazionale italiano di 24 ore Ivan Cudin di soli 34 secondi. In campo femminile vittoria di Daniela Da Forno in 8h 04’ davanti a Francesca Nardi (8h 43’) e Monica Penzo (8h 55’).

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CORIANDOLI SUL ) o n i s GRANDE RAIDnzare a Segu a

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ui a Segusino alle sei di mattina sembra di stare a un convegno di astrofili; tutti a scrutare il cielo: pioverà, non pioverà, su in alto ci cucinerà il sole? Incerti sul nostro destino (arrosto o bagnomaria?) ci spostiamo di qua e di là per le formalità pre-partenza, passando possibilmente dal buffet: meglio prendersi avanti col lavoro, no? Partiamo preoccupati per il tempo, ma il clima è buono; vecchi amici e nuove conoscenze che finalmente, dopo mesi di chat e forum, possiamo vedere di persona. In fondo è come un appuntamento al buio. Infatti certe facce non corrispondono un granché con l’identikit dell’avatar e si scopre quanto abbiamo barato sulle foto. Diciamo che siamo tutti “simpatici” e giovanili… La salita è lunga e ci porta sempre di più verso le nuvole. A un certo punto inizia anche a piovermi sui piedi; bestia come si suda! Meglio rallentare va’! Tenui raggi di sole illuminano la vallata, la visibilità è di pochi metri ma quassù si vede lo stesso il mare, un mare di narcisi che ci profuma l’aria, per chilometri e chilometri. Peccato che il sole non sia uscito ad ammirarsi questo spettacolo! Dopo aver saltellato felici come fanciulli sui ripidi pascoli e le scivolose rocce arriviamo al Prato del Litigio (Praderadego), dove troviamo un allegro ristoro. Chiedo della grappa al mirtillo, ma mi rispondono ridendo di provare al prossimo. Me ne vado brontolando che: “non ci sono più i ristori di una volta”. Diciamo che un grappino ci avrebbe se non altro dato un po’ di coraggio: Infatti, subito dopo, l’erta del Col de Moj ci fa da biglietto da visita per come sarà il resto della giornata: dura…

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Ormai abbiamo macinato diversi saliscendi e l’aria all’improvviso si fa frizzantina e festosa, siamo al S. Boldo, ed esce anche il sole. Si cominciano a incontrare persone che ci fanno delle foto, cerco di assumere un aspetto dignitoso e mi sistemo i capelli. Le distanze ormai si misurano a fette di crostata (ma perché le hanno tirate fuori dopo quaranta chilometri?) e mi ritrovo ai piedi del Visentin con lo stomaco e la nebbia sempre più pesanti. In certi posti non si vedono le frecce e ci chiamiamo a vicenda per confermarci la via giusta, finché non ci si perde di udito; di vista ci siamo già persi da tempo. In cima stavolta niente croci ma torri di ripetitori che sembrano basi lunari; segno dei tempi? Ora sto meglio e scendendo riprendo un’andatura più veloce, mentre la discesa si fa più impegnativa e costante. … Pausa perché la discesa è molto lunga. Finalmente il lago! I saliscendi del lungolago sono microscopici in confronto alle asperità che abbiamo affrontato finora, ma dopo sessanta chilometri sono altrettanto micidiali. Penso che in questo tratto sono avvantaggiati i numerosi veneziani oggi in corsa; salite altezza ponti sui canali. ARRIVOOOOooooo…..o?!?!? No, ancora un po’, ecco, adesso… No, ma che razza di scherzi sono questi? Ci fanno annusare l’arrivo e poi ce lo spostano sempre più in là? ECCOLO, finalmente! Bella corsa oggi, complimenti agli organizzatori! Peccato non sia uscito anche il sole, perché questa giornata sarebbe piaciuta anche a lui.

Ma perché da queste parti sopra ogni collina ci fanno o una chiesa o una croce? E questa è anche corazzata! Mah… S P I R I T O T R AI L [ L UG L I O ] - 16


CRONACHE...

] IL

PASSATOR

Testo di Matteo >emme< Grassi

A

Stefano Pelloni, brigante gentiluomo, per dirla col Pascoli: "il Passator cortese”, è intitolata una delle più importanti e famose corse di ultramaratona del mondo, la "100 km del Passatore” che da Firenze, piazza della Signoria, attraversa l’Appennino tosco-romagnolo, scollinando al passo della Colla di Casaglia (913 m), e scende a Faenza in piazza del Popolo. Anche se l’epiteto “Passatore” non ha nulla a che fare con le sue imprese e men che meno con la corsa (il soprannome viene dal mestiere del padre che faceva il traghettatore), il suo mito, così forte e sentito nella tradi-

CORTESE [

zione popolare, viene ogni anno rievocato nei suoi valori di libertà e riscatto da centinaia di impavidi corridori che sudano e soffrono lungo le strade di un così duro e selettivo percorso. La gara si è svolta per la prima volta nel 1973 e da allora è stato un crescendo di popolarità e di risultati sportivi. Basti pensare che giusto lo scorso 31 maggio, in campo femminile la manifestazione è stata dominata da Monica Carlin che ha siglato il record della manifestazione in 7:39:42, ovvero quasi metà tempo rispetto a quello della prima edizione.

Ma perché mai la rivista Spirito Trail si interessa al Passatore che è una corsa interamente su strada? Per due motivi. Primo perché è una manifestazione che ha fatto la storia del nostro sport; secondo perché il Passatore vogliamo raccontarlo in maniera inusuale, dando spazio sì alla manifestazione ufficiale, seppure vista dalle retrovie, ma anche mettendo in luce i suoi lati ignoti, nascosti, lasciando intravedere un Passatore ufficioso, autogestito, e chissà, magari anche un po' bandito!

Foto © Piri 2006

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Confessioni

di un malandrino

Testo di Marco Vendramel

…..io non sono cambiato, il cuore ed i pensieri son gli stessi sul tappeto magnifico dei versi voglio dirvi qualcosa che vi tocchi. Buonanotte, la falce della luna si cheta mentre l'aria si fa bruna dalla finestra mia voglio gridare contro il disco della luna. La notte è così tersa qui forse anche morire non fa male….. (A. Branduardi )

S P I R I T O T R AI L [LU GLIO] - 1 8 ©Norberto Salmaso


F

Questa corsa mi emoziona per quello che mi dà e per quello che si prende. Si prende il mio tempo, le mie energie, le ore di sonno, ma mi regala un percorso incredibile, che anche se lo conosco a memoria ogni volta mi meraviglia; una notte magica, incontri incredibili e altrettanti personaggi, calore della gente e la voglia di tornare. Tornare su queste strade che una volta sono state percorse da Stefano Pelloni, il Passatore, un bandito, un uomo che al buio attendeva i viandanti, le carrozze per derubarli e forse ancora oggi ci aspetta per toglierci le ultime energie. Scrivere di questa corsa forse è un po’ anacronistico; tante sono le Ultra che popolano il calendario e i nostri sogni, in posti più esotici, con più chilometri e montagne da salire. Ma questa corsa, con i suoi 36 anni di storia, continua ad incantarmi; ero bambino e ne sentii parlare, vidi le facce di chi era tornato, quegli occhi stregati dalla corsa e dalla voglia di riprovare. Poi cresci, forse, e la corsa piomba oppure ritorna nella tua vita: corse, corsette, maratone, il Passatore. Ed eccomi qua un’altra volta, nuovi amici coinvolti per correre o per accompagnarci pedalando, lo stesso entusiasmo, lo stesso timore di

sempre. Basta parlare, si parte, si corre, si sale; Fiesole, cima tre croci, discesa, Borgo S. Lorenzo, si torna a salire e inizia ad imbrunire verso il passo della Colla e poi via in discesa con un rosario di paesi che si accendono al passaggio di ogni centista. Ultimo ristoro, 95° km, in lontananza le luci di Faenza. Qualcuno più stanco di me è seduto su un cippo: strani scherzi fa la stanchezza. E strano personaggio: mantello e cappellaccio, mi fermo, lo guardo, questa barba è inconfondibile; il Passatore. Anche quest’ anno da buon malandrino si è preso tutto quello che poteva e ci ha lasciato solo una gran voglia di tornare sulle sue strade.

© Photosprint Cesenatico - Asd 100 km del Passatore

irenze, Piazza della Signoria, fine maggio, un rituale ormai consolidato negli anni, una consuetudine alla quale non so più rinunciare. La 100 km del Passatore, il Passatore per chi non è più alla sua prima edizione, per me “La Corsa”. Consapevolezza, preparazione, concentrazione, scoramento, pazzia. Cento chilometri di asfalto, di caldo, di gambe pesanti, di sorrisi, incoraggiamenti. Cento chilometri lunghi un anno, che si srotolano con il passare delle ore, poche per i primi, un’eternità per chi a Faenza arriva che è già giorno. Una gara, una corsa, meglio sarebbe dire un viaggio, e non solo per i chilometri percorsi, ma per quello che attraversi, giorno e notte, caldo e freddo, luce e buio, voglia di smettere, voglia di correre, di camminare, di imprecare, di parlare con tutti o di lasciare che la crisi ti attraversi silenziosa come te. Una corsa che segue una strada che sembra disegnata da un ubriaco, che attraversa paesi che a cercarli sulla carta si fa fatica, per unire due piazze, due città che questa corsa rende indissolubili. Non sono in grado di fare una relazione tecnica della corsa, del percorso: la corsa per me è emozioni e il Passatore ne è un concentrato.

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IL lungo SENTIERO da Firenze a Faenza Testo e foto di Norberto Salmaso

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a 100 km del Passatore l’avevo già corsa nel 2004 e rifare la stessa strada non mi convinceva affatto. Decisi allora di lanciare una sfida agli amici Salem, Katia e Scuka: da piazza della Signoria di Firenze a piazza del Popolo di Faenza; io per sentieri (e in autosufficienza), loro sul percorso ufficiale (io avrei avuto un vantaggio di 3 ore, visto che sarei stato costretto a bivaccare di notte, data l’impossibilità di orientarmi al buio, lungo i sentieri). Riprendo in mano le vecchie carte topografiche e mi studio il percorso, ma mi manca il tratto di collegamento tra Firenze e Borgo S. Lorenzo. Chiamo allora la comunità montana del Mugello… ma la risposta è negativa, quand’ecco che, per caso, trovo in una libreria la carta che mi manca. E’ fatta! Il collegamento c’è ed è più semplice di quello che pensavo, sentieri CAI e SOFT (sorgenti Firenze trekking), rimane solo da battezzare questa nuova avventura con il nome TRANS TRAIL del PASSATORE (circa 50 km fino alla Colla di Casaglia e altri 60 fino in piazza a Faenza, con dislivello in salita di circa 2600 m). Alle 12 in punto, in piazza della Signoria a Firenze, la cornice di turisti stempera la tensione della mia partenza. Carta alla mano e via alla ricerca del sentiero n°7 del CAI, che, ben segnato, mi porta presto in cima al crinale del monte Ceceri, dove Leonardo da Vinci fece i suoi primi esperimenti e tentativi sul volo umano. Mi volgo indietro e in lontananza tra i tetti della città scorgo la cupola del Duomo di Firenze, ”da là sono partito”. Prendo poi il sentiero CAI n° 2 che mi porta sulla cima del Pratone (702 m) con un panorama a 360° mozzafiato e poi giù in discesa al Passo Vetta le Croci (500 m), dove il rumore delle auto che aspettano l’arrivo del 1° centista si fanno sentire. Sono le 15.30 e i miei amici sono partiti da poco. Risalgo tra prati, tratti di strada asfaltata e una bella pineta, poi

giungo al convento di Monte Senario (800 m) dove il panorama è grandioso e a picco su Borgo S. Lorenzo (sentiero n° 1 e n°7 della SOFT). Il sentiero, non ben segnato, mi costringe a un fuori pista ad “azimut” finché sbuco in località Faltona dove incontro, per caso, quello stesso centista che mi ha fatto la foto di rito alla partenza. La gioia è grande, tant’è che ci facciamo fare un’altra foto tutti e due assieme. Seguo per un po’ il tracciato asfaltato della corsa, non c’è alternativa purtroppo per attraversare la valle del Mugello. Sono le 20.00 quando in località Madonna dei tre Fiumi lascio la strada e mi immetto nel sentiero CAI 34. È molto ripido e procedo camminando, mentre cala l’imbrunire, in un bel bosco di castagni secolari, ma ad un tratto un branco di cinghiali sbuca dal grigiore della boscaglia: mi sale l’adrenalina. Grido per spaventarli e farli fuggire. Ore 21. E’ buio quando il mio GPS segna 40 Km e inesorabilmente si spegne (le batterie hanno un’autonomia di 12 ore). E’ buio pesto e non c’è luna mentre avanzo a fatica nel pantano col rumore della mia pila a dinamo che rompere il silenzio che mi attanaglia. Finalmente qualche rombo d’auto sale dalla valle, così capisco che il passo è vicino. Una luce improvvisa e una ripida discesa: ecco il Passo della Colla di Casaglia (900 m). Qui è un continuo vociare di incitamenti ai corridori, di auto di assistenza, di moto ecc. Ore 22.00. Sono provato quando entro nel rifugio, curioso di vedere se ci sono i miei tre amici centisti perché, come d’accordo, chi arriva ultimo al bar “paga da bere”. Ma non ci sono ancora. Allora mi siedo e mi faccio portare 2 piatti di pastasciutta. Finalmente alle 22.30 arrivano e brindiamo con un caffè d’orzo. Loro proseguono nel buio del passo, io invece cerco un riparo per dormire nel sacco a pelo. Stanco e carico di emozioni mi addormento profondamente. Mi sveglio alle prime luci dell’alba, con S P I R I T O T R AI L [LU GLIO] - 2 0


il cellulare che segna le 4.30. Riparto. Nella bellissima faggeta c’è un silenzio totale, ancora ombre nel buio, e ho difficoltà ad intravedere il segnale del CAI. Perdo l’orientamento e... un attimo di smarrimento, indeciso proseguo, poi torno indietro. Mi fermo, controllo la carta, decido di ritornare sul crinale dove avevo visto l’ultimo segnale, quand’ecco un rumore che si avvicina sempre più. Vedo tre moto da trial che avanzano lentamente. Mi precipito a fermarli e a chiedere informazioni. I tre cacciatori mi rassicurano e mi indicano la via. Sale la luce e dal crinale il panorama sui boschi e le valli sottostanti è a perdita d’occhio. Mentre si alza il vento, con facili saliscendi e salti di roccia, giungo al convento di Lozzole sopra il borgo di Marradi dove un cartello riporta la scritta: “FREE RIDER“, adrenalina pura per il mio “spirito trail”. Faccio rifornimento e riparto, solo che, per la fretta di vedere cosa c’è più in là, ad un incrocio di crinali sbaglio direzione e sono costretto a una variante di circa 6 km in più. Ritrova la via, ma la riperdo su una traccia non ben se-

gnata e la ritrovo infine grazie ad una guardia forestale, là forse per caso, o no, chissà… (forse un miraggio?). Giungo in località Fontana Moneta sui sentieri di una mia esplorazione di anni addietro ed “è fatta”, mi dico: da qui a Faenza conosco il sentiero. Pimpante raggiungo l’unico punto di ristoro sul crinale, il ristorante “Croce Daniele” e via con il mangia e bevi: pasta e acqua. Da qui fino a Faenza proseguo sempre in leggera discesa sul sentiero CAI 505 tra ginestre, boschi e rare case, finché ai calanchi di Brisighella ricompaiono i segni noti dell’antropizzazione: campi coltivati, case, strade asfaltate, rumori di trattori, moto. Ecco un bar, dal nome curioso “Il Manicomio”, dove ancora una volta trovo ristoro per la mia fatica. Ma Faenza è a soli 10 km. Cammino tra gli affilati sentieri quando con grande stupore trovo davanti a me due anime vive, proprio lì, sospese tra i “vuoti” dei calanchi: il mio professore delle superiori Gianni Sandin, grande escursionista, e sua moglie, di Padova… che stupore nel ritrovarsi,

che emozione… Giungo infine a Faenza camminando e appagato, giusto allo scoccare delle ore 21, ovvero 34 ore dopo la partenza da Firenze, stanco ma felice e arricchito delle forti emozioni che un’avventura, un Trail, può regalare.

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Se il Passatore diventa Trail Testo e foto di Gerardo >Jack< Langone

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i ha instillato la voglia uno sportivo a 360 gradi. Nel maggio 2006, nella notte della 100 Km Firenze-Faenza, sulle rampe che salgono alla Colla l’amico Giovanni Bagnoli, vedendo la mia fatica, cerca di rinfrancarmi parlando di trekking, viaggi, boschi e mi dice: “Pensa come sarebbe bello fare un percorso dalla Colla fino a Faenza tutto fuoristrada!”. Giovanni pratica quasi tutti gli sport con rara maestria; avete presente quelli che se gli dai una bicicletta impennano per 2 km e sembra così facile? Si buttano in discesa come pazzi, sui rollerblade ti fumano, così come in bici da corsa... Ecco, lui è così, e quindi ci siamo cullati per qualche settimana sul percorso e poi dall’aprile del 2007 abbiamo iniziato a provare il percorso dividendolo in piccoli pezzi. Il sentiero utilizzato è il 505, quello che i soci CAI di Faenza percorrono in 2 giorni nella famosa “Sgambata dei crinali": logico quindi che la nostra motivazione fos-

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se di percorrere tutto l’itinerario in un giorno solo. Non esistevano ancora i TA (Trail autogestiti), così l’avevo chiamato “Passatore trail edizione di prova”: era l’ottobre 2007. Eravamo in 18, di cui 3 nazionali della 100 km, pensate che nel gruppo eravamo in 10 ad aver già concluso il famoso Passatore su strada e di questi in 6 lo avevano fatto in meno di 10 ore. Si parte dalle prime colline faentine e attraverso stretti sentieri ricavati sui calanchi si arriva al rifugio del Parco naturale del Carnè, dove si può vedere il mare distante 40 km; da lì per sentieri più agevoli si raggiunge Cà di Malanca, località divenuta famosa durante il secondo conflitto mondiale e si arriva alla loca-

lità di Croce Daniele, secondo punto di ristoro. Si prosegue per il Passo Carnevale, percorrendo per la maggior parte del tempo single track, un continuo saliscendi immersi nei boschi. Poi ancora per la Chiesa di Lozzole, dove si gode del panorama su ampi sentieri in cresta e dove si possono ammirare le rigogliose colline toscane fino al Passo della Colla di Casaglia. Km totali circa 50/58 dipende dalle varianti che si scelgono. Si tratta di un percorso vario come fondo e come paesaggio. Pur non essendo ad altezze elevate, il dislivello positivo pone il Passatore Trail tra quei percorsi di media du-

rezza, e se non ci credete provate a chiederlo ai trailers di Spirito Trail che hanno partecipato al TA del Passatore Trail che si è svolto lo scorso 18 maggio 2008!

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CRONACHE...

NEMEA - OLYMPIA TRAIL RACE

all’origine dello spirito olimpico Testo di Leonardo Soresi >leosorry< Foto di Jan Vandendriessche IAU

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uando si parla di ultrarunning e di Grecia, la prima parola che viene in mente è senza dubbio “Spartathlon”, la classicissima gara che ormai da 24 anni vede in competizione gli ultramaratoneti più forti del mondo. Ben pochi sanno che esiste anche un’altra gara sul suolo ellenico che ha mosso i primi passi nel 2001 e che da allora è cresciuta incessantemente: si tratta della Nemea-Olympia, una corsa di 180 km, sul percorso che attraversa il Peloponneso da est ad ovest. A crearla fu Auguste Lespinas, un ultramaratoneta francese particolarmente affezionato alla Grecia, dove aveva corso diverse edizioni della Spartathlon, raggiungendo il traguardo di Sparta in ben cinque occasioni. La sua duplice passione per il mondo ellenico e per lo sport lo portò ad approfondire la

storia delle olimpiadi antiche, e i suoi studi culminarono addirittura nella pubblicazione del libro “12 secoli di Giochi a Olimpia”. Nel suo testo Lespinas aveva raccolto tutte le informazioni che aveva trovato sui Giochi dell’antichità che si erano tenuti ad Olimpia dal 776 a.C. fino al 393 d.C. Auguste era rimasto affascinato soprattutto dalle motivazioni e dai rituali che stavano dietro ai giochi olimpici e così nella sua mente nacque l’idea di creare una gara che celebrasse e facesse rivivere lo spirito delle Olimpiadi. Se nell’atletica leggera lo spirito olimpico era stato sacrificato al denaro e alla commercializzazione verso cui si sono orientate le Olimpiadi

moderne, Lespinas era convinto che nell’ultramaratona sopravvivesse una scintilla del sacro fuoco delle sport che tre millenni prima riusciva ad unire tutte le polis della Grecia, interrompendo perfino le guerre. Lespinas, grazie ai suoi studi, sapeva benissimo che Olimpia aveva detenuS P I R I T O T R AI L [LU GLIO] - 2 4


to il monopolio dei giochi pan-ellenici solamente per duecento anni e che nel sesto secolo avanti Cristo, altre tre città avevano lanciato i loro giochi (Delfi, Isthmia e Nemea). La sua idea fu dunque quella di un percorso che andasse da una di queste tre città fino alla culla delle Olimpiadi. La scelta ricadde su Nemea, nella valle dell’Argolide, famosa perché Ercole vi compí la prima delle sue 12 fatiche: a Nemea viveva una terribile belva (Leone di Nemea) che devastava la regione intorno all'omonimo santuario. Il leone di Nemea era una bestia ferocissima e invulnerabile. Ercole lo uccise serrandolo e quindi stritolandolo nella morsa delle sue potenti braccia. Poi cercò di scuoiarlo, ma il ferro non intaccava le pelle della fiera, e per avere la pelliccia si servì degli artigli della belva stessa. Indossò poi quella pelle che lo rese invulnerabile a sua volta. Il precedente mitologico era proprio quello che serviva per convincere definitivamente Lespinas: gli atleti che avrebbero portato a termine la Nemea-Olympia, con il loro sforzo avrebbero portato a termine una vera e propria “fatica di Ercole”. Fu così che nel 2001, accompagnato da altri quattro ultramaratoneti, Lespinas provò la traversata del Peloponneso, partendo dall’antico stadio di Nemea, nella valle dell’Argolide, e arrivando allo stadio di Olimpia.

Spronato dal successo della prova del 2001, Lespinas creò la “Associazione Internazionale Corse Podistiche Grandi Distanze AETHLIOS”, che dal 2002 organizza la Nemea-Olympia Trail Race con cadenza biennale. La gara è definita una gara di trail, poiché per 80 km il tracciato abbandona l’asfalto e si getta su sentieri e strade forestali per superare le creste montuose del Peloponneso (la gara presenta infatti un dislivello complessivo positivo di 3.800 metri). Nel corso della prova gli atleti attraversano 19 centri abitati, dove sono situati i ristori: in alcuni tratti la distanza fra un check-point e l’altro è particolarmente grande (in un caso tocca addirittura i 22 km) per cui agli atleti è fatto obbligo portare con sé almeno 500 ml d’acqua.

lo di Olympia: per tutti loro il premio, nel rispetto dello spirito di Lespinas, è stata solo una corona di foglie di olivo, lo stesso “kotinos” che veniva dato ai vincitori delle olimpiadi antiche. Purtroppo Lespinas non ha potuto assistere al successo della sua creazione: è morto il 14 gennaio di quest’anno nella sua abitazione di Parigi. Chissà se prima di chiudere gli occhi per sempre, nella sua mente siano passate le immagini dei luoghi e dei volti delle persone incontrate sui quei meravigliosi 180 km che da Nemea portano ad Olimpia. Dei 47 finisher il primo è risultato Topher Gaylord, presidente di The North Face e ultramaratoneta per hobby,

La Nemea-Olympia proprio per la sua bellezza e per la passione che Lespinas vi ha profuso, è cresciuta di anno in anno: dai cinque partecipanti del 2001 si è passati agli 80 di questa quarta edizione. Quest’anno inoltre sono stati ben 47 gli atleti capaci di riuscire a mettere piede sul sacro suoS P I R I T O T R AIL [LU GLIO] - 2 5


che di anno in anno si sta avvicinando ai vertici della disciplina. Gaylord ha condotto la gara sin dall’inizio, sfruttando i risultati di una preparazione invernale basata più su allenamenti corti ad alta intensità che su lunghissimi lenti. A seguirlo nella prima parte è stato solamente lo spagnolo Eusebio Bochons, già secondo nell’edizione 2006 e sesto nell’ultima Spartathlon, che però ha pagato a caro prezzo la sua condotta di gara, crollando nella seconda metà e dovendosi accontentare del nono posto. Opposta invece la tattica di gara del tedesco Jan Prochaska, che dopo il 100° km è uscito allo scoperto portandosi decisamente in seconda posizione e rosicchiando km dopo km il vantaggio costruito da Gaylord, senza però riuscire a completare la rimonta. All’arrivo allo stadio di Olimpia solo 15 minuti hanno separato i due concorrenti, mentre il terzo, il greco Dimitris Petroliagkis, è giunto al traguardo con quasi tre ore di distanza. Da sottolineare anche che sia Gaylord (17:35:11) sia Prochaska (17:50:48) hanno stabilito le due migliori prestazioni di sempre, abbattendo il record del percorso fatto segnare nel 2002 dal tedesco Varnicek (19:32:39) In campo femminile l’esperta tedesca Elke Streicher, nazionale di 24 ore, ha avuto gioco facile sulla svizzera Emilia Rais, giungendo al traguardo in 22 ore e 35’, togliendosi anche la soddisfazione di essere sesta assoluta.

Nemea-Olympia Trail Race 180 KM CLASSIFICA GENERALE MASCHILE 1. Topher Gaylord (Usa) 17:35:11 2. Jan Prochaska (Germania) 17:50:48 3. Dimitris Petroliagkis (Grecia) 20:11:47 4. Loukas Konstas (Grecia) 21:12:23 5. Trond Sjavik (Norvegia) 21:43:31 6. Jozsel Csato (Romania) 22:46:23 7. Claude Molet (Francia) 22:59:14 8. Eusebio Bochons (Spagna) 23:27:02 9. Bernard Mouillour (Francia) 23:51:15 10. Jean-Claude Paroli (Francia) 24:09:03 CLASSIFICA GENERALE FEMMINILE 1. Elke Streicher (Germania) 22:35:44 2. Emilia Rais (Svizzera) 25:54:03 3. Ria Buiten (Olanda) 26:53:18

Il podio maschile S P I R I T O T R AIL [LU GLIO] - 2 6


PARERI DEI CONCORRENTI Topher Gaylord (Usa) – 1° assoluto “Che gara incredibile! Non riesco ancora a comprendere come mai sia pressoché sconosciuta, e che si parli solo della Spartathlon. Perché la Nemea-Olympia è prima di tutto un’immersione nella cultura greca, che tanta influenza ha avuto su tutte le culture successive a cui apparteniamo. La gara è solo un di più, un ricordo meraviglioso di un viaggio altrettanto indimenticabile. Quest’anno poi, con l’imminente inizio delle

Olimpiadi in Cina, l’esperienza è stata ancora più intensa ed emozionante, e la gara è stata un vero e proprio simbolo di amicizia tra le nazioni, proprio come Lespinas avrebbe voluto. Ho corso ormai una decina di 100 miglia e la Nemea-Olympia era l’occasione buona per fare un passo ulteriore nella mia avventura di ultramaratoneta, con i suoi 180 km non stop. Non ho mai fatto delle ultra su asfalto, perciò ero un po’ spaventato dal fatto che meno della metà del percorso fosse su sentiero. Invece è andato tutto per il meglio: sono partito subito ad un gran ritmo prendendo la testa della corsa e rimanendo in solitario per tutti i 180 km. Al 130° km avevo 40 minuti di vantaggio sul tedesco Jan Prochaska che però stava velocemente recuperando

poiché con il trascorrere della notte la fatica si faceva sempre più grande. Negli ultimi venti ho stretto i denti tenendo in mente solo la linea del traguardo. È andata bene perché alla fine il vantaggio è stato solo di 15 minuti! Dopo tanti piazzamenti sui gradini più bassi del podio è stata la mia prima vittoria in una ultra, e quindi non la scorderò mai. Ascoltare l’inno americano alla premiazione è stata un’emozione che non mi aspettavo così intensa: posso finalmente comprendere cosa provano gli atleti alle Olimpiadi.”

Luogo: Peloponneso (Grecia) Percorso: da Olympia a Nemea Distanza: 180 km Percorso: 100 km asfalto, 80 km sentieri Dislivello+: 3.800 m Partecipanti: 80 concorrenti Arrivati: 47 atleti (59%) Note: La gara si tiene con cadenza biennale. È limitata a 100 concorrenti. Selezione sulla base del curriculum. Tempi limite: 28 ore con chek-point intermedi Record della corsa: 17:35:11 (2008) Topher Gaylord 23:30:55 (2004) Haton Chantal Prossima edizione: Maggio 2010 Costo: 260 € Sito web: http://nemeaolympiarace.free.fr

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CRONACHE...

MIWOK 100 CALIFORNIA DREAMIN’ Testo di Leoardo Soresi >leosorry<

N

el 2007 le iscrizioni si sono chiuse in tre giorni. Nel 2008 sono bastati solo 15 minuti. Non stiamo parlando dell’UTMB, bensì della Miwok, la 100 km più amata d’America. Il motivo di un tale successo è semplice: un percorso a dir poco spettacolare in ogni metro del tracciato, immerso in una natura caratterizzata da una varietà di ambienti e microclimi. Come dice Rob Byrne che ha partecipato a tutte le edizioni, sin dalla nascita della gara avvenuta nel 1996: “Ho corso circa 150 ultra, ma la Miwok è speciale. È impossibile avere un giorno brutto correndo la Miwok: raccoglie in sé tutte le ragioni per cui uno sceglie il trail running”. Si potrebbe pensare ad una gara che si svolge lontano dalla civiltà e dalle metropoli affollate e rumorose, e invece la Miwok si corre nella contea di Marin, una riserva naturale dall’altra parte della baia rispetto alla città di San Francisco. A dividere la giungla di asfalto e cemento da una natura incontaminata c’è il

Il Golden Gate Bridge In basso veduta della spiaggia di Stinson. Foto di Ed Bodington

Golden Gate Bridge, il ponte di 2700 metri di cemento e acciaio rosso, diventato il simbolo della città stessa. È proprio dalla costa frastagliata della Marin County che proviene l’appassionato ethos ambientalista che da sempre contraddistingue gli abitanti di San Francisco: basta attraversare un ponte e dal traffico caotico si passa in una foresta di sequoie immerse tra nebbie mistiche e brume marine. La gara parte alle 5.30 del mattino dalla spiaggia di Rodeo Lagoon, in prossimità di Sausalito, famosa località turistica adagiata sulla costa più conosciuta al mondo grazie ai film hollywoodiani, dove le immense onde dell’oceano vanno a lambire i piedi dei concorrenti. Di qui si risale subito sulle alture di Bunker Hill percorrendo Field Road. La visione per chi vi è stato è a dir poco spettacolare: a destra, quasi a portata di mano, il Golden Gate e la città di San Francisco, con l’inconfondibile sagoma piramidale della Transamerica Pyramid, il grattacielo più alto

della città. Dall’altro le alture di Mount Diablo con i suoi 1173 metri, dove il vento che soffia dall’oceano si diverte a giocare con la vegetazione verde smeraldo. A sinistra il monte Tamalpais, o monte Tam, come viene affettuosamente chiamato da tutti i trail runners che da San Francisco vengono qui ad allenarsi. Il Tamalpais, parola che in lingua Miwok significava “Montagna sulla baia”, è alto appena 780 metri ma è solcato da numerosi canyon dove crescono foreste di sequoie popolate da una grande abbondanza di fauna

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selvatica. Alle spalle dei concorrenti rimane sempre l’immensità dell’oceano Pacifico, le cui onde si frangono in rumorosi spruzzi contro scogli solitari che nella luce dell’alba sembrano fatti d’argento. Ma non si tratta che dei primi km di un percorso che segue per 100 km il ben più lungo California Coastal Trail, un itinerario di oltre 1200 miglia che da San Diego attraversa tutta la California, rimanendo sempre a ridosso dell’oceano, per arrivare fino ai confini settentrionali con l’Oregon. 100 km in cui i concorrenti attraversano la Tennessee Valley, per poi scendere in picchiata fino a Pirate’s Cove, il Covo dei Pirati, una insenatura strettissima e quasi invisibile dove non sembrerebbe strano incontrare il leggendario capitano Long John Silver. Ma il meglio li aspetta un po’ più in là, il Muir Woods National Monuments, la star delle foreste di sequoie che prende il nome dal pioniere ambientalista John Muir. La foresta, attraversata dal Reedwood Creek dove nuotano i salmoni e le trote arcobaleno, è un tripudio di felci, violette del sottobosco e mirtilli, che

foto di Brian Gaines

crescono all’ombra di alberi secolari che sfiorano i 100 metri di altezza. “L’anno scorso -dice Byrne- era caduta una sequoia in mezzo al sentiero. Sembrava che Godzilla fosse uscito dal mare e fosse venuto a fare un sonnellino tra queste montagne, lasciando la sua gigantesca coda sul sentiero”. Al 57° km i concorrenti arrivano alle alture di Bolinas Ridge da dove possono ammirare le Farallon Islands, che emergono dal mare riflettendo i raggi del sole come se fossero fatte di quarzo. Da qui inizia il ritorno fino al punto di partenza: sì perché la Miwok è una gara con uno stesso percorso che serve sia per l’andata sia per il ritorno. Normalmente è un elemento che demoralizza i concorrenti e può sembrare un lato negativo, ma tutti dicono che il panorama rivisto una seconda volta non è meno mozzafiato della prima. Inoltre un siffatto percorso dà l’occasione di vedere all’opera i più forti ultratrailer americani, che come Scott Jurek, continuano a venire alla Miwok un anno dopo l’altro.

Nel 2007 Lon Freeman aveva stabilito il record della corsa con un fantastico 8 ore e 9 minuti, che molti dicevano avrebbe resistito a lungo. Quest’anno Dave Mackey, che la gara l’aveva già vinta nel 2005, è partito con l’intento di batterlo, e ha fatto segnare il fantastico tempo di 7 ore, 53 minuti e 19 secondi, distruggendo non solo gli avversari (il secondo è arrivato con circa mezz’ora di ritardo) ma anche il record di Freeman. Come si può notare si tratta di tempi molto bassi per una 100 km di puro trail con ben 3000 metri di dislivello, a significare che il percorso è sempre molto “corribile”, come conferma anche l’elevata percentuale di finisher (che nelle 12 edizioni sin qui disputate non è mai scesa al di sotto del dell’80%). È proprio questo un altro dei motivi del successo della gara: ogni anno si presentano al via infatti anche podisti “da asfalto” che alla Miwok sentono di poter fare bene anche senza un allenamento specifico trail. Secondo è giunto Jon Olsen, già terzo un anno fa, mentre il gradino più basso del podio è stato occupato

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Gli scalini finali per scendere all’arrivo di Rodeo Laggon - Foto di Ed Bodington

dal sorprendente Geoff Roes che vive tra i ghiacci dell’Alaska e che quindi non era affatto abituato alle temperature californiane. Grande deluso della gara è stato Scott Jurek, giunto quarto in 8 ore e 38’. In campo femminile Kami Semick ha vinto per il terzo anno consecutivo senza troppe difficoltà in 9 ore e 15’, davanti a Bev Anderson-Abbs e alla sorprendente Prudence L’Hereux.

PARERI DEI CONCORRENTI

Dave Mackey (Usa) – 1° classificato "Avevo scritto sul braccio i tempi di passaggio di Freeman del 2007, e ho semplicemente cercato di migliorarli da un punto di controllo all’altro. Tre mesi fa è nata mia figlia Ava, così ultimamente non sono riuscito né a dormire né ad allenarmi molto. Ma forse è per questo che sono arrivato alla partenza meno scarico del solito.”

più del 2007. Ho pagato molto il caldo lungo il ritorno: non ero abituata a queste temperature, visto che sono dell’Oregon e quest’anno di sole ne abbiamo visto davvero poco!”. Topher Gaylord (Usa) – 7° assoluto La linea di partenza della Miwok 100 è qualcosa di straordinario, con tutti i migliori ultrarunners del Nord America: Scott Jurek, Dave Mackey, Hal Koerner, Erik Skaden. L’avevo già corsa nel 1998, ma poi in questi ultimi dieci anni i miei impegni di lavoro e il fatto che ormai risiedo in Italia, mi avevano sempre impedito di tornare. Quella di oggi è stata una grande giornata per me: a parte Dave Mackey che è sem-

pre stato irraggiungibile, per molti km sono stato a ridosso dei primi. Al 60° km ero addirittura quinto, ma purtroppo è lì che inizia la vera corsa, e negli ultimi 42 km ho perso due posizioni. Mi è stata di grande aiuto la compagnia dei miei fratelli Randy e Peter e del mio amico Jim Vernon che a turno mi hanno fatto da pacer dopo il 70° km. Sull’ultima discesa ho dato l’anima per provare a superare anche Erik Skaden ma non ce l’ho fatta: dopo 100 km sono stati solo 4 secondi a separarci! Al di là dei risultati e dei tempi, la Miwok è soprattutto una gara all’insegna della bellezza dei paesaggi e del piacere che si prova correndo su singletracks perfettamente tenuti, in cui è davvero facile dimenticarsi della competizione per ammirare il panorama.

Kami Semick (Usa) – 1a classificata "Avevo intenzione di battere il record di Ann Trason del 2001 (8h 55’ 59’’) ma alla fine ci ho messo dieci minuti S P I R I T O T R AI L [ LU GLIO] - 30


Sito web: www.run100s.com/miwok/

CLASSIFICA GENERALE MASCHILE 1. Dave Mackey (Usa) 7.53 2. Jon Olsen (Usa) 8.24 3. Geoff Roes (Usa) 8.34 4. Scott Jurek (Usa) 8.38 5. Lewis Taylor (Usa) 8:46 6. Erik Skaden (Usa) 8:51 7. Topher Gaylord (Italia) 8:51 8. Mark Lantz (Usa) 9:10 9. Thomas Reiss (Usa) 9:14 10. Sean Meissner (Usa) 9:18 CLASSIFICA GENERALE FEMMINILE 1. Kami Semick (Usa) 9:15 2. Bev Anderson-Abbs (Usa) 9.42 3. Prudence L’Heureux (Usa) 9.47

La vincitrice femminile Kami Semick Foto di Joe Laddie

Luogo: Sausalito (nella baia di San Francisco, California) Percorso: da Rodeo Lagoon Beach a Bolinas Ridge e ritorno Distanza: 100 km Percorso: 65% sentieri, 30 strade forestali, 5% asfalto Dislivello+: 3.000 m Partecipanti: 318 concorrenti Arrivati: 282 atleti (88%) Note: Vista mozzafiato del ponte di Golden Gate all’alba e della baia di San Francisco. Passaggio per Muir Beach e per il Muir Woods National Monument. Tempi limite: 16 ore e 30 minuti Record della corsa: 7:53:19 (2008) Dave Mackey 8:55:49 (2001) Ann Trason Prossima edizione: Maggio 2009 Costo: 95 $ (circa 73 €)

Foto © Brian Gaines

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IL PERSONAGGIO...

ENRICO VEDILEI i trent’anni di corsa del “vichingo” Testo di Enrico Vedilei Foto archivio Vedilei

S

ono passati 3 giorni da quando Simone Brogioni mi ha mandato questo messaggio: “Mi farebbe molto piacere se tu potessi scrivere qualcosa su Spirito Trail, che parlassi delle tue esperienze, sia di gare sia di allenamenti. Ad esempio, come hai preparato gare estreme, magari nel deserto...... Come ti alimenti, che tipo di abbigliamento usi nelle varie condizioni ambientali tipo montagna e deserto”. Bene, sono appunto 3 giorni che penso a queste frasi e vado spesso a finire sul nome della rivista che lo deve contenere: Spirito Trail. Pensando a ciò che devo scrivere, spesso associo “Spirito Trail” a “spirito libero”, perché i miei pensieri tornano molto lontano, quando da ragazzino mi sfidavo. Mi ricordo ancora la prima che riuscii a percorrere 1500 prevalentemente in discesa fermarmi mai, dovevo avere

volta metri senza circa

11 anni, e dopo una giornata nel vigneto dei miei dove facevo di tutto, dal dare una mano ai miei genitori, a rincorrere qualche uccellino e perdermi nei giochi che offriva la natura, dopo quella galoppata di 1,5 km arrivai a casa strafelice, a tal punto che mi porto ancora dietro il ricordo. In verità in quel periodo nel mio paesino era tornato un ragazzo dall'Australia che tutte le sere dopo il lavoro andava a correre e noi ragazzini cercavamo di imitarlo ma non riuscivamo a correre tanto a lungo, quindi dopo quella mia galoppata solitaria capii che forse con la corsa sarei riuscito a trovare altre risorse per divertirmi. Dopo più di 30 anni posso affermare che non mi sbagliavo. Ero già allora uno “spirito libero”. Per chi non conosce le mie origini, dico che sono nato in un piccolissimo paese di campagna con

appena 200 abitanti e i giochi dei ragazzini consistevano tutti nel sapersi arrangiare: qualsiasi cosa tipo albero, ramoscello, pietra, canna di bambù, fungeva da ipotetico gioco. Anche andare alla ricerca di fossili e residui della guerra era un gioco; quelli che disponevano di più risorse economiche avevano le costruzioni “Lego” oppure qualche soldatino da mostrare, mentre per la maggior parte di noi i giochi più comuni erano quelli fatti con le biglie e il pallone. Eravamo una generazione di “spiriti liberi” e tutto questo ha formato il mio carattere. Dopo pochissimi mesi ero impegnato già con la mia prima gara di 21km che attraversava anche il mio paesino. Non so quanto tempo impiegai, ma mi sembrò un'infinità, anche se giunsi 17° assoluto e per un bambino di 12 anni era già tanto. Lo spirito libero si presentò anche in quella occasione perché

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<< Lo spirito libero si impossessava sempre più di me anche perché questo tipo di gare ti permette di guardare sempre meno il cronometro e di correre in natura, e per me che vengo dalla campagna era come se mi facesse tornare bambino >>

avevo al seguito tutta la famiglia, con la mitica A112 Abarth di mio padre, mia madre che mi sussurrava di rallentare perché non voleva che soffrissi e mio fratellino incuriosito dal gesto che stavo compiendo a tal punto che dopo poco anche lui cominciò a correre. Non avevo basi su nulla, correvo con la classica tuta da ginnastica in voga in quel periodo, quella pesantissima, inoltre mia madre mi mise anche la panciera perché aveva paura che un colpo d'aria mi avrebbe fatto male. La premura dei genitori non è mai troppa... Avevo ai piedi un paio di scarpe marchio Mecap, non so che fine abbia fatto il marchio e sinceramente non so nemmeno se fosse un marchio famoso, so solo che dalle mie parti erano le classiche scarpe da ginnastica usate dai ragazzi che conoscevo. Sicuramente non erano state comprate in un negozio specializzato (anche perché non ne esistevano in zona) ma al mercato, non avevano nessuna protezione e sicuramente non rientravano in nessuna classe di va-

lutazione usata in questo millennio. Malgrado ciò, mi portarono all'arrivo, e anche se la mente non mi permette di ricordare, sicuramente in gara mia madre mi avrà dato da mangiare dei biscotti fatti in casa da lei e soprattutto acqua, perché 30 anni fa, almeno dalle mie parti, non esistevano ristori e quindi ognuno si doveva arrangiare. Passarono 10 anni di discreto livello agonistico dove nel frattempo le cose stavano cambiando, in commercio si cominciarono a trovare scarpe e abbigliamento leggermente migliori. Quando mi informarono che a metà ottobre a Chieti si sarebbe svolto il Campionato Italiano Amatori di maratona, anche se usavo non correre in quel periodo, decisi di sfidarmi ancora. Senza preparazione, senza sapere dove sarei andato a sbattere, senza scarpe idonee, mi presentai alla partenza con un doppio plantare che pensavo servisse ad ammortizzare un po' di più (dopo 10 km fui costretto a togliermelo). Ero in compagnia di un amico e ci fermammo a tutti i ristori a mangiare e bere, a tal punto che arrivammo al traguardo più pesanti di quando eravamo partiti, tempo finale 3.21.51. Questa gara fece scattare in me un'ennesima sfida e dopo 2 anni mi ripresentai di nuovo ai nastri di partenza di una maratona, Firenze 1988, tempo finale 2.28.53, passaggio alla mezza in 1.13.50 dopo aver avuto

una fermata ai box per problemi intestinali. Dopo questa prestazione cronometrica più volte ho preparato una maratona come si deve, sempre credendo di stare meglio, ma ciò non avvenne: quel crono è rimasto la mia miglior prestazione. Sicuramente quel giorno ho agito d'impulso esagerando anche con il ritmo iniziale, ma se non avessi osato magari non avrei ottenuto quel risultato. Devo raccontarvi un aneddoto accadutomi 2 sere prima della maratona. Da 2 mesi mi ero trasferito per lavoro a Bologna (forse anche questo per il mio spirito libero), ed ero alle prime armi in cucina. Quella sera cucinai il riso pensando alle porzioni della pasta, ma mi resi subito conto che avevo sbagliato i conti: ne uscirono fuori 7 piatti che mangiai tranquillamente, e quando a mezzanotte i miei coinquilini fecero la pasta, per scommessa mangiai anche un piatto di quella. Queste 2 vicende, confermate anche in futuro, mi hanno fatto sempre sostenere che se stai male puoi stare attento all'alimentazione quanto vuoi che non cambia nulla; idem, per aver osato in una giornata nella quale il mio fisico stava bene mi ha giovato moltissimo, mentre se fossi stato prudente, come molti suggeriscono, magari non avrei ottenuto ciò. Ancora spirito libero. Nel 1991 a Bologna Vito Melito organizzò una 50 km in pista; andai a correrla e questo fu il mio approdo alle ultramaratone. Anche in questa occasione

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stato facile e invece dopo una faticaccia immane, almeno in quel periodo, mi presentai 3° assoluto all'arrivo. In Perù ho conosciuto ancora un'altra faccia della medaglia a proposito di fatica e ho cominciato a sconfinare nelle ultramaratone, completando 260 gare fra maratone e ultra nel giro di 11 anni. Nel 1997 Aurelio Michelangeli e Sergio Rozzi, gli stessi organizzatori dell'Ecomaratona dei Marsi e del viaggio in Perù, organizzarono la maratona in grotta dove naturalmente non potevo mancare, anche se a dire il vero non la preparai, ma dopotutto come si fa a preparare una gara simile? Lo spirito libero si impossessava sempre più di me anche perché questo tipo di gare ti permette di guardare sempre meno il cronometro e di correre in natura, e per me che vengo dalla campagna era come se mi facesse tornare bambino. Negli anni 2000-2003 ho indossato anche 8 volte la maglia azzurra sulla 100 km e risalgono a questo periodo i maggiori carichi di lavoro, carichi che non sono stati mai eccessivi in confronto ad altri atleti azzurri, ma uniti al lavoro in azienda hanno cominciato a portare degli acciacchi fisici.

partii un po' troppo forte, con un passaggio alla mezzamaratona intorno a 1.17, maratona 2.40.55. Comunque chiusi in 3.14.55, e anche questa resta la mia miglior prestazione su una 50 km. Nel 1995 accusai un problema alla schiena che mi limitò molto ma forse è servito al mio fisico a recuperare un po' di energie e mi ha fatto conoscere un medico che oltre a curarmi mi dette delle dritte sull'alimentazione da tenere in gara. Lo ringrazio ancora adesso perché mi ha consigliato di prendere 1,5 gr. di aminoacidi ogni 5 km che al mio fisico servono e che mi permettono, nei limiti del possibile, di non andare in crisi nel finale. Il 1996 ho seguito lo stesso schema d'allenamento di Orlando Pizzolato dato a un mio amico in preparazio-

ne della maratona di Boston, e sicuramente Pizzolato fu l'artefice anche delle mie molte maratone, almeno nei primi anni. Questo perché prima di Boston il programma prevedeva di correre 2 maratone con gli ultimi 10 km a ritmo gara, che noi eseguimmo alla lettera, e il giorno di Boston non vedevo l'ora di essere al 35° km, avevo una grinta da far paura.

Risale anche a questo periodo la consapevolezza che potevi chiedere tutto al fisico che lui te lo dava. Gare su gare, allenamenti sempre più mirati alla 100 km con punte di 80-85 km nel fine settimana divisi in 4 sedute (mattina e pomeriggio) a ritmo gara di 4.15 al km perché pensavo di essere pronto a correre una 100 km intorno alle 7 ore e 10 minuti.

Dopo Boston appresi che in un piccolo paesino della Marsica, a Collelongo, organizzavano una Ecomaratona, e seguendo il mio spirito libero decisi di iscrivermi. Saggia decisione. In molti mi consigliarono di non correrla perché mi sarei fatto male, ora nella Marsica si organizzano più gare di trail che su strada. Appresi che ai primi 3 assoluti offrivano un viaggio in Perù, una nazione che avrei voluto visitare, ma sapevo anche che non sarebbe

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Foto: krakatoasport.com

Comunque il mio spirito libero non mi ha mai abbandonato e a febbraio del 2003 ho sperimentato anche di correre una 50 km in grotta e da solo, sempre sotto l'attenta regia di Aurelio Michelangeli. E' stata una bellissima esperienza, dura e impegnativa per le scale da salire e la forte umidità da affrontare, ma anche perché ancora una volta a darmi da mangiare e bere c'erano i miei genitori, questa volta senza dolcetti di mia mamma ma solo delle banane, nonché i miei immancabili aminoacidi, mentre a correre un po' con me c'era il mio fido scudiero Claudio Bellisario e la mia compagna Luisa Costetti. Lo spirito libero è stato complice anche nel primo incontro che ho avuto con Luisa perché involontariamente i nostri discorsi sono andati a finire sulla natura. Con lei ho condiviso moltissimi allenamenti in natura e anche parte degli allenamenti della primavera del 2003, quando improvvisamente il mio fisico mi ha portato il conto e, anche se arrampicandomi sugli specchi ho tentato più volte di risorgere, non c'è stato nulla da fare: ero arrivato al limite e non potevo tornare più indietro. Se fino a un mese prima il mio fisico

rispondeva a tutte le sollecitazioni che gli davo, ora non più. Ho sofferto molto per questa situazione, ma poi in me si è ripresentato lo spirito libero e ho ricominciato ad apprezzare ciò che facevo e la gioia che mi dava la corsa, anche se correvo più piano. Nel 2006 insieme a Luisa abbiamo preparato la Spartathlon, gara di 246 km con partenza da Atene e arrivo a Sparta, e per preparare una gara così lunga abbiamo spesso corso più ore in montagna o in collina arrivando anche a correre 8 ore e 15. Quel giorno rimarrà sempre impresso nella mia mente perché siamo partiti da casa dei miei genitori, a soli 5 km dal mare, e siamo arrivati al punto più alto della Maiella raggiungibile in auto, a più di 2200 metri di altitudine. Là c'è una madonnina che ogni anno andiamo a trovare, ma partendo da molto più vicino, mentre quel giorno ci siamo arrivati da casa e per di più siamo ridiscesi fino a 15 km da casa. Quel giorno ho provato anche a mangiarmi un panino con il prosciutto acquistato in una baita di montagna

e devo dire che, a parte un piccolo fastidio iniziale, poi sicuramente mi è servito per andare avanti. Forse sono andato troppo in là con la risposta che dovevo dare a Simone e forse non l’ho nemmeno data, anche se leggendo fra le righe, qualche consiglio lo si può trovare.

Foto di Belinda Sorice

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Enrico Vedilei

NO DI CHE VI PERMETTERAN di TI EN TRATRAIL: CORGIM LI IMPORTANTI E UN UL ALCUNI PICCOLI AC EL IV SL DI N CO A ON UNA ULTRAMARAT AFFRONTARE MEGLIO di andare in crisi perché si può evitare rso rco pe il ne be pochino i denti conoscere oppure stringere un ivi at 1 - E’ molto importante gn pe im più tti rà di recuperare; inando nei tra cesa che ci permette dis rallentando o camm lla be a un rà sa e fra poco ci perché coscienti ch maco te lo pero e fin quando lo sto bit su da e ch an i on più nulla di solie piccoli bocc e il fisico non assorbe ch 2 - E’ bene mangiar nto pu un a a riv senza energie; abilmente si ar veramente di rimanere hia mette, perché inevit risc si , za en ed veduto in prec do e se non si è prov volta cibi lta cibi dolci e un’altra vo a un o nd ere ing io, l’importante è il ristoro solido trovano in commerc si e 3 – E’ bene alternare ch l ge nti ta i e va bene, anch fisico non li accetti; salati, qualsiasi cosa si può rischiare che il é rch pe to en am en provarli prima in all un capo comoassorba il sudore, più e ch o im int nto me é in quota non si n un abbiglia cca antivento perch gia a 4 – E’ bene partire co un tro die re tuali distorsioni; a, portarsi semp aderente per le even to au do da indossare sopr a stic ela a nd vare e una be sa mai cosa si può tro elle da deserto gna e soprattutto qu nta mo di rsi rco pe r lo granello di elle da trail pe lla scarpa entra un so ne se 5 – Usare le ghette, qu é rch pe i, ios in ambienti sabb per quando si corre odurre vesciche; sabbia si rischia di pr nte riserva idrica; e senza un’abbonda rtit pa n no i ind qu , da molto di più 6 – In montagna si su mortizzate, opl’aderenza e ben am r pe tti he cc ta i on arpa con dei bu gerissima, anzi; 7 – Scegliete una sc e ma non proprio leg bil sta e da mo co pa tando per una scar allenamento: ci avete mai corso in n no a im pr se a gn a gara di monta 8 – Non affrontate un a; iat non è una passegg e Marco Olmo lo te camminare, anch ve do e re rre co a vi se non riuscite 9 – Non vergognate fa;

erienza. Non differenza la fa l’esp la e ch re, ola sc mu con calma e parità di forza dei risultati eclatanti, nte me ta 10 – Olmo insegna, a dia me im re voler raggiunge affrettatevi quindi a ; ottenere molto di più perseveranza si può o in quanto il ò può sembrare stran Ci . to en am en all in r più di 10 ore inare anche se ripetutamente pe ma re, 11 – Imparate a camm fa ssa po si e più semplice ch cammino è la cosa mi non è facile; e cammino, credete rsa co e ar ern alt te dove spalle, quindi ciò che si porta sulle to tut re sa pe ne be a casa, me nel deserto è o. Preparatevi lo zaino pp tro di 12 – Nelle gare estre mi am gr i re stre spalle vi hetti per elimina osa toglierete e le vo alc qu e escogitate tutti i trucc fin a all e ch volte, vedrete disfatelo e rifatelo più ringrazieranno; ulard e una chiali, il cappello, il fo oc gli e, lar so ma scordatevi la cre 13 – Nel deserto non i. erente: sono essenzial ad benda elastica auto eno sarà sso dirvi di più? qualcos’altro, ma alm nte me in Ho fatto 13, cosa po rrà ve mi e dere alle do queste pagin re disponibile a rispon mp se Sicuramente rileggen no so i po e , ere un’altra volta una scusa per riscriv vostre richieste.


IL giusto GRIP

]guida alla scelta della scarpa trail[ A cura di Gualtiero Linetti >Krom<

MATERIALI... DA QUESTO NUMERO, SPIRITOTRAIL INIZIA UNA SERIE DI COMMENTI, RECENSIONI E GIUDIZI A PROPOSITO DELL’ATTREZZO FONDAMENTALE DEL TRAIL RUNNING: LA SCARPA. LA SENSAZIONE CHE SI PERCEPISCE TRA I TRAILER È CHE L’AUMENTO DELL’OFFERTA DI MODELLI SUL MERCATO NELL’ULTIMO PERIODO ABBIA GENERATO QUALCHE SPIAZZAMENTO.

I

n realtà, infatti, sotto la rassicurante categoria merceologica A5 (quella appunto in cui sono comprese le scarpe da trail) si trova un po' di tutto, dalla scarpa “da competizione” reattiva, leggera e dalla scolpitura appena accennata, a quella super-protettiva con tasselli da fare paura ad un caterpillar, dalle marche più conosciute a quelle appena giunte da oltreoceano; non è per niente facile scegliere il modello più adatto alle nostre esigenze o alle nostre caratteristiche. Spesso, essendo il mercato giovane e ancora in espansione, perfino il nostro negoziante di fiducia ignora la vera differenza tra di esse e ci propone, magari, la sola marca di riferimento forte delle vendite. Cerchiamo quindi di analizzare le caratteristiche di una scarpa da trail running: conoscendone le caratteristiche sarà più facile in futuro sapere cosa cercare, cosa chiedere, quale compromesso accettare. Regolare la stabilità è il principale compito di una scarpa da trail. Infatti, tipicamente, un trail avrà una tale varietà di terreni da non permettere mai un appoggio regolare, sottoponendo il piede a carichi di ogni ordine e direzione. Gli inserti atti a svolgere questo compito possono essere molteplici:

dallo scafo tallonare rigido si arriva ad interessare il laterale interno fino a coprire l'avampiede, spesso in maniera congiunta al sistema di allacciatura. Nella ricerca della stabilità giocano un ruolo fondamentale anche i sistemi antipronazione, dai più semplici, con mescole più dense nel lato interno dell'intersuola o altri sistemi per modificare l'assorbimento dell'urto di atterraggio, fino a contenitori della pronazione in materia plastica rigida. La pronazione può essere un fenomeno normale nel trail running; infatti, all'aumentare della stanchezza e delle ore di corsa, l'azione, non più fluida e soggetta a urti e appoggi non convenzionali, tende a spostare il baricentro di appoggio verso l'interno del piede. Va detto che chi ha problemi di pronazione nella corsa su strada deve cercare con l'aiuto di un esperto un modello adeguato al proprio bisogno. Un altro aspetto fondamentale, legato alla stabilità di cui costituisce un'estensione in fatto di supporti, è la protezione. Protezione da urti, certo, ma anche la necessità di un piede che deve essere solidale, e quindi protetto, con la scarpa. Alcuni esempi: inserti in gomma rigida sul bordo tra tomaia e suola, puntale plastico o rinforzato, al-

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lacciatura coesa con la suola. L'allacciatura deve risultare bella tosta, con un ancoraggio stabile del piede. Alcuni preferiscono le allacciature rapide, altri quelle classiche a stringhe. Io sono fra questi ultimi, forse è solo gusto o opinione personale, ma di fatto la stringa mi dà sicurezza e difficilmente cede, cosa che invece mi ha sempre lasciato perplesso sulle quelle rapide. Sotto la voce protezione inserisco pure il materiale della tomaia: a volte traspirante, altre in gore-tex o tecnologie similari. Queste ultime offrono un indubbio vantaggio in condizioni ambientali di elevata umidità (o di corsa nell'erba alta, per esempio). Tuttavia, l'accumulo interno di sudore è sempre superiore rispetto alle tomaie traspiranti e, inoltre, pioggia battente o piccoli guadi o pozzanghere vanificano quanto tenuto asciutto. E veniamo alla tassellatura, il famoso "grip". La scolpitura, se rilevante, rende al meglio su terreno fangoso o comunque instabile. La reputo decisiva per l'acquisto di un scarpa: il terreno instabile è veramente una prerogativa del trail, e la sicurezza di appoggio e di

spinta su questo tipo di terreno è cosa da non trascurare. Ormai tutte le scarpe contengono nell'intersuola mescole adatte ad assorbire egregiamente gran parte dell'urto di appoggio, sia nella zona del tallone, sia nella zona mediale. L'ammortizzazione è però, a mio parere, un fattore non discriminante per una scarpa trail: il terreno, se non roccioso o in asfalto, è in grado di assorbire una parte più o meno significativa dell'impatto del piede. Naturalmente, patologie varie o lo stesso peso del trailer possono valere differenti considerazioni. Infine il peso. So che molti sono attenti a questo dato. La mia opinione è che il peso può rivestire un ruolo principale solo per certe gare o tipologie di atleti. Parlando di una ultratrail il significato del peso decade fortemente: portandosi in giro uno zaino pesante qualche chilogrammo non vedo come e dove possano influire poche decine di grammi in più o in meno per una scarpa. Io non perseguirei, se non in certi casi, la leggerezza a tutti i costi a discapito di forza, stabilità, protezione e grip.

Un'ultima cosa: attenzione al numero. La scarpa da trail deve essere comoda e mai stretta: Per molti trailer, addirittura più grande del consueto: da mezzo numero fino anche a un numero e mezzo in più. Questo accorgimento attenua il rischio di rottura delle unghie. La scelta di una scarpa da trail è spesso quindi un compromesso. L’arricchimento dell’offerta sul mercato non può che rendere più personale, più adeguato alle nostre esigenze il modello prescelto, ma va detto che la ricerca della scarpa ideale è un po’ come la ricerca del graal, infruttuosa e spesso inconcludente: un compromesso è la giusta via per abbracciare l’infinita poliedricità del trail running. E in fondo è forse proprio per questo che ci piace tanto.

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RUCKY CHUCKY <<

>>THE NORTH FACE

T

he North Face (TNF) è sempre stato un marchio storico del trail running, fin dal primo modello sviluppato appositamente per le 100 miglia americane e denominato appunto “Ultra 100”. Personalmente, pur apprezzando la costante attenzione a dir poco maniacale per la qualità dei materiali, avevo sempre trovato le loro scarpe eccessivamente pesanti e rigide. Attribuivo questa caratteristica al fatto che fossero state sviluppate da un’azienda che aveva il suo core-business nelle attrezzature per alpinisti e trekker e non nel settore del “running”. Negli ultimi anni però The North Face, pur continuando ad essere una delle marche preferite dagli alpinisti di tutto il mondo, ha finito per orientarsi in maniera decisa sul mondo della corsa in natura, sia per effetto della collaborazione con Dean Karnazes, che ha influenzato non poco le scelte progettuale dei tecnici, sia per la nomina a presidente del gruppo di Topher Gaylord, manager di valore internazionale, ma allo stesso tempo atleta di primo piano nelle più importanti competizioni di ultra-trail. Le Rucky Chucky, il modello di punta della loro collezione 2008, sono senza ombra di dubbio il risultato più evidente degli sforzi fatti per rispondere alle esigenze di un podista evoluto che vuole mettersi alla prova nelle gare di trail running più lunghe. Si tratta infatti di un modello che prende il nome dal guado che i concorrenti della Western States devono attraversare al 125° km di gara: questo particolare fa già capire che il modello

è stato concepito appositamente per le gare di ultra trail. Leggerezza, reattività, flessibilità sono gli elementi su cui TNF ha puntato con decisione, riuscendo finalmente a presentare sul mercato un prodotto che, seppur caratterizzato da un peso importante, necessario per assicurare l’ammortizzazione richiesta nelle gare di ultra trail, risulta così “agile” da assomigliare ad una scarpa da strada, pur offrendo protezione e grip degni dei migliori modelli da trail. Due sono le novità tecnologiche incorporate nelle Rucky Chucky: la Xtechnology e il sistema di protezione Snake Plate. Da un lato TNF ha introdotto il sistema X-Frame™, un elemento strutturale che offre supporto mediale e laterale alla caviglia, senza limitarne il movimento naturale, rendendo la scarpa ottima per chi ha un appoggio neutro o caratterizzato da una leggera pronazione. Il risultato è quello di un ottimo equilibrio tra stabilità e flessibilità: la scarpa è davvero reattiva, nonostante un peso superiore ai 400 grammi dovuto al doppio strato di polimero X-2™ presente sotto il tallone e al cuscinetto plantare necessario per assicurare l’ammortizzazione sufficiente per correre una 100 miglia. Davvero sorprendente è poi la nuova tecnologia SnakePlate™, un vero e proprio esoscheletro a forma di tela di ragno studiato per alleviare il doloroso contatto plantare con pietre od oggetti appuntiti sul sentiero. A differenza dei tradizionali inserti protettivi, rigidi e pesanti, questo sistema si compone di una lunga, sottile spirale che si attorciglia avanti e

indietro, dall’arco plantare all’avampiede: il risultato è quello di un’ottima protezione che non sacrifica affatto la flessibilità. Per quanto riguarda la “trazione”, la suola delle Rucky Chucky presenta un rivestimento in gomma Tenacious Grip™, che offre una trazione eccellente sia su rocce sia su fango, dando una costante sensazione di sicurezza e stabilità anche nelle discese più ripide. Durante il test, le uniche scivolate sono avvenute su grandi lastroni di roccia bagnati, ma è anche vero che praticamente nessuna scarpa riesce ad assicurare un grip eccellente in quelle condizioni. L’unico neo che è stato possibile rile-

vare durante il test è il sistema di allacciatura che è di tipo tradizionale, per cui prima delle discese più impegnative potrebbe essere necessario stringere i lacci in maniera più salda, così da impedire lo scivolamento in avanti del piede e il contatto delle dita con la punta della scarpa. Per alcuni podisti però, anziché rappresentare un difetto, questa caratteristica risulta invece una qualità, dato che alcuni sistemi di chiusura “evoluti” risultano inutilmente pesanti oppure fragili e quindi facilmente soggetti a rottura. In conclusione, le Rucky Chucky sono un modello davvero riuscito, caratterizzate da una leggerezza e da una reattività sorprendenti, che farà felici tutti i trail runners che fra gara e allenamento raggiungono chilometraggi davvero “super”.

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Parametri di valutazione Comfort: il piede percepisce l’interno della scarpa come comodo? Reattività: la scarpa si muove fluidamente accompagnando il piede dalla fase di appoggio a quella di stacco da terra? Ammortizzazione: la scarpa è adeguatamente ammortizzata? Stabilità: la scarpa offre adeguata stabilità in fase di appoggio su un terreno sconnesso? La scarpa è in grado di impedire storte alle caviglie o altri potenziali infortuni? Grip: La suola è in grado di assicurare sufficiente tenuta, riducendo il rischio di scivolare sia su fondi asciutti sia bagnati? Protezione: la scarpa protegge il piede negli urti contro rocce, pietre, radici? Sistema di chiusura: è in grado di impedire al piede di scivolare verso la punta durante le discese? Peso: qual è il peso della scarpa?

VALUTAZIONE DELLE THE NORTH FACE RUCKY CHUCKY Comfort:

MOLTO BUONO

Sin dal primo utilizzo risultano estremamente comode e non presentano particolari rigidità che possono causare vesciche. L’unico appunto è la limitata imbottitura in materiale spugnoso nella zona del tallone che nelle prime uscite può risultare un po’ rigida. Ottima invece la traspirabilità e contenuto il tempo di asciugatura.

Reattività:

ECCELLENTE

A differenza di alcuni modelli proposti da TNF negli anni precedenti, la flessibilità è senza dubbio uno dei punti di forza delle Rucky Chucky. Durante la corsa la sensazione è quella di stare usando una scarpa da strada.

Ammortizzazione:

ECCELLENTE

È stata progettata appositamente per gli ultra trail estremamente lunghi. Il doppio strato in EVA è presente sia nella zona anteriore sia in quella di appoggio del tallone. Consigliata per qualsiasi distanza per gli atleti di peso inferiore ai 75 kg o per chi affronta la maggior parte del percorso camminando anziché correre. Per gli atleti di peso superiore l’utilizzo è consigliato fino agli ultra trail da 80 km.

Stabilità:

MOLTO BUONA

Permette di muoversi in velocità su sentieri sconnessi limitando al minimo gli sforzi per mantenere l’equilibrio. La scarpa è perfetta per chi ha un appoggio neutro o leggermente pronatore.

Grip:

ECCELLENTE

La tenuta è ottima sia sui terreni rocciosi sia su quelli fangosi, meno buona su rocce bagnate. La sensazione durante la corsa è di completa sicurezza. Pur non essendo un grip super aggressivo, è più che sufficiente per superare agevolmente le difficoltà che si incontrano negli ultra trail. La suola è resistente e non mostra segni precoci di usura.

Protezione:

OTTIMA

La tecnologia Snake Plate studiata da TNF è davvero molto efficace pur non essendo “invadente”. La scarpa risulta flessibile e leggera e allo stesso tempo ben protetta.

Sistema di Chiusura:

BUONO

Nelle discese più ripide è necessario stringere bene i lacci per evitare che le punte delle dita dei piedi vadano a scontrarsi con la punta della scarpa. Questo è un versante su cui si possono ancora fare miglioramenti, magari studiando un sistema di allacciatura più avanzato.

Peso:

MOLTO BUONO

La scarpa, pur con un peso di 414 grammi (versione maschile e misura US9), è davvero leggera e regala la sensazione di stare correndo con una versione da strada.

I VOSTRI COMMENTI TNF Rucky Chucky è una scarpa solida ma a mio parere un po’ troppo secca, con una sensazione di ammortizzazione relativa se rapportata ad altre calzature concepite per i trail lunghi e a ritmo passo-corsa. Di contro, proprio in virtù di quanto sopra, risulta molto reattiva e adatta a chi corre a ritmi buoni (ultimo tratto della Lavaredo Ultra Trail, per capirci...). Se posso fare un paragone con una calzatura da strada, tralasciando ovviamente i pesi, è più vicina a una A2 che a una A3, con una sensazione di essere con l’avampiede vicini al terreno. Anteriore: pianta del piede adatta a chi è “largo”, tessuto che si asciuga in fretta e ottima chiusura e tenuta dei laccioli. Il puntale mi sembra un po’ troppo tenero e quindi poco protettivo. Posteriore: talloniera morbida ma al tempo stesso solida e avvolgente, forse leggermente alta sotto i malleoli (in discesa, per l’ovvio effetto scivolamento anteriore, può capitare di toccare in maniera fastidiosa). In sostanza, una scarpa sicuramente da provare, con la speranza che sia la calzatura che fa per voi.

Eccomi qua, lento come al solito, ma non posso commentare una scarpa senza averci corso sopra almeno 2-300 km, per cui ho aspettato di chiudere il Cromagnon per esprimere il mio giudizio sulle Rucky Chucky. Nome: ho sentito di meglio! Calzata: confermo quanto detto da Vuppauer, larga davanti. Grip: buono sia in salita sia in discesa. Stabilità: scarpa molto stabile e ben ammortizzata soprattutto sul tallone. Allacciamento: non concordo con Vuppauer, io trovo che si allenti con il passare dei km. In sintesi, finalmente TNF ha fatto una scarpa adatta a me da usare sulle lunghe (penso sarà la mia scarpa UTMB), io peso più di Vuppauer. Unico neo, comune però a tutte le altre marche: ma è mai possibile pagare 120 euro per un paio di scarpe??

Roberto >Vuppauer< Chiozzotto – peso 76 kg.

Gabriele >Mudanda< Bortolotto – peso 90 kg S P I R I T O T R AIL [LU GLIO] - 4 0


>> BROOKS CASCADIA III<< Recensione di Lorenzo Trincheri

L

e Brooks Cascadia sono il modello di scarpa da trail di maggior successo prodotta dalla Brooks: una delle ragioni di questo risultato è la stretta collaborazione con Scott Jurek, che oltre ad essere il testimonial del marchio è attivamente coinvolto nello sviluppo tecnologico del prodotto. Nella primavera del 2008 è finalmente uscita la Brooks Cascadia III, che ha subito ricevuto ampi consensi nel mondo del trail, conseguendo anche prestigiosi riconoscimenti, come il Runner’s World “Editor’s Choice”. La Cascadia è una scarpa Trail professionale nata dall'esperienza running e dalle specifiche Trail. A differenza di tante scarpe da Trail. la Cascadia ha una suola unica molto sicura nei terreni accidentati. Il Modello Cascadia 3 è caratterizzato dalla nuova mescola per intersuola MoGo (il vecchio modello altrettanto molto valido nei percorsi di montagna era però più pesante). Grazie al MoGo questa scarpa è più leggera e ammortizzata; non è un caso che Brooks abbia adottato il

MoGo anche sui modelli da running, alleggerendo le scarpe ma mantenendo inalterata la stabilità. La Brooks Cascadia III incorpora inoltre altri sistemi tecnologici che valorizzano la performance, quali il Dual Pivot Posting System, presente su entrambi i lati in posizione mediale, che consente di stabilizzare il piede in appoggio, facendolo rimanere lineare al corpo. Sulla parte esterna dell' avampiede, tra la suola e l'intersuola, è presente invece una membrana chiamata Ballistic Rock Shield che evita il rischio di perforazione (ad esempio spine e in prevalenza pietre appuntite). La suola è un pezzo unico per consentire robustezza e affidabilità, composta da una speciale mescola a base di silicio, la HPR (High Performance Rubber) con derivazione dai pneumatici di F1. Il risultato è un grip elevatissimo anche su superfici bagnate grazie alla suola tassellata. La Brooks Cascadia III è il modello che ho usato per la Marathon des Sables e anche dopo sette giorni ai piedi in condizioni a dir poco estreme, l'ho trovata molto confortevole. In conclusione si

tratta di una scarpa da trail che offre un buon ammortizzamento e una buona protezione, adatta a qualsiasi tipo di percorso, anche i più impegnativi, che soddisferà le esigenze del trailer più esigente.

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Parametri di valutazione Comfort: il piede percepisce l’interno della scarpa come comodo? Reattività: la scarpa si muove fluidamente accompagnando il piede dalla fase di appoggio a quella di stacco da terra? Ammortizzazione: la scarpa è adeguatamente ammortizzata? Stabilità: la scarpa offre adeguata stabilità in fase di appoggio su un terreno sconnesso? La scarpa è in grado di impedire storte alle caviglie o altri potenziali infortuni? Grip: La suola è in grado di assicurare sufficiente tenuta, riducendo il rischio di scivolare sia su fondi asciutti sia bagnati? Protezione: la scarpa protegge il piede negli urti contro rocce, pietre, radici? Sistema di chiusura: è in grado di impedire al piede di scivolare verso la punta durante le discese? Peso: qual è il peso della scarpa?

VALUTAZIONE DELLE BROOKS CASCADIA III Comfort:

OTTIMO

Eccezionalmente morbide e perfettamente traspiranti, tanto da dare l’impressione di stare usando una scarpa da strada.

Reattività:

MOLTO BUONA

Possono tranquillamente essere utilizzate anche da atleti veloci che cercano una scarpa precisa, capace di assecondare i cambi di ritmo durante la gara.

Ammortizzazione:

MOLTO BUONA

La nuova mescola MoGo dell’intersuola svolge egregiamente il proprio compito e non diminuisce il proprio rendimento nemmeno dopo molti chilometri.

Stabilità:

OTTIMA

Il sistema Dual Pivot su entrambi i lati del piede facilita notevolmente il mantenimento dell’equilibrio. La scarpa è rivolta ai corridori neutrali o leggermente pronatori.

Grip:

ECCELLENTE

Protezione:

OTTIMA

Il Ballistic Rock Shield, pur non compromettendo la morbidezza della scarpa, protegge adeguatamente il piede.

Sistema di Chiusura:

BUONO

Sistema di chiusura classico: nelle discese più ripide può essere necessario stringere bene i lacci per evitare che le punte delle dita dei piedi vadano a scontrarsi con la punta della scarpa.

Peso:

ECCELLENTE

La scarpa è molto leggera (340 grammi versione maschile e misura US9), e può anche essere usata in quei trail che prevedono tratti di asfalto.

Ottima la tenuta anche nelle condizioni peggiori.

I VOSTRI COMMENTI Ho usato le Cascadia III al Grand Raid delle Prealpi Trevigiane e mi sono trovato bene. Ho avuto soprattutto modo di apprezzarle nella discesa finale dove hanno tenuto alla grande senza farmi mai scivolare. Non sono robustissime come altre scarpe e forse soffrono un po’ dove ci sono sassi appuntiti e rocce scivolose, ma sono davvero comode e dopo tanti km non è una cosa di poco conto. Un appunto è che non tengono tanto l’acqua e il piede si bagna velocemente, in compenso però sono davvero valide anche per qualche tratto di asfalto. Giudizio: buono. Roberto >Roby< Scandiuzzo

Forse vado controcorrente, ma io con le Cascadia ho preso una storta un paio di settimane fa e ancora la sento... Per me sono sì molto comode... niente vesciche o altro, ma troppo morbide, non sostengono il collo del piede e personalmente non mi sento a mio agio.

La prima gara che ho fatto e’ stata la maratona di Venezia. È stata un’improvvisata e l’ho corsa con l’unico paio di scarpe che avevo: le Brooks Cascadia! Per quanto possa sembrare assurdo, non ho avuto nessun problema allora e non ce l’ho neppure con il modello nuovo di cui inizialmente ero un po’ scettica perché mi sembravano troppo morbide. Le ho usate per il Cromagnon: in 17 ore di sentieri massacranti non mi hanno mai dato fastidio. È vero che si bagnano subito, ma altrettanto velocemente si asciugano. Forse l’unica pecca che hanno è di non avere la punta rinforzata... ma non si può avere tutto, vero? Giudizio finale: le mie scarpe da trail per eccellenza! Roberta >RobyChao< Peron

Elisa Betti

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TNF RUCKY CHUCKY

BROOKS CASCADIA 3

Comfort: Reattività: Ammortizzazione: Stabilità: Grip: Protezione: Sistema di chiusura: Peso: Prezzo:

DATI TECNICI:

CONSIGLIATA PER:

Peso: 414 gr vers. maschile 350 gr. vers. femminile Prezzo: 120 € (consigliato) Misure: uomo: da US 7 a 14 donna: da US 5 a 11 Garanzia: 1 anno Colori: Giallo/rosso

Appoggio: Neutrale o leggermente pronatore Atleta < 75kg: Ultra Trail Atleta > 75 Kg: fino a 80 Km Atleta veloce: allenamento Atleta lento: gara o allenamento

Peso: 340 gr vers. maschile 283 gr. vers. femminile Prezzo: 120 € (consigliato) Misure: uomo: da US 8 a 15 donna: da US 6 a 12 Garanzia: 1 anno Colori: Grigio/Arancione Rosso/bianco/nero

Appoggio: Neutrale o leggermente pronatore Atleta < 75kg: Ultra Trail Atleta > 75 Kg: fino a 80 Km Atleta veloce: allenamento Atleta lento: gara o allenamento

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CARLIN vs NA DI

team

monica e francesca a confronto

unning

LE INTERVISTE...

Lorenzo

Zanin R

a cura di Matteo >emme< Grassi

SONO ANCORA DUE DONNE

© GRPTv

LE PROTAGONISTE DELLA NOSTRA INTERVISTA DOPPIA, DUE DONNE MOLTO DIVERSE TRA LORO, SIA COME PRESTAZIONI SIA COME APPROCCIO ALLA CORSA. LA TOP RUNNER MONICA CARLIN, CON I SUOI ALLENAMENTI FATTI DI TABELLE, RIPETUTE E CARBOGEL; LA PIÙ ISTINTIVA

ANZITUTTO: VUOI PRESENTARTI?

M

i chiamo Monica Carlin, ho 37 anni, sono di Pergine Valsugana, svolgo di professione l’avvocato civilista e amministrativista a tempo pieno.

C

iao a tutti! Sono una podista un po’ indisciplinata, mi chiamo Francesca Nardi, ho 44 anni (ma non ditelo in giro per favore!) e quando non sono al mare per motivi di lavoro, abito a Follina, un paesino in mezzo alle colline in provincia di Treviso.

FRANCESCA NARDI, CHE CORRE QUANDO E DOVE LE PIACE E SI CONCEDE RICCHI PIATTI DI PASTA DOPO OGNI GARA. UNITE DALLA PASSIONE PER LA CORSA, MONICA E FRANCESCA SI RACCONTANO CON SEMPLICITÀ, REGALANDOCI LE LORO EMOZIONI E LE LORO ESPERIENZE…

QUANDO E PERCHÉ HAI INIZIATO A CORRERE? HAI MAI SMESSO PER POI RIPRENDERE? Ho iniziato a correre con le marce non Corro perché mi piace, mi soddisfa, competitive, così… perché mi piacemi rilassa, mi dà un senso di benessere va, credo verso i dieci/undici anni. Poi, e libertà. Non ho mai smesso di correvista la passione, non potevo mancare re (a parte qualche piccola sosta di alle corse campestri organizzate dalla qualche giorno per infortuni vari). Non scuola, dove ho ottenuto anche buoho mai smesso fino ad ora, anche perni risultati (nonostante lo scarso impeché è da pochi anni che mi sono avvigno). Poi ho lasciato tutto in stand-by cinata alla corsa. fino all’arrivo della Maratona di Treviso che ha riacceso in me una passione mai spenta e mi ha dato modo di realizzare un sogno che credevo sarebbe rimasto tale.

A CRONOMETRO SPENTO.

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© 100km del Sahara

Hai iniziato subito a correre in montagna? E quando a spingerti oltre i 42 km? La mia prima gara è stata la maratona di Milano del 2004, nel 2005 ho corso per la prima volta la Pistoia Abetone, nell’agosto la Mel-Valdobbiadene. Nel 2007 ho ripetuto le due suddette gare, ho corso l’ecomaratona del Ventasso, l’ultramaratona di Davos e poi la Camignada. La maratona è stata la mia prima gara… prima di allora non avevo mai corso più di un’ora e mezzo.

Per me correre sulle “mie montagne” è sempre stato naturale, magari senza misurarmi con chilometri e cronometri. I miei primi 42 in montagna li ho fatti solo di recente, partecipando all’ultima edizione dell’Ecomaratona dei Cimbri.

Parliamo un po’ di allenamento e di gare: ti segue qualcuno oppure sei un corridore fai da te? Ti tieni aggiornata leggendo riviste o libri che parlano di allenamento? Segui delle tabelle? Io devo essere seguita, altrimenti sono un po’ scriteriata e non seguo l’allenamento che mi fa migliorare, ma farei le cose che più mi piacciono e gareggerei tantissimo (un po’ come ho fatto nel 2006). Attualmente mi allena Marco Boffo, mio compagno di nazionale ultra. Per questo devo seguire le tabelle. Sì, leggo e mi tengo aggiornata… se il tempo me lo permette

Sono “tanto” un corridore fai da te! E... sono un po’ intollerante a tutto ciò che riguarda tabelle, programmi, tempi, schemi di allenamento. Non ho proprio neanche la pazienza di leggerli! Cerco solo di ascoltare e seguire le esigenze del mio corpo.

Quanti km corri mediamente in una settimana, in un mese, in un anno? E quando stai preparando un’ultra come aumentano i carichi di lavoro? Circa 150/160 a settimana, anche di più se sto preparando una 100 km. Per il chilometraggio in un mese o in un anno, è subito fatto: basta fare i calcoli. In genere non mi fermo mai durante l’anno. La preparazione di un’ultra prevede una fase di potenziamento, un’altra di lavori di velocità e l’ultima prima di defaticare, di carico di km.

E’ presto detto: di base 20 km a settimana, quindi 100 in un mese e 1200 in un anno, e queste sono mediamente le gare, più qualche corsa durante la settimana, ma solo quando mi gira.

Ti alleni solo correndo o fai anche palestra, cross training o altri sport di resistenza? Palestra, sci alpinismo, sci di fondo, nuoto, race.

In alcuni periodi riesco ad abbinare la corsa al nuoto.

Per preparare un’ultra che tipo di allenamenti fai? Ripetute, medio, lungo, lunghissimo? Con che distanze e a che ritmi? E su che terreni?

© Belinda Sorice

Doppi allenamenti, ripetute lunghe, progressioni lunghe, lunghissimi. FL 4.20, FM 4.10, RM 3,55, RMM 3,50.

Ripetute? Già mi disturba il nome. Lunghissimo? Lo farò il giorno della gara. Distanze, ritmi, terreni? A me piace correre, non voglio stressarmi con tanti calcoli!

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Quante gare hai corso nel 2007? Quante maratone e quante ultra? Nel 2007 20 gare di cui 9 maratone e 5 ultra.

Nessuna ultra, solo un paio di maratone, un’ecomaratona e qualche bella corsa in montagna.

Raccontaci alcune delle tue esperienze: qual è stata la corsa/gara più bella che hai fatto? La più lunga, la più dura, la più “strana”? I mondiali della 100 km in Corea nel 2006, dove sono arrivata seconda in volata per 4’’ dall’inglese... è stata un’emozione unica!

La più lunga il Gran Raid delle Prealpi Trevigiane, 59 km, proprio pochi giorni fa, il 25 maggio. Di belle ne ho fatte molte; a me piacciono quelle faticose e con molta salita.

E quella che non rifaresti? Ultramaratona di Davos nel 2006: percorso bellissimo, ma nevicava ed era freddissimo perché c’era bufera… mi sono letteralmente congelata.

La 100 km del Sahara, non mi ha trasmesso nessuna bella emozione, è stata solo una vera e propria competizione fine a se stessa.

Qual è la gara che stai ancora sognando, il tuo “sogno nel cassetto”? Coast to coast.

Io ho molti cassetti… La 150 km di Boavista, la 210 a tappe in Madagascar, una corsa nel “vero” deserto, la maratona dell’Etna. Tutte le corse un po’ particolari e faticose che mi arrivano all’orecchio diventano per me dei possibili sogni nel cassetto.

Che gare hai in programma per il 2008 (e quali hai già corso)? Dopo il Passatore il mo prossimo obiettivo importante sono i Mondiali della 100 km… le altre gare sono in funzione di detto obiettivo.

Ho corso la 100km del Sahara, la maratona di Treviso, il Gran Raid, la Lavaredo Ultra Trail... il resto si vedrà!

Corri da sola o hai compagni di allenamento? E alle gare ci vai da sola? Corro quasi sempre da sola, perché non so mai col mio lavoro quando riesco a liberarmi, corro sempre negli stessi posti per permettere il controllo antidoping a sorpresa cui anche quest’anno sono sottoposta.

Tutto da sola. Mi piace correre con il mio ritmo, e mi disturba adeguarmi a quello degli altri; a volte trovo qualche “compagno di viaggio” con cui magari mi trovo bene, ma va benissimo che sia solo “a volte”.

Ti è capitato di conoscere nuove persone, correndo? Di fare amicizie? O magari di innamorarti? Certo che sì! Ho conosciuto un sacco di persone in gamba!

Sicuramente ho conosciuto un sacco di gente e ho trovato molti amici, spero anzi di incontrarne ancora tanti…

Parliamo di alimentazione: segui una dieta? Sei sempre attenta a quello che mangi oppure no? E ti concedi qualche vizio ogni tanto? Non seguo alcuna dieta…mangio tanto, ma bene, cioè alimenti sani. Non credo di avere vizi particolari… a parte la cioccolata fondente e il gelato.

La mia alimentazione “è” a base di vizi, e me li concedo tutti senza sentirmi in colpa! Scherzi a parte tendo ad avere un’alimentazione disordinata ma ogni tanto cerco di mettermi in riga, ascoltando le esigenze del mio corpo.

© Belinda Sorice

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© GRPTv Lorenzo Zanin Runningteam

© 100km del Sahara

Cosa mangi prima di una gara lunga? E durante? E dopo? Prima carico di carboidrati. Durante solo carbogel.

Prima di una gara lunga un bel piatto di riso seguito da pane e marmellata. Durante scelgo fra quello che trovo a disposizione, ma evito integratori, gel e barrette. Dopo, un bel piatto di pasta non me lo toglie nessuno.

Oltre la corsa: hai un diario, un quaderno di appunti, un blog? Tieni traccia o memoria delle tue corse? Certo, ho un diarietto e un album del- Nessuna traccia, solo le sensazioni e le le foto, oltre che il quadernetto dove emozioni che mi rimangono in memoannoto tutti gli allenamenti. ria. Come concili la corsa con tutto il resto (lavoro, famiglia...)? A volte è molto difficile, ma è una sfida con me stessa…devo sapermi organizzare al 100%.

Per una quasi single che si allena poco come me non è un gran problema, basta avere la domenica mattina libera e un po’ di organizzazione. Il lavoro invece mi sta creando qualche problema che vedrò di risolvere al più presto… cambiando lavoro!

Hai uno sponsor o ti paghi tutto da sola? Riesci a prendere qualche premio alle gare? Hai mai quantificato quanto ti costa correre in un anno? Ho degli sponsor tecnici; ho praticamente sempre preso premi alle gare. No, non ho mai quantificato la spesa annua.

Allo sponsor ci sto pensando davvero… Premi sì, quando mancano le specialiste del settore riesco a piazzarmi anch’io e portare a casa qualcosa. Ai costi non ci ho mai pensato e nemmeno mi interessa.

Cosa vuol dire per te correre una ultratrail? Cosa ti spinge a fare corse estreme? Vedere fin dove riesce ad arrivare il mio fisico…una sfida con me stessa. Lì devi gareggiare contro te stesso, non certo contro gli avversari.

Io non considero di correre cose “ultra” o “estreme”, faccio semplicemente quello che mi piace e mi attrae sia come percorsi sia come durata. Parto senza tante ambizioni, solo con l’idea di portare a termine la corsa senza arrivare troppo distrutta al traguardo.

Scusa, ma... perché corri? Correre regala emozioni bellissime, hai la consapevolezza di te, col tuo corpo e la tua mente, ti dà senso di libertà e ogni volta è una sfida con te stesso… un alone di magia la circonda. Solo chi corre può capire.

Aspetta… vado a fare una corsa e poi te lo dico!

... (tema libero, se ti va di aggiungere qualcosa di te e della corsa tipo i tuoi risultati o se vuoi ringraziare qualcuno oppure se vuoi raccontare una qualche esperienza in particolare) I risultati che ottengo sono frutto della fatica e degli allenamenti, della forza di volontà, ma anche della mia famiglia che mi sostiene (mia madre, mio fratello e tutti gli altri parenti). Li ringrazio, come vorrei ringraziare anche il mio allenatore che sta ottenendo su di me buoni risultati e anche i miei sponsor.

Correre è un’attività che mi riesce bene per natura, e in questo mi sento fortunata. Penso che questa mia passione per rimanere tale debba continuare a essere un qualcosa di spontaneo.

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FOTO DEL MESE...

Verso il rifugio Lancia - © Marco >ganassa< Dapor

“Spirito Trail” bandisce il 1° Concorso fotografico “SCATTI… DI CORSA!” sul tema: “LA CORSA IN NATURA” ovvero immagini ed emozioni del trail running. Regolamento 1. La partecipazione è gratuita e aperta a tutti, senza distinzione di età o nazionalità. 2. Il concorso prevede una sola categoria ma è lasciata la massima libertà sia nell’interpretazione del soggetto sia nella tecnica. 3. Ogni autore/autrice può presentare un massimo di 3 fotografie in b/n e/o colore. Sono ammesse elaborazioni digitali. 4. Le opere dovranno avere le seguenti caratteristiche: • essere esclusivamente in formato digitale JPG • essere spedite via e-mail a redazione@spiritotrail.it • essere nominate con cognome e nome dell’autore e numero progressivo in minuscolo separate da under_score (esempio: rossi_marco_01.jpg rossi_marco_02. jpg ) 5. Le foto potranno essere accompagnate da una didascalia, una storia,

una poesia per raccontare l’evento legato al soggetto fotografato. 6. Le foto possono essere state scattate in ogni parte del mondo. 7. Le foto pervenute sono a disposizione della redazione e possono essere utilizzate senza vincolo alcuno. 8. Gli autori, inviando le foto, dispensano la redazione da qualsiasi onere presente e futuro, garantendo che le stesse opere non sono gravate da qualsivoglia diritto. 9. Le opere dovranno essere di proprietà dell’autore, non sono ammesse foto non scattate dell’autore 10. Il giudizio della Giuria è insindacabile ed inappellabile. 11. Ogni autore è responsabile del contenuto delle immagini pervenute e ne autorizza l’esposizione in internet sul sito www.spiritotrail.it 12. La premiazione verrà effettuata in data e luogo da definirsi al termine del concorso. 13. L’invio stesso delle foto verrà considerato come accettazione del presente Regolamento. COMMISSIONE La commissione esaminatrice, presieduta dalla fotografa Belinda Sorice,

è composta dalla redazione della webzine Spiritotrail. La commissione deciderà insindacabilmente le opere da premiare basandosi sui criteri seguenti: 1) QUALITA’ E TECNICA FOTOGRAFICA 2) CREATIVITA’ 3) PUNTO DI RIPRESA L’elenco dei primi classificati verrà pubblicato online sul sito www.spiritotrail.it. Il vincitore sarà contattato direttamente dalla redazione. PREMI Tra le foto pervenute entro il giorno 20 di ciascun mese, la commissione esaminatrice sceglierà la “Foto del mese” che verrà pubblicata sulla webzine “Spiritotrail” del mese successivo. Tra le 6 foto prescelte come “foto del mese” nel periodo luglio 2008 – dicembre 2008 verrà scelto un vincitore assoluto, la cui foto verrà premiata con il titolo di “Foto dell’anno”. La foto dell’anno, oltre ad essere pubblicata sul numero di dicembre della webzine, rimarrà esposta per almeno un anno al seguente indirizzo: www.spiritotrail.it

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PREVIEW GARE...

Sulle ORME del BRIGANTE >>il Trail del Bangher <<

DOMENICA 27 LUGLIO IL PICCOLO PAESE DI PIEDICAVALLO (PROVINCIA DI BIELLA), ULTIMO LEMBO DELLA VALLE CERVO RAGGIUNTO DALL’ASFALTO, SARÀ AL CENTRO DELL’ATTENZIONE IN OCCASIONE DELLA TERZA EDIZIONE DEL TRAIL DEL BANGHER.

Testo e foto di Maurizio >maudellevette< Scilla

S

in dall'alba il silenzio che accompagna i suoi caratteristici tetti in pietra e i suoi viottoli, sarà interrotto dallo sciabattare delle scarpette e dal ticchettio dei bastoncini dei trailers. Ci troviamo nelle Alpi Biellesi, il prolungamento estremo del contrafforte che si stacca dal Monte Rosa nei pressi del Col d'Olen. La Valle del Cervo è la seconda vallata del Biellese per lunghezza e si estende per 19 chilometri in linea d’aria dalla Punta Tre Vescovi (2501 m) alle porte di Biella. Per secoli ha svolto la funzione di zona di transito di mandrie e popolazioni provenienti dalle alte valli del Lys e della Sesia, divenendo

luogo di incontro fra culture ed esperienze comunitarie originali. Gli atleti percorreranno i sentieri che furono territorio incontrastato di Pietro Bangher, brigante che scorrazzava tra Biellese e Valsesia a cavallo tra l'800 e il ‘900. Di origini trentine, conosceva bene il territorio, al punto che per anni riuscì a sfuggire ai continui tentativi di cattura. In questo lo aiutarono anche l'omertà dei contadini del posto, agli occhi dei quali appariva come un Robin Hood locale. Non era solo un bandito: a volte spietato al punto di incendiare le cascine in cui non poteva ottenere quanto cercato, altre generoso e solidale con la gente del posto. Temuto e rispettato, poté circo-

lare impunemente per oltre trent'anni. Una curiosità: “Al va me an bangher” è una frase ancora in uso nelle valli biellesi per definire un ragazzino vivace e discolo. Il tracciato prevede 27,5 km e ben 2200 m di dislivello positivo, un percorso quindi molto impegnativo sotto il profilo altimetrico, ma nello stesso tempo una vera gioia per gli occhi, essendo completamente immerso in una natura totalmente preservata: lungo tutto l'anello non si incontrano impianti di risalita, tantomeno strade. Solo la mulattiera accompagnerà gli atleti per tutto il tempo del loro sforzo. La partenza avrà luogo presso il ristorante Gatto Azzurro (1030 m); tramite S P I R I T O T R AIL [LU GLIO] - 4 9


sentiero immerso nel faggeto, gli atleti giungeranno a Montesinaro dove imboccheranno la mulattiera che porta a Rassa in Valsesia, via assai praticata nei secoli scorsi soprattutto dagli abitanti della Valsesia. Il percorso presenta inizialmente una modesta pendenza e si svolge nel bosco fitto. Toccato l'alpeggio Le Piane (3,8 km), l'itinerario prosegue all'aperto, dove la pendenza aumenta, per passare poi poco lontano dall'Alpe Finestre (1730 m). Da qui si va poi nel versante orientale del vallone e ad un bivio si prende il sentiero a sinistra che rapidamente porta alla Bocchetta del Croso (1940 m, 7,2 km). Ora si entra in Val Sorba (valle laterale della Valsesia), si scende su sentiero immerso nei rododendri e, attraversato il torrente Sorba su un bel ponte in legno, si passa nelle vicinanze dell’alpe Toso (1650 m, 8,7 km). Si incontra qui il sentiero che da Rassa porta al Colle Loo, e lo si imbocca in discesa. La valle Sorba è stata modellata a conche e gradini dai ghiacciai, come attestano i laghi Lamaccia e 3 Vescovi e i ripiani dell'alpe Prato, Lamaccia, Toso. Presa dunque la mulattiera, si scende il gradino pietroso e si raggiunge la spianata dove si trova una gobba rocciosa alla quale si addossano le baite dell'alpe Massucco (1528 m). Si scende ancora e si perviene all'Alpe Dosso (1395 m, 10,4 km): qui im-

boccando a sinistra il sentiero che è la difficoltà maggiore del percorso, si inizia a salire su pendenze notevoli immersi nel bosco. Solo nell'ultimo tratto la pendenza si fa meno aspra e in breve si raggiunge l'alpe Artorto (1900 m, 13,7 km), posta in un punto molto panoramico della valle. Abbandonate le baite si continua a salire in un vallone selvaggio sino alla Bocchetta del Prato (2300 m), dalla quale si gode di una vista eccezionale sulla sottostante piana. Il percorso scende poi all’Alpe Prato (2200 m), un vasto pianoro contornato dal Monte Cossarello (vie di roccia) e solcato da un ruscelletto che scorre dolcemente, un paesaggio da favola! Con un ultimo strappo si raggiunge il Colle Loo (18 km), che con i suoi 2450 metri è il punto più alto del percorso, e si scende dolcemente in terra valdostana nella valle di Gressoney al bellissimo pianoro del Pian dei Loo. Qui si incontra il sentiero G.T.A. (Grande Traversata delle Alpi): lo si prende andando a sinistra per raggiungere il colle Loozoney (2395 m, 19,1 km): un tratto in saliscendi condurrà i trailers al Colle della Mologna Grande (2365 m, 21,4 km). Di qui si rientra in territorio biellese, e in breve tempo una ripida discesa su mulattiera lastricata conduce al Rifugio Rivetti (2150 m, 22 km). Questo rifugio è per tutti i trailers della zona un vero punto di riferimento: grazie al ge-

store appassionato sportivo, si respira un clima di amicizia e convivialità che lo rende unico. Il sentiero molto rapidamente perde quota, passando a fianco dell'alpe Lavazei prima e dell'Alpe Anval poi; si continua a scendere nel vallone del torrente Mologna e si giunge alla fraz. Le Piane (1290 m) e alla fraz. Montà, suggestivo gruppo di case rustiche costruite proprio sull'orlo del pianoro morenico. Un ultimo sforzo permette di scendere in ombra per la presenza di folti alberi al paesino di Piedicavallo dove a fianco della chiesa è posto il traguardo. Solo a qualche metro di distanza gli atleti potranno recuperare le fatiche con l'ottima "polenta concia" fumante (polenta con formaggi locali e burro fuso). Una gara che ha tutte le caratteristiche per avere il marchio "vero spirito trail doc".

Info Gara: www.mauscilla.it info: Giuseppe Bianco 347 6545124 Maurizio Scilla 339 8534127 beppe@biancoufficio.it mauscilla@alice.it

turismo nel biellese:

http://www.atl.biella.it/on-line/Home.html http://www.biellaoutdoor.it/home http://www.vallecervo.it/NEW/ITA/valle.html

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PREVIEW GARE...

LA CAMIGNADA sei rifugi, mille emozioni

Testo e foto di Simone Brogioni

I

l “Giro dei sei rifugi” è una camminata classica, una di quelle che si fanno con i bimbi per mano e il sorriso sulle labbra, sotto il sole di agosto, cercando di allontanare ancora per qualche giorno il pensiero di un lavoro stressante e di una città caotica che ci attende di lì a pochi giorni. Avevo nove anni quando i miei genitori portarono me e mio fratello Leonardo a fare questa “passeggiata”. Alle 8 del mattino a Misurina la temperatura era di poco superiore allo zero. Con il mio passamontagna giallo e la mia giacca a vento blu scolorita piagnucolavo

in silenzio come “Lucky”, il piccolo dalmata della Carica dei 101: “Ho le mani gelate… le orecchie gelate… e i piedi gelati…”. 101, lo stesso numero che compariva sui segni biancorossi del CAI lungo il sentiero che saliva verso il rifugio Auronzo, la prima tappa del giro, soltanto sfiorata velocemente per fuggire dal turismo di massa che invade con migliaia di auto questo piccolo angolo di cielo. Con gli anni avrei poi imparato ad amare questo posto, raggiungendolo a piedi da ogni parte, all’alba o a tarda sera, in qualsiasi mese dell’anno. S P I R I T O T R AI L [LU GLIO] - 5 1


Sgomitando tra vocianti casalinghe e mariti che ostentavano esagerati fiatoni per mostrare un impegno fisico stridente con la semplicità del percorso, arrivammo al rifugio Lavaredo. La sua piccola struttura in pietra era più rassicurante, calorosa e degna del titolo di “rifugio”, rispetto al “grand hotel” Auronzo che ci eravamo lasciati alle spalle. Di fronte a me, gracile bambino di quarta elementare, Forcella Lavaredo sembrava irraggiungibile. A suon di lamenti arrivai in cima, dove un vento gelido mi riempì gli occhi di lacrime. Scendendo dalla forcella, il Monte Paterno alla mia destra provava a nascondere dei nuvoloni che si facevano sempre più minacciosi. Anche il rifugio Locatelli ci vide passare di sfuggita, mentre un nevischio cattivo e pungente mi graffiava il viso. In quel momento, come in tanti altri negli anni successivi, provai invidia per i miei amici che a Firenze viaggiavano in maniche corte, cercando parchi ombreggiati o piscine per rinfrescarsi. La salita verso il rifugio Piani di Cengia la ricordo come una delle più

faticose. A testa bassa, premendo le mani sulle ginocchia, ad ogni curva tentavo di convincermi che quella era l’ultima. Contai una ventina di ultime curve. I 2.500 metri dei Piani di Cengia e il nevischio che continuava a cadere dettero il colpo di grazia alle mie mani già semi-congelate. Mia mamma tirò fuori un paio di calzettoni di lana rossi e me li infilò in modo da coprirmi mani e braccia. Ancora oggi mi viene da sorridere quando riguardo le foto che mi ritraggono con quei ridicoli pseudo-guanti e il volto sofferente di un bambino che non riesce bene a capire la bellezza della montagna così tanto propagandata dal babbo. Il rifugio Piani di Cengia, piccolo gioiello in legno incastrato tra le rocce, fu il nostro primo punto di sosta. Una procace signora dall’italiano improbabile ci portò dei canederli che contribuirono a ridarmi quella carica che mi permise di raggiungere senza sforzo il rifugio Comici e di guardare con ottimismo all’ultima salita, quella di Forcella Giralba. Qui mi sembrò di rivivere la mia

breve carriera scolastica. I primi passi mi riportarono all’asilo nido, per poi iniziare le elementari e arrivare quasi in cima guardandomi indietro e dicendo: come sono piccoli quelli laggiù! Arrivato in forcella, a pochi metri dal rifugio Carducci, ultimo del giro, guardai la Val Giralba che precipitava in basso verso Auronzo e capii che avrei rimpianto tutta la salita fatta fino a quel momento. Non mi sbagliavo. Faticosa, interminabile, fastidiosa, maledetta Val Giralba. Così la battezzarono i miei piccoli piedi. Le unghie battevano contro le punte delle scarpe, le ginocchia scricchiolavano, i muscoli affaticati cedevano ogni passo di più. E la discesa non finiva mai. Era sera quando davanti ai miei occhi stanchi e arrabbiati con quella montagna che in quel momento di bello non aveva niente, apparvero le case di Auronzo. Era fatta. Io, piccolo cittadino senza esperienza né allenamento, avevo portato a termine il temuto e amato “Giro dei Sei rifugi”. Sei anni dopo mi iscrissi alla “CaS P I R I T O T R AI L [LU GLIO] - 5 2


mignada poi siè refuge”. Stessa sfida, ma da portare a termine nel minor tempo possibile. Stavolta le sensazioni furono diverse. Adrenalina, voglia di libertà, cameratismo. Tutto ciò che un adolescente ricerca dalla vita. E poi… il sole, che mi fece scoprire vette nascoste e mi fece innamorare di questa corsa. Da allora ho partecipato altre sei

volte, migliorando sempre il mio tempo. Ma ciò che più conta è che ogni volta ho provato emozioni diverse. Ancora non saprei scegliere tra il cielo blu scuro di una giornata incredibilmente limpida o la nevicata a Forcella Giralba, con le scarpe da running che scivolavano sul ghiacciaio. La Camignada non è solo una corsa. E’

una festa, è condivisione, è un viaggio tra amici attraverso luoghi incantati. E’ un’esperienza che non si dimentica, correndo tra le rocce o camminando mano nella mano con chi si ama. Vivetela, abbracciatela, succhiatela, fatela vostra. E ognuno dei timbri dei sei rifugi rimarrà, oltre che sul vostro cartellino di gara, stampato per sempre nella vostra anima.

COR 36 aC S AMI MISU A IN MO GNA R DA 3 AG INA - A NTAGN A U ORG OSTO 20 RONZO NON C O 0 A D NUM NIZZAZ 8 ORE 8 I CADO MPETIT ION ERO . R 0 0 E (BL IVA DI CHIU E: CA 30 K ) I SO A AU M WW 1000 RONZO W.C I A S INFO CRIT @CA MIGNAD TI TEL. M A . I IT GNA 0435 DA.I 9945 T 4

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NOTIZIE FLASH...

percorso: partenza ai 1150m di Alagna, abbandonato l’asfalto il percorso infila la mulattiera che porta nella valle d’Otro; gli atleti passeranno dal bellissimo alpeggio di Pianmisura (1780 m) per proseguire in salita fino al Passo Zube (2870 m), segue la discesa fino all’arrivo della vecchia seggiovia del Gabiet (1600 m). Qui ricomncia la salita che porta al punto più elevato del percorso, il Passo dei Salati (2930 m). Inizia ora la discesa che prima porta al col d’Olen (2880 m) dove si trova il Rif. Guglielmina e poi all’Alpe Pianalunga (2020 m); si affronta quindi la salita che porta alla Bocchetta delle Pisse (2390 m); qui 7 km di discesa portano nei pressi del Rif. Pastore (1570 m) passando dal Rif. Crespi Calderini; un ultimo breve strappo porta ai 1600 m dell’Alpe Bitz dove è posto il traguardo. - punti forti: percorso all’interno del Parco Naturale Alta Valsesia, il parco più alto d’Europa. - i passaggi più spettacolari: Otro e le sue frazioni, Walzer con baite ed alpeggi centenari; Passo Foric, Passo Zube, Bocchetta delle Pisse, Rifugio Pastore, stupenda vista più o meno ravvicinata su tutta la catena sud del Monte Rosa - che cosa attira di più il trailer: il paesaggio da favola e l’organizzazione composta da uno staff tecnico di atleti attenti alle esigenze dei trailers.

vecchia cabinovia dove i concorrenti, dopo aver percorso circa 4 km, troveranno il primo ristoro (1560 m). Si risale la pista Toracchio sino all’arrivo dello skilift Sole (1636 m). Segue un tratto in discesa, poi si costeggia il bosco in direzione Mojo dè Calvi e si risale verso l’arrivo della seggiovia Toracchio. I concorrenti raggiungeranno poi il punto più alto della corsa (rifugio Torcole 2000, a 1784 m) per poi scendere sino all’incrocio con la pista Gremei per apprestarsi a risalire la pista sino all’arrivo della seggiovia Gremei 2. Il tratto pianeggiante in cresta li porterà nella zona delle malghe quindi in discesa sino al rifugio Gremei (secondo ristoro). Discesa sulla strada agro-silvo-pastorale sino alla Rossanella e poi risalita sui 2,5 km e 20% di pendenza media della mitica Pista del Bosco per ristorarsi nuovamente al rifugio Gremei (1542 m). Da qui una leggera salita ed una lunga diagonale con discesa porterà i concorrenti sulla Costa Piana, la pista Roccolo e poi la zona degli impianti di Torcola Soliva. Dopo il 4° ed ultimo ristoro di gara resteranno da colmare i circa 4 km di discesa per tornare nuovamente al paese, con arrivo all’anfiteatro. - punti forti: i due percorsi sono per buona parte ombreggiati e godono della frescura del bosco. Il fondo è decisamente sicuro, adatto anche ai neofiti del trail running e non presenta tratti esposti o difficoltosi. - i passaggi più spettacolari: i pascoli alti del Monte Torcole permetteranno all’occhio del Trailer di spaziare a 360° sulle vette più alte delle Prealpi Orobie mentre i passaggi su sicuri crinali mostreranno il panorama del fondo valle. - che cosa attira di più il trailer: il contribuire, con la sua partecipazione, al battesimo di questa prima edizione del trail e il poter correre nella natura, in totale sicurezza, a pochi chilometri dalla città.

Lavazé Skyrace Varena Val di Fiemme (Tn)

Blumon Marathon Piana del Gaver Bagolino (Bs)

percorso: si snoda nella prima parte attraverso i sentieri che solcano fitti boschi di abete per spostarsi poi sulle erte pendici del monte Corno Nero. Successivamente si scende verso Passo Occlini lungo il ghiaione della cresta nord prima di rituffarsi nuovamente lungo i sentieri tracciati tra pini mughi e pini cimbri che portano verso Passo Lavazè. - i passaggi più spettacolari: dal passaggio in località Pozzi alla successiva salita al corno Nero ci si trova dentro una cartolina panoramica sulla valle di Fiemme e su tutta la splendida catena del Lagorai. Dalla cima una panoramica a 360° porta lo sguardo dalla valle dell’Adige verso Bolzano e verso Trento, verso la valle di Cembra e verso il gruppo del Latemar. Senza dimenticare lo splendido altopiano di Passo Lavazè, incantevole d’inverno con le sue piste da sci di fondo ed altrettanto splendido d’estate con il laghetto dove si specchiano le cime del Latemar e tutto attorno i pascoli in fiore. - che cosa attira di più il trailer: la perfetta organizzazione con assistenza lungo il percorso con 4 ristori, consegna e ritiro bastoncini lungo il tracciato, trasporto sacche dalla partenza all’arrivo, spogliatoi e docce presso il centro del fondo, pranzo compreso nel prezzo di iscrizione e trasporto dei concorrenti con pulmini da Passo Lavazè al luogo di partenza.

percorso: si parte dalla piana del Gaver presso il Blumon Break (m 1511), dopo una breve sterrata si raggiunge il Rif. Nikolajefka, subito uno strappo in salita attaccando il sentiero n. 26 e un breve tratto boschivo, poi una corsa a pendenza costante sul fondovalle passando per il Cassinetto di Blumone (m 1850) raggiungendo il punto degli ex Ospedali Militari, proseguendo poi per il Passo del Termine (m 2334). L’ultimo strappo sul sentiero n.32 ci congiunge al sentiero n. 1 Alta Via dell’Adamello (m 2500). Un traversone di circa 2 km ci permette di raggiungere il Passo di Blumone (m 2633), punto più alto della gara, in vista del Lago della Vacca. Si scende quindi, e passato il lago si tocca il Passo della Vacca (m 2355) e qui inizia una bellissima discesa a rotta di collo sul sentiero n.19 (attenzione ai sassi e agli escursionisti!) e in pochi minuti si arriva alla Malga Cadino della Bianca (m 1840) passando sotto l’omonima calcarea Corna (Bianca). Da qui per un più rassicurante sentiero e strada asfaltata si raggiunge la zona dell’arrivo. - punti forti : la competizione offre agli atleti un tracciato con caratteristiche ideali per una skyrace, il percorso lascia soddisfatti e un buon ricordo agli atleti partecipanti. - i passaggi più spettacolari: la zona denominata “ex ospedali militari” della Prima Guerra Mondiale; salendo ancora ci si trova al “Passo Termine”, altra zona molto bella paesaggisticamente; tratto molto caratteristico è “L’alta via dell’Adamello” a 2600 m di quota. Da segnalare anche lo scollinamento a “Passo Blumone” quota 2700 m circa, infine scendendo verso il Lago della Vacca si presenta agli occhi dell’atleta lo spettacolo del lago stesso e delle cime che lo circondano. - che cosa attira di più il trailer: la familiarità dell’organizzazione, che si impegna ad avere un occhio di riguardo per tutti gli atleti che si cimentano in queste difficili e dure manifestazioni cercando di far sentire anche l’ultimo classificato orgoglioso della sua prova. Il tracciato ideato all’interno del parco dell’Adamello dà modo all’atleta di vivere una giornata di sport a contatto con una natura incontaminata.

Monterosa Skyrace Alagna Valsesia (Vc)

distanza: 28 km dislivello: 2450m D+/ 2000m DOrganizzazione: Associazione Monterosa SkyRace www.parcoaltavalsesia.it manuel@bertinicostruzioni.it

distanza: 18km 1500 m D+ Organizzazione: Associazione Varena Insieme http://www.valdifiemme.it/ us.lavaze/ us.lavaze@libero.it

Classic Trail Torcole 2000 Piazzatorre (Bg)

distanza: 23 km 1950m D+/10km 900m D+ Organizzazione: UPT Piazzatorre http:// www.piazzatorre.eu uptpiazzatorre@ libero.it percorso: il percorso di 23 km si sviluppa addentrandosi sul sentiero sentiero 6 che, attraverso l’abetaia, conduce sino all’arrivo della

distanza: 25 km 1200 m D+ Organizzazione: PromoSport Valli Bresciane http://www. promosportvallibresciane.it/ info@ promosportvallibresciane.it

Alpi Apuane Skyrace Fornovolasco Gallicano (Lu)

distanza: 25 km 1460m D+ Organizzazione: gruppo Podistico Parco Alpi Apuane sito internet: www.runners.it grazianopoli1@ virgilio.it

percorso: dal paese (480 m) si va verso la Foce di Petrosciana, si prosegue in direzione Monteforato, Foce di valli, fino ad arrivare al Rifugio del Feo (1180 m). Da qui si affronta una lunga salita che porta in vetta alla Pania della Croce (1859 m), il punto più alto della competizione. Si scende dal Vallone dell’Inferno, e si raggiunge il rifugio Rossi (1609 m), si prosegue in discesa attraverso il bosco fino a Piglionico, si percorre una strada asfaltata per circa 2 km e arrivati in località Le Rocchette, si imbocca un sentiero che porta rapidamente alla Grotta del Vento e su strada si raggiunge Fornovolasco.

Dolomites Skyrace Canazei (Tn) distanza: 25 km 1200m D+ Organizzazione: Ski Team Fassa http://www.dolomiteskyrace.com/ infoskygames@gmail.com

percorso: partenza da Canazei in direzione del Passo Pordoi (2238 m) per proseguire verso la Forcella Pordoi (2829 m) e infine raggiungere la vetta del Piz Boé (3152 m). Il sentiero inzia ora a scendere passando dal Rif. Boé per entrare poi nella Val Lasties, raggiungere Pian de Schiavaneis (1850 m), infine una discesa meno ripida riporta a Canazei. - punti forti: quest’anno la gara farà parte degli SkyGames che concentrano in un unico evento diverse discipline sportive, dallo skyrunning, alle prove multisport in abbinamento alla bici e allo sci-alpinismo, in una spettacolare arena di alta montagna. - i passaggi più spettacolari : in vetta al Piz Boè - che cosa attira di più il trailer: la spettacolarità dei luoghi e del percorso di gara e le sue caratteristiche di gara di SkyRace (salita e discesa) raggiungendo la montagna più alta che sovrasta il paese.

Ecotrailmarathon dei Laghi e Salto del Cervo Castiglione dei Pepoli (Bo)

distanza: 42,195km 1030m D+/ 16km (salto del Cervo) 500m D+ Organizzazione: Polisportiva Parco dei Laghi http://www. uispbologna.it/ atletica@uispbologna.it

percorso: dal paese in discesa si va al lago Santa Maria per poi dirigersi attraverso un vecchio ponte militare al borgo delle Mogne (600 m), dopo circa 1 km di asfalto, un sentiero si inerpica sulla catena del Cigno. Arrivati al passo dello Zanchetto sui 1000 m si prosegue per la località Poranceto, si punta poi al crinale che separa il lago di Suviana dal Brasimone; si sale al Monte Stagno su un sentiero panoramico con vista sul Lago di Suviana. Segue un saliscendi sul crinale che domina gli antichi borghi di Chiapporato e Fossato, si arriva al punto più alto del percorso (1283 m) in località Monte Calvi (metà percorso). Si scende verso una fresca faggeta, famosa per la splendida fonte che scaturisce dalle radici di un faggio secolare, corriamo sul confine che separa l’Emilia dalla Toscana e dopo aver percorso diversi km su un saliscendi continuo si ritorna al lago Brasimone, lo si costeggia, si scende, si passa a fianco del Rifugio Ranuzzi Segni del CAI e arrivati nel borgo medievale di Casale si percorrono gli ultimi 2 km in discesa. - punti forti: la salita di Barbamozza e Caprevecchie per arrivare al punto più alto (monte di Stagno) - i passaggi più spettacolari: i panorami sui 3 laghi e la faggeta - che cosa attira di più il trailer: conoscere località antiche, vecchi borghi, correre a contatto con la natura e assaporare le tradizioni della zona. u

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CALENDARIO LUGLIO

(data, nome, distanza/disl., luogo, riferimenti) 12-13 LUGLIO – Gran Trail Valdigne – 87km/5100m (45Km) - Courmayer (AO) - www.grantrailvaldigne.it 13 LUGLIO - Lavazè Skyrace - 19km/1200m - Varena (Tn) - www.valdifiemme.it/us.lavaze 13 LUGLIO - Vertical Kilometer - Corno d’Aola - Ponte di Legno (BS) 13 LUGLIO - Monterosa Skyrace - 28km/2500m - Alagna Valsesia (VC) - www.parcoaltavalsesia.it 13 LUGLIO - Balconata del Monte Zerbion (FIASP) – 6-12-20-30 km /1500m - Chatillon (AO) - Mario 338-3919800 13 LUGLIO – Ecomaratona del Ventasso - 42Km/1900 - Busana (RE) - www.ecomaratonadelventasso.it 13 LUGLIO - Ultramarathon Gran Sasso d’Italia – 50km su strada – Castel del Monte (AQ) - amichelangeli@krakatoasport.com www.krakatoasport.com 13 LUGLIO - III Trofeo dei BRIGANTI del POLLINO - 14 km (Campionato Regionale di Montagna) - San Severino Lucano (Pz) - www.correrepollino.it/ 20 LUGLIO – Transcivetta – 20km/1950m a coppie - Listolade (BL) - www.transcivetta.it 20 LUGLIO - Dolomites Skyrace - 22km/1700m - Canazei (Tn) - www.dolomiteskyrace.com 20 LUGLIO - Marcia del Rifugio - km 6, 12 - Loc. Posa Puner, Miane (TV) - 0438.970970 20 LUGLIO - Blumon Marathon – 25km/1200m – Piana del Gaver, Bagolino (BS) - www.promosportvallibresciane.it 20 LUGLIO – Classic Trail Torcole 2000 – 23km/1950m (km 10/950m) – Piazzatorre (BG) – www.piazzatorre.eu 20 LUGLIO – Eco trail running nel Parco Naturale Sasso Simone e Simoncello – 0,6-1,5-3-4-8-21km - Montecopiolo (PU) – 0722.78106 20 LUGLIO - Alpi Apuane Skyrace - 25km/1500m - Fornovolasco (LU) - www.cm-garfagnana.lu.it 20 LUGLIO - Trail dei Cento Pozzi (Campionato Italiano TRI Short Trail) - 16Km - Trasacco (AQ) - www.gptrasacco.it 20 LUGLIO - International Belmatt SkyRace - Valformazza (VB) 26/27 LUGLIO - 100 km Rimini Extreme – 100 km su strada – Rimini (RN) - www.golden-club.it 27 LUGLIO - Trail del Bangher - 27km/2200m – Piedicavallo (BI) - www.mauscilla.it 27 LUGLIO – 3 rifugi val Pellice (gara a coppie) – 21,85 km/1600m – rifugio Jervis Torre Pellice (TO) – www.3rifugivalpellice.it 27 LUGLIO - Giir di Mont - 32km/2400m - Premana (Lc) - www.aspremana.it 27 LUGLIO - Roncobello Laghi Gemelli - 22km/1400m - Roncobello (BG) - www.roncobello.com 27 LUGLIO - Giro dei laghi del Bitto - Gerola Alta (SO) 27 LUGLIO – Schwarzsteinlauf-Corsa del Sasso Nero - 6.5km/1451m - S.Giovanni in Valle Aurina (BZ) – www.schwarzensteinlauf.com www.schwarzensteinhuette.com 27 LUGLIO - Ecomaratona dei Laghi (e Salto del Cervo) - 42,195km/1030m (16km) – Castiglione dei Pepoli (Bo) – 051.6022943 333.4773557 27 LUGLIO - Trail del Monte Gallo - 15Km - Monte Gallo (AP)

AGOSTO

(data, nome, distanza/disl., luogo, riferimenti) 02 AGOSTO - 4^ edizione Corsa in montagna non competitiva al Monte Crabun - 20km / D+ 2365 - PONT S. MARTIN-MONTE CRABUN (AO) 0125-804843 - www.laportadellavallee.com 03 AGOSTO - Camignada - 30Km/1200m - Misurina (BL) – www.camignada.it 03 AGOSTO - Chaberton Marathon - 42km/2800m (22km/1300m) - Cesana Torinese(TO) - www.chabertonmarathon.eu 03 AGOSTO - Pontboset Skyrace - 23km/2000m - Champorcher (AO) - www.atleticteam2000.it 03 AGOSTO - Orobie Skyraid - 85km/5000m a staffetta - Bergamo - www.orobieskyraid.it 03 AGOSTO – Stracaneet Vertical Kilometer - Re, Val Vigezzo (VB) - www.stracaneet.it 03 AGOSTO - Eco Trail dei Monti della Meta - 15Km - Monti della Meta Picinisco (FR) – 348.3349155 03 AGOSTO – Ecotrail Bosco della Ficuzza (circuito Ecotrail Sicilia) – 14 km – Ficuzza (PA) - www.sportactionweb.it/ecotrail 10 AGOSTO - Skyrace Ortles Cevedale - 20km/1300m - Santa Caterina Valfurva (SO) - www.santacaterina.it 10 AGOSTO - Eco Trail Del Gran Sasso - 16Km - Fonte Cerreto Assergi (AQ) – www.smilego.com 10 AGOSTO - Mozzafiato Skyrace - 22km/1800m - Cannobio (VB) - www.mozzafiato-skyrace.it 15 AGOSTO – Ecomaratona della Val d’Arda, Sentiero dei Dragoni – 42km/2000m – Casali (PC) – www.prolococasali.it 17 AGOSTO – Staffetta Alpina Trail - 7 Km a fraz - Scoppito – L’Aquila (AQ) - 328 3312572 www.protezionecivilegrisu.it 24 AGOSTO - VK Trofeo Latemar - Predazzo (TN) 24 AGOSTO - Marcia del Molinetto della Croda - km 6, 12, 21 – Loc. Molinetto della Croda Refrontolo (TV) - 0438.978006 – 24 AGOSTO - Ville d’Aoste Skyrace - 30km/2600m - Aosta (AO) - info@aiataosta.com 24 AGOSTO - UltraSkymarathon Red Rock & SkyRace - 42km/2100m - Vezza d’Oglio (BS) -prolocovezzadoglio@libero.it 24 AGOSTO - Ecotrail della Valle del Sosio (circuito Ecotrail Sicilia) - 12 Km - Palazzo Adriano (PA) – www.sportactionweb.it/ecotrail 24 AGOSTO – Memorial Partigiani Stellina – 8,1km/820m - Susa (TO) - www.atleticasusa.it 24 o 31 AGOSTO (data da confermare) - Skyrace Tre Rifugi - 19km/1800m - Mondovì (CN) - www.trerifugi.it 29-31 AGOSTO – Courmayeur Champex Chamonix, Ultra Trail du Mont Blanc, Petit Trotte a Leon – 96km/5600m, 163km/9400m, 220/17000 (a squadre) Chamonix (Fra) – www.ultratrailmb.com 30-31 AGOSTO - 24 ore di Statte - strada, anello di 700 metri – Statte (TA) - www.marathonstatte.it 31 AGOSTO - Trail dei Rifugi del Velino - 28Km - Forme Rifugio Da Monte (AQ) – 347.8307319 31 AGOSTO – Truoi da scolps, Skyrace delle Dolomiti Friulane - 21Km/1700m - Forni di Sopra (UD) - www.fornidisopra.it 31 AGOSTO - Giro dei 2 Laghi - 12km/800m - Oropa (BI) - www.traildeiparchi.com 31 AGOSTO - Maga Skyrace - 38km/1500m - Oltre il Colle (BG) - info@fancymountain.com 31 AGOSTO - Trofeo Kima - 48km/3600m - Valmasino (SO) - www.kima.org 31 AGOSTO - Giro dei laghi di Cancano – 21,095 km – Valdidentro (SO) - www.usbormiese.org

SETTEMBRE

(data, nome, distanza/disl., luogo, riferimenti) 07 07 07 07 07 07 07

SETTEMBRE SETTEMBRE SETTEMBRE SETTEMBRE SETTEMBRE SETTEMBRE SETTEMBRE

-

Trail dell’Orso Marsicano - 15Km - Ortona dei Marsi (Parco Naz. D’Abruzzo) - www.gsmarsica.it 349 8197577 Ecomaratona del Maniva – 28km/1000m – Passo Maniva, Vagolino (BS) – www.promosportvallibresciane.it Skyrace Monti Sibillini - 35km/2800m - Forca Canapine (AP) - www.animeverticali.com Skyrace Trofeo Vette Feltrine - 19km/1700m – Pedavena (BL) - www.trofeovettefeltrine.it Val Gardena Extreme Marathon - 19km/1500m – Ortisei (BZ) www.atleticagherdeina.it Bettelmat Skyrace - 30km/1800m - Val Formazza (VB) - www.valformazza.it Maga SkyMarathon & SkyRace - Oltre il Colle (BG)

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CALENDARIO 07 13 14 14 14 14 14 21 21 21 21 28 28 28 28

SETTEMBRE SETTEMBRE SETTEMBRE SETTEMBRE SETTEMBRE SETTEMBRE SETTEMBRE SETTEMBRE SETTEMBRE SETTEMBRE SETTEMBRE SETTEMBRE SETTEMBRE SETTEMBRE SETTEMBRE

- VK Trofeo Marco Vidini - Piani Resinelli (LC) – Maratona Alpina di Schio – 42km/+2717m,-1838m – Piovene Rocchette (VI) - www.schio.it/ges/maratona.html - Corri a Madonna Fore - 13 Km - L’Aquila (AQ) - www.smileego.com - Drei Zinnen, Tre Cime Alpin Marathon - 21km/1500m - Sesto (BZ) - www.trecimemaratona.com - Skyrace della Rosetta - 20km/1600m a coppie – Rasura (SO) - www.skyracedellarosetta - SkyRace del Cavallo – 22km/1650m - Aviano (PN) - www.montanaiaracing.it/ – Corsa del contrabbandiere – circa 20km/1000m – Alpe grande di san Fedele d’Intelvi (CO) – www.valleintelvi.it/cai/home.html - Ecomaratona dei Cimbri - 42km/1700m - Fregona (TV) - www.ecomaratonadeicimbri.it - Sentiero delle Grigne - 42km/3000m - Pasturo (Lc) - www.gsamissaglia.it - Ivrea Mombarone - 20km/2000m - Ivrea (TO) - www.amicidelmombarone.it - Ecotrail di Serre della Pizzuta (circuito Ecotrail Sicilia) - 12 Km Piana degli Albanesi - www.sportactionweb.it/ecotrail - Trofeo Besimauda Skyrace - 27km/1600m – Peveragno (CN) - www.orizzonteoutdoor.com - Le Porte di Pietra - 70km/3500m, 30km/1500m - Cantalupo Ligure (AL) - www.gliorsi.org - Vertical Kilometer Papillon - Courmayeur (AO) - Vesuvio Vertical Kilometer - Tre Case (NA)

OTTOBRE

(data, nome, distanza/disl., luogo, riferimenti) 05 05 05 12 12 19 19 19 25 26 26 26 26

OTTOBRE OTTOBRE OTTOBRE OTTOBRE OTTOBRE OTTOBRE OTTOBRE OTTOBRE OTTOBRE OTTOBRE OTTOBRE OTTOBRE OTTOBRE

– Trail del Monte Soratte - 15Km - S.Oreste (Roma) - 329 9189763 toncamer@libero.it – SuperPippo Sorapache (trofeo Terre Alte) - 11,5km/1500m - Posina (VI) – www.lacerniera.it – Como Valmadrera - 36km/2220m Como (CO) – 0341.550758 – Trail Del Monte Artemisio 9.9Km - Monte Artemisio Velletri (RM) www.atleticaamatorivelletri.it – Trail dei tre comuni - 5, 11, 18km/1000m, 45km/2000m, 65km/3300m - Albisola Superiore (SV) - www.universalealbadocilia.net – Alba Fucens Archeo Trail 14Km Parco Archeologico di Alba Fucens (AQ) www.albafucens.it – www.krakatoasport.com – Ecomaratona del Chianti - 42Km/1500m - Castelnuovo Berardenga (SI) - www.ecomaratonadelchianti.it - Mediterranean Super Marathon – 50 km su strada – Palermo (PA) - www.palermosupermarathon.com – Gran Tral Rensen – 70km, 35km/4000m, 1600m – Arenzano (GE) - www.trailarenzano.com – Lafuma Trail Monte Casto - 42km, 21km/2000m, 900m - Andorno Micca (BI) - www.mauscilla.it www.gsapollone.it – Edizione Marronando km 6, 12 - Combai (TV) - 0438.970970 - Tributo a Dorando Pietri – 50 km su strada, anello di 5000 metri – Sanremo (IM) - www.sanremorunners.it - Sentiero la scàlèta – 10km - Località Magno di Gardone V.T. (BS) - www.promosportvallibresciane.it

NOVEMBRE

(data, nome, distanza/disl., luogo, riferimenti) 02 NOVEMBRE - Etna Skymarathon - 42km/2000m - Nicolosi (Ct) - www.volcanotrail.it 08 NOVEMBRE - 100 km degli Etruschi – Tuscania/Tarquinia (VT) - 100 km su strada - www.italiamarathonclub.it 16 NOVEMBRE - Panoramica della Salute km 6, 12 - Loc. Costa di Vittorio V.to (TV) - 0438.551076

DICEMBRE

(data, nome, distanza/disl., luogo, riferimenti) 08 DICEMBRE - Marcia dell’Immacolata km 6, 12 – Solighetto (TV) - 0438.83143 11 DICEMBRE - Skyrunning Valli di Lanzo - Lanzo (TO) - 338.2662405

NOTE:

- questo calendario non contempla le corse in montagna Fidal, per le quali si rimanda al calendario pubblicato su www.fidal.it

- il calendario è stato redatto sulla base dei calendari pubblicati da: www.trailrunningitalia.it www.fsa-sky.org/ita www.fiaspitalia.it/manifestazioni.htm www.iutaitalia.it/calendari.htm - le corse non appartenenti a questi calendari sono state inserite sulla base di conoscenze o segnalazioni

- un ringraziamento particolare a Maurizio Scilla, al cui sito www. mauscilla.it si rimanda per il calendario dei trail francesi e svizzeri - il calendario sarà aggiornato mensilmente, aggiungendo ulteriori informazioni o correggendo eventuali errori - per segnalare nuove gare o eventuali inesattezze scriveteci a redazione@spiritotrail.it. Grazie!

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