Danse Macabre nuova edizione - introduzione Giovanni Arduino

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I libri di Stephen King La zona morta* L’incendiaria* Cujo* Christine (La macchina infernale)* Pet Sematary* Il Talismano* (con Peter Straub) Stagioni diverse* It* Misery* Gli occhi del drago* Scheletri* Tommyknocker - Le creature del buio* La metà oscura* Quattro dopo mezzanotte* Cose Preziose* Il gioco di Gerald* Dolores Claiborne* Incubi & deliri* Insomnia* Rose Madder* Desperation* L’arte di sopravvivere (audiocassetta) Mucchio d’ossa* Il Miglio Verde* La bambina che amava Tom Gordon* Cuori in Atlantide* Riding the Bullet-Passaggio per il nulla* La tempesta del secolo* L’acchiappasogni* La casa del buio* (con Peter Straub) Tutto è fatidico* Buick 8* Colorado Kid* Cell* La storia di Lisey* Le notti di Salem* Duma Key* Torno a prenderti Al crepuscolo*

Stephen King goes to the movies* The Dome* Notte buia, niente stelle* 22/11/’63* Miglio 81 (solo in ebook) La forza del male (I vendicatori, Desperation) Joyland* Nell’erba alta (con Joe Hill solo in ebook) Doctor Sleep* Un volto tra la folla (con Stewart O’Nan - solo in ebook) Mr. Mercedes* Revival Bikers (con Joe Hill - solo in ebook) Chi perde paga* On writing (Nuova Edizione) Il bazar dei brutti sogni Fine turno* Danse macabre* Serie «La Torre Nera» L’ultimo cavaliere* La chiamata dei tre* Terre desolate* La sfera del buio* I lupi del Calla* La canzone di Susannah* La Torre Nera* La leggenda del vento* e quelli di Richard Bachman L’occhio del male* I vendicatori* L’uomo in fuga* La lunga marcia* Uscita per l’inferno* Blaze*

* Disponibile anche in ebook

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Stephen King

DANSE MACABRE Introduzione e cura di Giovanni Arduino

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Realizzazione editoriale a cura di Cromac.

Traduzione di Edoardo Nesi Danse macabre Copyright © 1981 by Stephen King Published by agreement with the author c/o The Lotts Agency, Ltd © 2000 Edizioni Frassinelli © 2006 Sperling & Kupfer Editori S.p.A. © 2016 Sperling & Kupfer Editori S.p.A. Per Edizioni Frassinelli ISBN 978-88-9342011-2 I Edizione novembre 2016 Anno 2016-2017-2018 - Edizione 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

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È facile, forse fin troppo, commemorare i morti. Questo libro è dedicato a sei grandi autori del macabro. ROBERT BLOCH JORGE LUIS BORGES RAY BRADBURY FRANK BELKNAP LONG DONALD WANDREI MANLY WADE WELLMAN

Entra, straniero, a tuo rischio e pericolo: qui abitano le tigri.

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«Qual è stata la cosa peggiore che hai fatto?» «Non voglio dirtelo. Invece ti racconterò la più tremenda che mi sia mai successa…» PETER STRAUB, Ghost Story

«Daremo una festa, ma qualcuno farà il palo…» EDDIE COCHRAN, C’mon Everybody

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Indice

Introduzione - Curiosity killed the cat di Giovanni Arduino Nota all’edizione italiana

XI XVII

Prefazione alla prima edizione 1 Prefazione all’edizione tascabile 7 1. 4 ottobre 1957. Un invito al ballo 11 2. Storie dell’Uncino 26 3. Storie del Tarocco 60 4. Una molesta parentesi autobiografica 98 5. La radio e la percezione del reale 126 6. Il film horror americano moderno. 151 Testo e sottotesto 7. Il film horror come cibo spazzatura 226 8. Il capezzolo di vetro (ovvero, questo mostro 245 vi è stato offerto dal cibo per cani Gaines-Burgers) 9. La narrativa horror 278 10. L’ultimo valzer. Horror e morale, horror e magia 429 Postfazione 457 L’archivista di Antonio Faeti 459 Quando lo schermo si fa nero di Gianni Canova 467

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Appendice 1 - I film Appendice 2 - I libri Indice dei nomi Indice dei titoli

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Introduzione Curiosity killed the cat* di Giovanni Arduino

Oreste Del Buono, ma non solo, giurava e spergiurava che a nessuno interessano le introduzioni. Forse aveva ragione: perché non saltarle a piè pari arrivando lesti al succo del discorso? Potremmo obiettare che la nostra contiene (anche) utili informazioni sul contenuto di questa nuova edizione di Danse macabre e merita un’occhiata. Siete però liberissimi di passare oltre, sempre che non l’abbiate già fatto. Per i pochi o molti rimasti, Danse macabre è un saggio ormai assurto a classico che copre un intero trentennio, dal 1950 al 1980, di cultura pop esaminata attraverso la lente dell’horror (narrativa, film, tivù, radio, fumetti e non solo). Dettaglio fondamentale, è stato scritto nel 1981 da Stephen King; se non avete la minima idea di chi sia (sul serio?), potrebbe essere la volta buona per scoprirlo. Il primo punto da sottolineare è la concezione dell’horror e del pop secondo King: per essere compresi a fondo, entrambi vanno conosciuti, amati, praticati. Insomma, come già suggerito *

…but satisfaction brought it back, così continua il proverbio inglese. La prima parte può essere tradotta con il nostro «Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino». Per la seconda proponiamo: «Anche se poi torna per un altro pezzettino». Comunque non spaventatevi, questa è l’unica nota a fondo pagina… dell’Introduzione.

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dall’autore in On Writing, occorre smontare il giocattolo, studiarlo e rimontarlo, ripetendo l’operazione decine, centinaia, migliaia di volte, finché il giocattolo non cambia radicalmente, diventando qualcosa di nostro, che ci appartiene. La conoscenza deriva quindi dall’esperienza diretta: non si può parlare di pop o di genere (horror, in questo caso) se non li si è frequentati con assiduità, né si può cercare di modificarli o sfruttarli se non si è capaci di enumerarne gli archetipi a uno schiocco di dita. D’altro canto, bisogna anche considerare la materia a nostra disposizione come qualcosa di duttile, non di sclerotizzato e indurito all’interno dei canoni dell’accademia o del fandom. Se infatti è vero che l’ottanta per cento della critica convenzionale non possiede gli strumenti per discuterne (la famosa conoscenza, ricordate?), è altrettanto sicuro che molti appassionati all’ultimo stadio considerano Vampiri, Licantropi, Cose senza Nome e Fantasmi (o persino i cereali da colazione in tema, sul versante più scopertamente pop) al pari di preziosi santini e action figure messianiche rigorosamente blisterate, parte integrante del sacro verbo di cui si ritengono gli unici profeti. Questa impasse soltanto apparente è a più riprese affrontata da King, quando in Danse macabre da un lato sbeffeggia un certo tipo di critici («non capiscono ciò che hanno davanti agli occhi… sembrano obbligati a dimostrare di non essere analfabeti») e dall’altro mena salutari mazzate al fandom («le riviste specializzate hanno la lunga e ignobile tradizione di affossare romanzi che osano andare al di là del presunto settore d’appartenenza»). Anche se espressi all’alba degli Ottanta, reputiamo questi giudizi ancora validi, attuali e calzanti, caratteristiche che ritroviamo lungo tutto il saggio. Allora, come comportarsi? Come uscire da questo presunto vicolo cieco? E, fandom e critica ufficiale a parte, come reagire di fronte ad alcuni scrittori «letterari» italiani (forti del recente apprezzamento per King dei colleghi stranieri) che esaltano il nostro sdegnandone o ignorandone i precursori, i padri, da Bram Stoker ad Arthur Machen, da Robert Bloch a Richard Matheson e oltre? XII

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Semplice: l’unica valida cartina al tornasole è la curiosità. La voglia, la necessità, la smania, l’urgenza di vedere, annusare, assaggiare, toccare e ascoltare tutto, adoperando e assecondando i nostri cinque sensi senza preclusione alcuna (a tale proposito, consigliamo la lettura del settimo e del decimo capitolo del libro). King stesso ci dà l’esempio con la sua curiosità onnivora per qualsiasi cosa gli sia intorno, non limitandosi all’horror, ma spaziando dalle fiere di paese alle leggende metropolitane per concludere con gli esordi del punk. Questa curiosità ai confini del dionisiaco, per usare un aggettivo nietzschiano ricorrente tra queste pagine, in opposizione a un apollineo distacco, è dominante in Danse macabre, e ci consola e conforta. Rinsalda e rinfocola il nostro morboso interesse per qualsiasi argomento, anche se di primo acchito sciocco, marginale o potenzialmente dannoso e sgradevole (cioè i tre quarti della cultura pop in generale). È il trionfo del what if («che cosa succederebbe se…») che in On Writing l’autore ha ammesso essere alla base dei suoi lavori. È la dimostrazione che persino i sentieri più stretti e bui vanno imboccati senza esitare, perché non si sa dove porteranno. A trentacinque anni dalla pubblicazione negli Stati Uniti di questo saggio, King – di cui non indichiamo l’età perché nulla c’entra con la disposizione e predisposizione appena citate – è sempre vorace, famelico, bulimico, per il nostro e il suo bene: la questione non sta nel fermarsi o meno, ma nel non fermarsi mai, con l’acceleratore a tavoletta, rischiando di sacrificare marmitta e sospensioni. Su Twitter (come già sulla sua vecchia rubrica per Entertainment Weekly, dall’agosto 2003 al gennaio 2011: un segnale che qui conta il messaggio, non il mezzo), il nostro si entusiasma per l’ultimo pezzo dei Rancid o degli Slipknot, raccomanda il romanzo appena pubblicato di un collega semisconosciuto, loda il minuscolo film a basso costo o analizza metodico il tipo di marmellata che gli ha ingrippato il mouse, attribuendo la colpa dell’incidente a Donald Trump. In un articolo in due parti purtroppo ripetitivo, comparso sui numeri 289-290 di gennaio-febbraio 2010 della rivista Fangoria e XIII

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in seguito riproposto nella ristampa in trade paperback di Danse macabre della Gallery Books dello stesso anno, King si sbilancia sull’ondata di film dell’orrore della prima decade del nuovo millennio. Tra i suoi preferiti, The Blair Witch Project («sembra così VERO!… La prova che centomila dollari spesi bene bastano a fare cagare sotto il mondo»), il remake del 2004 di Zombi di George Romero diretto da Zack Snyder («l’incubo dei terroristi zombi ad appena tre anni dall’Undici Settembre»), il rifacimento del 2009 di Dennis Iliadis di L’ultima casa a sinistra di Wes Craven («la pellicola più dura e brutale da Henry, pioggia di sangue di John McNaughton»). Siete d’accordo? Nemmeno per sogno? King, premiando la relativa novità di The Blair Witch Project, ha intuito all’epoca il fascino dei mockumentary, i found footage, gli pseudodocumentari che dopo il successo di Paranormal Activity nel 2007 e di vari epigoni successivi imperversano ancora adesso? Ha capito l’importanza del remake per i produttori non solo americani (che vendono così un marchio già conosciuto con/per un pubblico in parte già definito)? Ha previsto che i due fenomeni si sarebbero incrociati, con l’uscita nel settembre 2016 del rifacimento di The Blair Witch Project? Alla luce del nostro discorso, con realtà e fantasia che sembrano essersi scambiate di posto in nome del commercio e di paure così vere da essere finte o viceversa (parafrasando il lisergico e geniale Harlan Ellison), chissà come e se King riscriverebbe Danse macabre oggi. Non siamo in grado di appurarlo, ovviamente, però il what if incombe e il bello, a costo di ribadirlo, sta non nel non fermarsi mai, nel ficcanasare golosi, nel porsi domande forse idiote ma stimolanti. Comunque, notate bene, l’autore ha già riscritto Danse macabre con le sue creazioni successive che ne sono un giocoso concretizzarsi, una naturale propaggine: da Un ragazzo sveglio con Todd Bowden, cioè il fin troppo reale Charles Whitman con il suo fucile sulla Texas Tower, a Revival con il reverendo Charles Jacobs, cioè un Victor Frankenstein che ha evocato i Grandi Antichi lovecraftiani. XIV

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E poi le opinioni in materia sono come i buchi del culo, tutti ne hanno uno, per citare il signor Ricker di Chi perde paga (eccola qui, un’altra persona più curiosa di una scimmia, ma nei romanzi del nostro c’è l’imbarazzo della scelta). Nel mentre non dimenticatevi che King, per trarre le conclusioni dell’articolo del 2010, nel giro di dieci anni avrà assistito a caterve di film horror e non, effettuando una scrematura certosina (anche se quella vera la fa il tempo secondo una selezione darwiniana, per dirla di nuovo alla Ricker). Insomma, si torna alla conoscenza che deriva dall’esperienza diretta, al giocattolo, al gusto di smontarlo e rimontarlo come più ci aggrada e riteniamo opportuno. Basta che poi funzioni e non si sbricioli alla svelta tra le dita, chiaramente. E per l’ultima, ultimissima volta (sì, sto per tirare il fiato, e per il gran finale ho deciso di accantonare il plurale maiestatis, un banale ma comodo travestimento), non trascurate mai la curiosità, se siete tanto fortunati da esserne dotati. Ci siamo arrivati, magari imboccando proprio un sentiero stretto e buio: la curiosità è magia, fantasia, immaginazione, sense of wonder, ovvero capacità di stupire e stupirsi come bambini. Senza questo, nulla c’è, nulla serve, nulla vale. Ma proprio nulla, perché, come evidenzia King in questa sede parlando del sottotesto nascosto in fondo all’horror, della famosa sagoma sotto il lenzuolo della prefazione di A volte ritornano, «il tempo è corto, nessuno è davvero normale, la vita è breve, e la morte è la morte». Mi appresto a salutarvi con un paio di specifiche tecniche indispensabili; pazienza per chi mi ha abbandonato prima, era stato avvisato. Questa edizione di Danse macabre si basa sul paperback mass market della Berkley del giugno 1983, ritoccato e ampliato da Stephen King (con la collaborazione dello scrittore, editor e sceneggiatore cinematografico Dennis Etchison) rispetto al trade paperback ancora della Berkley del maggio 1982 e del cartonato originale della Everest House dell’aprile 1981. Della prima versione integrale italiana in brossura di Theoria del gennaio 1992 (poi ripresa con modifiche soprattutto agli apparati da Frassinelli nel XV

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cartonato del gennaio 2000) e naturalmente tralasciando l’edizione tascabile parziale sempre di Theoria del maggio 1985, a cura di Emanuela Turchetti e limitata a due soli capitoli del saggio (il terzo e il decimo), sono stati completamente rivisti testo, note e apparati, correggendo, completando e arricchendo in particolare trame e titoli italiani o inglesi di film, romanzi, racconti, fumetti, serie televisive (singoli episodi compresi). Sono stati ripristinati note, periodi e brani forse ritenuti in passato ininfluenti o troppo «americani» per i lettori del nostro Paese, in molti casi rifacendo di sana pianta la traduzione di Theoria firmata da Edoardo Nesi, per il totale di una discreta mole di materiale finora inedito. In breve, è stata una faticaccia improba. Eventuali errori e omissioni, sempre in agguato, andranno segnalati alla casa editrice. Grazie. E un grazie dal profondo di quel cuore che non ho anche a chi mi ha affiancato in questa impresa (Anna Pastore della Sperling & Kupfer in primis, che tra l’altro si è sorbita decine di mie assurde divagazioni), a chi ha voluto con tutte le sue forze questa nuova edizione (Giovanni Francesio della Frassinelli, che ama i Kiss e quindi non può essere una brutta persona) e, last but most definitely not least, a chi mi ha chiesto se fossi matto a ficcarmi in questo pasticcio (il mio agente e fratello maggiore Roberto Santachiara). Riguardo agli altri, dalla redazione ai correttori di bozze, dall’ufficio stampa ai responsabili dei social media, dai gruppi di fan di King agli amici di Facebook e non, da qui a lì e da su in giù, sapete chi siete e mi inchino a Voi. Per i pochi o molti che hanno avuto la costanza di seguirmi fin qui, per i pochi o molti che non hanno mai letto Danse macabre, una confessione: vi invidio per il viaggio che state per iniziare, dai miliardi di seducenti diramazioni e inebriante come la droga migliore, con la differenza che non fa male. Non troppo. Però crea assuefazione, fidatevi. Torino, agosto 2016

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Nota all’edizione italiana

I libri, i racconti, le poesie, i film, le serie televisive e radiofoniche e i fumetti menzionati da Stephen King nel corso dell’opera, se usciti anche in Italia, sono stati riportati con il titolo italiano. Nell’indice dei nomi e nell’indice dei titoli in fondo al volume, il lettore potrà trovare i titoli originali delle opere citate, l’anno di uscita dei film e, per i libri pubblicati anche in Italia, i riferimenti bibliografici essenziali. Per una comprensione più agevole dell’opera, nella maggior parte dei casi i testi citati, anche quando già editi nel nostro Paese, sono stati appositamente ritradotti.

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Prefazione alla prima edizione

Il volume che avete tra le mani è nato da una telefonata del novembre 1978. Insegnavo scrittura creativa, oltre a tenere un paio di corsi di letteratura all’Università del Maine, a Orono, e lavoravo nel tempo libero all’ultima stesura di un romanzo, L’incendiaria, che ormai sarà sugli scaffali delle librerie. Mi chiamò Bill Thompson, che tra il 1974 e il 1978 aveva pubblicato i miei primi cinque lavori (Carrie, Le notti di Salem, Shining,* A volte ritornano e L’ombra dello scorpione). Oltre a questo, Bill, allora editor alla Doubleday, era l’unico dell’establishment editoriale newyorkese che avesse letto con sincero interesse i miei primi inediti. Era quell’importantissimo contatto iniziale che i giovani scrittori aspettano e desiderano… e trovano molto di rado. Dopo L’ombra dello scorpione la Doubleday e io ci separammo, e anche Bill si trasferì: divenne senior editor alla Everest House. E poiché negli anni della nostra collaborazione eravamo diventati amici oltre che colleghi, rimanemmo in contatto, ogni tanto andando a pranzo insieme… e prendendo una bella sbornia. La migliore fu quella durante l’All-Star Game del luglio 1978, che guardammo in un pub irlandese di New York su uno schermo *  Originariamente pubblicato in Italia come Una splendida festa di morte (Sonzogno, Milano 1978), cambiò titolo dopo l’uscita del film di Stanley Kubrick. (N.d.R.)

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gigante in compagnia di innumerevoli birre. Un cartello sopra il bancone recitava CHI DORME NON PIGLIA PESCI! 8-10 DI MATTINA! con tutti i cocktail in offerta a cinquanta centesimi. Quando chiesi al barista che tipo di persone entrassero a chiedergli un rum Collins o un gin tonic alle 8.15, mi fissò con un sorriso minaccioso e si asciugò le mani sul grembiule: «Studenti del college… come te». Ma quella sera di novembre poco dopo Halloween, Bill mi chiamò con una proposta: «Perché non scrivi un libro sul fenomeno dell’horror dal tuo punto di vista? Libri, film, radio, televisione, tutto quanto. Lo potresti pubblicare con me, se vuoi». L’idea mi attraeva e mi impauriva allo stesso tempo. Mi attraeva perché mi avevano chiesto migliaia di volte il motivo per cui sfornassi quella roba, la gente la leggesse o andasse al cinema per vederla. Il paradosso era: perché qualcuno dovrebbe pagare per essere messo a disagio? Avevo parlato a così tante persone e scritto così tanto sull’argomento (compresa una corposa prefazione alla mia antologia A volte ritornano) che dire l’Ultima Parola in merito mi intrigava. In seguito, se mi avessero posto ancora la domanda, avrei potuto rispondere: se volete sapere che cosa penso dell’horror, c’è un libro che ho scritto a questo proposito. Leggetelo. È la mia Ultima Parola sui meccanismi che lo governano. Mi impauriva perché già immaginavo il lavoro allungarsi negli anni, i decenni, i secoli. Se avessi dovuto cominciare da Grendel e dalla madre di Grendel, anche la versione condensata sarebbe stata di almeno quattro volumi. Bill mi consigliò di limitarmi all’ultima trentina d’anni, con qualche parentesi per esplorare le radici del genere. Gli dissi che ci avrei pensato, e lo feci. Mi concentrai bene e a lungo. Non mi ero mai misurato con un progetto non-narrativo della lunghezza di un libro, e l’idea mi intimidiva. L’ipotesi di dover confessare la verità mi spiazzava. Dopotutto, la narrativa è fatta di bugie su bugie… ecco perché i puritani non l’apprezzano e non riescono a seguire il filo della vicenda. In un romanzo o in un racconto, se ci si blocca si può sempre tornare indietro di due o tre pagine e cambiare qualcosa. 2

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Nella saggistica, ci sono tutti quei fastidiosi problemi di dover controllare che ciò che si dice sia corretto, le date corrispondano, i nomi siano riportati in maniera esatta… e, peggio di ogni altra cosa, è necessario salire sul palcoscenico. Un romanziere è una creatura nascosta; al contrario del musicista o dell’attore, può camminare in strada senza essere notato. Le sue marionette balzano alla ribalta mentre lui rimane invisibile. Lo scrittore di saggistica è anche troppo in evidenza. Eppure l’idea mi piaceva. Cominciai a capire come si sentono i pazzoidi che predicano a Hyde Park quando sistemano le cassette della frutta e si preparano a montarci sopra. Potevo avere a disposizione pagine e pagine per salire sui miei cavalli di battaglia… «Ed essere pagato per questo!» urlò, stropicciandosi le mani e ridacchiando follemente. Pensai al corso dal titolo «Temi dell’orrore e del soprannaturale» che avrei dovuto tenere il semestre seguente. Ma più che altro mi convinsi di avere l’opportunità di parlare di un genere che amo: un’occasione che viene offerta a pochi scrittori di letteratura popolare. E riguardo al mio corso, quella stessa sera di novembre in cui Bill mi chiamò ero in cucina a bermi una birra cercando di prepararmi a come trattare la materia… e scherzavo con mia moglie, dicendole che tra poco avrei dovuto passare parecchio tempo davanti a un bel po’ di gente a discutere di un argomento in cui mi ero sempre orientato con l’istinto, come un cieco. Anche se molti libri e film esaminati nelle pagine che seguono sono adesso normale materia di studio in varie università, io ho letto i libri, visto i film e tirato le conclusioni da solo, senza testi o pareri autorevoli a indirizzare i miei ragionamenti. Ritenevo che di lì a poco avrei visto per la prima volta la reale efficacia delle mie riflessioni. Può sembrare una frase strana. Più avanti nel libro ho affermato che nessuno è davvero sicuro di quello che vuol dire su un determinato argomento finché non ha messo per iscritto i propri pensieri; allo stesso modo credo che si abbia ben poca comprensione di ciò che si è pensato finché non si comunicano le nostre conclusioni a persone intelligenti almeno quanto noi stessi. 3

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Ed ero così nervoso all’idea di dover entrare in quell’aula, che quell’anno sprecai una deliziosa vacanza a St Thomas angustiato dall’uso dell’umorismo in Dracula di Bram Stoker e dal quoziente di paranoia in Gli invasati di Jack Finney. Nei giorni che seguirono la telefonata di Bill, cominciai a meditare che se la mia serie di discussioni (non osavo chiamarle conferenze) sul campo dell’horror soprannaturale-gotico fosse stata ben accolta, da me in primis e poi dai miei studenti, forse metterla nero su bianco avrebbe completato il cerchio. Alla fine chiamai Bill e gli confermai che avrei provato a scrivere il libro. E come potete vedere, l’ho fatto. Tutto questo per attribuire il giusto merito a Bill Thompson, il responsabile dell’idea, che era ed è ottima. Se vi piace il saggio, ringraziate lui, che ci ha pensato per primo. Se non vi piace, date la colpa a me, che ho fallito miseramente. È anche un tributo a quei cento e passa studenti che mi hanno ascoltato con pazienza (spero mi abbiano perdonato) mentre elaboravo il mio progetto. Il risultato del corso è che molti ragionamenti non posso nemmeno definirli miei, perché vennero modificati da dibattiti in classe, confutati e, in parecchi casi, cambiati. Durante il corso, un professore di letteratura dell’Università del Maine, Burton Hatlen, intervenne un giorno per tenere una lezione su Dracula di Stoker, e vedrete che i suoi intelligenti pensieri sull’horror, inteso come una vasta «polla dei miti» in cui tutti siamo immersi, formano in parte la spina dorsale del libro. Grazie, Burt. Il mio agente, Kirby McCauley, appassionato del genere e genuino uomo del Minnesota, deve essere ringraziato per aver letto il dattiloscritto, segnalato errori, dubitato delle conclusioni… e più di tutto per aver passato con me una splendida serata etilica all’hotel U.N. Plaza di New York, e avermi aiutato a stendere la lista dei film horror essenziali degli anni 1950-1980 che costituisce l’Appendice 1 del libro. Devo molto più a Kirby, ma per ora mi limiterò a questo. Mi sono anche basato su molte fonti esterne durante il lavoro su Danse macabre, e ho coscienziosamente cercato di citarle 4

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man mano che le usavo, ma devo subito menzionarne alcune fondamentali: l’opera determinante di Carlos Clarens sui film dell’orrore, An Illustrated History of the Horror Film; l’attento riesame, episodio per episodio, di Ai confini della realtà della rivista Starlog; The Science Fiction Encyclopedia, a cura di Peter Nicholls e John Clute, particolarmente importante per tentare di venire a capo della produzione di Harlan Ellison e della serie tivù The Outer Limits; e poi le innumerevoli stradine curiose che ho imboccato. In conclusione, un grazie agli scrittori – Ray Bradbury, Harlan Ellison, Richard Matheson, Jack Finney, Peter Straub e Anne Rivers Siddons, tra gli altri – che sono stati tanto gentili da rispondere alle mie lettere e fornirmi informazioni sulla genesi dei lavori qui discussi. Le loro voci donano al libro una dimensione che altrimenti sarebbe tristemente mancata. Siamo alla fine… solo che non voglio dare l’impressione di pensare di aver raggiunto la perfezione con questo libro. Temo che molti errori siano rimasti nonostante i controlli certosini; posso solo sperare che non siano troppi o troppo vistosi. Se ne trovate, vi prego di scrivermi e di indicarmeli, così da poterli correggere nelle edizioni future. E spero che il mio saggio risulterà divertente. Leggetelo tutto d’un fiato o a spizzichi e bocconi, ma leggetelo. È fatto per questo, proprio come i romanzi. Forse troverete qualcosa che vi farà riflettere, ridere o magari arrabbiare. Mi vanno bene tutte queste reazioni. Solo la noia, quella non la vorrei. Scrivere questo libro è stato esasperante e insieme piacevole, certi giorni un dovere, certi altri un atto d’amore. Forse vi accorgerete che la strada sulla quale state per avviarvi è sconnessa e accidentata. Mi auguro comunque che il viaggio sia fruttuoso, come lo è stato per me. Stephen King Center Lovell, Maine 5

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Prefazione all’edizione tascabile

Un paio di mesi dopo aver iniziato a lavorare a Danse macabre, rivelai quanto stavo scrivendo a un amico della Costa Ovest, anche lui appassionato di romanzi e film horror. Pensavo che sarebbe stato contento. Invece mi fissò con uno sguardo atterrito e mi diede del pazzo. «Perché?» gli chiesi. «Se mi offri una birra te lo spiego.» Gliela offrii. Ne bevve mezza e si piegò sul tavolo verso di me, con un’aria grave. «È da pazzi perché i fan ti spaccheranno il culo. Commetterai tanti errori, almeno uno per ogni cosa giusta che scriverai. E nessuno ti darà una pacca sulle spalle per quello che hai imbroccato; anzi, ti faranno ammattire per gli svarioni. Dove troverai materiale di approfondimento su Non aprite quella porta? Dove lo cercherai? Sul New York Times? Non farmi ridere.» «Ma…» «Metà di quelli che contatterai ti dirà una cosa; l’altra metà te ne dirà un’altra. Per Dio, magari parlerai con Roger Corman degli attori dei suoi film degli anni Cinquanta e lui stesso confonderà i nomi, perché girava quelle porcherie in tre settimane!» «Ma…» «Non basta. Metà di ciò che leggerai sarà sbagliato perché gli amanti del genere sono proprio come noi. Pazzi.» 7

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«Ma…» «E i tuoi stessi ricordi ti tradiranno. Lascia perdere. Ti romperai la testa per cercare di fare tutto nella maniera giusta e i fan ti salteranno addosso, perché sono fatti così. Lascia perdere e scrivi un nuovo romanzo. Ma prima offrimi un’altra birra.» Gliela offrii, però non lasciai perdere, come potete vedere. Comunque, ricordandomi di quello che aveva detto, inclusi nella Prefazione alla prima edizione una frase guardinga in cui invitavo gli appassionati a indicarmi eventuali strafalcioni. Non arrivarono milioni di lettere, ma il mio amico profeta di sventure non aveva torto; ne arrivarono centinaia. Il che ci conduce a Dennis Etchison. Dennis Etchison è un altro fan della Costa Ovest. È di media statura, in genere porta la barba, ed è bello di una confortante bellezza anti-Los Angeles. È anche simpatico, gentile e intelligente. Ha letto molto del nostro genere preferito, con grande attenzione; la sua esperienza di film horror è davvero ampia e la sua comprensione della materia profonda. È anche un ottimo scrittore, e se non avete sfogliato la sua raccolta, The Dark Country, vi siete persi uno dei migliori libri del nostro campo (no, qui non ne parlo perché è uscito dopo il 1980). I suoi racconti non sono solo buoni; sono entusiasmanti, senza alcuna eccezione, e in certi casi grandiosi, al livello di La bella adescatrice di George Oliver Onions. Il cartonato è stato pubblicato in edizione limitata, ma uscirà presto un tascabile della Berkley e vi consiglio di correre, non di camminare, all’emporio di libri più vicino e di acquistarne una copia prima possibile. E no, non sono stato pagato per questo; mi viene dal cuore. A ogni modo, Kirby McCauley suggerì che Dennis Etchison sarebbe stata la persona adatta per correggere gli errori di Danse macabre in vista del tascabile. Chiesi a Dennis se gli sarebbe piaciuto occuparsene e lui mi rispose di sì. Gli spedii il mio crescente mucchio di lettere di protesta quel giorno stesso via Federal Express. Dennis rese felice me e tutti quelli che vogliono la precisione anche nella buia segreta dell’horror. 8

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Questa edizione è molto più accurata in parecchi punti rispetto alle precedenti e la ragione è Dennis Etchison, assistito da un esercito di fan del brivido. Ci tenevo che lo sapeste, e volevo ringraziare quest’uomo per aver risistemato il saggio a puntino. Signore e signori, Dennis Etchison: dategli la mano. Lui di sicuro ne ha data una a me. Stephen King Giugno 1983

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