TraMonti 2010

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Bollettino d’informazione riservato ai soci CLUB ALPINO ITALIANO Sezione Valdarno Inferiore “GiacomoToni”


“A chi mi chiede: perché vai in montagna? Gli rispondo se me lo chiedi non lo saprai mai.” ED VIESTURS, IN VETTA SENZA SCORCIATOIE In memoria di Luigi Pacini Francesco Mantelli .......................3

Orrido di Tana Malìa Francesco Mantelli .................... 24

Etna Giancarlo Roggi ...........................6

Sarà dura... Giovanni Morichetti.................. 29

Ciò che io vorrei fosse diverso Giovanni Morichetti.................. 10

I misteri di Cotrozzi Giancarlo Sani ........................... 30

La nostra biblioteca Luca Ciolli ................................. 13

Il «piccolo museo» cresce a cura della redazione ................ 35

Le pietre raccontano Romano Falaschi ....................... 14

Esplorazione al Bertarelli Linda Campinoti ....................... 36

2° corso di speleologia Jerry Pieri .................................. 18

Programma 2010 a cura della redazione ................ 40

Infomazioni utili: i rifugi a cura della redazione ................ 20

Organigramma a cura della redazione ................ 46

A Stefano Giovanni Morichetti.................. 22

Tesseramento 2010 a cura della redazione ................ 47


Il nostro saluto In memoria di

Luigi Pacini S

Lugi Pacini

ono consapevole di accingermi ad un compito non facile, consapevole di produrre uno scritto certamente incompleto perché è difficile rievocare Luigi Pacini, soprattutto rievocare la sua persona per chi non l’ha conosciuto. Il fatto che oggi sia io presidente di quella sezione del Club Alpino Italiano da lui fondata non aggiunge niente alla mia inadeguatezza a commemorare la sua scomparsa perché è certo che di lui conosco poco pur avendoci vissuto assieme per oltre due decenni come socio di questa sezione. Non mi resta pertanto che lasciare solo pensieri sparsi in questo mio breve scritto. Ai soci di oggi della nostra sezione Club Alpino Italiano, Valdarno Inferiore, così voluta come denominazione da Luigi Pacini, perché non comprendesse solo Fucecchio ma ben altri comuni di questa area, nelle sue recenti e sempre più sporadiche presenze in sezione, Luigi poteva apparire come un uomo di altri tempi. Certamente Luigi lo era, perché era uomo che spesso si richiamava ai valori che oggi sembrano sì di altri tempi: la partecipazione al volontariato in molti campi, il valore dell’impegno nel lavoro, il valore dello studio (ho avuto il privilegio di affacciarmi in casa sua e visionare le sue opere, i suoi scritti e i riconoscimenti), il senso di appartenenza ad una comunità, quella di questa bella e stimolante cittadina che è Fucecchio, la sua religiosità infine, un valore da molti ritenuto non opportuno oggi, da altri un importante riferimento di duemiladieci

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Gruppo di soci e simpatizzanti della neonata sezione riuniti per celebrare la prima «Ballottata» . Il simpatico simposio fu consumato presso il ristorante Bicocchi di Casa di Monte nell’alta Valdinievole. Da sinistra fila in basso: Fausto Macchi, Asmaro Briganti, Carlo Taramelli con la figlia Giulia, Renato Ricciarelli, Francesco Matteucci, Aurelio Matii, Luigi Pacini, Alvaro Borgioli, Riccardo Tobia, Giovanni Bertoncini, Mario Boldrini, Bruno Ricciarelli (in ginocchio), Piero Ricciarelli, Rolando Briganti, Azelio Cecconi. Da sinistra fila in alto: Lelio Carli, Egisto Tognetti, Giancarlo Carmignani,Giustino Gargani (1974).

vita se vissuto nell’interezza evangelica. Pur appartenendo io ad una generazione diversa, a quella addirittura che aveva fatto parte della contestazione di quel mondo che forse in parte Luigi aveva impersonato, se non altro per questioni anagrafiche, avendo vissuto molto tempo assieme nella nostra comune sezione CAI, con Luigi molti sono sempre stati i punti di convergenza, a dimostrazione che non è la differenza di età che divide, ma è la comunità dei valori che unisce. Certamente uno degli aspetti di Luigi era quello di saperci sorprendere: ci ha sorpreso in un lontanissimo passato fondando una sezione del Club Alpino nelle nostre valli e colline, da cui le montagne si vedono ma sembrano estranee e lontane, lui che iniziò in età non più giovane l’approccio alla montagna, ci ha

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sorpreso nella sua capacità di alzare il telefono e senza difficoltà organizzare una serata con Achille Compagnoni, il grande alpinista che portò il nostro Paese per primo sul K2, invitato per ben due volte nella nostra città, ci ha sorpreso appena un anno fa quando lo accompagnai, ormai con difficoltà a camminare, fino nella struttura della Fondazione «I care», a presentare una guida sulle Alpi Apuane. Mi sorprese in quell’occasione la sua capacità di sapere parlare su argomenti che per ovvi motivi erano ormai lontani dalla sua vita quotidiana; ma questo non doveva essere stato difficile per lui visto che era capace di mettere l’anima in quello che faceva e pertanto, quando gli veniva richiesto, non doveva essere difficile tirare fuori quell’anima. Ma ancora di più mi aveva sorpreso


quando nell’ormai lontano 2005, rientrato io da poco dall’Africa, aveva manifestato un’incredibile partecipazione per quello che là con mia moglie stavamo facendo. Ricordo ancora quella lunga telefonata che mi costrinse a fermarmi in macchina, ricordo quelle sue parole...di grande partecipazione che mi espresse in quel momento tutta la sua dolce anima...un episodio che pur appartenendo alla sfera del personale non posso qui tacere perché mi confermava, mi ribadiva la sensibilità e lo spessore del personaggio. Luigi fu molti anni presidente della sezione da lui fondata (era il periodo in cui mancava la cultura del ricambio e la sua lunga permanenza in quella posizione non era certo una sua ostinazione): la sua presidenza costituiva una presenza discreta che amministrava la sezione senza personalismi delegando ad altri molte funzioni. Qualcuno dirà che non

poteva fare altrimenti in quanto Luigi era contemporaneamente presidente di ben altre associazioni, ma per chi ha vissuto la nostra sezione in quegli anni, assieme a coloro che hanno avuto differenti visioni e posizioni, la mia resta quella di un presidente che sapeva valorizzare la nostra sezione e valorizzare noi stessi. Sì, era una persona che se doveva presenziare presenziava, ma lasciava spazio anche ad altri, un’anomalia nel mondo attuale e passato e non solo nelle associazione di volontariato. Nella nostra sezione Club Alpino Italiano Valdarno Inferiore erano quelli gli anni dell’innocenza, almeno io e qualcun altro, così li ha vissuti, prima che, come avviene in tutte le associazioni, si manifestassero divergenze, comunque comuni e fisiologiche, del modo di essere di ogni attività degli uomini. Francesco Mantelli

Da sinistra: Il Presidente del Panathon M. Gelasio Mariotti, il Presidente del C.A.I. Sez. Valdarno Inferiore Luigi Pacini, Achille Compagnoni.

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(1981)

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Escursionismo

Etna Nuovi coni eruzione anno 2001 (foto G. Roggi)

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rano mesi che non facevo altro che pensare a quella montagna di fuoco e la sua risalita mi prendeva sempre più, ma affrontare un viaggio di mille km da solo mi bloccava tanto quanto la voglia di salirla finché un giorno, durante una delle tante escursioni nelle Apuane ne parlai con Paola, chiedendole se anche a lei sarebbe piaciuto risalirla. Non che mi aspettassi una risposta euforica tanto da partire il giorno dopo, ma un po’ più convinta sì. Passano giorni, settimane e ne riparliamo; intanto la bella stagione si avvicinava: erano da programmare le vacanze ed io le chiesi se le vacanze in Sicilia potevano andarle bene; chiaro però che dovevano comprendere

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anche la risalita dell’Etna. Questa volta è stata più attratta e molto brava nell’organizzare vacanza e viaggio e dopo una ventina di giorni siamo riusciti a partire. Una volta atterrati a Palermo, abbiamo attraversato il Parco delle Madonie (in auto chiaramente) con il suo particolare fascino: immensi boschi nel versante nord ovest, invece spoglie e rocciose a sud. Arriviamo a Zafferana Etnea dove erano prenotati cena e pernottamento, a tarda sera; nonostante la cucina fosse già chiusa, la signora che ci stava aspettando fu molto gentile e accogliente servendoci un buon piatto di pasta e carne ai ferri (non sappiamo come abbia fatto poiché la cucina era


Dal cratere ovest a quello sud

chiusa) di ottima qualità e quantità. La mattina successiva con zaini e attrezzatura già pronti ci dirigiamo verso il rifugio e per prima cosa andiamo ad informarci all’ufficio Guide Alpine, dove si presenta un signore di corporatura atletica: «Buongiorno sono Giuseppe guida alpina; volete salire ai crateri? Il mio gruppo parte tra dieci minuti, se volete andare su.» «Veramente noi vogliamo andare su da soli, senza jeep ne cabinovia (poiché nel primo tratto era prevista la cabinovia, e nel secondo la jeep fino a 2900 mt. circa).» «Impossibile da soli: si può salire solo accompagnati dalle guide.» Ci guardiamo in faccia sbalorditi: non ci aspettavamo tanta rigidità e si doveva prendere una decisione molto in fretta: o con la guida o addio Etna! A me venne un gesto di stizza, non perché non volessi dare soldi alla guida (tutto sommato per il servi-

(foto G. Roggi)

Regione: Sicilia Provincia: Catania Appennino Siculo - Parco dell’Etna Rilievo: Altezza: 3343 m slm Coordinate: 37°44'00''N 15°00'00''E duemiladieci

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Vetta dell’ Etna vista dalla baita delle guide (foto G. Roggi)

zio che offrivano, per la cabinovia, la jeep, e la guida il prezzo era onesto), ma per il fatto che la montagna è di tutti e non trovo giusto che chi vuole salire con le proprie capacità debba pagare una guida. Inoltre io ero già preparato e munito di cartina, bussola, altimetro per fare una vera e propria scalata di 1300 metri di dislivello; doverci salire quasi come portato in braccio non riuscivo a digerirlo. Il buon Fabio con il suo carattere molto pacato e riflessivo, mi fa presente che siamo venuti in Sicilia per arrivare sull’Etna e non ci sono alternative: o con il gruppo o si torna a casa. A quel punto ho capito che erano tutti per salire con il gruppo e a me non è rimasto altro che accodarmi e fare il diciottesimo partecipante. Mentre salivamo con quei gipponi guardando la morfologia della montagna, scorgevo alcuni tratti di

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sentiero battuto e mi si bloccava la respirazione: ma perché non si può fare a piedi? continuavo a chiedermi. Arrivati alla baita delle guide, capolinea di questi carri armati che, a mio parere, deturpano l’ambiente in modo notevole, scorrazzando avanti e indietro, alzando nuvole di polvere nera tutti i giorni, è arrivato il momento di fare la nostra escursione: scesi dalle jeep le numerose guide ci richiamano all’attenzione: il mio gruppo di qua, l’altro dietro di me, sembrava d’essere in una città d’arte affollata di turisti, mancava solo che ci dessero il numero del gruppo per non mischiarsi con altri gruppi ed era fatta! Ora, finite le polemiche (scusatemi), inizia la parte veramente meritevole; risaliamo la montagna sul fianco sud-ovest, a tratti su lava, a tratti su neve ed arriviamo su un pianoro; sosta per mangiare un frutto o un


pezzo di cioccolato o cos’altro. Giuseppe la guida si presenta di nuovo al gruppo, chiede la nazionalità degli escursionisti ed inizia a dare spiegazioni in italiano, in francese e in inglese; riprendiamo il nostro cammino sempre più ripido fino ad arrivare al primo cratere, anche qui spiegazioni e notizie sul vulcano sempre in tre lingue, si prosegue per arrivare al secondo cratere e qui entra in gioco la fortuna; per le correnti d’aria il cratere si schiarisce per una quindicina di secondi permettendo di vedere oltre 50 metri di profondità: è uno scenario incredibile che non si può descrivere né raccontare: va solo visto con i propri occhi per rendersi conto di cosa può essere. Giuseppe, che sale ai crateri tre o quattro volte alla settimana, dice che è cosa rara vederlo cosi bene; oggi siamo stati proprio fortunati! Anche il tempo ci ha voluto bene tanto da permetterci di restare in maglietta a 3200 m Cratere ovest

quando di solito ci vuole la giacca a vento per il forte vento che tira. Iniziamo la discesa e di conseguenza si fa meno fatica e si parla di più; io inizio a parlare con Giuseppe, una persona molto preparata culturalmente e anche fisicamente, insomma un vero professionista disponibile e attento a tutto. Gli chiedo se è possibile scendere a piedi fino al rifugio, mi dice che è possibile e che lo fanno tante volte. Arrivati di nuovo alla baita, facciamo un breve spuntino e iniziamo a scendere proprio quel sentiero che avevo visto salendo, attraversiamo per un breve tratto la Valle del Bove e poi giù per detriti lavici: camminando, scivolando, correndo ci siamo fatti prendere un po’ la mano; insomma, dopo la brutta partenza della mattina devo ammettere che è valsa la pena salire anche con la guida. Giancarlo Roggi

(foto G. Roggi)

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Torrentismo

Ciò che io vorrei fosse diverso Spettacolare tuffo nel toboga

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ra da tempo che in sezione si voleva fare una gita di tipo torrentistico adatta a «tutti», però un po’ più impegnativa dell’Orrido di Botri che ormai avevamo ripetuto per tre anni di fila, anche se con grande partecipazione e soddisfazione generale. Una gita di tipo torrentistico che, pur adatta a tutti, maggiormente somigliasse però all’attività più vera del torrentismo con discreta portata d’acqua, con qualche salto e qualche profonda pozza d’acqua al di sotto. Ebbene, quest’anno, l’abbiamo realizzata, anche se poi, all’ultimo momento Marcello, che ne era l’organizzatore numero uno, ha rischiato di dover mandare tutto

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(foto C. Mannini)

a monte perché il lieto evento che sarebbe dovuto giungere in famiglia, dava sempre più l’impressione di arrivare in concomitanza con la gita. Siamo stati tutti fortunati ed anche se con orari strettissimi siamo riusciti a portare a termine il programma ed anche il lieto evento, che comunque sarebbe avvenuto con o senza la partecipazione di Marcello, il quale seppur teso come una corda di violino (mi pare si dica così), si è comportato benissimo durante tutto il tragitto, anche se poi non ha saputo lasciarsi tentare abbastanza dalla cucina di Paolo (Calorino) per rientrare invece a casa dove lo aspettava un futuro da nonno.


Per i ragazzi intervenuti per la prima volta, il torrente è stato emozionante, a momenti terrorizzante, comunque bellissimo e, come normale in simili situazioni, mentre si è dentro non si vede l’ora di uscire fuori, poi quando fuori, tutte le tensioni si distendono e si rilassano, non si vede l’ora di ripetere l’esperienza. Lungo sarebbe raccontare dall’inizio tutta la procedura della vestizione all’imbocco del torrente, anche se ovviamente non sono mancate scene del tutto comiche; imbracature indossate alla rovescia, gambe e mani dappertutto, domande ricorrenti: «questo aggeggio a che serve?», «potrei portare gli occhiali da sole?» Come ovviamente lungo sarebbe raccontare le varie fasi del tragitto, con il suo moto impetuoso, freddo, avvolgente, molto avvolgente; «potrei fare così che mi sento più tranquillo?», «ma qui sono al sicuro?», «io di tuffarmi non trovo il coraggio!». Ma alla fine, mai, mai, dei giovani erano stati così ubbidienti, così Discesa di una cascata

ligi alle regole lì per lì impartite: la paura, a momenti il terrore che si sprigionava da certi sguardi attoniti, per loro faceva sì che scrutare la disinvoltura con la quale quelle persone chiamate istruttori superavano le difficoltà, gradualmente instaurasse quel rapporto di fiducia necessaria e che meglio di ogni altro metodo mostra le cose nella loro reale dimensione. Poi il torrente si distende, il vigore delle acque si placa e si approda in un boschetto e giù, giù, fino alla strada asfaltata e ben presto alle auto e quell’ambiente così inusuale, così selvatico appare sempre più lontano e sembra addirittura impossibile che possa trovarsi semplicemente a due passi da noi che ora ci sentiamo più tranquilli nel nostro mondo «civilizzato», anche se a fatica si riesce ad attraversare la strada senza rischiare di essere investiti dalle auto che sfrecciano. Ci si spoglia di tutti gli indumenti inzuppati, di tutte le attrezzature delle quali se ne fa

(foto C. Mannini)

Regione: Provincia: Rilievo:

Toscana Lucca Alpi Apuane duemiladieci

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un monte e poi via sorridenti, raccontando, commentando come se si fosse compiuto un’ azione eroica, verso il meritato pranzo. Al momento dei saluti tutti i ragazzi sono concordi nel ritenere l’esperienza appena vissuta bellissima, straordinaria e nonostante le tensioni che trasmette (o forse per merito...), da ripetersi: «quando rifate qualcosa del genere, chiamateci!». Però, nel frattempo, nessuno di questi ragazzi che si sia avvicinato alla Sezione, che abbia dimostrato curiosità verso le nostre attività, ma aspettando solo di essere ricontattati per una nuova avventura. Io vorrei che fosse diverso l’impegno, ma ancora di più lo spirito che si mette nel fare le cose per non limitarlo soltanto ad un’occasione estemporanea, altrimenti noi come faremo a svecchiare la nostra Sezione, a chi passeremo le consegne? Di questa strada, a cento e più anni, saremo costretti a salire ancora le vie di montagna, ad andare per grotte, ghiacciai e torrenti per non essere

riusciti a trovare degli eredi ai quali lasciare questo mondo straordinario da percorrere, esplorare, ammirare ed ancora di più da conservare. Giovanni Morichetti Preparazione delle corde di sicurezza

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(foto C. Mannini)


Dalla sezione

La nostra biblioteca N

on c’è molto da dire, ma due righe riguardo la nostra biblioteca possiamo scriverle. Prima di cominciare ad occuparmi personalmente dei libri della sezione, questi erano lasciati tutti allo sbaraglio, sopra un mobile, il quale si trova ancora all’interno dell’attuale ufficio. Ricordo che un venerdì sera in sezione c’era poca gente, e cominciai ad osservare alcuni libri, ritrovandomi tra le mani, dei titoli interessanti, addirittura datati, o prime edizioni di annate ormai non più recentissime. Cominciai così a riunirli mettendoli insieme per argomento, e per autore. La cosa nata così per gioco, si mostrava interessante, e sicuramente più ordinata. Passò un po’ di tempo, e qualche socio si

fece avanti e propose (dopo aver finito i lavori di ristrutturazione della sezione), di fare una piccola biblioteca, al piano di sopra. Il nostro socio ed ex presidente della sezione, Vittorio Santini portò in sede un vecchio mobile, dove poter collocare tutti i nostri libri. Nacque così la biblioteca del C.A.I. Valdarno Inferiore. Non ricordo la data precisa, ma sono oramai passati più di dieci anni, e da allora fu stanziata una quota annuale da investire, in nuovi titoli, fino a diventare una modesta biblioteca che vanta un totale di 150 volumi circa. Tra questi ci sono: guide, enciclopedie della montagna, letteratura di montagna, vecchie riviste del C.A.I. degli anni 50 rilegate, la collana, anche se

non completa, dei Licheni, e per finire tutti i numeri di Meridiani Montagna. Interessante è stato vedere come molti soci si siano avvicinati alla biblioteca, per consultare guide e cartine, leggere e noleggiare i libri. Devo dire che il tutto è stato un evento molto positivo e funzionale. Sono molto contento di come la cosa stia andando avanti. A questo punto ci sarebbe bisogno dell’intervento di qualche socio con in mente alcuni titoli da poter acquistare, per non ritrovarsi con dei libri che magari non interessano a nessuno che poi restano lì solo per far numero. Voglio concludere vantando alcuni titoli secondo me importanti, magari anche da leggere. Perché no?

Il settimo grado – Reinhold Messner La battaglia del sesto grado – Vittorio Varale La Montagna a mani nude – René Desmaison La morte sospesa – Joe Simpson Le mie montagne – Walter Bonatti Fuga sul Kenya – Felice Benuzzi Freney 1961 – Marco Ferrari … e tantissimi altri che per questione di spazio non sto a citare. Buona lettura a tutti. Luca Ciolli duemiladieci

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Arte rupestre

Le pietre raccontano Il guerriero - Monte Brugiana

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i sono vari modi per cercare di conoscere il passato, cioè quello che l’uomo ha combinato, nel bene e nel male, da quando ha iniziato a calpestare il suolo terrestre. Quello che a Giancarlo e a me, è sembrato il più affine alla nostra passione dell’andar per monti, è stata la cosiddetta arte rupestre e così, invece di passarci sopra o vicino velocemente per raggiungere la nostra meta, le rocce ci

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siamo messi anche a osservarle bene, scoprendone i segreti più o meno nascosti e conservati, a volte anche per migliaia di anni. Sono oramai circa sette anni che ci stiamo dedicando alla ricerca dei luoghi in cui, sopra la roccia, i nostri antenati hanno lasciato incisa una traccia della loro esistenza ed è per me forte, sempre, l’emozione alla vista di un nuovo sito con quei segni, che qualcuno, chissà da quanto tempo, ha

(foto G. Sani)

tracciato su quella pietra ed è una ridda di domande che allo stesso tempo vengono alla mente. Qual’era l’intento di colui o coloro che ve li hanno fatti? A che cosa servivano? Che cosa volevano dire e a chi si rivolgevano? Forse quei segni o disegni erano un ringraziamento o una dedica a qualche Nume a cui chiedevano protezione? Era un gioco d’abilità o era semplicemente un gioco? Magari era solo un passa-


Il simbolo solare del Capitello dei due Pini - Valcamonica (foto G. Sani)

tempo di coloro che, sorvegliando le greggi, aspettavano il termine della giornata di lavoro e, per semplice emulazione, rifacevano ciò che essi stessi avevano osservato e ne erano rimasti colpiti. Altre volte invece, chissà, il fare sopra quel masso e solo su quello, una croce, una piccola riga o altro segno, voleva poter dire: «Io sono passato da qui e questa è la mia firma!» Anzi, in molti casi era un atto dovuto, per cui era d’obbligo recarsi in quel luogo sacro per compiere così il dovere della vita. Qualcosa di simile deve per forza essere accaduto in Val Camonica, dove, ed è opi-

nione di molti studiosi data l’enorme quantità di rocce istoriate, era non solo un dovere ma una vera e propria imposizione, il recarsi dal proprio rappresentante della casta sacerdotale ad invocare la divina protezione dei propri averi e desideri. Affinché ciò si avverasse, il sacerdote raffigurava sulla roccia l’oggetto o il desiderio, in modo che il Dio invocato, vedendolo, l’avrebbe esaudito. Con quale vantaggio per questo o quel sacerdote lo lascio immaginare al lettore e quindi, in virtù di tale interpretazione, possiamo affermare che in quelle valli imperasse una forte ierocra-

zia, ovvero il dominio della casta sacerdotale. Ma perché l’ascendente sacerdotale sul popolo era divenuto così forte? I SEGNI! Quei segni, che altro non sono se non i primordi della scrittura e che i sacerdoti, avendone compreso l’alta potenzialità, se ne erano impadroniti, monopolizzandoli e modificandoli a proprio piacimento in modo da renderli sempre meno comprensibili e quindi più esclusivi. Quella appena descritta è solo una delle finalità che inducevano l’uomo a rappresentare con figure simboliche il proprio desiderio, ma anche necessità di duemiladieci

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comunicare e documentare le proprie azioni ad altri e lo faceva con i mezzi che aveva a disposizione e/o che riusciva a inventarsi, infatti quelle che potremmo benissimo chiamare iscrizioni e, direi pure con la I maiuscola, sono state rinvenute non solo su roccia, ma anche su supporti mobili, come argilla, ossa, avorio, gusci di tartaruga e altro, con la tecnica incisoria ma anche pittografica, per alcuni le più antiche, ma non per altri e di cui anche io faccio parte! Dunque, questo modo di esprimersi con dei segni o disegni che corrispondono a un’idea, quindi «ideogrammi» è quasi certamente la più antica forma di scrittura compresi anche i disegni geometrici che sono la forma più semplice e per questo più arcaica. Inoltre, se è vero che i graffiti dalle forme più belle e perfette, come pure le pitture, sono i più vecchi, dimostrerebbe che dapprima si tendeva a ben rappresentare ciò che si voleva dire, ma in seguito l’esigenza di comunicare sempre più cose, ha prima velocizzato l’esecuzione, peggiorando la qualità delle forme, poi alla loro stilizzazione, ma ancora non bastava. Allora si sono inventati dei segni a cui è stato dato un

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valore fonetico, dando così iniziò a quel modo di comunicare che noi conosciamo. Ma, torniamo alle nostre incisioni rupestri, quelle che noi troviamo sulle nostre montagne, all’ipotesi di ciò che possono rappresentare: superstizioni e credenze, rituali di preghiere e invocazione o ringraziamento agli

QUEI SEGNI, CHE ALTRO NON SONO SE NON I PRIMORDI DELLA SCRITTURA

dei, riti di iniziazione o di allontanamento di influenza magica maligna, cioè apotropaici ecc. Moltissime rappresentazioni grafiche impresse su roccia, proprio perché simboliche di un soggetto,

hanno origini antichissime, non da meno, lo sono anche le figurative che si pensa fossero essenzialmente una forma di preghiera, il modo migliore dell’uomo per propiziarsi il favore degli dei e allo stesso tempo per esprimere la devozione alla natura che lo circondava e di cui faceva parte affinché gli fosse benigna. Naturalmente però, principalmente le simboliche, hanno assunto nel tempo usi e significati vari, una su tutte per esempio è la svastica che, proveniente dal paleolitico, risulta presente da millenni presso i popoli di tutti i continenti ed è giunto sino a noi come simbolo sacro, disco solare, scorrere del tempo, portafortuna, bene augurante ed è stato usato perfino in pubblicità. Ma le pietre non ci riportano solo storie di riti magici

Incisione filiforme di una svastica, arcaico simbolo solare (foto G. Sani)


Cerchi, ruote e simboli solari al Balzo delle Cialde - Appennino Lucchese

e religiosi più o meno pagani, quei segni potrebbero anche dirci ciò che uomini e donne facevano o tentavano di fare e capire, ad esempio studi astronomici, poiché non è pensabile che prima di Galileo, il quale con il suo cannocchiale riuscì a dimostrare l’eliocentrismo, altri, ancor prima di Copernico, Pitagora, Talete, Eraclide ecc, non abbiano cercato di comprendere la volta celeste e il ripetersi di albe, tramonti e stagioni. Alcuni luoghi a questo fine potrebbero essere: il capitello dei due pini in Val Camonica, le lastre con bu-

(foto G. Sani)

chi, coppelle e canalette di unione sulla collina di Cotrozzi nei Monti Pisani e, forse, anche sopra la parete di Limano, fra le tante, non vi siano incisioni a tal fine. Quante notizie in più del lontano passato potremmo arrivare a conoscenza riuscendo a «leggere» queste misteriose iscrizioni? Proprio questo è il tema del prossimo simposio mondiale in Valle Camonica: attraverso le incisioni rupestri la preistoria diventa storia. Noi ne abbiamo rivisitate scoperte di nuove e documentate molte ma tante altre ancora potrebbero aver-

ne conservate le dure, ma non indistruttibili rocce e allora, «nell’andar per monti», osserviamole bene, cerchiamo di carpirne i segreti a lungo conservati prima che il tempo li cancelli! P.S. Un caloroso grazie a tutti coloro che ce li riferiranno; i segreti intendo! Romano Falaschi

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Speleologia

2° corso di speleologia Lezione pratica a Monsummano Terme.

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nche quest’anno, per la seconda volta, siamo riusciti a portare a buon fine il corso di speleologia, che ha richiesto tanto impegno ed energie ma ci ha ripagato con tante tante soddisfazioni. Grazie al comune, che ogni anno ci da l’opportunità di metterci in evidenza durante il festival Marea, siamo riusciti ad avere molti iscritti. Chi più chi meno, hanno partecipato tutti con entusiasmo alle undici lezioni teoriche e alle otto lezioni pratiche, di cui cinque svoltesi in altrettante affascinanti grotte apuane. Siamo molto grati ai componenti del G.S.A.L. (gruppo speleologico archeo-

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(foto J. Pieri)

logico Livornese) per l’aiuto sia pratico che burocratico che ci hanno dato; un particolare ringraziamento a Lucia Montomoli che si é offerta di ricoprire l’incarico di direttrice del corso, partecipando a tutte le lezioni pratiche e accollandosi molti impegni e responsabilità. Sicuramente il prossimo anno ripeteremo il corso e anche l’anno successivo e quello dopo ancora, finché ci sarà gente desiderosa di apprendere questa affascinante disciplina; gente con la quale stiamo vivendo bei momenti, sia in ambiente sotterraneo che non, sia in montagna che nella vita di tutti i giorni. Ragazzi e ragazze che hanno desiderato fare questa


esperienza e sono riusciti ad inserirsi nel nostro gruppo, portando avanti sia attivitĂ giĂ iniziate sia nuove attivitĂ nate dalla loro iniziativa.

Concluderei ringraziando proprio questi nuovi compagni di avventura che ci stanno regalando emozioni senza prezzo. Jerry Pieri

Di seguito alcune foto che ritraggono dei momenti del corso (foto J. Pieri)

Per informazioni sul corso di Speleologia 2010 contattare i seguenti numeri Sandro Della Maggiore 347 990168 - Linda Campinoti 333 8380241 duemiladieci

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Informazioni utili Rifugi delle Alpi Apuane

Note

Rifugio Carrara Capanna Garnerone

m.1320-Tel. 0585/841972 m.1260-Chiavi presso la Sezione di CarraraTel. 0585/776782 m.1642-Aperto come bivacco solo nel periodo invernale m.1180-Tel.0584/778007 m.1609-Tel.0583/710386

Rifugio Aronte Rifugio G. Del Freo Rifugio E. Rossi alla Pania Rifugio Forte dei Marmi Rifugio La Quiete Rifugio Nello Conti ai Campaniletti Baita Delio Barsi Rifugio Cava 27 Rifugio Valserenaia Rifugio La Betulla

Rifugi dell’Appennino Tosco-Emiliano Rifugio Città di Sarzana al Lago di Monte Acuto Rifugio C. Battisti alla Lama Lite Rifugio Bargetana alla Bargetana Rifugio Abetina all’Abetina Reale Rifugio Fiori Pieve di Monti di Villa Rifugio Capanna Tassone

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m.865 -Tel.0584/777051 m.995 al Puntato-Le chiavi possono essere richieste al Sig. Mauro Tavoni-Tel.0585/45440 m.1442-Tel. 0585/793059 m.800-Le chiavi possono essere richieste al Sig. Paoli Tel. 0584/989753 m.1494-Tel. 349/1424641 m.1130-Tel. 0583/3610085-347/3663542 Alpe S. Antonio-Tel 0583/65169

Note Tel. 0187/625154-Gestore 348/7419763 m.1759-Tel.0522/897497-349/8382733 Gestore 0522/343387 m.1740-Tel. 0522/627756-328/2612737 Tel. 0522/807225-Gestore 0522/801526 m. 560-Tel. 0583.87355 Gestore 340/3901860 m. 1317 versante Nord della Croce Arcana-Tel. 0536/68364


Rifugio Portafranca in Valle d’Orsigna Bivacco Lago Nero Rifugio del Montanaro Foresta del Teso Rifugio Duca degli Abruzzi al Lago Scaffaiolo Rifugio Vittoria al Lago Santo Modenese Rifugio Giovo al Lago Santo Modenese Rifugio Casetta Pulledrari Rifugio Pacini Loc. Pian della Rasa Rifugio Acquerino Rifugio Marchetti al Lago Santo Modenese Rifugio Mariotti al Lago Santo Parmense

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Il nostro saluto

A Stefano Il riposo di Ikla (foto S. Tombelli)

S

tefano se ne è andato; lo ha fatto come troppo spesso accade in questo genere di cose, da solo, all’improvviso, in silenzio, senza avvisaglie, al contrario di quando si soffre di una grave malattia. Chi è Stefano? Non è facile incontrarlo se non si frequenta le Panie in inverno o la Val Serenaia in estate. Lui è un assiduo frequentatore di questi luoghi dove conosce ogni via, dove ogni via l’ha ripercorsa decine, centinaia di volte e lì conosce tutti e soprattutto tutti conoscono lui. Bisogna essere stati in montagna insieme a lui per accorgersi che ogni alpinista, escursionista o sciatore si sofferma a salutarlo, a scambiare una opinione o a scherzare con

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lui. Che tipo è Stefano? Effettivamente ad un primo impatto superficiale può risultare un tipo sulle sue, introverso o forse presuntoso se non addirittura superbo. Io lo conoscevo di vista e forse avevo avuto un po’ di tutte queste impressioni. Poi una fredda domenica mattina ci siamo casualmente incontrati presso la chiesetta di Piglionico, era così presto e così freddo che noi due ed il suo fedelissimo cane eravamo gli unici ad aver avuto l’idea di andare in montagna quel giorno. Due frasi, otto parole e quella mattina ci siamo ritrovati ad andare insieme su per la montagna innevata di fresco, ottemperando così anche alla più elementare e fondamentale norma di sicurezza.


Dopo quella volta lo abbiamo fatto molte altre ancora, chissà quante volte la Est, il Pizzo, l’Intaglio, l’Amoretti, i sentieri e le vie più note come quelle più sconosciute. Bisogna starci insieme, gomito a gomito si direbbe in altri ambienti, rampone su rampone per capire di quanta esperienza, capacità e forza lui disponga ed ancora bisogna starci insieme a giorni in montagna per rendersi conto di quanto sia un trascinatore, un amicone, di quanta umanità abbia dentro. La sua immensa passione per la montagna lo porta a ricercare ogni momento libero da dedicare alle salite in montagna e questo lo costringe talvolta ad essere solo. Ma quel giorno lassù? Chi frequenta la montagna con una certa assiduità poco si pone questo genere di domanda: sa bene che in montagna un semplice dettaglio può cambiare lo stato delle cose, ma sa anche che un solo evento negativo non possa aver minimamente scalfito la forza e la sicurezza di Stefano. Non è tipo da affidarsi ad un appi-

glio incerto, non è soggetto a malori improvvisi, è freddo nell’affrontare le difficoltà da far rabbrividire, è solido come una roccia. Piuttosto solo una somma di eventi infausti può avere messo in seria difficoltà la notevole esperienza e la grande capacità di Stefano. Continuare però a pensare a queste cose è solo volersi fare ancora del male: già ci manca ogni volta al parcheggio, ogni volta che poggiamo lo scarpone sulla roccia, ogni volta che mettiamo la mano sopra uno sperone; ogni luogo, ogni angolo, ogni sasso ci racconta di lui. Oggi a noi piace pensare che Stefano stia continuando a scalare le montagne e a salire le vette che si stagliano imponenti dalle verdi vallate da dove ci guarda col suo solito sorriso fra il sornione e l’ironico e che continuerà a praticare l’attività che più di ogni altra abbia mai amata. Ciao Stefano. Giovanni Morichetti

Un mare di nuvole (foto S. Tombelli)

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Alpinismo

Orrido di Tana Malìa Difficile accesso all’Orrido di Tana Malìa

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opo 2 anni di parole, avevamo trovato il momento. Io e Roberto avevamo lasciato l’auto alla stazione di Pracchia e alle 18 in punto di domenica 6 settembre partimmo in direzione del rifugio del Montanaro. Considerando i vari sali-scendi, ci attendeva qualcosa di più di 1000 metri di dislivello e con gli zaini contenenti corde e ferraglia, gli zaini «come

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un tempo», iniziammo la parte meno divertente del percorso. La luce nel grande bosco si fece rapidamente debole così che dopo 2 ore eravamo nel buio. Ci sembrò di essere ormai a casa quando arrivammo al valico del Rombiciaio; da lì fummo nel pieno del vento di nord-est, quel vento che ora stava spazzando via questa calda estate del 2009. La mia fatica degli ultimi passi prima del rifugio mi rammentava quella di

(foto F. Mantelli)

certe salite sulle Ande, laggiù giustificata almeno dalla carenza di ossigeno, qui forse dal nostro avere tirato troppo senza un momento di riposo, o forse dall’età. Erano le 21,15 quando passammo dai 7,5 gradi dell’esterno ai 15,4 all’interno del rifugio del Montanaro. Appena tolti gli zaini ci sembrò di volare e anche le mani intirizzite dal freddo si ripresero sfruttando il segue a pag. 26


Cartina dell’area dell’Orrido di Tana MalÏa a cura di Roberto Pisaneschi

Riepilogo dei tempi (per utilitĂ di coloro che potrebbero scegliere questo nostro itinerario) Giorno 06/09/2009 s 0ARTENZA ORE DAL PIAZZALE DELLA STAZIONE ferroviaria di Pracchia m 618 slm s 3ENTIERO PER RIFUGIO DEL -ONTANARO 0IAN DELLA 4RAVE ORE 2OMBICIAIO ORE s 2IFUGIO DEL -ONTANARO M ORE Giorno 07/09/2009 s 3VEGLIA ORE E SALITA SUL 0OGGIO DEI Malandrini m 1662 (10 min dal rifugio) da cui sia attende l’alba. Ore 6,40: punta il sole. 4EMPERATURA ²# VENTO FORTE DA . % s 2ITORNO AL RIFUGIO PER LA COLAZIONE PARTENZA alle 8,00. Passo del Cancellino ore 9,00 s )NIZIO /RRIDO 4ANA -ALĂ–A ARRIVO AGLI ATTACCHI della prima discesa) ore 10, 20. s !RRIVO AL RIFUGIO 3EGAVECCHIA ORE Pianaccio ore 16,40. Passaggio in auto con trasferimento alla stazione ferroviaria di Porretta Terme. Ore 19,28 partenza per Pracchia, arrivo circa 19,45

Regione: Provincia: Rilievo:

Emilia Romagna Bologna Appennino Bolognese Parco naturale Corno alle Scale duemiladieci

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tepore della pentola per la pastasciutta. Alle 6 del giorno seguente eravamo in piedi e con un abbigliamento ormai invernale, salimmo sul Poggio dei Malandrini ad attendere il sorgere del sole. Facemmo foto al grande disco rosso, misurammo 4,6 gradi e cercammo riparo dal vento ancora forte di tramontana tornando nel rifugio dove allestimmo una colazione che sarebbe durata fino a metà pomeriggio. Alle 8 lasciamo il rifugio e ci dirigiamo verso il passo del Cancellino: percorriamo i versanti occidentali del monte Gennaio, rimanendo

così riparati dal vento, mentre in alto un’estesa nuvolaglia portata dal vento dell’est oscura i crinali; ma questo cielo non ci dà problemi, ci aspettiamo il dissolvimento di quelle nubi, cosa che avviene poco dopo: le previsioni sono per una fredda giornata di cielo azzurro. Dal Passo del Cancellino ci portiamo sui pendii est del crinale, fino a ad arrivare, con lunghi traversi su erba, alla sommità dei canaloni che partono dalla base della grande parete est del Corno alle Scale. Scendiamo delicatamente nel punto dove questi canali si originano: in questo modo

ci siamo tolti dalla parte più pericolosa del percorso: i traversi su ripidi pendii erbosi e gli zaini molto pesanti costituiscono un mix di un certo rischio che richiede esperienza e molta attenzione. All’inizio dei canali troviamo qualcosa di inatteso e di cui nessuno ci aveva dato notizia: montagne di radici, di tronchi e rami di alberi accatastati dalle frane, trascinati dalle valanghe, ambienti assolutamente impercorribili. Solo alcuni mesi dopo avrei scoperto che l’ingresso dell’Orrido non era in queste condizioni lo scorso anno: sono state le eccezionali nevicate

Orrido di Tana Malìa - Preparazione ad una discesa (foto F. Mantelli)

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dell’inverno 2008-2009 a ridurlo così. Avvistiamo un dosso boscoso che corre in mezzo ai canali e che potrebbe consentire un percorso verso il basso: proseguire con queste anomale arrampicate su tronchi e radici non ci sembra possibile. Lo raggiungiamo scavalcando tronchi e rami, tenendoci ai rami e ai cespugli, incastrando gli zaini, aggirando vuoti fra gli ammassi di legno che sembrano strappati appena ieri dalla loro terra. Arriviamo sul solido e da lì scendiamo con meno problemi, il bosco si lascia attraversare con un po’ di attenzione fino alla confluenza di due canaloni: qui troviamo l’acqua che seguiamo e con essa il primo salto e gli attacchi per le doppie. Vista dall’alto, la base

di questa prima cascata sembra lontana, così iniziamo con due corde da 50 e atterriamo con un buon margine di corda. Alla base occorre rifare le corde e proseguire lungo il torrente, ingombro da ammassi di tronchi di ogni tipo. La terza cascata ci sembra ben alta, ma una doppia di 50 basta sicuramente. Cerchiamo, come lungo le precedenti, di stare lontani dal flusso dell’acqua, ma questa volta la traiettoria della doppia ci porta quasi in mezzo: una portata di almeno 15 litri/secondo è una bel flusso che ci investe in pieno. Il casco e la giacca in goretx ci riparano tutta parte superiore del corpo, ma dai fianchi in già il bagno è totale. Non basta: il mio perpetuo timore relativo ad un possibile incastro della

Orrido di Tana Malìa – Discesa della 3a cascata (foto R. Pisaneschi)

Orrido di Tana Malìa – Discesa della 2a cascata (foto R. Pisaneschi)

corda trova riscontro alla base di questa cascata. Per fortuna solo 3 metri sopra alla base, in un luogo ancora arrampicabile, che raggiungo fra rocce scivolosissime, nel pieno del getto d’acqua, dove solo forzando molto riesco a liberare la corda. È il mio cruccio continuo ogni volta che tiriamo la corda: un incastro a quota più alta e sarebbe rimasta lassù. Questa è probabilmente la principale incognita di questa discesa, soprattutto perché non stiamo usando le corde più adatte per questo tipo di discesa, cioè quelle da speleologia, di più difficile incastro. E anche la tecnica di discesa dovrebbe essere quella di grotta: tutto sommato la discesa di un «orrido» non è che «speleologia sotto un cielo». La quarta cascata è poco sotto: lì riusciamo anche a prendere un po’ di sole, ma cerchiamo di non attardarci: da vaghe notizie sappiamo che in tutto duemiladieci

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sono 7 o 8 cascate e quindi siamo appena a metà: nonostante la sincronia dei movimenti (quando uno scende l’altro si posiziona con l’autobloccante alla sommità della corda doppia, rapida discesa, recupero immediato delle corde e loro sistemazione negli zaini), il tempo inizia a correre. Non ci preoccupiamo perché stiamo proseguendo speditamente, ma davanti a noi non sappiamo cosa ci sia, anche perché la discesa in doppia è la parte meno complicata, più difficile resta il procedere nel letto del torrente ingombro di tronchi e rocce. In un punto ci caliamo perfino mediante dei tronchi appoggiati per superare un salto di circa 3 metri evitando di allestire la corda in un luogo improponibile. Le pareti che scendiamo sono sempre verticali, costituite da arenaria abbastanza solida; solo la quarta cascata presenta qualche punto di rocce instabili che cerchiamo di toccare il meno possibile durante la discesa: un distacco di rocce in queste circostanze è sempre pericoloso per il rischio di rovinare le corde. Le rocce sono spesso bagnate, coperte da viscido muschio: questo non

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costituisce un problema durante la discesa, mentre occorre porre attenzione quando siamo alla base e ci distacchiamo dalla corda. La sesta cascata ci sembra la meno alta e così gettiamo una sola corda che arriva precisa alla base, dove arriviamo precisi noi, senza IL MIO PERPETUO TIMORE RELATIVO AD UN POSSIBILE INCASTRO DELLA CORDA TROVA RISCONTRO ALLA BASE DI QUESTA CASCATA

bagnarci, a poca distanza dall’acqua in caduta. Ci attendiamo almeno un altro salto, ma inaspettatamente l’ambiente si fa meno severo: riusciamo a percorrere il letto del torrente con aggiramenti del flusso d’acqua camminando ai margini, scavalcandolo fra le rocce, guadagnando molto percorso con una certa rapidità, finché abbiamo l’impressione di essere fuori dalle difficoltà, grazie anche alle informazioni del GPS di Roberto che ci dà la posizione indicandoci che, dopo la confluenza di un grande canale alla no-

stra sinistra, siamo ormai abbastanza in basso tanto che poco dopo incrociamo il sentiero che scende dalla Nuda e che conduce al rifugio di Segavecchia. Sono le 16 quando ci mettiamo al sole non lontani dal rifugio e tocchiamo il primo cibo dal mattino; un po’ di materiale è steso al sole: solo le scarpe resteranno bagnate fino al cambio in auto. Da lì a piedi fino al paesino di Pianaccioli dove il fratello di Roberto ci raccoglie e ci conduce perfino ad una visita turistica al bel paesino di Monte Acuto delle Alpi. Poi siamo a Lizzano in Belvedere e da lì siamo accompagnati a Porretta Terme dove il treno ci conduce rapidamente a Pracchia. È un altro dei momenti fra i più belli quando libero i piedi ancora bagnati e indosso calzature asciutte. Francesco Mantelli


Speleologia

Sarà dura... G

ià abbigliati ed attrezzati, a piccoli passi per non sudare troppo, ci stavamo avvicinando all’ingresso storico dell’Antro del Corchia, cercando di interessare gli intervenuti alla speleogita con un po’ di storia di questo antico ingresso e descrivendo l’ambiente circostante. Quando siamo giunti a pochi metri dalla fessura che ci avrebbe immessi all’interno dell’antro, si distingueva benissimo la colonna di aria umida che usciva dalla grotta con le sembianze di un camino fumante. La giovane donna che mi seguiva su per il ravaneto nell’esile e sdrucciolevole traccia, anziché preoccuparsi del suo primo ingresso in grotta, di farsi controllare le attrezzature, di farsi sistemare l’illuminazione, era tutta intenta a scattare foto già da fuori della grotta, cosa che ha poi continuato a fare all’interno, tutta estasiata e rapita da questo ambiente così inusuale, così buio, così ruvido e freddo. In questi casi un simile atteggiamento nei confronti di ciò che si sta facendo e di come l’attività vada invece svolta può far presagire ad un interesse del tutto «turistico», come nel 98% dei casi poi accade. Invece da certi sguardi, da certi pensieri ad alta voce, da alcune considerazioni su dei particolari tipici delle grotte, ma anche da una spontanea naturalezza dei movimenti in un simile ambiente, presto ho capito che si trattasse esattamente del contrario. Siamo di fronte ad una persona adulta che un giorno improvvisamente e quasi per caso scopre un mondo nuovo e ne resta prima

Il saltino sul Canyon - Antro del Corchia

(foto E. Bianchi)

L’ingresso storico dell’Antro del Corchia

(foto E. Bianchi)

attratta ed incantata, poi affascinata, quasi sedotta. Ritengo che questa persona abbia le migliori caratteristiche di quel 2% che dopo una gita in grotta possa seriamente innamorarsi della speleologia. Resta solo da augurarsi che sia altrettanto brava a trovare il tempo per continuare ed a trovare la necessaria «comprensione»...in famiglia. Giovanni Morichetti duemiladieci

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Arte rupestre

I misteri di Cotrozzi Due antropomorfi associati a una vaschetta, le più arcaiche incisioni di monte Cotrozzi

L

’anno appena trascorso è stato per la commissione Terre Alte proficuo e denso di attività esplorative. È stata tenuta una serie di conferenze, a scopo divulgativo e programmatiche in varie sezioni Cai della Toscana che hanno portato alla costituzione formale di commissioni Terre Alte al loro interno, alcune delle quali (Castelnuovo di Garfagnana e Carrara) hanno da subito iniziato una stretta collaborazione con il nostro gruppo di ricerca guidato da Giancarlo Sani e Romano Falaschi. Le zone individuate e oggetto di future esplorazioni e studio sono situate intorno al Monte Sagro e nei pressi dell’Alpe di S. Antonio. I primi risultati ottenuti inco-

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(foto G. Sani)

raggiano il proseguimento delle ricerche e dei relativi studi allo scopo di conoscere e comprendere sempre più gli aspetti religiosi e culturali delle antiche popolazioni Apuane. Nel mese di Giugno è stato pubblicato il volume I Segni dell’Uomo – Incisioni rupestri della Toscana da parte del socio Giancarlo Sani, un’opera di grande formato che comprende l’intero corpus delle incisioni rupestri presenti sulle rocce delle nostre montagne con oltre 350 foto e 40 disegni. Una ricerca che ha richiesto sei anni di lavoro e che è stata presentata agli studiosi di questa interessante disciplina archeologica nel corso del Simposio Internazionale svol-


L’altura di monte Cotrozzi

(foto G. Sani)

to in Valcamonica a fine Ottobre 2009. L’uscite esplorative non si sono limitate alle Alpi Apuane ma si è allargato il fronte con delle ricognizioni sui Monti Pisani e rivisitando il sito di Monte Cotrozzi. Le prime segnalazioni di «strani» segni presenti su alcune rocce nei pressi della foce posta tra le pendici del monte Penna e un’altura minore che prende il nome di monte Cotrozzi risalgono al 1970 quando un giovane studente universitario notò una piatta lastra calcarea interamente incisa con coppelle unite da canalini che formava un enigmatico reticolato. Le misure della lastra affiorante dal terreno sono di circa 1,50x2,50 metri e sulla superficie ci sono ben 42 fori e 6 piccole coppelle. I fori presentano un diametro di due cm e sono profondi una decina. Sembrano fatti con un trapano a mano di tipo arcaico a cordicella. La lastra presenta una fenditura in parte naturale e in parte modificata artificialmente indicante esattamente il nord. Sempre nei pressi della foce fu scoperta una tomba purtroppo già violata nel passato da ignoti e clandestini «archeologi». La tomba misura circa m. 2x0,80 ed è costruita con muretti a secco formati da pietre di calcare. All’interno sono incise tre figure scudiformi costituite da un segno longitudinale terminante in alto con una coppella e in basso con un triangolo, tagliato a metà da un breve segno trasversale delimitato a

sua volta da un cerchio di cui costituisce il diametro. All’esterno sono stati trovati alcuni frammenti di ceramica alto-medievale di impasto grossolano. Infine su di un blocco squadrato tolto dalla sede originaria dai clandestini si trovava (la pietra è stata trafugata) incisa una croce monogrammatica o croce ansata e un segno identificabile in una G rovesciata. La zona di Santa Maria del Giudice era già conosciuta agli studiosi che avevano portato alla luce un’ascia di bronzo a margini rialzati e frammenti fittili databili con l’età del bronzo finale, reperti vascolari etruschi e alto medievali, ceramiche medievali. Si ha notizia che intorno al 1040 in piena epoca longobarda fu eretta proprio sull’altura di Coterozzo (Monte Cotrozzi) una piccola fortificazione per dominare sulla valle del Guappero e controllare la via che univa Lucca a Pisa. Venuti a conoscenza della scoperta della misteriosa roccia scolpita e della tomba violata, l’intera area intorno

Regione: Provincia: Rilievo:

Toscana Lucca Monti Pisani duemiladieci

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La tomba profanata

all’antico passo fu soggetta ad un’attenta indagine da parte di membri del Centro Studi Archeologici di Lucca che scoprirono altre incisioni e un’altra tomba anch’essa profanata. A partire dai primi anni ‘80 il Gruppo Archeologico Pisano avviò un’approfondita indagine sulla presenza di nuove rocce istoriate e i risultati furono notevoli. Alla piastra con il reticolato di coppelle unite da rivoli e alla «roccia delle Vasche», cosi chiamata perché vi sono state scolpite alcune vaschette sia quadrate che rettangolari, si sono aggiunte la «roccia della Stele» anch’essa con coppelle, canalette e la figura di un antropomorfo maschile e quella con probabilmente le incisioni più antiche costituita da due figure antropomorfe in connessione con una piccola vaschetta rettangolare. La «roccia delle Vasche» si trova in corrispondenza della foce tra il monte Cotrozzi e il monte Penna. Su di essa ci sono quattro vaschette di varie misure, una croce, un gruppetto di fori uniti da canaletti, un gruppo di piccole incisioni dove sono evidenti le figure di quadrupedi associati a delle lettere latine (B e H (?)).

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(foto G. Sani)

La «roccia della Stele» è ubicata presso la vetta del monte (a destra salendo) e presenta 16 fori (realizzati con la stessa tecnica della roccia sottostante) uniti da rivoli e da due coppelle anch’esse collegate al reticolato ma non forate. Nella parte terminale vi è incisa una figura antropomorfa maschile e i canaletti sembrano circondare l’antropomorfo stesso. Salendo verso il monte Penna e deviando sulla sinistra, dopo un centinaio di metri si arriva, con un percorso accidentato, davanti a una liscia roccia affiorante dal terreno Il misterioso reticolato di fori e coppelle uniti da canalette (foto G. Sani)


La chiesta databile tra la fine del medioevo e l’inizio dell’epoca moderna

(foto G. Sani)

dove i graffiti presenti sono due antropomorfi con le gambe e le braccia arcuate in associazione ad una piccola vaschetta quadrata. È probabilmente l’incisione più antica del sito di Monte Cotrozzi. Infine su una roccia inclinata a poca distanza dalla foce troviamo la suggestiva incisione di una chiesa con campanile databile alla fine dell’età medievale. La chiesa è incisa sia con incisioni lineari sia a martellina piena.

Da un lavoro del 1979 realizzato dal Prof Guglielmo Lera si ha notizia che nel prato all’inizio della salita per la foce, su di una pietra affiorante dal terreno, è inciso il corpo di un animale (cinghiale?) di discrete proporzioni e che nei pressi di un piccolo riparo sotto roccia poco prima della foce fu notata una testa e collo di animale (Cervide) incisa su una pietra erratica. Un recente sopralluogo effettuato nella I graffiti del riparo sotto roccia

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(foto G. Sani)

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zona in questione non ha permesso, al momento, di individuare la pietra in questione. Esplorando la parete interna del riparo sono stati individuati alcuni graffiti che attualmente sono in fase di rilevamento e di studio. Questa in breve la sintesi di quanto si conosce dell’unico sito di incisioni rupestri della zona dei Monti Pisani e, come ebbe modo di sottolineare il Prof. Michelangelo Zecchini a conclusione di un suo lavoro presentato al 1° Congresso di Archeologia «La Toscana settentrionale dal Paleolitico all’alto medioevo», non vi è dubbio alcuno che il complesso di Monte Cotrozzi assuma una grande importanza etnografica e storica e che proseguendo le ricerche altri «tasselli» importanti potrebbero essere scoperti per la migliore comprensione del mosaico di un affascinante «passato» più o meno lontano. Giancarlo Sani Giancarlo Sani

LAVORAZIONE PELLI CONTO TERZI

Sede Legale Via J. Pintor, 20 • 56024 Ponte a Egola • San Miniato (Pi) Sede operativa: Via Piemonte, 3/A-11 • 56029 S.Croce Sull’Arno (Pi) Tel. 0571360907 • Fax 0571367963 • Cell. 3456205710 e-mail: gabryservice@gmail.com

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Dalla sezione

ll «piccolo museo» cresce Il «piccolo museo» della nostra sezione ha incrementato la sua collezione. Un ringraziamento particolare a Marcello Sabatini, curatore del museo, per il suo instancabile operato. Di seguito un assaggio dei nuovi pezzi esposti. Panopea Glycimeris Donata da Lisi Carlo - Museo di Empoli

Foglie fossili di quercia (Quercus sp.) su travertino. Provenienza sconosciuta

Scheletro di pipistrello Specie: Rinolofo Maggiore (Ferro di cavallo maggiore). Trovato da Jerry Pieri e Paolo Billeri nei nuovi ambienti al pozzo Bertarelli. 10 ottobre 2009. Restauro e ricostruzione di Marcello Sabatini

Rinnoviamo l’invito a visitare l’intera esposizione presso la ns. sede. Ingresso gratuito. duemiladieci

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Speleologia

Esplorazione al Bertarelli Terrazzo a metà del Bertarelli.

A

quasi 170 anni dalla sua scoperta, l’Antro del Corchia non smette di regalare emozioni a chi abbia voglia di inseguire il sogno di nuove esplorazioni, mettendosi in gioco per scoprire qualche angolo ancora inviolato. La nostra avventura esplorativa è iniziata quasi per caso poco più di un anno fa, quando agli amici del G.S.A.L. ci hanno parlato di un’esplorazione da loro appena avviata qualche anno prima e lasciata in sospeso per altri impegni. Lo scopo era quello di seguire a ritroso un arrivo d’acqua proveniente dalla sommità del maestoso canyon che si snoda fra il Pozzo Bertarelli e il Salone Manaresi, una spac-

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(foto J. Pieri)

catura di cui a malapena si riesce a scorgere la fine, date le dimensioni. Come già ci aveva accennato chi ci aveva preceduto, le pareti lisce e levigate rendevano impossibile qualunque tentativo di arrampicare, per quanto assicurati, pertanto è stato chiaro fin da subito che avremmo dovuto risalire in artificiale i metri che ci separavano dalla nostra meta. Dopo aver riarmato il Pozzo Bertarelli ci siamo così avviati verso il punto in cui le risalite si erano interrotte, sapendo che avremmo trovato la vecchia corda ad indicarci la strada. L’esplorazione in Corchia è cominciata lì, segue a pag. 38


Complesso carsuco del Monte Corchia - Rami nuovi del Bertarelli. Rilievo e Disegno: Linda Campinoti, Andrea Orazietti - 2009 Commissione Speleologica Speolo - C.A.I. Valdarno Inferiore Note: Il rilievo è stato realizzato partendo dal caposaldo n°3 situato nel Canyon. Dati metrici delle esplorazioni 2008-2009 Sviluppo 96 m Estensione 115m Dislivello 84 m

Regione: Toscana Provincia: Lucca Alpi Apuane Rilievo: Altezza: 600 m slm Coordinate: 44°00'00''N 10°19'00''E duemiladieci

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avvolti in un fastidioso ventaglio d’acqua, grande nicchia che si spalancava sulla parete che avevamo risalito. ispessito dalle piogge autunnali che a malapena ci perTraversando sulla parete in«… L’ANTRO terna della nicchia abbiamo metteva di vedere a qualche raggiunto un secondo pozzo metro di distanza. DEL CORCHIA È che scendeva per una ventiAbbiamo cominciato a risaMOLTO DI PIÙ. na di metri prima di fare una lire la parete cercando di veÈ QUALCOSA DI leggera curva ed aprirsi nel nire a patti con l’acqua che ci IRRIPETIBILE E DI vuoto oltre una grande fesinvestiva in pieno, con scarsi risultati data la stagione, ma sura che lasciava intravedere UNICO IN ITALIA, un vasto ambiente: eravamo pian piano siamo riusciti ad E TALE RESTERÀ sopra al Manaresi. avanzare fino a portarci fuoPER SEMPRE…» Un po’ delusi siamo tornati ri dal getto. Lanfranconi sui nostri passi per contiUna volta guadagnata la Alberto nuare a risalire l’altra dirasommità del pozzo, invitati da una comoda cengia che mazione individuata, sulle La montagna vuota tracce dell’acqua che avevaportava ad un meandro, abBramante 1985 mo sempre seguito e che ci biamo interrotto le risalite vede tuttora impegnati. per traversare in quella direzione. Il passaggio si apriva dopo pochi Lasciati alle nostre spalle i grandiosi ammetri su un primo pozzo, rivelatosi poi una bienti che abbiamo risalito adesso ci stiamo Risalita durante l’esplorazione

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(foto J. Pieri)


Meritato riposo!

(foto J. Pieri)

muovendo in spazi decisamente diversi per morfologia e dimensioni. Sondate senza successo un paio di possibili prosecuzioni, entrambe chiudevano dopo pochi metri, uno stretto meandro che all’inizio era stato quasi ignorato ci ha riaperto la strada verso l’acqua, aggirando un passaggio che inizialmente ci aveva arrestati perché troppo stretto. Una breve successione di meandrini e salette ci ha quindi portati alla base di una grande spaccatura che sale verso l’alto, una sorta di forra solcata dall’acqua che alterna tratti più e meno comodi. Alla base del primo saltino di questa diramazione abbiamo rinvenuto lo scheletro di un pipistrello (vedi pagina 00), un ferro di cavallo, che attualmente si trova esposto nel nostro museo grazie al paziente lavoro di Marcello.

Nonostante l’ambiente si sia fatto sempre più scomodo alcuni elementi ci fanno ben sperare che l’esplorazione non sia ancora finita. Questa diramazione infatti pare continuare addentrandosi in una parte di Corchia ancora ignoto e, a giudicare dal rilievo finora effettuato, sembra che i metri che ci separano dall’esterno siano ancora molti. Linda Campinoti

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Programma 2010 Data Gennaio

Febbraio

Itinerario

Ore

06

Befana in rifugio Giancarlo Roggi )338 4705079

10

Esercitazione con Arva Loc. Doganaccia (in collaborazione con il gruppo La Focolaccia) Beppe Puddu )349 4750508

17

Invito allo scialpinismo (in collaborazione con il gruppo La Focolaccia) Beppe Puddu )349 4750508

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Bagno alle terme Vittorio Santini )335 1207705

07

Ciaspolata sulla neve Giancarlo Roggi )338 4705079 Marcello Sabatini )0571 20069

EEA

T 5

13/14 Gita sulla neve con pernottamento in rifugio Giovanni Morichetti )368 456223

Marzo

Diff. E-EE

E

EEA

28

Alpe delle Tre Potenze Francesco Mantelli )334 3568049

6

EEA

07

Pania della Croce (Alpi Apuane) Giovanni Morichetti )368 456223

4-6

EE-EEA

21

Corno alle Scale Francesco Mantelli )334 3568049

6

E-EEA

4

T-E

4

T-E

4

T-E

3

T

27/28 2째 raduno scialpinistico (in collaborazione con il gruppo La Focolaccia) Beppe Puddu )349 4750508

Aprile

40

28

Miniera Buca della Vena Andrea Lusini )0571 922207 Laura Paolieri

11

Monte Albano Francesco Mantelli )334 3568049

18

Due percorsi a Vinci Domenico Bini )0573 658939

25

Padule di Fucecchio Giancarlo Duranti )347 7351722

duemiladieci

ANCHE PER BAMBINI!

ANCHE PER BAMBINI!


Data Maggio

Giugno

Itinerario 01/02 Torrentismo Paolo Billeri )329 9666051 Jerry Pieri )329 5429888

Ore

Diff.

5

TR

09

Pracchia - Orsigna - Pracchia Domenico Bini )0573 658939 Giancarlo Roggi )338 4705079

6

E

16

Escursione in mountain bike Giancarlo Duranti )347 7351722

4

T-E

23

Monte Macina Giancarlo Roggi )338 4705079

6

EE

30

Monte Pratomagno Francesco Mantelli )334 3569049

6

T

02

Sentiero della Tacca Bianca Giovanni Morichetti )368 456223

4

E

06

Appennino Tosco-Emiliano Domenico Bini )0573 658939 Marcello Sabatini )0571 20069

5

E

13

Anello del Monte Sagro Giancarlo Roggi )338 4705079

5

E

27

Monte Pisanino (è richiestoun minimo di allenamento) Giovanni Morichetti )368 456223

6

EE

ANCHE PER BAMBINI!

MASSIMILIANO MORICHETTI Consulente di credito By You Cel. 334-3514507 340-8085559 Fax 05038351253 Agenzia di Pisa Albo U.I.C. N°A20215 www.byyou.it mmorichetti@byyou.it

duemiladieci

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Luglio

Settembre

Ottobre

04

Monte Forato (è richiestoun minimo di allenamento) Giovanni Morichetti )368 456223

6

E

11

Pania Secca Cresta Nord G. Roggi )338 4705079

5

EEA

18

Giro dei Meno Mille Jerry Pieri )329 5429888 Paolo Billeri )329 9666051

5

E

25

Torrentismo: torrente Serra A. Orazietti )366 4025872 L. Campinoti )333 8388241

4

TR

12

Monte Sumbra G. Roggi )338 4705079

5

EE

19

Dicomano D. Bini )0573 658939

5

E

19

Zona Passo della Futa Francesco Mantelli )334 3568049

5

E

26

Monte Limano Francesco Mantelli )334 3568049

5

E

03

Campocatino e Dintorni G. Sani )392 4762497

4

E

10

Parco dei 100 laghi Paolo Marliani )339 1080294

5

E

17

Rifugio Portafranca e Monte Gennaio Francesco Mantelli)334 3568049

24

Monti Pisani D. Matteoli )347 3698484

07

Ballottata Vittorio Santini )335 1207705

ANCHE PER BAMBINI!

T

ANCHE PER BAMBINI!

4

T Versante N-E Monte Sibilla

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E

(foto F. Mantelli)


Novembre

Dicembre

14

Monti della Calvana A. Lusini )0571 922207

21

Calanchi di Toiano Francesco Mantelli )334 3568049

08

Rifugio del Freo G. Roggi )338 4705079

19

Ferrata del Monte Serra G. Morichetti )368 456223

4

E

ANCHE PER BAMBINI!

E 3

EEA

L’orario di impegno previsto è puramente indicativo; coloro che fossero interessati alla gita sono invitati a prendere contatti con la sezione o con il referente, in anticipo sulla data prevista. Scala delle difficoltà escursionistiche T Turistico: comprende itinerari che si sviluppano su stradette, mulattiere e comodi sentieri. Hanno percorsi ben evidenti, si sviluppano sempre al di sotto dei 2000 metri di quota, hanno un dislivello massimo di 300-400 metri e una durata massima di cammino di 2-3 ore. è richiesta una certa conoscenza dell’ ambiente montano ed una preparazione fisica alla camminata. E Escursionistico: le escursioni di questo tipo sono in genere di lunga percorrenza e con dislivelli che richiedono un certo impegno fisico. Si possono sviluppare su sentieri anche stretti e con fondo disconnesso, su tracce di sentiero o segni di passaggio su ter-

Conceria MASINI S.P.A. vitelli per calzature 56022 Castelfranco di Sotto (Pisa) Via del Pioppo, 20/28 - Tel. 0571 487901-02-03 Fax Comm. 0571 471226 - Fax Amm. 0571 471642 e-mail: info@conceriamasini.it duemiladieci

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reno vario (pascoli, detriti, pietraie), su terreno senza sentieri ma con adeguata segnalazione, su pendii ripidi ma con i tratti più esposti protetti (barriere) o assicurati (pioli o cavi fissati alla roccia). Possono essere inclusi brevi tratti pianeggianti o lievemente inclinati di neve residua e singoli passaggi su roccia che richiedono l’uso delle mani per il solo equilibrio. Sono richiesti: un minimo di senso di orientamento, un minimo di esperienza e di conoscenza dell’ ambiente montano, allenamento alla camminata, calzature ed equipaggiamento adeguati. Utile la cartina topografica e la preparazione preliminare dell’escursione a tavolino. EE Escursionisti Esperti: itinerari difficili, delicati, spesso assai esposti, con dislivelli anche notevoli e con lunga permanenza ad alta quota. Si possono sviluppare anche su tracciati non segnalati ed implicano la capacità di muoversi agevolmente su terreni infidi e particolari: tracce su pendii impervi, pietraie, ghiaioni, ripidi nevai, creste, pendii aperti e senza punti di riferimento (indispensabile la cartina topografica, la bussola e l’altimetro), passaggi su roccia anche impegnativi attrezzati con infisso metallici (corde scalette, pioli, ecc.). Necessitano: attrezzatura e vestiario adeguati alla montagna «seria», esperienza, conoscenza dell’ambiente alpino, assenza di vertigini, allenamento e determinazione. EEA Escursionisti Esperti con Attrezzatura: escursioni con caratteristiche simili agli itinerari EE, ma che si sviluppano su sentieri attrezzati o su vie ferrate, dove lo sforzo è continuo e l’esposizione è notevole e talvolta vertiginosa. Serve una preparazione tecnicoatletica pari almeno a quella necessaria per vincere le basse difficoltà alpinistiche. Non è raro infatti trovarsi a tu per tu con passaggi su roccia di II° grado e in assenza di attrezzature fisse; questo implica una buona conoscenza dell’alpinismo vero e proprio, anche se a livello elementare. Su questi percorsi è d’obbligo, per la propria ed altrui incolumità,

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duemiladieci


procedere con l’ausilio dei dispositivi di autoassicurazione (imbracatura, cordini, moschettoni, dissipatore) e del casco. Utile, sempre, una corda di 10-15 metri per eventuali soccorsi, calate fuori programma, aiuto a compagni più deboli o stanchi, ecc. SP Itinerario Speleologico: percorsi ipogei di facile percorrenza. Su questi percorsi può essere previsto, per la propria ed altrui incolumità, procedere con l’ausilio dei dispositivi di autoassicurazione (imbracatura, cordini, moschettoni, dissipatore) e del casco. Per la varietà dei percorsi é necessario di volta in volta informarsi attraverso i volantini informativi delle uscite e con gli organizzatori. TR Itinerario Torrentistico: discese di torrenti dove può essere necessaria la muta in neoprene e in cui è prevista la conoscenza delle tecniche di discesa sia in singola che in corda doppia. Per la varietà dei percorsi è necessario di volta in volta informarsi attraverso i volantini informativi delle uscite e con gli organizzatori. Alba del 07-09-09 da poggio Malandrini (foto F. Mantelli)

Monti Lagoni, Grandi cornici

(foto F. Mantelli)

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Organigramma della sezione Incarico

Nome e Cognome

E-mail

Presidente

Mantelli Francesco

f.mantelli@quipo.it

Telefono

Vicepresidente

Morichetti Giovanni giovanni@coripel.it

368456223

Segretaria

Malvolti Michela

mik_key2002@yahoo.it

3476790752

Magazziniere

Billeri Paolo

billers@libero.it

3299666051

Tesseramento

Duranti Giancarlo

gianky@internetlibero.it

3477351722

Consigliere

Lusini Andrea

andrealusini@gmail.com

3484940831

Consigliere

Orazietti Andrea

andrea@misito.it

3664025872

Consigliere

Roggi Giancarlo

giancarloroggi@virgilio.it

3384705079

Consigliere

Santini Maico

maico@misito.it

3470438177

sani.g@libero.it

3482559323

andrealusini@gmail.com

3484940831

3343568049

Commissione “Terre Alte� Referente

Sani Giancarlo

Commissione Speleologica Referente

Lusini Andrea

8 mm Commissione Escursionistica Referente

Morichetti Giovanni giovanni@coripel.it

368456223

Collegio dei Sindaci Revisori Sindaco revisore Sabatini Marcello

albuiocivedo@alice.it

3397561022

Sindaco revisore Boldrini Marco

norkey@libero.it

3488715367

Sindaco revisore Borsini Massimo

massimo.borsini@beste-italia.com 3385282924

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Tesseramento 2010 Soci ordinari _______________________________________________________₏ 40,00 Soci familiari _______________________________________________________₏ 20,00 Soci giovani (dal 1992 in poi) _________________________________________₏ 12,00 Al 31 dicembre 2009 gli iscritti erano 178, di cui 21 nuovi, cosÏ ripartiti t 124 soci ordinari t 43 familiari t 11 giovani Si ricorda che l’iscrizione al CAI: t %Ë EJSJUUP B SJDFWFSF j-B 3JWJTUBx F j-P 4DBSQPOFx TPMP ai soci ordinari) t $PQSF DPO VO BTTJDVSB[JPOF MF TQFTF E JOUFSWFOUP EFMMF squadre di soccorso alpino e dell’elicottero in caso di incidente in montagna t $POTFOUF FTJCFOEP MB UFTTFSB DPO JM CPMMJOP EJ PUUFOFSF priorità di accoglienza e particolari condizioni di sconto nei rifugi del CAI t 1FSNFUUF EJ BDRVJTUBSF B QSF[[J BHFWPMBUJ MF QVCCMJDB[JPOJ EFM CAI e del TCI t %Ë EJSJUUP B QBSUFDJQBSF B UVUUF MF JOJ[JBUJWF EFMMF TF[JPOF DPO particolari agevolazioni

Si invitano i Soci a rinnovare l’iscrizione entro il 31 marzo 2010, per la continuitĂ della copertura assicurativa. Per informazioni sul tesseramento contattare il socio incaricato Giancarlo Duranti al numero 0571 242794. L’iscrizione per il 2010 è valida ďŹ no al 31 marzo 2011.

Ulteriori informazioni si possono avere in sede il venerdĂŹ dalle ore 21,30. Tel. 333 3355156 www.clubalpinoitaliano.it info@clubalpinoitaliano.it In copertina: Achille Compagnoni e Luigi Pacini, Fucecchio, 23-10-2004 (foto F. Mantelli)

Le foto riportate in questa pubblicazione, quando non indicato l’autore, sono fornite dai vari soci che hanno partecipato alla redazione. 'RAl CA E $40 %RICA &ILIPPETTI s WWW REBRAND IT s INFO REBRAND IT duemiladieci

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CLUB ALPINO ITALIANO Sezione Valdarno Inferiore “Giacomo Toni� 1JB[[B 7JUUPSJP 7FOFUP t 'VDFDDIJP 'J

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