Ennio Perrotti (1903 - 1987)

ENNIO PERROTTI mezzo secolo di attivitĂ artistica in una mostra retrospettiva nel trentesimo anno dalla morte

Una vita fra doveri, difficoltà e passioni È terribilmente difficile scrivere sul proprio padre perché vi è il rischio di essere troppo indulgenti oppure troppo severi nel valutare le sue scelte di vita, le sue vicende personali, le sue decisioni, la sua attività artistica.

Compito non facile quindi se si desidera trasferire in poche righe gli 84 anni di vita di Ennio Perrotti e circa settanta di attività artistica, a 14 anni ovviamente in embrione. Eppure già da adolescente (era nato a Golfo Aranci il 19 novembre 1903) aveva manifestato la sua passione per il disegno, riempiendo di illustrazioni i diari (così come ancora oggi fanno i ragazzini) delle compagne di classe, delle amiche e degli amici di giochi, delle cugine. Senza saperlo, iniziava a maturare il senso della forma, il senso del colore, dello spazio: iniziava cioè a mettere le radici di un “mestiere” che poi da adulto, quando crebbero le responsabilità nei confronti della sua famiglia, finì per diventare un

Ennio Perrotti in una foto di Marianne Sin-Pfältzer

secondo lavoro, un puntello sostanzioso alle difficoltà del dopoguerra.

Da Golfo Aranci, la famiglia dei nonni (Giovanni Perrotti e Tanina Jorio con i figli Ada, Renato, Francesco, Luigia, Lidia ed Ennio) si trasferì a Iglesias. Agli inizi del ‘900, i capistazione delle ferrovie statali avevano l’ingrato compito di creare la rete di comunicazioni ferroviarie in Sardegna e mio nonno aveva volentieri accettato il nuovo incarico che, comunque, assicurava maggiore stabilità alla famiglia. I cinque figli erano ormai in età scolare e Iglesias aveva scuole di ogni ordine e grado per fornire a ciascuno un’istruzione adeguata. I tempi non erano dei più floridi e prosperi: la prima guerra mondiale, i figli più grandi richiamati alle armi, studi interrotti, ristrettezze economiche. Un clima di provvisorietà e difficoltà che non consentiva sicuramente la scelta di una scuola più appropriata alle tendenze, ai desideri, alle capacità di mio padre che, ultimo dei figli, frequentò quella che allora veniva definita “Scuola Tecnica”, più vicina a una odierna Media che a una scuola d’arte. Fu forse questa serie di combinazioni che si trasformò in fatti positivi. A scuola, e sembra singolare per quei tempi, le classi erano miste: maschi e femmine iniziarono a conoscersi, a frequentarsi già tra i banchi di scuola e fra le ragazzine ve ne era una (Elisa Cané, ma da tutti chiamata Lisetta) che attirò l’attenzione di mio padre. In quegli anni, mise a frutto la sua capacità di disegnatore e le sue illustrazioni finirono nei diari delle compagne di classe, compreso quello di Lisetta.

Furono gli anni della crescita, della consapevolezza delle sue capacità e dei suoi sentimenti: amava disegnare, dipingere, suonare il pianoforte e la fisarmonica e amava Lisetta Cané che nel frattempo studiava violino. Fu inevitabile che i due ragazzi capissero che fra loro vi era qualcosa di più che l’amicizia fra compagni di classe. Ma intanto si preparava un decennio tormentato: fine della prima guerra mondiale, primi scontri sociali nel Paese messo in ginocchio dal conflitto, nascita del partito fascista che trascinò tra le sue file molti giovani con la illusoria speranza di contribuire a edificare un’Italia economicamente più forte. La conseguenza, ormai è noto a tutti, fu la marcia su Roma e la presa del potere del partito fascista: anni difficili, violenti, che non contribuirono a creare una coesione sociale, ma anzi ad accelerare la frattura fra operai, borghesia, imprenditori, industrie. E a Iglesias, capoluogo minerario importante a livello nazionale, il nuovo clima si manifestò con toni più aspri e inequivocabili. Mio padre, che ai temi politici preferiva quelli della pittura, seguì per inerzia il suggerimento del fratello maggiore, Francesco, che salì rapidamente la scala gerarchica del partito fascista diventando infine podestà di Iglesias. E mio padre, lo ritengo plausibile, ottenne in conseguenza della sua adesione un lavoro nel sindacato. Non fu un male per la sua formazione in quanto l’attività gli consentiva di stare a contatto con il mondo operaio, con la realtà economica della zona, lontano dall’enfasi di regime. Iniziò per mio padre un periodo di relativo benessere: un lavoro sicuro; Lisetta, ormai la sua fidanzata, figlia più piccola di un agiato viticoltore che non fece mai mancare il suo appoggio ai figli. Fu così che nel luglio del 1931 Ennio e Lisetta si sposarono, misero su casa a Iglesias e lì nacquero i loro tre figli: Rosa, Francesca e io (che la tradizione voleva che mi chiamassi come mio nonno) Giovanni.

Lavoro, casa, famiglia e disegno, pittura, studio occupavano la sua vita e formavano la sua attività artistica. Lo intrigavano i ritratti, i volti, gli atteggiamenti dei corpi, ma anche la natura, i paesaggi. Studi da autodidatta che gradualmente lo portarono a interessarsi di folklore. E quale folklore poteva essere fonte di migliore ispirazione di quello sardo? Le differenze di forme, di colori, di ornamenti dei costumi tradizionali non passavano inosservati agli occhi di mio padre che annotava su blocchi da disegno i particolari più evidenti, gli accostamenti di colori più arditi, le differenti forme dell’abbigliamento, soprattutto femminile.

Iniziò così la produzione di quadri in cui gli aspetti più caratteristici del folklore della Sardegna venivano rappresentati con dovizia di dettagli che mostravano la profonda conoscenza del tema.

Prima i parenti, poi gli amici e i conoscenti finirono per notare il pittore che aveva preso ad amare la sua terra, la sua cultura, la sua storia trasformandole in opere pittoriche. Olii, acquarelli, matite, inchiostri e gessetti diventarono strumenti di lavoro e di ricerca e mai, soprattutto da giovane, affrontò la ceramica che non era congeniale ai suoi interessi espressivi.

Soltanto alla fine degli anni Sessanta cedette controvoglia alla preparazione di alcuni bozzetti che un’industria ceramica lombarda avrebbe trasformato in statuette.

Il risultato fu scadente e di fattura approssimativa e il progetto si fermò prima ancora di nascere.

Ennio e Lisetta a Cabitza nel 1929

Ennio Perrotti al lavoro nella base Usa di Caserta il 27 marzo 1945

Nella vita di Ennio Perrotti (ma ovviamente anche in quella della maggior parte degli italiani) accadde però un fatto che diede una svolta alla sua esistenza: la caduta del fascismo e la fine della guerra. E a Iglesias, città di operai e di minatori, la contestazione sociale esplose con particolare veemenza. Molte le spedizioni punitive, molte le fughe di notte, molto pesante il clima di tensione e di paura che costrinse anche mio padre a lasciare Iglesias, accogliendo l’invito a raggiungere una base statunitense a Caserta dove un ufficiale americano aveva avuto modo di conoscere la sua produzione pittorica. E così capitani, tenenti, sergenti ebbero il loro ritratto, ma vestiti con il costume di Orgosolo, Teulada, Mamoiada, Quartu. Fu un successo di pubblico (si direbbe oggi) che consentì a mio padre due cose: avere un po’ di soldi da mandare a casa e stare lontano dalla turbolenta Iglesias. Poi gradualmente si iniziò a pensare al futuro e gradualmente si riavviarono le attività produttive.

Il mondo intero riprendeva a vivere secondo le abitudini, le necessità, la convivenza sociale, il confronto delle idee. Le atrocità della guerra non furono giustamente dimenticate, ma si passò a un altro livello di valutazione: all’analisi storica e sociale del fenomeno per l’attribuzione di responsabilità e di colpe.

Erano gli anni del dopoguerra: difficili, ma stimolanti. E in un fiducioso clima di futuro da inventare trovavano posto iniziative utili. Anche in Sardegna. Una di queste fu la creazione dell’I.s.o.l.a. (l’istituto sardo per l’organizzazione del lavoro artigianale) dove mio padre, salutati i militari americani e rientrato da Caserta, aveva iniziato a lavorare. Le sue competenze e i suoi studi gli furono preziosi e il nuovo lavoro lo mise in contatto con artigiani e artisti di tutta la Sardegna in un reciproco scambio di esperienze e di novità.

Lavoro in ufficio e lavoro a casa con le sempre più pressanti richieste di mattonelle di maiolica bianca con le riproduzioni dei costumi dei paesi della Sardegna. I sardi prima, ma ben presto anche i sempre più numerosi viaggiatori che a vario titolo arrivavano nell’Isola, chiedevano i costumi su mattonella che finirono per assorbire la quasi totalità della produzione pittorica. L’esigenza di sfuggire a una routine di produzione lo portò a occuparsi di altri temi: paesaggi e nature morte, fiori e ritratti che di volta in volta diventarono i temi delle sue numerose mostre personali, una della quali (quella su Cagliari e gli angoli più significativi della sua storia) ebbe un particolare interesse perché testimonianza di una coscienza rivolta alla salvaguardia, alla custodia del patrimonio culturale della città.

Ora, a trent’anni dalla sua morte, lo ricordiamo con questa mostra, un riepilogo di una vita dedicata all’arte con la consapevolezza che non vogliamo dare giudizi, ma soltanto tenere viva la memoria di un uomo semplice, un artista onesto, un padre buono.

Giovanni Perrotti

Critiche e presentazioni: il parere di Vittorino Fiori Gli acquerelli di Ennio Perrotti rievocano la vecchia Cagliari in qualche veduta del Castello che appartiene al repertorio del “pittoresco” nella città, ma ci riservano anche la sorpresa di scorci che non tutti conoscono anche se basterebbe poco per arrivarci: c’è, per esempio, una veduta di cortile fissata nella centralissima piazza Amendola, dove il fabbricato che fu dei magazzini generali (nome rimasto tenacemente legato alla costruzione che ha perduto da un pezzo la destinazione antica) ha attirato l’attenzione del pittore suggerendogli una delle composizioni più felici. Perrotti ha saputo vedere e farci vedere, anche dove la gente passa in fretta indaffaratissima, che c’è ancora, nella città che va scomparendo, qualcosa che vale la pena di recuperare su un foglio acquerellato, anche se il “pittoresco” dei luoghi da cartolina non lo considera tra le proposte da fare al turista.

Portico Vivaldi - Acquerello 50 x 70

Del resto lo stesso Castello, ormai troppo sfruttato da chi cerca il pretesto facile per la veduta d’effetto, ci si presenta in termini nuovi nelle composizioni che Perrotti propone in questa mostra (si veda il portico Vivaldi, o la salita del Fossario con i palazzi ottocenteschi sulla sinistra e a destra la vasta apertura di paesaggio campidanese al di là del muraglione).

Altro tema proposto da Perrotti in questa Mostra è quello delle processioni notturne della Settimana Santa ad Iglesias: stavolta si tratta di olii che fissano (si veda in particolare la composizione dominata dai grandi stendardi che popolano di figure religiose il cielo scuro) una folla di personaggi inquietanti proponendoli in una minuziosa stesura. La gente che appena s’intravvede ai bordi delle strade dove passa il corteo dei confratelli incappucciati è un coro silenzioso e stupefatto che fa sentire la sua presenza in un preciso contrappunto.

Due capitoli fondamentali, dunque; e per il resto piacevoli quadretti che non vogliono andare più in là di quanto rappresentano, né porre problemi particolari a nessuno. Perrotti ha ormai alle spalle un lungo tirocinio durante il quale non ha mai cercato di seguire mode o di andare oltre il sicuro mestiere che gli serviva a documentare in termini chiaramente illustrativi la realtà che lo colpiva. Ma questa mostra – con le vedute cagliaritane e le processioni iglesienti – lo qualifica come artista sensibile e capace di andare ben oltre.

Vittorino Fiori (In occasione della mostra alla Galleria d’Arte “Gruppo R” a Iglesias dal 23 Marzo al 2 Aprile 1968).

Vittorino Fiori: Cagliari fra nostalgia e silenzio Ennio Perrotti ci mostra una sua Cagliari sospesa tra ricordi e vedute attuali: è difficile però distinguere – se non per qualche riferimento come quello delle macchine davanti al palazzo civico – gli scorci d’altri tempi (spesso ripresi da stampe, se non addirittura da antiche foto) da quelli che ancora oggi possono essere visti, tali e quali, se si ripercorre l’itinerario suggerito dal pittore, un itinerario che naturalmente include il Castello e che può essere iniziato uscendo da questa galleria, dal lato della chiesa del San Sepolcro che Perrotti ha dipinto col grande muro giallo che fa da contrappunto alla massa scura della cupola vista dal viottolo che s’inerpica verso la via Manno.

Rifacendosi a stampe cui mancava la dimensione del colore, Perrotti ha voluto ricostruire una Cagliari fantastica e tuttavia rigorosamente documentata: l’ha fatto immergendola in una luce che anima le vedute recuperate dall’ordito grafico dei fogli in bianco e nero. Ed è la stessa luce che egli ritrova in ciò che della Cagliari antica è rimasto e che puntigliosamente va fermando in tele assorte in un silenzio che rifiuta la realtà attuale: vedere lo scorcio della chiesa di San Michele, con il portico che da via Ospedale conduce alla via Portoscalas, luogo dove regna la quotidiana confusione di un traffico disordinatissimo. Perrotti ha eliminato macchine e persone, ma l’operazione si è risolta in una veduta di sapore metafisico, un ambiente dove tutto può accadere.

Chi ama Cagliari, come l’ama Perrotti, ha in questa mostra un’occasione per un viaggio sentimentale in un passato che può rivivere nel presente. Più che un giudizio critico, il pittore sollecita un’adesione a questo suo modo di vedere la città. Che poi è un atteggiamento morale, mentre a poco a poco tutto ciò che ci resta della vecchia Cagliari va in rovina e cresce al suo posto una mostruosa periferia dove tutti ci sentiamo sradicati.

Vittorino Fiori (In occasione della mostra “Cagliari com’era, come è ancora e come non sarà più” alla Galleria degli Artisti “Alberto Simula” a Cagliari dal 24 Maggio al 4 Giugno 1969).

Cagliari, Portico di via Ospedale. Olio su cartone telato 40 x 50. 1982

Antonio Ciardi-Duprè: figurativo come reale valore E' nato il 19 Novembre 1903 a Golfo Aranci mentre suo padre era capo stazione delle Ferrovie dello Stato quando questa località costituiva l'unico servizio stabile di collegamento con il continente. Ebbe fino da ragazzino la passione per l'arte e attitudini speciali per la pittura senza peraltro poter seguire dei corsi regolari nelle scuole d'arte a causa degli spostamenti di sede di suo padre.

La sua attività artistica dura ormai da quarantasei anni, da quando, cioè espose nel 1923 in una mostra collettiva allestita ad Iglesias da parte della locale società degli operai; poi per diversi anni si dovette arrangiare con l'esecuzione di statue e statuette in ceramica, raffiguranti per lo più personaggi popolari e tipici dei paesi sardi, destinati a particolari mercati del continente ed all'estero.

Ma la sua “grande passione” era sempre la pittura, alla quale si dedica nelle ore libere eseguendo opere a olio d'argomento vario (paesaggi della Sardegna, nature morte, fiori, figure tipiche in costume, ecc.) che eseguiva per suo diletto e per impadronirsi dell'arte pittorica, ma che poi vendeva alla sua stessa clientela delle ceramiche. Poi, ottenuto un impiego stabile, abbandonò la ceramica senza però mai cessare l'esercizio della pittura che, anzi seguitava a coltivare con maggior interesse come sua “seconda occupazione”, occupazione davvero preferita in quanto vi dedicava giorno per giorno ogni minuto libero dagli obblighi del suo ufficio.

La prima mostra alla quale partecipò con un certo successo fu quella tenuta nel 1934 nella Galleria di Palladino, in via Mannu, che era allora la prima e unica galleria operante in Sardegna nel settore specifico delle “belle arti”. Durante la sua lunga attività egli ha lavorato lottando contro diverse avversità, contro lo scarso tempo che aveva disponibile per il suo esercizio pittorico e soprattutto contro la smania di arrivare al raggiungimento di una buona tecnica ed al possesso di una figurazione che fosse apprezzabile. La sua pittura, infatti, si è sviluppata lentamente, in clima esclusivamente figurativo, senza alcun problema che esulasse minimamente da quelli “figurativi” ed in aderenza ad un costante contenuto di umana socievolezza. Una pittura, dunque, questa del Perrotti, svolta sempre entro i limiti di una linearità decorosissima, e perciò apprezzata in Sardegna; questa sua linearità e costanza figurativa, sono due elementi che io reputo di reale valore per il nostro pittore.

Qualcuno, specialmente nel campo dei “pseudo artisti”, tutto fuoco e fiamme per le tendenze moderniste di poca durata e di labile sostanza, hanno osservato che il Perrotti non ha mai fatto alcun progresso …; innanzitutto ciò non è vero perchè io stesso, in questi ultimi anni, e cioè da quando ho imparato a conoscerlo e ad apprezzarlo, ho avuto modo di osservare che ha fatto dei progressi sostanziali e pertanto quelli che parlano di un ancoramento formale e contenutistico a temi tradizionali, sono, a mio giudizio, quelli che avrebbero voluto che anche lui fosse caduto nel confusionismo e nell'antiretorica, come hanno fatto e come oggi molti vorrebbero non aver fatto né più fare.

Il Perrotti ha sempre eseguito con il più vivo interesse quadri di argomento paesano, tra i quali ricordo i tre che vidi esposti presso la Galleria “La Contemporanea” nella mostra tenuta per l'inaugurazione della galleria; intendo quelli composti per la rievocazione della processione del Venerdì Santo ad Iglesias, dei quali il più drammatico era quello con i due stendardi che recano dipinti i personaggi ed i simboli della passione di Nostro Signore, con gli incappucciati in bianco e nero, che sfilano nella notte mentre la folla, ai lati, osserva con il massimo raccoglimento.

Ultimo capitolo, e forse il più importante e per il quale passerà nella storia della toponomastica cittadina, è quello che si riferisce alla ripresa figurativa degli aspetti più caratteristici della città di Cagliari, della sua toponomastica osservata attraverso il suo sviluppo urbanistico.

Per questo scopo egli si è valso spesso di stampe antiche, sbiadite ma sempre molto interessanti per chi vuole dar vita ad un'immagine vecchia-nuova della sua città, non solo come curiosità ma come fatto storico, culturale, artistico ed anche di sincera sentimentalità.

L'importanza di un tale lavoro fu già messo in evidenza dal critico Vittorino Fiori che così ebbe a scrivere in occasione della mostra tenuta nel marzo 1958 nella Galleria “La Contemporanea”: “Perrotti ha saputo vedere e farci vedere, anche dove la gente passa in fretta ed indaffaratissima, che c'è ancora nella città che va scomparendo qualche cosa che vale la pena recuperare su di un foglio acquerellato o da riportare sulla tela...”.

Ed anche nella presentazione per la mostra che in questi giorni è in atto presso la Galleria degli Artisti lo stesso critico Vittorino Fiori ha scritto delle cose interessanti, tanto più che tutta la mostra questa volta è dedicata alla bellezza di Cagliari, alla Cagliari del tempo passato, piccola sempre bella ed interessante. Ma di questa mostra tutta per Cagliari parleremo nella prossima settimana.

Antonio Ciardi-Duprè

Processione del Venerdì Santo a Iglesias. Olio su tela 70 x 100

Martino Casalini: la preziosa ricerca sul folklore Da tempo desideravo scrivere di questo pittore, del quale ho avuto modo di vedere, in più occasioni, alcune opere di soggetto sardo (volti di uomini e donne, figure vestite all'antica, processioni, scorci di Cagliari, nature morte, ecc.). Alcuni esemplari sono esposti negli uffici dell'ESIT di Cagliari. Sia i suoi quadri che le sue incisioni sono caratteristici per il loro realismo limpido, accurato e semplice. Sono espressioni di amore per questa Isola che egli vedeva avviata verso trasformazioni tali da farne rimpiangere la sua più naturale bellezza, con i suoi costumi e le sue tradizioni. Una pittura disegnata, oppure disegni dipinti con precisione, eseguiti con l'intento di lasciare quasi dei documenti a quelli che sarebbero venuti dopo di lui e tali da suscitare un certo sentimento di nostalgia. Non potendo, però, parlare con lui, dato che è morto il 4/9/1987, mi ha fatto grande piacere trovare in suo figlio Gianni, giornalista, un valido aiuto per ricostruirne la personalità e la storia.

Ennio Perrotti era nato a Golfo Aranci (SS) il 19/11/1903, in una famiglia di sei figli. Suo padre era capostazione e, quindi, costretto a non pochi trasferimenti; la madre, casalinga.

Prima dello scoppio della seconda guerra mondiale aveva lavorato nei sindacati ad Oristano, dal 1932 al 1937. A questa città, peraltro già mutata nei confronti dei suoi ricordi, egli dedicherà nel 1972 una sua personale, alla Galleria “Carlo Contini”. Appassionato da sempre per il disegno e la pittura, nel 1945, anche per la necessità di superare le temporanee difficoltà economiche, si era trasferito a Caserta, per lavorare come pittore ritrattista presso la locale base americana. In quel periodo si specializzò, sempre da autodidatta, nella pittura su maiolica.

La mietitura. Olio su tela 70 x 100

Una volta rientrato, si impiegherà in un ente parastatale, l'Enaip. Ha tenuto diverse personali – comunque non molte se si considera che ha fatto pittura e grafica per quasi mezzo secolo.

Dipingeva nel pomeriggio, quando, ultimato il lavoro di ufficio, finalmente poteva dedicarsi a soddisfare quell'amore per qualcosa che lui sentiva profondamente e che certo non considerava come semplice hobby. Una attività a cui aveva fatto ricorso anche in momenti difficili. Per questo aveva “inventato” - come mi ha detto Gianni Perrotti – un genere pittorico di facile presa fra i turisti ed anche fra gli stessi sardi. Si era infatti specializzato nella raffigurazione di costumi e di scene folkloristiche, tratti dalla tradizione popolare dell'Isola. E chi ha modo di vedere i lavori di Perrotti si accorge come egli non sia stato mai superficiale, dato che prima di eseguirli era abituato a fare minuziose ricerche sui costumi sardi, mettendo a fuoco le caratteristiche di ciascun paese, rappresentandole nella loro genuinità e peculiarità. Era attento anche alle minime variazioni o varianti.

Un lavoro così prezioso, capito e valorizzato in alcune serie di cartoline non fu, a suo tempo, capito e valorizzato nel modo appropriato. Né Perrotti seppe avvantaggiarsene, come avrebbe potuto, sotto l'aspetto economico.

Interessante è sentire dallo stesso Ennio Perrotti con quale spirito egli sapesse unire il suo amore per la pittura con quello per la sua terra. In una sua personale, a Cagliari, nel 1971, dedicata a marine e paesaggi scovati in diverse zone della Sardegna, così scriveva: “...Una ricerca di luoghi che siano un po' lo specchio della Sardegna, o meglio che mi consentano di dare della Sardegna l'immagine maturata e filtrata della mia esperienza di uomo e di pittore, convinto che nella semplicità delle cose che ci stanno intorno si possa ancora trovare l'equilibrio indispensabile alla nostra stessa esistenza. In questo trovo giustificazione al mio lavoro che non vuole essere altro che una testimonianza della purezza della natura”.

La tecnica più cara a Perrotti era l'olio. Però era molto attratto dall'acquarello, per il quale – come mi ha detto suo figlio Gianni – aveva amore e odio allo stesso tempo, ma con il quale forse riusciva a meglio esprimere la poesia che aveva dentro.

Martino Casalini

Alla sagra di paese. Olio su tela, 70 x 100

In casa di Woody Allen (e nei film) i costumi di Desulo e Orgosolo di Ennio Perrotti Dalla fine della seconda guerra mondiale, nelle case di molti americani vi sono opere di Ennio Perrotti. Due ceramiche con le ragazze di Desulo e di Orgosolo si trovano anche nell’abitazione di Woody Allen spesso utilizzata come location per le riprese dei suoi film. In questo caso, come documentano le foto e un servizio dell’Espresso dell’8 gennaio 1989, sono ben visibili alla parete.

Opere “minori”, cartoline e costumi della Sardegna

Una cartolina spedita il 22 dicembre 1950 da Sassari con la quale il signor Baingio augura Buon Natale alla signorina Ornella di Roma. Da notare l’affrancatura dell’epoca: un francobollo da 6 lire della serie “Democratica” e timbro con targhetta pubblicitaria “ERP L’Italia ricostruisce”.

Una consistente produzione “minore” di Ennio Perrotti è costituita dalle cartoline postali che riproducevano i costumi tradizionali dei paesi della Sardegna.

Una produzione con intenti commerciali, ma sicuramente importante per il contributo che diedero alla conoscenza dell’isola e delle sue tradizioni popolari. Ancora oggi le cartoline sono ricercate; vengono messe in vendita in alcuni siti internet e oggetto dell’attenzione di appassionati collezionisti di tutto il mondo.

La dedica del professore L’arte è vampa, ma è vampa senza fumo, pura d’una purezza diafana. Se tu senti questa fiamma bada d’alimentarla col soffio della virtù e sovratutto con quello della volontà.

Il prof GBatt Piras Iglesias, 17 - 6 - 21

Autoritratto a matita. 01.05.1931

Il calendario delle principali mostre - Cagliari, Galleria degli Artisti, 2 – 11 ottobre 1965 - Cagliari, Galleria d’Arte Contemporanea via Azuni, dal 2 marzo 1968 - Iglesias, Galleria d’Arte Gruppo R, 23 marzo – 2 aprile 1968 - Cagliari, Galleria degli Artisti, 24 maggio – 4 giugno 1969 - Cagliari, Galleria degli Artisti, 13 – 24 dicembre 1971 - Oristano, Galleria comunale “Carlo Contini”, 20 aprile – 4 maggio 1972 - Cagliari, Galleria d’Arte “Il Pennellaccio”, 1 – 14 dicembre 1973 - Cagliari, Galleria degli Artisti, dal 18 maggio 1977

Le mostre

Ennio Perrotti con l’allora sindaco di Cagliari Paolo de Magistris e il gallerista Vincenzo Napoli

Le mostre

Le mostre Anche in questa personale presento le composizioni, le marine e i paesaggi scovati in diverse zone della Sardegna: da Costa Rei a Villasimius, ad Iglesias e alla stessa Cagliari. Una ricerca dei luoghi che siano un po' lo specchio della Sardegna, o meglio che mi consentano di dare della Sardegna l'immagine maturata e filtrata dalla mia esperienza di uomo e pittore. Ho voluto rappresentare un mondo reale e semplice, convinto che nella semplicitĂ delle cose che ci stanno intorno si possa trovare ancora l'equilibrio indispensabile alla nostra stessa esistenza. In questo trovo giustificazione al mio lavoro che non vuole essere altro che una testimonianza della purezza della natura.

Ennio Perrotti (In occasione della mostra alla galleria degli artisti “Alberto Simula� di Cagliari dal 13 al 24 dicembre 1971).

La brochure

La locandina

Le mostre È per me un richiamo d’affetto: torno con questa mia personale nella cara Oristano, che mi ebbe suo cittadino per un lustro (1932-1937).

C’è una punta di nostalgia in questo ritorno ad Oristano, così mutata rispetto al mio ricordo, tanto da impormi un faticoso ricorso alla memoria per dare un’immagine di certe sagre paesane, di certi angoli, di certi visi …

Anche le altre tele sono in prevalenza una ricerca di luoghi cari, di angoli di questa Sardegna che non siamo più sicuri che resteranno incontaminati a lungo.

Ho rappresentato questo mondo, che è semplice e reale, con la semplicità e la realtà con cui credo ci si debba avvicinare ad esso: è in questa fedeltà alle cose ed alle memorie la giustificazione di questo mio lavoro, e di questo incontro.

Ennio Perrotti (In occasione della mostra alla galleria comunale “Carlo Contini” di Oristano dal 20 aprile al 4 maggio 1972).

La brochure

La locandina

Le mostre Ennio Perrotti ripropone al pubblico cagliaritano i temi della sua pittura, dedicati, in prevalenza, al mondo della Sardegna: nei quadri dell'artista rivivono infatti gli aspetti piĂš tradizionali dell'isola. I miliziani, nel loro solenne costume, vengono accostati alle immagini del Campidano. Viottoli di paese e campagne immersi in una luce limpida, illuminati dal sole d'estate. Ed ancora. Le coste, le spiagge deserte ed assolate, i volti della gente semplice dell'isola sono rappresentati nei quadri che Perrotti espone alla galleria “Il Pennellaccioâ€? sino a mercoledĂŹ 12 dicembre.

(L'Unione Sarda del 7 dicembre 1973)

Le mostre Una mostra personale del pittore cagliaritano Ennio Perrotti si inaugura questa sera alla “Galleria degli artisti” nel portico Sant'Antonio 3. L'esposizione, che verrà aperta al pubblico alle 18,30 è l'ottava che Ennio Perrotti allestisce in Sardegna: l'ultima sua mostra risale a quattro anni fa. Oggi, l'artista presenta una serie di quadri ad olio e ad acquarello con i quali propone immagini e temi della realtà sarda.

(L'Unione Sarda del 18 maggio 1977)

Retrospettiva, un obbligo morale e di riconoscenza “È terribilmente difficile scrivere sul proprio padre” scrive mio zio Gianni nel testo di presentazione della mostra di Ennio Perrotti uomo e artista. È altrettanto difficile ed emozionante per me (figlio di Rosa, sua primogenita) ospitare e presentare questa mostra retrospettiva nel mio studio - galleria d’arte “Spazio 61”. È però il coronamento di un sogno nato fin dal 2009 anno di inaugurazione del mio atelier e della costituzione dell’omonima associazione culturale. E ora, nel trentesimo anniversario della scomparsa di mio nonno, è arrivato il momento per concretizzare l’idea di questa esposizione. È come un obbligo morale e di riconoscenza, visto che è facile immaginare come per me bambino fosse emozionante ed estremamente istruttivo vedere mio nonno all’opera. Seguire l’inizio, lo sviluppo e la conclusione dei suoi quadri non poteva che farmi appassionare all’arte. Tutto ciò che porto avanti oggi, nasce infatti da allora.

Lo spazio ristretto non consente l’esposizione di molte opere, ma questa mostra si prefigge il semplice scopo di presentare una carrellata sui vari generi esplorati da Ennio Perrotti nella sua lunga attività artistica, e allo stesso tempo ricordare un pittore che, secondo il mio modesto parere, meriterebbe di occupare un posto di rilievo tra i grandi artisti sardi del ‘900.

Un’ultima considerazione nasce da una mia riflessione sui numeri: questo è il trentesimo anniversario della morte di mio nonno (come già detto), ma è anche l’anno della scomparsa di mia madre (sua primogenita). Ebbene, questa mostra si inaugura l’11 novembre (giorno di nascita di mia madre) e si conclude il 19 novembre (giorno di nascita di mio nonno). È tutto solo un caso?

Sandro Serra

Retrospettiva, i ritratti

Autoritratto. Olio su cartone telato 30 x 24

Lisetta. Olio su cartone telato 58 x 43

Retrospettiva, i ritratti

Nicolino CanĂŠ. Olio su tavola 40 x 30. 1948

Giuseppina Coloru. Olio su tavola 40 x 30. 1948

Retrospettiva, i ritratti

Gianni. Olio su ceramica 20 x 20

Mia madre. Olio su ceramica 20 x 20

Sandro. Disegno a matita 33 x 24. 1968

Gianni a 5 anni. Disegno a matita 37 x 25,5

Retrospettiva, Cagliari

Monte Urpino. Olio su tela 70 x 100. 1968

Veduta di Cagliari. Olio su tela 40 x 50. 1967

Retrospettiva, Cagliari

Portico in via Santa Croce. Olio su tela 50 x 40

Portico Romero in via Garibaldi. Olio su tela 50 x 40

Portico via Fossario in Castello. Olio su tela 50 x 40

Retrospettiva, marine

Spiaggia a Costa Rei. Acquerello 24 x 32. 1968

Barche alla Darsena. Acquerello 24 x 30

Pescherecci a Su Siccu. Acquerello 32 x 50. 1975

Retrospettiva, fiori

Vaso con rose. Olio su cartone telato 40 x 30

Vaso con dalie. Olio su tela 70 x 50

Vaso con gerbere. Olio su tavola 40 x 30

Retrospettiva, nature morte

Natura morta con pagelli. Olio su cartone telato 28 x 47. Novembre 1948

Natura morta con uva e fichi d’India.

(Vendemmia 1939. “Su Merti�.)

Olio su cartone telato 26 x 30

Natura morta con sigarette.

Olio su tela americana 24 x 18. 1945

Retrospettiva, animali

Cavallo al pascolo. Olio su tela 40 x 50

Mucche nella stalla. Olio su tavola 24 x 33. 1942

Retrospettiva, costumi sardi La serie “Donne in costume�. Olio su cartone telato, 29,5 x 22, originariamente composta da quattordici pezzi.

Osilo.

Ollolai.

Desulo.

Atzara.

Dorgali.

Lanusei.

Retrospettiva, costumi sardi su ceramica

Retrospettiva, incisioni

Alla sagra. 35 x 50. 1968

L’aratura d’altri tempi. 42 x 50

Sotto la pioggia. 35 x 50

Sa bardana. 36 x 45. 1969

Associazione culturale

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