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Perito Industriale? Una professione in continua evoluzione di Ilaria Rebecchi
De Baggis, Presidente dell'Ordine dei Periti Industriali di Roma, illustra lo stato dell’arte del settore, tra tecnologie e burocrazia che viaggiano a velocità molto diverse. Quella del perito industriale è una figura che vanta una preparazione generale teorica e pratica in tutte le materie tecniche e matematiche, a cui può essere associata la specializzazione in un particolare settore ingegneristico. “Siamo esperti nei processi produttivi di beni materiali e servizi su scala industriale – afferma il Presidente dell’Ordine dei Periti Industriali di Roma e Provincia, Giovanni De Baggis – e abbiamo molte mansioni differenti. Difficile, dunque, avere competenze che abbracciano ogni ambito e, come permesso dal nostro ordine, possiamo essere specializzati al massimo in 3 ambiti certificati tramite esame di stato ufficiale”. Giovanni De Baggis Presidente dell'Ordine dei Periti Industriali di Roma
E se è una legge ormai datata a regolamentare la professione, dal 2021 si potrà diventare Perito Industriale unicamente solo se in possesso di titolo di studio accademico. 26 le specializzazioni differenti, che vanno dall’industria cerealicola alla fisica industriale, per 98 sedi nazionali dell’Ordine centralizzato sulla Capitale: “Tra funzioni direttive e capacità esecutive, i Periti Industriali detengono anche competenze in progettazione, direzione e collaudo nell'ambito tecnico ingegneristico, pertanto la nostra è tra le professioni maggiormente coinvolte nella trasformazione in atto sul fronte del mondo dell’edificio intelligente”. Una trasformazione, secondo De Baggis, evidente da tanti fattori, “dalla crisi economica in corso all’avvento di nuove tecnologie, professioni e mercati in continua mutazione. In questo contesto, poi, la nostra professione risulta più che mai attrattiva per le sfide del prossimo futuro, poiché riesce a facilitare situazioni legate all'ambito normativo”.
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LA PANDEMIA? HA CAMBIATO ANCHE IL NOSTRO SETTORE “Oggi studiamo e lavoriamo principalmente da remoto. E questo, dal lockdown della primavera 2020, ha messo in evidenza molte lacune a livello nazionale. In Italia siamo molto arretrati dal punto di vista della digitalizzazione: basti pensare che la Banda Larga è appannaggio di solo ¼ della popolazione nazionale contro il 50% abbondante del resto d’Europa. Il futuro, a mio avviso, si potrà misurare solo osservando il rapporto tra tecnologia e strutture”. E gli edifici smart? “Siamo indietro anche in questo ambito, perché la maggior parte degli edifici sul nostro territorio è costruita sulla base di concezioni ormai antiche. In linea generale, la trasformazione in corso potrà diventare opportunità solo se si troveranno e metteranno in pratica soluzioni idonee al futuro”.