Slow Ofanto | Bollettino multimediale delle genti ofantine | n. 1 Giugno/Luglio 2021

N. 1 | GIUGNO/LUGLIO 2021

#SLOWOFANTO

Bollettino multimediale delle genti ofantine

In questo numero 1

Il fiume e la regola

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La voce delle genti ofantine

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Ascoli Satriano | Ambiente e territorio

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Ascoli Satriano | Storia e arte

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La lontra, regina dei fiumi

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Focus > Piano d’azione nazionale per la conservazione della lontra

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Focus > La presenza della lontra nel bacino del fiume Ofanto

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Il bosco ripariale

11 La cipolla bianca di Margherita IGP 12 Focus > Gli arenili

Veduta di Andretta (AV)

12 Focus > Processo produttivo 13 Ode alla cipolla, di Pablo Neruda 14 I testimonial della cipolla bianca di Margerita 15 Passeggiando in via Vitrani a Barletta 16 Focus > Le epigrafi di Barletta 17 Salvatore Riontino, Canneto Beach 2 di Margherita di Savoia 19 Reciclair, l’idea che non c’era 20 Focus > Permeabilità dei suoli 20 Focus > La caratterizzazione dei materiali antropici 21 Sporchiamoci le scarpe... e anche le mani 22 Focus > Comune di Trinitapoli, ponte ciclopedonale in località Cittiglio 23 VAS, copianificazione e consultazione pubblica 25 La memoria fondatrice dell’identità culturale ofantina 27 Liliana Rossi 29 Lettere dai lettori: Marcella Celino

#slowOfanto | bollettino multimediale a cura dell’associazione Slow Life & Travel - ETS 76121 Barletta (BT) | CF 90117250721 slowlifeandtravel@gmail.com slowofanto@gmail.com facebook.com/slowofanto instagram.com/slowofanto

IL FIUME E LA REGOLA di Franco Arminio

Mi avvio verso l’Ofanto in un bellissimo mattino di maggio. Con me ci sono Antonietta e Livio, la sposa e il secondo figlio, e poi c’è Fabio, nominato scherzosamente vicepaesologo, amico carissimo e silenzioso. Mentre scendiamo per fotografare il paesaggio meraviglioso sulla strada che da Andretta porta verso la valle, mi viene da pensare che oggi ci voleva un’ordinanza dei sindaci della zona, come quelle che si fanno quando nevica.

Scuola chiusa, andate dietro il paesaggio se vi è possibile, andate a vedere il pero selvatico fiorito, il grano che sta crescendo.

Mi compiaccio per questo pensiero, maggio mi pare sempre un miracolo, tutto questo verde dove stava nascosto?

segue a pag. 30

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LA VOCE DELLE GENTI OFANTINE di Giancarlo Garribba | Slow Life & Travel ETS

Slow Ofanto, inteso come progettualità in comune e in divenire, nasce nel periodo dedicato alla co-pianificazione e alla consultazione pubblica in seno al procedimento della VAS, finalizzato a dotare il Parco Naturale Regionale Fiume Ofanto degli strumenti necessari a diventare operativo.

L’omonimo bollettino multimediale vuole essere un mezzo di comunicazione sia interno alle genti ofantine sia con le comunità esterne al territorio del fiume Ofanto, per diffondere conoscenza e con essa consapevolezza e responsabilità, così da favorire stili di vita e di turismo “lenti”, ovvero rispettosi del paesaggio e della sua biodiversità, delle persone e delle culture che tramandano con il loro agire quotidiano.

ed enti pubblici e privati, profit e no profit, mira a formare e alimentare una Comunità che educhi, formi e sostenga, soprattutto giovani e persone fragili, e che sia in grado di guardare al fiume Ofanto come fonte di opportunità e di benessere per tutti, affinché nessuno resti indietro nell’inedito cammino che stiamo attraversando e del quale dovremmo tracciare insieme mappa, soste e arrivo.

Se con l’edizione 0 di #slowofanto abbiamo presentato la natura del progetto Slow Ofanto, con la presente edizione ci si propone di iniziare un percorso in grado di dare spazio alle diverse anime di un territorio, in questo caso quello ofantino. Attraverso una miniguida racconteremo, numero dopo numero, le 11 città ricadenti nel Parco Ofanto. A seguire, le sezioni dedicate a Patrimonio naturale e Biodiversità, Patrimonio storico-artistico e Beni Culturali e all’Enogastronomia.

La necessità di unire e valorizzare i diversi attori della società porta Slow Ofanto a dedicare spazio al Tessuto produttivo, alle Comunità ofantine e alle Istituzioni, iniziando dall’ente Parco Ofanto. Infine, il bisogno di (ri)costruire il senso di comunità, attraverso la condivisa identità ofantina, sostiene la rubrica Nui sime ofantine.

Il graduale coinvolgimento di persone 2

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ASCOLI SATRIANO | AMBIENTE E TERRITORIO di Ruggiero Maria Dellisanti

Il fiume Ofanto e il suo Parco Naturale Regionale racchiudono l’essenza della civiltà dell’Italia meridionale. L’ambizioso obiettivo di Slow Ofanto è quello di creare coscienze attraverso la conoscenza del territorio, dell’habitat, della storia e della cultura, rappresentare l’identità di Nui sime ofantine, sviluppatasi sin dal Neolitico, e consegnare alle future generazioni uno scrigno di incommensurabile valore ancora oggi poco conosciuto.

Le brevi note che seguono rappresentano un piccolo e doveroso omaggio alla cultura della valle del fiume. Il viaggio della conoscenza incomincia da Ascoli Satriano, cittadina ricca di storia, distesa su tre colline (Pompei, Castello e Serpente) e posizionata tra la destra del torrente Cervaro e la sinistra del fiume Ofanto.

L’agro si estende per circa 336 kmq ai piedi del Subappennino Dauno e confina con i territori di Stornarella, Ordona, Ortanova, Cerignola a est, con Bovino, Deliceto, Sant’Agata di Puglia, Candela e Castelluccio dei Sauri a ovest.

MINIGUIDA | LE CITTÀ DEL PARCO

Il fondo valle del fiume Ofanto, in direzione sud-sud/est, lo separa dai territori di Lavello e Melfi.

Il centro abitato è posto alla quota di 438 m.s.l.m., si presenta ondulato a sud-ovest, quale ultima propaggine del Subappennino Dauno, per diventare pianeggiante verso nord est, alla confluenza del Tavoliere. La geologia è caratterizzata dalla presenza di sedimenti sciolti quali argilla, sabbia e ciottoli associata all’elevata sismicità dell’area attenuata dalla presenza di boschi. L’agricoltura è caratterizzata da colture di cereali (grano duro), uliveti, frutteti, vigneti e orti.

La posizione collinare del centro abitato risente sia delle influenze climatiche dei venti umidi mediterranei, che risalgono la valle del fiume Ofanto, sia dell’area secca che scende dai monti della Daunia, conferendo nel complesso un piacevole clima mite, fresco e temperato, di tipo mediterraneo secco, particolarmente apprezzato e ameno, durante la stagione calda.

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Presenta una popolazione di circa 6.000 abitanti, in calo rispetto al secolo scorso, a causa dei fenomeni migratori che interessano le giovani generazioni.

La presenza di agriturismi caratterizza il patrimonio della gastronomia Ascolana che si identifica per semplicità e genuinità dei pasti e per sapori che sanno essere delicati e forti, come la tempra dei suoi abitanti. La farina dell’ottimo grano duro locale è la materia prima oltre al pane (tanto decantato da Orazio) anche per taralli e biscotti.

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La produzione di pasta fresca accompagna, con inebriante fragranza, minestre di verdure selvatiche particolarmente apprezzate nella gastronomia locale a cui si aggiungono le produzioni di piccoli caseifici a conduzione familiare e carni di produzione locale, accompagnati da contorni di funghi e lampasciòni. Ascoli Satriano è inserita nell’itinerario “I Monti della Daunia” della Strada dell’Olio della Provincia di Foggia: strada n. 5 dell’olio extravergine di oliva DOP “Dauno”.

Completa la variegata offerta gastronomica la raccolta di vegetazione spontanea mediterranea favorita dalla presenza del clima temperato secco, quali asparagi selvatici, origano e capperi.

Un importante spazio nell’economia di Ascoli Satriano è stato conquistato dall’artigianato con le produzioni di ricami e pizzi, ceramica artistica, canestri e ceste fatte in vimine, ferro battuto e lavorazione del legno.

Il collegamento ferroviario è assicurato da una propria stazione ferroviaria posta sulla tratta Foggia-Potenza, mentre il collegamento stradale è dato da un facile accesso all’autostrada A16, con il casello di Candela.

MINIGUIDA | LE CITTÀ DEL PARCO

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ASCOLI SATRIANO | STORIA E ARTE di Luisa Filannino

Abitato fin dalla preistoria da popolazioni diverse per lingua e costumi (villaggi neolitici sono stati scoperti sulla Collina Serpente, in località Lagnano da Piede e sull’Ofanto), nel territorio ascolano si compenetrarono elementi dauni, toscosabellici, osco sanniti, cui si sovrapposero gli indoeuropei, fondendosi e dando luogo a una civiltà unitaria tra l’XI e l’VIII sec. a.C..

Nei secoli seguenti si intrecciarono contatti con coloni greci, che modificarono idee, arte e vita ascolana, finché nel VI sec.

Ascoli appariva, con le altre città daune, completamente grecizzata. Sul modello greco si coniarono monete e si produssero ceramiche finché non si pervenne a una fabbrica e a una scuola autonoma. Nel 279 a.C. Ascoli si trovò al centro dello scontro che oppose i Romani a Pirro, chiamato in aiuto da Taranto: l’esito della battaglia presso Ascoli, con la quale la città entrò nella storia, rese proverbiale tanto l’esculana pugna quanto la vittoria di Pirro.

decisiva per i Normanni, per la conquista dell’intera Puglia.

Fu poi feudo di diversi signori: Aquino (1284), Orsini (1461) De Leyva (1537), Franchis e Marulli (1679). Nel 1799 parteggiò per la Repubblica Partenopea, come ricorda una lapide affissa in piazza Cecco d’Ascoli.

Oggi Ascoli Satriano è un piccolo borgo arroccato sul Tavoliere delle Puglie, ma tra i vicoletti possiamo ammirare tracce della sua storia antica, come la Cattedrale del XIII secolo, intitolata a San Francesco, la cui facciata conserva ancora i tratti originali. L’interno, a tre navate, presenta decorazioni risalenti al XVIII secolo, così come i sette altari che lo impreziosiscono.

Dopo la definitiva vittoria dei Romani, Ascoli passò poi sotto il loro dominio, amministrandosi con relativa indipendenza e assimilando la lingua latina, in una fase di grande sviluppo politico-economico.

Lo splendore del III sec. finì con le devastazioni subite dalla città nel corso della II guerra punica, per le scorrerie predatrici dei Cartaginesi di Annibale, che svernò in Daunia nel 215 a.C. A causa della tattica della “terra bruciata”, attuata sia dai Cartaginesi che dai Romani, le campagne ascolane rimasero quasi disabitate.

Nell’861 Ascoli fu devastata dai Saraceni di Bari e conquistata in seguito dai Bizantini a cui si ribellò nel 1040. L’anno dopo Ascoli fu teatro, sul fiume Ofanto, della battaglia, MINIGUIDA | LE CITTÀ DEL PARCO

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Particolare menzione il Castello di origine Normanna, trasformato in Palazzo Ducale dai Duchi Marulli, che sovrasta imponente la cittadina.

L’attrazione principale è costituita dal Polo Museale della città composto dal Museo diocesano, che conserva in massima parte opere, paramenti e oggetti sacri, e dal Museo archeologico, al cui interno sono conservati reperti rinvenuti nell’agro comunale e la sezione più celebre, i cosiddetti “Marmi di Ascoli Satriano”, acquisiti grazie a un’opera di ricostruzione e recupero.

MINIGUIDA | LE CITTÀ DEL PARCO

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Il manufatto più eccezionale è un Trapezophoros, un sostegno di mensa costituito da una coppia di grifoni intenti a sbranare un cervide. Questo reperto è di marmo finissimo, proveniente dalle cave dell’isola di Paro, che i Greci usavano solo per opere di grande pregio. Il Trapezophoros faceva parte di una tomba monumentale composta da undici pezzi risalente al IV sec. a.C., che fu scoperta tra il 1974 e il 1975 da tombaroli. Una parte del corredo fu sequestrata dalla guardia di finanza nel 1978, invece la coppia dei grifoni, il bacino, il cratere e la statua di Apollo furono vendute a un mercante d’arte e finirono in una famosa casa d’asta americana per essere poi acquistati dal Getty Museum di Malibu.

Nel 2007 il corredo della tomba è stato in massima parte recuperato e restituito alla fruizione.

Da poco, inoltre, il Museo ospita la sala con i mosaici provenienti dagli scavi archeologici della Villa romana di Faragola.

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LA LONTRA, regina dei fiumi di Pino Curci

È lei la vera <regina dei fiumi>, almeno di quelli europei. Circa cinquant’anni fa era a rischio estinzione, soprattutto in Italia.

Poi il <Progetto Lontra> promosso dal Wwf Italia permise prima di effettuare un censimento dei nuclei superstiti lungo i corsi d’acqua e, successivamente, la tutela e il ripopolamento dell’affascinante mustelide. Tra i fiumi censiti vi era anche l’Ofanto e qui, in un tratto della fiumara di Atella, uno dei suoi più importanti affluenti, fu scoperta una piccola, modesta popolazione.

Di acqua ne è passata sotto il ponte romano di Santa Venere o quello di Canosa e con l’acqua anche qualche esemplare errante della lontra, tant’è che adesso è stato notato nella parte medio bassa dell’asta principale dell’Ofanto.

Una presenza accertata e testimoniata con tanto di immagini da Pino Cava,

PATRIMONIO NATURALE E BIODIVERSITÀ

comandante del Nucleo di Vigilanza ittico faunistico ambientale di Barletta.

La località resta segreta, per fortuna, in quanto non sono pochi i bracconieri che imperversano nella zona.

La presenza della lontra nella parte medio bassa dell’Ofanto è un buon segno per tutto il territorio ricadente nel bacino idrografico (oltre 2.700 chilometri quadrati tra Campania, Basilicata e Puglia). Il mustelide, infatti, è considerato un importante <indicatore biologico>. Lì dove vive la lontra, insomma, la qualità dell’ambiente, delle acque e del fiume è buona. Tutto questo a onta della presenza di un grande insediamento industriale (San Nicola di Melfi) e degli interventi di <sistemazione fluviale> ormai abbandonati in tutta Europa ma ancora incombenti in Puglia.

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Una piccola digressione: ovunque si sta decidendo di dare ampio spazio ai fiumi per far sì che, in occasione di eventuali disastrose piene, sempre possibili in questi tempi di vistosi cambiamenti climatici, le acque scarichino la loro energia in anse, golene e argini e non sui territori circostanti provocando ingenti danni alle colture e alle strutture presenti.

In Puglia si prosegue con vecchie e dannose pratiche. Forse chi decide questi interventi è un po’ in ritardo per quel che riguarda gli aggiornamenti professionali.

Forse...

Intanto, a onta di tutto ciò, la lontra è tornata anche nel tratto pugliese dell’Ofanto. In barba, anzi barbigli, a tutte le manomissioni dell’uomo.

Piano d’azione nazionale per la conservazione della Lontra (Lutra lutra) a cura di Manuela Panzacchi, Piero Genovesi e Anna Loy Collana Quaderni di Conservazione della Natura di Ministero per la protezione dell’Ambiente, del Territorio e del Mare e ISPRA (gennaio 2009)

La presenza della Lontra nel bacino del fiume Ofanto (Puglia, Basilicata e Campania) a cura di Vincenzo Cripezzi*, Antonio Dembech*, Anna Maria La Nave*, Maurizio Marrese* e Matteo Caldarella** *LIPU | Delegazione provinciale di Foggia **Museo provinciale di Storia Naturale di Foggia Stazione di Monitoraggio Ambientale dei Monti Picentini III Convegno Nazionale “La Lontra (Lutra lutra) in Italia: distribuzione, censimenti e tutela” 2001 | Montella (AV)

PATRIMONIO NATURALE E BIODIVERSITÀ

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IL BOSCO RIPARIALE

di Ruggiero Maria Dellisanti

Uno studio dell’ISPRA del 2003 sulla gestione delle aree di collegamento ecologico funzionale afferma che la tutela degli ambienti naturali, attuate attraverso l’istituzione di aree protette, deve avvenire attraverso la formazione di reti ecologiche naturali tenendo conto delle dinamiche biologiche a scala di paesaggio. Nella rete ecologica gli ambienti naturali, quali i paesaggi caratterizzati dal binomio acqua e bosco, rappresentano un patrimonio ambientale indisponibile per le attività antropiche.

Il Parco del fiume Ofanto racchiude al suo interno la zona 1 di protezione integrale estesa per 7.571,819 ettari, (24-8-2010 Supplemento ordinario n. 205 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n.

197 Regione Puglia, pag. 54) identificata come conservazione degli habitat prioritari ZSC (ex SIC) IT9110005 “Fiume Ofanto Lago di Capacciotti”.

Quest’area è un sito d’importanza comunitaria per la conservazione dell’habitat delle zone umide mediterranee oltre che di rilevanza naturalistica in relazione alla conservazione di numerose specie della avifauna di passo posta lungo le rotte migratorie tra il nord Africa e il nord Europa.

All’interno della zona umida, in passato era presente la tipica vegetazione delle foreste a galleria di Salix alba e Populus alba, “direttiva Habitat” 92/43”, costituiti da boschi di salici, pioppo bianco, nero e frassino. Fino agli anni settanta del novecento, queste essenze prosperavano rigogliose lungo le aree golenali, appartenenti al demanio regionale del fiume Ofanto. Negli ultimi decenni, complici le attività antropiche, i boschi PATRIMONIO NATURALE E BIODIVERSITÀ

ripariali sono stati sostituiti e occupati abusivamente da coltivazioni di orti e vigneti, compromettendo l’intero sistema idraulico e l’intera rete ecologica del fiume.

I boschi ripariali hanno un ruolo fondamentale che la natura gli ha attribuito, essi contribuiscono a consolidare gli argini favorendo il deposito di sedimenti, formano una fascia tampone posta tra l’area del fiume e il territorio circostante, proteggono gli ambienti acquatici da possibili inquinanti esterni e sono importanti biofiltri naturali per la depurazione delle acque.

Tutti gli interventi colturali svolti all’interno degli argini, oltre a rappresentare 9

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un grave problema di ordine ecologico, rappresentano anche una minaccia per la incolumità pubblica per le possibili piene improvvise. Di fatto le aree golenali, poste tra gli argini, hanno perso gran parte della valenza naturalistica a causa dell’abusiva azione antropica.

L’inchiesta della Procura di Trani del 2004, denominata “Fiume rubato”, portò a l’incriminazione di 115 coltivatori abusivi posti lungo il versante destro del fiume, la Procura non aveva giurisdizione per la sponda sinistra, di competenza della Provincia di Foggia.

Il processo a carico di agricoltori e complici, alcuni dei quali accusati anche di associazione a delinquere, si concluse nel 2006 con la richiesta di reclusione dai tre ai quattro mesi, con il ripristino dello stato naturale e con la restituzione dei fondi illecitamente occupati. Il giudice monocratico del Tribunale di Barletta, nella sentenza del 10 marzo 2006, oltre al reato penale si concentrò su di un aspetto innovativo, qual era il recupero del territorio.

Gli agricoltori vennero, inoltre, condannati a PATRIMONIO NATURALE E BIODIVERSITÀ

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una multa di cinquecento euro a testa, alla confisca delle piantagioni, alla restituzione al demanio dei fondi abusivamente coltivati e al ripristino dello stato dei luoghi con il risarcimento pari al 50 per cento del danno arrecato. L’altra metà del risarcimento fu fissata a carico degli enti locali, Comuni, Provincia e Regione che, pur costituendosi parte civile, erano rei di non aver attivato negli anni passati alcun tipo di controllo, permettendo l’occupazione dei terreni demaniali. Il sopraggiunto indulto (Legge, 31/07/2006 n° 241) rese nulle le disposizioni della sentenza di primo grado e a tutt’oggi gran parte di quei contadini occupa ancora abusivamente le aree golenali a ridosso del fiume.

Ad oggi la Provincia BAT, Ente di gestione del Parco Regionale del fiume sin dal maggio 2013, non ha ancora ripristinato la legalità sul fiume, con le coltivazioni abusive che permangono sulle aree golenali impedendo la riconquista del bosco ripariale e con esso il miglioramento ecologico del fiume Ofanto.

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La cipolla BIANCA di margherita igp

di Maria Luisa Amodio | Professore Associato di Macchine e Impianti per le Industrie Alimentari, Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimenti, Risorse Naturali e Ingegneria (DAFNE), Università di Foggia

Nella valle dell’Ofanto “a cipodd”, la cipolla, è una sola: la cipolla bianca di Margherita di Savoia. In realtà si tratta di diversi ecotipi ma con un denominatore comune: la zona di produzione che dona unicità alle caratteristiche organolettiche.

La cipolla bianca di Margherita ha difatti ottenuto nel 2015 il marchio IGP “Indicazione Geografica Protetta”: la provenienza protetta è quella del territorio che si estende dalla foce del fiume Ofanto alla foce del torrente Candelaro; circa 400 ettari, compresi tra i comuni di Margherita di Savoia, Zapponeta e Manfredonia.

Questo areale, caratterizzato da condizioni climatiche miti durante il periodo invernale e primaverile e dal particolare suolo sabbioso con presenza di una falda molto superficiale, grazie anche alla secolare attività degli agricoltori del posto, ha fatto sì che si selezionassero degli ecotipi molti diversi dalle comuni cipolle a cui siamo abituati.

Si tratta, in particolare, di 3 ecotipi della specie Allium Cepa (famiglia delle Liliaceae) che, come dicono i loro nomi, si differenziano per la precocità di produzione in:

La differenza tra la cipolla bianca di Margherita e le altre sta nel maggiore contenuto di acqua, che la rende meno idonea alla lunga conservazione, e nel minor contenuto di sostanza secca, che però si caratterizza per l’elevato contenuto di zuccheri, rendendola più dolce delle cipolle che conserviamo secche. Si tratta di un prodotto fresco che, come tale, va consumato in un tempo relativamente breve, nell’arco di 2 settimane dalla raccolta se tenuto a temperatura ambiente o in tempi più lunghi (30-40 giorni) se frigoconservato.

Maggiaiola: tipologia meno precoce, epoca di raccolta maggio, avente la forma meno schiacciata;

Si presenta tenera, succulenta e croccante e, per rispondere al disciplinare, deve essere bianca fino al cuore. Il terreno sabbioso consente infatti di interrarla a mano, in profondità, favorendo così il suo completo imbianchimento. La leggerezza del terreno, inoltre, non opponendo resistenza allo sviluppo dei bulbi, permette di ottenere un prodotto perfetto, privo di difetti di forma.

Giugniese e Lugliatica: tipologia a maturazione tardiva, epoca di raccolta giugno-luglio, avente forma più isodiametrica.

Tutto questo, e molto di più, è regolamentato all’interno del disciplinare di produzione IGP, al quale ha contribuito l’Università di Foggia.

Marzaiola o Aprilatica: tipologia precoce, epoca di raccolta a partire da metà marzo, con forma schiacciata ai poli;

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E sempre l’Università di Foggia sta accompagnando la crescita e lo sviluppo di questo prodotto attraverso un progetto PSR finanziato dalla regione Puglia, dal titolo “CIPOMAR-Innovazioni per il miglioramento produttivo della cipolla di Margherita IGP”. In questo progetto l’Università di Foggia, in collaborazione con le aziende agricole, con il Consorzio per la valorizzazione e la tutela della cipolla bianca di Margherita IGP e con altre

eccellenze nella ricerca e trasferimento tecnologico, sta assistendo i produttori per l’ottimizzazione e il miglioramento di tutte le fasi della filiera, dalla produzione alla conservazione.

I risultati saranno disponibili entro la fine del prossimo anno, ma non aspettare ancora per provarla: la riconosci dal logo che la ritrae su uno sfondo in cui appaiono la spiaggia, il mare e il sole della Puglia!

Gli arenili

Gli arenili sono frutto del lungo lavoro svolto dai contadini che nei secoli scorsi hanno lentamente bonificato le aree paludose che caratterizzavano l’area. La bonifica è avvenuta con riporti di sabbia prelevata dalle dune marine, trasportata con carri, carriole e a spalla e stabilizzata con lunghe letamazioni con paglia di lettiera e stallatico, creando così una delle più floride e produttive pianure orticole d’Italia.

Processo produttivo

La forma di conduzione prevalente è di tipo familiare, testimoniando un’economia agricola basata su modelli tradizionali poco sviluppati sotto il profilo tecnologico, con scarso livello di meccanizzazione e un forte impiego di manodopera. In seguito alla raccolta manuale viene favorita l’asciugatura dei bulbi, mantenendoli in campo per alcune ore dopo la raccolta. Al successivo trasporto in magazzino segue la spazzolatura, la calibratura e il confezionamento del prodotto. (fonte BiodiverSO | Progetto “Biodiversità delle specie orticole della Puglia” Università di Bari)

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ODE ALLA CIPOLLA | PABLO NERUDA

Cipolla, luminosa ampolla, petalo su petalo s’è formata la tua bellezza squame di cristallo t’hanno accresciuta e nel segreto della terra buia s’è arrotondato il tuo ventre di rugiada.

Sotto la terra è avvenuto il miracolo e quando è apparso il tuo lento germoglio verde, e sono nate le tue foglie come spade nell’orto, la terra ha accumulato i suoi beni mostrando la tua nuda trasparenza, e come con Afrodite il mare remoto copiò la magnolia per formare i seni, la terra così ti ha fatto, cipolla, chiara come un pianeta, e destinata a splendere costellazione fissa, rotonda rosa d’acqua, sulla mensa della povera gente.

Generosa sciogli il tuo globo di freschezza nella consumazione bruciante nella pentola, e la balza di cristallo al calore acceso dell’olio si trasforma in arricciata piuma d’oro.

Ricorderò anche come feconda PATRIMONIO NATURALE E BIODIVERSITÀ

la tua influenza l’amore dell’insalata e sembra che il cielo contribuisca dandoti forma fine di grandine a celebrare la tua luminosità tritata sugli emisferi di un pomodoro.

Ma alla portata delle mani del popolo, innaffiata con olio, spolverata con un po’ di sale, ammazzi la fame del bracciante nel duro cammino.

Stella dei poveri, fata madrina avvolta in delicata carta, esci dal suolo, eterna, intatta, pura, come semenza d’astro, e quando ti taglia il coltello in cucina sgorga l’unica lacrima senza pena.

Ci hai fatto piangere senza affliggerci.

Tutto quel che esiste ho celebrato, cipolla, ma per me tu sei più bella di un uccello dalle piume accecanti, ai miei occhi sei globo celeste, coppa di platino, danza immobile di anemone innevato e vive la fragranza della terra nella tua natura cristallina.

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I TESTIMONIAL DELLA CIPOLLA Bianca di margherita di savoia igp Lino Banfi «si sente il mare!»

Renzo Arbore

«ti fa piangere ma ti fa piangere dal piacere»

Mario Tozzi

«viene coltivata in condizioni apparentemente impossibili»

Antonio Lopez

«è “nu ranaroul”, i contadini che producono i loro ortaggi in una striscia di terra che sono negli arenili»

Ruggiero Russo

«da 60 anni prende i semi delle cipolle»

PATRIMONIO NATURALE E BIODIVERSITÀ

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PASSEGGIANDO IN VIA VITRANI A BARLETTA di Michelangelo Filannino

In via Vitrani, a Barletta, c’è un sito archeologico, poco noto, valorizzato di recente dagli studenti del vicino Liceo classico. Si tratta di parte del cimitero della chiesa di S. Francesco extra moenia, distrutta nel 1528 durante lo strano assedio di Renzo da Ceri che, al soldo dei Francesi, portò la morte uscendo dal Castello, dall’interno della città, per radere al suolo i quartieri fuori le mura. Lo sterminio e la devastazione non evitarono che subito dopo Barletta fosse restituita agli Spagnoli.

Il borgo in cui si trovava la chiesa di S. Francesco fu sicuramente popolato sin dal 14° secolo da una comunità che comprendeva famiglie provenienti da diverse regioni italiane e straniere. A testimoniarlo ci sono le lastre tombali che possiamo intravedere passeggiando in via Vitrani.

PATRIMONIO STORICO-ARTISTICO E BENI CULTURALI

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Ed ecco Virgilia de Giardullo, sposa di Aloysius de Minadois, tedesco; Andrea Bonarota di Firenze; Venturo Cerli di Firenze; Cucio di Lucca, Leone di Modena, Stefano di Atri.

Ciò che rende questo sepolcreto davvero unico è il fatto che le lastre tombali non appartengono a famiglie nobili, ma al ceto borghese: ce lo rivelano le decorazioni delle lastre. Sulla tomba di Grifo de Portanai sono incise delle porte; Stefano di Atri era un sellaio, Nicola di Giovanni costruiva carri.

Si resta sorpresi nel leggere l’epigrafe di Franco Miracapillo, il cui cognome esiste immutato ancora oggi, specialmente in Andria.

Michelangelo Filannino Le epigrafi di Barletta Rotas editrice, 2019

È la seconda edizione della raccolta delle epigrafi di Barletta, con una interessante novità: la trascrizione di ciascuna epigrafe è corredata da un codice QR che permette la visualizzazione della fotografia dell’epigrafe stessa. Le fotografie sono archiviate nel sito appositamente creato dalla redazione della Rotas (Beppe Santo e Chiara Esposito): un’interessante fusione fra il libro tradizionale e il digitale che speriamo faciliti la lettura, una sana abitudine in crisi.

PATRIMONIO STORICO-ARTISTICO E BENI CULTURALI

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Salvatore Riontino Canneto Beach 2 di Margherita di Savoia “Tra distese di sabbia e sale che hanno reso celebre la località, specialità di mare e ricette tipiche della Valle dell’Ofanto, nonché pizze dalle ricercate e inusuali farine, mentre Antonio, rinomato sommelier, saprà consigliare il vino giusto fra le tante etichette disponibili nella bella cantinetta a vista”.

Così recita nella guida Michelin la recensione sul ristorante Canneto Beach 2 di Margherita di Savoia, guidato da ben 4 generazioni dai Riontino. L’ingrediente che rende vincente la “ricetta” Riontino è proprio la famiglia. Lo chef Salvatore e sua moglie Filomena, lady chef pasticcera, sono affiancati dai loro 3 figli.

Il “piccolo” chef Giuseppe, con la sua maestria, assicura la presenza del Canneto Beach 2 nella guida Gambero Rosso Pizzeria dal 2019 con il riconoscimento di miglior giovane pizzaiolo emergente del Sud Italia.

Antonio, maître-sommelier nonché esperto degustatore di olio extra vergine di oliva, nominato maître dell’anno 2017 per guida Radici, miglior sommelier di Puglia 2017 e miglior sommelier

professionista d’Italia dell’anno 2018 per Solidus, accompagna gli ospiti tra circa 300 etichette di vini pregiati, soprattutto pugliesi. E Rachele, la direttrice di questa gustosa e affiatata orchestra, accoglie e soddisfa le esigenze e i desideri degli ospiti.

Dal 2013 il Canneto Beach 2 è riconosciuto dalle guide Michelin mentre dal 2019 lo ritroviamo fra le chiocciole della Guida Osterie d’Italia di Slow Food. Inoltre, dal 2015 lo chef Salvatore aderisce all’Alleanza Slow Food dei Cuochi ed è da sempre in prima linea contro lo Spreco Alimentare.

A ragion veduta, Salvatore Riontino può essere considerato l’ambasciatore di eccellenza nel mondo della cucina autoctona “salinara”. Di seguito alcuni dei piatti con protagonista “a cipodd”, la cipolla bianca IGP di Margherita di Savoia.

ENOGASTRONOMIA

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#SLOWOFANTO

Lo chef Salvatore ci mostra la preparazione delle Cipolle ripiene al forno con asparagi, ricotta di pecora, cacio podolico e pecorino canestrato delle Murge, il tutto con salsa di salicornia e crumble di taralli Fiore di Puglia.

Risotto alla cipolla bianca di Margherita IGP con pancetta tesa e pane raffermo d’Altamura.

Scopri e sperimenta la ricetta!

Ed ecco lady chef Filomena preparare la Trippa di vitello con patate e cipolla di Margherita.

Il pizza chef Giuseppe ci regala la ricetta della Pizza Margherita di Savoia con cipolla bianca IGP, mozzarella di bufala campana DOP e caciocavallo podolico PAT del Gargano.

Ricetta del Polpo grigliato con vincotto di calamari, cipolla bianca di Margherita di Savoia e aria di mare.

(Foto di Mauro Di Leva)

ENOGASTRONOMIA

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#SLOWOFANTO

RECICLAIR | L’IDEA CHE NON C’ERA A ridosso del Parco Naturale Regionale Fiume Ofanto è presente l’azienda Reciclair, uno dei centri autorizzati più attrezzati nella regione Puglia per il conferimento di rifiuti inerti non pericolosi provenienti principalmente da scavi e demolizioni. Oltre che operare nel settore della raccolta e del trasporto dei suddetti materiali, Reciclair si occupa anche del loro riciclaggio, ovvero produce e vende materiali riciclati derivanti dalla lavorazione di rifiuti inerti provenienti dal settore edile.

Gli impianti, tecnologicamente avanzati e conformi ai migliori standard di sicurezza ambientale e sul lavoro, insistono su una superficie attrezzata di circa 15 mila metri quadrati ubicata a Barletta sulla Strada Statale 16, Via Foggia, alla Contrada Santacroce.

TESSUTO PRODUTTIVO

L’azienda possiede una comprovata esperienza anche in opere di scavi, demolizioni, canalizzazioni, lavori di giardinaggio, realizzazione di vigneti e commercio di pietre ornamentali. Fornisce inoltre un servizio noleggio di piccole attrezzature per l’edilizia e dispone di un parcheggio custodito, con aree di sosta anche per il ricovero di mezzi e veicoli da lavoro, ideale per le imprese impegnate in lavori nei comuni limitrofi.

Presentare Reciclair ci sembra doveroso per il contributo dato alla riduzione della quantità di rifiuti prodotti e, dunque, all’aumento della quantità di materiale da recuperare e avviare a riutilizzo. Ricordare l’esistenza di una tale realtà vuole contribuire anche a ridurre il fenomeno dell’abbandono di

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#SLOWOFANTO

rifiuti e altri comportamenti illeciti che da decenni deturpano il paesaggio ofantino, contaminando acqua e suolo.

BIC Puglia Sprind e finanziato dal Ministero dell’Ambiente, dimostrò quanto fosse diffusa tale pratica criminale.

Gli inerti dell’edilizia rappresentano infatti una delle tipologie di rifiuti più frequentemente abbandonate lungo le sponde del fiume Ofanto. Già nel 2003, la prima sistematica opera di bonifica della foce all’interno del Progetto integrato per la salvaguardia e la valorizzazione ambientale della foce del fiume Ofanto, commissionato dal Comune di Barletta al

A distanza di quasi 20 anni, è sufficiente passeggiare lungo le rive ofantine per verificare che, purtroppo, c’è chi persevera impunito: ad aprile l’associazione Barletta Sportiva ha restituito dignità a Caposaldo Cittiglio, simbolo della resistenza italiana, raccogliendo rifiuti abbandonati, la maggior parte di essi rappresentati da inerti dell’edilizia.

Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Barletta-AndriaTrani e Foggia | Permeabilità dei suoli

Di seguito lo stralcio di uno dei contributi inviati dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di BarlettaAndria-Trani e Foggia in seguito ai tre tavoli tematici della Conferenza di Copianificazione, in vista dell’adozione del Piano del Parco Ofanto.

Art. 30 Norme Tecniche di Attuazione (Prescrizioni e direttive generali per le zone “C” di protezione) All’art. 30, co. 5, lettera k): a scanso di equivoci, occorrerebbe specificare che, in generale, tutte le pavimentazioni delle superfici scoperte debbano essere realizzate con materiali che garantiscano la permeabilità dei suoli.

Nella Determinazione di adeguamento si prende atto del contributo formulato e conseguentemente viene modificato il seguente elaborato: Norme Tecniche di Attuazione (art. 30)

La caratterizzazione dei materiali antropici come buona prassi per la tutela della falda idrica dalla contaminazione: il contributo di ARPA Puglia

Il contributo di ARPA Puglia, a cura di Raffaele Lopez*, Noemi La Sorsa*, Mina Lacarbonara**, Ciro Galeone* e Vittorio Esposito*, è consultabile a pag. 80 del libro degli abstract Il contributo dell’innovazione scientifica e amministrativa verso la riforma del settore delle bonifiche, RemTech Expo - a cura di Vito Felice Uricchio e Silvia Paparella *Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale (ARPA) Puglia – Dipartimento di Taranto **Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale (ARPA) Puglia – Direzione Scientifica U.O.C. Acqua e Suolo, Bari

TESSUTO PRODUTTIVO

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Sporchiamoci le scarpe… e anche le mani di Francesco Sfregola | ASD Barletta Sportiva

Ci siamo chiesti più volte: che cos’è l’Ofanto? Un luogo inesplorato e pericoloso, un corso d’acqua inquinato e inaccessibile, un territorio lasciato al degrado e all’abusivismo, un elemento geografico, un ricordo scolastico, un territorio nascosto da guardare con distacco quasi non ci appartenesse.

L’Ofanto non lo scopri finché non ci metti i piedi dentro e ce li metti sulle sue sponde argillose e melmose, nelle aree golenali intensamente arate, tra i suoi fitti canneti e sugli argini maestri. E più ci metti i piedi dentro e più ti sporchi le scarpe di fango, più nasce la voglia di conoscerlo, di esplorarlo, di scoprirlo, seguendo le sue anse sinuose nella piana della Battaglia, camminando sulle sponde oppure alla Foce o sotto i ponti di strade e ferrovie che lo scavalcano.

E ogni volta tanta bellezza nascosta si svela ai nostri occhi e ci sorprende: il fiume

NOTIZIE DALLE COMUNITÀ OFANTINE

con il suo incedere lento, quasi fermo, silenzioso, con le sue acque limacciose mentre tutt’attorno la natura esplode in tutte le sue forme a volte libere di esprimersi a volte imbrigliate dall’uomo con uno sfruttamento eccessivo e dannoso. È nata quindi, tra gli amici della Asd Barletta Sportiva e il suo presidente Enzo Cascella, la voglia di conoscere ed esplorare questo territorio, così vicino ma così misterioso.

Ma non è stata solo la bellezza della natura a svelarsi; purtroppo anche tanto degrado: terreni strappati alla vegetazione fluviale, canneti bruciati per far posto a colture intensive, utilizzo irriguo delle acque, rifiuti abbandonati lungo gli argini. E allora il nostro impegno si è fatto concreto con azioni di ripristino e salvaguardia dei luoghi, come Caposaldo Cittiglio, che abbiamo voluto adottare sottraendolo più di una volta a uno scellerato destino di deposito di rifiuti ma anche, in quanto

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parte residuale dell’antico ponte, eleggerlo a simbolo per la futura costruzione di un attraversamento leggero ciclopedonale che unisca le due sponde e che eviti di percorrere le strade statali ad alta densità di traffico, molto pericolose per la mobilità lenta.

E a proposito, in un recente evento di tutela dell’habitat fluviale, abbiamo gettato un ponte ideale con gli amici della San Ferdinando Master, con cui ci siamo incontrati in un simbolico abbraccio dalle rispettive sponde a sancire la vicinanza degli obiettivi delle popolazioni ofantine.

Barletta Sportiva, nell’ambito degli impegni assunti con la sottoscrizione del protocollo di intesa con il Parco Naturale Regionale Fiume Ofanto, continuerà a promuovere azioni di sensibilizzazione e buone pratiche per la conservazione e valorizzazione di questo straordinario patrimonio, unico e delicato.

di tutti, possa diventare un’area green vissuta attraverso percorsi di mobilità dolce e sostenibile, in un sistema integrato di cammini, ciclovie e ferrovie che si interconnetta alle vie di comunicazione già esistenti. Abbiamo tanto da fare, gli ostacoli sono tanti, sia fisici che culturali, ma continueremo a sporcarci le scarpe... e anche le mani. Noi ci siamo, buon cammino.

Sporcandoci le scarpe ma anche le mani vorremmo che questo territorio, con l’aiuto Comune di Trinitapoli: Ponte ciclopendonale in località Cittiglio

Di seguito lo stralcio di uno dei contributi inviati dal Comune di Trinitapoli in seguito ai tre tavoli tematici della Conferenza di Copianificazione, in vista dell’adozione del Piano del Parco Ofanto.

Ponte ciclopedonale in loc. Cittiglio e guadi esistenti: “... si chiede di esplicitare graficamente all’interno delle tavole della Carta degli Interventi (Tav. IX.1) e del Sistema Infrastrutturale per la mobilità lenta e la fruizione dei beni patrimoniali del Parco (Tav.X.3) sia il Ponte ciclopedonale in località Cittiglio, così come previsto negli obiettivi generali e specifici del Piano all’art.5 c.2 l. E.2.3, che la localizzazione dei guadi esistenti, che restano attualmente gli unici corridoi di attraversamento e fruizione lenta del fiume, seppur nella propria condizione di precario utilizzo legata alla variabilità delle portate del corso d’acqua”.

Nella Determinazione di adeguamento si prende atto del contributo formulato e conseguentemente vengono modificati i seguenti elaborati: Carta degli Interventi (Tav. IX.1) Sistema Infrastrutturale per la mobilità lenta e la fruizione dei beni patrimoniali del Parco (Tav.X.3)

NOTIZIE DALLE COMUNITÀ OFANTINE

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VAS, Copianificazione e Consultazione pubblica

di Sabrina Salerno

Il 5 maggio Slow Ofanto ha diffuso un comunicato stampa sulla opportunità di rendere pubblici i documenti relativi alle Attività di Concertazione e alla Conferenza di Copianificazione, in seno alla Valutazione Ambientale Strategica mirata a dotare il Parco Naturale Regionale Fiume Ofanto degli strumenti necessari a diventare operativo.

Ai sensi della Convenzione di Aarhus, riteniamo doveroso non solo garantire ma anche favorire ogni cittadino nella fruizione del diritto ad avere un’adeguata informazione e a prendere parte ai processi decisionali amministrativi, per garantire il miglioramento e la salvaguardia dell’ecosistema.

Lo scambio con il Direttore del Parco Ofanto, arch. Mauro Iacoviello, ha dato i primi frutti: nel sito web provinciale, alla sezione dedicata alla gestione provvisoria del Parco, è stata pubblicata in maniera permanente la Relazione sugli esiti della

Conferenza di Copianificazione, già presente, dal 26 aprile all’11 maggio 2021, nell’Albo Pretorio della Provincia BAT come Deliberazione del Presidente (n. 27 del 23.04.2021).

Vi troviamo, oltre alle premesse e alla descrizione dell’avvio delle Attività di Concertazione, l’iter seguito in seno alla Conferenza di Copianificazione, completo del calendario dei tavoli tematici, delle deleghe degli enti invitati, dei verbali degli incontri e dei contributi scritti pervenuti.

La Provincia di Barletta-Andria-Trani, in qualità di soggetto gestore del Parco N.R.F. Ofanto, ha strutturato la Conferenza in tre tavoli tematici (Paesaggio, beni culturali e fruizione del 24 marzo 2021, Adattamento ai cambiamenti climatici del 25 marzo 2021 e Rapporti con la pianificazione locale del 26 marzo 2021), individuando per ciascun tavolo tematico un insieme di soggetti, quali interlocutori specifici con competenze pianificatorie e programmatorie nelle materie trattate.

Focalizzando l’attenzione sul tavolo tematico “Rapporti con la pianificazione locale”, al quale è stata invitata la Comunità del Parco (Province di BarlettaAndria-Trani e di Foggia, gli 11 Comuni rientranti nel Parco, la Comunità montana dei Monti Dauni meridionali, la Comunità montana della Murgia di nord-ovest e i 3 Comuni contigui di Melfi, Montemilone e Lavello), si nota che erano presenti, oltre alla Provincia Barletta-AndriaTrani, i Comuni di Barletta, Margherita di Savoia, Minervino Murge, Spinazzola e Trinitapoli.

ASSETTO ISTITUZIONALE E NORMATIVO

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Il Comune è l’ente locale più vicino al cittadino, ha il dovere di favorire l’essere comunità, sostenere e assistere la popolazione che, d’altra parte, proprio attraverso il Comune dovrebbe far sentire la propria voce. Oggi assistiamo a una pandemia che colpisce duramente un territorio, quello ricadente nel Parco Ofanto, già alle prese con un’allarmante crisi socio-economica nel periodo preCovid19. Contemporaneamente, nello stesso territorio sta prendendo forma un Parco Naturale Regionale dedicato al fiume più importante della Regione Puglia, un’opportunità di rinascita che non bisognerebbe lasciarsi sfuggire, anche in virtù del crescente interesse nei confronti della biodiversità e della natura, della sicurezza, della qualità e dell’autenticità che un’area protetta può offrire a residenti e visitanti.

La proposta che rivolgiamo alla Provincia Barletta-Andria-Trani, in qualità di soggetto gestore del Parco N.R.F. Ofanto, e a tutta la Comunità del Parco è di recuperare le lacune rispetto alla partecipazione dei soggetti locali puntando sull’imminente fase di Consultazione Pubblica in seno alla VAS, al fine di renderla quanto più possibile espressione delle comunità ofantine.

Potrebbe essere organizzata una fase preliminare di presentazione dello Schema di Piano unitamente al Rapporto Ambientale intermedio (VAS) e agli altri strumenti attuativi (Piano Pluriennale economico e Sociale, Regolamento del Parco, Piano antincendio boschivo) rivolta a quei soggetti pubblici e privati che si ritiene necessario coinvolgere, ovvero Associazioni per la difesa dell’ambiente, Associazioni e Federazioni di agricoltori, Associazioni culturali per la difesa e valorizzazione del patrimonio culturale, Proloco, Istituti di istruzione secondari, Università ed Enti di ricerca (Politecnico di Bari, Università degli Studi di Foggia ASSETTO ISTITUZIONALE E NORMATIVO

#SLOWOFANTO

- Dipartimento di Scienze Agrarie, degli alimenti e dell’ambiente, CNR IRSA – Bari, Istituto Agronomico Mediterraneo), Gruppi di azione locale (GAL), Ordini e Collegi professionali, Soggetti con specifiche competenze in materia di reti e infrastrutture. Procedere poi con dei tavoli tematici per riflettere insieme su sogni e bisogni e giungere a proposte condivise da presentare quali contributi.

Essendo il Parco Ofanto un’area protetta regionale e data la mole di cittadini ed Enti Locali interessati, nel suddetto processo partecipativo potrebbe essere coinvolta la Regione Puglia attraverso l’organismo Puglia Partecipa.

Nell’ambito della Promozione della partecipazione presso gli enti locali, un Protocollo d’intesa tra la Giunta regionale e l’Ente gestore del Parco Ofanto garantirebbe supporto tecnico alla progettazione e alla facilitazione del processo partecipativo, nonché nell’organizzazione di presidi territoriali e di incontri tematici per la promozione e lo svolgimento degli strumenti e dei processi partecipativi locali.

Il gruppo di lavoro di Slow Ofanto sin da ora offre la massima disponibilità, invitando i vari soggetti della comunità ofantina alla partecipazione con responsabilità e spirito collaborativo.

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#SLOWOFANTO

La memoria fondatrice dell’identità culturale ofantina di Ilaria Diterlizzi

Non c’è futuro senza cultura e non c’è cultura senza territorio.

Non ci sarà nel futuro memoria della nostra terra senza testimonianze e senza un archivio, che possa far conoscere alle genti e tramandare ai posteri il significato e l’importanza del fiume Ofanto per la nostra comunità. Solo grazie alla funzione collettiva della memoria, gli uomini e le donne possono trasmettere impressioni o informazioni e ricostruire così una propria identità comune. Oggetti, persone, luoghi, eventi sono i riferimenti concreti ai quali la memoria si relaziona: sono elementi dello spazio e del tempo che devono offrire un’immagine di permanenza e di stabilità del nostro territorio. Per poter

esistere e per poter essere tramandata infatti, la memoria necessita di supporti: ricordi personali o familiari, testimonianze, aneddoti e fotografie che parlino o ritraggono il nostro fiume. Ma anche film, libri, poesie, canzoni e sculture dedicati e ambientati nel territorio ofantino e del cui patrimonio disegnino i contorni, rappresentando oggetti, materiali e immateriali, percepiti come rilevanti dalla popolazione locale.

Agisce in questo senso la nuova rubrica Nui sime ofantine del bollettino #slowOfanto: in assenza di un corpus omogeneo e definito di testi scritti sull’Ofanto, la trasmissione orale o fotografica può garantire sicuramente la

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#SLOWOFANTO

sopravvivenza, tramite una condivisione intergenerazionale, di un patrimonio di inestimabile valore. Questa rubrica, che richiama i cittadini alla condivisione di testimonianze sull’Ofanto, nasce infatti con l’obiettivo di creare un archivio digitale popolare in grado di tenere traccia di una memoria collettiva. La necessità è quella di rendere accessibile a tutte e tutti il patrimonio ofantino, di comunicare e di comunicarsi, superando la cerchia degli addetti ai lavori. Dev’essere chiaro che un punto fermo dal quale non poter prescindere è proprio il legame tra la memoria e l’identità. Che cos’è, infatti, la memoria se non la traccia che consente la costruzione di un’identità?

Vogliamo recuperare la storia e la memoria, tutelare e promuovere saperi e mestieri, valorizzare il patrimonio naturale e culturale che l’Ofanto possiede. In questo modo la memoria storica ofantina sarà in grado di caratterizzare ancor di più i cittadini delle aree interessate dal fiume sia nella loro individualità sia in quanto membri di uno specifico raggruppamento sociale e, dunque, portatore di valori culturali.

Risulta quantomai necessario donare speranza e attivare entusiasmi e reazioni, affinché non solo non si dimentichi ma soprattutto si (ri)costruisca insieme il senso di comunità, con le sue dinamiche di scambio e condivisione, in chiave innovativa ed ecocompatibile.

Solo così sarà possibile costituire un ensemble di “memorie locali” da tutelare, salvaguardare e, soprattutto, da valorizzare affinché rappresentino le fondamenta di un futuro.

Inviateci ricordi, testimonianze, aneddoti, filmati e fotografie, indicateci film e libri ambientati nel territorio ofantino o poesie, testi, canzoni, disegni e sculture che parlino o ritraggano il nostro fiume. Il materiale può essere inviato all’email slowofanto@gmail.com.

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LILIANA ROSSI di Daniele Cascella

Ci sono persone che lasciano il segno, con il loro passaggio sulla Terra.

donne in una terra e in una epoca ancora profondamente maschiliste.

Un segno forte, caldo, fatto di emozioni e passioni e la vita di Liliana Rossi è uno di questa e l’essere stata breve lo ha reso ancor più potente.

Colpì le cronache del momento, facendo molto scalpore, quando un mese prima della sua morte parlò in un comizio a favore della campagna elettorale del fratello, candidato nel consiglio Comunale di Ascoli Satriano. Non solo una donna che aveva soli 23 anni, di fede comunista in tempi in cui la Chiesa scomunicava chi aveva la tessera di quel partito, parlava su un palco ma aveva anche l’ardire di pronunciare vocaboli in cui si chiedevano diritti ed emancipazione femminile.

Sembra quasi che lo sapesse, Liliana, che sarebbe morta di embolia a 23 anni e per questo ha vissuto tutta la sua breve vita bruciando tutte le tappe, quasi divorandole.

Nata a Bovino e cresciuta ad Ascoli Satriano dove il padre svolgeva l’attività di medico, a 16 anni prese la maturità classica a Foggia per poi iscriversi alla Facoltà di Giurisprudenza di Napoli, città natia della madre. Qui si laureò a soli 20 anni con il massimo dei voti e la Dignità di stampa.

Ma questo è solo una piccola parte dei suoi innumerevoli impegni. In contemporanea studia violino, fa corsi di perfezionamento e concerti. Pubblica articoli su riviste giuridiche, fonda un Circolo cinematografico a Foggia, collabora con la Rai di Bari ma soprattutto fa attività politica e sindacale a favore dei più deboli e delle donne anticipando in Puglia quello che sarebbe stato il famoso ‘68. Lei comunista e cattolica, e per questo vista con sospetto da entrambe le parti, si batté strenuamente per i diritti delle

E le donne risposero affollando e riempiendo la piazza. E per far ciò disubbidirono alle regole patriarcali di non partecipazione ai comizi pubblici. Le stesse donne che poi l’accompagnarono festanti a casa a fine comizio.

Purtroppo questa stessa processione si ripeté a distanza di un mese quando Liliana Rossi morì giovanissima a Foggia.

Il Vescovo le negò i funerali in Chiesa per il suo essere comunista, chiudendo le porte innanzi al feretro ma le “sue donne” non la tradirono, non la lasciarono sola. Vestite tutte di bianco, recuperando gli abiti da comunione o da sposa l’accompagnarono per l’ultimo viaggio al cimitero in segno di rispetto.

Il ricordo di Liliana Rossi rimase impresso nei ricordi degli abitanti nella Daunia e Michele Placido originario di quelle terre le volle rendere omaggio con il suo bellissimo film “Del perduto amore” per la sua quarta regia.

Scritto dallo stesso Placido insieme a Domenico Starnone fu girato nel 1994 a Irsina dove furono ricreati i borghi dauni.

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Ad affiancarla vi era un cast artistico di tutto rispetto tra i quali Fabrizio Bentivoglio, Rocco Papaleo, Sergio Rubini, Enrico Lo Verso e tanti altri.

Ma fondamentale fu la partecipazione di tantissime giovani attrici come ad esempio Luciana Paolicelli. Si segnala inoltre la presenza nei ruoli tecnici di Blasco Giurato (Nuovo Cinema Paradiso) per la Fotografia e il Montaggio di Francesca Calvelli (Il traditore).

Michele Placido in un’intervista dichiarò che con il suo Film aveva voluto rendere un omaggio a lei unitamente al poeta e politico Rocco Scotellaro.

Il Film vinse parecchi premi alcuni dei quali per l’interpretazione di Giovanna Mezzogiorno nel ruolo di Liliana.

“Del perduto amore”, seppur romanzando obbligatoriamente la vita di Liliana Rossi ci fa partecipe delle sue lotte, della sua passione, della sua malattia ma anche delle sue sconfitte e ci fa commuovere quando il portone della Chiesa si chiude davanti al suo feretro rifiutandole l’accesso, lasciandoci inermi e sbigottiti in compagnia delle “sue donne in bianco”.

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Lettere dai Lettori | Marcella Celino Sono Marcella Celino e vi scrivo da Ascoli Satriano per raccontare il mio impegno dedicato alle tradizioni della mia terra.

Ho trascorso la prima infanzia presso le suore domenicane del paese che mi accudivano e coccolavano mentre mia mamma era impegnata nella sua attività di commerciante di frutta. Grazie a una suora che mi teneva particolarmente a cuore e mi portava spesso in cucina ho iniziato a scoprire i profumi della tradizione culinaria ascolana. All’età di otto anni rientro nella mia famiglia e, crescendo, inizio a cimentarmi in cucina. Nasce così una grande passione della quale apprendo pian piano tutti i segreti, seguendo gli insegnamenti di mia mamma. L’arte di cucinare si è affinata col tempo e un giorno una scintilla mi ha spinto a pubblicare il mio primo libro “Seguendo le tradizioni... odori e sapori della mia infanzia”, al quale ne sono seguiti altri due. L’interesse suscitato mi ha portata in giro per l’Italia.

Ho così partecipato a vari eventi cucinando per i partecipanti e presentando i libri. Sono stata ospite di programmi televisivi come Geo di Rai 3 e Alice TV, rinomato per la cucina. Tutto questo mi ha fatto conoscere tante persone che hanno conosciuto e apprezzato la mia terra attraverso la sua

cucina tipica, sentendo i suoi profumi, vedendo i suoi colori e gustando i suoi sapori.

Ho promosso la costituzione dell’associazione culturale Seguendo le tradizioni dedicata alla promozione del territorio di Ascoli Satriano e mi diletto a ideare e realizzare progetti coinvolgendo soprattutto le mie compaesane.

Nel periodo del lockdown ho realizzato delle cartoline che ritraggono il mio paese, abbinando a ogni scorcio un piatto tradizionale. Anche in questa iniziativa ho coinvolto tante persone invitandole a scrivere una ricetta per poi spedirla a una persona cara, magari residente all’estero.

Da poco, insieme a tante casalinghe ascolane, ho realizzato un murales di mattoni vecchi delle fornaci del paese non più in uso scrivendo su ogni mattonella una ricetta tipica del territorio. Ho realizzato delle calamite artigianali e da collezione con scorci del paese o con pietanze tipiche e tante idee mi frullano per la testa... Mi auguro che il Parco dedicato al fiume Ofanto possa promuovere le tradizioni della nostra terra coinvolgendo le popolazioni locali, soprattutto i giovani affinché costruiscano il loro futuro qui dove sono nati.

(foto dal giornale “L’Attacco”)

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IL FIUME E LA REGOLA di Franco Arminio (segue dalla prima)

qualche problema di salute, ha allargato il suo bar, ma si è stretta un’arteria nella testa. Camminiamo verso la rupe, museo dell’aria. Qui faccio qualcuno dei miei comizi solitari, è come vedere il paesaggio da un aereo. Sulla via del ritorno penso alle cose che ho visto. Penso al fatto che nella mia infanzia non sapevo neppure dove fosse il fiume Ofanto. Nella mia infanzia l’Irpinia non c’era. Esisteva Bisaccia, e poi Lacedonia o Calitri. E non esisteva neppure la ferrovia, se non per gli emigranti.

Tutte queste sfumature di verde che poi diventano un solo colore, il giallo di fine giugno e poi il nero di settembre.

Solita fotografia alle due case dentro l’acqua dell’Ofanto sbarrata dalla diga di Conza. Cerchiamo il fiume più avanti, troviamo un ponte caduto che spezza il filo d’acqua. Non ci sono segnali che dicono del fiume. La strada non ti invita a fermarti.

Arriviamo in un groviglio di cemento alle porte di Calitri, innesto di altre strade di dubbia utilità. Non era il fiume la questione dei decenni passati, ma le betoniere.

Si cercava di pescare la ricchezza nel cemento, la famosa e delirante economia del mattone a cui in quegli anni si aggiunse l’idea di portare industrie che nella maggior parte dei casi sono servite più agli industriali che al territorio.

Andiamo avanti. Ancora un poco di fiume avvistato lungo la strada per Cairano.

Faccio qualche foto su un ponte della ferrovia dove al posto dei treni corrono le spine. Per oggi basta così. Saliamo al paese.

Ci chiediamo se zio Carmine sta bene.

Ed è la prima persona che incontriamo.

Poi sosta al bar di Angiolino, ha avuto

Voglio vedere ancora un poco di fiume.

Un altro piccolo viaggio, questa volta scendo da Bisaccia verso la Puglia, mi fermo a Candela e poi cerco l’Ofantina nella direzione opposta a quella in cui scorre il fiume. Passaggio alla stazione di Rocchetta Sant’Antonio. È un luogo con una sua strana intensità. Non arrivano treni dall’Irpinia, ma solo dall’altro lato. Senso di una desolazione a metà, binario mezzo vivo e mezzo morto.

Non c’è solo l’edificio della stazione, ci sono anche alcune palazzine, tentativo d’altri tempi di costruire qui un piccolo borgo. Vado incontro al fiume. Nel tratto irpino l’Ofanto non lo trovi, lo devi cercare.

Mi fermo sotto Monteverde. Ancora una sensazione d’incuria, un albero morto caduto nell’acqua e sopra la testa il viadotto della strada e il ponte della ferrovia. Ferro, acqua e asfalto: l’evidenza chiarissima che tutto scorre sull’asfalto.

Torno verso la mia macchina. Qui a un certo punto accade qualcosa che non ha senso narrare, qualcosa che ha dato luogo a quella che d’ora in poi chiamerò la regola del sei maggio. La regola, tra l’altro, prevede che tornerò ogni tanto a guardare il fiume, quale che sia il suo destino.

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