►Magazine di cultura e spettacolo diretto da silvia arosio
Riflettori su...
Anno IV - N. 25 ►Giugno 2022◄ Seguici sui social Riflettori su...
«La mia musica: è un lungo viaggio nelle profondità dell’animo umano»
►franco miseria
Gli inizi al Piper, Don Lurio e Bob Fosse...
►DANIELA POGGI Il mio volo sulle ali di un angelo
►VIETATO L'INGRESSO
Apertura al pubblico per il Primo Camerino al TAM
levi l A i n n Giova
intervistA esclusivA
INTERVISTE●ANTICIPAZIONI●CASTING●PERSONAGGI●cinema●musica
SOMMARIO
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giovanni allevi
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daniela poggi
giornalismo gentile
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DANIEL lumera
mimmo chianese
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Riflettori su...
Magazine di cultura e spettacolo Anno IV - Numero 25 - GIUGNO 2022 • Supplemento alla testata www.silviaarosio.com (Reg. al Tribunale di Milano n°249 del 21/11/2019)
• Direttore Responsabile: Silvia Arosio • Art Director & Redattore: Daniele Colzani • Contatti: riflettorisumagazine@gmail.com • Contributors: Christine Grimandi - Simon Lee - Massimiliano Fusco - Antonella Lazzaretti - Antonello Risati - Claudia Rossi - Maurizio Tamellini - Angela Valentino - Luca Varani • Hanno collaborato: Emanuela Cattaneo - Andrea Iannuzzi - Daniele Mignardi Promopressagency - Maria Chiara Salvanelli | Press Office & Communication - Parole & Dintorni • Foto di copertina Alberto Bevilacqua Edizione Digitale: www.issuu.com/riflettorisu
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emiliano toso 3
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timeless barbra...
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vietato l'ingresso
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festival della lentezza
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milano flamenco festival
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angela valentino
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yamm 2022 asfaltart
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emilia street art
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bob fosse
Le rubriche dei "Contributors" 78 - il danzatore 80 - didattica 82 - il direttore d'orchestra
86 - la truccatrice 88 - lo scenografo 90 - parole d'artista 92 - INCONTRI RAVVICINATI
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Focus danza
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franco miseria
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la milanesiana
tinto brass
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profondo rosso
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oliviero toscani the rise of the villains
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emmanuele tardino e ancora... 112 - movieland
114 - radiorama 116 - sonar dischi 116 - libri
Buona
lettura e...
ci vediamo a Luglio! 5
LA voce del direttore
Guardiamo il mondo con occhi gentili
“La gentilezza è come la neve: abbellisce tutto ciò che copre”
A
d aprile, al Teatro Carcano di Milano Gianrico Carofiglio ha portato sul palco un’orazione civile sul potere della gentilezza, del dubbio, della capacità di porre (e porsi) buone domande per affrontare le sfide della modernità. Sembra, finalmente, che ci sia desiderio di “gentilezza”, non intesa come debolezza, ma come “potente strumento per disinnescare le semplificazioni che portano all’autoritarismo e alla violenza. Essa è il contrario di mitezza o remissività e può essere praticata solo per effetto di una scelta. Cioè un atto di coraggio. Gentilezza
insieme a coraggio significa prendersi la responsabilità delle proprie azioni e del proprio essere nel mondo, accettare la responsabilità di essere umani”. Prima di lui, Leo Buscaglia, scrittore e docente della University of Southern California, nel suo Living, Loving & Learning del 1982, consigliava a chi temeva di presentarsi al pubblico per parlare, di iniziare guardando il pubblico in platea, per cercare fra i presenti quelli che mostravano “occhi gentili”, quegli guardi che sanno stabilire contatti positivi ed invitano all’accoglienza e all’ascolto.
In questi mesi, abbiamo parlato di “bellezza”, quella stessa bellezza che potrebbe salvare il mondo. Ma, come affermava Oscar Wilde "La bellezza è negli occhi di chi guarda“. è la nostra percezione della realtà che, spesso, fa belle o brutte le cose: pensate alla fase dell’innamoramento, quando il bene amato ci sembra “il più bello di tutti”. Giordano Bruno, già nel Cinquecento, affermava: “Non è la materia che genera il pensiero, è il pensiero che genera la materia”. Il 5 giugno, come ogni anno, è stata la Giornata Mondiale dell’Ambiente.
Claude Nicolas Ledoux - Eye enclosing the theatre at Besancon France, 1847
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(K.Gibran)
di Silvia Arosio
Il maestro Allevi, cover story di questo mese, è European Ambassador di Earth Day (organizzazione internazionale presso le Nazioni Unite che difende i diritti della Terra, ha voluto celebrare questa data storica del 22 aprile '22, la Giornata Mondiale della Madre Terra), dedicandole una ballade delicata e romantica. Daniel Lumera, nel suo libro Ecologia Interiore, scritto con Immaculata de Vivo, afferma: “Così come la nostra immaginazione trasforma la nostra biologia e tutto l’ambiente interiore fatto di emozioni, forza vitale e pensieri, è anche vero che la mente impatta profondamente su ciò che vediamo nel mondo esterno. Il disequilibrio della mente umana che nuoce agli altri esseri, ai mari, alla terra, agli animali, agli alberi e al pianeta stesso è tra le principali cause della pandemia di questo inizio secolo, oltre che l’origine di un potenziale processo di estinzione per via dell’inquinamento ambientale che sta distruggendo non solo la nostra specie ma la Terra stessa.”. Forse, non solo
la bellezza salverà il mondo, ma anche il nostro modo di “vederlo” In questo numero, parliamo appunto di gentilezza e di occhi. Se a maggio a Firenze si è tenuta la seconda edizione del Festival dell’Italia Gentile, ho colto l’occasione per presentare il mio progetto di “Giornalismo gentile”, quello che cerco da sempre di portare avanti con il mio lavoro. è quel tocco di etica professionale che mi fa distinguere il mio lavoro di ufficio stampa da quello di giornalismo puro. è la stessa modalità di gentilezza, accoglienza, ascolto, con cui seguo gli spettacoli, anche nella mia veste di critica, dove l’aspetto analitico deve prevalere su quello emotivo ed emozionale: quella “gentilezza” che, nonostante la “critica” o recensione, non mi permette di stroncare uno spettacolo, ma di evidenziare le parti positive e dare suggerimenti su quelle da migliorare, argomentando il mio punto di vista. è quella “vista”, quello sguar-
do gentile che dovremmo applicare al mondo fuori da noi oggi: sono quegli occhi “felici”, quell’atteggiamento di pulizia interiore che dobbiamo attuare e che possiamo attuare anche con la musica, la danza, il teatro. Se la bellezza si offre a noi, dobbiamo sapere accoglierla, assimilarla, goderne con in giusto atteggiamento mentale, con quello sguardo aperto ed accogliente, che ci rende uno don l’oggetto esterno. In questo mese, su Riflettori su magazine, se lo sapete leggere con occhi gentili, troverete tutto questo: così come in ogni altro numero del nostro mensile. Ribaltiamo il nostro punto di vista: rendiamo i nostri occhi gentili per poter non solo apprezzare il mondo, ma renderlo un posto migliore. Perché “Una parola delicata, uno sguardo gentile, un sorriso bonario possono plasmare meraviglie e compiere miracoli”. (William Hazlitt) ►RS
Silvia Arosio
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INTERVISTA
L 'enfant terrible e i suoi
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modi
di emozionare
A tu per tu con il pianista. compositore e scrittore di ascoli piceno che abbiamo intervistato per voi...
C
la forza della musica che riesce a far intrecciare la vita di artisti che, apparentemente appartengono a mondi diversi ma che nel suo nome riescono a ritrovarsi ed unirsi con un risultato che è sempre strabiliante. Abbiamo raggiunto il Maestro Giovanni Allevi e quello che segue è il resoconto di una piacevolissima chiacchierata... Buona lettura e godetevi l'intervista! Maestro,
© Max Valerio
os'hanno in comune tre "pezzi da novanta" della musica come Giovanni Allevi, Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti e Saturnino Celani? Il primo indizio è che il pianista e il bassista sono conterranei (entrambi di Ascoli Piceno)... il secondo è che Jovanotti decide nel lontano 1997 di pubblicare per la sua etichetta Soleluna (insieme alla Universal) il primo album di Allevi per pianoforte solo, dal titolo 13 Dita e prodotto in studio da Saturnino. In seguito Allevi collaborerà ancora con Saturnino e Jovanotti tanto da aprire, da solo al pianoforte, i concerti di Jovanotti durante il tour L'Albero in cui esegue alcuni brani di 13 Dita. Questa è
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di Daniele Colzani
partiamo dalla strettissima attualità e dal suo ultimo brano The first embrace, brano protagonista del grande concerto alla Nuvola di Fuksas all'Eur, per celebrare la Giornata mondiale della Terra. Cosa ha voluto rappresentare in questo brano? Da cosa trae spunto il titolo? C’era una sfida artistica che avrei voluto affrontare da molto tempo: raccontare in musica il momento sublime del primo abbraccio. Ho atteso che la pandemia abbandonasse
la sua morsa e che noi, ancora titubanti, fossimo di nuovo vicini alla possibilità di un contatto fisico. è scaturita così una delle mie composizioni più dolci e rarefatte, The first embrace, che descrive il momento sublime fuori dal tempo del primo abbraccio, tra una mamma e il suo neonato, tra due amanti, tra la Madre Terra e i suoi abitanti. Suonare questo brano in tour è un’emozione indescrivibile. Il concerto del 22 aprile è stata l'occasione per mettere insieme musica e impegno per l'ambiente. Come
e perché deve cambiare il rapporto tra uomo e natura? Il cambiamento epocale appena iniziato ci impone di allargare i nostri orizzonti. Siamo tenuti a fare una scelta morale: o tenerci stretta la piccola sicurezza che abbiamo, i pochi privilegi che da occidentali crediamo di vantare sul resto del pianeta, oppure rinunciare a qualcosa per consegnare alle nuove generazioni un mondo più pulito, più giusto ed in pace. La via della guerra, dell’arricchimento, del saccheggio della Natura si sta dimostran-
IL VIDEO
Inquadra il QRcode per l'ascolto di Fisrt Embrace 9
Il Maestro Giovanni Allevi dialoga con il Premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi
do vecchia, maschiocentrica, disumana. La musica potrà essere la protagonista del tanto sbandierato cambiamento? Che ruolo avranno i musicisti, compositori e cantanti? Io aggiungerei gli intellettuali, che devono uscire dalle torri
d’avorio delle accademie e ritrovare una funzione sociale di guida. è necessario mettere in campo le idee più splendenti e controcorrente, ricominciare a parlare di meraviglia, di stupore, di mistero. L’essere umano è un abisso insondabile. Lei è anche European Ambassador di Earth Day: come "vive" con la responsabilità che questo ruolo richiede? è bellissimo! Una sociologa mi ha confidato che il mio talento è anche quello di dare risalto ad altri talenti. E così come Ambassador di Earth Day ho avuto la possibilità di dialogare in pubblico con un Premio Nobel per la Fisica, o
Piazza del Plebiscito
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una giovanissima prodigio degli scacchi, sempre alla ricerca della scintilla, della strada alternativa, per riportare all’attenzione collettiva lo spirito innovatore uscito di scena negli ultimi anni e liberarci del piatto conformismo che congela le nostre menti. Nel nostro magazine, abbiamo spesso parlato del potere "terapeutico" che la musica ha sull'uomo. Cosa ne pensa? Ha mai composto (o ha in mente di comporre) brani che abbraccino questa filosofia? Tutta la mia musica, da sempre, si pone una finalità terapeutica soprattutto perché io, in prima persona, soffro di ansia e attacchi panico. In altre parole, cerco le note che hanno su di me l’effetto positivo del sollievo. è questo il motivo per cui compongo musica; non mi interessa nulla del successo o del prestigio. In particolare, nel nuovo lavoro Estasi è presente un brano, Mindfulness, che è pensato per accompagnare la meditazione, e potrebbe essere ascoltato inspirando ed espirando profondamente una battuta alla volta.
Inquadra il QRcode per il sito ufficiale di Giovanni Allevi L'hanno definita "l’enfant terrible che ha lasciato annichilito il mondo accademico con il suo straordinario talento e carisma". Quale è il suo segreto e l'episodio "chiave" della sua carriera? Credo sia stato vivere da solo, in un monolocale a Milano durante gli ultimi anni del corso decennale di Composizione al Conservatorio “Verdi”. Ho sfiorato la povertà, in quel periodo. Guadagnavo, facendo il cameriere, giusto quanto mi occorresse per pagare l’affitto e fare un minimo di spesa. Ma è stato importantissimo. Perché tante elucubrazioni accademiche, tanti discorsi e procedimenti tra addetti ai lavori, cadevano come foglie secche davanti la durezza e la realtà della vita vera. In quegli anni, tra disordine ed isolamento, tra partiture di sinfonie ed opere filosofiche rilette con coscienza, ho pensato la mia rivoluzione nella musica colta. Sappiamo che nel 2017 avviene l’incontro fortuito con il pianista classico americano Jeffrey Biegel, grande interprete di Liszt e Rachmaninov, stretto collaboratore di Leonard
Bernstein e Keith Emerson. All’invito di scrivere “qualcosa” per lui, Giovanni Allevi risponde componendo di getto il Concerto per Pianoforte e Orchestra n.1. Come è andata? Alla Brooklyn Academy of Music di New York, un suo giovane allievo lasciò lo spartito di una mia composizione sul leggio del suo pianoforte. è così che Jeffrey, per puro caso, ha scoperto la mia musica. Scri-
vere per lui il Concerto per Pianoforte e Orchestra n.1 è stata una delle esperienze artistiche più entusiasmanti della mia vita. Oltre a non avere alcun limite tecnico ed espressivo, Jeffrey Biegel incarna una nuova figura del pianista classico, votata alla sperimentazione e alla contemporaneità. Nell’Adagio del Concerto, che poi abbiamo registrato insieme, è come
© Cosimo Buccolieri
IL SITO
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se avesse avuto per tutto il tempo la mano di Dio appoggiata sulla spalla, tanto è rarefatta ed incantevole la sua interpretazione. Riconoscimenti, premi, onorificenze, un asteroide intitolato a suo nome dalla NASA… Si sente appagato o la "fame" di musica non si sazia mai? C’è un nucleo della musica che continua a sfuggirmi, come se in tutti questi anni di attività compositiva mi sia progressivamente avvicinato ad un centro che continuamente si allontana. è un viaggio nelle profondità dell’animo umano verso le dimensioni più sublimi oppure oscure ed irriverenti. All’esterno vedo spaccature, opposizioni o grandi applausi e lusinghieri riconoscimenti, ma ad aleggiare tra me e il pentagramma c’è un costante senso di insoddisfazione e di pericolo, che probabilmente sono il motore della mia insaziabile ricerca musicale. Si è esibito nei luoghi più prestigiosi del mondo, la Carnegie Hall di New York, la Scala di Milano, l’Auditorium della Città Proibita di Pechino: quale è stata la location più emozionante ed in-
consueta in cui ha portato la sua musica? La corsia del reparto di oncologia dell’Ospedale di Carrara. Ho avuto l’immenso onore di eseguire la mia musica al pianoforte per i pazienti, accompagnato da un’orchestra d’archi. Sono uscito da quell’incontro di anime profondamente toccato, come se quel luogo di sofferenza avesse lasciato a me e ai ragazzi dell’orchestra una intensa ed indescrivibile gioia di vivere. Lei, in veste di compositore ha avuto l'intuizione di "sdoganare" la musica classica e renderla più "popolare": cosa risponde ai puristi che hanno sicuramente un po' storto il naso? I puristi non hanno semplicemente storto il naso: hanno cercato in tutti i modi di screditare il mio operato, inutilmente! In un certo senso li capisco, perché come loro sono un cultore della tradizione, ma l’immobilismo e la difesa dello status quo non portano a nulla di creativo. è necessario scrivere una nuova musica colta che racconti il nostro tempo, e non un’epoca di due secoli fa.
IL VIDEO
Inquadra il QRcode per il video ufficiale di Our future Cosa risponderebbe a chi in giovane età si avvicina al mondo del pianoforte e della composizione? Di pensare la musica come una via per conoscere noi stessi. Il pianoforte non è una gara con gli altri, una corsa ad ostacoli; la composizione è un modo per scoprire parti sconosciute ed insondabili della nostra anima. Lo so che è difficile, ma dobbiamo riuscire a percorrere la vita artistica senza avere l’ansia del riscontro esterno, perché la vera bellezza è sempre nascosta e mai immediatamente comprensibile. ►RS
Palazzetto di Jiangshan, Cina
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SOTTO L’ALTO PATRONATO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA UNDER THE HIGH PATRONAGE OF THE PRESIDENT OF THE REPUBLIC
Con il Patrocinio
Ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi
23° ANNO › 23
rd
YEAR
2022 4 GIUGNO › 3 AGOSTO L E T T ER AT UR A MUSIC A CINEM A S CIENZ A A RT E FILO S O FIA T E AT RO DIRIT TO EC O N O MIA SP O RT
OMISSIONI
JUNE 4 › AUGUST 3 LITER ATURE MUSIC CINEMA SCIENCE ART PHILOSOPHY THE ATRE L AW EC ONOMY SP ORT
OMISSIONS
Organizzata da
Main sponsor
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INTERVISTA
Con D aniela Poggi,
“Sulle ali di un angelo” “Una canzone d’amore, di speranza, di luce”. L’attrice definisce così il suo nuovo singolo, brano scritto insieme a Mario Lavezzi e Lorenzo Vizzini con gli arrangiamenti e la produzione di Adriano Pennino
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n’attrice che canta e lo fa molto bene. Daniela Poggi non è nuova ad avventure musicali: nel 1985 pubblicò il singolo Cielo, utilizzato come sigla per il programma televisivo Shaker e che arrivò nei posti alti delle hit parade (oggi il 45 giri è diventato un vero cimelio di culto). Nel 1988 pubblicò invece l’album Donna speciale. Come è nata l’idea di tornare a cantare? La canzone è tratta dal mio libro Ricordami! Edito da La Vita Felice, che è stato pubblicato il 15 aprile 2021. Nel libro cito 5 o 6 canzoni che hanno fatto parte della mia vita e durante le varie presentazioni del libro in giro
per l’Italia le canticchiavo. Una sera ho sentito dentro di me che alcune frasi del libro si prestavano per diventare una canzone. Sarebbe stato un ulteriore omaggio al mio pubblico. Così a dicembre ho scritto le frasi, ho chiamato Mario Lavezzi, amico da 40 anni, gliel’ho proposto ed eccoci qui. ‘Sulle ali di un angelo rivivrai e sarai luce, ti ripenso in un attimo e ti sento qui accanto’ è un estratto del testo che spiega in pieno il significato della canzone: “è un messaggio d’amore che ho voglia di condividere con la gente”. Chi è il tuo personale angelo? A chi hai dedicato questo brano? Daniela Poggi nella trasmissione Shaker
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A mia mamma che è l’ispiratrice iniziale, ma la canzone è dedicata a mio papà e a tutte quelle persone che abbiamo amato e non sono più qui con noi. Loro sono i miei angeli da sempre, poi ho Santa Rita mio angelo protettore, l’arcangelo Gabriele, e l’angioletto Daniele. La tua mamma. Tanti di noi stanno passando o hanno passato un’esperienza come la tua. Come l’hai vissuta? Quali sono le fasi che attraversiamo quando si incontra da vicino la malattia dell’Alzheimer? Per me è stata durissima: figlia unica, mio papà era già mancato, parenti lontani, molto sola. Difficile prendere le giuste decisioni. Doloroso non sentirsi più figlia e diventare madre della tua stessa mamma. Non avere più un nome e diventare una signora qualunque che gira per casa. Vedere tua madre stravolta da una presenza che invade il suo cervello. Non avere più un dialogo. Paura di non farcela. A volte mi sentivo impazzire e urlavo e pregavo Gesù che non mi abbandonasse. Come possiamo superare il dolore ed i sensi di colpa che accompagnano questo momento? Come lo hai fatto tu?
di Silvia Arosio
IL VIDEO
Inquadra il QRcode per il video di Sulle ali di un angelo
© Andrea Cicalè
I sensi di colpa sono i veri nemici della nostra esistenza. Purtroppo nessuno è perfetto e si possono fare tanti sbagli. Il dolore resta dentro come una presenza che diventa amica, ti fa sentire vulnerabile e mortale, elimina l’arroganza e la visione del per sempre e tutto. No, da un attimo all’altro possiamo non esserci più, andare in tilt con la mente, e tutto ciò che hai costruito si sgretola velocissimamente. Ho scritto un recital teatrale “o madre di mia madre, ho scritto un libro Ricordami! già vincitore di due premi internazionali, ho registrato l’audiolibro, ho scritto un racconto, vincitore anch’esso di un concorso letterario e presto girerò un corto scritto da me. Tutto sull’Alzheimer! Con Bottega Poggi, partirà il progetto di formazione di operatori OS volontari per affiancare le famiglie che hanno un malato di Alzheimer... questo è il mio
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© Azzurra Primavera
modo per accettare la malattia di mia mamma, cercare di farne tesoro aiutando altri a comprendere come affrontare una vita nuova, fragile ma colma di amore, anche se tra le righe. Mi piace pensare a una frase di Leonard Cohen: "C’è una crepa in ogni cosa. Ed è da lì che entra la luce”. Che cos’è per te la luce? La Fede, la preghiera, sapere che Dio mi ama, anche se forse non me lo merito. Possono l’arte, la musica ed il teatro aiutare il benessere dell’uomo, secondo te? Assolutamente sì, l’arte è salvifica. Ricompone le fratture, fa entrare la luce dalle tue crepe dell’anima, ti permette di riconoscerti e amarti per sei capace di sguardo e ascolto. Ti permette il confronto e stimola l’approfondimento, lo studio. L’arte ti apre a nuove visioni. Molto bello e particolare il video-clip del brano, girato per le strade di Roma con la regia curata da Ciro Formisano. Come lo avete pensato e realizzato? Con Ciro Formisano ho girato il suo film d’esordio L’Esodo nel 2017. Abbiamo vinto tanti premi proprio per la sensibilità che Ciro aveva espresso nella
sceneggiatura. Non poteva essere che lui a scrivere e dirigere il video clip. Le parole e la musica hanno ispirato la storia. Nel corso della tua carriera, hai lavorato a teatro con i più grandi nomi dello spettacolo italiano: Walter Chiari, Gino Bramieri, Johnny Dorelli, Arnoldo Foà, Gabriele Lavia... Al cinema con registi quali Sergio Corbucci, Steno, Pasquale Festa Campanile, Ettore Scola. In televisione è stata show woman in vari programmi della Rai ed è stata protagonista di fiction come ‘ncantesimo, Capri, Vento di Ponente, Il Commissario Vivaldi, Le tre rose di Eva e L’allieva 2. Con il film L’esodo di Ciro Formisano del 2017 ha vinto numerosi premi come attrice protagonista tra cui il Globo d’Oro della Stampa Estera. Nel tuo futuro, quali progetti?
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Ti rivedremo anche a teatro? A luglio il 28 e il 29 sarò a Collodi per un nuovo spettacolo su Pinocchio ma in versione ecologica C’era una volta un legno, insieme a Marco Belocchi, siamo interpreti, autori e registi. Riprenderò a ottobre e proseguirò nel 2023 la mia Emily Dickinson- Vertigine in altezza con la regia di Emanuele Gamba, testo di Valeria Moretti. Al cinema è in uscita il mediometraggio di Max Nardari Ritorno al presente una parodia sui social. In uscita anche Dark Matter di Stefano Odoardi in cui ho un piccolo intenso ruolo. E poi sto scrivendo il mio secondo libro. Quanto è importante il teatro in questo periodo così difficile? Perché il pubblico dovrebbe tornarci? Non penso che il pubblico “deve” tornare a teatro. Credo che il pubblico che ama il teatro non lo abbandonerà mai. Il teatro è ossigeno, visione, ricerca, scoperta, viaggio, evasione e fantasia. Possiamo fare a meno di tutto ciò? ►RS
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AMARCORD
Casa Vianello:
riflessioni di un ospite
L'affettuoso ricordo di mimmo chianese, che ha "frequentato" casa vianello in diversi episodi
N
el 1989, dopo una buona gavetta nell'ambito teatrale e radiofonico, decisi che era ora di avventurarmi nel mondo delle fiction televisive. L'occasione mi si presentò quando i mitici autori Castellano&Pipolo mi scelsero, dopo avermi esaminato durante un casting organizzato in un hotel a Milano, per un piccolo ruolo, in uno dei loro film realizzati per il circuito televisivo, La mia agente Alessandra Appiano, una giornalista scrittrice scomparsa qualche anno fa, e di cui ho un bellissimo ricordo, mi mandò a fare un provino negli studi di Cologno Monzese per la neonata sit-com Casa Vianello che, dopo una fortunata prima stagione, si spostava da Roma a Milano. Era settembre 1988 e ad accogliermi negli studi milane-
si c'era proprio lui Raimondo Vianello sorridente e affabile come lo hanno conosciuto tutti; nello studio seduto nella classica poltrona del regista c'era il suo autore storico Alessandro (Sandro) Continenza sceneggiatore di centinaia di importanti film e collaboratore di importanti registi. Da Bragaglia, Soldati, Mattioli, Steno, Monicelli, Comencini, Risi, Salce... Farei prima a dire dei più grandi registi italiani (manca solo Fellini). Ricordo che mi tenne
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mezzora, più che all'esame di maturità e mi fece parlare delle mie esperienze nel campo dello spettacolo e della formazione attorale. Era molto interessato ai miei studi sulla Commedia dell'Arte. Poi mi fece dire alcune battute del copione che stavano preparando e mi chiese se ero parente del pugile campione dei pesi massimi di Udine (Biagio Chianese). A malincuore risposi che l'unico sportivo in famiglia era stato mio zio che aveva avuto esperienze in campo calcistico ma senza molta fortuna. Durante un viaggio in auto, nei pressi di Bologna, ebbe un incidente automobilistico che ne compro-
di Silvia Arosio
mise la carriera. Era in predicato per passare alla squadra dello Spezia. Fu così che Vianello mi affidò il ruolo di commissario di Casa Vianello per la seconda serie della stagione 1990/91 e mi scritturò per le puntate che prevedevano la presenza del funzionario che si presentava come Le Noci, Brunetti o Bonetti, a seconda dell'estro dei 4 autori (Avellino, Consarino, Continenza e Vianello). Lì per lì non mi resi conto dell'importanza del piccolo ruolo ma più tardi, quando vidi l'"audience" ovvero il totale degli spettatori e lo "share" (la percentuale) di quelli che seguivano il programma, mi resi conto che poteva darmi una discreta visibilità. Apparivo in tutte le puntate durante la fortunata sigla di apertura (con il jingle composto da Augusto Martelli), insieme a Sandra e Raimondo, la Tata (la brava Giorgia Trasselli) e il protagonista di puntata, in una presentazione con un formato televisivo accattivante. Questo significò per me un importante veicolo di promozione e mi fece conoscere soprattutto dai "creativi" e dai registi del
mondo pubblicitario. In 10 anni sono stato testimonial di decine e decine di prodotti in Italia e all'estero. Il produttore della sit-com era la Mastrofilm e poi la Grundy Italia, le registrazioni delle puntate erano effettuate all'inizio prima a Roma (Studio Clodio) e poi quando la produzione si trasferì a Milano (dalla seconda serie in poi) negli studi della Icet, in quelli di Videotime e negli storici studi 4 e 14 di Cologno Monzese dove fu allestito il set dell'appartamento. Dopo la fir-
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ma del contratto vestivo i panni del commissario, di solito uno spezzato, e mi accorgevo, rivedendo le puntate, che in qualche occasione avevo indossato proprio le giacche di Vianello. All'epoca avevo la stessa taglia. Per me un onore. Ogni puntata veniva girata in 1/2 giorni a seconda della storia e tutto avveniva con grande tranquillità senza tensioni ma quasi con allegria e divertimento. Sandra era molto riservata e spesso nel suo camerino scambiava con me qualche battuta prima della scena. Con lei parlavamo delle tecniche dei clown e delle esperienze che avevo avuto con la scuola di circo di Annie Fratellini. Anche lei come Raimondo mi chiedeva notizie, per esempio, di Vito Molinari, storico regista Rai autore di molti fortunati programmi televisivi cui avevano partecipato. Il rapporto che avevo con loro era improntato a una grande cordialità e simpatia. Raimondo poi amava fare battute sempre, sia in scena che fuori. Ricordo che una delle prime volte ero emozionato sul set, ma lui mi incoraggiava simpaticamente invitandomi a proseguire nella scena senza timore. Un'altra volta ricordo che lo
incontrai fuori dagli studi mentre scendeva dalla auto della produzione. Mi chiese che personaggio avrei dovuto interpretare ed io candidamente gli risposi che il produttore Nanni Mandelli davvero simpatico e alla mano, tramite la sua fida e preziosa collaboratrice Marinella Pulito, mi avevano scelto e convocato per la parte del ladro-ricettatore. A quella notizia Raimondo subito scoppiò in una delle sue tipiche risate: «Tu il ladro? Porca miseria... Con quella faccia?». In effetti, dismessi i panni del Commissario, fino al 2007, fui chiamato ad interpretare ruoli diversi e di un certo rilievo in alcune puntate diretto da bravi registi come, ad esempio Francesco Vicario con il quale ho poi lavorato successivamente in una serie televisiva a Roma. Casa Vianello, per me è stata un'importante palestra con dei veri maestri della scena italiana. Mi ha permesso di capire quanto si può "catturare" dalla magia dell'interpretazione di grandi attori ricchi di capacità e di umanità. Quando entravo nella loro casa mi sentivo a mio agio, come se li avessi lasciati pochi minuti prima. In realtà non pote-
vo essere la guest star di puntata per più di una volta a stagione La coppia più celebre della tv aveva poi rapporti affettuosi con tutta la troupe: dall'attrezzista al direttore della fotografia, dal microfonista alle sarte. al trucco&parrucco. Tutti ricambiavano il loro affetto e li idolatravano e amavano alla follia. Per me è stata una rara opportunità quella di avere l'occasione di essere ingaggiato in ruoli diversi: dall'allibratore napoletano al ricettatore, dal giudice di pace al mafioso internazionale, dall'amministratore di condominio al gioielliere disonesto fino
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al direttore di un Hotel Ospizio a 4 stelle. Ricordo con particolare piacere una delle ultime puntate dal titolo Quattro stelle nel 2007, dove ho avuto il piacere di girare tutte le scene con Sandra, Raimondo e la Tata in modalità "Buona la prima". Davvero una grande soddisfazione. Unica. La mia riflessione finale è che questo tipo di sit-com era legata a quei grandi artisti, rappresentanti della scena italiana del Novecento con esperienze di altissimo livello in quasi tutti i generi dello spettacolo. Oggi consiglierei ai giovani attori di studiare, anche attraverso i film, le sceneggiature, i video di repertorio, i saggi, le opere dei grandi attori protagonisti della scena italiana. Tutti i "mostri sacri" provenivano infatti dal teatro, dalla commedia musicale, dal varietà che ormai ritroviamo nei film e nei video d'archivio. Insomma per muoversi nel difficile campo dello spettacolo occorre far ricorso a tutte le proprie capacità attoriali e oserei dire sensoriali, preparandosi con un'attenzione oserei dire "sincretistica" allo studio dei vari generi. Oggi l'attore deve essere in grado di spaziare: teatro, musica, danza, tv, radio, doppiaggio, e chi più ne ha più ne metta... ►RS
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EVENTI
Un giornalismo "gentile" per un mondo migliore
Per il secondo anno consecutivo, si è svolto, tra il 17 ed il 23 maggio, il Festival dell’Italia Gentile, con eventi diffusi in tutti e 5 i quartieri e a Palazzo Vecchio
V
olto ad approfondire il tema della gentilezza nei più diversi ambiti, dal mondo dell’economia e dell’impresa a salute, benessere, educazione, dialogo interreligioso, arte, cultura e ambiente, il Festival ha presentato ospiti del calibro di Daniel Lumera, autore bestseller, ideatore del metodo My Life Design®, il disegno consapevole della propria vita personale, professionale, sociale, fondatore dell’Associazione My Life Design ONLUS e del Movimento Italia Gentile, Immaculata De Vivo, docente di Medicina alla Harvard Medical School e di Epidemiologia alla Harvard School of Public Health, fra le massime esperte al mondo nel settore dell’epidemiologia molecolare, della genetica del cancro e nello studio dei telomeri, padre Guidalberto Bormolini, presidente dell’ODV TuttoèVita ETS, Sebastiano
Somma, attore, Guido Stratta, direttore People and Organization del Gruppo Enel, Massimiliano Ossini, conduttore televisivo, Cristiana Capotondi, attrice, Lorenzo Baglioni, cantautore, e poi esperti, psicologi, architetti, filosofi, scrittori, studiosi, e tante altre sorprese. Fulcro della kermesse è stato il Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio, ma panel e momenti esperienziali e di con-
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fronto hanno animato location dislocate in tutti i quartieri, dal Museo Novecento al parco di San Donato, passando per il Teatro della Compagnia, BibliotecaNova, Chiostro di Santa Maria Novella, le Murate. «Dopo il debutto dello scorso anno, con questa seconda edizione coinvolgiamo tutti i quartieri. Obiettivo è alzare l’attenzione sulla gentilezza come valore, e sul suo impatto sociale, promuovendo una riflessione a 360 gradi sugli ambiti più svariati, economia, salute, scienza, cultura, sostenibilità ambientale», ha sottolineato la vicesindaca Alessia Bettini.
di Silvia Arosio
il sito
Inquadra il QRcode per per il sito del Movimento Italia Gentile in maniera preponderante nella mia testa, non solo in questo periodo di pandemia, ma dopo incontri che ho reputato importanti ed illuminanti. «Giornalisti cani!», ho letto da qualche parte su un muro di Milano e, dentro di me, ho pensato che chi ha imbrattato così illegalmente una parete, almeno nel testo, non ha avuto del tutto torto. Con buona pace dei canidi, che vengono tirati in ballo come insulto, ma che in realtà sono davvero i migliori amici dell’uomo. Ma non divaghiamo.
La mia ricerca del benessere attraverso l’arte, sulle pagine di questo mensile Riflettori su Magazine, mi ha portata ad entrare in contatto non solo con Daniel, ma anche con il suo Movimento Italia Gentile, che ha visto la sua apoteosi con il Festival dell’Italia Gentile. Da qui, ho iniziato a pensare quanto la svolta della gentilezza possa e debba essere applicata anche all’ambito del giornalismo. Del resto, in conclusione dei miei studi all’Università Cattolica, tanti anni fa, mi sono ripromessa di portare etica in ogni settore della mia vita, lavoro incluso. La gentilezza, una parola che vibra altissima in questo splendido salone, va rivolta per primo verso se stessi, come qualunque valore universale, e gentilezza è anche capire la propria vocazione e seguirla. Per me, nonostante le difficoltà resta quella del comunicare, dell’informare inteso nel significato di dare forma e spessore. Negli ultimi anni, la pandemia non ha riguardato solo il covid, ma, parallelamente, si è diffusa quella che chiamiamo info-
© Servizio fotografico Marco Triarico Photographer
È la seconda edizione della manifestazione organizzata da Comune di Firenze e MUS.E, assieme all’Associazione My Life Design ONLUS e all’ODV TuttoèVita ETS. L’anno scorso, al suo debutto, il capoluogo toscano è entrato a far parte della rete dei Comuni Gentili promossa dal Movimento Italia Gentile, progetto della My Life Design Onlus. Per questa occasione, ho voluto proporre qualche mese fa a Daniel Lumera (e il suo ufficio stampa Tania Cefis, coordinatrice del Movimento) un nuovo progetto su cui sto meditando da diversi anni, forse addirittura dall’inizio del mio lavoro: il tema del “giornalismo gentile”, davvero una contraddizione in termini a prima lettura, ma che può davvero essere quella piccola scintilla per rivalutare il tanto decaduto e mal considerato mestiere del giornalista. Quanto è difficile fare giornalismo, oggi, e farlo in maniera etica, rispettosa della deontologia e delle persone? Un enigma che mi sono posta dagli esordi della mia carriera e che è emerso
Da sin.: Ennio Battista, Severino Saccardi, Adriana Marmiroli e Silvia Arosio
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demia, un eccesso di notizie in cui rapidità e la raccolta di clic e visualizzazioni sono l’obiettivo principale. Lo sviluppo dei social, dove chiunque, in nome di una millantata democrazia, assurge il ruolo di giornalista o almeno comunicatore e si prende la briga di dare notizie, praticamente quasi mai verificate o accertate, non ha certo contribuito ad arginare questa epidemia. Seguendo Daniel, ho iniziato a pensare come e se fosse possibile applicare la gentilezza anche nel campo del giornalismo. In realtà, l’ODG ha delle regole ben precise di deontologia, che sono confluite nel Testo unico dei doveri del giornalista in vigore dal 1° gennaio 2021. L’etica (o, lasciatemi dire l’empatia, l’ascolto, l’inclusione, l’accettazione, in una parola la gentilezza), che dovrebbe comunque essere sancita dalle varie carte dei doveri del giornalista anche precedenti, vengono oggi trascese appunto alla ricerca del clic facile o della velocità di pubblicazione, rischiando di incappare nelle classiche bufale, oggi denominate fake news, ma anche da quella “spettacolarizzazione”, che gioca sull’emotività delle persone e che tende a portare l’opinione pubblica da una parte o dall’altra. Chiaramente, il giornalismo
totalmente oggettivo non esiste e l’opinione di chi parla, meglio se avvalorata da solide basi, è inevitabile: d’altronde, anche solo nella ripresa video più obiettiva, la mano, così come l’occhio dell’operatore, interviene sempre e comunque. La comunicazione può davvero diventare un campo minato, dove l’accento posto su un tema, un tono, una parola piuttosto che un’altra, potrebbe innescare una combustione spropositata. Del
resto, per citare qualcuno più colto di me, Aristotele, aveva indicato già più di duemila anni fa, nella sua “Retorica”, i tre ingredienti di base che rendono un messaggio o un racconto interessante e persuasivo e ve li riporto in maniera semplificata: • Logos: la presenza di dati e informazioni • Pathos: la presenza di emozioni e sentimenti • Ethos: la presenza di valori profondi.
Per sorridere sull’arte e il giornalismo • Vi racconto un piccolo aneddoto a proposito del conflitto di interessi. Sappiamo tutti che prima dell’avvento della stampa, la pittura, la scultura e l’architettura servivano per istruire la popolazione. • La Sala dei Cinquecento che ci ha ospitato, inizialmente avrebbe dovuto essere affrescata da Leonardo e Michelangelo, dipinti purtroppo perduti e sostituiti dai pregevoli affreschi del Vasari. Il gonfaloniere Pier Soderini, nel 1503, chiamò i due per affrescare le pareti. • A Leonardo toccò la Battaglia di Anghiari, al giovane competitore invece la Battaglia di Càscina, del cui cartone restano soltanto copie e la migliore sembra essere quella di Aristotile da Sangallo, conservata nelle collezioni del conte di Leicester. Leonardo, ormai 50enne, iniziò a preparare affreschi che descrivevano gli orrori della guerra e non la sua magnificenza, cosa che non piacque affatto ai committenti. • Ma il Maestro non si fermò: gli affreschi poi non ressero, perché Leonardo preferì questa volta la tecnica dell’encausto (pigmenti sciolti nella cera, il tutto tenuto liquido tramite calore) rispetto all’affresco, per avere più tempo a disposizione per completare il lavoro, date anche le dimensioni dell’opera stessa. • Fu un insuccesso perché fu fatta bruciare della legna che, per mezzo dell’alta temperatura, avrebbe dovuto essiccare e fissare il colore; invece i colori colarono sull’intonaco dalla parte alta e Leonardo abbandonò l’opera. Forse per la gioia dei committenti che avrebbero voluto una rappresentazione ben diversa? • Più tardi fu commissionato a Giorgio Vasari l’affresco che tuttora occupa una parete della Sala dei Cinquecento e che coprirebbe l’opera di Leonardo; il salone fu anche ristrutturato e alzato di parecchi metri. • Alle pareti abbiamo ora scene che enfatizzano le vittorie militari di Cosimo I su Pisa e Siena. Tra queste la più famosa è quella del Vasari con la “Battaglia di Scannagallo” o la “Battaglia di Marciano della Chiana” con la famosa frase del “Cerca trova” scritta su una piccola bandierina verde, che dal basso, dove noi spettatori guardiamo, nemmeno è così visibile. Chi ha in mano questa bandiera? Da un po’ di anni questo affresco ha fatto sognare un’ipotetica “caccia al tesoro” indetta dal Vasari. Furono fatte delle ricerche, con microcamere e scansioni ma non si trovò mai nulla. • Leggende? Aneddoti? Chi cerca trova, potrebbe essere un buon input ancora oggi per il giornalismo.
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La giusta mescolanza di tali ingredienti, come in ogni ricetta ben riuscita, non è sempre facile da ottenere e molte volte nemmeno utile. Rispettare le 5 w del giornalismo anglosassone: • Who? • What? • When? • Where? • Why? potrebbe allo stesso modo comportare un indugio esagerato sul perché, piuttosto che sui punti precedenti. GLI ESEMPI DELLA tv Se pensiamo a questi anni, ad esempio, abbiamo visto come, parlando di covid, si puntasse l’attenzione solo sugli strumenti di protezione senza analizzare quei mezzi atti ad aumentare le difese immunitarie, come una sana alimentazione, il movimento, lo stare all’aria aperta, ma anche la musica o la meditazione stessa, che persino l’OMS ha indicato come utile al benessere dell’uomo nella sua totalità. Lo scienziato Bruce Lipton afferma che le cellule (e quindi l’organismo completo, se, come diceva Ermete Trismegisto, come il piccolo così il grande), si
Ennio Battista
Il collegamento con Nicholas Bawtree
pongono in formazione di protezione (attacco e fuga) o crescita, parte che non è stata mai presa in considerazione dalla maggior parte della stampa. Inoltre, nei vari talk show, dove la definizione stessa sembra davvero contaminarsi con la spettacolarizzazione per parlare, dovrebbe sempre dare spazio alle diverse posizioni in campo e delle diverse analisi nel rispetto del principio di completezza della notizia, E che dire del giornalismo di cronaca nera, dove bisognerebbe rispettare sempre e comunque il diritto alla presunzione di non colpevolezza: il vecchio detto «sbatti il mostro in prima pagina» è ancora più utilizzato oggi, aggravato dagli stereotipi di genere, razza o religione. Ritengo che continuare a mostrare video o una foto di un disastro o di un cadavere, da cui non emergano elementi per contribuire a informare la popolazione, sia un’inutile è spettacolarizzazione. Si rischia di cadere nel puro voyerismo,. Là dove la divulgazione della notizia, o dell’immagine, non sia indispensabile ai fini informativi, prevale dunque il diritto alla riservatezza di chi può subire un danno dalla diffusione. «Un bel tacer non fu mai scritto»: chiaramente, il diritto di cronaca non permette di non dare brutte notizie, ma forse
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dovremmo approfondire anche i toni con cui tali informazioni vengono date. La tv, ma anche il web e non solo, sono diventati «armi di distrazione di massa», dove ogni notizia viene spettacolizzata e messa in discussione talmente tanto da creare confusione e distrarre dal focus dell’argomento. Noam Chomsky, uno dei più importanti intellettuali oggi in Vita, che è tra le altre cose un linguista, ha elaborato la lista delle 10 strategie della manipolazione attraverso i mass media. La prima è questa: La strategia della distrazione L’elemento primordiale del controllo sociale è la strategia Severino Saccardi
il FILMATO
Inquadra il QRcode per la tavola rotonda del Festival (dal 30° min.) della distrazione che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti. La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire al pubblico d’interessarsi alle conoscenze essenziali, nell’area della scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica. Mantenere l’Attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali, imprigionata da temi senza vera importanza. Mantenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza nessun tempo per pensare, di ritorno alla fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”). Le declinazioni del giornalismo gentile possono riguardare ogni ambito del mestiere. Così, come ho sempre apertamente dichiarato, nelle mie critiche teatrali, difficilmente ho mai stroncato uno spettacolo: ho sempre cercato di sottolinearne i punti di forza, e, nel caso di assenza di questi, semplicemente non parlo dello spettacolo, non facendone pubblicità. Mi piacerebbe infine “Richia-
mare all’ordine” i giornalisti, con la doppia valenza di rimettersi in carreggiata e rientrare in quelle norme deontologiche che sono alla base del nostro lavoro. Prima di lasciare la parola ai relatori, vi lascio con un racconto sufi che dice che prima di uscire dalla nostra bocca ogni parola dovrebbe superare tre cancelli: • Il primo è il cancello della verità, dovremmo essere certi che ciò che diciamo sia vero. • Il secondo cancello è quello dell’utilità, dovremmo chiederci se quello che vogliamo dire è davvero utile e necessario. • Il terzo cancello è quello della gentilezza, le nostre parole sono gentili? Per venire alla luce quindi ogni parola dovrebbe attraversare i tre filtri. Perché la parola, il Logos, era all’inizio dei tempi e ci accompagnerà fino all’ultimo respiro. Il panel di Firenze ha visto, oltre a me stessa come moderatrice e relatrice, lo scambio di opinioni tra grandi giornalisti che ho avuto l’onore ed il piacere di avere con me sul palco del Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze. Mi fa piacere ringraziarli pubblicamente tutti e sono: • Ennio Battista, coordina-
tore editoriale di Vita&Salute e giornalista scientifico per ilfattoquotidiano.it • Nicholas Bawtree, direttore di Terra Nuova (in collegamento), • Adriana Marmiroli, giornalista de La Stampa, • Severino Saccardi, direttore Testimonianze. La tavola rotonda, che potete rivedere integralmente cliccando sul QRCODE in pagina, ha toccato diversi temi, come quello scottante della libertà di stampa e del conflitto di interessi, della fake news e del rapporto con i lettori. Come direttrice di Riflettori su (www.silviaarosio.com) e del mensile cartaceo ed online Riflettori su Magazine (https:// issuu.com/silvia.arosio), mi espongo in prima linea come alfiere del giornalismo gentile e mi dichiaro pronta a sostenere ogni iniziativa a riguardo, con la Vostra collaborazione. Ringrazio Daniel Lumera, Tania Cefis, la Città di Firenze e la vicesindaca Alessia Bettini e MUSE Firenze per l’accoglienza e tutti coloro che erano presenti. Per contatti su questo progetto, scrivete a info@italiagentile. com ►RS
Testo unico dei doveri del giornalista Gen 22, 2019 | Deontologia, Leggi - In vigore dal 1° gennaio 2021 • Articolo 6 - Doveri nei confronti dei soggetti deboli. Informazione scientifica e sanitaria Il giornalista: a) rispetta diritti e la dignità delle persone malate o con disabilità siano esse portatrici di menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali, in analogia con quanto già sancito per i minori dalla «Carta di Treviso»; b) evita nella pubblicazione di notizie su argomenti scientifici un sensazionalismo che potrebbe far sorgere timori o speranze infondate avendo cura di segnalare i tempi necessari per ulteriori ricerche e sperimentazioni; dà conto, inoltre, se non v’è certezza relativamente ad un argomento, delle diverse posizioni in campo e delle diverse analisi nel rispetto del principio di completezza della notizia; c) diffonde notizie sanitarie e scientifiche solo se verificate con fonti qualificate sia di carattere nazionale che internazionale nonché con enti di ricerca italiani e internazionali provvedendo a evidenziare eventuali notizie rivelatesi non veritiere.
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BENESSERE
di Silvia Arosio
Ecologia interiore per
liberare corpo e mente
Dopo il successo di Biologia della Gentilezza e La lezione della farfalla il terzo libro della trilogia dedicata alla Biologia dei Valori
E
cologia Interiore è il nuovo libro scritto a quattro mani per Mondadori dal biologo naturalista Daniel Lumera, riferimento internazionale nelle scienze del benessere e della qualità della vita e nella pratica della meditazione, e dalla scienziata di Harvard Immaculata De Vivo, fra le massime esperte al mondo nel settore dell’epidemiologia molecolare, della genetica del cancro e nello studio dei telomeri. Dopo il successo dei bestseller Biologia della Gentilezza (2020) e La lezione della farfalla (2021) gli autori tornano quest’anno con un terzo titolo che completa la trilogia dedicata alla consapevolezza e alla “Biologia dei Valori”. Un’opera che, partendo dai dati scientifici più all’avanguardia, affronta le grandi tematiche del nostro tempo – la pandemia, le guerre, la crisi climatica – a partire dalla loro radice interiore e dal potere che ognuno di noi ha in sé per affrontarle e trasformare stress e traumi in esperienze di evoluzione e consapevolezza.
Cosa significa “ecologia interiore”? Quale relazione intercorre tra la salute della nostra “macchina biologica” e quella dell’ambiente che ci circonda? Il volume guida il lettore in un viaggio che dimostra com’è possibile salvare la specie umana e il Pianeta partendo dall’interno della nostra mente, grazie alla scoperta e all’uso consapevole delle nostre energie rinnovabili interiori, raggiungendo una vita felice e in salute. Lo sviluppo sostenibile comincia innanzitutto dentro noi stessi; per questo pagina dopo pagina viene affrontato come rendere sano, ecocompatibile ed ecosostenibile il nostro ambiente interiore, trasformando le tossicità in energia pulita, per attraversare al meglio anche i momenti più difficili: dalla purificazione del nostro passato al grande potere del silenzio; dall’energia sessuale come chiave per il cambiamento ecologico, alle forze che nutrono le nostre relazioni affinché siano stabili e longeve; dalle cinque dimensioni della salute, fino al cosiddetto effetto colibrì per un nuovo modello di sviluppo sostenibile interiore ed esteriore che ci aiuterà a raggiungere una completa e consapevole realizzazione della nostra vita. Seguendo un approccio di ricerca inclusivo, che unisce antiche sapienze alle più recenti scoperte scientifiche, Daniel Lumera e Immaculata De Vivo propongono, quindi, un percorso multidisciplinare con eser-
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cizi e suggerimenti pratici, che permette di bonificare i diversi aspetti dell’esistenza per potenziare il sistema immunitario, migliorare la qualità della vita e la longevità, raggiungere una nuova dimensione di salute, liberarsi dalle dipendenze e gestire al meglio la relazione con la malattia, per creare una realtà prospera e autentica per se stessi, gli altri e il Pianeta. Per informazioni: www.ecologiainteriore.com ►RS
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benessere
Sight and Sound Vibe, vista, suono e emozione
…Immagina di essere una creatura di Suono, composta da molti toni. La tua forma, i tuoi movimenti, i desideri e le motivazioni provengono dal tuo concerto interiore. Ogni cosa che conosci e senti è Suono. Il tuo concerto è ovunque. Quando danzi i tuoi organi fanno dei suoni i tuoi muscoli suonano giusto tono. La tua voce canta le lodi e le stelle brillano su di te John Beaulieu, Human Tuning, Il Suono dei Diapason che guarisce, Verdechiaro Ed., 2020, p. 12
A
pprofondendo in questi ultimi anni la tematica dell’arte e del benessere, ho incontrato sul mio cammino la neuropsicologa e psicotraumatologa dr.ssa Maria Cristina Necca Zandonella, che è stata protagonista di un’intervista nel numero di marzo di Riflettori su Magazine. Nel suo processo di Riabilitazione Visiva, ha iniziato ad approcciarsi all’utilizzo della musica e del suono, unito al Metodo che ha creato personalmente e che da più di 20 anni sta dando risultati sorprendenti nell’ambito della visione. Il progetto Occhi felici, di cui abbiamo parlato nello scorso incontro, riguarda la riabilitazione visiva, ed il nome viene dal titolo del libro della Dottoressa. «Dati gli innumerevoli risultati che abbiamo ottenuto con questo metodo, anche con casistiche differenti, dalle banali presbiopie alle gravi diplopie da ictus, la filosofia che ne è scaturita è quella di far sentire qualsiasi persona, con il proprio problema visivo, accolta, inclusa, e con la possibilità di recuperare, grazie anche alla sua partecipazione attiva». Negli anni di lavoro e di ap-
proccio al paziente, a livello empirico, la Zandonella ha notato come l’utilizzo del suono portasse a risultati ancora maggiori, uniti al Metodo che ha implementato. «Effettivamente, abbiamo avuto una paziente che ha avuto la totale remissione dei sintomi con l’ascolto della musica 8D. Stiamo quindi sperimentando tutti i risultati che possono dare l’utilizzo della vibrazione - come anche il diapason, le campane
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tibetane, ma anche appunto la musica - per il miglioramento visivo. Si tratta di uno studio osservazionale neuropsicologico: ovviamente, supportato da indagine medica con apparecchi strumentali. Stiamo cercando di interessare dei ricercatori per approfondire tramite risonanze magnetiche funzionali ed altri strumenti cosa avviene nelle aree cerebrali implicate. I test oculistici-oftalmologici e neuropsicolo-
di Silvia Arosio
innata curiosità, si è poi trasformato nell’approfondimento professionale. L’udito è il primo senso che il feto sviluppa nella pancia della mamma: il bambino si trova immerso nel liquido amniotico e percepisce lo sciabordio del liquido, i rumori delle viscere della mamma, dallo stomaco al cuore, fino, dal terzo mese in poi, ai rumori che provengono dall’esterno. Non per nulla, da molti anni si consiglia l’ascolto della musica in gravidanza. La vista arriva
gici che stiamo portando avanti hanno evidenziato risultati strabilianti». Sulle frequenze - è proprio il caso di dirlo - di questo percorso il 14 ed il 15 maggio, si sono tenute a Milano (ed il 28 dello stesso mese a Rovigo), le giornate Occhi felici, intitolate Sight and Sound Vibe, in cui la Dottoressa, insieme alla pianista e ricercatrice sul Suono, Francesca Bascialli, che ha studiato gli effetti dei diapason e di altri strumenti suono-vibrazionali sul corpo dei diapason, ed insieme andremo a lavorare utilizzando queste vibrazioni, si è lavorato sull’esercizio visivo. In precedenza, nella stessa tipologia di giornate, era stato proposto un lavoro sul colore, il quale permette l’attivazione del DMT, la dimetiltriptammina, che è una sostanza che secerne la ghiandola pineale e ci permette di vedere i colori anche ad occhi chiusi. A questo tipo di lavoro con le tavole colorate, si è aggiunto anche l’utilizzo delle vibrazioni sonore. In generale l’ascolto della musica porta una vibrazione a livello cerebrale che distoglie tutto il fog, cioè la nebbia dei pensieri. Bates che fu il pioniere del filone della riabilitazione visiva, e che scrisse un libro rivoluzionario nel 1920, affermava «Tutti i disturbi visivi nascono dalla tensione mentale, il “mental strain” come lui lo definiva». Ho avuto il piacere e l’opportunità di partecipare ad uno di questi incontri, soprattutto a titolo personale, che, per la mia
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Chi è CRISTINA ZANDONELLA • La mia passione per la vista nasce negli anni ’80 quando divento insegnante di yoga e mi iscrivo a Psicologia. All’università studio la teoria funzionalista di William Bates e scrivo una tesi sperimentale su quello che sarebbe poi diventato il Metodo Zandonella per i disturbi visivi. • Specializzata in psicoterapia sulla relazione tra vista, traumi ed emozioni, nel 2014 scrivo il libro Occhi Felici che illustra il metodo e la filosofia che lo accompagna: vedere con gioia. Ora sono neuropsicologa e il mio Metodo è tirocinio universitario. • La continua ricerca in neuropsicologia, l’esperienza con i pazienti e le lezioni di pianoforte con Francesca Bascialli mi hanno fatto scoprire la connessione tra vista e suono. solo dopo, quando il bimbo viene catapultato nel mondo esterno, così pieno di stimoli, che piano piano si fisseranno nella sua memoria. La vista, ha spiegato la Dott.sa Zandonella nel corso, è un atto percettivo basato su riflessi: non è razionale ma va a toccare aree del cervello vicine anatomicamente a quelle del suono, che si influenzano reciprocamente. «I nuclei cerebrali del l’udito (suono) sono molto vicini a quelli visivi e c’è un’influenza diretta tra questi due apparati e la parola chiave di questa relazione è la parola spazio».
Il neuroscienziato Paul MacLean ha sviluppato negli anni Settanta la teoria del Triune Brain, o cervello tripartito, con la quale spiegava come, nel corso dell’evoluzione, l’uomo ha strutturato l’encefalo attraverso un’organizzazione ed una funzione gerarchica. MacLean ha suddiviso il cervello in tre sistemi principali: il Cervello rettiliano, che corrisponde al tronco encefalico; il Cervello mammifero, corrispondente al sistema limbico; e la Mente o Ragione, abbinata alla neocorteccia. Posso fare un esempio personale. La parte razionale, determinata nella neocorteccia, interviene quando una critica teatrale come me assiste ad uno spettacolo di danza, un musical o un concerto, ed inizia a “giudicare” il modo di cantare, le coreografie, o la “verità” della recitazione, per-
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dendo spesso la bellezza dello show nel suo insieme, e non lasciandosi “trasportare” falla parte emotiva della messa in scena. Nel momento in cui non scatta la parte critica, invece, e pure io mi lascio andare al puro godimento dello spettacolo dal vivo, la musica agisce sul cervello limbico (sede delle emozioni, deputato alla comunicazione, agli affetti, alla cooperazione e alla collaborazione) e quello rettiliano (la sede degli istinti primari, delle funzioni corporee autonome, come ad esempio quello della risposta attacco-fuga), ed è in questa occasione che ci emozioniamo, sorprendiamo e lasciamo coinvolgere. Entriamo nel mondo del “sentire”, che non risponde alla volontà e al raziocinio. In questo caso, il corpo, che è sempre “gentile” con noi (e qui ci connettiamo all’editoriale di apertura), passa dalla modalità di “protezione” (fi-
ghting) a quella di crescita: per citare Bruce Lipton, le cellule nel nostro corpo si dispongono in crescita e protezione e questo avviene non solo a livello cellulare, ma anche sistemico. Affinchè questo passaggio avvenga, è quindi necessario creare sintonia ed armonica ed il suono riesce proprio a fare questo, agendo su questi due cervelli. Nella giornata Occhi Felici, come giornalista, ma soprattutto come essere umano, ho personalmente sperimentato a livello empirico tutto questo, non solo ascoltando le spiegazioni della dottoressa e di Francesca Bascialli, ma anche di una paziente, come Sara, che ha visto una totale remissione dei sintomi della patologia di cui soffriva, attraverso il Metodo Zandonella e l’utilizzo della musica 8D. Il tutto con preponderanza di esercizi pratici, a cui ho partecipato insieme al gruppo dei presenti, e che mi hanno fatto sperimentare, anche in una sola giornata, quanto il suono possa aiutare anche al benessere visivo. Gli strumenti che sono stati utilizzati, oltre alle schede del Metodo Zandonella, sono andati dall’humming, il più semplice e al tempo stesso più potente suono che possiamo creare da soli, che Bruce Lip-
IL SITO
Inquadra il QRcode per sito ufficiale di Rieducazione Visiva ton descrive come “una potente prescrizione non farmaceutica per l’autoguarigione che ha solo effetti collaterali positivi come armonia salute”, ma anche vari tipi di diapason, come i il diapason C&G, e i suoni binaurali. Inoltre, sono state utilizzate campane tibetane suonate a sfregamento o a percussione ed il tamburo sciamanico che ha dato il ritmo per un movimento a pendolo del corpo, fino ad arrivare ad un piccolo concerto finale dove Francesca Bascialli, la violinista Martina Casetta e la stessa Zandonella hanno invitato i presenti a muoversi, prima da soli (da notare che tutti lo abbiamo fatto ad occhi chiusi, senza nessuna direttiva) e poi interagendo con gli altri. Perché, infatti, la stessa presenza
delle persone in Area Pega, la bella location di Foro Buonaparte, a Milano, dove si è tenuto il corso, creava essa stessa armonia. Il corpo umano emette lui stesso vibrazioni; il cuore, il cervello e lo stomaco immettono nell’aria attorno, onde elettromagnetiche e la cassa toracica e la vacuità parziale interna delle ossa sono gli amplificatori. Per citare il biologo e musicista Emiliano Toso, “siamo musica”, “un mare di cellule sotto un cielo di musica”. Il corpo in armonia, grazie anche al suono è rappresentato dall’Uomo di Leonardo, che non le sue membra rappresenta una stella a 5 punte, quella dei cinque elementi naturali che lo rendono unito all’universo e parte di esso, e che abbiamo utilizzato per alcuni esercizi, complicati, ma eseguiti da tutti con grande attenzione e immediata risoluzione. D’altronde, come affermava Ermete Trismegisto, un bel po’ di anni fa, Ciò che è in basso è uguale a ciò che sta in alto, e ciò che sta in altro è uguale a ciò che sta in basso». «Dati gli innumerevoli risultati che abbiamo ottenuto con questo metodo, anche con casistiche differenti, dalle banali presbiopie alle gravi diplopie da ictus, la filosofia che ne è scaturita è quella di far sentire qualsiasi persona, con il pro-
Chi è FRANCESCA BASCIALLI • Attratta fin da piccola dalle finezze nella ricerca della sonorità e dalle potenzialità comunicativo-relazionali ed emotive del suono, mi laureo con il massimo dei voti in Pianoforte, Musica Vocale da Camera (come pianista) e Musicologia al Conservatorio di Milano. Approfondisco poi lo studio della Musica Antica studiando Clavicembalo e Fortepiano e mi dedico all'attività artistica e didattica. • In continua ricerca in campo musicale che associo a Lavoro Emotivo e Corporeo, Counseling integrato, Bagno di Foresta, Lavoro olistico con il Suono, ho iniziato a collaborare con Cristina Zandonella sul miglioramento visivo attraverso l’applicazione delle vibrazioni sonore.
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L'AREA PEGA • Area Pega è stata fondata da Marek Jason Isleib e Francesca Zoia. Dopo vent’anni di esperienza all’estero come danzatori professionisti, Marek e Francesca sono ritornati in Italia con l’intento di condividere il loro lavoro. • Marek con la danza Butoh e Francesca con il movimento somatico (Metodo Feldenkrais, Stretching Somatico e yoga nel movimento): il loro intento è quello di trasmettere una fisicità, percepita da dentro. • In un mondo sempre più veloce, competitivo e proiettato verso forme imposte da fuori, un movimento originato dal piacere e dalla sensazione porta a sviluppare la consapevolezza e la percezione dando così vita a poesia in movimento. Le lezioni sono aperte a tutti. prio problema visivo, accolta, inclusa, e con la possibilità di recuperare, grazie anche alla sua partecipazione attiva». “Partecipazione attiva”, “intenzione”. Perché, in conclusione, anche se la musica ha meno presa sulla razionalità, quello che sta alla base di tutto è l’intenzione, quella che va dal desiderio di stare meglio, fino a quella che il musicista mette nel diffondere le sue note. Quell’intenzione che deve scattare sullo still point, quel punto di pace ed equilibrio tra il sistema simpatico di azione e quello parasimpatico di regolazione. Perché è da lì che si dà il la, quel la che dal secolo scorso si accorda a 440Hz, ma che oggi viene riscoperto da molti accordato a 432hz, la frequenza “universale”, multiplo di 8, che va bene per tutti e che a tutti fa bene a livello fisico, emozionale e spirituale. Quell’intenzione che sta al centro del segno dell’infinito, quel punto magico da cui si aprono infinite possibilità, quelle che, anche nel mondo odierno, ci possono far passare dalla protezione della iperallerta, alla crescita ed al rinnovamento cellulare, che sempre avviene nel nostro corpo, anche nella terza età, sebbene più lentamente. Quella crescita che aiuta a stare bene, a migliorare patologie, demenze e malattie mentali, e che, come abbiamo sco-
perto, agisce sugli occhi, come sulla totalità dell’organismo. E che le tradizioni sapienziali antiche già sapevano ma che oggi sono sempre più avvallate dalla scienza, dalla chimica e dalla fisica quantistica. Ci auguriamo nuove ricerche scientifiche a riguardo, che
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possano aprire nuovi campi di “cura”, intesa nella totalità dell’OLOS, come benessere fisico, mentale e spirituale. ►RS
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MUSICA
di Silvia Arosio
L’albero della musica,
il nuovo cd di Emiliano Toso Radici nella terra e rami nel cielo: ecco il nuovo album del pianista e biologo molecolare, un cd che unisce scienza, arte e musica
U
no dei primi incontri fondamentali perché approfondissi il ruolo della musica sul benessere dell’uomo, nella rivista che state leggendo, fu quello Ph.D Emiliano Toso Biologo Cellulare e Musicista Compositore a 432Hz, che mi aveva poi fatto conoscere altri professionisti, medici e scienziati, grazie ai quai ho portato avanti la mia personale ricerca. A maggio è uscito il nuovo album di Emiliano Toso, un CD doppio dal titolo L'Albero della Musica, che Emiliano stesso definisce così: “«Questo lavoro celebra anche l’unione profonda con i miei genitori. Papà Orazio che mi ha aiutato a creare con grande forza ed entusiasmo la Casa della Musica in cui posso esprimere la mia essenza più profonda. Mamma Wilma che con la sua arte traduce in meravigliosi acquerelli ciascuno dei miei brani». Quand’è stata l’ultima volta che hai sentito la vita scorrere
dentro di te? In cui hai percepito un profondo senso di unione con tutte le cose? Così come una passeggiata nel bosco ha il potere di scaricare le tensioni, purificare le emozioni e placare la mente, questo nuovo album vuole essere una coinvolgente esperienza immersiva in grado di riportare l’uomo all’autenticità del presente. Un momento per risintonizzarsi con il divenire dell’Universo e il respiro della Madre Terra. Uno spazio protetto in cui potersi concedere il privilegio di entrare nelle profondità del proprio essere e scavare, mettere delle radici così forti da poterti aiutare a sostenere ogni evento della vita. Un viaggio che porterà l’ascoltatore a vibrare della musica del proprio cuore, un percorso in cui si farà esperienza della dualità per poi raggiungere uno stato di unione in cui non esiste confine tra cielo e terra, sole e luna, maschile e femminile. Un’opera “spirituale” che grazie al tocco di Translational Music unisce scienza, arte e musica per aiutare le persone a superare la dualità e radicare in te la consapevolezza che gli alberi, così come la natura, non sono qualcosa di separato
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da noi, perché noi stessi siamo natura. Il nostro allontanarci da essa ci ha portato a dimenticare il miracolo unico ed irripetibile che siamo. Grazie a queste 25 nuove tracce registrate intimamente nella Casa della Musica, Emiliano Toso ci porterà per mano a sintonizzarci con gli elementi essenziali che governano l’universo, con gli astri e con il ritmo dei cicli naturali e della vita che ti abita. «Questo è lo scopo più profondo della musica: sintonizzare il tuo ritmo interiore con il ritmo dell’Universo di cui sei parte. In questo nuovo viaggio Emiliano condivide con Te, attraverso la semplicità del suo pianoforte, le composizioni di questi ultimi anni che lohanno portato a ricercare in profondità le vibrazioni più intime della mia Anima». ►RS
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INIZIATIVE
Vietato l 'ingresso...
il camerino è aperto!
© Servizio fotografico Luca Privitera
Appuntamento per il pubblico lunedì 6 giugno per visitare IL PRIMO CAMERINO, riprogettato nel 2022
I
l Primo Camerino è la punta di diamante del progetto inedito Vietato l’ingresso, a cura di Giulia Pellegrino, frutto dell’abbraccio sinergico tra teatro e progettazione, dove il design italiano è riuscito a raccontare nei minimi dettagli l’anima dei nostri grandi artisti. Firmato da Calvi Ceschia Viganò Associati, il restyling gode della consulenza artistica di Arturo Brachetti e la collaborazione di oltre venti prestigiosi brand di interior design, che regalano così una nuova e prestigiosa esperienza alla città di Milano. È stato definito “uno dei progetti più originali del Fuorisalone 2021” e ora VVietato l’ingresso presenta la sua fase conclusiva
ovvero il restyling del camerino principale del TAM Teatro Arcimboldi Milano, Il Primo Camerino inaugurato all'apertura del teatro nel 2002 e dedicato a tutti i grandi artisti e alle loro prime volte sul nostro palco, a tutti gli spettacoli del futuro, alla fantasia e all’eccellenza in ogni arte. Oltre 50 mq che hanno ospitato e ospiteranno le più grandi star dello show business nazionale e internazionale: da Roberto Bolle a David Parsons, da Ludovico Einaudi a Paolo Conte, da Bob Dylan al Dalai Lama, da Sting a Sir Elton John, da Liza Minelli a Charles Aznavour. Vietato l’Ingresso, progetto presentato da Show Bees e
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TAM Teatro Arcimboldi, è stato un vero e proprio contest al quale hanno aderito, con entusiasmo e generosità, diciassette prestigiose firme del mondo del design che hanno adottato uno dei camerini del teatro con l’obiettivo di dare una nuova anima a quei luoghi magici e segreti dove attori, cantanti, ballerini, musicisti si preparano a entrare in scena. Ideatore e curatore è Giulia Pellegrino, figura trasversale nel mondo del design e dell’architettura che ha coordinato e reso possibile questo piccolo miracolo milanese, un grande gesto di solidarietà, dove l’eccellenza del design e dello spettacolo si sono unite per un’inedita operazione
di Silvia Arosio
per la cultura: il progetto si è concretizzato con il supporto di oltre 200 partner tecnici, aziende e maestranze che hanno messo a disposizione i propri pezzi iconici e le proprie risorse a titolo gratuito. I diciassette studi di progettazione si sono sfidati creando dei piccoli gioielli di interior design che il pubblico ha potuto visitare durante la Milano Design Week dello scorso settembre. Più di 10.000 visitatori sono accorsi agli Arcimboldi per ammirare i nuovi straordinari camerini d’autore del teatro decretando il successo dell’iniziativa. Il pubblico del TAM ha poi votato online (oltre 7000 le preferenze giunte) premiando lo studio Calvi Ceschia Viganò Architetti Associati con il camerino intitolato DIORAMA che ha ottenuto l’incarico di riprogettazione de Il Primo Camerino.
In questa stagione teatrale i nuovi camerini di Vietato l’Ingresso sono stati la casa di molti artisti, dai comici di Zelig al cast di Notre Dame de Paris, dal corpo di Ballo del Teatro alla Scala a John Malkovich, dai Pet Shop Boys a Dita Von Teese, da Pat Metheny a Gianna Nannini che li hanno apprezzati ed elogiati facendoli diventare soggetto delle loro attività social e location per le interviste televisive. Ma la bellezza e l’unicità dei nuovi camerini di Vietato l’Ingresso non è passata inosservata anche ad alcuni artisti e aziende che li hanno scelti per ambientare i loro servizi fotografici. Vietato l’Ingresso è lieto ora di presentare l’ultimo step dell’iniziativa con il progetto curato da Calvi Ceschia Viganò Architetti Associati e che tiene conto della consulenza artistica di un esperto d’eccezione come Artu-
il sito
Inquadra il QRcode per sito ufficiale di Vietato l'Ingresso ro Brachetti, l’artista che più di altri è andato in scena al TAM: ben sei dei suoi tour sono stati rappresentati sul palcoscenico dell’Arcimboldi per un totale di 74 repliche e oltre 100.000 spettatori che hanno applaudito i suoi spettacoli. Arturo è quindi un profondo conoscitore del TAM, dei suoi spazi e delle esigenze degli artisti prima e dopo lo show. NOTE DI PRGETTO Il progetto del camerino del primo attore è per noi la seconda occasione di riflessione sul tema del teatro, del mondo degli artisti e del camerino. Questo luogo, situato sul lato sinistro del palco vista la distanza degli altri camerini dallo spettacolo, grazie alla sua generosa dimensione e altezza è ideale per il suo uso. In fondo non esistono “luoghi perfetti” e “luoghi sbagliati”, tantomeno progetti facili o difficili. Il progetto de Il Primo Camerino nasce dall’ascolto e dal confronto con i suoi futuri utilizzatori con i quali abbiamo avuto il privilegio di parlare in questi mesi. Il programma era molto chiaro: uno spazio nel quale truccarsi ma che fosse accogliente visto il lungo periodo di utilizzo da parte dell’artista, un bagno completo, uno spazio soggiorno dove si potessero rilasciare interviste, separato dalla
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zona del trucco, una piccola cucina, armadi per riporre gli abiti di scena. Il progetto si basa su elementi che tendono a rafforzare l’identità di uno spazio a pianta semicircolare. Questa forma di per sé accogliente viene di continuo negata e riconfermata: un tappeto disegnato ad hoc e tessuto in lana ne definisce lo spazio a terra con un colore verde petrolio e motivi circolari del medesimo colore, un grande lampadario rotondo di ottone a led ne sottolinea le linee morbide confermandone la centralità.
Tutte le superfici sono rivestite di resina, così come i bagni; la scelta del colore ha spaziato dalla gamma dei verdi fino all’arancio per le pareti. L’ingresso al Primo Camerino avviene attraverso una porta ad imbuto che introduce i nuovi ambienti con colori accesi, sulla parete di sinistra trova posto una bacheca per ospitare la locandina dello spettacolo in corso. Una volta entrati, un piccolo atrio triangolare dove viene posizionato un vaso in vetro soffiato di Murano distribuisce i due ambienti principali. Due porte scorrevoli di grande dimensione possono separare ma anche connettere lo spazio, aprendolo così sulla boiserie in legno chiaro che fa da quinta e lo separa dalla circolazione del teatro. I due ambienti principali si distinguono per il tipo di sedute: lo spazio del trucco direttamente collegato al bagno ha un grande sommier in velluto verde petrolio, il secondo ambiente dove è
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stata ricavata una piccola buvette si caratterizza per una panca imbottita appoggiata alla parete semicircolare, quasi un coro che possa accogliere i momenti pubblici dell’artista. Il bagno semplice e funzionale nasconde sotto il rivestimento in resina colorata la sua anima tecnologica, che grazie ad un sistema di elementi prefabbricati rende agevoli le ispezioni e le manutenzioni nel futuro. Apertura al pubblico - Visite a ingresso libero su prenotazione - Lunedì 6 giugno dalle ore 11.00 alle ore 19.00- ►RS
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ANTEPRIME
Timeless
Happy
Barbra...
80th
Donatella Pandimiglio prima artista italiana a presentare un Concerto Tributo a Barbra Streisand
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opo 14 anni dalle ultime repliche dello spettacolo Aspettando Barbra, che raccolse un vero successo di pubblico e critica, messo in scena (su richiesta del Festival dei Due Porti) in occasione del mancato concerto in Italia della Streisand nel 2007-2008, Donatella Pandimiglio decide di riprendere nel 2022, col nuovo titolo Timeless Barbra (Happy 80th) questo tributo alla grande star Barbra Streisand, artista senza tempo per la sua grandezza in ogni campo artistico con una voce di rara bellezza ed espressività, in occasione dei suoi 80 anni. La Pandimiglio già indicata dal suo pubblico come la Barbra italiana, pur amando e
ammirando da sempre questa grande artista, non osa lontanamente paragonarvisi ma altresì renderle omaggio concentrando in un unico spettacolo brani del repertorio della grande cantante americana, creando, a fianco alla bellissima scaletta musicale, quel gioco di ironia e divertimento che la contraddistingue: la racconterà così come lei l’ha vissuta, amata e reinterpretata lungo la sua carriera. In scena con lei un trio d’eccezione:
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• piano e direzione musicale Jacopo Carlini (già pianista del festival di Sanremo e di grandi artisti del calibro di Giorgia, Anastacia, Fiorella Mannoia, Patty Pravo, Ron, Simone Cristicchi, Fiorello)
di Daniele Colzani jacopo Carlini
• basso/contrabasso Matteo Carlini (già in tour importanti con grandi artisti quali Alex Britti, Serena Autieri, Fiordaliso, Marisa Laurito) • batteria Luca Trolli (collabora con artisti del calibro di Claudio Baglioni, Fabio Concato, Massimo Ranieri, Renato Zero) Con la partecipazione straordinaria di Luca Notari (Interprete in scena con grandi artisti come Massimo Ranieri, Tosca, Giampiero Ingrassia)
Matteo Carlini
già presente nella prima versione al fianco di Donatella Pandimiglio, che si esibirà e duetterà con lei. Il Concerto partirà in versione estiva il 7 Agosto in una delle più importanti location dell’Estate Romana nel cartellone de I Solisti Del Teatro (presso i Giardini della Filarmonica). Replicherà a Roma in versione teatrale il 5 Novembre nel cartellone del Teatro Ghione. ne. ►RS
Luca Trolli
Luca Notari
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IL SITO
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RICONOSCIMENTI
Dall’Italia all ’America, il trucco è fatto!
Il sogno americano di una make-up artist italiana E collaboratrice di Riflettori su
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olo numeri uno, per la nostra rivista. Mi fa piacere annunciare che la nostra contributor per il trucco, la make up artist Angela Valentino, italiana a New York, ha ricevuto un importante riconoscimento alla F.I.A.O. (Federation of Italian American Organizations), il primo centro comunitario multiculturale Italo americano a New York. Il presidente Della FIAO, Jack Spatola ha consegnato ad Angela il Patrimonio Italiano Award 2022 (firmato dall’Onorevole Fucsia Nissoli Fitzgerald, Deputata italiana eletta negli Stati Uniti) alla presenza di Luigi Liberti e Mike J. Pilla, direttori di Patrimonio Italiano Tv. Angela, la tua passione è iniziata con le arti dello spettacolo al liceo Artistico Caravaggio di Milano, in Italia. Nel 2008 si è laureata in Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano, dove ha solcato tutti i campi del teatro, della televisione e del cinema. Si è poi specializzata in Costumi per poi passare al trucco di scena e artistico. Come hai iniziato in Italia? Le mie prime esperienze sono iniziate in teatro, come scenografa e costumista. Ho collaborato con il Teatro la Scala quando ancora ero ancora in Accademia di Brera (ma non solo anche con il teatro Smeraldo ecc) e ho fatto esperienze in vari teatri di Italia. Dopo il teatro, ho avuto delle esperienze nel mondo della televisione ma la vera passione per il mio lavoro è arrivata gli ultimi due anni di Accademia, frequen-
tando un corso di trucco e maschera teatrale. Ero già appassionata di make up, soprattutto di effetti speciali. Frequentando questo corso ho deciso di iscrivermi ad una scuola di make up (BCM Cosmetics), e dopo un anno di scuola ho cominciato a lavorare nella moda e non mi sono più fermata. Perché 7 anni fa hai deciso di trasferirti a New York? Fin da quando era più piccola amavo l’America e la sua grandezza: sono cresciuta con il film Mamma ho perso l'aereo e
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sono sempre stata amante delle serie tv americane, affascinata da quelle strade enormi e dai palazzi infiniti che si perdono nel cielo. Ma tutto è iniziato nel 2010 quando l'università ho deciso di fare una vacanza studio di tre settimane negli Stati Uniti. Sono partita con 80 scenografi ero emozionatissima e soprattutto un sogno che si avverava... Andare in America. Il viaggio comprendeva la visita di tre città: New York, Los Angeles e Las Vegas, un po’ il triangolo dello spettacolo, come
di Silvia Arosio
dico io. L'America era come me l'immaginavo: grande, immensa, bella, magica, affascinante e folle allo stesso tempo. Sono un’artista e credo che dentro di noi viva un po’ di follia, quella follia che ci fa creare, che ci fa realizzare cose uniche Quel viaggio mi ha cambiato profondamente, mi ha scosso, mi ha fatto pensare e ha tirato fuori il massimo della follia da farmi dire: «Io voglio andare in america e voglio diventare una make up artist di successo». Ancora oggi quando lo racconto ho i brividi perchè il mio viaggio di un anno negli Stati Uniti è diventata la mia vita e ora sono sette anni e mezzo che vivo a New York City. Come ti sei sentita, una volta arrivata lì, e come ti sei inserita? Forse la domanda più complessa e difficile da spiegare in due parole. Quando sono partita ero al settimo cielo, quasi non ci credevo, sapevo che non sarebbe stato facile ma non così complesso come nella realtà che vivo da sette anni. Sentivo parlare di New York e tutti mi dicevano che questa città era una
giungla ma io non ne capivo il significato. Per me New York è magia, energia, luci, grandezza. Ne ho capito il significato arrivata lì in quella città così magica ma allo stesso tempo folle, allucinante e massacrante allo stesso tempo. Una città che non ti dà il tempo di pensare: qui un piano A non basta, ne devi avere almeno altri per sopravvivere. Ed era veramente una giungla fatta di tigri e piccoli gattini e per capire questa città ho dovuto viverla, sbagliare, piangere, perdere, vincere per poterla capire
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bene e ora da quel gattino indifeso mi sento una grande leonessa. Ho iniziato andando a scuola, volevo imparare bene l’inglese, che è una lingua essenziale per il mio lavoro, fin quando dopo un anno ho fatto un viaggio in Florida con un'amica e mai avrei pensato di conoscere quella che un domani sarebbe diventata la mia sponsor qui negli Stati Uniti, potendo così fare un visto lavorativo e iniziare a lavorare per quello per cui ho sempre lottato. Ho cominciato a lavorare con diversi fotografi e campagne pubblicitarie, tra cui la campagna pubblicitaria mondiale della Fanta drink per i social media, fino ad essere Art Director di un’azienda di moda. Ad oggi lavorando per la televisione americana, ho vinto tre prestigiosi premi: il primo a Los Angeles come miglior truccatrice nella fashion week , il secondo a New York come miglior truccatrice nella fashion week e ora come artista italiana negli Stati Uniti. So che avevi seguito un corso da dietro le quinte di Trucco di maschera teatrale con un effettista a Brera molto bravo, Roberto Mestroni. Hai alternato il trucco di moda, teatro e cinema? Sì, all'università. Come ho detto prima, ho seguito un corso di trucco e maschera teatrale con Roberto Mestroni, un grande
maestro degli effetti speciali, anche se devo dire che nel mio percorso ho avuto tutti insegnanti fantastici e bravissimi, dei veri talenti. Mi è sempre piaciuto sperimentare e provare diverse esperienze, quindi ho voluto iniziare con il teatro essendo una grande appassionata di opera lirica, proseguendo nel mondo televisivo fino ad arrivare alla moda che ha occupato e occupa la maggior parte della mia carriera. Ogni mese, ci regali testi di grande esperienza e molto diversificati tra loro. Per quale ramo del trucco ti senti più portata o preferisci? Non c'è un ramo del trucco che preferisco ad un altro, io amo il trucco in generale, ogni settore è affascinante proprio per le differenze che ci sono e per le diverse problematiche che si devono affrontare. Ma se devo essere proprio sincere e onesta con me stessa gli effetti speciali e il trucco teatrale sono quelli dove io mi sento artista a 360 gradi, è dove posso creare al 100%, dove mi sento libera di esprimermi. Sono amante del colore, dei pigmenti,
IL SITO
Inquadra il QRcode per il sito ufficiale di Angela Valentino ogni mia palette di colori mi fa sentire libera di creare l’impossibile. Vista la tua permanenza a NY, dacci la tua impressione su mondo del teatro e del musical lì? Oltre alle cose più ovvie, cosa distingue per te il mondo dello spettacolo dal vivo americano e quello italiano? Sicuramente c'è molto differenza da spettacoli italiani e americani. Forse sarebbe più corretto dire differenza tra opera italiana e musical americano. Il musical nasce tra l'800 e il '900,
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creando un tipo di narrazione non solo basato sulla recitazione, ma anche sul canto e la danza, che si uniscono insieme per costruire l'intera trama. Prendendo spunto dall'opera, viene però adattato ai gusti tipicamente americani, con un utilizzo importante dei costumi, della scenografia e di performers in grado di dimostrare il loro talento in tutte e tre le arti richieste dallo spettacolo. Il musical ha origine popolare e si sviluppa come una forma di teatro che ogni tipo di pubblico può apprezzare, grazie ad una struttura e a uno stile più scorrevole e più semplice da comprendere di una prosa tradizionale. Non è un caso che la musical comedy sia nata proprio negli stati Uniti, dato che all’interno della popolazione si trovavano numerosi gruppi di etnie differenti, che spesso non parlavano bene l'inglese, e che quindi non avrebbero potuto godere di un tipo di recitazione basato solo sulle parole, ma che invece potevano rimanere ugualmente stregati dalla musica e dalle atmosfere abilmente realizzate. L'opera popolare è diversa è
nata in Italia, con la precisa intenzione da parte degli autori di differenziarsi dal musical, per influenze musicali presenti all'interno del prodotto creato, che non vanno ricercate nelle atmosfere americane o inglesi, ma nel territorio italiano europeo. Per esempio all'interno di questi spettacoli non sono presenti momenti recitativi e l'intera narrazione viene affidata alle canzoni, che sono vere e proprie arie conclusive magari collegato alla presenza di un personaggio specifico (come Don Rodrigo ne I Promessi Sposi). Sono presenti balli, ma spesso sono solo da cornice e delle volte del tutto assenti, ponendo l'attenzione principale alla parte cantata, così come nell'Opera lirica. Ti sei inserita nella comunità italiana? Sì, mi sono inserita nella comunità italiana anche se quando sono arrivata cercavo di frequentare americani o comunque persone che non parlavano la mia lingua. La comunità italiana qui a New York è molto grande più di quello che immaginavo. Parlaci dell’ultimo premio ricevuto. Credo veramente che questo ultimo premio ricevuto sia uno
chi è angela valentino
• Angela Valentino una giovane Make up artist italiana con una forte inclinazione per le arti del makeup. • La sua passione è iniziata con le arti dello spettacolo durante il liceo artistico. Laureata in Scenografia e costume per lo spettacolo all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano e diplomata in Truccatore artistico alla BCM Cosmetics di Milano. Successivamente, ha lavorato per diversi teatri, televisione, cinema e moda. • Ha vinto due premi come miglior truccatrice a Los Angeles e a New York. Ora vive da sei anni a New York.
dei più importanti , anche se forse il numero uno dei premi deve ancora arrivare… un Oscar o Golden Globe, niente è impossibile nella vita, basta volerlo fortemente. Ma come dicevo questo premio credo sia uno dei più prestigiosi .. l'essere riconosciuta come un’eccellenza italiana negli Stati uniti e anche rappresentando un vanto per tutta la comunità italiana. Questo premio non rappresenta un traguardo, bensì l'inizio di tanti altri traguardi fantastici. Torneresti in Italia? Per fare cosa e come? Me l’hanno chiesto in tanti e dopo sette anni e mezzo di America rispondo ad oggi la stessa risposta: no! In Italia ci torno per vacanza, qui in America ho trovato un habitat perfetto, ho ricostruito tutta la mia vita iniziando da meno di zero e facendo tanti
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sacrifici, sacrifici che non si possono neanche immaginare ma solo chi li vive può capire. L’America è un paese molto difficile, nessuno ti regala niente, ti devi sudare tutto anche la più piccola cosa, ma una cosa la offre: la meritocrazia e se sei bravo e hai talento prima o poi ti ripaga e ti ripaga con grande successo. Io piano piano sto realizzando il mio sogno, la mia passione e il mio amore infinito per il mio lavoro. Ma soprattutto la cosa più importante, vivo in un paese dove la mia professione viene rispettata e riconosciuta a pieno e questo è molto importante per me. L'unica cosa che mi manca veramente del mio Paese sono i miei affetti, la mia famiglia.. il mio tutto. E se dovessi prendere un Oscar… ricordati di noi! ►RS
MANIFESTAZIONI
A
Milano è tempo
di Flamenco Festival
Dal 17 al 24 giugno la kermesse celebra 15 anni di programmazione e si propone alcuni obiettivi concreti: scuotere, stupire, ispirare, costruire.
F
UTURO DENTRO sarà il filo conduttore dei tre spettacoli che si alterneranno il 20, 22 e 24 giugno sul palcoscenico del Piccolo Teatro Strehler. In questa visione/sentimento del futuro trova spazio un flamenco con carature differenti, desideroso di affermarsi come arte fra le arti, di gridare la propria potenza / potenzialità e puntare dritto allo stomaco dello spettatore: ricerca e connubio con la gestualità contemporanea, dialogo con la musica elettronica, innovazione scenografica, alla conquista di dinamiche che concedono al flamenco un respiro sempre più nuovo e stimolante senza snaturare la sua essenza. Il 20 giugno torna a grande richiesta il Premio National de danza Manuel Liñan con l’ultima produzione, Pie’ de Hierro, uno spettacolo centrato sul conflitto con il padre torero,
IL SITO
Flamenco dancer, Anatoly Metlan
Inquadra il QRcode per il sito del Milano Flamenco Festival
dove dà ampia mostra della sua capacità di seguire la tradizione e portarla a un punto insolito tra genialità e semplicità, ponendosi all’avanguardia del flamenco. Uno spettacolo che nella sua potenza, crudezza e ribellione,
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cerca l’umana comprensione e il calore di un abbraccio. Il 22 giugno Alfonso Losa, con la partecipazione straordinaria di Concha Jareño, presenta Flamenco: Espacio Creativo. Un fine lavoro coreografico diretto da Estévez
di Daniele Colzani Pié De Hierro
& Paños (Premio Nacional de danza 2019) in cui il flamenco è vissuto come spazio creativo in cui far confluire armonicamente tradizione e avanguardia, rivisitazione stilistica, ritmica e musicale. Lo spettacolo ha recentemente conquistato
il Premio della Critica 2022 nell’ultima edizione del Festival Flamenco de Jerez. Il 24 giugno Eva Yerbabuena icona del flamenco contemporaneo, già Premio Nacional de danza, presenta D’madruga, un’opera tributo al mae-
Flamenco: Espacio Creativo
stro Enrique Morente, artista internazionale scomparso nel 2010, che, attraverso un cammino di profonda ricerca e sperimentazione rivoluzionò il cante e la musicalità flamenca a cavallo fra i due secoli, lo stesso cammino intrapreso in parallelo nella danza da Eva Yerbabuena a dimostrazione che il futuro vive anche nel presente. Ricco programma anche per le attività parallele - workshop, performance Flamenco en Flash in luoghi vari della città e il 20 giugno alle 19.45 la proiezione del cortometraggio Flamenco Queer di Ana Gonzalez e Frederick Bernas, a cura dell’Istituto Cervantes, presso la Scatola Magica del Teatro Strehler.
© Beatrix Mexi Molnar
GLI SPETTACOLI NEL DETTAGLIO • Pié De Hierro: è un duello/dialogo forte e intenso con la tradizione nel quale l’artista cerca risposte al suo anticonformismo, ponendosi domande sul futuro. Dedicato al padre torero, si presta a differenti letture, ponendo al centro il tema del conflitto. In un’ambientazione futurista, Linan tesse una trama
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ricca di sorprese - dialogo fra chitarra flamenca e chitarra elettrica, tra il cante del potere e l’amorevolezza del baile - dando ampia mostra della sua capacità di continuare con la tradizione e portarla a un punto insolito tra genialità e semplicità, ponendosi all’avanguardia del flamenco. Uno spettacolo che nonostante la violenza e la ribellione, cerca l’umana comprensione e il calore sincero di un abbraccio. • Flamenco: Espacio Creativo: è un viaggio flamenco frutto di riflessioni, confronti, dibattiti sui distinti concetti e ottiche (vincoli, limiti, radici, sperimentazione) che ruotano intorno al flamenco, arte capace di rinascere, reinventarsi, crescere in ogni momento e adattarsi ad ogni persona, corpo, vissuto. Estevez & Panos creano per il virtuoso e versatile Alfonso Losa una suite di danza, cante e musica capace di abbracciare le diverse forme della danza flamenca, a volte dolce, altre secca e austera, o ancora curva o cubista, frutto del sentimento, introspezione, sforzo, illusione, bilancio del momento presente e di proposizioni future. Il flamenco come linguaggio, come idioma per raccon-
tare, il flamenco come spazio creativo. • D’madruga: Il futuro vive anche nel presente: Eva Yerbabuena lo sottolinea con amore e passione omaggiando, con il suo inconfondibile stile tersicoreo, il maestro Enrique Morente, rivoluzionario e filosofo del cante flamenco. Uno spettacolo che vibra di pura emozione in cui Yerbabuena, con l’eleganza, la
maestria e la personalità che la contraddistinguono, rende carne la voce del maestro. Accomunati dalla loro Granada natale, da una spiccata inquietitudine artistica e dedicazione alla propria arte, per il cammino di ricerca intrapreso ciascuno nel proprio campo sono considerati fra i precursori del nuovo flamenco. Ciò che hanno segnato è passato, presente e futuro. ►RS
IL trailer / 1
IL trailer / 2
IL trailer / 3
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D’madruga
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festival
Il
Festival della Lentezza
apre “La
Porta accanto”
© Roberto Perotti
incontri, concerti, spettacoli e laboratori alla Reggia di Colorno (PR), con incursioni artistiche nei luoghi della quotidianità
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a mente funziona a incastro, a capire in fondo il mondo, ogni giorno ti serve l’altro”. Con questa frase del rapper emiliano Murubutu si apre La Porta accanto dell’8° edizione del Festival della Lentezza, in
programma dal 17 al 19 giugno 2022 tra gli splendidi cortili, le sale, il giardino della Reggia di Colorno, con incursioni nei luoghi più insoliti della città. Una contaminazione di arti e di eventi per 3 giorni di incon-
tri, laboratori, concerti, spettacoli, libri, mostre per grandi e piccoli, senza barriere tra artisti e pubblico e seguendo il comune obiettivo di mettere al centro la qualità e il benessere dei rapporti umani, nel rispetto
© Pierangela Flisi
IL SITO
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Oltre agli eventi negli spazi della storica Reggia, il Festival arriva nei luoghi più intimi, dove si compie la vita di tutti i giorni, quelli che sono stati confinati dalle mura dell’isolamento nei periodi di distanza dagli altri, per trasformarli in accoglienza, speranza e condivisione. Così, ci saranno incursioni artistiche nel parcheggio della Casa della Salute di Colorno e tra i banchi del mercato del venerdì; letture animate per bambini e famiglie nelle case popolari e altre letture en plein air nel centro storico; concerti nella Casa Protetta; performance teatrali nei cortili.
Uno sguardo reciproco tra cittadini temporanei ed abitanti. Gli artisti escono dagli spazi tradizionali e si mescolano con la vita di un pianerottolo, di una via e di un quartiere. Entrano nella Porta accanto. eventi collaterali Prima di immergersi nel cuore della manifestazione, in linea con le iniziative che per tutto l’anno tengono vivo lo spirito del Festival con eventi collaterali in varie zone d’Italia e posti inusuali come boschi e balconi, domenica 15 maggio, alle ore 18.00, al Porto Fluviale Mezzani (PR) si terrà il Concerto Matilda, che prende spunto dalla tradizione dei Violini Di Santa Vittoria punto di riferimento fondamentale della storia della musica da ballo. Lo spettacolo, gratuito, è diretto da Vanessa Cremaschi, violino e voce di un organico affidato a sole donne, segnale di discontinuità e provocazione per dei repertori esclusivamente suonati storicamente da uomini. Uno spettacolo composito e articolato in balli, momenti improvvisativi, rivisitazione di canti della tradizione, racconti e aneddoti. ►RS
© Roberto Perotti
© Pierangela Flisi
del territorio e delle sue risorse naturali. Un festival in cui il tempo scorre in modo diverso, per ascoltare la poesia di Giovanni Truppi, le storie di Jonathan Bazzi, l’intervista sui diritti di genere all’avvocata Cathy La Torre, fare un viaggio nella musica con Neri Marcorè, inebriarsi della genialità di Alessandro Bergonzoni col suo spettacolo Trascendi e Sali, ballare in modo libero e spensierato, partecipare ai laboratori creativi per bambini dai zero ai cento anni e a tante disparate iniziative, per reinterpretare la realtà da nuovi punti di vista, indagando sulle emergenze della contemporaneità e sugli errori sistemici che continuano a produrre disastri umanitari, climatici e sociali, non limitandosi ad evidenziare le criticità, ma cercando il cambiamento in meglio.
© Gigi Montali
di Daniele Colzani
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BENESSERE
Yamm 22: lo Yoga "sbarca" a
Milano
Marittima
UN FESTIVAL ALL'INSEGNA DELL'inclusione e accessibilità, come strumenti di salvaguardia di tutti gli esseri viventi DEL PIANETA
T
orna lo Yoga a Cervia Milano Marittima. da venerdì 10 a domenica 12 giugno, all’ombra dei secolari pini marittimi del Parco Naturale di Cervia, si terrà la quarta attesissima edizione dell’evento dedicato allo Yoga come pratica di sostenibilità. Questa volta si tratta di un’edizione importante, dedicata a tematiche quanto mai attuali: inclusione e accessibilità, come strumenti di salvaguardia di tutti gli esseri viventi. La 3 giorni di Yoga a Cervia-Milano Marittima, promossa e sostenuta dal Comune di Cervia e fortemente voluta dal Sindaco Massimo Medri, vuole infatti mettere al centro le persone, ciascuna con le sue diversità, offrendo strumenti per un benessere duraturo e sostenibile. Lo Yoga è infatti una pratica spirituale e di guarigione
© Julie Ansau
IL SITO
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la cui efficacia è stata recentemente confermata in svariati studi clinici dalla comunità scientifica internazionale. Nata in India migliaia di anni fa e praticata inizialmente da asceti al fine di ottenere la liberazione spirituale, oggi in occidente si è diffusa come una delle pratiche olistiche
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più seguite dagli amanti del wellness dei grandi centri urbani e oramai sinonimo di stile di vita consapevole. Purtroppo, però, l’accessibilità da parte di comunità e persone marginalizzate su basi sociali, economiche, razziali, aspetto fisico e soprattutto di identità di genere è spesso
© Julie Ansau (2)
di Daniele Colzani
difficile, anche se dovrebbero proprio essere le prime persone a poter beneficiare dell’enorme potenziale di cura di questa disciplina. Quest’anno, il festival, tramite i suoi stessi contenuti, ma anche la sua politica di pricing, sarà dedicato ai temi
dell’inclusione e all’accessibilità, offrendo una prospettiva ampia sul mondo dello Yoga di oggi in Italia, non solo mettendo a dialogo diverse realtà che compongono il panorama nazionale e internazionale, ma dando ampio spazio a voci e pratiche di diversi background
YOGA VILLAGE AL PARCO NATURALE • Centrale all’esperienza di partecipare allo YaMM è la meravigliosa e indimenticabile cornice del Parco Naturale di Cervia. La splendida pineta secolare offre il luogo perfetto per creare il senso di Comunità tanto caro allo Yoga. Le attività nel Parco Naturale di Cervia si svolgeranno di giorno, dalle 08 alle 19, dove si creerà un vero e proprio villaggio dedicato allo Yoga con un mercatino olistico. Tante diverse aree e attività accessibili con un unico biglietto d’ingresso, oltre che uno spazio aperto accessibile a tutti i frequentatori del parco.
I MAGAZZINI DEL SALE TORRE • Alla programmazione legata alla pratica vera e propria dello Yoga, infatti, che si svolgerà regolarmente nel Parco Naturale l’inaugurazione dell’iniziativa si terrà venerdìì 10 Giugno presso i magazzini del Sale con una pratica aperta a tutti e una conferenza sulle Voci dallo Yoga: una prospettiva inclusiva. I due spazi saranno complementari nella programmazione, dando l’opportunità al pubblico di partecipare sia a quelle nel parco che a quelle ai Magazzini.
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culturali, sociali e di genere. Una scelta, già di fatto attuata nelle edizioni passate, ma ancor più sottolineata in questa è sempre stata quella di includere insegnanti di origine sud-est asiatica, che spesso mancano di vera rappresentazione nello Yoga in occidente, coloro che invece potrebbero essere considerati i più autentici portavoce della storia e delle origini della disciplina. Per garantire l’accessibilità a tutti i corpi, le età, i generi e livelli socioeconomici, verranno tariffe agevolate (per giovani under 25, famiglie a basso reddito, persone non-binary, sovvenzioni integrali per i volontari) oltre che a conferenze e pratiche con voci dalla comunità BIPOC e LGBTQ+ che possano connettere la pratica e il mondo dello Yoga ad un approccio non binario e intersezionale. ►RS
INIZIATIVE
L’ Emilia nel segno della street art
Tra Parma, Piacenza e Reggio Emilia per scoprire i murales più affascinanti, le opere di arte urbana più attraenti e le iniziative della terra dello slow mix
Photo Elisabetta Bertorelli © Visit Emilia
Dedladistè, murales di vicolo Grossardi, Parma
L'
Emilia è una destinazione ricca di opportunità e di attrazioni per i giovani, che trovano nel connubio tra cultura, natura ed enogastronomia, un concentrato di eventi e di idee molto innovative e stimolanti. Le arti visive, la street art, i murales sono espressione di un territorio eclettico pronto a lasciarsi scoprire da variegati punti di vista. D’altronde l’Emilia, che abbraccia le province di Parma, Piacenza e Reggio Emilia è la terra dello slow mix dove ogni vacanza è unica, sorprendente ed eterogenea, anche per i più giovani, ma non solo. Il Fidenza Village Street Art Festival È il primo festival phygital di street art in Italia, il Fidenza Village StreetArt Festival,
che fino al 23 giugno 2022 coinvolge tredici artisti italiani e internazionali di altissimo livello che creeranno nel villaggio dello shopping una piattaforma espositiva di murales tutti da vivere.
IL SITO
Inquadra il QRcode per il sito ufficiale di VISIT EMILIA 56
Gli artisti stanno realizzando opere fisiche e opere digitali NFT (Non Fungible Token, veri e propri pezzi unici di arte digitale da collezionare) i cui proventi saranno devoluti alla Onlus Make-A-Wish®, associazione benefica che ha l’obiettivo di realizzare i desideri dei bambini affetti da gravi patologie. Con la direzione artistica di Lucamaleonte, il festival è un’occasione unica per ammirare 10 grandi murales, tra cui le rappresentazioni poetiche e oniriche di Seth, popolate da bambini, le protagoniste femminili lontane dagli stereotipi di Lidia Cao, le figure quasi astratte, a metà tra arte e grafica degli Orticanoodles, il mondo dei fumetti di Sara Pichelli, la natura e gli animali di
di Daniele Colzani
Lucamaleonte, l’astrattismo di Giulio Vesprini fino alle coloratissime illustrazioni di Karan Singh. Ma si potranno osservare da vicino anche le esibizioni degli artisti in live painting perfomance. Lo StreetArt Festival andrà anche oltre i confini del Villaggio. Alcuni artisti, infatti, realizzeranno opere anche a Parma e Reggio Emilia.
Photo Elisa Rozzi © Visit Emilia
Fondazione Archivio Antonio Ligabue di Parma
I Muri liberi di Parma A Parma, un regolamento comunale consente di promuovere la realizzazione di murales su spazi pubblici e privati, come espressione di valorizzazione culturale e turistica del territorio, ma anche come riqualificazione degli ambienti urbani. Nel 2022 sono stati istituiti i Muri liberi per incentivare gli artisti a produrre le loro opere, favorendo l’uso di colori che assorbono la CO2. Così, passeggiando nel quartiere parmigiano di Oltretorrente, si può riconoscere il murales La Metamorfosi realizzato dagli artisti Rise The Cat + Pepe Coi Bermuda in Vicolo Grossardi. Si tratta di una delle opere collaterali dell’iniziativa del Comune di Parma Around Banksy realizzate in occasione della mostra dedicata a Banksy e conclusasi nel gennaio 2022.
Murales forse attribuibile a Banksy
Tra queste anche i disegni di Under Yard. Don’t call us street artists, la jam dedicata al tema della multiculturalità nel sottopasso ferroviario di via Trieste. In via Farini sul muro di palazzo Tarasconi, in occasione della mostra dedicata all’artista, è comparso un presunto Banksy. Infine, in provincia di Parma, il paese di Sesta, nel Comune di Corniglio, è completamente dipinto con opere del pittore Madoi anche con ritratti di personaggi famosi, da Sophia Loren a Pier Paolo Pasolini.
Murales Kobe, parco del Noce, Reggio Emilia
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A caccia di murales a Reggio Emilia Reggio Emilia, città di arte contemporanea, è particolarmente ricca di murales da scovare. Imperdibile la grande opera di street art “Come se piovesse” di Daniele Castagnetti e Hang alla biblioteca di San Pellegrino - Marco Gerra, con il suo cielo azzurro che sovrasta una casa fatta di libri, tra animali simbolo di saggezza e di coscienza. Un inno alla cultura che salva dall’ignoranza. Bellissimo anche il murales Ubuntu”dello stesso Castagnetti sulle mura della palestra della scuola Carlo Alberto Dalla Chiesa realizzato in occasione del centenario della nascita di Nelson Mandela: 6 mani di diversi colori raffigurano i continenti della terra e formano la parola “ubuntu”, significato di pace e connessione tra i popoli. l campione dei Los Angeles Lakers, Kobe Bryant, cresciuto a Reggio Emilia, e a sua figlia Gianna, entrambi scomparsi in un tragico incidente, è dedicato il grande murales nel campetto del parco il Noce, il campo di basket più frequentato della città, il quale ricopre un anti-
Dettaglio Mucchio di tigri di Lucamaleonte
co gabbiotto ridandogli vita. Frutto di un lavoro collettivo, il murales dedicato ai diritti umani è una creazione di tantissimi ragazzi reggiani, autori di diversi disegni realizzati su mura diverse, tra Via XX Settembre e Largo Marco Gerra. È tra i più noti della città, il murales di Casa Manfredi a Villa Sesso, vicino all’autostrada A1. È l’unica casa partigiana presente a Reggio Emilia, sulla quale nel settembre 2020 è stata inaugurata l’opera di street art di Fabio Valentini in arte Neko e Marco Tempe-
rilli in arte Maik, dal titolo Partigiano Reggiano, un omaggio alla memoria dei martiri della Resistenza, 5 persone della famiglia Manfredi uccise dai fascisti perché sorprese ad ascoltare Radio Londra, e altre persone della famiglia Miselli che diedero la vita alla guerra di Liberazione. Questo murales si aggiunge alle opere di street art che - dai volti dei partigiani del quartiere Foscato all’opera per i 40 anni della strage alla Stazione di Bologna - punteggiano la geografia civile di Reggio Emilia. Chi sbucherà dal sottopasso dell’autostrada si troverà di fronte il grande murales, ma anche 8 pannelli in cui è raccontata la storia di Villa Sesso compresa fra il 1944 e il 1945, e sulla recinzione di Casa Manfredi le foto che illustrano questa storia. Quando si giunge a Reggio Emilia con il
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treno, una delle prime strutture visibili è l’enorme capannone grigio con la scritta gialla che indica le Reggiane. Uno dei circa 20 capannoni, che formava le Officine Meccaniche Reggiane, area industriale dismessa che racconta 100 anni di storia italiana e della città, dal 1901 al 2008. Un luogo di memoria della storia economica e sociale di Reggio Emilia, oggi luogo di storie di street art, una variegata urban gallery, affascinante da scoprire e che si può ammirare anche virtualmente sul sito www. reggianeurbangallery.it, esperienza di narrazione e attraverso interattiva. La street art di Piacenza A Piacenza tra i murales di maggiore rilievo c’è quello realizzato sulla facciata del complesso dell’ex convento di Santa Chiara da Tony Cuboliquido. La rappresentazione allude a un progetto di recupero di conversione del complesso in una cittadella per studenti universitari e soggetti fragili, qui rappresentati, insieme a
varie figure di suore clarisse, ordine che un tempo qui risiedeva. Sono dedicati a Dante, invece, i due murales che dipingono il lungo muro di 80 metri che parte dall’inizio di piazzale Milano fino alla Wall Street School di viale Risorgimento di Piacenza, opera del lavoro di squadra di due street artists piacentini: Fabio Guarino e Antonio Catalani in collaborazione con associazioni dell’ambito sociale. Bersani (PC), il borgo delle fiabe Imperdibile e suggestivo, il piccolo borgo di Bersani, nel Comune di Gropparello (PC). È un vero e proprio paese delle favole ed è bello perdersi tra i vicoli alla scoperta dei numerosi dipinti che raffigurano sulle case alcune delle più celebri fiabe tradizionali, tra cui Pinocchio, Cappuccetto Rosso, Alice nel paese delle meraviglie, il Pifferaio magico, ma anche Peter Pan e Hansel e Gretel. Fantastica Emilia tra castelli e cosplayer I Castelli del Ducato che hanno invitato i migliori co-
splayer italiani ad immergersi nelle vicende degli storici manieri, musei, rocche, borghi storici, nel segno di una “Fantastica Emilia”. In programma, aperitivi al tramonto sulla torre di un castello sognando Ladyhawke, giochi di ruolo stile escape nelle fortezze tra fantasmi e leggende, picnic curatissimi tra giardini romantici in antiche dimore ma soprattutto la magia di castelli da fiaba che incontrano i migliori giovani
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cosplayer a tema fantasy, storico, letterario, come la giovanissima emiliana @Dayra.cos, sulla scia di grandi passioni per fumetti, arte e cartoon da condividere sui social network. I cosplayer che desiderano candidarsi per essere i nuovi ambasciatori di questa Fantastica Emilia, ed avere a disposizione gratuitamente location da favola per i loro shooting fotografici, sono invitati a candidarsi scrivendo a info@castellidelducato.it ►RS
FESTIVAL
Con Asfaltart i buskers
si "riprendono" la strada
dal 24 al 26 giugno ci sarà il grande ritorno della tre giorni di libertà che "ribalterà" merano
E
sistono eventi che risultano essere più entusiasmanti da vedere che da descrivere; Asfaltart ne è la più evidente dimostrazione. Per tre giorni, infatti, la città di Merano si colora di luci, suoni, spettacoli e magie, grazie ad artisti di strada provenienti da tutto il Mondo, dall’Asia al Sud America, dal Nord Europa all’Africa, ciascuno con il suo spettacolo, nella cornice del centro della città di Merano, un bouquet di stili architettonici a cielo aperto. L’invito e la proposta più sincera è quella di assistere agli spettacoli, che iniziano la mattina e terminano a notte inoltrata, seguendo un calendario che porta tutti, dai portici alle passeggiate, dalle sponde del fiume Passirio, ai luoghi più famosi come il Teatro e Piazza Terme. La 16a edizione del Festival d'Arte di Strada Asfaltart si svolgerà dal 24 al 26 giugno e sono attese 20 compagnie per oltre 110 spettacoli, nelle piazze
IL SITO
Inquadra il QRcode per il sito ufficiale di ASFALTART
© Jan Schenk
Faltan 7
e nelle strade della città, sempre sotto il coordinamento dell’Associazione Artistica Kallmünz e del suo team. Tutti gli spettacoli saranno ad accesso libero, e chi vorrà mostrare il proprio apprezzamento agli artisti, potrà farlo - come da tradizione - tramite un contributo nel cappello. Asfaltart è solo uno dei tanti motivi per visitare la piccola città giardino di Merano che, in primavera come in estate, offre il meglio di sé. I meleti in fiore la circondano e le Giardinerie di Merano svol-
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gono un incessante lavoro per adornare di colori e profumi le passeggiate, le aiuole e i parchi. Le proposte e le offerte per un soggiorno sono davvero varie; dal movimento soft in bici, alle passeggiate semplici ed eleganti, fino alla possibilità di intraprendere vere e proprie escursioni. Merano, poi, ha due fiori all’occhiello che si presentano da soli: Le Terme Merano, con 25 piscine e un parco verde e rigoglioso di 50.000 mq in e i Giardini di Sissi presso Castel Trauttmansdorff, ovvero, oltre
80 ambienti botanici, rappresentativi di tutto il pianeta, in un anfiteatro naturale di 12 ettari. Al centro di questo enorme parco troneggia il Castello con il suo museo dedicato al turismo Touriseum, che, alla fine del 1800, è stato dimora dell’imperatrice Sissi, Elisabetta d’Austria. Inoltre, durante i mesi estivi i Giardini di Castel Trauttmansdorff offrono ai visitatori non solo uno splendido spettacolo floreale, ma, con le Serate ai Giardini, anche uno dei più importanti festival musicali italiani all'aperto. Anche sotto il sole estivo, grazie al clima sempre gradevole anche in questa stagione, il pittoresco centro della città si mostra sempre accogliente e offre refrigerio, grazie alle terrazze lungo le sponde del fiume Passirio o al vasto parco delle Terme Merano, con la sua vegetazione mediterranea, una vera oasi.
© Nicholas Rizziero
da non perdere Duo Full House Henry Camus e Gaby Schmutz, lui Newyorkese, lei svizzera, coppia sulla scena come nella vita, musicisti, acrobati, giocolieri e comici. Hanno girato letteralmente tutto il mondo per molti anni, eseguendo le loro produ-
© Giulio Roman
di Daniele Colzani
Cirko Panico
zioni originali nei teatri e nei festival all’aperto. Insieme a diversi rinomati registi, hanno creato numerose produzioni teatrali e conquistato il pubblico per le loro acrobazie circensi e la comicità pungente. Con la compagnia catalana Kamchakta attori e pubblico condividono la scena, le emozioni, in un continuo scambio relazionale che abbatte ogni divisione. Otto personaggi, ognuno con la propria valigia, sembrano essersi persi in città saranno passanti, saranno immigrati? - sono mossi da ingenuità
CiaDromosofista
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e curiosità verso le persone che li osservano, non conoscendo le regole del loro modo di vivere. Si apre uno spazio per un intenso gioco teatrale, per un potente e poetico dialogo in cui lo spettatore è parte attiva della sperimentazione. Circo El Grito fa tesoro di secoli di arte circense. La compagnia è stata fondata nel 2008 dall’acrobata Fabiana Ruiz Diaz e dall’artista Giacomo Costantini, e ha prodotto e co-prodotto quindici spettacoli, di cui dieci sono ancora in programmazione, con all’attivo più di duemila repliche in tutta Europa. Circo El Grito rappresenta un grande motore per la sperimentazione, spaziando tra gli ambiti della danza, del teatro, della musica e della letteratura. La compagnia italiana Circo Bipolar, attiva dal 2014 con oltre 300 repliche dello spettacolo Café Rouge, presenterà la sua nuova produzione One Eyed Jacks, uno spettacolo di circo contemporaneo con grande struttura aerea che utilizza diverse tecniche di trapezio ballant (trapezio in movimento a grandi altezze), danza verticale, giocoleria e acrobatica di coppia, producendo immagini e visioni provenienti dal cinema, dalla poesia e dall'arte in genere. ►RS
ritratti
Oh, you’re gonna see your Sheba shimmy shake And all that jazz…
Il Modern Jazz, provocatorio e sensuale “shoulder shimmy” e “pelvic thrust” di Bob Fosse
R
obert Louis Fosse Ballerino, attore, coreografo, regista e sceneggiatore nasce a Chicago il 23 Giugno 1927 e muore il 23 Settembre 1987 a Washington, stroncato da un infarto all’età di 60 anni. I suoi genitori erano di origini norvegesi. Bob è stato il figlio più giovane di sei fratelli. Fin da giovanissimo, frequentò locali di spogliarelliste e ballerine e, questo suo costante contatto con la sessualità libera, influenzò la sua formazione artistica. Ancora adolescente, formò con un amico The Riff Brothers e iniziò a esibir-
si negli show burlesque di Minsky. Si trasferì a Hollywood con l’ambizione di trasformarsi nel nuovo “Fred Astaire”, ma ben presto il suo stile minimalista attirò l’attenzione entusiasmando i produttori di Broadway. Le sue origini artistiche
il regista • 1969 Sweet Charity - Una ragazza che voleva essere amata • 1972 Cabaret • 1972 Liza with a ‘Z’, film concerto per la TV • 1974 Lenny • 1979 All That Jazz - Lo spettacolo comincia 1983 Star 80
Roy Scheider e Bob Fosse sul set di All that jazz
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nel burlesque, le sue creazioni coreografiche sensuali e sessuali, con boa di piume, glitter, calze con la riga, cappelli e tacchi alti, erano molto impegnative anche per i ballerini più preparati, ma il suo Modern Jazz colmo di umorismo e tetro cinismo ha modificato il mondo della danza moderna creando un nuovo stile che ha influenzato la storia del Musical tra gli anni ’70 e ’80. Bob ha diretto le star dell’epoca da Shirley MacLaine a Liza Minnelli, da Dustin Hoffmann a Roy Scheider. è stato un coreografo intenso,
di Christine Grimandi
Bob Fosse e Gwen Verdon
le sue frasi storiche • I miei amici sanno che per me la felicità è quando mi sento semplicemente miserabile e non ancora pronto al suicidio. • Voglio che lo spettacolo si muova dall’inizio alla fine in un certo modo. Ecco perché io, Michael Bennet, Jerome Robbins e Tommy Tune siamo diventati registi. Volevamo il controllo. •“La gente mi chiedeva se avevo creato Gwen, ma io rispondevo che lei era già sexy and hot da quando l’avevo conosciuta. • Oh mio Dio, mi chiedete se sono mai stato desideroso, bisognoso, fiducioso, alla moda, spaventato, arrabbiato… Yes. Sentivo che non c’era nulla io non potessi fare!
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palma d'oro al festival di cannes • 1980 – Palma d’oro per All That Jazz - Lo spettacolo comincia
divertente, visionario e provocatorio. I suoi film hanno rivoluzionato e mostrato la danza attraverso l’obiettivo della fotocamera come mai era stato fatto prima, aprendo la strada a un’intera generazione di giovani registi cinematografici.
Nel film del suo testamento autobiografico All that Jazz del 1979, ricordiamo la scena ripresa dai ricordi dalla sua adolescenza, dove il ragazzo, eccitato dalle spogliarelliste e vistosamente imbarazzato, è comunque costretto a salire sul palco con un’evidente macchia sui pantaloni. Si ricorda spesso che Bob venne influenzato dal burlesque, ma ora possiamo affermare che il “neo burlesque” ha copiato, a sua volta, dalle sue coreogra-
fie. Nel 1955 ha conosciuto Gwen Verdon e con lei ha concepito Nicole, diventata danzatrice come i suoi genitori. CURIOSITà • In occasione della Premiere di The Pajama Game, il coreografo Jerome Robbins regalò a Bob un paio di gemelli. Bob li restituì a Jerome per la Premiere di Peter Pan e continuarono a donarseli vicendevolmente in segno di “good-luck gesture” fino alla prematura morte di Bob. • Richiedeva ai suoi ballerini di ballare sempre “Full out” o “Performance level”. Non amava vedere le sue coreogra-
premio laUrence olivier • 1955 – Miglior coreografia per The Pajama Game • 1956 – Miglior coreografia per Damn Yankees • 1959 – Miglior coreografia per Redhead • 2001 – Migliori coreografie per Fosse (con Ann Reinking) Tony Award
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il COREOGRAFO • 1953 The Pajama Game, libretto di George Abbott e Riched Bissell, colonna sonora di Richard Adler e Jerry Ross, regia di George Abbott e Jerome Robbins. St James Theatre Broadway • 1955 Damn Yankees, libretto di Douglass Wallop e George Abbott, colonna sonora di Richard Adler e Jerry Ross, regia di George Abbott. 46th Street Theatre Broadway • 1956 Bells Are Ringing, libretto di Betty Comden e Adolph Green, colonna sonora di Jule Styne, regia di Jerome Robbins. Shubert Theatre Broadway • 1957 New Girl in Town, libretto di George Abbott, colonna sonora di Bob Merrill, regia di George Abbott. 46th Street Theatre Broadway • 1961 The Conquering Hero, libretto di Larry Gelbart, testi di Norman Gimbel, colonna sonora di Mark Charlap, regia di Albert Marre. ANTA Playhouse Broadway • 1961 How to Succeed in Business Without Really Trying, libretto di Abe Burrows, Jack Weinstock e Willie Gilbert, colonna sonora di Frank Loesser, regia di Abe Burrows. 46th Street Theatre Broadway
fie “marcate”. In sala prova ripeteva come un mantra “Once more”, “Do it one more time”. Kevin Carlisle, un ballerino, esausto dopo ore di prove, sbottò e gli disse: «Cosa stai cercando di fare? Ucciderci?» • Ha tradito tutte le donne, le sue compagne, ha vissuto rischiando sempre, così come ballava, assolutamente originale e contemporaneamente grandioso. • Ha interpretato il ruolo del serpente nel film de Il piccolo principe del 1974. • Ha avuto una relazione
il REGISTA E COREOGRAFO TEATRALE • 1959 Redhead, libretto di Herbert Fields, Dorothy Fields, Sidney Sheldon e David Shaw, colonna sonora di Albert Hague. 46th Street Theatre Broadway • 1962 Little Me, libretto di Neil Simon, testi di Carolyn Leigh, colonna sonora di Cy Coleman. Lunt-Fontanne Theatre Broadway • 1965 Pleasure and Palaces, libretto di Frank Loesser e Sam Spewack, colonna sonora di Frank Loesser. Fisher Theatre Detroit • 1966 Sweet Charity, libretto di Neil Simon, testi di Dorothy Fields, colonna sonora di Cy Coleman. Palace Theatre Broadway • 1972 Pippin, libretto di Roger O. Hirson, colonna sonora di Stephen Schwartz. Imperial Theatre Broadway • 1974 Liza, libretto e colonna sonora di autori vari, con Liza Minnelli. Winter Garden Theatre Broadway • 1975 Chicago, libretto di Fred Ebb e Bob Fosse, colonna sonora di John Kander. 46th Street Theatre Broadway • 1978 Dancin’, libretto e colonna sonora di autori vari. Broadhurst Theatre Broadway • 1986 Big Deal, libretto di Bob Fosse, colonna sonora di autori vari. Broadway Theatre Broadway • 1986 Sweet Charity, libretto di Neil Simon, testi di Dorothy Fields, colonna sonora di Cy Coleman. Minskoff Theatre Broadway
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premi bafta • 1973 – Miglior regista per Cabaret Drama Desk Award • 1973 – Miglior regia per Pippin • 1973 – Miglior coreografia per Pippin • 1978 – Miglior coreografia per Dancin’ • 1986 – Miglior coreografia per Big Deal
que posizioni dei piedi di base e consentono la corretta impostazione per raggiungere gli obiettivi tecnici della danza classica. • Ann Reinking ha detto: «Bob era un brillante musicista. Aveva un orecchio musicale eccellente e un senso della composizione per l’arrangiamento della danza». • Gwen Verdon ha detto: «Bob è sempre stato un coreografo difficile, ma ho avuto più soddisfazione durante le prove in sala prova con lui che nello show. Lui era contento non tanto perchè sarei riuscita a fare qualcosa di difficile, ma piuttosto perché sarei riuscita a fare ciò che credevo impossibile!» ►RS amorosa con la cantante Bette Midler e avrebbe voluto creare una coreografia per Madonna. • Aveva un grande difetto. I suoi piedi erano “en Dedans”, in dentro, perfetto contrario di en Dehors, in fuori. La differenziazione tra “en Dedans” e “en Dehors” crea l’atteggiamento base di tutti i movimenti dei danzatori: queste posizioni permettono di eseguire le cin-
premi emmy • 1973 – Miglior speciale varietà, musicale o commedia per Liza with aZ • 1973 – Miglior regia di uno speciale varietà, musicale o commedia per Liza with a Z • 1973 – Migliori coreografie per Liza with a Z
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INTERVISTA
Franco
Miseria: il
Don Lurio e
Piper,
Bob Fosse...
la nostra collaboratrice ripercorre a ritroso la sua carriera... con tanti ricordi e tanti incontri speciali
L
a mia prima audizione di moderno la feci a Roma, proprio con lui, Franco Miseria. Negli anni ‘80 per poter accedere, dovevi prima di tutto passare l’audizione classica. Ricordo la severità. Se non avevi una base solida classica, non potevi accedere alla seconda audizione di moderno. Non era facilissimo superare la prima selezione perché gli esaminatori erano Direttori competenti della materia e di chiara fama, stabilmente presenti nelle compagnie di Roma e Torino… Oggi non accade più, non viene richiesta la prima selezione. Personalmente non approvo perché penso che la
danza classica sia la base per chiunque voglia iniziare a ballare e farne, poi, una professione. La prima volta che lo incontrai, Franco era letteralmente accerchiato da collaboratori, ma soprattutto da bellissime donne. Le ballerine smaniavano per stargli accanto e attirare la sua attenzione. Visi noti e non della televisione erano in quella sala audizione, alcune indossavano costumini molto appariscenti, altre erano decisamente poco vestite, ma ricordo le cascate di trucco e le
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Christine Grimandi
“palette di colori” spalmate sui loro visi! «Incredibile - pensai ingenuamente - Non suderanno. Loro!”. Io, pudicamente, indossavo una calzamaglia accademica rosa, un costumino bianco e avevo impiegato un buon quarto d’ora per pettinare i miei lunghi capelli e “rinchiuderli” in un perfetto “chignon”. Avrei potuto essere la pubblicità di «Ma ‘ndo credi d’anna?”. Ridendo al telefono con Franco mi ha detto: «Ma io non ti ricordo!” «è naturale gli ho risposto - Con tutto quel ben di Dio che avevi attorno! Purtroppo però, rammento bene e ne sorrido spesso, le chiacchiere dello spogliatoio femminile”. Quello che ho sentito in tanti anni di professione è buffo, ma è stato anche a volte riluttante e disdicevole: dalle vomitate di giovani ballerini anoressi-
di Christine Grimandi
che a cui ho assistito nel bagno al Teatro la Scala di Milano alle 8 di mattina, ai dialoghi di giovani donzelle nel camerino o nello spogliatoio dove si esaltavano vicendevolmente, raccontando da chi erano state invitate all’audizione, piuttosto che spiegare con chi avevano già lavorato o, “sciorinare” come un’enciclopedia di facile lettura per deficienti, con chi avevano avuti “rapporti stretti”. Già nello spogliatoio, ben comprendevi la difficoltà della selezione per accedere a questo “meraviglioso mondo artistico”. Ma niente mi ha mai spaventato nella mia vita. Sono cresciuta consapevole che devi sempre studiare. La vita è di per sé un’audizione dove ti viene richiesto quotidianamente di parametrarti con tutto quello che ti sta intorno e devi comprendere o accettare bene o male tutte le persone con cui condividi esperienze di scuola, di lavoro e di vita. Quindi spesso ripeto ai gio-
vani: non lasciatevi mai intimorire e siate sempre pronti alla critica, allo studio e alla ricerca continua. Buona lettura! Franco vorrei iniziare questa intervista parlando di te, delle tue origini, dei tuoi primi sogni, ma soprattutto dei tuoi viaggi e delle tue esperienze che ti hanno fatto diventare l’uomo di cultura e spettacolo che sei. Parlami
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della tua famiglia, chi è stato il tuo primo mentore, a chi ti sei ispirato, perché hai deciso di partire e andare a New York, ma soprattutto, cosa desideravi e cosa sognavi di diventare? Sono nato a Marsciano, un piccolo paese nella provincia di Perugia da famiglia povera. Mamma Nella e papà Nello, andavano la domenica a ballare nelle balere del paese e rimanevo parcheggiato sotto l’orchestrina. Fortunatamente ci trasferimmo a Roma. Mamma riuscì a trovare un lavoro di portierato e papa’ decise di aprire un negozio di gommista per auto. Naturalmente sono stato obbligato a lavorarci, ma non appena sentivo una musica, scappavo. Il mio sogno era diventare come Ringo Starr dei Beatles. Mi piaceva suonare la batteria e andavo di nascosto a prendere delle lezioni. Poi la danza ha preso il sopravvento e ho iniziato a fare le gare di ballo. Ero diventato e così mi chiamavano “er mejo tacco dell’Alberone”, la zona in cui abitavo. Il Piper Club di Roma era il centro del mondo ed era diventata la mia vetrina. Andavo
lì e ballavo giorno e notte ino a che un giorno incontrai Don Lurio. Lui è stato per me un importante mentore. Le tue collaborazioni sono state tutte importanti. Tu hai lavorato, per citarne solamente alcuni, con Heather Parisi, Lorella Cuccarini, Christian De Sica, Stefania Rotolo che, come Manuel Frattini, ci hanno lasciato ancora troppo giovani. Tutti nomi diventati celebri per il pubblico della televisione, del Musical e non solo… Che tipo di rapporto avevi con loro oppure chi vorresti oggi ricordare con affetto e stima che non ho menzionato?
I miei primi amori sono state le ragazze che amavano ballare con me. Volevo diventare un ballerino professionista quindi sono andato a studiare danza classica. All’epoca, se volevi entrare nel mondo del lavoro, dovevi superare prima la selezione base classica altrimenti non potevi accedere all’audizione di moderno. Superai la prova classica e riuscii a coronare il mio sogno e diventai un ballerino professionista. Ho lavorato dapprima negli spettacoli Rai del sabato sera con diversi coreografi. Ma volevo crescere ancora. Sentivo questa necessità di continuare a crescere e quindi, appena potevo, volavo a New York per ammirare le coreografie e gli spettacoli di Jerome Robbins, George Balanchine e Bob Fosse che divento’, successivamente, il mio secondo mentore. Il mestiere del coreografo l'ho iniziato con Stefania Rotolo nel programma Rai Pic-
colo Slam di cui ero anche c/o autore fino ad arrivare a Carla Fracci. Tante volte accade che quando le persone iniziano un percorso artistico chiedono aiuto o quantomeno cercano di affiancarsi a persone che hanno già una posizione importante acquisita in teatro, televisione, cinema… Chi ti ha ricordato e ti è sempre rimasto accanto e chi ti ha, come dire, presuntuosamente dimenticato? Non ho mai chiesto aiuto a
DANCE. VOLEVO ESSERE RINGO STARR • Dance racconta e racchiude tutta la vita, o quasi, dell’autore, partendo dalla sua infanzia. Franchino è un bambino di origini umili e il suo cognome Miseria, non lo aiuta. Spesso è vittima di “bullismo”, viene schernito e deriso dai compagni, ma non si arrende. La vicinanza, l’amore e il sostegno della madre Nella che gli infonde sicurezza e serenità, connubio perfetto con la forza di volontà di Franchino, lo spingono a trasformare la rabbia in forza, sono lo stimolo a fare sempre di più, a voler raggiungere e realizzare il proprio sogno a tutti i costi, senza farsi influenzare da nessuno. • Tutto comincia ascoltando i Beatles quando viene letteralmente stregato dalla batteria ed inizia a studiarla e suonarla. Affacciandosi alla musica ne viene travolto completamente fino ad innamorarsi della “danza”. Diventa così uno dei più famosi ballerini e coreografi Italiani conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo, lavorando al fianco di personaggi eccelsi della TV Italiana. • Dance è una testimonianza, un inno alla vita, a non mollare mai e a credere nei propri sogni. “Dance” è un invito a riscoprire l’arte in ogni sua forma fino a diventare una vera ragione di vita come per Franco, che oggi sorridendo racconta «Volevo essere Ringo Starr».
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nessuno ma ho sempre saputo ascoltare, guardare e comunque la musica mi ha guidato sempre. Abbiamo parlato delle tue origini e dei tuoi primi viaggi. Raccontami i tuoi primi anni come coreografo e importante regista delle “prime serate della televisione”, delle avventure, delle tue star o “starlette”. Qualcosa, se vuoi, di piccante e ancora segreto? I miei segreti li ho scritti… Esattamente lo scorso 8 Maggio, festa della mamma, è uscito il tuo libro che hai voluto dedicare a lei, la persona più importante, Nella, la tua mamma. Christian De Sica, tuo amico da tempo, ha scritto una prefazione, ma mi hanno colpito le tue paro-
George Balanchine • Ballerino e coreografo, uno tra i più grandi coreografi dello scorso secolo che ha creato un suo stile. è nato a Pietroburgo il 22 Gennaio 1904 ed è morto a New York nel 1983. Frequentò la Scuola Imperiale di ballo di Pietroburgo dal 1914 e venne notato. • Si diplomò nel 1921 e entrò nel corpo di ballo del Teatro Mariinskij. L’immediato suo successo lo portò in tournée in Germania, a Londra e a Parigi e con la scomparsa di Sergej Pavlovic Djagilev, impresario, organizzatore e direttore artistico teatrale russo, diventato famoso per aver fondato i Ballets Russes, iniziò a lavorare dapprima al Teatro Reale di Copenaghen e successivamente a Montecarlo. • Fondò la sua compagnia e si trasferì nel 1933 in America per dirigere la School of American Ballet, diventata New York City Ballet nel 1948. Nel 1972 ottenne fama mondiale e tutte le sue coreografie sono diventate un “must” in tutto il mondo.
le in seconda pagina: «Voglio raccontare a me stesso perché raccontare significa ricordare e ricordare significa rivivere e mentre racconto a me stesso scrivo e se scrivo qualcuno legge, qualcuno che si trova in un altro punto del suo viaggio della vita, magari qualcuno molto più giovane
Jerome Robbins • Nato l’11 Ottobre 1918, è morto nella sua città natale, New York, il 29 Luglio 1998. Ballerino dapprima, coreografo e regista poi, ha iniziato a studiare la danza classica, e successivamente ha continuato a studiare la danza orientale, spagnola, il modern, ma anche musica e recitazione. Ha debuttato come attore nel 1937 e dal 1938 iniziò a lavorare nel Musical. Nel 1941 ottiene il contratto da solista nel New York City Ballet. • Debutta come coreografo nel 1944 con il balletto Fancy Free”ottenendo un grande successo. Seguirono altre sue coreografie rimaste molto famose fino a che diventò codirettore insieme a George Balanchine de New York City Ballet. La collaborazione tra i due coreografi è stata molto importante. • Le creazioni coreografiche erano molto differenti tra loro e toccavano argomenti importanti come la problematica sociale e la realtà contemporanea, ma anche composizioni coreografiche di danza virtuosistica pura e astratta. • Ha innovato anche il linguaggio del musical americano fondendo la tecnica jazz e la tecnica accademica classica. è sua la coreografia indimenticabile di West Side Story del 1962. Oscar al miglior regista nel 1962 (West Side Story in collaborazione con Robert Wise) e Oscar alla carriera nel 1962
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di me!» Parole bellissime che condivido, pregne di tanti significati e tanta vita. Ora ti stai preparando a girare l’Italia per presentarlo e farlo conoscere al pubblico. Vuoi raccontare qualcosa o vuoi lasciare tutti, tua prerogativa caratteriale, con il fiato sospeso? Dovete leggere il libro, così non rimarrete con il fiato sospeso. Sta’ scritto tutto lì dentro. La copertina mi fa pensare a un inno alla vita, a un obiettivo da raggiungere, ma anche ai grandi nomi della danza. Dove possiamo trovare e acquistare il tuo libro? è uscito su You Can Print e Amazon. Dopo il libro, siamo tutti un po’ curiosi, quando potremo rivederti in televisione, al cinema o in teatro? Progetti in cantiere? Dal libro appena uscito vorrei trarre uno spettacolo teatrale ed un docufilm, ma non diretti e coreografati da me. A me interessa fare solo la supervisione artistica. E parlando del futuro… per me il futuro è solo la danza, ovunque sia. L’importante che sia buona! Grazie Franco! ►RS
focus
Metodologie e tecniche della danza classica
Christine Grimandi intervista il maestro Maurizio Tamellini sul metodo rad e quello vaganova
S
arà il metodo a formare il ballerino professionista? C’è scontro sull’argomento. Il professionista serio studia, attinge informazioni tutta la vita, analizza le proprie caratteristiche fisiche e tecniche e continua a perfezionarsi fino al giorno in cui si ritira e comincia a riscuotere la “meritata pensione”. In Italia le scuole, i centri, gli atenei o nella peggiore delle ipotesi le strutture che impropriamente si autonominano “accademie”, puntano a qualificarsi per riconoscersi in un unico metodo, ma creano un’effimera appartenenza che maschera, a volte, la professionalità e illude l’acquirente, la mamma dell’allievo, creando così pura facciata! Mi è capitato di ascoltare i dialoghi delle mamme in attesa dei figli: «Deve fare l’esame, ma quanto costa…», «Ripeterà l’esame, ma non ne ha voglia…», «Forse è meglio cambiare il metodo, a mio figlio non piace…»Il metodo! Gli anni di lavoro, determinano professionalità, esperienza e completezza artistica e se volete studiare danza e gradite un consiglio, assicuratevi di lavorare con insegnanti che conoscano bene la materia! Ho voluto confrontarmi con il Maestro Maurizio Tamellini, collega, amico e chiedergli un parere tecnico professionale. Maurizio, hai avuto una lunga carriera, hai lavorato con tanti ballerini e coreografi provenienti da diverse scuole, ma vi siete trovati insieme in sala prova. Hai promosso
il nuovo Festival Riviera delle Alpi che si terrà a Saint Vincent dal 25 al 27 agosto, dove hai unito insegnanti che insegnano il metodo RAD e VAGANOVA. Come mai? Premesso che questo connubio tra il metodo RAD (Royal Academy Dance) e il metodo Vaganova, era stato per molti anni un mio sogno nel cassetto, avevo
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voglia di confrontarmi sull’ uso dell’impostazione del busto, delle spalle e delle braccia nelle lezioni di danza classica. Terminata la mia carriera coreutica, ora insegno in diversi stage sia all’estero che in Italia, di conseguenza ho potuto comprendere la differenza tra i 2 metodi che viene evidenziata soprattutto nei passi e nella spiegazione dell’e-
di Christine Grimandi
sercizio di danza. Quando ho visitato la città di Saint Vincent, in valle d’Aosta, ho parlato con le autorità del posto, ho esposto il mio progetto e ho ottenuto l’approvazione per creare questo primo Festival. Nelle sale attrezzate del Comune avremo quindi i docenti di entrambi i metodi riuniti in un unico stage. Molti curiosi potranno così apprendere e approfondire. Fondamentalmente i metodi si assomigliano, ma hanno un diverso approccio. L’impostazione è la diversità e il punto di partenza tra le due metodologie. Entriamo nello specifico. Quando è nato il “Metodo RAD” e quali sono le differenze? L’accademia Royal Academy of Dance nacque il 31 dicembre 1920 con il nome Association of Operatic Dancing in Great Britain. Nel 1935 diventò Royal Academy of dancing, associazione a scopo didattico con il patrocinio di Sua Maestà Britannica e nel 2000 è diventata l’attuale Royal Academy of Dance, RAD. Nel 1954 venne data la presidenza a Dame Margot Fonteyn e, attualmente, è stata affidata
all’ex danzatrice Darcey Bussel. La Royal Academy Dance ha promosso l’arte tersicorea nel mondo e, nel corso degli anni, ha formato numerosi artisti che si sono inseriti nell’organico delle più importanti Compagnie Internazionali. Questo metodo unisce e comprende il bagaglio artistico-culturale del danzatore e una disciplina ludico-sociologica. Il metodo è rappresentato in più di 82 Paesi del mondo e offre un programma completo e strutturale che comprende anche elementi di danza di carattere e free-moviment. Tutti i livelli sono registrati nella Sede Centrale di Londra e solamente in Italia gli insegnanti iscritti all’albo sono più di 700. Parlare di differenza tra i due metodi è quantomeno difficile. Posso, forse, affermare che il metodo RAD è più scattoso, meno fluido, l’impostazione che viene data agli studenti per la schiena non mi convince, ma come ho detto, sono solamente
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metodi differenti tra loro e non sono leggi dettate imprescindibili. Il metodo Vaganova mette il corpo dell’allievo al centro, considera l’aumento graduale in base all’età delle difficoltà seguendo regole precise di stabilità e forza progressiva. E’ nato parallelamente alle coreografie di Marius Petipa. Agrippina Vaganova affinò e codificò il metodo iniziando a scrivere nel 1934 i Principi fondamentali della
danza classica, combinando le potenzialità e la tecnica delle due migliori scuole dell’epoca. E le due scuole d’eccellenza erano la scuola francese e la scuola italiana che già dall’ottocento usava il “metodo Cecchetti”. Ci tengo a precisare che la danza è nata in Italia. Mi capita spesso di leggere articoli in cui si scrive che la danza è nata in Francia. No! Niente di più erroneo. La danza è nata qui in Italia e si è raffinata in oltralpe. Il Re Sole diede ai maestri la possibilità di codificare in lingua francese le posizioni e i passi per differenziarli e insegnarli. E così sono rimasti. In Russia il metodo Vaganova è l’unico metodo: i migliori danzatori provengono proprio dalle Accademie statali russe. E’ sicuramente nel mondo il metodo più seguito e studiato. Posso affermare che è congeniale ai fisici delle popolazioni dell’est che hanno lunghe gambe e un fisico longilineo.
L’innata grazia e naturalezza dei movimenti delle braccia tipica della scuola francese, si è fusa con il metodo italiano “Cecchetti” che era principalmente incentrato sulla velocità e il virtuosismo. Il Maestro Enrico lo aveva appositamente creato ispirandosi al fisico maschile, storicamente più massiccio, combinando complementarmente drammaticità ed espressività del danzatore. La fusione dei due metodi, italiano e francese, ha sempre dominato il gusto di grandi coreografi che hanno, a partire dall’Ottocento, creato i magnifici balletti del repertorio classico. un po' di STORIA Enrico Cecchetti nacque a Roma il 21 Giugno 1850 e nel 1864 iniziò a studiare a Firenze presso l’Accademia di danza diretta da Giovanni Lepri. Nel 1870 diventa primo ballerino per il ballo La Dea del Walhalla e le sue prodezze virtuosistiche
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gli aprono le porte dei maggiori teatri europei.Nel 1887, balla in Russia a Pietroburgo e viene notato dal coreografo Marius Petipa e da Ivan Vsevoložskij, direttore del teatro Mariinskij che rimasero colpiti dalla bravura e dalla tecnica di Enrico. Ricevette un contratto non esclusivo con il teatro e cominciò un proficuo scambio tra loro di segreti tecnici espressivi e spettacolari tecnici. Cecchetti è stato definito il “danseur noble”, “the first dancer in the world” e lo storico e critico di balletto Cyril William Beaumont, scrisse «What more active representative of a saltatory demon than the wonderful Signor Cecchetti». La sua presenza sui palcoscenici dei più grandi e famosi teatri è stata determinante per modificare e riabilitare il ruolo dell’interprete maschile. La sua presenza scenica, la sua mimica e la sua tecnica influenzarono le creazioni di Marius Petipa che, a causa di una malattia, fu costretto a cedere per ben due stagioni consecutive la direzione della compagnia del
Teatro Mariinskij a Enrico. Il 3 gennaio 1890 portarono in scena La Belle au bois dormant ed è proprio in questa occasione che Enrico dimostrò le sue capacità tecniche e la completezza della sua personalità artistica interpretando uno splendido Carabosse. Altre sue interpretazioni sono rimaste famose prima del suo abbandono nel 1892. Successivamente si dedicò completamente all’insegnamento. Anna Pavlova gli chiese completa devozione e lo ricompensò lautamente. Approfondì così la sua tecnica e il Maestro diventò il “gran sacerdote della dea Tersicore”. Nel 1910 venne scritturato come istruttore e mimo nella compagnia di Sergei Diaghilev. Con i “Ballets Russes” creò i personaggi del repertorio, bandì l’uso della maschera e le smorfie. Nel 1918 si trasferì a Londra e aprì il suo studio, punto di riferimento dei ballerini più famosi e importanti. Il 5 gennaio 1922 interpretò il ruolo di Carabosse da lui stesso creato. Cyril Beaumont, impressionato dall’artista scrisse A Ma-
nual of the Theory and Practice of Classical Theatrical Dancing ancora oggi viene utilizzato per formare ballerini in tutto il mondo. Il metodo Cecchetti pose le sue basi partendo dalle precedenti codificazioni della danza classica scritte nel 1760 Lettres sur la danse da Jean Georges Noverre (coreografo, danzatore francese, considerato il creatore del balletto moderno) e dal Traité de la danse di Carlo Blasis (danzatore, coreografo e maestro di danza italiano) del 1820. Beaumont è stato editore del Dance Journal, critico di balletto e presidente della Cecchetti Society trasformata nel 1924 in Imperial Society of Teacher of Dancing. Ancora oggi il concorso Cyril Beaumont Bursary Award, CSSA riconosce il talento, incoraggia i giovani che non hanno ancora superato i vent’anni, assegnando borse di studio e ricorda il suo fondatore. Cecchetti si ritirò a Torino nel 1923 con la moglie, ma nel 1925, Arturo Toscanini, direttore artistico de La Scala di Milano gli propose la direzione della scuola di ballo del teatro. La sua interpretazione del ciarlatano in Petruška è stata la sua ultima recita. Morì a Milano il 13 novembre 1928. Il metodo Vaganova nasce e si sviluppa con il coreografo
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Marius Petipa. Agrippina Vaganova pubblica i Principi fondamentali della danza classica nel 1934 e nello stesso anno nasce l’Accademia Vaganova che vede tra i suoi allievi Rudolf Nureyev, Svetlana Zakharova, e Mikhail Baryshnikov. Successivamente anche Serge Lifar nel 1949 pubblica testi. Agrippina e Serge hanno seguito la traccia delineata dal Maestro Cecchetti, come la scansione dello spazio scenico, le diagonali, la sequenza degli esercizi di base alla sbarra, gli “exercices au milieu” e i “ports de bras”, per citarne alcuni, sono la base della scuola russa e discordano leggermente con la scuola italiana e inglese. Il metodo Royal Academy of Dance nasce in Inghilterra nel 1920 che è diventato il Royal Academy of Dance nel 2000. Due corsi di propedeutica, cinque livelli elementari, sesto fino all’ottavo grado e si continua con i livelli avanzati di preparazione alla professione. L’Accademia, a tutti gli effetti privata, rilascia un diploma valido a livello internazionale. Il metodo americano nasce con il coreografo George Balanchine, la tecnica usata dal New York City Ballet, compagnia da lui stesso creata. è un metodo che si rivolge principalmente a danzatori professionisti. ►RS
eventi
di Daniele Colzani
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Tutto pronto per Milanesiana
2022
OMISSIONI è il tema della 23esima edizione del Festival che torna con 60 incontri e 9 mostre
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il sito
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Elisabetta Sgarbi
© Julian Hargreaves
deata e diretta da Elisabetta Sgarbi, La Milanesiana è il più grande festival itinerante che promuove il dialogo tra le arti e quest’anno torna con la sua 23esima edizione dedicata al tema OMISSIONI. Un festival di respiro internazionale che tesse relazioni tra letteratura, musica, cinema, scienza, arte, filosofia, teatro, diritto, economia e sport e che anno dopo anno diventa sempre più protagonista delle estati italiane. Dal 4 giugno al 3 agosto, La Milanesiana infatti arriverà in 20 città diverse con oltre 60 incontri ed eventi, accogliendo più di 150 ospiti italiani e internazionali. Come in tutte le edizioni, l’arte ricopre un ruolo importante all’interno del Festival che quest’anno ospiterà ben 9 mostre in tutta Italia, dal 4 giugno al 15 settembre. La Rosa dipinta da Franco Battiato, che fin dalla prima edi-
zione è il simbolo de La Milanesiana, è stata rielaborata anche quest’anno da Franco Achilli. LE 20 CITTÀ DE LA MILANESIANA Per la sua 23a edizione, La Milanesiana toccherà 20 città, confermando lo spirito fortemente itinerante del Festival, che ormai da diversi anni viene accolto con entusiasmo in giro per l’Italia. Le città e i comuni coinvolti della Lombardia saranno 7: Milano, ancora una volta punto centrale all’interno del programma de La Milane-
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siana, con oltre 25 eventi in programma in diverse location della città, ma anche Sondrio, Bergamo, Seregno, Pavia, Bormio e Gardone Riviera. In Emilia-Romagna il Festival arriverà a Faenza, Imola, Dozza, Bagno di Romagna, Cervia e Gatteo A Mare, grazie alla collaborazione con Regione Emilia-Romagna e APT Regione Emilia-Romagna. La Milanesiana farà tappa anche a Torino, Alessandria, Bassano del Grappa, Ascoli Piceno, Firenze, Livigno e Venezia. ►RS
Riflettori su...
MAGAZINE DI CULTURA E SPETTACOLO
I nostri
contributors
CHRISTINE GRIMANDI PRODUCTION ORGANIZATION AND CASTING DIRECTOR
SIMON LEE
MAURIZIO TAMELLINI
MUSIC SUPERVISOR E DIRETTORE D’ORCHESTRA
DIRETTORE ARTISTICO FESTIVAL DEI 2 MARI DI SESTRI LEVANTE
GIANMARIO CAVALLARO MAESTRO DI CORO E DIRETTORE D’ORCHESTRA
CLAUDIA ROSSI & ANTONELLA LAZZARETTI
MASSIMILIANO FUSCO WEDDING & BALLET PHOTOGRAPHER
DOCENTI FORMATRICI
ANGELA VALENTINO MAKE UP ARTIST
ANTONELLO RISATI PRODUCTION DESIGNER
Quotidiano on line www.silviaarosio.com
LUCA VARANI GIORNALISTA MUSICALE E BLOGGER DI SONAR
Digital Edition 77 www.issuu.com/silviaarosio
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IL DANZATORE
Vittorio Rossi, un artista a tutto campo, apripista per la danza italiana
Il Direttore Artistico del "Festival dei 2 mari" e del " San Marino Dance Festival" si racconta.
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pero che gli assidui lettori di questa mia rubrica mi perdonino se ultimamente non trovano articoli attinenti alla danza, come di consueto, ma volevo aprire un nuovo fronte, anche nel cercare aneddoti per tenere alta la curiosità, grazie a personaggi e artisti che hanno contribuito alla divulgazione dell'arte della Dea Tersicore. Non tutti sanno che Vittorio Rossi era un grande personaggio, dimenticato, nell'Olimpo degli scenografi italiani. Era costumista, attore e regista,
Docente all'Università di Parigi e soprattutto, noi lo ricordiamo per la sua intensa attività nel settore della danza. Scrivo di lui avendolo conosciuto quando abitavo a Roma ed ero allievo dell'Accademia Nazionale di Danza, nel 1977. Lo ritrovai all' Arena di Verona, quando Lui era lo scenografo e costumista di Aida, con la coreografia di Roberto Fascilla, poi portata a Berlino in tournèe alla Deutchlandhall, struttura che è stata inaugurata
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nel 1935. All'epoca era il più grande Palazzetto dello Sport del mondo. Fu demolita nel 2011. A pochi passi dall'Arena, molti danzatori dell'Ente Lirico abitavano nello stesso
di Maurizio Tamellini
stabile di Vittorio Rossi, e, andandoli spesso a trovare, feci visita parecchie volte anche a Lui. Mi fece vedere i bozzetti di alcuni suoi costumi per diverse produzioni teatrali e cinematografiche. A Roma, in quegli anni, erano in voga i grandi film mitologici e lui era indaffaratissimo, per consegnare velocemente i suoi disegni alla produzione. Lavorava moltissimo con grandi registi come Duccio Tessari, Maurizio Scaparro, Sergio Leone, Luchino Visconti e molti altri. Firma le scene e i costumi per Racconto Siciliano, ideato dallo stesso Visconti. La sua intensa attività di scenografo e costumista lo portò a lavorare per diverse produzioni con il Teatro alla Scala e l'Olimpico di Vicenza e per più di 10 anni è stato Consulente agli allestimenti scenici dell'Ente Arena di Verona, realizzando le scene per il Don Chisciotte di R.Nureyev, la Bella Ad-
chi è maurizio tamellini...
• Inizia i suoi studi accademici nel 1974 a Verona, sua città natale. Entra all'Accademia Nazionale di Danza di Roma, nel Gruppo Stabile A.N.D., nel Ballet Classique de Paris, Arena di Verona, Teatro Comunale di Firenze e nel 1980 nel corpo di ballo del Teatro alla Scala per quasi 30 anni. • Solista del Ballet National de Marseille R.Petit. Direttore Artistico Danza del Balletto di Varese, del Teatro V.Alfieri di Cast./Garfagnana (Lu), Performing. A.A. Moveon di Milano e dal 2020 del Festival dei 2 mari di Sestri Levante (Ge). • Firma per la danza, i costumi per Workshop con il Teatro alla Scala e una t-shirt per la linea Porselli" Prende parte a diversi programmi televisivi su RAI2 e a numerose altre interviste su varie piattaforme. Maitre de ballet e Presidente di Giuria in prestigiosi Concorsi di danza nazionali e internazionali. • Nel 2019 pubblica il suo primo libro,Nonsola(mente)danza. Collabora con scuole e Accademie, promuove stage, rassegne, master-class, lezioni private e prepara allievi/e per audizioni e Concorsi.
dormentata con Carla Fracci e l'Aida a Luxor, in Egitto per il 125mo anniversario dell'apertura del Canale di Suez. Lo ritrovai a Parigi nel 1978 e ancora a Roma dopo diversi anni, ancora pieno di entusiasmo del suo lavoro. Qualche anno più tardi la città di Parigi gli conferisce la Medaille de Vermeille e nel 1996 la Legione d'Onore, consegnata personalmente dal Presidente francese Jacques Chirac. In Francia è stato definito "l'uomo dei grandi spazi" per il grande respiro scenico che trasmetteva attraverso le sue scenografie. Vittorio mi raccontava della sua esperienza sulla danza, sulla sua prima Compagnia privata in Italia, fondata insieme ad un grande danzatore e coreografo olandese, Pieter Van der Sloot. Avrebbe voluto dare di più per la danza, ma il suo lavoro non gli permetteva
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di farlo, era troppo impegnato in Teatro e nel cinema e se ne dispiaceva moltissimo. Mi fece un bellissimo regalo a cui tengo moltissimo ancora oggi: mi regalò un libro di danza a cui lui era molto legato, sulla storia della danza in Italia fino agli anni '70. Un libro che ha quasi settant'anni, da cui traggo ispirazione e mi documento ancora adesso, trovando le fonti di un aureo passato. Mi raccontava della situazione del Teatro in Italia e oltre confine, dell'Opéra di Parigi: il mio sogno di sempre, riuscire ad entrare come danseur in quel Teatro dove la danza era rappresentata nel migliore dei modi, sia come Compagnia, sia come école de danse. Trascorsero molti anni e di Vittorio non ebbi più notizie. Io cambiai città e mi trasferii definitivamente a Milano. La sua carriera artistica continuò ancora per diversi anni. Il Teatro era la sua vita ed Egli spaziò meravigliosamente con grande successo in tutte le forme d'arte con grande coraggio e sensibilità, con gusto e determinazione in questo nostro grande ambiente artistico, "dove tutto è finto ma niente è falso". Un grande personaggio che ha fatto dell'arte la sua casa. Ci lasciò nel 2003. ►RS
DIDATTICA
La pedagogia della danza,
una questione di trasmissione
uno sguardo sull'azione formativa come laboratorio di ricerca sperimentazione e partecipazione didattica
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uando parliamo di Pedagogia del Movimento danzato, dalle sue fasi iniziali a quelle più avanzate e complesse, riteniamo interessante porre l’attenzione sull’importanza del confronto con idee, esperienze e punti di vista differenti. La collaborazione con e tra più docenti e la condivisione di conoscenze metodologiche e didattiche, diventano una sorgente di nuove idee e strategie da adattare alle personali esigenze. Un approccio costruito sia sulla formazione che sul dialogo al fine di promuovere l’apprendimento di contenuti e competenze e
di costruire un patrimonio comune di conoscenza da integrare e rivedere continuamente. In questo articolo abbiamo deciso di volgere lo sguardo alla Form-Azione in Francia, con un’intervista a Beatrice Buffin, danzatrice, coreografa, pedagoga. Formatrice per il Diploma di Stato in Danza Contemporanea, Consulente di Studio presso il Conservatorio Palaiseau (www.beabuffin.com). Hai una lunga esperienza di insegnamento nei conservatori francesi. Quali sono le finalità e gli obiettivi dello studio della danza all’interno di un percorso scolastico ad indirizzo artistico? I conservatori di musica e di danza, istituti pubblici finanziati dalla collettività, sono spazi che promuovono l’accesso all’istruzione e allo sviluppo artistico dei bambini e dei ragazzi. Il follow-up attraverso esami e valutazio-
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Antonella Lazzaretti
Claudia Rossi
ni contribuisce a dimostrare che l’arte della musica e della danza è un “tempo libero preso sul serio”. Il valore principale dei conservatori è l’accessibilità alla cultura per tutti in un quadro definito dal ministero della Cultura, notificato in un documento lo SNOP/schema di orientamento Pedagogico. Quanto è importante l’approccio pedagogico nell’insegnamento della danza e come si è evoluto nel tempo? La pedagogia, una questione di trasmissione della sua storia attraverso la storia della danza. Mi piace l’idea di una sto-
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di Claudia Rossi e Antonella Lazzaretti
chi è CLAUDIA ROSSI
• Danzatrice, assistente coreografa e coreografa per televisione, teatro e cinema. Laureata presso l’Accademia Nazionale di Danza di Roma per l’insegnamento delle discipline coreutiche, indirizzo Danza Contemporanea. • Grande è l’attenzione verso la Pedagogia della Danza intesa come continua ricerca ed evoluzione del movimento e della sua trasmissione. • Svolge una intensa attività di insegnamento con stage e corsi di formazione professionale e aggiornamento insegnanti su territorio Nazionale.
ria nella storia. L’evoluzione è stata notevole: siamo passati dall’idea di uniformità ad una pedagogia rivolta alla responsabilizzazione funzionale dell’individuo. La singolarità è il cuore dell’insegnamento. La tua attività ha coinvolto negli anni studenti di tutte le
BIBLIOGRAFIA
• La culture chorégraphique au cœur de l’enseignement de la danse - Sarah Nouveau • L’origine de la réussite, des parents motivants - Jacques Andre • Conférence audio Le plaisir d’apprendre - Philippe Merieu • Plaisir de connaître Bonheur d’être, une pédagogie de l’accompagnement - Antoine de la Garanderie
età. Quali sono gli elementi pedagogici che accomunano i diversi percorsi di lavoro e studio con e attraverso la danza? Tre elementi principali contribuiscono alla crescita formativa dello studente: • il piacere • il senso dell'esperienza • l’autonomia, essere il protagonista della propria evoluzione Le finalità pedagogiche, a prescindere dai contenuti dei tre cicli di formazione alla danza, rimangono le stesse Educative: far crescere lo studente, mantenere la motivazione, sviluppare il senso culturale e sociale. Culturali: costruzione di un’identità individuale, sviluppo della conoscenza attraverso una pratica artistica, sensibilità al ruolo dello spettatore. Sociali: stile ed ambiente di vita. Possiamo considerare la danza come esperienza di vita? Non so più se uso la danza per esprimere la vita o se è la vita che è al centro del mio insegnamento e il motore del mio movimento. Mi piace pensare di essere una ricercatrice nella danza allo stesso modo delle altre discipline, la mia pedagogia si nutre ed è influenzata dai
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momenti che attraverso, siano essi in movimento o no, dalle espressioni che uso, dalle parole che pronuncio, dai silenzi che sono necessari. Tutto mi sembra spazio, tempo e flusso. È magia! Eccitante! Interrogativo! ►RS
chi è ANTONELLA LAZZARETTI
• Danzatrice, insegnante, laureata presso l’Accademia Nazionale di Danza per l’insegnamento delle discipline Coreutiche, indirizzo danza contemporanea. • Dal 2017 è docente a contratto nel progetto EducANDo in Danza, Accademia Nazionale di Danza. • È membro del consiglio direttivo della DES, Associazione Nazionale Danza Educazione Società. • Svolge un’intensa attività di insegnamento della danza in differenti contesti educativi e in numerosi corsi di formazione per insegnanti sul territorio nazionale.
IL DIRETTORE D'ORCHESTRA
Scopriamo come nasce
l ' a llestimento operistico
alla scoperta di una delle figure più iconiche della musica
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uando si realizza un’opera lirica il lavoro del direttore d’orchestra con il palcoscenico è fondamentale. Vediamo di spiegare come nasce un allestimento operistico. La prima prova è in sala con il cast; il Maestro spiega da subito il carattere musicale che intende ottenere dai vari personaggi. Ovviamente è necessaria la giusta scelta vocale per ciascun ruolo; Fatto ciò si procede con la lettura. Le prove si svolgono con l’ausilio del pianista accompagnatore che ha il compito di seguire con attenzione ogni indicazione. Si provano e riprovano arie, duetti, trii, quartetti e recitativi, al fine di montare al meglio la struttura. Da qui si sposta in sala Coro dove prova i brani destinati a
questa massa artistica precedentemente preparata dal Maestro del Coro. Una volta arrivati in palcoscenico, cantanti e coristi devono seguire anche le indicazioni di regia, cioè tutti i movimenti che eseguiranno durante la rappresentazione scenica e necessari per la drammatizzazione. Queste prove si svolgono sempre con l’accompagnamento del pianoforte e vengono dette “antepiano”. A seguire in buca prenderà posto l’orchestra fino a giungere alla prova “di assieme”, poi Ante generale, generale e finalmente la recita. Tra le molte difficoltà vi è la quella di saper bilanciare le
Conductor, Alexandra Nelipa
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voci con il suono degli strumenti, curare l’intonazione ed il senso ritmico degli Artisti che devono comunque fare i conti con i movimenti e con la distanza; armonizzare tutto in modo da restituire al pubblico la bellezza e l’emozione dello spettacolo pensati dal Compositore. In questo il direttore d’orchestra è coadiuvato dai Maestri Collaboratori, figure professionali che aiutano a realizzare effetti interni e a mandare in scena al momento giusto solisti e coro. Detto così sembra qualcosa di abbastanza semplice e veloce… in realtà qui c’è il grande lavoro del direttore. Durante le prove lo strumento più idoneo, più comodo e duttile da utilizzare per fare degli esempi è la propria voce. Questa consente di evidenziare la dinamica delle note, il fraseggio, l’articolazione sillabica, il respiro, la tenuta ecc…. Il pianoforte è ottimo per suonare le armonie ma melodicamente manca di tenuta del suono.
del M° Gianmario Cavallaro
spettacolo, a scandire il tempo, ad aiutare l’ingresso degli strumenti, a fare musica e a dirigere, legando i musicisti e le singole melodie in un tutt’uno. Il direttore dà colore e interpretazione alla musica, si fa portavoce di emozione e tecnica ferrea che esprime con il proprio corpo. Dà forma al suono e unisce l'orchestra, il coro, i solisti e il pubblico, creando l'Armonia. Il direttore non è solo chi dirige, ma anche colui che arrangia e in alcuni casi compone i brani, chi conosce
Conductor
Gli strumenti ad arco sono poco idonei per dare esempi alle voci. Insomma la voce è uno strumento che è sempre con noi pronto all’uso. Tanto è vero che gli strumenti musicali sono inizialmente nati per integrare e poi sostituire le voci e sono tutti raggruppati in famiglie dove prendono i nomi e i ruoli di soprano, contralto, tenore e basso. La capacità di concentrazione e la totale padronanza di tutto ciò che avviene in buca e sul palco sono i principali elementi i per il direttore d’orchestra,
ruolo affascinante ed indispensabile per la realizzazione di Spettacoli Lirici. Conclusioni: in questi tre brevi articoli apparsi finora sul magazine abbiamo visto un po’ più da vicino questa figura. Detto ciò sappiamo che l’orchestra è formata da professionisti, musicisti che hanno studiato e praticato per anni e anni ed è certo che in assenza del direttore saprebbero suonare ugualmente. Ma non è questo il punto: ricordiamo che è il direttore d'orchestra a dare il via allo
chi è IL M° GIANMARIO CAVALLARO
• Direttore d’Orchestra, Maestro di Coro, Direttore Musicale di Opera & Ballett Swiss, Balletto di Milano, Fondazione Arteatro e Calma Art Mtu delle quali è presidente il M° Carlo Pesta. • Diplomato presso il Conservatorio di Parma, si perfeziona con il M°Romano Gandolfi. Per 10 anni Maestro del Coro presso la Fondazione Teatro Coccia di Novara, debutta come direttore d’orchestra con il Balletto di Mosca in Versiliana per la prima Nazionale de “Il lago dei cigni”. Da qui prosegue l’attività direttoriale realizzando Opere, Balletti e Concerti in tutta Italia, Francia, Germania, Austria, Svizzera,Turchia, Svezia, Estonia, Polonia, Russia, Canada, Brasile alla guida di importanti formazioni Orchestrali e Corali. • Si esibisce con successo in occasione di Festivals Internazionali. Dirige in Teatri quali: Il Teatro degli Arcimboldi (Milano), Teatro Comunale (Bologna), Teatro Verdi (Trieste), Teatro Bellini (Catania), Teatro Puccini (Torre del Lago), Teatro Capranica (Roma), Teatro Donizetti (Bergamo), Teatro Coccia (Novara), Teatro Gesualdo (Avellino) ed altri. All’estero in Teatri quali: Teatro Du Leman (Ginevra), Centro Culturale Russo (Tallinn), Saaremaa Opera Festival, Teatro Pedro II (Riberao Preto). Tiene concerti in parecchie Città come: Toronto, Sao Paulo, San Pietroburgo, La Ciotat, Istambul, Dresda, Montecarlo, Vienna, Ginevra, Zurigo, Umea...
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IL SITO
Inquadra il QRcode per il sito ufficiale di Gianmario Cavallaro l’opera per intero e sa come gestire l’intera esibizione. È un po’ come l’allenatore di una squadra di calcio che orienta e supporta i singoli professionisti dando origine ad una squadra. Cari amici, volevo essere io stesso a comunicarvi che per ora mi fermo qui perchè, fortunatamente, questo è per me un periodo intenso di studio e lavoro concertistico. Sperando di aver soddisfatto la vostra curiosità su questa affascinante e "strana" professione riprenderò la mia collaborazione con nuovi pezzi verso l'autunno. Arrivederci a presto e buona musica a tutti! ►RS
Riflettori s Quando lo scatto diventa " spettacolare"!
MAGAZINE DI CULTURA E SP
un tuffo neL MAGICO MONDO DELLA FOTOGRAFIA DI SCENA...
Storie ed emozio
salgono sul palco
vivile con
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su...
PETTACOLO
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n noi! IL SITO
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WW.ISSUU.COM/SILVIAAROSIO 85
LA TRUCCATRICE
I mille volti
della bellezza africana
in viaggio con la make up artist angela valentino nel mondo del trucco artistico
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n Africa le usanze tribali sono numerose come i granelli di sabbia del deserto del Sahara e sono profondamente radicate in ognuna delle tribù dell’interno continente. Ma conosciamo meglio queste famose tribù ed etnie. Himba, Namibia, belle come statue, è l’espressione più frequente tra chi si riferisca agli Himba. In effetti, le donne, e molto spesso anche gli uomini di questo popolo della Namibia, fanno di tutto per assomigliare a preziose sculture di terracotta. A partire dal make up, un impasto di polvere d’ocra, erbe e burro di capra, che spalmano sulla pelle e intorno ai capelli intrecciati. Il composto le protegge da scottature, disidratazione e punture di insetto, ma soprattutto, dona loro un bel colore rossastro, considerato molto sexy. Per mantenere
il trucco si lavano poco, anche perché da quelle parti l’acqua scarseggia. Quando la strana fanghiglia si secca, come cerone, applicano un nuovo strato, rifacendosi il trucco anche due o tre volte al giorno. Ma la parte forse più interessante del make up africano sono i tribali. Il trucco tribale tramandato oralmente e documentato dai giornalisti ed esploratori bianchi, che non avevano le conoscenze necessarie e un bagaglio culturale che permettesse loro di capire i significati e tutte le sfumature celati dietro ad ogni colore e design, il trucco tribale non gode di un vasto archivio informativo. Ma sicuramente una cosa è certa, che il continente africano
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è ricco di tradizioni e usanze che è bene riscoprire. Vi sono ancora tribù che vivono fuori dalla società e il cui obbiettivo primario è quello di mantenere in vita l’eredità e i tratti distintivi dei propri antenati. Il trucco che, nella maggior parte dei casi consiste in pittura per il viso, ricopre diversi ruoli e può essere correlato a varie situazioni e circostanze, come la caccia o i riti religiosi. Talvolta i componenti della
di Angela Valentino
chi è angela valentino • Angela Valentino una giovane
Make up artist italiana con una forte inclinazione per le arti del makeup. • La sua passione è iniziata con le arti dello spettacolo durante il liceo artistico. Laureata in Scenografia e costume per lo spettacolo all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano e diplomata in Truccatore artistico alla BCM Cosmetics di Milano. Successivamente, ha lavorato per diversi teatri, televisione, cinema e moda. • Ha vinto due premi come miglior truccatrice a Los Angeles e a New York. Ora vive da sei anni a New York.
tribù dipingono il proprio viso per scopi militari e per spaventare il nemico. Proprio come nel caso dei diversi pattern di Tartan che distinguevano i clan scozzesi nel 1600, così il trucco tribale funge anche come indicatore sociale e di distinzione: varia da un uomo a donna, da ragazzo a uomo, da uomo ad anziano e da tribù a tribù. Fondamentali la fratellanza con la terra, la natura e gli animali e la convinzione che i colori possano trasformare un oggetto in una persona, grazie alla capacità delle piante presenti nella pittura di animare tutto ciò su cui viene posata.
Anche gli esseri umani, truccati, ricevono poteri straordinari, come il coraggio, la forza e la salute. In passato, una volta applicata, la pittura veniva unita a grasso di orso, sego di bufalo o acqua per ottenere una pasta omogenea, e spesso venivano intonate canzoni o pronunciate preghiere nel momento della creazione del trucco. Alcuni guerrieri preferivano applicare la pittura da soli, mentre altri lasciavano che se ne occupasse una persona sacra. Successivamente gli indigeni, influenzati dagli europei, iniziarono a usare polveri colorate che riuscivano a reperire grazie al baratto. A ogni colore corrisponde un preciso significato: • Nero: potere, cattiveria, morte e mistero. Grigio: sicurezza, maturità, autorità e stabilità. • Viola: lusso, saggezza, passione e regalità. • Giallo: gioia, energia e calore. • Rosso: pericolo, sfida urgenza ed energia. • Blu: pace, calma confidenza e affetto. Verde: vita, crescita, freschezza e guarigione. • Bianco: speranza, purezza e luce.
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Ma anche i simboli rimandano a radici comuni e raccontano storie. Questi disegni non fanno solo parte del make up tribale, ma vengono incorporati persino dai tessuti. Più articolato è il simbolo, più alto sarà il rango di appartenenza di chi lo sfoggia. Piante, bacche, terracotta, sono solo alcuni degli ingredienti necessari per la produzione di queste misture colorate. Ancora oggi molti nativi ameicani decorano la propria pelle con colori della tradizione in occasione di cerimonie o eventi, come le gare di pow-wow, durante le quali i ballerini arricchiscono le coreografie di make up teatrali e magnifici. ►RS
LO SCENOGRAFo
La meraviglia dell O ' deon di Erode Attico
il production designer e "architetto dell'effimero" racconta i "tesori" TEATRALI
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n questi giorni di caldo africano e di temperature da pieno luglio, come si fa a non pensare alle vacanze? Quindi, usciamo dai teatro italiano visto fin ad ora e sbarchiamo in Grecia, per la precisione in uno dei monumenti più famosi dell’Acropoli di Atene dopo il Partenone. Stiamo parlando dell’Odeon di Erode Attico, meraviglioso teatro scolpito sulla collina meridionale, come se una fetta della collina diventasse essa stessa teatro, uno spazio che in origine era coperto ed era usato per esecuzioni musicali. La sua costruzione iniziò nel 161 e terminò nel 174: fu fatto erigere dal ricco politico Erode Attico, in memoria della moglie Appia Anna Regilla.
La scena misurava ben 35 metri ed era rifinito tutto in marmo bianco e mosaici, che gli davano un aspetto molto sontuoso. Il soffitto della scena era fatto di legno di cedro, cosa che per i contemporanei era motivo di stupore. Le gradinate, disposte su ben 32 file, potevano contenere 5000 persone. Purtroppo, come spesso accade, il teatro fu distrutto nel 267 dagli Eruli, una popolazione germanica ancora di origini incerte. Tornando all’antichità e ad Atene, le rappresentazioni teatrali avvenivano in occasione di tre feste in onore di Dioniso (dio del teatro, del vino e dell’estasi
e della liberazione dei sensi) che si sviluppavano durante l’arco dell’anno. Nello specifico, prendevano il nome di Grandi Dionisie o Dionisie cittadine e venivano celebrate nei mesi di marzo e aprile in concomitanza della primavera. Durante le Lenee e le Dionisie rurali, che a differenza delle prime citate si svolgevano nel pe-
chi è antonello risati • Assistente Scenografo: 2000
teatro Buonanotte Mamma regia L. Salveti; 2001 teatro Otello regia G. Del Monaco; 2002 teatro Tancredi regia M. Gasparon; 2003 teatro Proserpine regia M. Gasparon; 2003 teatro Orfeo regia M. Gasparon; 2015 teatro Una coppia in provetta regia G. Corsi; • Scenografo: 2006 Premiere del film animato The Wild (Disney), 2017 Design Area Kids Family Hotels, 2018 teatro Romeo e Giulietta regia M. Iacopini. 2019 teatro La leggenda di Thor regia A. Ronga 2021 Design Wellness Manini Group 2022 Design Themed Area Bosco delle Favole
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di Antonello Risati
IL VIDEO
Inquadra il QRcode e guarda i suoi lavori riodo di dicembre, si celebrava sopratutto il raccolto agricolo. In queste feste, le rappresentazioni teatrali, visto il vasto seguito, divennero lo strumento di diffusione di problematiche ed idee nella parte culturale e politica di Atene. Sostanzialmente in tutte le feste venivano rappresentate tragedie e commedie: solo nelle Dionisie rurali venivano rappresentate esclusivamente commedie perché erano aperte solo ai cittadini ateniesi. Ma torneremo a parlare del
teatro greco e di come si svolgevano nel particolare queste festività e dei bellissimi teatri greci. La storia del teatro ha fondamenta solide e importanti e bi-
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sogna sempre ricordare come questa tradizione ancora oggi faccia parte della nostra vita e del nostro quotidiano. Alla prossima ►RS
PAROLE D'ARTISTA
Marcel
Duchamp:
un’arte di vivere
NELLE PARoLE DEL celebre artista possiamo comprendere la sua idea dell'arte
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uesto mese incontreremo un artista molto discusso e chiacchierato in ambito artistico. Colui che in qualche modo mette in crisi i musei e l’arte intera… colui che ha messo i baffi alla Gioconda di Leonardo o ha fatto diventare un orinatoio un’opera d’arte: stiamo parlando dell’artista dadaista e surrealista Marcel Duchamp. Capiamo dalle sue parole cosa pensava dei musei: «Quando vado in un museo, non ho in nessun modo, davanti alle opere che vedo, alcun stupore o sorpresa o curiosità. Parlo degli antichi, delle cose di un tempo passato... Tutto ciò non m'interessa, non mi attira non mi sollecita. Io credo che la pittura
muoia, ecco tutto. Un quadro muore perché, nel giro di quaranta o cinquant'anni, la sua freschezza si perde. Anche la scultura muore. È un mio parere, che nessuno accetta? Ma non m'importa. Penso che un quadro, dopo qualche anno, muoia come l'artista
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che l'ha fatto. Di qui nasce la storia dell'arte. C'è una grande differenza tra un Monet di oggi, che è diventato nero, e un Monet di sessanta o di ottanta anni fa, quando era stato eseguito con colori brillanti. Adesso è entrato nella storia, è accettato così com'è, ma ciò non cambia le cose. Gli uomini sono mortali e i quadri anche. La storia
di Antonello Risati
divertirmi a cominciare ora, nel senso antico del termine, la mia educazione artistica! (…) La mia potete considerarla un'arte di vivere: ogni secondo, ogni respiro sono un'opera che non si può collocare in nessun spazio, che non è né visuale né cerebrale. E solo una sorta di costante euforia.» L’arte prende strade sempre più stupefacenti e alcune volte complicate e legate ad uno stadio diverso da quello tradizionale, ma queste strade portano tutte allo stesso risultato creare delle emozioni! Alla prossima! ►RS dell'arte è una cosa assai diversa dall'estetica. Per me la storia dell'arte è ciò che resta di un'epoca in un museo, ma ciò non significa che sia il meglio prodotto da un'epoca, perché forse, in fondo, di quest'epoca, non è probabilmente che la mediocrità, perché le belle cose sono scomparse dato che il pubblico ha scarso interesse a conservarle. Ma questa è filosofia.» A questo punto abbiamo anche una testimonianza diretta di un viaggio nel nostro paese dell’artista: anche qui ci sono parole che possono provocare un po’ di stupore… «A Firenze sono rimasto un giorno. Non ho visto niente. Ho anche passato due o tre settimane nei dintorni di Roma, in un luogo dove viveva qualche artista, ma certo non per lavorare o per vedere dei quadri. No. Tutto sommato non ho mai visto bene l'Italia. Sono ritornato a Firenze un po' più seriamente, io credo, tre anni fa. Finalmente sono andato agli Uffizi. Indubbiamente ci sono molte cose, ma io è sicuro, non posso di certo
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INCONTRI RAVVICINATI
Un nuovo punto di vista da... dietro le quinte!
in cinque semplici domande ogni scenografo dovrà raccontare la propria esperienza sul campo
N
ella rubrica “Incontri ravvicinati”, questo mese scopriremo l’arte e la poetica del grande maestro Paolo Bernardi: un importante scenografo e costumista soprattutto teatrale e televisivo, ma anche ex docente dell’Accademia di Belle Arti. Approfondiamo alcuni aspetti della sua storia nelle consuete 5 domande. La passione per l’arte, la pittura, la scenografia: quale è stata la scintilla che ha fatto scoccare questo amore? Quando avevo quattro anni, mia madre mi regalò un piccolo martellino e dei chiodini da calzolaio, piccoli e con la testa piatta: io li piantai uno vicino all'altro in uno sgabelletto di legno, (come un quadro di Günter Uecker, anche lui aveva solo tre anni) ed in quel momento iniziò la passione per il laboratorio di scenografia, odori di colla, legno…ecc.
Quando avevo otto anni, sempre mia madre, come premio per aver ingurgitato, a forza di cucchiaini ogni giorno, una boccetta di olio di fegato di merluzzo ricostituente, terribile, mi comprò una cassetta in legno di colori ad olio e mi portò a vedere il film I dieci comandamenti e da lì, il fascino della pittura e della scenografia. Questa passione e amore furono assolutamente istintivi. La tua storia spazia dalla scenografia di teatro, sia lirico che di prosa, ma anche agli spettacoli televisivi; raccontaci a quale scenografia sei più legato e perchè? Sono tre generi diversi ma affini naturalmente, ognuno con le sue caratteristiche di genere: di questi senza dubbio il Teatro Lirico ha una dimensione che ti coinvolge direttamenOtello, 2001
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Paolo Bernardi
te nello Spazio Scenico, nella Musica e nel Canto/Recitazione, fino al debutto. Ciononostante, sono legato a tutti i miei lavori, in quanto ognuno rappresenta un momento creativo specifico, ma anche in questo caso il ricordo mi porta al mio primo lavoro in assoluto e precisamente per il Teatro Lirico, quando fui scelto dal mio Maestro Regista Peter Busse per una Scenografia del Bastiano e Bastiana di Wolfgang Amadeus Mozart al Teatro Regio di Torino. Ero al primo anno di Accademia nel 1969, non sapevo nulla di scenotecnica di teatro lirico e di costumi, eppure feci dei bozzetti e un modellino eccezionali, dopo essermi studiato il libretto e la musica e da essa aver tratto ispirazione. Fui ribaltato come in un sogno in un mondo magico dove tutto era in armonia e ciascuno contribuiva con la propria arte a realizzare lo spettacolo, dal
di Antonello Risati
laboratorio al palcoscenico; naturalmente per la scenotecnica fui aiutato dal mio grande insegnante e Scenografo scaligero Enrico Kaneclin, il quale mi impostò in un attimo la scenotecnica. Non vi dico l’emozione della “Prima”, quando uscii in palcoscenico per gli applausi insieme al Regista Peter Busse (stretto collaboratore di Herbert Von Karajan) al Direttore di Orchestra Otto Gerdes e i cantanti. Certamente ero in ottima compagnia per un debutto. Nel tuo lungo percorso di insegnamento nelle accademie d’Italia quanto è stato importante trasmettere le proprie esperienze sul campo agli studenti? Certamente fondamentale, in quanto puoi trasmettere esperienze dirette e valutare le varie sensibilità degli allievi, cercando di assecondare e scoprire insieme a loro le singole potenzialità. La grande soddisfazione è quando scopri che un allievo ha trovato la propria strada nel campo specifico dello spettacolo, sapendo quali e quante difficoltà comporta questo percorso. Diversi miei allievi stanno facendo ottime carriere per meriti Loro, naturalmente, ma con mia grande soddisfazione. Nella tua ultima mostra a Palazzo Alfieri, sei riusci-
Uno, nessuno e centomila, 1995
to a mettere insieme la tua vita artistica con scenografie e dipinti dal 1969 al 2018: raccontaci questo fantastico progetto. Questa mostra è stata il riassunto di tutta la mia attività di Scenografo insieme all’esposizione di alcune mie pitture che rappresentano i miei lavori più recenti Lo spazio messomi a disposizione dal Comune di Asti è molto affascinante, in quanto occupa una superficie molto ampia dove ho potuto esporre cronologicamente i miei lavori e dei quali si può vedere documentazione nel mio Blog paolobernardiscenografo.wordpress.com. Mi parlavi ultimamente di un nuovo progetto che hai messo in cantiere per settem-
Cielito Lindo, 1993
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bre… Anticipaci qualcosa in merito. Nel medesimo Palazzo Alfieri in Asti ha sede la Fondazione Eugenio Guglielminetti (http://museoeugenioguglielminetti.it), scenografo astigiano che ha lasciato un grande patrimonio di bozzetti e modellini: a questo Artista Scenografo il Comune della Città ha concesso questo spazio museale permanente in sua memoria. Io ho pensato di fare una donazione alla Fondazione di miei bozzetti e modellini che saranno esposti nel Museo il mese di settembre e poi resteranno di proprietà della Fondazione come patrimonio storico. Ho deciso di esporre la documentazione di due lavori di Teatro Lirico, due di Teatro di Prosa e due di Teatro per la Televisione Rai. Sarà per l’occasione redatto un catalogo della mia esposizione/donazione online che ti farò avere in seguito. Sarebbe molto interessante che tu, in seguito, dedicassi un articolo al Maestro Eugenio Guglielminetti, tra i suoi lavori per la Rai spiccano le prime commedie con effetti di Chroma Key, inventando spazi fantastici, per la regia di Gregoretti. ►RS
MOSTRE
La
Mole Antonelliana
si tinge di... profondo rosso la grande retrospettiva dedicata a Dario Argento, tra i registi horror più noti a livello mondiale, Tra cimeli, manifesti, filmati e costumi di scena
I
l Museo Nazionale del Cinema e Solares Fondazione delle Arti presentano la prima grande mostra dedicata a un maestro del cinema: il regista, sceneggiatore e produttore Dario Argento. DARIO ARGENTO - THE EXHIBIT - ospitata alla Mole Antonelliana fino al 16 gennaio 2023 - è curata da Domenico De Gaetano e Marcello Garofalo, in omaggio al genio e all’opera del cineasta, visionario maestro del thriller: un percorso cronologico attraverso tutta la sua produzione, dagli esordi de L’uccello dalle piume di cristallo (1970) al suo ultimo lavoro Occhiali neri (2022), recentemente presentato al Festival del Cinema di Berlino nella sezione Special Gala che vede protagonista Ilenia Pastorelli. Per la prima volta un progetto espositivo compone un completo e articolato discorso visivo sull'immaginario che il
IL SITO
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regista romano ha portato sullo schermo nel corso del proprio cinquantennale viaggio nei perturbanti territori dell’incubo. La mostra comprende 44 oggetti di scena e 123 manifesti e locandine originali del Museo del Cinema, bozzetti scenografici, creature meccaniche, fotografie inedite e, tra le chicche, dieci costumi utilizzati nei suoi film, tra cui quello ricreato appositamente da Giorgio Armani che aveva firmato gli abiti di Jennifer Connelly per Phenomena; e poi anche pezzi provenienti dal CSC – Centro Sperimentale di Cinematografia (Archivio fotografico della Cineteca Nazionale e Scuola Nazionale di
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Cinema), collezionisti privati e professionisti del cinema, tra cui Sergio Stivaletti, effettista di molti film di Argento da Phenomena del 1985 in poi, Luigi Cozzi, stretto collaboratore di Argento fin dagli esordi, Franco Bellomo, Stefano Oggiano, Gabriele Farina, Roberto Attanasio e Carlo Rambaldi, uno dei più importanti artisti degli effetti speciali a livello mondiale. Le parole del protagonista Quando ha appreso la notizia di questa mostra, Dario Argento ha espresso grande soddisfazione: «Sono davvero felice che il Museo Nazionale del Cinema
di Daniele Colzani
di Torino mi abbia comunicato che uno dei loro eventi previsti per l’inizio del prossimo anno sia una grande mostra dedicata al mio cinema: nel corso della mia carriera, iniziata nell’ormai lontano 1970, ho avuto modo di ricevere diversi apprezzamenti in tutto il mondo, specialmente in Francia, in America, in Giappone; in Italia di recente mi hanno consegnato il David di Donatello alla carriera, ma questo omaggio che il Museo del Cinema di Torino mi dedicherà, mi entusiasma in particolar modo, non solo perché si svolgerà in una città da me molto amata, dove ho avuto modo di girare diversi film e in una sede prestigiosa quale è il Museo del Cinema, ma perché, grazie al lavoro accuratissimo
che gli organizzatori e i curatori dell’evento stanno svolgendo – ho avuto modo di visionare in anteprima diversi bellissimi “layout” dell’allestimento – avrò la possibilità di far co-
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noscere anche ai più giovani l’intero mio percorso cinematografico, accompagnandoli all’interno del mio ‘cinema idealista’, fatto di incubi, sogni e visioni, ove la grigia realtà non è mai arrivata e mai ci arriverà. In un film che ho realizzato nel 1993, Trauma, mentre scorrono i titoli di coda l’obiettivo si sposta, continuando a raccontare possibili inizi di altre vicende. Questo perché mi piace credere che i miei film possano conquistare un grande spazio nella memoria dei miei spettatori, diventando anche dopo la visione un tutt’uno con la loro vita. Credo che questa mostra possa rendere ancora più realizzabile, luminoso e concreto questo mio desiderio». ►RS
MOSTRE
La fotografia rende
omaggio a Tinto
Brass
il percorso cinematografico del regista veneziano grazie a 120 fotografie tutte dal suo archivio personale
T
into Brass, la sua vicenda artistica e personale, sono al centro della mostra Brass mon amour, allestita a Villa Bottini a Lucca, fino al 12 giugno 2022. La rassegna è uno degli appuntamenti più attesi della nuova edizione di Photolux Festival - Biennale Internazionale di Fotografia di Lucca - You can call it love, quest’anno dedicata al tema dell’amore. Brass mon amour - il cui titolo gioca con quello dell’ultimo lungometraggio di Tinto Brass, Monamour, e con l’argomento che lega le iniziative di Photolux Festival - ripercorre la carriera del regista veneziano, una delle figure più originali del cinema italiano, soprattutto per l’ostinazione con cui, contro ogni condizionamento esterno o censura, si è mantenuto fedele a due costanti della ricerca espressiva: l’esperimento visivo e l’immersione nei labirinti dell’eros. Il percorso si snoda attraver-
so 120 fotografie e documenti inediti - sceneggiature, bozzetti di scenografie e costumi, polaroid dei provini, manifesti, lettere - provenienti dall’archivio privato di Tinto Brass, che conducono il visitatore alla scoperta degli aspetti più curiosi della realizzazione dei film, degli episodi che hanno caratterizzato il suo rapporto con gli attori e dei ricordi sulla sua vita privata. Le fotografie raccontano il cammino di Brass nella sua prima stagione espressiva, da Chi lavora è perduto (1963) ad Action (1980). Qui il Maestro è ritratto con alcuni dei suoi attori preferiti, quali Alberto Sordi, Jean Louis Trintignant, Ewa Aulin, Anita Sanders, Tina Aumont, Gigi Proietti, Vanessa Redgrave, Franco Nero. Il tempo della liberazione dei sensi,
IL SITO
da La chiave (1983) a Hotel Courbet (2009), momento centrale dell’esposizione, viene illustrato con gli scatti del fotografo Gianfranco Salis, espressione di un sodalizio artistico quarantennale con il Maestro. Una particolare sezione della rassegna, riservata ai maggiorenni, è dedicata alle immagini più proibite. ►RS Monella, 1998
Inquadra il QRcode per il sito ufficiale del PhotoLux Festival 96
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MOSTRE
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Oliviero Toscani,
anni da situazionista
100 fotografie per raccontare la carriera del fotografo che ha influenzato i costumi di diverse generazioni
IL SITO
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© Foto di OLIVIEROTOSCANISTUDIO Ph Leandro Manuel Emede
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Palazzo Albergati di Bologna, fino al 4 settembre 2022 sarà possibile visitare la mostra Oliviero Toscani. 80 anni da situazionista che ripercorre la carriera del grande fotografo, oltre 100 fotografie mettono in scena la potenza creativa e la carriera del fotografo attraverso immagini più e meno note. Il titolo che è stato scelto proprio questa grande retrospettiva, non solo per celebrare la vocazione di Toscani, ma anche per gli 80 anni che il fotografo ha compiuto proprio poche settimane fa. Toscani mediante la fotografia ha fatto discutere il mondo su temi come il razzismo, la pena di morte, l’AIDS, la guerra, il sesso, la violenza, l’anoressia e molto altro. Ci saranno tutte le sue campagne più famose in mostra, quelle che hanno scosso l’opinione pubblica attraverso affissioni e pagine di giornali, ma anche
Ritratto di Oliviero Toscani
un Toscani meno conosciuto, come quello dei primissimi anni. LA MOSTRA La mostra intende offrire una sintesi dei tanti ambiti della creatività toccati da Oliviero Toscani nella sua vita. Toscani nasce a Milano nel 1942 ed è figlio d’arte: suo padre, Fedele, è stato infatti il primo fotoreporter del Corriere della Sera. Sono proprio il padre, la sorella e il cognato Aldo Ballo (il più affermato fotografo del
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design milanese) a spingerlo a studiare in una grande scuola assecondando il desiderio di diventare un grande fotografo. La scuola migliore in quel momento si trova a Zurigo, la Kunstgewerbeschule, con Johannes Itten come preside - il maestro del colore della Bauhaus - e con alcuni dei più importanti grafici e fotografi del mondo come insegnanti. Qui impara la teoria del colore, la tecnica e la composizione. Di questo periodo sono gli emozionanti scatti che un To-
scani, appena ventunenne, realizza a Don Lorenzo Milani, nella sua scuola di Barbiana. Si diploma nel maggio del 1965 e finalmente può cominciare quella che si sarebbe rivelata una carriera brillante. Sono gli anni della frattura con il vecchio mondo, gli anni dei Beatles e dei Rolling Stones, della minigonna inventata da Mary Quant, sono gli anni delle contestazioni studentesche. Toscani immortala quei momenti con la sua macchina fotografica e non si lascia sfuggire gli eventi salienti che contraddistinguono la sua generazione. È in prima linea al concerto del Velodromo Vigorelli di Milano per fotografare i Beatles in occasione della loro unica tournée italiana. Baffi alla Gengis Khan, stivaletti della beat generation e ovviamente capelli lunghi, Toscani ci mette poco ad affermarsi e a diventare uno dei fotografi più richiesti dalle riviste di tutto il mondo. Il suo primo grande scandalo è del 1973: fotografa in primissimo piano il fondoschiena di Donna Jor-
© olivierotoscani
di Daniele Colzani
Oliviero Toscani Jesus Jeans, 1973
dan con su i jeans del marchio Jesus e ci piazza sopra lo slogan “Chi mi ama, mi segua”. Il manifesto fa il giro del mondo e le polemiche infuriano come mai prima era successo intorno a una pubblicità. È Pier Paolo Pasolini sulla prima pagina
© olivierotoscani
Oliviero Toscani United Colors of Benetton, 1991
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del Corriere ad ammonire tutti quei facili moralismi, parlando di come quell’immagine ponesse un fatto nuovo, una eccezione nel canone fisso dello slogan, rivelandone una possibilità espressiva imprevista. Il nome di Oliviero Toscani, e non solo le fotografie, è ormai noto in tutto il mondo. Agli inizi degli anni ’70 Toscani decide di trasferirsi a New York e non va a vivere in un posto qualunque: si trasferisce per qualche tempo al Chelsea Hotel, intorno alle cui stanze ruota tutta la cultura underground della grande mela. È lì che abitano o avrebbero abitato Bob Dylan e Leonard Cohen, Iggy Pop e Sam Shepard, Tom Waits e Robert Mapplethorpe. È lì che verrà trovato il corpo senza vita di Nancy Spungen, per il cui omicidio venne arrestato Sid Vicious. Di questi anni è il fidanzamento con la modella Donna Jordan e la frequentazione della Factory di Andy Warhol,
© olivierotoscani
Oliviero Toscani Lou Reed, 1974
amico e modello per sue le fotografie. Oliviero Toscani passa le serate al Max Kansas City o al Club 54 e fotografa tutti i protagonisti della scena musicale e creativa di allora: Mick Jagger, Joe Cocker, Alice Cooper, Lou Reed. Quest’ultimo sceglie proprio uno scatto di Toscani per la copertina di un suo disco del 1974. Già a quell’epoca Toscani ha una capacità incredibile di cogliere i talenti nascosti ed è lui a proporre alle redazioni le prime fotografie fatte ad una ancora sconosciuta Patti Smith, appena trasferitasi a New York. Gli anni ‘70 sono quelli che lo vedono come forza creativa dietro i più grandi giornali e marchi di tutto il mondo: Vogue, Harpe’s Bazaar, GQ, Elle. E poi Missoni, Valentino, Armani, Esprit, Prenatal, Chanel e soprattutto Elio Fiorucci, il vero innovatore della moda a livello mondiale, con il quale Toscani stringe una forte collaborazione, oltre che un’amicizia indissolubile. Nel 1982 avviene invece l’incontro che cambia il mondo della comunicazione: Toscani inizia a realizzare le campagne per Benetton, dando vita a una serie ormai radicata nell’im-
maginario di tutti. Viene inventato il marchio “United Colors Of Benetton”, quel rettangolino verde che sarà posto sulle fotografie che scuoteranno le coscienze del mondo. Toscani ribalta il senso delle fotografie di moda e con le campagne Benetton parla di razzismo, fame nel mondo, AIDS, religione, guerra, violenza, sesso, pena di morte. In quegli anni attira su di sé pesantissime accuse, quelle di sfruttare i problemi del mondo per fare pubblicità ai maglioni. È l’esatto contrario: Toscani usa il mezzo pubblicitario per parlare dei problemi del mondo. Anche dopo Benetton i suoi “scandali via advertising” arrivano puntuali: dà uno slancio alla discussione sulla rego-
Oliviero Toscani United Colors of Benetton, 2019
Oliviero Toscani Elle, 2005
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lamentazione delle unioni gay, creando una grande campagna che mostra una coppia di omossessuali in atteggiamenti affettuosi su un divano o spingere un passeggino. Nel 2007 invece scuote violentemente il fashion system, facendo trovare pronta proprio per la settimana della moda di Milano una campagna con la fotografia di una ragazza anoressica completamente nuda, a mostrare i segni distruttivi della malattia che le case di abbigliamento invece sfruttano. Nel 2018 torna a dirigere FABRICA, il centro di ricerca sulla comunicazione fondato insieme a Luciano Benetton quasi 30 anni prima. In mostra c’è anche il primissimo piano di un uomo di etnia africana con due occhi di colore diverso tra loro, fotografia con la quale Toscani lanciò il centro di ricerca: David Bowie fu così colpito da quell’immagine da decidere di scrivere la canzone Black Tie, White Noise. ►RS
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PERSONAGGI
Emmanuele, "modello"
anche di valori positivi
il modello è noto al pubblico per essere il sosia di Can Yaman, ma lui ha ben altri obiettivi...
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a sempre il ruolo di un sosia accompagna artisti di grosso calibro e talento quasi come la loro ombra. Parliamo in questo caso di Emmanuele Tardino, che è stato definito il sosia ufficiale di Can Yaman, il celebre attore turco balzato agli onori delle cronache più per la sua liaison con Diletta Leotta. Tardino è un giovane siciliano che di punto in bianco si è trovato ad essere protagonista di vero caso mediatico, di cui racconta sia il successo che le difficoltà. Emmanuele, a conti fatti cosa pensi de La Pupa e il Secchione? Tu eri stato contattato per prendervi parte, cosa è poi successo? Ho sempre trovato La Pupa e il Secchione un programma divertente, guardando le edizioni precedenti. Così quest’anno ho pensato di fare il casting: una settimana dopo, il mio video-provino ha cominciato a girare sul web e alcune testate
IL SOCIAL
Inquadra il QRcode per il profilo Instagram di Emmanuele Tardino
mi davano addirittura come concorrente ufficiale del programma. Purtroppo per me, questa si è rivelata una fake news, perché nessuno della produzione mi ha contattato. Ma l’anno prossimo ci riprovo. Quali vantaggi dà a un soggetto come te, il tam-tam mediatico che gira intorno ai programmi tv? Sin da piccolo sono sempre stato un trascinatore: qualsiasi cosa facessi, riuscivo ad attirare l’attenzione degli altri, addirittura a lanciare delle “mode” da imitare. Cosa potrei portare in un programma tv? Sicuramente
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il divertimento: sono uno a cui piace giocare, scherzare e la gente ha bisogno di leggerezza, specialmente in questi momenti così difficili storicamente. Che cosa ti ha spinto a buttarti nel mondo dello spettacolo? Sono del segno zodiacale del Leone e per questo mi riconosco una buona dose di egocentrismo (ride, ndr.). A questo si aggiunge il fatto che sono un ragazzo molto ambizioso: mi piacciono le sfide non facili, e sicuramente entrare nel mondo dello spettacolo è una di queste, amo riuscire dove gli altri magari hanno
di Andrea Iannuzzi
fallito, per un profondo senso di sfida anche con me stesso. La somiglianza con Can Yaman è impressionante. Ci hai mai parlato? Non ci ho mai parlato, purtroppo. Mi piacerebbe, però. Come mi sarebbe piaciuto che lui intervenisse per “placare” le sue fan che, quando alcune riviste mi hanno definito il suo sosia, mi hanno pesantemente attaccato. Essere un bel ragazzo può significare anche pregiudizio sul proprio talento? Io credo che ormai tutti siamo esposti al giudizio, e al pregiudizio, degli altri. La bellezza c’entra poco: se le persone possono usare qualcosa per ferirti, lo fanno, specie quando non ti omologhi alla massa, al pensiero comune, ma cerchi di costruirti una tua strada. Sei stato ad anteprima cinematografiche importanti, così come a prime di successo nei più celebri teatri. Pensi anche a una carriera da attore? Sì, mi piace molto prendere parte a questi eventi perché spero che possano diventare parte del mio mondo un domani. è certo che mi piacerebbe diven-
tare un attore, ma la predisposizione, il talento da solo non basta. Ci vuole tanto studio. Quali sono, secondo te, le qualità che un vero attore deve possedere? Credo che la capacità più grande di un attore debba essere calarsi in un ruolo, letteralmente diventare un’altra persona. Non solo recitare, ma proprio vivere e trasmettere emozioni come se di fatto fosse quel personaggio. Se ti dovessi ispirare a una star del cinema, a chi ti ispireresti e perché? Sicuramente Sylvester Stallone. Il suo Rocky è esempio di grande forza e allo stesso tempo sensibilità ed è questa una caratteristica in cui mi rivedo molto. Ti capita ogni tanto di pensare di non farcela? A dispetto di quello che posso suggerire all’esterno, non nascondo che anche io attraverso dei periodi bui che mi fanno pensare di essere giunto al mio capolinea. Quando mi succede, cerco sempre una nuova motivazione per risalire, cerco sempre di concentrarmi su un
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nuovo obiettivo da raggiungere. Spesso mi aiuta anche guardare al passato: vedere da dove sono partito e dove sono arrivato, cosa posso ancora raggiungere, con dedizione e grandi sacrifici e rinunce. Qual è infine il vero obiettivo di Emmanuele Tardino? I soldi, la fama piacciono e piacerebbero a tutti. Ma non è solo questo: mi piacerebbe, attraverso lo spettacolo, diventare un modello di valori positivi, quelli che oggi forse sono diventati la rarità, per i più giovani. ►RS
CORTI
The Rise of the Villains, una serie per i cattivi
la regista federica alice carlino e il cast raccontano l'esperienza vissuta girando questa serie
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el numero di marzo di Riflettori su Magazine, abbiamo parlato di El Último Adiós. La regista e casting director Federica Alice Carlino ha appena concluso un progetto durato
I VIDEO
Inquadra il QRcode per la playlist degli episodi
7 anni, ideato nel 2014, girato dal 2015 al 2021. Questo progetto si chiama The Rise of the Villains, è basato sui fumetti DC Comics di Batman, dove ha voluto dare una visione diversa dei Villains, i cattivi del fumetto, un lato che spiega il perché dei loro gesti e come hanno fatto a diventare le persone che sono oggi. È un piccolo tributo all'attore Heath Ledger che ha interpretato il Joker in The Dark Knight- Il Cavaliere Oscuro (2008). Federica, un genere prettamente “maschile”. Come mai hai scelto questo tema? Ero una bambina vivace che è cresciuta con i fumetti e cartoni DC ma soprattutto Marvel. La Marvel mi ha praticamente cresciuto, la DC mi piace per la
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sua oscurità e i cartoni di Batman erano davvero molto coinvolgenti, infatti abbiamo fatto un paio di citazioni al cartone in alcuni episodi. È vero, è un genere che sembrerebbe essere maschile ma conosco molte donne che sono cresciute nello stesso modo e che sono appassionate del genere, una di queste è Giulia Anna Vada, Harley Quinn, con cui ho iniziato il progetto nel 2014 dopo averla conosciuta in un'accademia di cinema a Milano. Qual è stato il tuo obiettivo? Il mio obiettivo era far vedere il lato umano dei cattivi, perché si comportano così? Cosa li ha portati a questo punto? Da dove vengono? Sono loro ad essere cattivi? O la società e quello che è successo nel tempo li ha portati
di Silvia Arosio
a cambiare e ad adeguarsi a ciò che li circondava? Succede anche a noi, ogni giorno, di cambiare o assumere degli atteggiamenti diversi, la vita ci cambia ed è capitato anche ai nostri Villains. Un altro tema è la femminilità, in molti numeri e rappresentazioni cinematografiche, i personaggi femminili vengono rappresentati eroticamente, il mio obiettivo era di rendere gli outfit più comodi per le mie attrici, prima di tutto per farle sentire a loro agio e in secondo luogo per non avere distrazioni dalla performance sia per le interpreti che per il pubblico. Restano lo stesso dei personaggi accattivanti e seducenti, ma vorrei che avessero la possibilità si spiegare cosa c'è sotto la loro corazza, vorrei far vedere che sono fragili ma che hanno imparato ad essere forti e ad affrontare le difficoltà della vita senza l'aiuto di nessuno. Gordon invece è un personaggio dalle mille sfumature, con un cuore d'oro ma capace di esplodere da un momento all'altro, essendo il buono della situazione ha anche lui i suoi lati oscuri, insomma nessuno è davvero solo cattivo o buono, sono felice
di aver assegnato questo ruolo a Manuel Antonio Gullotta, gli ha sicuramente reso giustizia. Batman nella nostra serie è una presenza, una sagoma che si presenta, quasi come un fantasma, dal terzo capitolo, invece, gli abbiamo dato un volto, quello di Gabriele Tranchina, aggiungendo anche il suo Robin, Timothy Drake interpretato da Stefano Perillo che abbiamo castato a 12 anni e adesso ne ha 19, il pubblico l'ha visto crescere negli anni ed è, a detta loro «Come vedere un membro della famiglia che cresce negli anni e ci fa sentire più vicino al cast e alla storia». Chi sono i “cattivi” della vostra serie? I nostri cattivi sono Joker, interpretato da Emanuele Bolognari, attore, regista e cosplayer di Roma, riconosciutissimo e premiatissimo per il suoi cosplay impeccabili, Due Facce, interpretato da Luca Mondaini, regista, attore e sceneggiatore di Rimini, Harley Quinn, interpretata da Giulia Anna Vada, attrice e insegnante di recitazione di Milano, Poison Ivy, interpretata da Ludovica Carbone, attrice del Varesotto e laureanda in Fisica a Milano, lo
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Spaventapasseri interpretato da Manuel Antonio Gullotta, un carissimo amico, regista e attore di Milano. Ed ancora Catwoman, interpretata da Vanessa Cavaliere un'amica cinefila che si è messa in gioco e ha dimostrato doti recitative a me sconosciute, una bella scoperta, l'Enigmista, interpretato da Marco Stermieri, attore italo-americano e Zatanna che arriva negli ultimi capitoli, interpretata da Angelica Jasmine Colombo, ballerina e attrice milanese. Ma sentiamo un parere da parte dei personaggi di spicco di questa serie. Manuel, com'è stato interpretare il famoso Commissario Gordon e lo Spaventapasseri? Gordon è stato uno dei miei personaggi preferiti da interpretare finora e avrà sempre un posto nel mio cuore. Interpretarlo in questo progetto mi ha dato molte soddisfazioni e soprattutto mi ha aiutato a mettermi in gioco dando carattere ad un personaggio che stimo moltissimo, in un mondo pieno di criminali, super criminali e eroi con armature ed abilità, quest'uomo si distingue per le sue capacità e per il suo carattere
buono e giusto. Vorrei poter dire che è stato faticoso, invece è stato divertentissimo. Come per Gordon anche lo Spaventapasseri ha un legame con la mia personalità, il fatto di indossare una maschera forse mi ha dato una libertà maggiore. Gordon invece deve soffocare per mantenere la sanità, si trasforma nel caos più puro con tanto di ilarità a non finire. Devo ringraziare Federica, perché senza di lei non avrei potuto avere questa fantastica possibilità di mettermi in gioco e migliorarmi sia a livello recitativo che come persona. Emanuele ha interpretato tre personaggi, Joker, Pinguino e Mr Freeze, com'è stato interpretare così tanti personaggi? Per interpretare Joker, mi sono ispirato molto al Joker di Heath Ledger, cercando di non fare proprio un copia e incolla dell'originale anche perché è unico ed inimitabile. E poi.. oltre ad Heath, mi sono ispirato al Joker dei fumetti e ho sempre sentito dentro me, un pezzo della follia di Jack Nicholson, diciamo che è un mix di cose ma è un personaggio che interpreto da anni anche alle fiere e per altri progetti personali, quindi col tempo è diventata una mia versione.
Sicuramente preferisco Joker perché è il mio personaggio preferito e poi nel progetto di Federica è un personaggio chiave , anche se è stato divertente calarmi nei panni di Mr. Freeze e Pinguino. Non è stato difficile interpretare tre personaggi, anzi, è stato molto divertente e spero di avergli dato sfaccettature diverse e soprattutto, spero di non aver fatto capire al pubblico che c'ero sempre io dietro questi personaggi, ho lavorato moltissimo sul trucco, protesi e costumi. Harley Quinn non ha molte rappresentazioni, a parte Suicide Squad, da dove è stata presa l'ispirazione per questo personaggio? Giulia: Quando abbiamo dato vita a questo progetto non esisteva ancora nemmeno il film Suicide Squad! Sono sempre stata una fan di Harley, della sua storia travagliata e sempre attuale di ragazza intelligente travolta dal suo lato oscuro che piano piano trova lo spazio grigio di equilibrio tra
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bene e male. La amo nei fumetti e nei cartoni animati e mi sono innamorata anche del design che le è stato creato per il videogioco. Da lì viene la mia principale ispirazione per il costume e anche per il tono un po' più dark dei primi capitoli, meno clownesco dei cartoni animati. Federica: esatto, quando abbiamo iniziato non c'erano né Gotham, la serie TV e nemmeno Suicide Squad. Molti interpreti della serie hanno dovuto rendere loro il personaggio ed è una cosa che non disprezzo, a livello attoriale hanno avuto molta libertà per esplorare la personalità e la gestualità di questi Villains, ovviamente sotto mia direzione ma a livello creativo gli ho dato molto spazio anche nel vestiario e negli accessori. Gabriele come ti sei trovato nei panni dell'amatissimo Batman? Raccontaci il procedimento. Gabriele: è stato divertente, qualcosa di diverso dal solito sicuramente. Dietro la mia interpretazione di Bruce c'è indubbiamente la versione degli anni '80 della serie, il bello del mio personaggio è che ha una dualità, sono Bruce ma sono anche Batman, per Batman mi sono ispirato a Batman Returns (1992), film a me molto caro. Sono sempre stato affascinato sia dalla vecchia
serie TV e da fumetti e cartoni animati...i film li ho seguiti tutti e apprezzati ognuno a modo suo... più per i cattivi che per il personaggio di Batman. Federica, avete pubblicato 6 episodi in 7 anni, dato dal fatto che ti sei trasferita a Los Angeles nel 2016 per frequentare la New York Film Academy ed era impossibile girare: ovviamente la pandemia non ha aiutato. Come avete lavorato quindi? I primi tre episodi sono stati girati tra il 2015 e il 2016 prima del mio trasferimento in America, una volta trasferita sono arrivate richieste di un continuo di questa serie, quindi ho curato la pre-produzione in via remota e sono riuscita a tornare in Italia per qualche settimana, tra un semestre e l'altro solo nel 2019, quasi a fine studi. Il Covid ha sicuramente ostacolato molti aspetti della produzione, abbiamo dovuto rinunciare a diverse location, alcuni attori si sono ammalati e ho dovuto montare le scene in modo tale da farli interagire tra di loro anche se non erano nella stessa stanza o presenti sul set nello stesso giorno, ridurre il numero di attori nelle scene per sicurezza e prendere in continuazione Covid test da portare sul set. Adesso sono ancora all'estero, le nostre vite si stanno riempiendo di impegni e quindi abbiamo deciso di concludere la storia di questi personaggi, dandogli un giusto finale, spero. Dove è stata trasmessa la serie? La potremo rivedere? La serie è stata trasmessa in televisione su diversi canali, alcuni di questi sono Canale10 e IlikeTv e a diverse fiere del fumetto, specialmente a Roma, Los Angeles, Toronto e tutta Europa e Asia. Emanuele l'ha fatto anche trasmettere su radio Roma Capitale durante un'intervista, in diretta televisiva. La serie è disponibile su Youtube basta scansionare il QR
code (presente a pag. XXX) e vi porterà alla playlist degli episodi, oppure seguirci su Instagram @ theriseofthevillains e i nostri link sono presenti in bio. So che avete vinto diversi Festival, anche oltreoceano. Quali e quale vi ha dato la maggior soddisfazione? Sicuramente il Geek Fest di Toronto, è un festival prestigioso per i fan film e non, abbiamo avuto la possibilità di confrontarci con grandi nomi come Eric Roberts e produttori della BBC. È un festival ben organizzato e sapere che il nostro lavoro viene apprezzato anche fuori dall'Italia è sicuramente appagante. Il cast è d'accordo con me, il Geek Fest è stato davvero un bel traguardo, specialmente per il genere e per il tempo a noi dedicato durante il panel del Q&A relativo alla nostra serie con domande degli organizzatori e del pubblico. Quando ci sono questi even-
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ti mi piace anche coinvolgere il cast per avere anche il loro punto di vista, esattamente come per questa intervista. Giulia: gli organizzatori del Geek fest di Toronto sono stati un fantastico esempio di come anche piccole produzioni indipendenti hanno valore e qualità. Ci hanno trattato benissimo e ci hanno fatto capire che anche nel nostro piccolo abbiamo trasmesso qualcosa al pubblico. Federica, sei anche casting director. Come hai scelto il cast? Ho sempre amato questa fase di transizione tra l'inchiostro su carta, la sceneggiatura e la realtà, è come se vedessi l'inchiostro uscire dai fogli e trasformarsi in una persona in carne ed ossa. Ecco il mio personaggio, ha preso vita, ha un viso, una voce e interagisce con me adesso, è come se avessi dato vita ad un nuovo essere umano.
Ho iniziato organizzando casting per i miei progetti, a Los Angeles ho iniziato a farlo anche per altri registi e devo dire che la soddisfazione è la stessa, anche se non è un mio progetto, sento la gioia che prova il regista quando incontra i suoi personaggi per la prima volta. Per quanto riguarda The Rise of The Villains ho organizzato dei casting anche per tutta Italia, infatti abbiamo attori provenienti da diverse regioni proprio per questo motivo. Il primo personaggio che ho scelto è stato Gordon, conoscevo Manuel da qualche anno e mi sembrava un ottimo interprete per questo ruolo, Giulia, Harley Quinn, è stata la seconda, quando le ho parlato del progetto l'ho vista entusiasta e abbiamo iniziato a lavorare alla pre-produzione del secondo capitolo. Emanuele ha risposto al casting online e l'ho scelto immediatamente, apprezzo che si sia
mosso da Roma ogni volta per venire a lavorare con noi. Tutti gli altri sono stati scelti nello stesso modo, bene o male facciamo parte del settore, quindi attraverso passaparola e reel mandatomi da altri membri del cast. Negli ultimi episodi avete aggiunto nuovi personaggi, Zatanna e Poison Ivy, Angelica, Ludovica, com'è stato interpretare questi personaggi e com'è entrare in un progetto già avviato? Angelica: con il personaggio di Zatanna è stato amore a prima vista, quando Federica mi ha comunicato di essere stata scelta per interpretarla non potevo essere più felice. Ho amato moltissimo interpretare Zatanna, è un personaggio forte, sicuro di sé e che non si fa mettere facilmente i piedi in testa, ma allo stesso tempo ha un animo buono e farebbe di tutto per proteggere le persone che ama.
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È stata anche una sorta di sfida con me stessa, perché comunque portare in carne ed ossa un personaggio così fa sentire un po’ di pressione per le aspettative del pubblico e di chi conosce bene il mondo della DC. Un aspetto che ci tengo a sottolineare è sicuramente quello che riguarda l’abbigliamento di Zatanna; nei fumetti siamo abituati ad un personaggio molto più svestito invece, in accordo con Federica, abbiamo deciso di darle un aspetto più da teenager, visto che appunto lo è. Questa cosa ha sicuramente aiutato a concentrarsi di più su quelle che sono le capacità del personaggio e non sul suo aspetto fisico. Entrare in un progetto già avviato potrebbe dare l’idea di sentirsi un po’ come camminare sulle uova, fortunatamente sul set di The Rise of The Villains non è stato così. Complice sicuramente l’organizzazione di Federica sul set, è stata in grado di farmi sentire a mio agio come se ne facessi parte da sempre. Tutto il cast è stato molto carino e disponibile, sicuramente ho avuto modo di interagire di più con gli attori con cui avevo più scene insieme. Con Stefano e a Manuel sicuramente non sono mancate le risate sul set. Mi porto a casa tanto da quest’esperienza sia come attrice che come persona, è un set che rifarei molto volentieri e mi sono trovata davvero molto bene a lavorare con Federica. Ludovica: grazie per la domanda! Sicuramente è stato particolare interpretare un personaggio come Poison Ivy, perché arrivo da un background di teatro - commedia, quindi il mondo dei supereroi era per me solo passione cinematografica e non mi ero mai cimentata nel recitare un ruolo del genere. È stato senza dubbio divertente e stimolante, oltre che formativo. Del resto il tutto è stato migliorato dal cast tecnico e attoriale da cui sono stata accolta con molto
entusiasmo. Sicuramente il fatto che ci fosse Giulia, Harley Quinn, mi ha aiutata perché è una mia cara amica e un’attrice che stimo parecchio. Con Federica mi sono trovata subito molto bene e per me questo era molto importante. Lei è stata molto brava a unire il gruppo e a tenere le fila del progetto anche in situazioni parecchio complicate come i vari lockdown che abbiamo tutti quanti vissuto e ciò purtroppo non si può percepire dal prodotto finale perché il lavoro che c’è dietro è nascosto, ma enorme. La ringrazio quindi per avermi inclusa in questo percorso rendendolo molto piacevole. Quali consigli ti senti di dare a chi affronta un provino, di qualsiasi tipo? Come non “prendersela” per la non riuscita? Federica: io credo che il rifiuto sia la miglior forma di educazione, non solo per l'attore, per tutti, nella vita. Imparare da un rifiuto è un dono, cosa posso migliorare? Come mai non sono stato scelto? Non è un attacco personale, bisogna vedere la situazione dall'esterno, senza abbattersi, cercare di essere obiettivi. Il modo migliore è registrare e guardare la propria performance facendo finta di essere un'altra persona. Non siamo perfetti, possiamo sempre migliorarci. Mi è personalmente capitato di scegliere persone che corrispondessero all'idea che avevo del personaggio, non sempre non scelgo degli attori perché non sono bravi, la maggior parte delle volte sono davvero bravissimi ma il ruolo per il quale si stanno proponendo non è adatto a loro. È un po' come se ti presentassi per fare Harry Potter ma hai i modi di fare di Draco Malfoy, due personaggi stupendi ma completamente diversi, vi immaginate se avessero invertito gli attori? Un altro esempio può essere quando canti una canzone, magari sei bravissimo, hai una voce
stupenda, ma il tuo timbro vocale si addice ad uno stile preciso o a un range vocale definito, quindi se canti un altro tipo di canzone la tua voce non viene valorizzata nel modo giusto, lo stesso discorso vale per la recitazione. Il segreto è capire quali ruoli si addicono al nostro stile recitativo, è giusto essere anche versatili, ma trovare punti di forza e le nostre qualità, può facilitare una futura audizione. Questo successivamente sarà essenziale per la scelta di monologhi adatti a noi. Giulia: un attore passa diverse ore a studiare come affrontare un casting...ma quando poi ti ritrovi lì davanti alla cinepresa con casting director e magari produttori e registi... o in alternativa devi fare un self-tape da solo nella tua stanza...la sensazione è ben diversa. L'unico consiglio che mi sento di dare è quello di afferrare tutte le occasioni possibili, non importa se piccole o grandi. Ci potranno essere decine e decine di "No" ma basta un solo "Si" per cam-
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biare tutto. Ed è per quel "Si" che bisogna essere pronti. Qual è stato il riscontro del pubblico? Federica: principalmente positivo, i fan accaniti dei fumetti sono (giustamente) molto attenti ai dettagli o alla dinamica tra i personaggi. Questa serie ha preso ispirazione da qualcosa di preesistente, ti aspetti inevitabilmente anche delle critiche. Abbiamo cercato di renderlo nostro, personale, usando personaggi conosciuti che si muovono e interagiscono in una Gotham creata da noi. Ho anche aggiunto un personaggio non esistente, Hanna Irish, che ha una breve storia con Gordon, per creare un filo conduttore tra i personaggi e dare vita ad una trama completamente differente dai fumetti. Ho sempre pensato che se devi fare l'esatta copia di qualcosa, è meglio non farla, puoi prendere ispirazione e poi prendere il decollo da quel punto di partenza. Chi segue la serie è davvero ap-
passionato e molte critiche sono anche costruttive e mi hanno dato modo di migliorarmi negli episodi successivi anche a livello tecnico, un feedback è sempre ben accetto da parte mia. Durante la quarantena abbiamo coinvolto il pubblico con domande al cast e attività interattive e ci ha riempito le giornate, non ci siamo mai fermati. Giulia: avere un riscontro così positivo dal pubblico è qualcosa che fa davvero piacere a chiunque lavori in progetti cinematografici piccoli o grandi che siano. Sono davvero contenta del risultato finale, il bello di chi crea e racconta storie come fanno sceneggiatori, registi, attori,ecc... credo sia anche e soprattutto il fatto di poter comunicare qualcosa a più persone possibili.
Toccare le loro corde con immagini, suoni e parole. I nostri followers sono sempre stati fantastici, di grande supporto e pieni di entusiasmo. Mi hanno aiutata tantissimo anche durante la quarantena e li ringrazierò per sempre per questo. Manuel: come hanno detto Federica e Giulia, molto positivo, da una parte del pubblico che è diventata poi un elemento fondamentale motivazionale per proseguire i progetti ed impegnarsi sempre di più. Ci seguono incessantemente sui social e molti sono davvero appassionati, riconosciamo diversi nomi nella sezione commenti e sono lusingato di questo amore per la nostra serie. Emanuele: è sempre incredibile vedere quanta gente ama an-
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cora questi personaggi e anche i nostri, dal momento che abbiamo iniziato 7 anni fa. Fa impressione pensare che siamo anche stati visti oltre oceano, che la gente ci ha visto recitare con i sottotitoli, io personalmente non sono ferrato con l'Inglese ma sapere che qualcuno mi guarda all'estero fa un certo effetto. Perché fare “corti” oggi? Federica: i corti danno modo di esprimere concetti in poco tempo, mi ha sempre dato modo di tagliare scene o momenti non necessari per la narrativa della storia. Prima mi perdevo troppo nei dettagli e nel cercare di spiegare anche cose abbastanza ovvie, crescendo mi sono resa conto che posso lasciar perdere perché molte cose si intendono anche senza troppe spiegazioni. Spesso uso i corti come "proof of concept" per creare poi film veri e propri, quando presento un progetto a dei produttori, è il modo migliore per esprimere il concetto dietro a un discorso più ampio per dargli modo di avere già un'anteprima di un progetto che sto proponendo. I cortometraggi mi hanno veramente dato il dono della sintesi artistica. Conosco colleghi che l'hanno scelto proprio come percorso artistico perché ritengono che le loro storie possano essere comprese e raccontate in poco tempo e sinceramente lo rispetto, è come scegliere un libro più piccolo di appena 224 pagine come Carrie di Stephen King rispetto a oltre 1200 pagine de Il Signore degli Anelli di J.R.R Tolkien, due capolavori a mio parere personale. Manuel: penso che sia importante per capire dove collocarsi nel genere, per prendere confidenza con le proprie capacità ed esplorare nuovi stili e migliorarsi nel tempo. Io mi sono concentrato molto sulle mie interpretazioni ma anche sul modo di raccontare una storia quando scrivo una sceneggiatura, quindi sono modi per me per monitorare le mie perfor-
mance e la mia capacità di strutturare le scene e il loro susseguirsi. Adesso mi capita di riguardare vecchi lavori e mettermi le mani nei capelli ma ne vale la pena, fa parte del percorso. Cosa vi mancherà di questa avventura? Federica: Mi mancherà scoprire locations dimenticate dall'uomo come l'ex manicomio di Mombello che è stato protagonista del nostro primo capitolo e che è stato, due anni dopo, location di un film con Johnny Depp 7 Days 7 Girls. Anche avere completa libertà creativa in ogni aspetto artistico, solitamente ho libertà direttiva e in pre-produzione quindi poter prendere anche in mano la post-produzione, il montaggio, mixaggio audio e tutto il resto, mi ha dato modo di esprimere il mio punto di vista a 360 gradi. È anche molto faticoso perché in questa piccola produzione ho fatto il lavoro di 10/12 persone e ho anche recitato una piccola parte e a fine giornata ero sempre senza forze, quindi sono contenta di avere una crew completa negli altri progetti. È sicuramente una soddisfazione grande quando sei capace di fare più cose assieme ma non lo consiglio. In questo progetto ognuno ci ha messo il suo, quindi ogni vittoria è di tutti, nessuno escluso, spesso mi hanno aiutato
anche gli altri e ne sono immensamente grata. Molti avevano anche un background di sport di contatto e arti marziali quindi ho affidato a loro le coreografie dei combattimenti, ringrazio Gabriele, Manuel e Luca per questo e un grazie va anche agli attori che si sono truccati da soli e a Vera De Mori per il makeup di Poison che era molto complicato. Un grazie anche a chi ci ha permesso di girare nelle loro location e anche nei loro business come il Life di Gallarate e Carbone su Misura di Cardano al Campo. Ovviamente mi mancherà anche lavorare con tutti, vedere i personaggi crescere con noi, tutto quello che c'è dietro, creare easter eggs tutti assieme da nascondere sul set, insomma è una complicità che si crea col tempo. Mi mancheranno anche i followers della serie, spero che ci seguano anche in futuro, perché non finisce qui. Giulia: The Rise of the Villains è stato una parte importante della mia crescita artistica e personale e lo sarà sempre. Ho iniziato studiando e lavorando in teatro, poi mi sono spostata sul cinema, e resort Village è stato uno dei miei primi set (nonché una delle prime collaborazioni di scrittura) Sono veramente grata di essere riuscita a dare vita a qualcosa che ha coinvolto così tante persone, molte più di quante avrei potuto
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immaginare, sia per il cast che per i fans. Sarà sempre bello guardare indietro e sorridere ripensando a questa avventura. Manuel: mi mancherà Gordon stesso, con il quale ho un forte feeling emotivo. L'ho caratterizzato basandomi anche sul mio modo di agire. Una cosa che mi mancherà è mettermi a confronto con gli altri attori e vedere il loro approccio al loro personaggio, dato che la maggior parte di loro era dalla parte opposta del mio. Emanuele: principalmente il cast. La regista in primis, che ha creduto in me fin da subito e che ci ha sempre trattato bene, poi... i bei momenti tra le risate e la serietà, con i colleghi, perché c'è stato tanto divertimento non lo nego ma anche molta serietà e professionalità. È stata un esperienza indimenticabile, spero di lavorare ancora con questo gruppo di artisti. Gabriele: per questo progetto sono seriamente dispiaciuto che sia finito, nonostante inizialmente sembrasse molto semplice, in realtà, con il tempo, il viverlo e vederlo crescere lo ha trasformato in un qualcosa di davvero entusiasmante ed è diventata una sfida contro me stesso! Colgo l'occasione per ringraziare la regista Federica per quello che è stata capace a tirar fuori dal mio personaggio e da tutto il progetto!. ►RS
MOVIELAND
di Luca Varani
le ultime proposte in dvd e bluray per rivivere A casa il fascino del GRANDE cinema IL PADRINO (trilogia)
SENZA RIMORSO Diretto da Stefano Sollima (principalmente conosciuto per aver diretto serie televisive e film di successo come Romanzo criminale La serie, Gomorra - La serie, Suburra e ACAB - All Cops Are Bastards) e sceneggiato anche da Taylor Sheridan, questo film è un action muscolare che ripercorre la genesi dell'action hero John Kelly, nato dalla fantasia dello scrittore Tom Clancy. Se amate i thriller che non lasciano neanche un minuto per tirare il fiato... dovete assolutamente vederlo!
In occasione del 50° anniversario della saga, arriva - per la prima volta in una collezione unica - la trilogia completa della famiglia Corleone. Un tris di film che resiste all'usura del tempo e che, come tutte le pietre miliari del cinema, continua ad attirare fan anche nelle nuove generazioni. In questo box bluray sono contenuti un sacco di contenuti speciali oltre ad alcune scene finora inedite. Rimasterizzato in 4K UHD e Dolby Vision, si tratta di un prodotto imperdibile per ogni cinefilo.
FRIDAY THE 13TH PART 3 Edizione limitata per il 40° anniversario del terzo capitolo della serie dedicata al ferocissimo serial killer Jason Voorhees. contenuta in un lussuoso steelbook. Anche qui abbondano gli extra, per una maggior comprensione di uno dei franchise horror più popolari di tutti i tempi. In questo episodio alcuni vacanzieri, ignari della tradizione di sangue del campeggio di Crystal Lake, decide di trascorrervi un'estate all'insegna della spensieratezza. Naturalmente non hanno la benchè minima idea di quello che li aspetta...
il titolo sotto i nostri riflettori... ALINE - LA VOCE DELL'AMORE - Biopic direttamente ispirato alla vita della famosissima cantante canadese Céline Dion. Aline ha il dono di una voce straordinaria. Quando il produttore musicale Guy-Claude la ascolta per la prima volta, si prefigge un unico obiettivo: fare di Aline la più grande popstar del mondo! Sostenuta dalla famiglia e guidata dall’amore crescente di Guy- Claude, Aline vivrà effettivamente un destino straordinario. L'attrice protagonista Valérie Lemercier utilizza con grande fantasia i codici del genere: la somiglianza con la star, l'appropriazione del gesto scenico, il racconto cronologico (dall'infanzia alla gloria), i momenti memorabili della carriera. Impossibile distinguere il vero dal falso! ►RS
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RADIORAMA
Linus promette tanti soldi...
ma si tratta di un inganno Il direttore di radio deejay ha spiegato in diretta il fattaccio, scusandosi con i suoi fan
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u Facebook una pagina fake a nome Linus promette importanti premi in denaro. Ma è solo un bieco tentativo di architettare una truffa ai danni di chi cade nel tranello. Avete capito bene: un fantomatico Linus, sui social, tenta di truffare i propri followers; l’ha raccontato lo stesso conduttore di recente nel suo programma quotidiano su Radio Deejay. “Chiedo scusa da parte mia, ma io non c’entro assolutamente niente.” ha detto Linus in diretta, spiegando la situazione. Il finto Linus ha aperto una pagina Facebook, approfittando del fatto che lo speaker di Deejay (all'anagrafe Pasquale Di Molfetta) non ne avesse una; ha poi postato negli scorsi mesi, foto già pubblicate da Linus quello reale - su Instagram, per adescare quanti più followers possibili, facendo sembrare la cosa molto veritiera. La truffa vera e propria è iniziata solo nelle scorse settimane quando il profilo fake ha postato uno di quei classici annunci troppo belli per essere veri: un post che prometteva soldi facili... ma con l’intento di rubarli a chi avrebbe inserito i propri dati per vincerli.
Questo genere di situazione è ormai abbastanza diffusa fra le persone famose, attraverso profili molto seguiti. Vip hackerati o clonati per truffare i loro seguaci. Volti famosi dello spettacolo, dell'economia e della politica come Jovanotti, l’imprenditore Flavio Briatore, lo YouTuber Alessandro Masala di Breaking
L'Italia musicale in piazza con la radio • Si è tenuto a Milano in piazza Duomo il grande concerto di Radio Italia. Dopo due anni di stop forzato, è tornato il Radio Italia Live: un grande successo annunciato. 19.000 persone di pubblico, limite massimo previsto dalle norme attuali, 14 artisti sul palco per oltre 4 ore di concerto trasmesso in diretta su Radio Italia, Radio Italia TV, TV8, Sky Uno e in streaming su Now. Numeri incredibili per un evento che ci riporta alla normalità Ne avevamo bisogno, ora guardiamo avanti...
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Italy, l'influencer Gianluca Vacchi, addirittura Matteo Salvini e del "collega" Luigi Di Maio. Nel caso di Linus è bastato creare un profilo da zero visto che Linus ne ha uno solo su Instagram, come lui stesso ha tenuto a precisare personalmente. Una truffa che si aggiunge a quella che qualche tempo fa aveva subito lo stesso Linus e che riguardava il cosiddetto phishing bancario. Avvertenza che vale sia per i personaggi pubblici ma anche per noi persone comuni: non credete assolutamente mai a chi vi offre guadagni miracolosi sui social ma, soprattutto, non seguite nessun profilo di Linus su Facebook: l’unico vero è quello su Instagram! ►RS
di Luca Varani
HEAVY ROTATION Portami lontano
Fake? Clerc lancia il suo allarme
Nuovo singolo e videoclip, TUTT'altro che una bufala!
• Un esordio col botto per la neonata label L'orto di Luigi Piergiovanni, che viene inaugurata col singolo "Portami lontano" di Pornoclown che si avvale della voce e della scrittura del grande Edoardo Bennato. E' lui a firmare testo e musica con Gino Magurno e con lo stesso Pornoclown, all’anagrafe Rosario Spampinato. "Portami lontano" precede il primo album di Pornoclown, “Il circo del sound”, di prossima pubblicazione. Così come il circo offre al pubblica un mix di allegria, spensieratezza e malinconia, Pornoclown mescola impegno e leggerezza in una miscela di suoni e parole arricchite dalla presenza di grandi artisti di varie culture musicali. Un disco che di strada ne farà parecchia.
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l cantautore Jan De Clercq (in arte solo Clerc) esce con una nuova proposta audio-video. Come al solito il suo segno è caratterizzato dall'originalità, riuscendo ad affrontare tutto quello che propone con ironia colorata e fantasiosa. Le cosiddette “fake news” - che sono le protagonista di questo nuovo brano intitolato Fake - rappresentano realmente una delle piaghe dei nostri tempi, tecnologicamente avanzati ma pieni di insidie e di tranelli digitali. La verità, quella verità che tutti invocano, non è più tale, trasformandosi invece in una serie di trappole, con effetti spesso dannosi Dovremmo sempre controllare le fonti informative, anche se nel quotidiano non è pratica così scontata: occorrono tempo e dedizione, elementi dei quali spesso
siamo carenti un po’ tutti. Il tempo per ascoltare Fake di Clerc è, fidatevi, speso bene! Il brano di rappresenta un grido di speranza al contempo ironico e criticamente lucido che, mescolando più idiomi - come nella consuetudine dell’artista italo-fiammingo - induce alla riflessione. Musical-
mente divertente, sottolineato da una chitarra aggressiva e dal ticchettio di una macchina da scrivere che si trasforma in atipica ed incalzante percussione, è accompagnato da un videoclip che conferma il suo eclettismo surreale. In mezzo a tante "bufale", una concreta realtà! ►RS
MAURIZIO SOLIERI: SESSO & ROCK'N'ROLL • Lui afferma di essersi quasi sempre tenuto alla larga dalla droga ma sul resto... sicuramente non si è fatto mancare nulla! La "gnocca" e le chitarre sono stati i punti fermi della sua esistenza. Solo dal quando è diventato papà nel 2005, ha messo la testa a posto. La sua vita in un libro, in collaborazione con il giornalista Massimo Poggini, riedizione riveduta corretta e ampliata della prima edizione. Naturalmente in "Questa sera rock'n'roll" la figura di Vasco è molto presente, com'era inevitabile, vista la sua militanza col rocker di Zocca. (Vololibero, 20 euro)
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SONAR
di Luca Varani
SURFANDO NEL MARE MAGNUM DELLA MUSICA ALLA RICERCA DELL'ONDA PERFETTA Max Fuschetto RITMICO NON RITMICO
Cristina Zavalloni PARLAMI DI TE
A quattro anni da Mother Moonlight, prosegue il viaggio sonoro di questo talentuoso oboista. Il nuovo disco, pur muovendosi nell'ambito della nuova musica classica, riesce a spaziare fra mondi diversi senza confini, in una libertà assoluta di suggestioni e spunti. Notevole! (NovAntiqua)
La Zavalloni, splendidamente supportata dal ClaraEnsemble e da una serie di ospiti, tra i quali spiccano il clarinetto di Gabriele Mirabassi e il pianoforte di Manuel Magrini, ci consegna un piccolo tesoro di rara bellezza. Lavoro dedicato alle canzoni firmate dal Maestro Rota, segna il ritorno dell'etichetta Egea. (Egea)
Pasquale Ziccardi VIA PIA 37 Quello che si definisce un "esordio che colpisce"! Ziccardi, che in molti ricordano per la sua lunga militante nella Nuova Compagnia di Canto Popolare, ci presenta 11 tracce a cavallo fra cantautorato e world music, intime e vitali al contempo. Consigliatissimo. (SoundFly)
Forse non lo sai che...
Quisquilie semiserie e pinzillacchere rock
U
na grande notizia per tutti i fan italiani del Boss: il suo prossimo tour - che partirà nel 2023 - toccherà per ben tre volte il nostro Paese! Ferrara, Roma e Monza, tre occasioni per rivederlo in azione con la sua formazione, la leggendaria E Street Band. • La chitarra elettrica utilizzata da Kurt Cobain dei Nirvana nel videoclip di Smells Like Ten Spirits, è stata venduta all’asta per 4,5 milioni di dollari. La sei corda battuta all’incanto, una delle preferite dal compianto frontman del gruppo di Nevermind tra quelle
della sua collezione - come da lui raccontato in un’intervista concessa nel 1991 alla rivista Guitar World - è una Fender Competition Mustang del 1969 di un colore noto con il nome di Lake Placid Blue. • Il cantante pop Harry Styles viene spesso paragonato a Mick Jagger: al ragazzo si riconoscono una spiccata spavalderia sul palco e carisma che in molti sentono in qualche modo legati
o ispirati alla leggenda dei Rolling Stones. Jagger, però, non sembra essere d’accordo. E al Sunday Times ha spiegato: "Mi piace Harry, abbiamo un bel rapporto. Io mi truccavo gli occhi molto più di lui. Ero molto più androgino. E non ha una voce come la mia né si muove sul palco come me. Ha solo una somiglianza superficiale". I parallelismi sono spesso pericolosi... ►RS
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LIBRI
della Redazione
non solo i titoli delle più famose case editrici, ma anche piccole "perle" degli editori indipendenti La strada veerso il mare Juri Moretti racconta l’origine della sua famiglia. Partendo da fatti accaduti dopo la Seconda Guerra Mondiale. Vissuti in una città in riva al mare dove viveva la famiglia che era numerosa per il periodo. «Le avventure di questa famiglia non sono solo racconti, ma storie reali, accadute anni fa e che oggi vengono conservate gelosamente nel cuore di ogni membro della famiglia, dal ricordo più bello a quello più brutto». Il libro è in vendita su youcanprint.it o in tutti gli store online delle librerie nazionali, in versione cartacea. (80 pg. - € 16,90)
L’immenso mare Laura Cannas realizza la sua nuova raccolta di poesie racchiuse in questo nuovo libro L’immenso mare. Poesie di tutti generi. Legate a ricordi personali, come il suo paese natio, la città dove vive, posti in cui è stata. Insomma ogni cosa che la colpisce diventa una sua poesia, anche la malinconia. Laura dice: «Le poesie sono la mia forza ed il mio modo di essere. Esprimere al meglio me stessa. Sono una persona forte e determinata, dai sani valori, metto me stessa in ogni riga». Il libro è in vendita in versione cartacea su yuouanprint.it e in tutti gli store delle librerie nazionali.
il titolo sotto i nostri riflettori... MOLIère en costumes - Il volume, riccamente illustrato, è una vera sorpresa per gli occhi del lettore, che viene accompagnato all'interno delle diverse sezioni del libro con lo scopo di celebrare il 400° anniversario della nascita del celebre autore, attore e commediografo francese. Oltre 150 costumi teatrali, così come una collezione di modelli e fotografie costituiscono l'importante apparato iconografico del volume e mettono in luce diversi temi che hanno legato Molière al costume di scena. I costumi come il riflesso di particolari tendenze: talvolta si tratta di ricostituzione storica, altre di moda del tempo o di trasposizione storica, ma non mancano prodotti dell'immaginazione di un designer. Il libro accompagna la grande mostra intitolata Molière en costumes"organizzata dal Centre national du costume de scène di Moulins dal 26 maggio al 6 novembre 2022. (5 Continents Editions - 176 pg. - € 35,00) ► RS
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