RIFLETTORI SU... 23

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Riflettori su... Anno IV - N. 23 Aprile 2022

MAGAZINE DI CULTURA E SPETTACOLO DIRETTO DA SILVIA AROSIO

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INTERVISTE ESCLUSIVE

TONY LOFARO

Venticinque anni da “operaio della danza”

GIULIA PAUSELLI

La ballerina di Amici a tutta... gravi-danza!

o n n o T i d Giò CLAUDIA D'OTTAVI

MARCO GUERZONI

LUCA GIACOMELLI FERRARINI L’incanto della Disney in un concerto omaggio

& C.

FACCIA A FACCIA CON QUASIMODO, CLOPIN E FIORDALISO DEL KOLOSSAL NOTRE DAME DE PARIS

INTERVISTE●ANTICIPAZIONI●CASTING●PERSONAGGI●TOURNÈE●MUSICA



SOMMARIO

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TONY LOFARO

NOTRE DAME DE PARIS ITALY BARES

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GIULIA PAUSELLI

LUCA GIACOMELLI FERRARINI

Riflettori su...

MAGAZINE DI CULTURA E SPETTACOLO Anno IV - Numero 23 - APRILE 2022 • Supplemento alla testata www.silviaarosio.com (Reg. al Tribunale di Milano n°249 del 21/11/2019)

• Direttore Responsabile: Silvia Arosio • Art Director & Redattore: Daniele Colzani • Contatti: riflettorisumagazine@gmail.com • Contributors: Christine Grimandi - Simon Lee - Massimiliano Fusco - Antonella Lazzaretti - Antonello Risati - Claudia Rossi - Maurizio Tamellini - Angela Valentino - Luca Varani • Hanno collaborato: Emanuela Cattaneo - Angelica Jasmine Colombo - Andrea Iannuzzi - CLP1968 - Italento - Italy for Movies Maria Chiara Salvanelli | Press Office & Communication - Parole & Dintorni - Red Communications - SoloArtistiEsclusivi • Foto di cover: Cosimo Buccolieri Edizione Digitale: www.issuu.com/riflettorisu

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Il magazine Riflettori su... è stampato su prodotti certificati FSC e PEFC

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IL PICCOLO MARAT

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DINO BONO 3


MARIA CRISTINA ZANDONELLA

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PAOLO GIARRUSSO

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CARILLON VIVENTE

MAX CAVALLARI

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CHILDREN’S MUSICAL SCHOOL

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MARIANODANZA

BOWIE AL TAM

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D.I D SUMMER EDITION

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ITALY FOR MOVIES

Le rubriche dei "Contributors" 52 - IL DANZATORE 54 - DIDATTICA 56 - IL DIRETTORE D'ORCHESTRA 58 - IL FOTOGRAFO

60 - LA TRUCCATRICE 62 - LO SCENOGRAFO 64 - PAROLE D'ARTISTA 66 - INCONTRI RAVVICINATI

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BOLLYWOOD IN ITALIA

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OBI-WAN KENOBI

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EL ULTIMO ADIOS

LA LUCE DEL VERO

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PALMIRA ZANTEDESCHI

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SEGNI ELEMENTARI

RAVENNA JAZZ

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AMADEUS QUARTET

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VICENZA JAZZ

e ancora... 80 - TOTÒ

112 - I MOSAICO

82 - MOVIELAND

114 - RADIORAMA

90 - VIA DELLA FIABA

116 - SONAR DISCHI

108 - LA CASA DEL ROCK

118 - MARIA PAOLA 110 - DANILA SATRAGNO GUARINO 5

Buona

lettura e...

ci vediamo

a

Maggio!


LA VOCE DEL DIRETTORE

L i ' ncanto del musical CON LA DANZA E IL CANTO, LA MAGIA DEL TEATRO NON È SOLO NELLE PAROLE

“In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta.” Gv 1,1-18

L

a parola Logos, in greco, deriva dalla radice legein, che significa “tenere assieme, legare”, oppure, in altre parole, significa relazione. Il Logos è Amore. Se siete lettori delle mie pagine, sapete come sia fissata con l’etimologia, e, questo periodo di crisi (sì, un’ennesima, non bastava la pandemia?), mi ha portato ancora di più a ragionare sulla funzione sociale del Teatro, di cui ho spesso parlato nei miei editoriali ma che ora merita un ulteriore approfondimento.

In questo ultimo mese, un florilegio di musical ed opere popolari stanno riportando le persone a teatro. Il successo della capostipite delle opere popolari in Italia, Notre Dame de Paris, che è la nostra cover story, e le date che vengono costantemente aggiunte ne è un esempio. Ma da Aggiungi un posto a Tavola o l’opera musical La Divina Commedia (con una serie do sold out in giro per la penisola), passando per Grease, Piccola Bottega degli Orrori, Forza Venite Gente, fino al nuovo Tutti parlano di Jamie o la piccola ma deliziosa commedia musicale Equilibri, solo per citarne alcuni, sono i musical a farla da padroni in questo periodo. Qualcuno storcerà il naso. Spesso, ma, fortunatamente non sempre, si parla di danza da musical o recitazione da musical, per citare qualcosa di “buttato lì” per riempire i

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buchi o di qualcosa di sopra le righe. Altri si chiederanno perché, nel bel mezzo di una qualsiasi scena, di punti in bianco gli artisti in scena si mettano a cantare. Ma non siamo abituati un po’ tutti così? Avete mai visto i film di animazione della Disney, da Biancaneve in poi? Non avete nella testa qualche jingle pubblicitario della vostra infanzia, diventato tormentone ed oggi nostalgia? D’altronde, in Chiesa si canta. Ai funerali si innalzano inni. Quando siamo innamorati, cantiamo e balliamo, anche da soli, come baccanti, per la nostra stanza. Persino allo stadio, si canta... La musica e la danza fanno parte dell’essere umano da sempre! Lodate Dio nel suo santuario, lodatelo nel cielo, sua salda dimora. 2 Lodatelo per le sue imprese, lodate la sua immensa grandezza. 3 Lodatelo al suono del corno, lodatelo con arpe e cetre. 4 Lodatelo con tamburi e danze, lodatelo con liuti e flauti. 5 Lodatelo con cembali sonori, lodatelo con cembali squillanti. 6 Ogni vivente lodi il Signore. Alleluia, gloria al Signore! 1


di Silvia Arosio

La danza ed il canto sono insiti nell’uomo. Il termine Verbo non riguarda la pura parola. L’uomo, come abbiamo detto nella chiacchierata audio (in QRcode) a Giò Di Tonno, è cullato dal ritmo del battito del cuore della mamma ancora nella pancia. Molte ricerche scientifiche parlano di come l’ascolto della musica anche nelle primissime fasi della gravidanza, possa essere benefico sia per la mamma che per il nascituro.E pensate che l’uomo primitivo non danzasse sotto la luna? E tutte le popolazioni tribali? Arrivando ad oggi, pensate agli Oscar 2022, dove Spielberg per la prima volta si è dedicato al musical e la protagonista Ariana De Bose ha vinto come migliore attrice. Avete visto, magari, il Miglior Film D’Animazione 2022, il delizioso Encanto della Disney? Per chi ama (o è fissato con) le parole come me, l’etimologia stessa della parola in - canto spiega l’incantesimo che ne nasce: deriva dal verbo latino incantare, che aveva valore intransitivo “cantare in occasio-

ne di”, e transitivo: “recitare formule magiche, consacrare con incantesimi, ammaliare”. Il suffisso IN aggiunge un valore intensivo alla parola “canere”, che significa Cantare, la quale, a sua colta, deriva dalla radice indoeuropea *KAN-, che esprime l’idea di “sonare, cantare, gioire”. InCanto è anche il titolo di uno spettacolo con Luca Giacomelli Ferrarini, di cui parliamo in questo numero. Per lanciare un incantesimo (to cast in inglese) un incanto, nei film, da Pomi d’Ottone e Manici di Scopa, passando per Mary Poppins o Harry Potter, nella letteratura e nella tradizione esoterica, tre sono le fasi da eseguire, il Movimento corretto della mano o altri gesti accompagnati (spesso canalizzato dalla bacchetta magica), la Pronuncia il più possibile corretta e l’Intenzione. Non è rito questo? Non è teatro? O meglio…non è musical? Sarà questa la “magia” del musical, quando gli artisti sul palco celebrano un’emozione con un canto o una dan-

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za? E se Accademia Ucraina di Balletto ospita allievi ucraini in fuga dalla guerra ed alcuni di loro dichiarano che “la danza li protegge”, una riflessione dovremmo davvero farla tutto Pensateci, amanti del musical e delle Opere Popolari. E ci pensino anche coloro che a teatro vedono solo la meravigliosa e classica- prosa, disdegnando i musical. Provate ad entrare in un teatro dove, oltre a recitare, si balla e si canta. Perché forse anche della danza e della musica abbiamo un disperato bisogno in questo drammatico momento… • RS

Silvia Arosio


INTERVISTA

L’incanto di Notre

De

Dame

Paris celebra i vent’anni

Vittorio Matteucci e Giò Di Tonno

“È UN DATO SENSAZIONALE CHE FA CAPIRE QUANTO IL PUBBLICO ITALIANO SIA ANCORA AFFEZIONATO A QUESTO SPETTACOLO. ABBIAMO PENSATO DI ANNUNCIARE NUOVE DISPONIBILITÀ DATA LA STRAORDINARIA DOMANDA. QUESTO È UN OTTIMO SEGNALE PER L’ENTERTAINMENT DAL VIVO IN ITALIA”. (CLEMENTE ZARD) 8


di Silvia Arosio

A

lchimia è un termine che viene dall’arabo: al-kimiya pietra filosofale, collegabile al greco chymeia mescolanza di liquidi stessa radice di “chimica”. È la prima parola che da sempre mi viene alla mente ripensando a Notre Dame De Paris: una chimica di sensazioni, dove i sensi sono in festa, e dove la relazione che si stabilisce tra il palco e il pubblico raggiunge l’apice. Un’alchimia che va al di là dello spazio e del tempo, perché parliamo di uno spettacolo che ha fatto quasi 6.000 repliche, in giro per il mondo, e in Italia è sui palchi da vent’anni. Sono passati, infatti, 5 lustri dal debutto in Italia di Notre Dame De Paris, che ha ricominciato il suo tour proprio in quel teatro, di cui abbiamo parlato il mese scorso, che festeggia lo stesso compleanno, il TAM Teatro degli Arcimboldi. Le date a Milano sono state di volta in volta aggiunte, per venire incontro ad una richiesta di pubblico che, dopo due anni di stop, e la crisi internazionale ancora in

atto, sono un segnale di grande speranza. E per festeggiare come si deve un anniversario come questo è stato naturale richiamare il primo cast, quello su cui i personaggi si sono plasmati, come la creta tra i capelli di Quasimodo. Tanti artisti di qualità hanno fatto grande questa Opera Popolare, ma rivedere in scena gli interpreti originale ha, sul piano simbolico, il ruolo di una macchina del tempo: un ritorno al futuro dove, con qualche ruga e qualche capello bianco in più, è possibile ricreare quella stessa alchimia che è nata 20 anni fa. Per chi ha seguito NDP dall’inizio, è davvero emozionante ritrovare lo spettacolo dopo tutto questo tempo e, inesorabile, la memoria corre a come eravamo in quel periodo, con tutta l’evoluzione temporale in cui quest’Opera Popolare ha continuato il suo viaggio. Del resto, tutti siamo cambiati da allora e lo sono anche i primi interpreti che oggi hanno la stessa voglia di palco, ancora più forte, dopo

Leonardo Di Minno

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IL SITO

Inquadra il QRcode per il sito ufficiale di Notre Dame De Paris due anni di pandemia, e un bagaglio di esperienza che, pur di “peso” come la gobba di Quasimodo, ha aggiunto valore alle singole personificazioni. Perché lo spettacolo, in Italia, è stato costruito su e con quel cast che ritroviamo oggi, accompagnato, per la grande quantità di date, da alcune “cover” storiche di altrettanto spessore. Facciamo un gioco interattivo: ciascuno di voi ripensi a quel se’ di allora. Come eravate? Cosa studiavate? Che lavoro facevate? Con chi an-


Matteo Setti

davate a vedere lo spettacolo? Chi siete oggi? Gioco con voi. Come sentirete dalle parole di Marco Guerzoni, che ha davvero una memoria di ferro, Notre Dame per me fu quella molla che mi fece capire di concentrare il mio lavoro sul teatro e sul musical, abbandonando un precedente incarico, sempre come giornalista. Da allora, ne è passata di acqua sotto i ponti ed il giornale che avete tra le mani è solo una dell’evoluzione del mio mestiere dal 2002 ad oggi. Forse, allora, non avrei mai pensato di arrivare fino a qui, A livello personale, amavo allora girare l’Italia seguendo que-

sto spettacolo come giornalista, unendo al teatro quel turismo culturale che mi ha permesso di conoscere città d’arte che forse, senza NDP, non avrei visitato, oltre a stringere amicizie fondamentali ancora oggi, perché “qualcosa ci ha legato, per la vita e per la morte” E, non da ultimo, come sono cambiati quegli attori? Ci dice Giò di Tonno, straordinario Quasimodo da più di 930 repliche: "Ero un ragazzo pieno di aspettative verso un mestiere che considerava un sogno. Oggi, con dedizione e impegno, posso dire di essere riuscito a realizzare i sogni di quel Giò ragazzo che mai si sarebbe immaginato di poter vivere facendo questo lavoro". Un ragazzo che fece la prima audizione con Riccardo Cocciante, presentandosi già con la gobba! "Il ricordo più vivido è probabilmente quello dell’ultima audizione, la prima davanti a Riccardo Cocciante. Sono entrato nella sala dove si tenevano i casting deciso a fare una buona impressione. Avevo già assunto la postura che mi ero

Giò Di Tonno e Lola Ponce

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L'INTERVISTA

Inquadra il QRcode per l'audio-intervista a Giò Di Tonno immaginato per Quasimodo e, una volta finita la canzone, sono rimasto ad attendere il verdetto senza muovermi. Mi ricordo che Riccardo mi disse che gli avevo regalato una grande emozione e poi mi chiese se fossi in grado di cantare anche eretto". Dopo due anni difficili per la pandemia, oggi, anche per Giò è una gioia tornare in scena: "Principalmente sono stato con la mia famiglia. È stato un periodo drammatico per il settore dello spettacolo e non è stato facile vedere i teatri chiusi. Adesso ho una grandissima voglia di vivere il palco mettendoci tutto me stesso. Abbiamo vissuto in un limbo, un periodo sospensione per moltissimi mesi. Vedere il teatro pieno ogni sera e percepire l’entusiasmo del pubblico è una sensazione impagabile. Mi sento fortunato ed emozionato a poter vivere di nuovo questi momenti a ogni replica. È stato ancora più emozionante poterlo fare con tutti gli amici di Notre Dame de Paris. Dopo tanti anni, forse, la paura più grande è l’impegno fisico richiesto, mi sento già provato nonostante la tournée sia iniziata da poco, la mia schiena dopo tanti anni chiede il conto". ;) Oggi Notre Dame De Paris è un successo replica dopo replica ed il ritrovarsi del cast dopo 20 anni è un’emozione per tut-


ti: "Il teatro è sempre pieno e il pubblico variegato. Vediamo generazioni differenti ed è bello pensare che gli adulti possano tramandare l’amore per questo spettacolo ai propri figli o nipoti. Ritrovare gli amici artisti di un tempo, poi, è stato magico, Notre Dame de Paris è come una grande famiglia. Ci siamo ritrovati pieni di gioia e con tanta voglia di portare in scena ancora una volta uno spettacolo che ci riempie di orgoglio oggi come allora. È sempre bello constatare che quando ci ritroviamo si ricrea subito un gruppo affiatato". E dopo 20 anni, per chi ha seguito l’evoluzione dello spettacolo, è bello scoprire come un brano che non ci emozionava allora, oggi assume per noi una valenza diversa: l’attualità degli spettacoli come questo è mettere “del nostro” nella fruizione e nell’interpretazione personale di ogni momento. Assolutamente, anche in base

© Samuel Pescuma

Marco Guerzoni

L'INTERVISTA

Inquadra il QRcode per l'audio-intervista a Marco Guerzoni

allo stato d’animo ci si può riconoscere in personaggi o canzoni diverse. Se mi chiedessi il mio brano o personaggio preferito probabilmente la mia risposta cambierebbe di giorno in giorno, a seconda di come mi sento. Claudia Qualcuno diceva che in teaD'Ottavi tro si va a vedere sé stessi, attraverso i personaggi ci si può L'INTERVISTA rendere conto di cosa si è e cosa si vorrebbe essere. Conclude Giò di Tonno: La forza di Notre Dame de Paris è che è uno spettacolo molto trasversale, le musiche sono talmente belle che riescono a catturare l’attenzione di ogni fascia d’età. L’impianto scenico alterna momenti molto pieni di e di grande movimento, a momenti più intimi dove tutto si ferma Inquadra il QRcode tranne la parola. Questo crea per l'audio-intervista ritmo. L’attualità e l’immortaa Claudia D'Ottavi lità dei temi (l’amore, la sofferenza, l’identità) poi fa sì che anche gli spettatori più giovani ziano Galatone - Febo, Tania possano sentirsi coinvolti. Tuccinardi - Fiordaliso e tutti gli Ma come i giovani vivono il attori che si alterneranno e che teatro oggi? Quali le paure più potrete scoprire solo andando a grandi dell’uomo dietro al “Mo- teatro. stro”? Chi è il vero mostro nella Dopotutto, l’incanto, senza il nostra vota di tutti i giorni? Giò pubblico, non si realizza. • RS svela un altro lato di se stesso nell’audio inter- Graziano Galatone vista, realizzata dopo e Tania Tuccinardi quella pre-debutto, che potete ascoltare scansionando il QRCode in pagina e che vi porterà direttamente sul mio canale YouTube. Allo stesso modo, potete ascoltare Marco Guerzoni (Clopin) e Claudia D’Ottavi (Fiordaliso), che sono gli artisti rientrati nello spettacolo dopo i primi anni di tour. Perché l’incanto di Notre Dame è dato da loro, ma anche da Lola Ponce nei panni di Esmeralda, Vittorio Matteucci - Frollo, Leonardo Di Minno - Clopin, Matteo Setti - Gringoire, Gra-

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INTERVISTA

Venticinque anni

da “operaio della danza”

SI DEFINISCE COSÌ TONY LOFARO, DANZATORE E OGGI COREOGRAFO, CHE FESTEGGIA UN ANNIVERSARIO IMPORTANTE

M

i ricordo ancora l’emozione di Tony Lofaro quando venne per la prima volta a Milano con il suo E Se Il Piccolo Principe ed ebbi il piacere di intervistarlo. Ma prima e dopo di allora ci fu molto altro, tanto quanto si possa contenere in un quarto di secolo vissuto nella danza e con la danza. Ne parliamo in un’intervista senza flitri. Tony, sei partito dalla The Bernstein School of Musical Theater diretta da Shawna Farrell, per proseguire a Milano presso la Spid Dance Academy e ti sei perfezionato a Miami, Londra e New York. Inizialmente, quindi, danzatore puro. Ci racconti qualche esperienza nella danza? Sono stato sicuramente molto fortunato, perché ho incontrato sulla mia strada tante opportunità che ho saputo cogliere e questo mi ha permesso di fare tante differenti esperienze. Se posso citare qualcosa, desidero ricordare i miei inizi e due donne meravigliose, che mi hanno messo in palcoscenico quando ero ancora giovane ed acerbo. Con tanta gratitudine ed affetto, ripenso alla splendida artista che è Alessandra Panzavolta, per la quale debuttai al Teatro Comunale di Bologna ed Adriana Cava al Teatro Nuovo di Torino, dove, da danzatore di fila, diventai

solista ed oggi sono coreografo guest. Hai avuto il piacere e l'onore di affiancare registi come Ivan Stefanutti, Maurizio Colombi, Wayne Fowkes, Daniele Cauduro, Giovan-

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di Silvia Arosio

siasi sia la radice sulla quale si fonda una messa in scena; ho imparato da tutti i registi con cui ho avuto il piacere ed onore di collaborare, cercando di sposare l’idea originaria e mettere in danza, attraverso il mio modo, il credo di ognuno di loro. Talvolta la

danza è protagonista, altre è collante, cornice o più semplicemente un cielo di accompagnamento e sostegno. Spesso ci si sforza di fare l’impossibile per stupire, essere all’avanguardia ma, soprattutto, oggi io provo a lavorare sulla ricerca della bellezza, nella sua semplicità. Amo far sì che lo spettatore di qualsiasi estrazione possa godere di un messaggio, anche lasciando una piccola porta all’immaginazione personale … questo sì che oggi è l’avanguardia.

© Giovanna Marino LaFotografa

ni De Feudis. Hai lavorato anche in diversi musical e opere popolari, tra cui Tosca Amore Disperato di Lucio Dalla: qual è la differenza tra la danza pura e l’espressione del musical, con il canto dal vivo? Non ho mai pensato alla danza nelle sue differenze, la danza tutta racchiude emotività e linguaggi, qual-

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liano e del mondo della danza. E se ripenso a me… ero così libero, libero di esprimermi, emozionato, determinato. Mi ricordo con molta tenerezza. Sarebbe bello rivedere questo spettacolo in scena… credo che ne avremmo bisogno! Mai dire mai! Quest’anno è il suo anniversario di nascita, dieci anni esatti… chissà che il Piccolo non decida di volare sui tetti di Milano ancora una volta, sarebbe davvero bello anche per me. Un altro spettacolo che mi piacerebbe rivedere è l’Otello di Fabrizio Voghera… Ce ne parli? Otello è stata un’opportunità davvero grande per me, che ho vissuto emotivamente sino all’ultima goccia. Fabrizio Voghera, che non smetterò mai di ringraziare, ha composto un’opera di una rara bellezza. Ricordo nottate in silenzio a casa a viaggiare con la fantasia e le lacrime dall’emozione ascoltando le arie dello spettacolo per prepararmi alla sala prove. Avevo con me un ensemble di dieci solisti di incredibile talento, c’era un cast di protagonisti di enorme bravura ed io ho potuto affiancare la regia di Wayne Fowkes e mettermi davvero alla prova. Sono molto orgoglioso quando ancora mi dicono: “Ricordiamo quel quadro di Otello!”.

© Giovanna Marino LaFotografa (2)

Dal 2010 dedichi la tua carriera alla coreografia ed alla docenza di modern jazz. Eclettico, creativo, poliedrico, crei il suo personale stile modern, forte di dinamica, tecnica e sentimenti. Cosa hai riportato dalla tua esperienza di ballerino alle coreografie? Direi molto, sono sempre stato molto curioso, ho scelto di puntare ad esperienze differenti e tutto questo ha contribuito all’uomo ed al professionista che sono oggi; stilisticamente mi diverte cambiare, amo essere in costante evoluzione, crescendo senza però mai snaturarmi. Inconsapevolmente, da ragazzo ero solito girare in sartoria, in quinta fra i tecnici, osservare, arrivare in teatro molto prima della convocazione, sedermi in platea e guardare tutto. Ad oggi come coreografo mi riconosco in tutto il mio percorso di danzatore e intimamente, in quell’istinto della direzione artistica, c’è quel giovane ragazzo che vagava curioso in teatro. Vogliamo citare qualche tuo lavoro teatrale come coreografo? C’è uno spettacolo ed un’esperienza che cito raramente ma che porto nel cuore, per l’umanità e la bellezza del corpo di ballo che avevo composto ed un protagonista unico nel suo genere, un uomo davvero incredibile, gene-

roso, di grande umiltà e bravura: Giorgio Pasotti. Quel Don Chisciotte in prosa e danza mi ha molto segnato e lo ricordo come una delle sfide più grandi nella realizzazione creativa, quel taglio a metà fra commedia dell’arte ed uno spettacolo di danza attuale, moderno. L’ho già detto che mi sento molto fortunato? Personalmente, sono molto affezionata a E Se Il Piccolo Principe: mi rammento il vostro entusiasmo quando arrivai per l’intervista… Ci ricordi qualcosa? Il Piccolo è stato il mio debutto a Milano. Nel 2010 ho lasciato la mia Torino, ho stravolto la mia vita personale, ho messo da parte il danzatore che era in me per aprire un leggero varco e comprendere se mai avessi avuto le capacità per diventare un coreografo. Nel 2012 è nato E se… Il Piccolo Principe, che peraltro ha sugellato per la prima volta il sodalizio artistico con Daniele Cauduro (testi e regia), che continua tutt’oggi; questo spettacolo è stato il primo amore, lo sognavo ad occhi aperti dai due anni in precedenza. È stato un tassello speciale, ha coinvolto nelle sue tre edizioni decine di artisti che oggi sono nomi affermati del musical ita-

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IL SITO

Inquadra il QRcode per il sito ufficiale di Tony Lofaro

national (Miami, Florida, Usa), parallelamente al teatro, hai lavorato anche nel mondo dell’entertainment. Che differenza c’è rispetto al teatro? Quella parentesi americana del 2001/2002 è rimasta forte ed ha determinato molto nel mio lavorare negli anni a venire. Ho imparato tanto, l’organizzazione impeccabile, quella precisione, il non lasciare nulla al caso, un livello ed un ventaglio di differenze nell’approccio alla danza dei ballerini, la grandiosità di teatri così all’avanguardia dal lato tecnologico; potevo essere a Panama City, sulla nave da crociera più grande del mondo o a Las Vegas… non ho mai trovato differenze ma solo delle grandi macchine di lavoro dove sentirti parte di qualcosa di grande. Per me la differenza la fanno sempre le persone, mai la tipologia di lavoro o messa in scena, tutto può essere di un alto livello se lo si porta a compimento con cura. La tua carriera ormai racchiude tanti anni ed esperienze: com’è cambiato il tuo mondo della coreografia da allora? Cresce insieme a me, ogni giorno. E questo è un compleanno molto importante, venticinque anni di carriera! Non sento di cambiare, ma scelgo. Poche cose possiamo realmente fare in questa vita e così nell’arte. Abbiamo sempre una possibilità di scelta, dai piccoli gesti quotidiani in poi. Amo scegliere con chi lavorare, come portare avanti i progetti in cui credo, non mi risparmio ma, ripeto, scelgo. Scegliere per me significa evolvermi rispettando-

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© Giovanna Marino LaFotografa

Quello spettacolo meriterebbe di tornare in scena, ha un potenziale così grande, senza ombra di dubbio. Spesso, alla coreografia unisci anche la regia: Anna, Diario figlio della Shoah - La Tempesta Devastante ne è un esempio importante… Se per regia si intende di uno spettacolo principalmente di danza sì, ci sto lavorando e mi sto mettendo in gioco. Quella visione della messa in scena a 360 gradi la sento affine e vicina a me e sento di cominciare ad avere la maturità necessaria per affacciarmici con rispetto, sbagli compresi. È successo di recente con lo spettacolo di danza Sindrome da Web, un lavoro molto intenso sulle dipendenze da internet e con Anna è un viaggio incredibile tutt’oggi, una produzione che vivo come un figlio da crescere e che è in continua evoluzione, un progetto per cui ringrazio Colisseum Dimensione Movimento ogni giorno, con l’onore di portare avanti la mia personale missione in nome delle vittime dell’Olocausto e di tutti gli orrori nazisti. Di strada ne ho ancora molto da fare ma io sono un operaio della danza e quindi... avanti tutta. Fortemente segnato da una importante esperienza nel 2002 per Royal Productions Inter-

mi e lavorare quotidianamente ad uno splendido equilibrio di uomo e, se posso, artista. Chi è Tony oggi e come guarda al suo passato? Oggi Tony è sereno, realizzato. Ho con me una valigia bellissima di ricordi ma non sono un nostalgico, non ho mai avuto tempo per fermarmi e guardare indietro, perché fermarsi ho sempre pensato fosse perdere il presente e quindi la storia di un domani da scrivere. Solo ogni tanto ci penso a quel piccolo Tony, con tenerezza. Sono figlio di una famiglia che rappresenta il terreno saldo quando qualcosa trema, oggi più che mai e quel sentirmi ancorato a terra mi permette di guardare con rispetto a tutto il resto, arte compresa, proprio come mamma e babbo mi hanno insegnato. Mentre... il futuro? Non ho i classici “sogni nel cassetto”, sono più abituato a costruirli giorno per giorno. Se devo parlare di futuro però, appena avrò un giorno libero, vorrei salire in auto e correre a guardare per qualche ora il mare. • RS


INTERVISTA

L ’incanto della

Disney

in un concerto omaggio LE NOTE DEI PIÙ FAMOSI FILM DI ANIMAZIONE IN UN CONCERTO CHE GIRERÀ L’ITALIA

L

uca Giacomelli Ferrarini, tra i maggiori artisti del teatro musicale italiano, torna a calcare le assi del Teatro di Cestello, dove è già stato protagonista con Processo a Pinocchio, Christmas in love e L'Ascensore, con un nuovo entusiasmante spettacolo, con cui sta girando tutta Italia. Il titolo dello spettacolo, casualmente, riprende il focus del mio editoriale di apertura e non potevo esimermi dal parlarne direttamente con il protagonista. Luca, che cos’è per te un “incanto”? La parola ‘Incanto’ rappresenta un meraviglioso contrasto con una reale o presunta normalità, è sinonimo di perfezione ritrovata è il risveglio di tutti e cinque i sensi, in poche parole è la magia e il lavoro degli Studios Disney, che dal 1923, crea ‘incanto’ tra i grandi e i piccini di tutto il mondo. Inoltre è il titolo del sessantesimo classico

IL SOCIAL

Inquadra il QRcode per il profilo IG di Luca Giacomelli Ferrarini

d’animazione e mi sembrava doveroso ‘omaggiare’ ulteriormente il traguardo raggiunto. Il 5 maggio sarai proprio protagonista di “inCANTO“, uno spettacolo a tre voci che ripercorrerà la vita di un uomo nato nel 1901, un genio assoluto del Novecento che ha trasformato la propria fantasia in Arte, creando mondi unici ed eterni: Walt Disney. Nel mio editoriale ho scritto che proprio la Disney ci ha cresciuto con film dì animazione musicali. Quali brani hanno accompagnato la tua infanzia? E quali ami dì più oggi?

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Sicuramente la colonna sonora della mia infanzia appartiene al periodo del Rinascimento Disney che va dal 1989 (The Little Mermaid) al 1999 (Tarzan), dove troviamo le musiche immense di Alan Menken, Elton John, Jerry Goldsmith e Phil Collins - dalle quali hanno tratto i principali musical Disney di Broadway. Nel tempo sono stati realizzati molti altri lungometraggi con temi musicali sicuramente importanti: da Tangled (2010) a Frozen (2013) e Frozen II (2019) fino al più giovane di tutti, Encanto firmato da Lin-Manuel Miranda, ma io resto fedele a Menken.


di Silvia Arosio

Quale personaggio Disney avresti voluto essere? Ho sempre avuto un debole per i Sidekicks ovvero i personaggi secondari alla trama ma protagonisti nel rendere uniche le favole altrimenti troppo drammatiche. Tra i miei preferiti Lumière (Beauty and the Beast), Abù (Aladdin) e Timon (The Lion King). Sei figlio d’arte e la musica ha da sempre accompagnato la tua vita. Quando hai capito che avresti fatto questo “da grande”? Mia madre Alida Ferrarini, è stata una delle più importanti cantanti liriche degli Anni ’80 e ’90. L’ho seguita, assieme a mio padre, in ogni teatro, produzione e città in giro per il mondo. La mia passione nasce così, da bambino, tra un costume teatrale e una prova d’orchestra, rigorosamente con lo spartito in mano. Abbiamo bisogno dell’incanto della musica oggi? Nel periodo della pandemia, la maggior parte delle persone si ritrovava sul balcone di casa a cantare le più belle canzoni del repertorio italiano per non sentire il terribile vuoto che questo maledetto virus ha portato in ogni singola via del pianeta, e la musica la ritroviamo anche nei bunker ucraini, dove musicisti e cantanti portano un soffio d’amore, per quanto possibile, cercando di alleggerire la terribile piaga della guerra. La musica da sempre, consola che piange. Mai come in questo periodo abbiamo bisogno del suo incanto. Chi ci sarà accanto a te in scena? Accanto a me ci sarà la voce calda e sensuale di Francesca Longhin (Tristano e Isotta) e il timbro inconfondibile e dolce di Diletta Marzano, due muse narranti che mi accompagneranno in questo viaggio nel ‘900 alla scoperta di quel mondo meraviglioso chiamato ‘animazione’.

Cosa vuol dire tornare a cantare, dopo la chiusura? Cosa ti è mancato di più? Questo terribile momento che stiamo vivendo ha cambiato il mondo radicalmente, certamente ognuno di noi ha vissuto la pandemia in modo differente ma, sono certo, accomunati dallo stesso pensiero di instabilità e incertezza. Voglio soffermarmi soprattutto su quest’ultima parola, INCERTEZZA. Il Teatro è stato da sempre la mia seconda casa: luogo di gioco e scoperta da bambino, di formazione da ragazzo e di realizzazione, creatività e protezione da adulto. In alcuni momenti della mia vita l’ho abitato più del mio appartamento e non esagero nel dire che spesso mi ha aiutato ad andare avanti. Mancando improvvisamente, come è successo a molti lavoratori di questo settore, è come se una parte di me si fosse assopita, atrofizzandosi inevitabilmente. È stato un periodo davvero difficile che non scorderò mai. Tornare a cantare significa ritornare a vivere.

Ci dai qualche titolo dì brani che porterai in scena? Come li hai scelti? Ho cercato di arricchire il programma della serata spaziando tra i decenni artistici di Walt Disney, il vero fil rouge dello spettacolo. Ritroveremo quindi le indimenticabili melodie di Pinocchio, Biancaneve e Cenerentola, le atmosfere di Pocahontas, Aladdin e Il Re Leone, ma anche i nuovissimi suoni di Frozen e Rapunzel: sarà una scaletta molto variegata che accontenterà tutto il pubblico, anche i più esperti del genere. Puoi già dirci quali città toccherete? Lo spettacolo debutterà il 23 aprile in prima assoluta all’Auditorium Santa Caterina di Roma, prodotto dalla L.C.ART ROMA, successivamente sarà rappresentato al Teatro di Cestello di Firenze (5 maggio), per proseguire il 7 maggio al Piccolo Teatro di Foggia. Inoltre stiamo preparando il tour 2022/2023. • RS

Da sin.: Diletta Marzano, Luca Giacomelli Ferrarini, e Francesca Longhin

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ANTEPRIME

Italy

Bares, charity show

contro il pregiudizio e la paura IL NUOVO SPETTACOLO REWIND, REALIZZATO IN COLLABORAZIONE CON LA COMPAGNIA DELLA RANCIA, RIUNIRÀ 70 PERFORMER E NUOVI COREOGRAFI SUL PALCO DEL TEATRO REPOWER

T

orna, finalmente in teatro, Italy Bares, lo show ispirato a Broadway Bares, il progetto americano del noto regista e coreografo Jerry Mitchell, in cui i ballerini danzano quasi completamente nudi, metafora della liberazione dai pregiudizi. Lo show italiano è nato nel 2019 dall’intuizione e dall’impegno di Giorgio Camandona, attore, danzatore e coreografo e Direttore Artistico di Italy Bares, che è riuscito a raccogliere intorno a questo progetto una vera e propria community, cresciuta di anno in anno, riuscendo a coinvolgere artisti del mondo della danza e dell’entertainment a sostegno del progetto

(Elisa, J-Ax, Miss Keta, Tosca, Chiara Galiazzo, Drusilla Foer, Diego Passoni, Guglielmo Scilla). Nell’ottobre 2019 è andato in scena La Prima Volta, lo strepitoso charity show che ha segnato l’arrivo nel nostro paese di Italy Bares, riscuotendo un grande successo. Giorgio, perché hai deciso, qualche anno fa, di portare in Italia Broadway Bares, diventato Italy Bares? Come lo avevi conosciuto? Ho deciso di portare in Italia questo evento perché sono fortemente convinto che il teatro e l’arte siano spesso il modo più efficace per veicolare messaggi potenti di sensibilizzazione.

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Amo il teatro quando emoziona e quando stimola ad un ragionamento, quando ti pone delle domande sulla tua persona e sulla tua vita. Di HIV si parla troppo poco e quando se ne parla se ne parla purtroppo male , quindi 2 anni fa mi è sembrato importantissimo che anche l’Italia avesse questo format! Qual è il tema portante di questo progetto e quale la sua caratteristica? I temi portanti direi che sono diversi, ma forse si possono riassumere nella lotta contro il pregiudizio e contro la paura. Di HIV non si muore più, laddove si ha la possibilità di accedere a farmaci specifici, ma


di Silvia Arosio

IL SITO

Inquadra il QRcode per il profilo FB di Italy Bares

Diego Passoni

© Daniele Barraco

esiste ancora un forte stigma di cui la nostra società è profondamente intrisa. Italy Bares punta a rompere questo stigma, le idee sbagliate, la superficialità e l’ignoranza che a volte portano a comportamenti che possono essere pericolosi e contagiosi quanto un virus. Lo spettacolo è inevitabilmente correlato al ricordo di Manuel Frattini: come aveva accolto Italy Bares ed il primo spettacolo, intitolato La Prima volta? Lo spettacolo non è correlato... è e sarà per sempre dedicato a Manuel, non solo perché è un mio amico intimo, ma soprattutto perché Manuel era, chi lo conosce lo sa, l’espressione vivente del “non giudizio”. Manuel aveva, e ancora ora ha, Il potere di riunire le persone, di abbattere barriere, diversità, timidezza, paura... quindi Italy Bares esprime esattamente quella necessità di condivisione che Manuel esprimeva in ogni istante. Ne La prima volta Manuel era in veste di coreografo per la prima volta e mi ricordo benissimo la sua agitazione, come fosse un novellino, io continuavo a ripetergli che era bravissimo anche come coreografo e che stava facendo una cosa meravigliosa! Ricorderete Manuel in questa occasione? Si! In un modo delicato e mol-

to emotivo, non voglio spoilerare nulla sullo spettacolo, ma ci sarà un momento in cui sul palco molto artisti dedicheranno la propria arte e il proprio pensiero a Manuel… Voglio che in ogni edizione futura ci sia almeno un momento di dedica a Manuel, perché la comunità di Italy Bares si merita di stringersi attorno al suo ricordo su un palco almeno una volta all’anno! Il 12 maggio 2022 arriva al Teatro Repower di Milano: REWIND, il nuovo spettacolo che porterà il pubblico a viaggiare indietro nel tempo. Ci vuoi anticipare qualcosa? Vi anticipo solo che sarà uno spettacolo pazzesco! Ci saranno decine di ballerini e di artisti che si alterneranno sul palco e chissà... potrebbe esserci anche qualche ospite a sorpresa!

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REWIND, realizzato in collaborazione con la Compagnia della Rancia - prima realtà teatrale specializzata nella produzione di musical in Italia - riunirà oltre 70 performer sul palco e nuovi coreografi che prenderanno parte allo spettacolo sul palco del Teatro Repower. Lo show accoglierà ospiti ancora segreti. Come è composto il cast, se già possiamo svelare qualche nome? Eviterei di svelare i nomi dei partecipanti per non togliervi la sorpresa, ma vi assicuro che la community di Italy Bares si sta allargando a vista d’occhio!! Invito tutti a seguire la pagina Instagram e Facebook di Italy Bares per essere aggiornati su ogni novità!

 La Regia sarà di Mauro Simone. Cosa vedremo sul palco? Ci sarà solo danza?


Ci sarà di tutto!! Chi conosce Mauro Simone sa quanto sia capace di intersecare forme d’arte diverse con un’armonia speciale. Ci sarà molta danza, ma anche voci, canto , cori, una storia portata avanti da attori .. chissà magari qualche personaggio già conosciuto due ani fa sul palco... In attesa del musical sono previste 4 serate, presentate da Diego Passoni, per ripercorrere le 4 decadi legate ai 40 anni dalla comparsa dell’AIDS: come sarà la serata del 3 marzo (BACK TO THE 80’S allo YellowSquare di Milano) e quali saranno i prossimi appuntamenti? Ho deciso di organizzare 4 serate che precedono REWIND perché volevo prolungare la nostra “voce”. Voglio che Italy Bares diventi un messaggio costante, non solo un giorno all’anno. E voglio che questo messaggio arrivi a quante più persone possibile, appartenenti a diversi mondi. Quindi ho colto la disponibilità di Yellow Square che ringrazio dal profondo del cuore per organizzare 4 serate che potessero agganciare un tipo di pubblico diverso da quello teatrale. Abbiamo messo in pista drag queen, DJ, ballerini, performer, personal trainer e chi più ne ha più ne metta, per organizzare una serata milanese leggera e cool in modo da avvicinare alla

serata del 12 maggio anche chi non è già appassionato di teatro. Ringrazio ovviamente Diego Passoni per essere come sempre disponibile al 1000% e per aver accettato l’invito ad essere l’host di queste serate, Protopapa e Drama Milano, Show Ballett Milano e il mio collega e amico Andrea Verzicco che ha in mano la coordinazione di queste serate. La finalità dello spettacolo a favore di una cultura meno stigmatizzante, è stata da sempre quella di sensibilizzare e raccogliere fondi per la prevenzione, esattamente come sta facendo Italy Bares con ANLAIDS. Tra le iniziative dell’Associazione è in programma TEST(A)MI, l’avvio di un servizio di test rapidi e gratuiti HIV e HCV presso la sede milanese di ANLAIDS.

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In che modo verranno raccolti i fondi? Ogni euro raccolto da Italy Bares va dritto ad ANLAIDS. La finalità di questo evento è soprattutto quella di sensibilizzare, ma il mio desiderio è davvero che Italy Bares diventi davvero un modo per raccogliere moltissimi fondi per ANLAIDS . Quindi prima di tutto dobbiamo riempire il Teatro RePower e io invito tutti ad aiutarci a diffondere quest’evento, perché non è un semplice spettacolo: partecipare ad Italy Bares, che sia sul palco come artista o che sia in platea avendo pagato un biglietto significa scegliere una società meno stigmatizzante e più coesa, scegliere l’informazione e la sensibilità come valori fondamentali per evolverci in qualcosa e in qualcuno di migliore! Perché è importante vedere questo spettacolo? Vedere Italy Bares per due motivi (che sono anche i motivi che mi spingono ad organizzarlo) Il motivo sociale, per farsi sensibilizzare rispetto ad un argomento che riguarda tutti, il motivo artistico: dove lo trovate uno show con oltre 70 artisti sul palco, 7 coreografi, 2 light designer, 2 direttori musicali... potrei andare avanti all’infinito, insomma, è uno di quegli eventi in cui è giusto poter dire “io c’ero”! • RS


18 DICEMBRE 2021 - 1 MAGGIO 2022

TERAMO PINACOTECA CIVICA Info: www.comune.teramo.it 0861 250873

DAL MARTEDÌ ALLA DOMENICA ORE 10 - 13/16 - 19

Sponsor tecnico

Organizzazione

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INTERVISTA

Giulia Pauselli a tutta... gravi-danza!

LA BALLERINA PROFESSIONISTA DEL TALENT AMICI DI MARIA DE FILIPPI È AL SETTIMO CIELO E RACCONTA COME STA VIVENDO QUESTO PARTICOLARE MOMENTO

I

tantissimi fan del talent show Amici di Maria De Filippi hanno seguito l'ascesa di Giulia: da ex-concorrente a componente della squadra di ballerini professionisti. Da 9 anni è fidanzata con Marcello Sacchetta (anche lui ballerino professionista ad Amici e coreografo) e tra poco i due coroneranno il loro sogno di diventare genitori. Abbiamo raggiunto Giulia tra una prova e l'altra del serale del talent show per fare due chiacchiere: ecco cosa ci ha raccontato. Giulia, partiamo dalla strettissima attualità: tra qualche mese diventerai mamma: come hai preso la notizia? L’hai vissuta come un impedimento alla tua carriera di ballerina o la felicità ha preso il sopravvento su tutto? Inizialmente è stato uno shock, stupidamente mi sono sentita tradita dal mio corpo che non ho

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di Daniele Colzani

saputo controllare (da danzatrice la mania del controllo fisico è normale amministrazione) poi…ho capito che qualcosa di più grande di me aveva in serbo questo progetto di vita e che dovevo solo che essere onorata per essere stata scelta madre di questa nuova creatura. Niente avviene per caso, il mio corpo è pronto ad accogliere questo grande dono. Egoisticamente ho pensato alla carriera ma adesso non vedo nessun impedimento nell’essere madre e artista allo stesso tempo, sono sicura che riuscirò ad organizzarmi, a tornare in forma e continuare a ballare. Nel tuo caso “danza” fa rima con “gravidanza”: hai delle accortezze da seguire quando ti esibisci? Fortunatamente la mia gravidanza è molto serena per cui lo sono anche io quando ballo, a parte qualche chilo in più e l’ingombro della pancia che cresce mi sento la Giulia di sempre. Chiaramente devo

distribuire le energie per due, la resistenza agli orari di un programma del calibro di Amici è faticosa per chiunque figuriamoci per una ballerina gestante ma amo il mio lavoro e so che continuare a ballare mi fa bene e di conseguenza fa stare bene anche il mio bambino. Sia tu che il tuo fidanzato (Marcello Sacchetta) avete tanti punti in comune con la danza. Possiamo dire che è stata lei ha far scoccare la scintilla tra voi due? La danza ci ha fatto incontrare ben 9 anni fa, “galeotto fu” il set di un film indiano. Mi sono innamorata subito di lui come uomo prima e come artista dopo. Credo che in una relazione tra danzatori la stima artistica sia fondamentale, credo tantissimo nel suo estro e nella sua esperienza che in pochi hanno. Lo dico con orgoglio perché oltre che essere un grande un uomo, un futuro papà meraviglioso è anche un artista poliedrico.

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IL SOCIAL

Inquadra il QRcode per il profilo Instagram di Giulia Pauselli Com’è nata la tua passione per la danza? Qualcuno in famiglia ti ha spinto a percorrere questa strada? La mia passione è nata da piccolissima! Mia nonna lavorava al teatro comunale di Firenze e spesso mi portava a vedere le prove dei balletti. Era una donna risoluta ma le volevano tutti bene per cui riusciva anche a portami nei camerini e nel backstage dai danzatori tra un atto ed un altro. Ho subito toccato con


Giulia Pauselli e Marcello Sacchetta

mano la magia del balletto e da lì chiesi a mamma di iscrivermi ad un corso di danza. Nel tuo recente passato c’è anche l’esperienza al Crazy Horse: ci racconti che esperienza è stata? Il Crazy Horse è stato uno dei sogni realizzati! Desideravo da tempo farne parte, mi documentavo, studiavo video ed interviste finché non arrivò l’occasione del casting al quale fu proprio Marcello ad accompagnarmi. È un luogo magico dove viene celebrata la donna in tutta la sua bellezza e completezza. È uno show unico, all’avanguardia e amato dal mondo dello spettacolo, della moda e non solo… Ho avuto l’onore di esibirmi davanti artisti di fama mondiale ma soprattutto di abbattere tanti concetti e influenze negative legate al corpo femminile. Al Crazy Horse si è tutte delle star, la donna è sempre soggetto e mai oggetto ed impari a spogliarti di tante paure soprattutto dei propri difetti fisici. È un posto dove impari ad amare altre donne senza invidia e ad amare di più te stessa. Porto nel cuore e nel corpo questa esperienza che mi ha titolata come terza italiana al C.H dal 1951 dopo la Leggendaria Rosa Fumetto e Gloria di Parma. Pensi che la gavetta sia sempre necessaria?

La gavetta è necessaria a prescindere da quanto talento si ha! L’esperienza non si può comprare o vendere, va vissuta e sofferta. La vita dell’artista è fatta di sacrifici. Da 10 sconfitte o delusioni si può guadagnare 1 vittoria ma è da quella rivincita che il vero artista trova l’ispirazione e la fame per andare avanti. Nel mondo dello spettacolo ci sono tante persone ma pochi artisti e quelli veri, possono andare avanti all’infinito, il resto lascia il tempo che trova. Non puoi negare che tu sia un personaggio molto seguito e di riferimento per tante ragazze che sognano di fare la ballerina. Senti il peso di questa responsabilità? Non sento il peso di essere “un personaggio” perché non mi sento tale, so chi sono e quanto valgo a prescindere dal ruolo pubblico che mi può essere attribuito. Io sono la Giulia di sempre e cerco di utilizzare al

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meglio gli strumenti di comunicazione che abbiamo a disposizione per dare messaggi positivi ed incentivare le persone a fare altrettanto. Il potere della condivisione è immenso, tutto sta nel cosa e nel come. Io cerco dì fare del mio meglio come persona e come artista. Che consiglio ti senti di dare a chi vuole seguire le tue orme? Consiglio di avere tanta pazienza, di non avere fretta! Di non avere paura di soffrire o di faticare, per diventare dei danzatori di livello bisogna fare tanti sacrifici e tante rinunce. Se si è pronti a questo si è pronti per questo mestiere. Più vado avanti e più ne ho conferma e nonostante possa avere una posizione apparentemente privilegiata sotto ogni aspetto, io tutti i giorni sono attaccata alla sbarra e ricomincio dalle basi esattamente come quella bambina di 4 anni che 27 anni fa chiese alla mamma di iscriverla a danza. • RS


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INTERVISTA

Il

Piccolo

Marat: cast italiano

e respiro internazionale

UNO SPETTACOLO NATO A LIVORNO CHE VIAGGERÀ IN EUROPA NELLE PROSSIME STAGIONI

A

l Teatro Goldoni di Livorno, a dicembre, la prima de Il piccolo Marat, l’opera di Pietro Mascagni proposta in una nuovissima edizione in occasione del centenario della prima rappresentazione. Abbiamo intervistato la regista, Sarah Schinasi. Sarah, come è nato questo progetto? Prima che scoppiasse la pandemia, era prevista un’attività organizzata dal Rotary di Livorno su Andrea Chénier di Umberto Giordano. Solo nel Maggio 2021 siamo riusciti ad organizzarla. In quell’occasione, ho incontrato il nuovo management artistico della Fondazione Teatro Goldoni di Livorno, Mario Menicagli, Emanuele Gamba e l'assessore alla cultura Simone Lenzi. Abbiamo avuto un breve think thank, approfittando del fatto che fossi in Toscana. Poco tempo dopo ci siamo riuniti a Nizza con Mario, che mi ha parlato del Piccolo Marat di Mascagni. Non conoscevo quest’opera, ho guardato lo spartito di cui immediatamente mi ha colpito l’originalità e lo spessore della scrittura musicale. Poter riuscire a creare una produzione da un titolo praticamente sconosciuto per Mario era un sogno. Alla fine con la Fondazione Teatro Goldoni abbiamo deciso di produrre interamente da soli il Marat, con scene e costumi nuovi. La storia tratta di eventi drammatici della Rivoluzione Francese in pieno Terrore a Nantes. Una trama con personaggi di grande coraggio e umiltà e dittatori sen-

La regista Sarah Schinasi e Samuele Simoncini durante le prove de Il piccolo Marat

za coscienza. Uno spartito di un interesse musicale incredibile, pagine che avrebbero fatto vibrare Mahler se fosse vissuto abbastanza, lui che già apprezzava Mascagni. Ci siamo messi a lavorare con William Orlandi e la nostra équipe, di buon trotto, a un’idea da poter eseguire anche nel poco tempo a disposizione; uno spettcolo che avesse non solo una certa profondità, ma una sua impronta originale. Questo è un titolo per importanza di ruoli e una quantità di elementi corali e orchestrali che possono permettersi solo le grandi fondazioni. Siamo riusciti con grande impegno, e sforzo delle maestranze e team del teatro ha creare uno spettacolo che ha attirato anche il pubblico dall’estero.

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Hai dichiarato: “Dare Il piccolo Marat nella città natale di Mascagni per me era un affare di famiglia”. Perché? La mia famiglia è livornese sefardita da 400 anni, cioè fa parte di quella comunita di esiliati, gli ebrei scappati dalla Spagna durante l’Inquisizione dopo il 1492, che insieme a esiliati politici e religiosi dell’epoca sono stati accolti a Livorno da Ferdinando dei Medici il Granduca di Toscana. Sulla scia della “chiamata” di Cosimo de’ Medici che per sviluppare Livorno ne aumentò la popolazione operaia concedendo privilegi “ad artefici, contadini ed altri qualsivoglia” Le leggi livornine, unite all’istituzione del porto franco e alla neutralità del porto, aprirono l’afflusso ai


di Silvia Arosio

mercanti stranieri: greci francesi, olandesi-alemanni, armeni, inglesi. Ma anche in seguito sotto a Pietro Leopoldo Lorena, la città si apre alle idee illuministe che conferirono a Livorno caratteristiche di città cosmopolita, multirazziale e multireligiosa; nel contesto europeo dell’epoca segnò comunque un’apertura straordinaria che ancora oggi la città mantiene. Una città sicuramente da visitare anche per questa speciale atmosfera. Sono nata in campagna a Cecina, ho studiato all’Istituto Superiore Mascagni a Livorno. I miei genitori hanno vissuto a Livorno prima di trasferirsi a Parigi da giovani, la mia cara cugina anglo-livornese Miranda, mio zio, la nonna insomma la famiglia hanno vissuto lì. L’anno passato mio padre è deceduto inaspettatamente a Nizza, adesso riposa anche lui a Livorno con gli altri, per questo motivo rappresentare il Marat sul palcoscenico del Goldoni questo scorso Dicembre ha avuto un rilievo anche cosi importante per me a livello personale. Cos’hanno in comune Nantes e Livorno? La storia di Livorno e Nantes è diversa, ma entrambe hanno avuto una popolazione cosmopolita. A differenza di Livorno, la storicità religiosa è diversa, ma al culmine delle lotte di re-

ligione in Francia si I bambini del Marat emette l’ Editto di Nan- verso un futuro tes che stipula libertà di migliore culto e parità di diritti dopo che la Francia era stata insnaguinata dalla Guerra tra Ugonotti e Cattalogi sotto Caterina de’Medici. Ci sono altre differenze storiche importanti. Entrambe le città hanno comunità storiche olandesi, spagnole italiane, tedesche, già nel rinascimento, quelle che a Livorno sono definite “Nazioni”. Nantes ha vissuto gli eventi terribili che sono narrati in questa opera descritti magistralmente dal piu famoso compositore li- so basso italiano con una carriera vornese, e questo legame teatra- americana importante, dal Mele e culturale ne crea un legame. tropolitan a San Francisco a CoUn cast italiano, ma di lega vent Garden ed è stato un Orco internazionale: ci vuoi dire chi da brivido, Alberto Mastromarierano i protagonisti? no, baritono anche livornese con Valentina Boi debutta in Don una carriera internazionale,un Carlo in questi giorni in Roma- grande Scarpia da Londra all’Ania, Samuele Simoncini ha de- rena, (abbiamo collabarato in buttato a Tel Aviv con Pagliac- un’altra produzione assieme in ci ed è stato Andrea Chénier sia Chénier), ha creato un carpentiea Maribor al National Slovene re eroe di toccante umanità. Theatre SNG che al Verdi di Ci sono anche tanti altri di Trieste. grande talento e già affermati olIn questo caso ha debuttato tre che giovani che faranno sicuin un ruolo impervio per il te- ramente grande carriera, come il nore nel Piccolo Marat. giovane ma determinato Stefano Andrea Silvestrelli è un famo- Marchisio, il venezuelano Pedro Carrillo, molti livornesi, Michele Pierangeli, Silvia Pantani, il Il Piccolo Marat giovane Alessandro Martinello, Valentina Boi, l’attore Fabio Vannozzi, Carlo Samuele Simonici, Morini come capitano, Luis JaAndrea Silvestrelli vier Jimenez... Mario Menicagli come direttore del teatro ma anche direttore d’orchestra, ha diretto la ORT l’orchestra della Toscana sostenendo le mie scelte registiche, e spero che la collaborazione sarà da ripetere. Ho condiviso ore in zoom da Madrid per preparare il lavoro con Maurizio Preziosi Maestro del coro. Gli ospiti stranieri non si aspettavano uno

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Andrea Chénier

spettacolo cosi curato. Scene e costume del famoso William Orlandi. Come avete lavorato insieme? Ci conosciamo da 10 anni con William, abbiamo lavorato insieme su Carmen nel deserto a Masada con la Israeli Opera con 300 artisti in scena, oltre ad altre collaborazioni passate. Con Andrea Chénier, abbiamo creato un nostro progetto originale per il National Slovene Theatre SNG e la Fondazione Verdi di Trieste. A Livorno un grande challenge si poneva di costruire una scena con un palcoscenico con apertura di boccascena come quella del Piermarini a Milano e i mezzi certamente non come quelli della Scala.., ma la struttura unica del Goldoni ce lo ha permesso e anche le sue équipes eccezionali. Per le scene abbiamo scelto geometria e atemporalità, nei costume: William è riuscito a costituire un equilibrio tra richiamo storico alle prime proteste operaie del 1921 del Cantiere Orlando a Livorno, intramezzate a costumi lienari di ispirazione settecentesca. Linee pulite e pochi elementi nella scena ma sufficienti per creare questo ambiente cupo da thriller blanc et noir pre-Guerra. Diceva Mascagni: «Il Piccolo Marat è forte, ha muscoli d’acciaio. Non si cerchi melodia,

non si cerchi cultura: nel Marat non c’è che sangue! È l’inno della mia coscienza». Come hai curato la regia? Cosa hai messo di tuo? In tutte le produzioni utilizzo un lavoro di base sia con i solisti che con gli artisti del coro basato sul Laban/Bartenieff. Una tecnica più conosciuta nel mondo angolosassone per il teatro drammatico e ovviamente la danza. Ho portato questa tecnica all’interno dell’opera a livello professionale. Grazie al lavoro di ricerca e ai worshop sperimentati con Milca Leon e con la regista Shirit Lee Weiss dell’Opera Studio in Israele, ho potuto poi presentare il lavoro e collaborare con il regista di teatro e di opera newyorkese Stephen Wadsworth, direttore

Sarah in prova con Sabina Cvilak e Renzo Zulian

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del Drama e Vocal Institute a Juilliard School of Music. Più volte con Stephen abbiamo avuto la possibilità di condividere e analizzalizzare questa metodologia sperientale con i suoi studenti. Molto ancora c’è da fare, il canto e la recitazione sono due lavori completi già a se stanti, l’interpretazione include la recitazione e il canto e anche il ballo come nei musical o nell’Operetta, la mole di lavoro è gigante. Il Marat è un vero pezzo di teatro con una parte musicale gigantesca, ma l’ho affrontata prima come pezzo di teatro e poi ovviamente lavorato sulla drammaturgia musicale, e in questo poter leggere partiture d’orchestra aiuta. Niente di superfluo è ammesso in una storia così si deve andare al sodo, come diceva Mascagni, niente moine, ma narrativa chiara. A Nantes in pieno Terrore, nel silenzio della notte in una tetra atmosfera la voce di migliaia di persone, donne, uomini, bambini s’innalza in una preghiera: così inizia Il piccolo Marat; queste voci ci immobilizzano ed emozionano. Una disperazione surreale che espressa dalla musica arriva come una spada dritta al cuore, che ci trafigge fin dalle prime battute. Credo sia uno spettacolo quanto mai attuale… La prima reazione di ascolto, di questo coro iniziale sono sta-


ti: brividi. È un coro di anime al confine ormai tra la vita e la morte, di delicatezza infinita. Una denuncia al sopruso, alla prevaricazione sull’altro per interesse politico o economico. Pochi sanno che il Tribunale Rivoluzionario decise nel caso ci fosse stato un problema di erario per tutta la popolazione, di “diminuirne” il numero. Anche se essi fossero Sanculotti. Ancora più fortemente quel coro ha un senso, quello che sta succedendo in Ucraina: dopo due anni di Pandemia nel 2022, questo è inaccettabile, inaccettabile tout court. Sono in contatto piu volte al giorno con artisti colleghi, Evgueni Orlov, grandissimo Basso dal, la mezzo Anna Ethvekova. Il teatro è un mondo dove ognugno è cittadino del mondo. Penso alla direttrice del teatro nazionale di Mosca Elena Kovalskaya che si è dimessa a Mosca. Un coro molto special quello del Marat e non posso non citare il lavoro del maestro del Coro Maurizio Preziosi che in lunghe chiamate zoom da Madrid organizzavamo i nostri balance sulla regia Vivi spesso a Nizza. A Maggio abbiamo dedicato uno speciale sulla Francia: com’è la situazione dei teatri in Costa Azzurra? Nizza adesso ha un Teatro

Le Meravigliose Suffragette

Nazionale, diretto da una grande donna del teatro Francese, Muriel Mayette-Holtz. Abbiamo insieme un progetto su una commedia del 1600 per una collaborazione con un altro teatro europeo. Storica amministratrice delle Comédie Francaise ha portato a Nizza un altissimo livello di produzioni. Per Muriel ho interpretato il cameo di una insopportabile cameriera nella produzione di Feydeau che tra un covid e l’altro doveva andare in scena a Nizza nel Dicembre 2020, ma poi abbiamo debuttato al festival di Ramatuelles, altro luogo di incontro teatrale storico in Francia. Un bellissimo gesto poiché io ero qui per poter stare con I miei genitori, mentre le mie produzioni

Daniel Schinasi con sua figlia Sarah alla sua mostra Hommage à Giuseppe Verdi all'Opera di Nizza

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erano rimandate o cancellate. Sto studiando da preparare a Nizza, per l’anno prossimo un progetto su una commedia con l’attore, star nazionale francese, l’attore Gérard Holtz. L’Opera di Nizza ha una nuova direzione e con Vincent Monteil Delegato artistico dell’Opéra di Nizza e il Maestro Milanese Daniele Callegari abbiamo creato uno spettacolo per Capodanno dedicato al Cinema italiano, Monte Carlo ha un ottimo teatro d’Opera. Essendo sempre a Madrid a parte per il periodo della Pandemia la mia vita teatrale è più informata sulla capitale spagnola. Quali saranno I tuoi prossimi progetti? Sto preparando una nuova produzione di un’opera di Verdi, grande musica, grandi cori. È per la prossima stagione in un teatro Europeo. Il Marat viaggerà anche in Europa nelle prossime stagioni. Andrea Chénier sarà in scena a giugno al Teatro Nazionale Sao Carlos a Lisbona con Elisabete Matos nel ruolo di Maddalena di Coigny e Marco Berti come Andrea Chénier. Le scene sono di William Orlandi e i costume di Jesus Ruiz. Un teatro bellissimo un debutto lusitano in una magnifica capitale europea, Lisbona. • RS


INTERVISTA

Dino

Bono... quello

delle magliette!

SE PER CASO AVETE UNA MAGLIETTA O UNA TAZZA DI UN CONCERTO, QUASI SICURAMENTE LI AVRETE COMPRATI DA LUI.

D

ino Bono, titolare della storica Fanshopping Merchandising, si occupa da trent’anni dei merchandising non solo della musica - da Zucchero, Jovanotti, Eros Ramazzotti, Ludovico Einaudi, Il Volo -, ma anche dei maggiori musical e opere popolari in Italia. Nel nostro viaggio tra le professionalità del teatro, non poteva mancare, anche perché a fine novembre 2022 uscirà il suo libro, Ho visto Oceani di mani alzate andare a tempo con la musica” e sottotitolo Sono quello che vende magliette ai concerti. Dalle magliette al libro. Perché? Cosa racconterai? Prima di tutto, racconto aneddoti, ovviamente quelli raccontabili... D’altronde, ho avuto l’onore di lavorare davvero con la storia musicale italiana, da De André ai Pooh, passando per Pino Daniele, e quasi con tutti loro sono successi episodi simpatici...

IL SOCIAL

Inquadra il QRcode per FB di Fanshopping Merchandising

Come lavori con le produzioni? Direi... in simbiosi completa! Hai iniziato nel 1990: come è cambiato il Merchandising da allora? All’inizio, il mio mestiere non era considerato un vero lavoro e nemmeno una voce di entrata economica, ma solo una forma per veicolare un marchio… poi, fortunatamente, il discorso è cambiato. Il pubblico che si avvicina ai vostri banchi cosa cerca oggi? Perché la gente vuole portarsi a casa qualcosa di

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tattile, oltre la musica? Perché la nostra è una vendita che mi piace definire “emozionale”: dopo l’emozione di un concerto o di un musical, a tutti piace l’idea di poterla ricordare anche con qualcosa di tangibile, come un gadget. Il vecchio discorso dei gadget autorizzati e quelli non, è un po’ come la querelle sui secondary ticketing… Cosa ci puoi dire a proposito? È una vera piaga e nemmeno un fenomeno soltanto italiano, purtroppo, Noi ci affidiamo ad agenzie anticontraffazione e


di Silvia Arosio

lavoratore dello spettacolo come te questi due anni di pandemia? Terribile! Non voglio nemmeno più parlarne. Da quale spettacolo sei ripartito? La mia vera ripartenza sarà con il prossimo tour mondiale di Zucchero. Tutto quello che c’è stato prima, lo considero come una specie di “antibiotico” della situazione…che comunque mi ha tenuto in vita. Tieni sempre personalmente almeno un gadget di ogni spettacolo? Quasi sempre… Preferisco però che vadano esauriti, così da aver fatto contenti il maggior numero possibile di fans. Quando leggeremo il tuo libro? Uscirà il 22 novembre. • RS alla Guardia di Finanza, per arginare il fenomeno che a volte, specialmente nei grandi eventi, diventa rilevante ed in mano alla criminialità. Puoi raccontarci qualche aneddoto? Dovrai aspettare il libro o l’editore mi uccide! Ci puoi dire a quali spettacoli sei più affezionato? Sicuramente, il mio primo tour con Lucio Dalla e quello con i Pooh, subito dopo la vittoria a Sanremo, con Uomini soli, nel 1990. Come ha affrontato un

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INTERVISTA

Paolo Giarrusso: le due anime del giornalista - custode

DAL SUO PUNTO DI OSSERVAZIONE "PRIVILEGIATO" REGALA INTERVISTE A PERSONAGGI DI SPICCO

I

n questo periodo di pandemia, molti professionisti, compresi artisti, hanno dovuto cambiare lavoro e reinventarsi. Partire da zero, e, magari, tenere solo come “secondo impiego” o tempo libero quella che era stata la precedente vita. È successo anche nel giornalismo. Anzi, alcuni sono stati costretti a questo passo anche prima del covid. Paolo Giarrusso dal primo giugno del 2015 è il custode del supercondominio Castelfauchè: cinque numeri civici, dieci scale, 200 appartamenti, nonché dieci esercizi commerciali. Ma sui biglietti da visita, dovrebbe scrivere custode- giornalista. Qualcuno di voi lo ricorderà per i suoi 35 anni a Novaradio e Telenova, con vari ruoli giornalistici: vista la difficile situazione del gruppo, Paolo ha scelto di chiudere e mettersi in proprio... ma… Paolo, nella nostra telefonata di qualche giorno fa, ti ho definito Caronte, traghettatore di anime prave e custode

IL CANALE

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dell’ingresso dell’inferno. Ma a pensarci bene, ti si addice maggiormente la figura mitologica del Giano Bifronte, il dio romano degli inizi (dal cui nome viene il mese di gennaio), il dio che guarda al pasPaolo sato e al futuro e Giarrusso che spesso veniva rappresentato in effige su ogni uscio da custodire. Raccontaci brevemente come è nata la tua storia giornalistica. È presto detto. Nella casella della posta, trovai un opuscolo in cui era scritto: “fai la radio to io non so reagire aspettando che preferisci, telefona a No- inerme... così ho lasciato Televaradio, la radio di Famiglia nova con dispiacere ma restando Cristiana”. Colsi la palla al bal- in ottimi rapporti, per dedicarmi zo, telefonai. Mi rispose Ivana, all’attività di giornalista freelanla segretaria di redazione. Due ce. Per un anno, tutto bene, poi giorni dopo, ero a parlare con il ogni cosa è crollata. Due anni terribili, dal 2013 al Direttore, Giuliano Coacci. Per farla breve, il giorno successivo 2015. Giusto per dare un’idea, al colloquio, cominciavo i primi non mi vergogno nel dire che passi radiofonici e giornalistici. sono riuscito a trovare un affitto Era il 1977. Nel 1978 sono di- grazie all’aiuto economico della ventato pubblicista. Nel 1982, Caritas Ambrosiana. La Provvicon l’esame di stato a Roma, denza ha infine deciso di prenho realizzato il sogno della mia dermi per mano, proponendomi, vita, diventando giornalista pro- a 58 anni, un posto a tempo indefessionista. Erano altri tempi. terminato, con il ruolo di custode E come Giano Bifronte hai di un supercondominio milanedeciso di metterti sulla “so- se. Non posso certo dimenticare glia” a custodire gli ingressi di la data in cui ho ricominciato a un supercondomonio. Come vivere: 1° giugno 2015. mai questa scelta? Guardando al passato e al Di necessità, virtù. Nel 2012, futuro, non hai abbandonato dopo una bellissima carriera la voglia di giornalismo e hai a Novaradio e a Telenova, ho aperto Milanesi….Quando? ravvisato una sorta di caduta Sempre con la stella polare prolungata del Gruppo dove la- professionale e passionale del voravo. Al terremoto annuncia- giornalismo e guidato dalla for-

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di Silvia Arosio

za della mia vita, rappresentata da mio figlio Ludovico(che tra poco compirà 18 anni), mi sono detto: perchè non convogliare tale passione giornalistica nei mezzi di comunicazione di adesso, i social? Ecco allora che ho aperto il canale youtube MILANESI, STORIE A 360° DALLA METROPOLI LOMBARDA,dedicato alle interviste a cuore aperto con i personaggi eccellenti che hanno dato e stanno dando lustro a Milano. Cosa è successo alla pagina? Dopo 14 mesi di grandi riscontri, 1670 iscritti e migliaia di ore di video prodotte, per motivi non dipendenti dalla mia volontà, mi è stato chiuso il canale. Un patrimonio umano e professionle completamente distrutto. Un incredibile colpo al cuore. E quindi hai da poco inaugurato una nuova realtà! Rispondendo ad una mia lettera alla sua rubrìca sulle pagine milanesi del Corriere, Giangia-

como Schiavi mi ha spronato a non arrendermi, definendo la mia storia da “panettone d’oro” ed aggiungendo che era giunto il momento di fondere le mie due anime di custode e giornalista, diventando però un giornalistacustode. Mi si è accesa una lampadina ed ecco aperto, dal 28 febbraio scorso, il canale youtube MILANESI IN PORTINERIA, ideale proseguimento del precedente: interviste a cuore aperto con i personaggi eccellenti della me-

Con Linus A casa di Cochi Ponzoni

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tropoli lombarda, racchiuse nella playlist RAGGI X, contornate da altre playlist, nate e che nasceranno e dedicate all’arte, alla cultura, al turismo, al volontariato. A proposito...iscrivetevi! Credo che vivendo nel cuore di Milano e vedendo tante storie passare anche nel supercondominio, la tua voglia di raccontare sia sempre accesa! È indubbio. Il cervello è continuamente sollecitato, lo sguardo è sempre attento, la voglia di raccontare storie umane è al top. Il tutto, alimentato dalla passione che, in 40 anni di giornalismo professionistico (1982- 2022), non è mai, fortunatamente mancata. Secondo la leggenda, l’antico tempio di Giano a Roma si trovava poco distante dal Foro e restava chiuso in tempo di pace e aperto in tempo di guerra, per permettere al dio di accorrere in aiuto ai soldati romani. Come, da giornalista, bisognerebbe affrontare i periodi di crisi? Con la massima obiettività e sincerità. L’oggettività assoluta non esiste, perchè la realtà è filtrata dagli occhi e dalla testa del giornalista, ma la tensione alla massima onestà intellettuale deve essere scolpita nella pietra. Solo così si può informare al meglio la gente, il pubblico, spesso inconfusione per una miriade di informazioni, il più delle volte contraddittorie. Cosa vuol dire essere gior-


nalista oggi. Cos’è cambiato, secondo te? Vuol dire praticare sempre la professione più bella del mondo, resa tremendamente più difficile da tanti aspetti, tra cui l’avvento rivoluzionario dei social: un’incredibile opportunità, ma anche una vera e propria trappola, se non si entra in questa nuova dimensione, restando, invece, fedeli ad una realtà che non c’è più, in continua evoluzione. Una volta, il giornalista era il filtro

Con l'attore Nino Formicola

confermarsi i nuovimezzi d’informazione, (internet in generale, i social in particolare), come portatori delle ultime notizie, delle dirette sempre più personalizzate ed esclusive. La carta stampata, che avrà sempre meno spazio per i costi e non solo, cederà sempre più terreno ma rimarrà ad un ottimo livello se saprà essere sede di approfondimenti, interviste, incheste, dibattiti, racconti profondi. E in quello di Paolo, Giano

In compagnia dei campioni di basket Dino e Franco Boselli

delle notizie, ora è diventato il ricercatore delle fake news, obbligato a sovvertire la non verità. Cosa consiglieresti a chi volesse intraprendere questa carriera? Quali le basi? Di essere animati da grande passione. Senza, meglio lasciar perdere, In secondo luogo, cervello sempre acceso e grande cu-

IL SOCIAL

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Con il prof. Massimo Galli

riosità. Non bisogna dare nulla per scontato e occorre prepararsi per ogni compito che ti viene dato da affrontare. Infine, inseguire i propri sogni perchè, come dice Eleanor Roosevelt: “Il futuro è di chi crede alla bellezza dei propri sogni”. Cosa vedi nel futuro del giornalismo in generale? Chiaramente non ho la sfera di cristallo, ma vedo senpre più

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Bifronte che con i due volti guarda avanti e indietro e custodisce le soglie? Vedo la felice ed inaspettata coesistenza delle mie due anime di giornalista e custode. L’una ha dato all’altra molto e viceversa. Quando giungerà l’età della pensione (mi è stato detto, ufficialmente, il primo maggio 2025), mi piacerebbe continuare ad essere un giornalista-custode. • RS


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Con la musica gli occhi sono più felici!

CONTINUIAMO IL NOSTRO PERCORSO SUL FILONE DI ARTE E BENESSERE, ESAMINANDO IL POTERE DELLA MUSICA SUI PROBLEMI DI VISTA. NE PARLIAMO CON LA NEUROPSICOLOGA MARIA CRISTINA ZANDONELLA

"E

ducare la persona a vedere in modo equilibrato e preciso, come spontaneamente fa chi vede bene”, questo può essere considerato in senso lato, lo scopo primo della Rieducazione Visiva. In questo contesto è stato sviluppato il Metodo Zandonella, quale risultato di uno studio sperimentale effettuato presso l’Università di Padova, nell’ambito della Psicologia della percezione. Lo studio osservazionale, condotto tra il 1984 e il 1989, ha arruolato 800 persone trattate con esercizi di Rieducazione Visiva. Le teorie di riferimento,

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di Silvia Arosio

gli esercizi applicati e i risultati raggiunti, sono esposti nel 1989 nella Tesi di laurea in Psicologia di Cristina Zandonella “Anomalie della visione e trattamenti terapeutici”. Contemporaneamente all’applicazione clinica del suo metodo, Cristina Zandonella consegue il Diploma di Specializzazione in Psicoterapia, approfondendo l’aspetto psicosomatico dei disturbi visivi, pubblicando nel 1994 la Tesi di specialità sulla Rivista Riza Scienze con tito-

lo “Le infinite possibilità della visione”. Dal 1989 ad oggi il Metodo Zandonella è stato applicato nella pratica clinica in oltre 8.000 soggetti. Oggi la dottoressa Zandonella sta sperimentando un nuovo percorso con l’utilizzo della musica. Chi è Maria Cristina Zandonella Necca? Nasco come psicologa, con una tesi sperimentale in “psicologia della percezione”, a Padova, dedicata alla vista: partendo dal pensiero di William Bates e dalla applicazione delle conoscenze dall’o-

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culista indiano Agarwal, ho proposto il mio metodo, con una casistica di 800 persone. Divento in seguito psicoterapeuta dei disturbi psicosomatici, con particolare attenzione alla vista e con una pubblicazione che feci su Riza Scienze riguardo le infinite possibilità della visione, per arrivare poi alla neuropsicologia, al tutoraggio per i tirocinanti ed al metodo ZANDONELLA, che viene riconosciuto come metodo di riabilitazione neuropsicologica. Ultimo step, la mia competenza in psicoterapia mi ha portato ad essere psicotraumatologa: ho iniziato a lavorare sui traumi ed in particolare quelli sottostanti ai disturbi visivi. Quindi, i traumi possono portare a problemi oculari? Ormai da quasi 15 anni, ho identificato una sindrome visiva, alla quale ho dato il nome di ETOS, Emotional Trauma Ocular Syndrome, in cui si hanno tutta una serie di pseudo patologie visive, che vanno dalla miopia allo spasmo accomodativo e deviazioni oculari, fino al vero e proprio strabismo, che in realtà nascono dall’aver assistito a traumi, quella che in giurisprudenza viene definita “violenza assistita”. Le persone che hanno assistito a traumi spesso sviluppano problemi visivi, che possono degenerare in vere e proprie patologie: grazie al nostro metodo, la terapia ETOS, in diversi casi, siamo riusciti a risolvere completamente ed avere una remissione totale della sintomatologia, arrivando anche ad una risoluzione del trauma pregresso. Il canale visivo diventa un canale somatico di mediazione per riportare il paziente spazialmente nella situazione traumatica fino all’anno totale risoluzione del trauma.


Si tratta soprattutto di traumi derivanti da qualcosa che il paziente ha visto, ma sono comunque traumi emozionali. Possono essere traumi banali, come per un bambino uno sconosciuto che lo avvicina o per un ragazzo aver assistito a una lite dei genitori. Quindi, come è nato il progetto Occhi felici? È un progetto di riabilitazione visiva, il cui nome viene dal titolo del mio libro. Dati gli innumerevoli risultati che abbiamo ottenuto con questo metodo, anche con casistiche differenti, dalle banali presbiopie alle gravi diplopie da ictus, la filosofia che ne è scaturita è quella di far sentire qualsiasi persona, con il proprio problema visivo, accolta, inclusa, e con la possibilità di recuperare, grazie anche alla sua partecipazione attiva. Per questo nasce lo studio di Rovigo, che è un centro costruito apposta per la rieducazione

IL SITO

Inquadra il QRcode per il sito ufficiale di Rieducazione Visiva visiva, dove organizziamo anche corsi, affinché le persone possano incontrarsi e godere dell’esperienza dell’altro, che magari è più avanti nel percorso. Ho creato questo kit, che è proprio una scatola con del materiale, che spediamo in giro per il mondo se lavoriamo via web, facendosi supportare da specialisti locali oppure normalmente in presenza. Questo mio metodo

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di riabilitazione visiva neuropsicologica è basato sulla semplicità, per riuscire a permettere alle persone di eseguire gli esercizi in autonomia da casa. So che state lavorando ad un progetto assolutamente pionieristico ed innovativo, legato alla musica… Effettivamente, abbiamo avuto una paziente che ha avuto la totale remissione dei sintomi con l’ascolto della musica 8D. Stiamo quindi sperimentando tutti i risultati che possono dare l’utilizzo della vibrazione come anche il diapason, le campane tibetane, ma anche appunto la musica - per il miglioramento visivo. Si tratta di uno studio osservazionale neuropsicologico: ovviamente, il prossimo step sarà quello dell’indagine medica con apparecchi strumentali. Stiamo cercando di interessare dei ricercatori per approfondire tramite risonanze magnetiche funzionali ed altri strumenti. I test oculistici-oftalmologici


e neuropsicologici che stiamo portando avanti hanno evidenziato risultati strabilianti. Tra l’altro, suono io stessa il piano accordato a 432hz ed anche questo strumento fa parte dei nostri studi osservazionali, per indagare gli effetti che questo tipo di vibrazione ha sul cervello. I nuclei cerebrali del suono sono molto vicini a quelli visivi e c’è un’influenza diretta tra questi due apparati e la parola chiave di questa relazione è la parola spazio. Avete in programma un progetto speciale per maggio? Sì, le osservazioni di cui le parlavo sono state effettuate su pazienti singoli e a maggio voglio proporre quelle che noi chiniamo “le giornate occhi felici”, sia a Milano che nella sede di Rovigo, in cui mi confronterò con una musicista, Francesca Bascialli, che ha studiato gli effetti dei diapason su tutto il corpo, ed insieme andremo a

lavorare utilizzando queste vibrazioni, abbinato all’esercizio visivo. In queste giornate, avevo già proposto un lavoro sul colore, per l’attivazione del DMT, la dimetiltriptammina, che è una sostanza che secerne la ghiandola pineale e ci permette di vedere i colori anche ad occhi chiusi: è la sostanza che utilizziamo per i sogni e per le allucinazioni, e che viene anche introdotta con la ayahuasca, una pianta allucinogena, ma che può essere stimolata, senza ricorrere a questo mezzo, con degli esercizi visivi appositi, andando a rendere più elastica e flessibile proprio la Pineale. A questo tipo di lavoro con le tavole colorate, vogliamo aggiungete anche l’utilizzo delle vibrazioni sonore. In che modo l’ascolto della musica agisce sulla salute degli occhi? In generale l’ascolto della musica porta una vibrazione a

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livello cerebrale che distoglie tutto il fog, cioè la nebbia dei pensieri. Bates che fu il pioniere del filone della riabilitazione visiva, e che scrisse un libro rivoluzionario nel 1920, affermava «Tutti i disturbi visivi nascono dalla tensione mentale». Allora, fu preso per pazzo e fu persino radiato: oggi questo processo è avvalorato dalla oftalmologia ufficiale e tutti i disturbi visivi vengono osservati dal punto di vista neurologico, persino il glaucoma. Si usa il termine stress, ma preferisco usare la locuzione originale di «tensione della mente»: tutto quello che porta ad una vibrazione che distoglie da questa tensione ha un effetto meraviglioso sulla vista. Molti pazienti hanno ottenuto questo risultato anche con il «rumore bianco », ma oggi abbiamo a disposizione dei brani meravigliosi, che appagano anche il gusto musicale. • RS


ARTISTI DI STRADA

Il fascino senza tempo del Carillon... vivente

C

hissà se l'orologiaio ginevrino Antoine Favre che ideò il suo "carillon sans timbre ni marteau" (carillon senza campanello né martelletto), brevettandolo con tale descrizione il 15 febbraio 1796, si fosse mai immaginato che quasi duecento anni dopo la sua "creazione" diventasse "vivente". L'idea è stata di Mauro Grassi, il busker di questo numero. Mauro, raccontaci come ti è venuta in mente l'idea del Carillon vivente? A cosa ti sei ispirato? Perchè proprio un carillon? È un tuo ricordo da bambino? L’idea di creare il Carillon Vivente mi è venuta 25 anni fa, ricordando l’emozione che provavo da bambino aprendo il portagioie di mia madre a forma di pianoforte: al suo interno una piccola ballerina ballava sulle note di una vecchia melodia. Le tue esibizioni sono "on the road"... come vengono accolte dalla gente? Fortunatamente il “linguaggio" delle nostre performance è quello della musica e del romanticismo ed è un linguaggio internazionale, quindi l’emozione del pubblico è palpabile in tutte le parti del mondo. Il pubblico di oggi ha mille fonti e stimoli, ma le tue esibizioni regalano sempre magia e stupore. Il segreto? Cerco, con le mie esibizioni, di lasciare impresso un ricordo nella mente dello spettatore. Penso che il

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di Daniele Colzani

“LO SPETTACOLO È ITINERANTE E PREVEDE UNA PERFORMANCE VISIVA, EMOZIONALE E DI FORTE IMPATTO

vero obbiettivo di un artista non debba essere godere nel sentirsi dire “quanto sei bravo!”, ma provare piacere nell’aver fatto emozionare il pubblico... è diverso. Quest'anno hai tagliato il traguardo dei 30 anni di attività. Il pianista non è mai cambiato, ma le ballerine? Ora con chi ti esibisci? Per forza di cose le ballerine sono cambiate nel corso degli anni, perchè ballare sulle punte è molto faticoso ed è difficile trovare una ballerina disposta a farlo an ora dopo i 30 anni. Anche essere in viaggio tutto l'anno a volte è un problema. Ora mi esibisco con Stella dal Maso, bellissima ballerina di Castelfranco Veneto e con Francesca Pellegrini, in arte Stella di Plastica, splendida performer che collabora con Italento da quasi 10 anni. Che musiche utilizzi per i tuoi show? Hai un compositore preferito?

Inquadra il QRcode per il profilo FB de il Carillon Vivente 41

© Deborah Lorenzi

IL SOCIAL


I pezzi suonati dal Carillon sono principalmente di Ludovico Einaudi (il mio preferito) e Giovanni Allevi per poi passare a Waine Gratz e Jim Brikman. La location più bella dove vi siete esibiti e il ricordo più toccante… Faccio fatica a dire quale sia la location più bella in cui ci siamo esibiti perchè sono davvero tante, ma le tournèe a Taiwan e Bangkok devo dire che le porto ancora nel cuore. Senza dimenticare che vivia-

mo nel più bel paese del mondo quindi, quasi sempre, in Italia ci esibiamo in angoli meravigliosi. Tra gli artisti di strada si nascondono dei veri e propri "talenti" (e tu sei uno di questi)... cosa pensi sia necessario fare per far conoscere al pubblico questi veri e propri performer? Il fascino dell’arte di strada è legato al fatto di vedere dal vivo talenti che non hai mai visto nemmeno in televisione. Non credo che i talent Show televisivi siano il giusto mezzo per promuovere i busker perchè, in questo modo, si decontestualizza lo spettacolo togliendolo dal suo elemento naturale, la strada; dove finisce la magia di trovarsi davanti ad un talento inaspettato che ti emoziona dal vivo ? Credo che sia compito dell’artista trovare il modo di farsi conoscere pro-

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ponendo sempre qualcosa di originale. Vita da buskers: meglio in Italia o all’estero? Sicuramente all’estero si è più considerati e tutelati; in Italia l'artista di strada è visto ancora come quello che chiede gli spicci agli angoli delle strade perchè non ha voglia di lavorare. La gente non immagina che dietro ad uno spettacolo di 30 minuti ci sono ore di lavoro alle spalle, di sacrificio e di viaggi infiniti. • RS

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IL PROGRAMMA • Lezioni tecniche del Sabato Materie: Danza Modern Styles , Broadway Styles & Tip Tap, Danza Classica, Laboratorio Teatrale, Recitazione e Dizione, Tecnica Vocale e Interpretazione, Lezioni private di canto. • Lezioni settimanali Lezioni tecniche - Messa in pratica delle tre arti contemporaneamente - Allestimento di un musical. LCM ExamTraining Una settimana intensiva di training per finalizzare la preparazione degli esami dal London College of Music, “storica e prestigiosa struttura universitaria britannica”. • Esami interni di verifica • Simulazioni di audizione

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partecipano a manifestazioni e competizioni di prestigio e, soprattutto, sono impegnati nella messa in scena di spettacoli, come Shrek The Musical , Annie e Il Mago di Oz, che sono stati inseriti nella rassegna Manzoni Family della stagione Teatrale del prestigioso Teatro Manzoni e in cartellone al Teatro Nuovo di Milano.

citazione sia tecnicamente che a livello disciplinare. Avviamento verso l’obiettivo professionale. I DOCENTI Le lezioni sono tenute da professionisti selezionati dal mondo del musical e dello spettacolo I quali, oltre che insegnare, hanno la possibilità ed il compito, di trasmettere agli allievi la passione, l’amore per il teatro e i segreti dello “stare sul palco”. LA “PICCOLA COMPAGNIA” Fondata nel 2011, rappresenta il fiore all’occhiello della scuola. Gli allievi che vengono selezionati nel tempo per farne parte

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LA CHILDREN’S MUSICAL SCHOOL & CMS ACADEMY Con la Direzione Artistica di Fiorella Nolis (Kinky Boots, Jersey Boys, Annie il Musical, Shrek il Musical, Peter Pan il Musical, A Chorus Line, La Mia Favola Infinita, Gian Burrasca Show, I Raccomandati ecc.) dal 2009 si occupa con serietà e passione di formare i performer del domani accompagnandoli nella propria crescita artistica: dal primo approccio con le discipline del musical al diventare giovani professionisti che calcano le tavole del palcoscenico. Per informazioni e prenotazioni: iscrizionicms.musicalschool@gmail.com. • RS


PERSONAGGI

Max Cavallari: per favore, non spegnete la luna

IL COMICO VARESINO PROSEGUE DA SOLO LA SUA MISSIONE TERAPEUTICA: SCATENARE LA RISATA PER FAR STARE BENE LE PERSONE

M

ax Cavallari è un popolare attore, comico e cabarettista nato a Varese con origini calabresi che in passato, insieme a Bruno Arena, ha costituito una delle coppie più esilaranti del panorama televisivo italiano: I Fichi d’India, nome particolarmente bizzarro che nasce nel 1988 durante una passeggiata sulle spiagge di Palinuro, proprio fra una piantagione di quel particolare frutto. Il loro esordio avviene sull’emittente Radio Deejay, al quale fa seguito - in un crescendo di successi - Canale 5, Italia 1 e Dee Jay Television, il Seven show e Zelig Facciamo cabaret. Dopo qualche cinepanettore come Natale in India e Natale sul Nilo, al fianco del duo Boldi-De Sica, nel 2002 vengono scelti da Roberto Benigni per Pinocchio, campione d’incassi di quel periodo. Nel 2004 sono protagonisti del film Le Barzellette di Carlo Vanzina, con Gigi Proietti, Carlo Buccirosso ed Enzo Salvi, proseguendo parallelamente a fare teatro e a partecipare a trasmissioni Mediaset. Dal 2015, come sappiamo, Max è tornato da solo a Colorado in seguito alla malattia di Bruno, affrontando anche la dura separazione con sua moglie, dopo otto anni d’amore e due figli. Dopo la pausa forzata del covid, tu sei stato fra i primi, con grande ostinazione, a voler riprendere a lavorare. Come hai vissuto questa “ripartenza”? Dopo questa pausa tutti avevamo tanta grinta, tanto deside-

Il nostro collaboratore Luca Varani con Max Cavallari

rio diriprendere a fare il nostro lavoro. Tanta voglia soprattutto di fare ridere le persone, che personalmente vivo come una specie di “missione”. La risata è come un farmaco potentissimo, che ti da assuefazione... ma non è pericoloso, non ha nessuna controindicazione, anzi! Con Bruno hai avuto un sodalizio formidabile che, anche se non sulla scena, continua anche oggi... Bruno è sempre lì... quando vado a trovarlo mi guarda sempre. Io lo porto sempre con me, nelle valigie coi vestiti e le parrucche, perchè è costantemente al mio fianco. In chiusura dei miei spettacoli propongo una

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canzone che si intitola Da soli mai, dedicata espressamente a lui. Me l’ha scritta Vincenzo Incenzo, un autore che lavora con Renato Zero. Ho scelto appositamente di metterla nel finale dei miei show perchè Bruno è davvero sempre con me. I tuoi personaggi nascono da spunti reali? Sì, certo. Per esempio, quell vecchina che interpreto si ispira ad una persona che abitava in una casa di ringhier a Varese. Aveva molti tic ed io la osservavo, la studiavo attentamente per poi replicarla in scena, durante gli spettacoli con Bruno. Dietro alla maschera sorridente del comico spesso si


di Luca Varani

celano vite segnate da dolori e amori finiti. Anche tu non sfuggi a questa regola, soprattutto dal punto di vista sentimentale... È vero, io e la mia ex ci siamo conosciuti in un bar per caso, nove anni fa. Però lei era mia suocera perché io ero fidanzato con una ragazza, quella che oggi è la mia ex stava con il padre di questa ragazza. Sì, lo so... Beautiful mi fa una pippa! Alla fine ci siamo innamorati ed abbiamo avuto due bambini. Poi è finita. Ma hai provato a tentare un riavvicinamento con lei? Purtroppo lei non vuole più saperne. I bambini soffrono un po’, mi chiedono perché non vado a mangiare a casa e perché non gli raccontò più le favole prima di andare a dormire. Ci riproverò ancora a riunire questa famiglia, comunque. Speriamo. Mi sono sposato apposta tardi perché volevo una famiglia. Ci riproverò, vediamo... Se ti dico “Non spegnere la luna”, cosa mi rispondi? È la frase che dicevo sempre a Bruno quando lui era in coma e che ha portato fortuna. In seguito è diventata il titolo di un mio spettacolo e la sto utilizzando anche per un libro che sto scrivendo. Hai appena finito di girare il film La banda del Buffardello. Chi sei nella pellicola?

Esatto! Si tratta di un film diretto da Mario Chiavalin, nel quale interpreto un personaggio anziano che si occupa di comprare e vendere oggetti d’antiquariato: dai quadri ai candelabri, alle tele e alle cornici. E se i quadri veri fossero le cornici?!? Un bel problema! Il personaggio vende anche cose della metà dell’800... ovvero del ‘400! No, dai, seriamente... si tratta di un antiquario che fa parte di una banda, coinvolta in una truffa che ha come oggetto un libro inedito di Leonardo Da Vinci. Mi piace questa parte perchè me la sento un po’... “goviana”. Infatti, non a caso, tu coltivi una passione speciale, una sorta di “culto” per un nome tutelare del teatro comico: il genovese Gilberto Govi. Ce ne puoi parlare? Sì, è vero, si tratta di una passione che si perde nella mia infanzia, trasmessami dalla nonna, quando mai avrei immaginato che, un giorno, avrei fatto questo mestiere e, soprattutto, avrei proposto le gag di Govi, interpretando i personaggi che lui ha magistralmente reso famosi. Naturalmente mi sono avvicinato a questo materiale con grande rispetto, cercando di offrire al pubblico un tributo a questo gigante della comicità. Mi piaceva

Un tatoo da Fico...

soprattutto l’idea di propormi in una veste diversa, maggiormente teatrale, cosa che ha rappresentato anche una sfida con me stesso. Ma un varesino con origini calabresi che propone Govi... come pensi la prendano i liguri veri? Io penso che apprezzino proprio perchè lo ripropongo con estrema umiltà e rispetto, chiedendo - come dico spesso - “scusa” a Genova. Nel tuo futuro cosa c’è? L’unica cosa che so fare bene è lo... scemo! Quindi vado avanti su questa linea. Continuo coi miei spettacoli e se voi lettori di Riflettori su...non venite a trovarmi... non siete fichi, sappiatelo! • RS

LA BANDA DEL BUFFARDELLO • La banda del Buffardello e il Manoscritto di Leonardo da Vinci è il nuovo film del regista trevigiano Mario Chiavalin, girato fra Milano e Padova, su sceneggiatura del giornalista e scrittore Luca Arnaù. Il cast comprende alcuni “assi” della commedia all’italiana come Pippo Franco, Umberto Smaila, Maurizio Mattioli, Max Cavallari dei Fichi d’India, Loretta Micheloni, Salvatore Misticone, Rudy Smaila (figlio di Umberto) e Tatiana Previati. • Una commedia con un retrogusto noir che racconta la genesi di una divertente truffa internazionale, ovvero la creazione di un falso manoscritto leonardesco da parte di un gruppo di anziani amici, capaci di ingannare i più grandi esperti. Una storia di persone sconfitte, sconfitte dalla vita, dall’amore, da sogni non realizzati e solo sfiorati. Persone che, grazie a una truffa ingegnosa condotta con fantasia, riusciranno a esaudire i loro desideri nascosti e a vivere un sogno. • Grandi nomi come Franco, Smaila e Mattioli sono qui chiamati a una grande prova d’autore, per una storia capace di far ridere e di commuovere allo stesso tempo.

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CONCORSI

Tutto pronto per l e ' dizione 2022 di

Mariano Danza

IL PRESTIGIOSISSIMO CONCORSO DI DANZA DALLA GIURIA STELLARE TORNA IN PRESENZA IL 10 APRILE NELLA CITTADINA BRIANZOLA

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ariano Danza nasce nel 2009 ed è diventato con gli anni una garanzia nel mondo della danza. La manifestazione è stata ideata da Gabriella Bonomi ed Angelica Jasmine Colombo, che da anni ne gestiscono egregiamente l’organizzazione. La loro intenzione, pienamente riuscita, era quella di portare la danza di alto livello in Brianza, più precisamente nella città di Mariano Comense. La dedizione e la costanza che le organizzatrici mettono da sempre nella manifestazione sono la colonna portante del trofeo brianzolo, primo ed unico nel suo genere. Grazie al loro impegno, infatti, Mariano Danza è stato premiato come miglior manifestazione della provincia di Como per 5 anni consecutivi. “Ero a Mariano da qualche anno - dice Gabriella Bonomi quando ho saputo del Palazzetto dello Sport. Ho pensato che

IL SOCIAL

Inquadra il QRcode per il profilo FB di Mariano Danza

Da sinistra: Gabriella Bonomi, Oriella Dorella e Angelica Jasmine Colombo

una struttura così bella fosse l’ideale per ospitare la manifestazione che già da qualche anno stava prendendo forma nella mia mente e così, armata di pazienza e costanza, sono andata a fare richiesta in Comune per lo spazio.” La competizione parte timidamente nell’aprile del 2009, con 15 scuole iscritte, 150 partecipanti, 50 esibizioni e circa 250 persone nel pubblico; questi numeri sono cresciuti esponenzialmente nel tempo infatti l’edizione del 2019, decimo anniversario, ha visto 50 scuole, 800 ballerini in gara, 145 esibizioni e quasi 3000 spettatori. Molti sono i punti forti di Mariano Danza, uno fra questi è sicuramente la giu-

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ria: nel corso degli anni la kermesse ha visto, nelle vesti di giurati, diversi nomi di spicco del mondo della danza come Oriella Dorella, Bruno Vescovo, Franco Miseria, Eleonora Frascati, Mommo Sacchetta, Mia Molinari, Marco Daverio, Christian Carubelli e tanti altri. Quando si scelgono dei nomi così prestigiosi, la qualità è praticamente assicurata: tutti coloro che negli anni abbiamo visto in giuria sono dei professionisti indiscussi del mondo della danza. Notevoli da sempre sono i premi che la manifestazione offre. Infatti, oltre al canonico podio, vengono assegnati numerosi premi speciali attribuiti al talento coreografico, all’ori-


di Angelica Jasmine Colombo

IL SOCIAL / 2

Inquadra il QRcode per il profilo Instagram di Mariano Danza ginalità, alla presenza scenica e tante altre qualità che un’esibizione di danza dovrebbe avere. Inoltre, sono tantissime e prestigiosissime le borse di studio che ogni anno vengono messe in palio ed assegnate dalla giuria e dall’organizzazione. Un’altra caratteristica distintiva è l’assegnazione del Trofeo Mariano Danza, i cui criteri di scelta sono molteplici: infatti, ad aggiudicarselo è si susseguono nell’arco dell’intera giornata. Nel 2016 Mariano Danza batte il record con 13 ore di concorso consecutive. Quest’anno, finalmente, Mariano Danza torna ad allietare la città: il 10 aprile per tutti gli appassionati di danza ci sarà la possibilità di assistere in presenza alla manifestazione. • RS la scuola che si è distinta maggiormente nel corso della competizione. Da sempre il concorso vede tutte le discipline di danza, dalla categoria Baby fino a quella Professional, il livello tecnico e l’estro coreografico delle scuole che vi partecipano è notevole ed è andato crescendo negli anni. La kermesse vede coinvolte numerose scuole da tutta Italia, ed alcune anche dalla Svizzera, le cui esibizioni

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ANTEPRIME

di Daniele Colzani

A Cervia con Kledi per il

D I D Summer Edition Mi Ma

L’EVENTO DI DANZA CON KLEDI KADIU A CERVIA DAL 25 AL 28 AGOSTO

Kledi Kadiu

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opo il successo della scorsa edizione torna a Cervia il DID Summer Edition, il workshop organizzato dalla Kledi Dance Desenzano, che prevede quattro intense giornate di lezioni di danza Classica, Moderna e Hip Hop. L’evento si svolgerà nella suggestiva location dei Magazzini del Sale di Cervia dal 25 al 28 agosto. Saranno presenti i maestri Kledi Kadiu, Alessandra Celentano, Anbeta Toromani, Simone Nolasco, Andreas Muller e Veronica Peparini. Sono già aperte le iscrizioni e tutte le informazioni e i dettagli sono pubblicati sul sito dell’evento alla pagina https://www. kledidancedesenzano.com/moduli-mima DID Summer Edition MiMa continuerà anche oltre l’orario delle lezioni in versione serale con il DID Summer Edition

IL SITO

Inquadra il QRcode per informazioni e iscrizioni

MiMa By Night. Per ognuno dei giorni di stage si terrà infatti una serata dedicata. Il 27 agosto inoltre è in programma la Cena di Gala, durante la quale verranno assegnate importanti borse di studio ai partecipanti più talentuosi del DID Summer Edition MiMa. “Un evento prestigioso con maestri d’eccezione che, visto anche il successo della precedente edizione, abbiamo pensato di sostenere anche quest’anno. - dichiara l’assessora a Sport

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ed Eventi Michela Brunelli - Grazie al DiD Summer Edition MiMa, organizzato egregiamente da Silvia Frecchiami. Centinaia di giovani danzatrici e danzatori raggiungono la nostra città da tutta Italia, insieme alle loro famiglie, per migliorare in quello che è per loro non è solo una passione, ma uno stile di vita. Siamo felici di ospitarli nel nostro Magazzino del Sale Torre, uno dei luoghi più belli ed identitari della nostra città.". • RS


Riflettori su...

MAGAZINE DI CULTURA E SPETTACOLO

I nostri

contributors

CHRISTINE GRIMANDI PRODUCTION ORGANIZATION AND CASTING DIRECTOR

SIMON LEE

MAURIZIO TAMELLINI

MUSIC SUPERVISOR E DIRETTORE D’ORCHESTRA

DIRETTORE ARTISTICO FESTIVAL DEI 2 MARI DI SESTRI LEVANTE

GIANMARIO CAVALLARO MAESTRO DI CORO E DIRETTORE D’ORCHESTRA

CLAUDIA ROSSI & ANTONELLA LAZZARETTI

MASSIMILIANO FUSCO WEDDING & BALLET PHOTOGRAPHER

DOCENTI FORMATRICI

ANGELA VALENTINO MAKE UP ARTIST

ANTONELLO RISATI PRODUCTION DESIGNER

Quotidiano on line www.silviaarosio.com

LUCA VARANI GIORNALISTA MUSICALE E BLOGGER DI SONAR

Digital Edition 51 www.issuu.com/silviaarosio

Facebook Riflettorisu


IL DANZATORE

Fascilla, un nome, una certezza!

IL DIRETTORE ARTISTICO DEL FESTIVAL DEI 2 MARI DI SESTRI LEVANTE CI RACCONTA IL SUO MONDO te e bell’inizio: divenne poi primo ballerino ed étoile nel suo Teatro. Ha visto e partecipato a spettacoli davvero belli, imponenti e ricchi, con personaggi di alto valore artistico, un mondo fatato dove ancora c’era il concetto di familiarità, dove si viveva a stretto contatto, non solamente tra masse artistiche, ma tutto il teatro era un insieme d’arte. Esisteva ancora una ragnatela di artisti che si amalgamavano e partecipavano attivamente allo spettacolo. Persone che si precipitavano da una sala all’altra, da un corridoio, da una sartoria, da una sala pittura all’altra a vedere, provare e cercare di es-

sere all’altezza della fama di quel teatro, la Scala, quel teatro dove tutto partiva e si librava e si diffondeva come un sottile soffio di vento portando i suoi spettacoli al massimo della sua grandeur! Ebbe anche una famiglia, una bella famiglia: sposò una sua collega, innamorato di Lei da sempre, Ivonne Ravelli, con la quale coronò la sua vita di artista, di marito e di padre.

Roberto Fascilla e Carla Fracci ne Il lago dei Cigni, 1974 © Erio-Piccaglaini

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ccoci ancora qui, insieme, su questo magazine, a parlare, o ricordare con affetto un grande personaggio che ha fatto la storia del balletto in Italia. Sempre positivo ed appassionato della sua arte, che esprimeva sotto tutti gli aspetti, innamorato delle cose belle della vita, ma che ha saputo anche dare più che pretendere dagli altri, porgendo sempre un’ancora di salvezza a tutti quei dispersi nel grande mare della danza. Roberto Fascilla iniziò la sua carriera di danzatore all’età di 9 anni, alla scuola di ballo della Scala, il primo allievo maschio dell’Accademia, un allettan-

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di Maurizio Tamellini

Conobbi Roberto nel 1977, quando andai a danzare con la Compagnia dell’Arena di Verona alla Deutchlandhall di Berlino nella sua Aida, con le scenografie di Vittorio Rossi (altro grande scenografo ed appassionato di balletto che fondò in Italia la prima compagnia di danza insieme al ballerino olandese Pieter van der Sloot ). Iniziai così un’amicizia, lontano da ogni pensiero che un giorno sarebbe diventato veramente il mio “papà”, il mentore della mia carriera artistica. Ci incontrammo nel 1978 al Teatro Filarmonico di Verona nella produzione di “Coppelia” , con la sua coreografia, danzata da Carla Fracci e Niels Kehlet. Passarono ancora una ventina d’anni ed intanto Roberto portò nei più grandi Teatri Lirici italiani le sue coreografie e la sua Direzione artistica facendo brillare i “suoi” teatri. Roberto Fascilla, negli anni in cui era étoile del Teatro alla Scala, rese possibile, insieme ad altri danzatori, la possibilità di una pensione interna integrativa per gli artisti del ballo. Ebbe anche una grande occasione tramite l’allora Sovrintendente dell’Arena di Verona, Carlo Alberto Cappelli: avere il corpo di ballo stabile tutto l’anno per le produzioni di balletto, mentre prima era disponibile solamente per la sola stagione estiva areniana. Un grande e unico traguardo per un Direttore del Corpo di ballo!! Seppi molte cose della carriera di Roberto, tramite la mia amica e collega, che Roberto scoprì, la prima ballerina dell’Arena di Verona, diplomata alla Scuola di ballo del Teatro alla Scala e perfezionatasi a Mosca, al Teatro Bolshoj, facendola danzare i ruoli più importanti nel cartellone della stagione areniana, nella sua compagnia e nelle principali coreografie del suo ricco reper-

CHI È MAURIZIO TAMELLINI...

• Inizia i suoi studi accademici nel 1974 a Verona, sua città natale. Entra all'Accademia Nazionale di Danza di Roma, nel Gruppo Stabile A.N.D., nel Ballet Classique de Paris, Arena di Verona, Teatro Comunale di Firenze e nel 1980 nel corpo di ballo del Teatro alla Scala per quasi 30 anni. • Solista del Ballet National de Marseille R.Petit. Direttore Artistico Danza del Balletto di Varese, del Teatro V.Alfieri di Cast./Garfagnana (Lu), Performing. A.A. Moveon di Milano e dal 2020 del Festival dei 2 mari di Sestri Levante (Ge). • Firma per la danza, i costumi per Workshop con il Teatro alla Scala e una t-shirt per la linea Porselli" Prende parte a diversi programmi televisivi su RAI2 e a numerose altre interviste su varie piattaforme. Maitre de ballet e Presidente di Giuria in prestigiosi Concorsi di danza nazionali e internazionali. • Nel 2019 pubblica il suo primo libro,Nonsola(mente)danza. Collabora con scuole e Accademie, promuove stage, rassegne, master-class, lezioni private e prepara allievi/e per audizioni e Concorsi.

torio: Lia Musarra. Passarono gli anni e ci ritrovammo ancora, quando nel 2010 a Milano ebbe la Direzione Artistica del Premio M.A.B. Gli proposi Gala e Concorsi che portammo a termine davvero felicemente. Passammo momenti indimenticabili e mentre viaggiavamo, in auto soprattutto, Egli riempiva il silenzio di date, serate di balletto, aneddoti, una vera enciclopedia di balletto. Sentivi la profonda passione di un artista che ci credeva fino in fondo, che non è mai stato

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banale nelle sue scelte. Come diceva la mia amica Oriella Dorella: Non è mai entrato nella grande giostra, ma è stato un motore importante di quella giostra. Un grande sognatore come tutti i grandi artisti, una persona umile e piacevole, spiritoso e loquace. Un grande compagno di vita. A lui, dedicherò il mio primo Concorso di danza il 5 giugno 2022 a Sestri Lavante: un riconoscimento alla sua arte, alla sua persona e al suo grande e ineguagliabile sapere. • RS


DIDATTICA

Form-Azione: ricercare, sperimentare, danzare

UNO SGUARDO SULL'AZIONE FORMATIVA COME LABORATORIO DI RICERCA SPERIMENTAZIONE E PARTECIPAZIONE DIDATTICA

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o scopo della nostra rubrica è quello di creare uno spazio di condivisione e ricerca sulle tematiche del movimento danzato come strumento educativo e sui processi in atto nella realizzazione di un lavoro artistico. Educazione e Formazione alla e con la Danza, nella sua accezione più globale, vuol dire ripensare al movimento come mezzo per comprendere e comunicare idee, emozioni ed esperienze. Il termine Formazione designa quel processo naturale o culturale attraverso il quale le cose prendono forma, nonché i risultati di questo percorso. Storicamente, già nell’antica Grecia si pensava a tutta la produzione naturale o tecnica come all’unione di una materia e di una forma, sotto l’azione di un agente e in vista di un fine. L’azione formativa include: la definizione di obiettivi for-

mativi e pedagogici, un programma, il metodo, una strategia, il profilo del formatore, l’identità del tirocinante, la verifica costante dell’azione pedagogica e la valutazione dei risultati. Il fine della Form-Azione è contenuto nella parola stessa: possiamo definirlo come “attività plasmatrice” che, attraverso un processo globale, organico e di autocostruzione, va ad alimentare e rendere manifeste le potenzialità intellettuali, culturali, emotive e creative della persona. In quest’ottica è evidente quanto la Ricerca ricopra una dimensione portante sull’azione educativa. Studiare e sperimentare correttamente e criticamente i metodi di insegnamento, provarne la validità, tradurli in modelli operativi atti a costruire, analizzare e migliorare l’azione

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Antonella Lazzaretti

Claudia Rossi

formativa, diventa il processo costante attraverso cui si può dar forma a nuovi strumenti di trasmissione della conoscenza. È ormai noto quanto le arti, coinvolgendo tutti i sensi, svolgano un ruolo importante nella crescita del bambino, contribuendo a rafforzare le competenze cognitive e relazionali e a riconoscere e gestire le emozioni. L’esperienza artistica influisce sullo sviluppo del pensiero laterale, attraverso una dimensione di apprendimento in cui le capacità esplorative, espressive, comunicative vengono sollecitate. Come pratica artistica, la danza si pone come un valido strumento di formazione della persona poiché capace di coniugare lo sviluppo motorio con quello espressivo, mediante un coinvolgimento globale del corpo che passa attraverso l’attivazione e la percezione sensoriale, la sinergia tra pensiero, azione ed emozione. È importante che un percorso formativo sia vissuto come un momento di crescita personale in cui il piacere dell’apprendimento sia il prodotto di un approccio pedagogico costruito


di Claudia Rossi e Antonella Lazzaretti

CHI È CLAUDIA ROSSI

• Danzatrice, assistente coreografa e coreografa per televisione, teatro e cinema. Laureata presso l’Accademia Nazionale di Danza di Roma per l’insegnamento delle discipline coreutiche, indirizzo Danza Contemporanea. • Grande è l’attenzione verso la Pedagogia della Danza intesa come continua ricerca ed evoluzione del movimento e della sua trasmissione. • Svolge una intensa attività di insegnamento con stage e corsi di formazione professionale e aggiornamento insegnanti su territorio Nazionale.

sulla relazione, la comunicazione, il rispetto della persona, la valorizzazione delle potenzialità individuali e una partecipazione didattica attiva. In questo modo la danza trasmette valori educativi e sociali, produce benessere e piacere verso il proprio corpo e il movimento, rafforza l’autostima. È per questa ragione che riteniamo utile, in un buon percorso di formazione, avvalersi di conoscenze metodologiche profonde e di strategie di apprendimento/insegnamento diverse e costantemente aperte alle continue evoluzioni della società e del sapere. Alla luce di tali considerazioni, risulta interessante una didattica che ricorra all’uso di pratiche esplorative

e creative del movimento, applicabili non solo nei percorsi dedicati al mondo dell’infanzia, ma come esperienze da utilizzare con continuità nelle diverse fasi dello studio. L’esperienza creativa contribuisce ad affinare la coscienza corporea e la consapevolezza motoria, accende la curiosità e facilita il cammino

della conoscenza, perché contiene in sé l’azione del gioco che è l’attività principale di ogni bambino. Estesa nel tempo, ad ogni età e in ogni contesto, migliora le capacità di esplorare, ricercare e sperimentare che sono alla base di ogni attività di insegnamento e di studio. • RS

CHI È ANTONELLA LAZZARETTI

• Danzatrice, insegnante, laureata presso l’Accademia Nazionale di Danza per l’insegnamento delle discipline Coreutiche, indirizzo danza contemporanea. • Dal 2017 è docente a contratto nel progetto EducANDo in Danza, Accademia Nazionale di Danza. • È membro del consiglio direttivo della DES, Associazione Nazionale Danza Educazione Società. • Svolge un’intensa attività di insegnamento della danza in differenti contesti educativi e in numerosi corsi di formazione per insegnanti sul territorio nazionale.

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IL DIRETTORE D'ORCHESTRA

La carismatica figura

del direttore d ' o rchestra

ALLA SCOPERTA DI UNA DELLE FIGURE PIÙ ICONICHE DELLA MUSICA

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pesso la gente si chiede: “A cosa serve il direttore d’orchestra?” oppure “Quale è il suo compito?” A me è capitato molte volte di parlare con Persone non proprio vicine al mondo musicale e ricevere la classica domanda: “Lei è un direttore d’orchestra? Che bello... ma di mestiere cosa fa?” Purtroppo questo è il frutto di una scarsa conoscenza in merito ad una affascinante ma spesso sconosciuta professione. Nelle prossime righe tenterò di illustrare un po’ meglio questo curioso lavoro. Il direttore d’orchestra è colui che ha il compito di concertare e governare l’esecuzione di un gruppo di musicisti e cantanti più o meno grande. La concertazione prevede il lavoro artigianale e minuzioso legato all’interpretazione di un’opera, di un concerto sacro, di una sinfonia

ecc… Consiste nel dare tutte quelle indicazioni di dinamica, espressione, accenti, crescendo, diminuendo, sospensioni e via di seguito, necessari a far si che risponda alle indicazioni dell’Autore ma anche all’interpretazione del Maestro Direttore. Tra le varie situazioni che si creano durante la concertazione vi è quella legata all’intonazione degli strumenti oppure a quella dei cori. Molto importante è l’equilibrio tra i complessi artistici; ad esempio quando la melodia principale è assegnata ad uno strumento dal suono più debole e l’accompagnamento prevede l’impiego di strumenti numerosi e di grande potenza. Altra situazione quando ci si trova a gestire partiture o arrangiamenti poco efficaci: in questo caso il

Conductor, Mervine Jules

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direttore, analizzando la scrittura deve prevedere le migliori soluzioni possibili per ovviare il problema. Importante aspetto del direttore in fase di concertazione è la strategia di prova. Consiste nel preparare e pianificare il lavoro già durante lo studio della partitura, predisponendo tutto ciò che avverrà a tavolino. È fondamentale per ogni direttore avere ben chiaro lo schema di come intende procedere, ottimizzare il tempo a disposizione per raggiungere gli obiettivi. Partendo dal fatto che nessuno riesce ad ottenere subito tutto alla perfezione, si rende necessario organizzare la prova con gradi di successione, per esempio: 1) note e ritmo, poi corretta pronuncia delle parole (nel caso di prova con cantanti o cori), 2) fraseggio e respiri, dettagli tecnici esecutivi come arcate, fiati... Dopo aver svolto la concertazione l’altro compito del direttore è quello appunto di dirigere. Qui pongo subito all’attenzione del lettore la grande differenza che esiste tra Dirigere o Battere il tempo. La vera direzione, così


del M° Gianmario Cavallaro

Ritratto di Anton Grigorievich Rubenstein, Ilya Repin

come la intendiamo oggi si sviluppa particolarmente durante il periodo Romantico, quando gli organici divennero particolarmente grandi, si pensi al grande sinfonismo di Beethoven, Brahms, Berlioz ecc... La gestualità ovviamente è l’elemento fondamentale. Il Maestro Direttore si avvale anche della bacchetta, con la quale scandisce il tempo e da gli attacchi mentre con l’altra mano indica tutta la parte interpretativa del brano musicale. Possiamo dire che questi gesti si dividono in due parti differenti: 1) Momenti attivi: dove è indispensabile dare stacchi di tempo, accelerandi, rallentandi ecc… Sono come degli ordini

perentori impartiti agli esecutori che richiedono estrema chiarezza, devono essere perfetti tecnicamente ed inequivocabili. Qui ciò che prevale è Battere il tempo, 2) Momenti passivi: dove il compito del direttore è quello di mantenere lo stesso tempo e fornendo dettagli espressivi. In questo caso prevale il Dirigere. La differenza tra dirigere e battere si manifesta nei momenti passivi che sono spesso la parte più corposa della direzione. Come si può notare il ruolo del direttore è tutt’altro che marginale o semplicemente spettacolare; tutto ciò che avviene musicalmente è deciso da Lui ed è assolutamente insindacabile. Possiamo anche dire che la parte principale la svolge proprio in sala durante la concertazione poi, quando si “va in scena”, tutto è già stato deciso e fissato quindi, il suo compito è quello di condurre l’esecuzione nel migliore dei modi. Una cosa importante che mi preme sottolineare è il rapporto che si instaura tra il direttore e l’orchestra, i cori, i cantanti. È evidente che qualsiasi atteggiamento autoritario o supponente lo rende odioso creando una barriera tra lui e gli esecutori; tanto per intenderci: lo stile

CHI È IL M° GIANMARIO CAVALLARO

• Direttore d’Orchestra, Maestro di Coro, Direttore Musicale di Opera & Ballett Swiss, Balletto di Milano, Fondazione Arteatro e Calma Art Mtu delle quali è presidente il M° Carlo Pesta. • Diplomato presso il Conservatorio di Parma, si perfeziona con il M°Romano Gandolfi. Per 10 anni Maestro del Coro presso la Fondazione Teatro Coccia di Novara, debutta come direttore d’orchestra con il Balletto di Mosca in Versiliana per la prima Nazionale de “Il lago dei cigni”. Da qui prosegue l’attività direttoriale realizzando Opere, Balletti e Concerti in tutta Italia, Francia, Germania, Austria, Svizzera,Turchia, Svezia, Estonia, Polonia, Russia, Canada, Brasile alla guida di importanti formazioni Orchestrali e Corali. • Si esibisce con successo in occasione di Festivals Internazionali. Dirige in Teatri quali: Il Teatro degli Arcimboldi (Milano), Teatro Comunale (Bologna), Teatro Verdi (Trieste), Teatro Bellini (Catania), Teatro Puccini (Torre del Lago), Teatro Capranica (Roma), Teatro Donizetti (Bergamo), Teatro Coccia (Novara), Teatro Gesualdo (Avellino) ed altri. All’estero in Teatri quali: Teatro Du Leman (Ginevra), Centro Culturale Russo (Tallinn), Saaremaa Opera Festival, Teatro Pedro II (Riberao Preto). Tiene concerti in parecchie Città come: Toronto, Sao Paulo, San Pietroburgo, La Ciotat, Istambul, Dresda, Montecarlo, Vienna, Ginevra, Zurigo, Umea...

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e l’approccio del grande Toscanini, severo ma anche rabbioso e nevrastenico a tal punto da offendere le orchestre con ferocia, oggi non sarebbe più tollerato. Prima di tutto ne risente il suono prodotto poi la tensione piena di sentimenti negativi che potrebbe compromettere l’esecuzione. Molti Direttori invece assumono comportamenti estremamente amichevoli rispetto al gruppo che dirigono. Questo modo ha i suoi pregi perché rende immediatamente simpatici e stimola alla collaborazione. Personalmente ho sempre creduto che Severità ed Autorevolezza

IL SITO

Inquadra il QRcode per il sito ufficiale di Gianmario Cavallaro non debbano essere confuse con arroganza e maleducazione. Si pensi al M°Claudio Abbado (tra i migliori direttori, amati ed apprezzati a livello mondiale). Discuteva amabilmente con le orchestre addirittura chiedendo pareri e consigli, creando un clima confortevole che giovava alla produttività del gruppo. Per il momento mi fermo qui ma anticipo che sul prossimo numero parleremo di alcuni “Grandi Direttori d’Orchestra” che hanno contribuito a fare la storia. Li metteremo a confronto e noteremo le sostanziali differenze caratteriali e stilistiche, elementi che segnano le varie personalità e quindi le diverse letture di una composizione. • RS


IL FOTOGRAFO

Quando lo scatto diventa " spettacolare"!

UN TUFFO NEL MAGICO MONDO DELLA FOTOGRAFIA DI SCENA...

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assimiliano Fusco è un fotografo di danza e musical, che opera soprattutto a Roma, in teatri come Brancaccio o Sala Umberto. Al Brancaccio, dal 2017 sta scattando per Aggiungi un posto a tavola. Massimiliano, ti ricordi la prima volta per Aggiungi? Si, devo dire abbastanza bene. C’era molta attesa per questa nuova versione e soprattutto aspettative, visto l’importante cambio di casa, dal Sistina al Brancaccio. Da parte di Alessandro Longobardi c’è stato un grandissimi impegno per onorare al meglio uno dei capolavori del teatro italiano, rispettando in tutto e per tutto scenografia, coreografie e ovviamente la musica a quelli che erano gli originali.Quindi anche da parte mia c’era molto “timore” nella riuscita del servizio. Per me ogni servizio è come la prima volta, la famosa “ansia da prestazione” mi accompagna sempre e forse è questa che fa tenere alta

l’attenzione senza mai distrarsi. Lo spettacolo dal 2016 va avanti senza snaturare il capolavoro originale che è. Cosa ci puoi dire a riguardo? Questa penso che sia stata una scelta voluta dalla produzione e credo anche dallo stesso Gianluca Guidi. Di sicuro so che chiedono il massimo rispetto ed impegno nei confronti di questo spettacolo a tutti, dall’assemble, agli attori, alle maestranze, a tutti. Uno spettacolo che continua a portare sempre tantissima gente, sia grandi che piccini e che non stancherà mai di essere ammirato. Io una delle tante serata fatte, nel 2019, ho portato anche il mio piccolo che all’epoca aveva circa 10 mesi e lo ha visto tutto, spero di poter fare lo stesso quest’anno con il fratellino che avrà anche lui circa 10 mesi. Le scenografie di questa commedia musicale sono davvero

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un gioiello: come le fotografi, per dare il senso di profondità? La scenografia è semplicemente geniale, soprattutto se pensiamo che è stata progettata quasi 50 anni fa. L’idea di avere più ambienti che ruotano su loro stessi… follia totale (in senso buono ovviamente) fotografarla non è semplice. Il nostro lavoro molte volte ci impone di non poterci muovere da fondo sala per avere foto il più fruibili possibile in più ambiti, dal libro sala ai social alla promozione. Una volta però ottenuto il servizio giusto, “aggiungi” si presta a mille interpretazioni da ogni angolo, la scenografia è strutturata in modo tale che non ci siano quinte, tutto è scenografia, quindi ci si può muovere per poter avere quelle riprese che da fondo sala non avresti mai. gli scatti che preferisco sono quelli da dietro le quinte, dove vivi lo spettacolo, percepisci l’emozione, la fatica ma la felicità di far parte di qualcosa di incredibilmente importante per il teatro italiano Quanto è importante la luce sulla scena? Quanto e come può influire sul lavoro del fotografo? La luce è tutto per uno spettacolo ma allo stesso tempo è uno


di Silvia Arosio

di quegli elementi su cui, come fotografi di scena, non possiamo far nulla. La nostra capacità è saperla leggere ed interpretarla nel preciso instante che viviamo lo spettacolo. Molte volte mi è capitato di fotografare uno spettacolo senza nemmeno aver visto le generali, quindi grande capacità di adattamento e di lettura del momento. Hai seguito anche La Piccola Bottega degli Orrori, uno spettacolo molto colorato…Come lo hai ripreso? Altro spettacolo pazzesco, Pietro Di Blasio ha dimostrato tutto il suo genio alla regia. Lo conosco e lo ammetto, sono di parte, oltre a trovarlo persona squisita è un professionista incredibile e non ha lasciato nulla al caso nella “bottega”, basti pensare alla pianta, chi avrebbe mai pensato ad una DragQueen (Velma K) per interpretazione della pianta carnivora? Scelta azzeccatissima, poi lei bravissima con una voce da lasciare senza fiato So che stai entrando anche sul nuovo musical Tutti parlano di Jamie… Si va in scena l’8 aprile per la prima... saprò dirti qualcosa di più dopo quella data. Qual è la differenza per un fotografo di scattare per una commedia musical, danza o prosa? Momenti. Sono i momenti, la prosa “ammette” errori, è sta-

IL SITO

Inquadra il QRcode per il suo sito internet

tica quindi permette una gestione più rilassata che non significa “prendersi un caffè”, si è sempre molto attenti ma i tempi sono più dilatati il musical è una via di mezzo ma più vicino alla danza, diciamo che ci sono molti momenti e se qualcosa si sbaglia la si può recuperarla mentre la danza… la danza a teatro è una “bestia nera” che pochi sanno domare, non ammette errori di nessun tipo, non concede un momento di relax, ti costringe ad essere attento sempre per tutto il tempo dello spettacolo e lo si deve, per quanto mi riguarda, come rispetto per i ballerini. La danza è un mondo che seguo per mia passione, so cosa c’è dietro, so delle sofferenze, dei sacrifici, dei piedi tumefatti e sanguinanti, dello sforzo fisico che c’è dietro, nascosto magistralmente da visi sorridenti (ovvio che dipende dallo spettacolo e/o variazione) e da una leggerezza che molto volte sfida la gravità. quando vedo foto di danza, di qualsiasi tipo, che non hanno un senso mi arrabbio, perché chi ha fotografato non sa cosa c’è dietro e si vede, scatta le ballerine perché fa figo... Ma la cosa che mi lascia più perplesso è la scelta che fanno le ballerine di farsi fotografare con questo “nonsense” Cos’è la fotografia per te? La rappresentazione di un momento, per questo dobbiamo essere bravi a saperlo fermare. Per me la fotografia è come nella danza, è quello il momento, ne un attimo prima ne un attimo dopo.

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Come mai hai scelto di dedicarti - anche - allo spettacolo? In realtà tutto è partito dal teatro e devo essere onesto sono entrato a fotografare a teatro per mettermi alla prova come fotografo e da li poi trasportare ciò che ho imparato all’esterno, trasmetterlo alla ragazza che mi aiuta negli eventi, Elisa, che sono i miei occhi li dove non arrivo a vedere e devo dire che sta diventando più brava di me. Come ti sei preparato per affrontare questo ramo del tuo mestiere? Self-made, da solo, studiando e provando. Tanta gavetta, girando per teatri e chiedendo di poter scattare, provando, capendo i miei errori e migliorando, avevo provato a chiedere a qualche “sedicente” fotografo di poter fare da assistente ma la fortuna ha voluto che mi dicessero sempre no, non credo che sarei dove sono ora. Più entro a teatro e più mi accorgo che sono all’inizio di una strada molto lunga che non finisce mai e che ogni volta ti porta delle soprese e dei gioielli (vedi “aggiungi”) che ti emozionano e che ti fanno tornare a casa felice Dal prossimo mese ritroveremo Massimiliano Fusco come contributor per svelarci qualche trucco del mestiere... • RS


LA TRUCCATRICE

Gli effetti speciali del

maestro Dario Argento

IN VIAGGIO CON LA MAKE UP ARTIST ANGELA VALENTINO NEL MONDO DEL TRUCCO ARTISTICO

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ra il 1967, quando il saggista francese Guy Debord pubblicava il libro “La società dello spettacolo”, anticipando una tendenza che oggi ha raggiunto quasi il suo paradosso. Se nella società c’è in generale uno spostamento verso gli aspetti più immaginifici, nel cinema, anzi, in suo preciso genere ( fantasy, il fantascientifico e l’horror), l’elemento fantastico, o della meraviglia, è diventato uno degli aspetti prevalenti rispetto ad altri linguaggi. Questi fili di successo sono costruiti non tanto sullo sviluppo della vicenda e sul carattere dei personaggi, quanto proprio sugli effetti speciali. Come abbiamo già visto in precedenza il mondo degli effetti speciali è il complesso di tecniche o trucchi utilizzati in ambito scenico per creare un ‘illusione di realtà. E’ un mestiere insolito, così come fuori dal co-

mune sono i contesti in cui lavora. Richiede manualità, moltissima, e approfondite conoscenze dei materiali e delle cromie estetiche del viso su cui intervenire. Sicuramente gli effetti speciali più interessanti e curiosi li troviamo nel cinema horror e come non ricordare uno dei Maestri del brivido per eccellenza : Dario Argento. Dario Argento, appunto il Maestro del brivido, che ha terrorizzato i cinema degli anni ’70 con i suo film horror. Ma cosa si trova dietro a questi capolavori del Brivido? Un grande studio di effetti speciali e tantissimi trucchi mai svelati per riprodurre scena dei suoi film, che hanno fatto parlare tutto il mondo. Siete davvero certi di sapere tutto di Phenomena, storica pellicola di Dario Argento, che all’epoca dell’uscita nelle sale italiane venne bersagliata dagli acuminati strali della critica fino a diventare un Cult assoluto? Tranquilli, neanche gli stessi addetti ai lavori hanno la pretesa di conoscere ogni mistero e dettaglio in merito. Eppure il film, datato 1985, pullula di aneddoti e curiosità. È risaputo che per i

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suoi film più classici, Dario Argento ha sempre preferito avvalersi di effetti speciali artigianali, molti dei quali pioneristici e di estrema efficacia ai fini della resa visiva. La pellicola vede la partecipazione di attori di eccezione, 40 milioni di insetti allevati esclusivamente per l’occasione, sebbene con le scene in cui sciamano proprio non c’entrano nulla. L’assalto al collegio è merito di Sergio Stivaletti, grande truccatore di effetti speciali, che all’epoca versò in un acquario, fondi di caffè sbriciolato, così da ricreare una caduta lenta simulando lo sciame davanti allo sfondo del collegio. Discorso a parte va fatto in relazione alla vasca piena di liquami, vermi, pezzi di cadavere, ossa e teste, ovvero l’emblema della necrofilia dell’assassino. Si soffre terribilmente vedendo Jennifer, la protagonista, dimenarsi in un lecito impeto di repulsione, ribrezzo e orrore in quel disgustoso liquido. Si trattava di una mistura composta da chicchi di riso, amarena, caramello e cioccolata. Il climax d’inquietudine e


di Angela Valentino

CHI È ANGELA VALENTINO • Angela Valentino una giovane

Make up artist italiana con una forte inclinazione per le arti del makeup. • La sua passione è iniziata con le arti dello spettacolo durante il liceo artistico. Laureata in Scenografia e costume per lo spettacolo all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano e diplomata in Truccatore artistico alla BCM Cosmetics di Milano. Successivamente, ha lavorato per diversi teatri, televisione, cinema e moda. • Ha vinto due premi come miglior truccatrice a Los Angeles e a New York. Ora vive da sei anni a New York.

terrore si raggiunge con l’apparizione del raccapricciante Patau bruckner, così nominato da Argento dopo aver visionato un libro recante foto di soggetti della sindrome di Patau, bambini e uomini dal viso orrendamente deformato. Il look del mostro, opera di Sergio Stivaletti, che volle per lui qualcosa in grado di richiamare falsamente l’innocenza di un bambino condannato alla solitudine ma capace di

riversare subito la propria ferocia sulle malcapitate vittime. Memorabili il prologo e l’omicidio alle cascate della prima vittima, che sfonda con la testa il vetro in una sequenza a rallenty, in cui probabilmente si sono ispirati a Vanzina per l’epilogo del coevo Sotto il vestito niente. Infine, pochi sanno che nel

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2001 era in previsione un sequel di Phenomena, mai realizzato in quanto Dario Argento era sotto vincolante contratto della medusa Film. Sarebbe stato potenzialmente interessante ma anche una lama a doppio taglio. Phenomena resta così un pezzo unico e ancora molto amato dai fan del maestro del brivido. • RS


LO SCENOGRAFO

Il teatro all A ' ntica di Sabbioneta

IL PRODUCTION DESIGNER E "ARCHITETTO DELL'EFFIMERO" RACCONTA I "TESORI" ITALIANI

C

ontinua il nostro viaggio nell’architettura teatrale e nelle bellezze della nostra Italia, che essendo un paese ricco di teatri storici, lascia spazio a fantastiche storie da raccontare. Abbiamo visto la volta scorsa un bellissimo teatro storico, come il teatro olimpico di Vicenza, progettato da Andrea Palladio e terminato dall’architetto vicentino Vincenzo Scamozzi. A differenza del teatro Olimpico di Vicenza, il teatro Scamozziano che vi sto per raccontare non è frutto

di una ristrutturazione ma fu appositamente costruito per il nobile scopo culturale. Lo possiamo così considerare il primo esempio di teatro europeo stabile: il teatro di per sé è molto elegante: è un trionfo di statue di divinità mitologiche e mezzi busti. Evidentemente, Scamozzi ha voluto fare un omaggio al suo maestro, Andrea Palladio. Nel prospetto esterno, la fascia marcapiano mostra la scritta che fa riferimento alla grandezza di Roma e quanto fu grande lo dicono le sue Vincenzo rovine… Scamozzi Il palcoscenico era dotato di una scena fissa di legno, che rappresentava una città in prospettiva e che purtroppo con il tempo è andata perduta. Nel retropalco, importante novità per il periodo, si trovano i camerini per gli artisti e ancora piccole importanti differenze, come il diversificato me-

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todo di ingressi e l’orchestra inclinata. Infine, da considerare anche la bellissima balaustra che ricorda l’idea cinquecentesca del cortile che veniva adibito a luogo teatrale: in fin dei conti il teatro è parte integrante delle vite dell’umanità da sempre. Nel 1590 il teatro fu inaugurato dallo stesso duca di Sabbioneta, che lo aveva commissionato: amante delle arti, purtroppo non poté godersi questa splendida opera,

CHI È ANTONELLO RISATI • Assistente Scenografo: 2000

teatro Buonanotte Mamma regia L. Salveti; 2001 teatro Otello regia G. Del Monaco; 2002 teatro Tancredi regia M. Gasparon; 2003 teatro Proserpine regia M. Gasparon; 2003 teatro Orfeo regia M. Gasparon; 2015 teatro Una coppia in provetta regia G. Corsi; • Scenografo: 2006 Premiere del film animato The Wild (Disney), 2017 Design Area Kids Family Hotels, 2018 teatro Romeo e Giulietta regia M. Iacopini. 2019 teatro La leggenda di Thor regia A. Ronga


di Antonello Risati

IL VIDEO

Inquadra il QRcode e guarda i suoi lavori in quanto mori l’anno dopo e sua figlia non si curò molto di questa eredità. Fortunatamente, il teatro è tutt’ora fruibile e nel 1996 è stata anche reinserita la scena fissa, andata perduta, da parte di due architetti romani. Alla scoperta del nostro patrimonio teatrale che fa parte della nostra cultura da sempre, il prossimo mese ci sarà un’altra perla da vedere e raccontare. Alla prossima! • RS

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PAROLE D'ARTISTA

Franz

Marc e

l’animalizzazione dell’arte

NON CONOSCO MEZZO PIÙ FELICE PER L'"ANIMALIZZAZIONE DELL'ARTE" CHE L'IMMAGINE DELL'ANIMALE. IO TENDO A QUESTO

Franz Marc I grandi cavalli blu, 1911

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uesto mese incontriamo un artista unico nel suo genere, che usa la simbologia e il colore in una maniera assolutamente fantastica! Stiamo parlando del grande maestro espressionista tedesco Franz Marc, emblema di un nuovo modo dì rappresentare la natura e gli animali, con una coloristica che non proviene dalla natura stessa, ma che assume un aspetto del tutto nuovo. Capiamo dalle parole, scritte da una sua lettera scritta nel 1910, la sua poetica e la sua arte:" "Non mi propongo in particolare una pittura di animali. Cerco uno stile bello, puro e luminoso,

che sappia esprimere almeno una parte di ciò che ho da dire come pittore moderno. Avvertire il ritmo organico di tutte le cose, le vibrazioni e le stille di sangue della natura, gli alberi,

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gli animali, l'aria. Vorrei fare quadri con nuovi movimenti e nuovi colori che sappiano umiliare la vecchia pittura da cavalletto. In Francia, lo si è imparato da più di mezzo secolo. Da Delacroix a Millet, a Degas e Cézanne, fino a Van Gogh e ai puntinisti, c'è una strada precisa; e i giovani francesi sono impegnati in una splendida corsa verso questo traguardo. Stranamente però evitano con cura il soggetto più naturale per quest'arte: gli animali. Non conosco mezzo più felice per l'"animalizzazione dell'arte" che l'immagine dell'animale. Io tendo a que-


di Antonello Risati

sto. In Van Gogh o in Signac tutto è diventato animale: l'aria, la barca stessa che si posa sull'acqua, e soprattutto la pittura. I loro quadri non hanno più nessuna affinità con quelli che una volta si chiamavano "quadri". Nel prossimo passaggio, un frammento di una prosa, intitolata Il temporale, dove aldilà del testo, troviamo il suo modo di fondere realtà, colori e animali in una ricetta innovativa e al tempo stesso disarmante: "Il temporale gridava. Entrai in casa e vidi tutto. Una donna rossa, gattini neri sul tavolo verde. Il lampo divorò la macchina, i gattini giocavano con la donna, che sorrideva, uomo e cavallo sono morti. L'angelo della paura batte alla finestra: vidi il cuore rosso della donna che tremava e i gattini neri sul tavolo verde. Che cosa? Rosso e nero e verde? Tre colori danno un pensiero? Se si dà al rosso la forma del cuore, al nero la forma dei gattini, al verde la forma del quadrato ... Voglio pensare

Franz Marc Mucca gialla, 1911

questo pensiero. Il cuore rosso della donna si spezza, lasciando sgorgare un rivo rosso di sangue che scorre lungo prati verdi su cui pascolano pecore nere. Il temporale ha tolto la mano dalla terra. Il cielo azzurro guarda come un gigantesco occhio di vetro lo scenario rosso, verde, nero. Non è un pen-

siero orribile? Capite adesso cosa dipingono i pittori"? Cosa veramente dipingono i pittori e qual è la loro poetica? Per quanto si voglia interpretarla, nella loro mente è ben precisa e chiara: purtroppo alcune volte non di facile comprensione ma celata da grandi pensieri onirici. Alla prossima! • RS

Franz Marc Forme in lotta, 1914

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INCONTRI RAVVICINATI

Un nuovo punto di vista da... dietro le quinte!

IN CINQUE SEMPLICI DOMANDE OGNI SCENOGRAFO DOVRÀ RACCONTARE LA PROPRIA ESPERIENZA SUL CAMPO

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er la rubrica “incontri ravvicinati”, abbiamo stavolta l’onore di conoscere lo scenografo Alessandro Chiti, che teatralmente ha realizzato ben 400 scenografie e vinto nel 2015 l’Oscar del Musical italiano per la scenografia di Rapunzel, con la regia di Maurizio Colombi. Scopriamo, con le consuete 5 domande, il nostro protagonista, che ci racconterà il lungo percorso fatto in tantissimi teatri e che lo ha portato fino ad oggi a realizzare la scenografia del musical “Tutti parlano di Jamie”, in scena al teatro Brancaccio di Roma. Come è nato il tuo amore e la tua passione per l’arte scenografica e per il teatro? Sin da bambino, la mia curiosità verso il teatro, che vedevo saltuariamente in una piccola città di provincia, mi faceva fantasticare fino a sognare di poterlo trasformare in una professione. Tra i miei giochi principali c’era un teatrino di burattini, costruito proprio da me, come anche i personaggi che lo animavano. Naturalmente ho avuto grande supporto ed incoraggiamento da

parte dei miei, che hanno sempre assecondato volentieri questa mia passione. L’inizio dell’attività di scenografo è avvenuta in maniera fortuita, con la conoscenza occasionale di alcune persone che condividevano le mie stesse passioni e, insieme, abbiamo deciso di creare una piccola compagnia di teatro: abbiamo iniziato così a fare spettacoli per gli studenti, non in classe, ma in piccoli teatri, dove la magia poteva compiersi anche con pochi mezzi. Erano cinema-teatri di provincia e, spesso, eravamo costretti a passare la notte in palcoscenico per montare le scene in tempo e per essere pronti per le matinée. Ma eravamo giovani e la passione vinceva sempre sulla stanchezza e sul sonno perso. Contemporaneamente studiavo architettura, ma in teatro, da autodidatta, sperimentavo materiali, spazi, piccole costruzioni. Hai ideato circa 400 scenografie: quale hai amato di più? E perché? Ogni spettacolo è come un parto e scegliere tra i figli è impossibile.

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Alessandro Chiti

Potrei citare La Presidentessa, con la Ferilli, e con la regia di Proietti, andata in scena al Teatro Brancaccio anni fa, in cui il connubio tra la scena e la regia di Proietti avevano contribuito a creare uno spettacolo perfetto. Oppure, Maria Stuarda, con Elisabetta Pozzi e Mariangela D’Abbraccio, con la regia di Francesco Tavassi, in cui la scenografia si fondeva con la bravura delle attrici. Grande soddisfazione anche La Tempesta”, con Giorgio Albertazzi, regia di Daniele Salvo, al Teatro romano di Verona, dove una grande idea scenica contribuiva a dare una magica e irresistibile attrazione a tutta l’opera. Nel tuo lungo percorso di scenografo, come hai cambiato il modo di pensare la scenografia teatrale e come si evolve il lavoro di scenografo nel tempo? La parola più giusta per definire il mio processo creativo è “immaginazione”. Facendo un breve riepilogo della concezione scenografica dal dopoguerra ad oggi, abbiamo assistito a continui cambiamenti di orientamento, sia sulla scelta dei


di Antonello Risati

testi che per quanto riguarda la loro rappresentazione. Dalla scenografia pittorica apparentemente realistica e rigorosamente filologica o addirittura d’epoca, degli anni ‘50 o ’60, si è passati all’avanguardia degli anni ’70, dove tutto doveva essere moderno e astratto. Poi dagli anni ‘80 fino alla fine del millennio, abbiamo assistito al ritorno del “dramma borghese” e di proposte teatrali molto influenzate dal cinema e, dunque, visivamente parlando, impregnate di realismo cinematografico. Da qualche anno tuttavia, il “minimalismo” scenografico (un po’ voluto per scelta, e un po’ dovuto alla pochezza dei mezzi economici), è molto presente nelle rappresentazioni teatrali. Riconosco che tutto questo può avere un suo fascino, soprattutto perché dà modo di creare nuove atmosfere, potendo anche far leva su mezzi tecnici in continua evoluzione. In futuro, a mio parere, assisteremo ad ambientazioni in epoche e luoghi indefiniti con la scommessa di far emergere il “senso” dell’opera attraverso climi, illusioni estetiche, elementi simbolici, ma sempre con coerenza e credibilità. In tutto questo, l’immaginazione e la fantasia hanno un bel peso e la scommessa è vinta quando l’ambiente scenografico diventa luogo d’interazione immaginaria con il pubblico. Così il “rito” si compie. Premio Oscar del musical italiano nel 2015 come migliore scenografia per lo spettacolo Rapunzel con Lorella Cuccarini e la regia di

Maurizio Colombi: raccontaci un aneddoto di questa esperienza. L’esperienza per l’ideazione di Rapunzel è stata “particolare” per vari motivi. Innanzitutto il fatto che fosse uno spettacolo destinato essenzialmente ai bambini, ma fruito anche dai genitori, faceva sì che, oltre a raccontare una fiaba, dovesse avere anche le caratteristiche di un vero musical. Il regista Maurizio Colombi, autore anche del testo, era molto attento all’aspetto favolistico, mentre io avevo la tendenza a creare sempre atmosfere un po’ estranianti e “noir”. Inizialmente non riuscivo a trovare la giusta sintesi, la chiave di lettura che mi permettesse di andare avanti nella creazione. Ho passato momenti di vero panico, perché era come resettare mio il processo creativo, a tal punto che ero deciso a abbandonare la proposta. Poi ho trovato il coraggio, spin-

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to anche dal regista, e la magia si è creata, tanto da renderlo uno spettacolo vincente, in cui la scena è una grande protagonista. Parlaci dell’ultima creazione scenografica che riguarda il musical che ha debuttato mentre facciamo quest’intervista al teatro Brancaccio, Tutti parlano di Jamie. Tutti parlano di Jamie nasce a Londra e prende spunto da una storia vera, con una versione scenografica molto particolare, direi astratta, ma anche molto statica. Altre versioni realizzate sono sempre una replica della versione originale. In Italia, per la prima volta nel mondo, e dopo aver sottoposto il progetto al vaglio degli autori inglesi, ho avuto il piacere di inventarmi, insieme al regista Piero Di Blasio, una versione nuova e completamente diversa, dove elementi scenografici, in continuo movimento, si fondono con il ritmo musicale incalzante e diventano protagonisti insieme agli attori/ballerini, contribuendo non solo a accennare ambienti, ma anche a scandire tempi e spazi. Fondamentale l’uso sapiente delle luci di Emanuele Agliati, che evocano atmosfere tra il realismo metropolitano della provincia inglese e il mondo luccicante del drag/musical. La scommessa è stata vinta, perché lo spettacolo piace molto, tanto da aver avuto apprezzamenti anche dai produttori inglesi. • RS


MOSTRE

Al

di

T AM è tempo David

Bowie

DAL 2 APRILE A MILANO UNA RETROSPETTIVA CARICA DI DETTAGLI E RICOSTRUZIONI CHE RACCONTANO LA STRAORDINARIA AVVENTURA DEL "DUCA BIANCO", DOPO IL SUO RITORNO IN EUROPA A METÀ DEGLI ANNI 70.

D

opo il grande successo delle mostre dedicate a Claude Monet, Banksy e alla Street Art, l’Arte torna a essere protagonista del cartellone del TAM Teatro Arcimboldi Milano con la mostra DAVID BOWIE the PASSENGER. By Andrew Kent. La mostra è un’anteprima italiana, e si compone di 60 scatti, diversi cimeli e documenti originali provenienti dall’archivio di Kent. Accanto al percorso fotografico verranno fedelmente e filologicamente ricostruiti gli ambienti protagonisti della avventura Europea di Bowie a metà degli anni ’70: dal vagone del treno che lo portò fino a Mosca, alla

sua stanza di albergo a Parigi. E ancora abiti, microfoni, macchine fotografiche, dischi, modellini, manifesti, memorabilia varia e proiezioni completano la mostra accompagnando il visitatore in un viaggio spettacolare ed immersivo all’interno di una delle parentesi più affascinanti della carriera dell’icona della cultura popolare. IL RITORNO IN EUROPA Tra il 1975 e il 1976 Bowie decide di lasciarsi alle spalle l’esperienza americana, culminata con il successo di un LP come Young Americans e le riprese del film L’uomo che cadde sulla terra, per tornare

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nella nativa Europa e rifondare la sua carriera. Qualche tempo prima di morire Bowie disse che, nonostante vivesse a NY da anni, si sentiva profondamente europeo. Deve aver provato lo stesso sentimento a metà degli anni Settanta quando tentava di sopravvivere a Los Angeles tra esoterismo, magia nera e cocai-


di Daniele Colzani

na. Quest’ultima lo stava facendo implodere proprio all’apice del successo americano e Bowie cercava conforto in Addio a Berlino, il romanzo di Christopher Isherwood ambientato durante la Repubblica di Weimar, nel suo lavoro e nella musica dei Kraftwerk. Sono questi fattori importanti che spingono Bowie ad immaginare il proprio ritorno in Europa. Berlino era la città prescelta, nonostante a Londra - la sua città natale - ci fossero i segnali di un’altra rivoluzione imminente: il Punk. L’ex-capitale del Terzo Reich non poteva non esercitare un fascino discreto su Bowie anche per via del muro che divideva due mondi: Est e Ovest, Capitalismo e Comunismo. Una frontiera costruita nel cuore della città a creare una frizione costante, nella quale artisti come lui trovavano ispirazione. IL "DUCA BIANCO" Durante il tour promozionale del suo ultimo album, Station to Station, Bowie era diventato The Thin White Duke ovvero Il Sottile Duca Bianco: un elegante, sofisticato, pallido - ed eccessivamente scavato in viso - crooner con camicia bianca, panciotto e pantaloni neri. Un antistyle per eccellenza che nasceva dalla mente non convenzionale di un artista che aveva espanso i confini del pop,

introducendo nuovi elementi come la performance, costumi di scena che avrebbero influenzato la moda, la letteratura, la politica e una teatralità prima sconosciuta in quel contesto. Le fotografie e le testimonianze di Andrew Kent che compongono questa mostra raccontano quel periodo concitato nel quale tutto stava di nuovo cambiando sia per Bowie che per il mondo attorno a lui. Non solo foto da palco, quindi, ma anche testimonianze di quel frenetico viaggiare, soprattutto in treno e nave (Bowie infatti detestava volare in quegli anni) per raggiungere quei luoghi dove la maggior parte delle persone comuni non poteva andare, come ad esempio il Blocco Sovietico. Bowie aveva già visitato Mosca nel 1973, ma durante una pausa del segmento europeo dell’Isolar Tour, il tour promozionale di Station to Station, annuncia al suo entourage che vuole raggiungere di nuovo la capitale russa. Sarà Andrew

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Kent à occuparsi dei visti per accedere all’Unione Sovietica. Di quel breve soggiorno rimangono le fotografie incluse nel percorso della mostra a restituirci un istante unico. Si tratta di snapshot e qualche foto in posa - davanti al Cremlino o al Mausoleo di Lenin - di un istante unico nel quale la fame di onniscienza che alimentava la mente di Bowie, lo stava preparando per Low, Heroes e Lodger: La Trilogia di Berlino. Nella ex-capitale del Terzo Reich Bowie, assieme ad Iggy Pop, avrebbe scritto e registrato alcuni dei sui album piiù importanti e influenti. Musica europea: decadente, morbosa, malinconica e rarefatta in alcuni casi. La Cortina di Ferro e il Muro di Berlino attrassero Bowie e lo stimolarono a produrre la sua ennesima rivoluzione, nel tentativo appunto di cambiare il mondo e il suo mondo. Due anni dopo, se ne sarebbe di nuovo andato, non senza aver prima dato tutto, come ricorda lo stesso Kent. Alla fine dei conti, come canta in Be my Wife (Low, 1976) I’ve lived all over the world... I’ve left every place. • RS


ECCELLENZE

Benvenuti nell 'Italia del

cinema e dell 'audiovisivo ITALY FOR MOVIES È IL PORTALE NAZIONALE DELLE LOCATION E DEGLI INCENTIVI ALLA PRODUZIONE AUDIOVISIVA DEDICATO SIA AGLI OPERATORI DEL SETTORI CHE AI CINE-TURISTI

I

taly for Movies è il portale nazionale delle location e degli incentivi alla produzione cinematografica e audiovisiva. In linea con quanto previsto dalla “Legge Cinema e Audiovisivo” (legge n. 220/2016), il progetto nasce nel gennaio 2017 grazie ad un protocollo di intesa sottoscritto dalle Direzioni Generali Cinema e Turismo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo (ora Ministero della Cultura). Da settembre 2019 è disponibile sugli store digitali anche l’App ufficiale Italy For Movies. La gestione tecnica e organizzativa del progetto è affidata a Cinecittà che si avvale della collaborazione delle Film Commission operative nei vari territori, d’intesa con altri Ministeri e istituzioni competenti. OBIETTIVI STRATEGICI Italy for Movies si pone de-

gli obiettivi ben precisi che omprendono quelli di: • porsi come strumento istituzionale di informazione e comunicazione coordinato tra Stato e Regioni, finalizzato alla promozione del Made in Italy a livello internazionale; • accrescere il grado di attrattività e visibilità dei nostri territori in chiave audiovisiva; • intercettare investimenti dall’estero ai fini di una più efficace promozione turistica legata al fenomeno del ci-

neturismo e di una maggiore fruizione e valorizzazione dei beni culturali, ambientali e paesaggistici. FINALITÀ Il portale consente agli operatori del settore di: • accedere alle più rilevanti location presenti nelle regioni italiane; • ottenere informazioni sulle opportunità di finanziamento

IL SITO

Inquadra il QRcode per il sito ufficiale di Italy for Movies 70


di Daniele Colzani

previste a livello regionale, nazionale e internazionale; • ricevere news su set aperti e incentivi. Il portale si rivolge ai cineturisti fornendo: • itinerari sui luoghi di film, serie tv e videogame; • database di schede dei film e videogame con descrizioni delle location in cui sono stati girati; • news sul mondo del cinema, set aperti e cineturismo. • Bandi: elenca gli incentivi internazionali, nazionali e regionali a sostegno dei produttori e le facilities offerte dalle Film Commission. • Film, Serie tv & Game: contiene la descrizione dei luoghi delle riprese di film e serie tv e di ambientazione dei videogame in Italia, con foto, video e rimandi ai siti delle produzioni. • Itinerari: permette di creare il proprio percorso personalizzato o di scegliere tra itinerari tematici di viaggio nei luoghi dei film, serie tv e game. • News: per le ultime novità sui temi trattati nel portale. • Film Commission: dedicata alle attività delle Film Commission, contiene la documentazione relativa al Coordinamento Nazionale delle film commission, con un’area riservata per i documenti di lavoro del Coordinamento. • RS CONTENUTI Il portale è costituito da sei sezioni: • Location: articolata per singoli territori e consultabile attraverso un motore di ricerca organizzato per categorie dinamiche quali ubicazione territoriale, tipologia di location, classificazione edifici e siti, epoca storica, dettagli ambientali, contatti organizzativi.

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ANTEPRIME

Che la forza sia con voi!

OBI-WAN KENOBI LA SERIE ORIGINALE TARGATA LUCASFILM DEBUTTA IL 25 MAGGIO SU DISNEY+ E RIUNISCE I PERSONAGGI PIÙ AMATI DELLA SAGA DI STAR WARS

O

bi-Wan Kenobi, la nuova serie originale Disney+ targata Lucasfilm debutterà il 25 maggio in esclusiva sulla piattaforma streaming. La serie vede protagonista Ewan McGregor, che riprenderà il suo ruolo nei panni dell’iconico Maestro Jedi.

La storia inizia 10 anni dopo i drammatici eventi di Star Wars: La Vendetta dei Sith, dove Obi-Wan Kenobi ha affrontato la sua più grande sconfitta, la caduta e la corruzione del suo migliore amico e apprendista Jedi, Anakin Skywalker, che è passato al lato oscuro diventando il malvagio Si-

gnore dei Sith, Darth Vader. La serie segna anche il ritorno di Hayden Christensen nel ruolo di Darth Vader. Si uniscono al cast anche Moses Ingram, Joel Edgerton, Bonnie Piesse, Kumail Nanjiani, Indira Varma, Rupert Friend, O’Shea Jackson Jr., Sung Kang, Simone Kessell e Benny Safdie. Gli executive producer di Obi-Wan Kenobi sono Kathleen Kennedy, Michelle Rejwan, Deborah Chow, Ewan McGregor e Joby Harold. • RS

IL TRAILER

Inquadra il QRcode per il trailer ufficiale di Obi-Wan Kenobi 72


di Daniele Colzani Da sinistra: Hayden Christensen e Ewan McGregor

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TUTTI AL CINEMA

Quando l 'Italia

è il set per

Bollywood

RADHE SHYAM’ È IL PRIMO KOLOSSAL BOLLYWOODIANO GIRATO INTERAMENTE IN ITALIA

È

uscito in 5.000 sale in India e, successivamente, in altri 500 cinema nel resto del mondo - in particolare USA, Canada, UK, Cina, Giappone, Indonesia e Australia - Radhe Shyam, kolossal indiano interamente ambientato in Italia. Prodotto da UV Creations e T-Series Film con la produzione esecutiva di Ivano Fucci per ODU Movies srl, Radhe Shyam ha come protagonisti Prabhas e Pooja Hedge. Le due star bollywoodiane sono al centro di una love story ambientata negli anni Settanta. Realizzato a ottobre 2020 il film ha ricevuto, tra gli altri, il sostegno di Film Commission Torino Piemonte, per le scene girate in regione e soprattutto a Torino (le pochissime scene ambientate a Londra, sono comunque realizzate nel capoluogo piemontese). “Radhe Shyam è un progetto che evidenzia al meglio il le-

IL TRAILER

Inquadra il QRcode per trailer ufficiale di Radhe Shyam

game tra audiovisivo e turismo e che ha un potenziale promozionale unico per il territorio piemontese, grazie soprattutto alla grande notorietà dei suoi protagonisti - ha commentato Beatrice Borgia presidente di FCTP . Da sempre il cinema contribuisce alla costruzione di un immaginario capace di incidere sul turismo: siamo certi che questo film potrà portare importanti benefici in tal senso e, inoltre, attrarre in Piemon-

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te altre importanti produzioni asiatiche”. LE LOCATION TRICOLORI Sono tantissimi i luoghi del torinese coinvolti nelle riprese: il parco del Valentino, piazza Castello, l’Accademia delle Scienze, Palazzo Civico a piazza Palazzo di Città, Palazzo Carignano, Palazzo Madama, Museo Nazionale del Risorgimento Italiano, Galleria Subalpina, il ristorante Al Cambio.


di Daniele Colzani

Altre scene sono state realizzate anche alla Reggia di Venaria a Pian del Frais di Chiomonte, alla Stazione Ferroviaria di Ceres grazie a GTT, al Museo Ferroviario Piemontese grazie al Comune di Savigliano. Anche la Valle d’Aosta ha avuto un ruolo importante: ha infatti ospitato la produzione presso La Thuile in località di Petosan, a Breuil Cervinia, sia a Plan Maison (raggiunta con elicotteri) che al Lago Blu, e sul prato di Sant’Orso a Cogne con il sostegno logistico di Film Commission Vallée d’Aoste in entrambe le fasi di preparazione e riprese. La direttrice Alessandra Miletto ha ricordato il legame tra la regione e Bollywood “dal 2011 ad oggi questo è infatti il decimo film indiano che si gira in valle”. Le riprese - a cui hanno lavorato complessivamente circa 1.000 professionisti in tutta Italia - hanno coinvolto anche il mare della Liguria, la Toscana e Roma grazie al sostegno delle film commission locali. I 3 videoclip con al centro le location italiane - realizzati in varie lingue: hindi, telogu, tamil, kannada, malayalam – hanno raggiunto complessivamente un totale di circa 150 milioni di visualizzazioni. • RS

Inquadra il QRcode per la canzone Aashiqui Aa Gayi 75

testi tratti da www.italyformovies.it

IL VIDEO


CORTI

“El Ultímo Adiós”,

La Casa di Carta italiana

IL CORTO DIRETTO DA FEDERICA ALICE CARLINO È ISPIRATO ALLE IMPRESE DEL PROFESSORE E DELLA BANDA

E

l Último Adiós è un corto ispirato alla famosa serie La Casa De Papel prodotta da Netflix. Il cortometraggio è stato pubblicatoil 20 Gennaio su YouTube. La pagina Instagram del corto ha iniziato a pubblicare brevi teaser per presentare i personaggi e questo metodo ha suscitato curiosità tra i fan della serie, i quali hanno iniziato a seguire la pagina in attesa di notizie ed ulteriori anteprime. Il corto è apparso anche nel motore di ricerca di uno degli attori del cast originale, si tratta di Fernando Cayo, che interpreta il Luis Tamayo che ha mandato un video saluto a cast e crew, video presente sulla pagina Instagram del corto @elultimoadios_short Una parte fondamentale, e sicuramente molto impegnativa, è stata quella dei casting in quanto non è affatto semplice trovare sosia degli attori originali. Qui è entrata in gioco l’abilità di casting director di Federica Alice Carlino, nonché regista del progetto. Nota di merito va al make-up

IL TRAILER

Inquadra il QRcode e guarda il trailer de El ultimo adios

team, che ha dato il tocco decisivo per la somiglianza dei personaggi. Vera De Mori, la make-up artist principale, ha studiato i volti degli attori per farli somigliare il più possibile al cast originale ed ha fatto un lavoro eccezionale, sul set è stata aiutata da Chris Masoni e Riccardo Celsi. Diversi sono gli elementi che hanno contribuito alla buona riuscita del progetto, preziosissimo sul set l’aiuto di Manuel Antonio

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Gullotta che non solo interpreta Luìs Tamayo, ma è stato anche l’addetto alle armi. Infatti ha aiutato tutto il cast ad impugnare ed utilizzare le armi nel modo più veritiero possibile, cosa che ha aiutato tantissimo nella credibilità delle scene d’azione del corto. Presenze fisse ed immancabili sul set sono stati i fotografi Marco Elli e Francesco Parini, quest’ultimo ha contribuito al progetto anche con delle bellis-


di Daniele Colzani

sime riprese effettuate con il suo drone. Per quanto riguarda invece Marco, le foto promozionali dei personaggi che potete trovare sulla pagina Instagram del corto, sono state curate dal suo occhio attento e dalla sua post produzione impeccabile. Ne El Último Adiós, come nella serie originale, troviamo personaggi della comunità LGBTQ+, i personaggi in questione sono Palermo, Helsinki e Manila. La comunità LGBTQ+ è molto importante per questo gruppo di filmmakers, alcuni componenti dello stesso ne fanno orgogliosamente parte. Questo progetto ha un cast corposo e i personaggi principali sono davvero tanti e unici fra loro. Nel corto vedrete: Alicia Sierra (Federica Alice Carlino), Arantxa Arteche (Martina Gatti), César Gandía (Alessandro Pagliari), Denver (Stefano Perillo),Helsinki (Gabriele Fabbris), Lisbona (Marika Padovan), Luis Tamayo (Manuel Gullotta), Manila (Angelica Jasmine Colombo), Marsiglia (Rinaldo Gressoni), Mosca (Valerio Padovan), Nairobi (Giu-

lia Anna Vada), Palermo (Alessandro Marsiglio), Il Professore (Patrizio Salvi), Ramiro Vázquez (Raffaele Shehu), Rio (Riccardo Sartori), Soldato (Simone Senes), Stoccolma (Ludovica Carbone), Tokyo (Laura Padovan), Ostaggi

(Giulia Di Milia, Francesca Sorbara, Martina Crosariol, Giuliano Mucchietto, Nicolò Tozzo, Giovanni Haduca), Poliziotti (Chiara Pollicino, Fabio Munzone). Una menzione speciale va a Peach, una simpatica furettina che ha interpretato la piccola Sofìa animale da compagnia di Marsiglia. La regista voleva includere anche questo personaggio e quindi ha avviato un cast anche per selezionare un furetto e cosi è stata selezionata Peach con il permesso dei padroni Claire Nesti e Andrea Z. Sacchetti. È stata un'esperienza unica e intensa, durata ben 5 mesi ma che sta già dando delle soddisfazioni infatti il corto è stato selezionato per il Medusa Film Festival, direttamente dal”America dove la regista ormai lavora e risiede da anni, aggiudicandosi poi nella fase finale il premio “Best Short”. I nostri link: https://linktr.ee/ lacasadepapeltributeshort Diamo ora la parola alla regista e ad uno dei membri del cast. Come nasce il corto ? “Questo corto nasce nel Set-

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CHI È IL FEDERICA ALICE CARLINO

• Federica Alice Carlino, classe 91, nasce in provincia di Varese. Cresciuta a Leeuwarden, in Olanda, ha girato l’Europa per via del lavoro di suo padre in Aeronautica. • Ha sviluppato l’amore per il cinema fin da subito. Ha studiato regia, fotografia e recitazione al Mohole a Milano, make-up effects con Sergio Stivaletti a Roma e si è laureata alla New York Film Academy a Los Angeles nel Febbraio del 2020. • Qui ha scoperto anche l’amore per i casting. Federica porta avanti il lavoro di regista e di casting director a pari passo. I suoi progetti sono apprezzati da festival di tutto il mondo. tembre 2021 da una conversazione tra me e Marika Padovan (Lisbona)" - spiega Federica, la regista" - per celebrare la serie La Casa De Papel. Il rapporto tra i protagonisti, ci ricorda molto il rapporto instaurato tra noi, in quanto gruppo di filmmakers. Molti di noi lavorano assieme da almeno una decina di anni. Ho deciso di scrivere il monologo proprio in funzione di questo rapporto decennale e ho deciso di farlo leggere a Maurizio Marchesani, doppiatore con cui ho collaborato in altri progetti. Il titolo ha invece una storia un po’ triste alle spalle. Da qualche anno vivo all’estero e mi risulta sempre più difficile tornare a casa e restare in Italia per girare cortometraggi. Diciamo che potrebbe essere l’ultimo progetto che riesco a fare con questo gruppo. Con loro ho portato avanti molti progetti, tra questi anche The Rise of The Villains, una weberies ispirata ai fumetti DC di Batman e Joker, progetto molto apprezzato anche all’estero. Gli ultimi capitoli stanno uscendo in questi giorni.” (@theriseofthevillains) Com’è stato girare sul set durante la pandemia ? Per prima cosa ogni attore ha effettuato un Covid test prima di

entrare sul set, cosa che ha permesso a tutti di lavorare più serenamente ed in sicurezza. Ovviamente sono state rispettate tutte le norme vigenti quindi distanza di sicurezza, mascherine per i momenti in cui gli attori non giravano delle scene ed è stata messa a disposizione di tutti una soluzione disinfettante. La Crew ha indossato i dispositivi di protezione per tutta la durata delle riprese al fine di garantire la sicurezza di tutti sul set. Un’altra esperienza legata alla pandemia è stata sicuramente quella di girare in remoto con il nostro professore, interpretato da Patrizio Salvi, infatti lui è di Roma e a causa della pandemia non ha potuto essere presente fisicamente sul set con noi” ci dice Federica. “Sicuramente è stata un’esperienza singolare, la prudenza ha fatto da padrona non solo per la mia sicurezza ma anche per quella degli altri, ma la voglia di tornare sul set era talmente tanta che siamo riusciti a superare qualsiasi ostacolo. Infatti fin da subito si è creato un clima splendido, quasi familiare, cosa che è una garanzia sui set di Federica" ci racconta invece Angelica (Manila). Federica, qual è il momento che hai amato di più sul set ? “È stato bello vedere la trasformazione di ogni attore, è uno spettacolo vederli entrare nei panni dei loro personaggi. Dopo i casting, è la fase che aspetto

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sempre con emozione. Vederli assieme, vederli interagire tra di loro con quelli che erano i costumi di scena, è una cosa che mi affascina ogni singola volta. E ho adorato interagire a mia volta con gli attori dandogli le indicazioni vedendo piano piano il copione prendere vita” Angelica, qual è stata la tua reazione quando hai saputo di essere stata scelta per il ruolo di Manila ? Come ti sei preparata? Non negherò che inizialmente ero molto intimorita da Manila perché comunque era un personaggio con una storia molto forte alle spalle e non avevo mai interpretato un personaggio del genere. Senza contare che il timore di poter offendere la comunità con una mia interpretazione sbagliata, c’era tutto, ma poi ho preso un bel respiro e mi sono detta “ Proviamoci”! Da qui parte poi un attento studio del personaggio, ho rivisto la stagione in cui era presente Manila, più e più volte ma una parte fondamentale è stata sicuramente la guida di Federica. Mi ha aiutata tantissimo e alla fine sono riuscita ad arrivare al tipo di interpretazione che volevo. Quindi una donna forte, fiera di quello che è e che finalmente si ama. Io ringrazio entrambe ed auguro buona fortuna per i vostri futuri progetti! Non vi anticipo nulla ma sul numero di maggio... • RS


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PERSONAGGI

Bazzecole, quisquilie, pinzellacchere!

"SIGNORI SI NASCE E IO LO NACQUI, MODESTAMENTE!” RITRATTO DEL PRINCIPE DE CURTIS, IN ARTE TOTÒ

C

hi non conosce o ricorda l’attore e poeta, lo scugnizzo del rione Sanità, nato da una relazione clandestina tra Giuseppe De Curtis e Anna Clemente, che dichiarò: “Meglio ‘nu figlio prevete ca’ nu figlio artista!”. Invece, lui, incuriosito, iniziò a frequentare i teatri periferici e incontrò gli attori De Filippo e i musicisti Fragna e Bixio. Si arruolò volontario nel Regio Esercito, ma non amava la disciplina. Si trasferì a Roma dove, tra momenti di sconforto, riuscì a trovare la propria identità artistica. Con una logora bombetta, un tight largo, una camicia lisa col colletto basso, una stringa di scarpe per cravatta, un paio di pantaloni corti e larghi a zompafosso, calze colorate e scarpe nere, Totò ottenne il meritato successo tra le grida di bis e gli applausi in uno spettacolo di varietà alla Sala Umberto. Da quel momento cominciò ad esibirsi nei caffè-concerto della penisola. Grazie al gua-

LE FRASI CELEBRI... • “Ma mi faccia il piacere!” • “Al mio funerale sarà bello assai perché ci saranno parole, paroloni, elogi, mi scopriranno un grande attore: perché questo è un bellissimo Paese, in cui però, per venire riconosciuti in qualcosa, bisogna morire.” • “Non è una cosa facile fare il comico, è la cosa più difficile che esiste, il drammatico è più facile, il comico no; difatti nel mondo gli attori comici si contano sulle dita, mentre di attori drammatici ce ne sono un’infinità. Molta gente sottovaluta il film comico, ma è più difficile far ridere che far piangere.” • “Ho girato diversi film mediocri, altri che erano veramente brutti, ma, dopo tutta la miseria patita in gioventù, non potevo permettermi il lusso di rifiutare le proposte scadenti e restarmene inattivo...”

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di Christine Grimandi

dagno cominciò a curare il suo aspetto fisico e a vestirsi più elegantemente. Ben presto diventò lo “Sciupafemmene”, perché amava dedicare la sua performance serale alla “bella di turno”, ballerine e sciantose che adocchiava tra il pubblico prima di iniziare il suo spettacolo. Ma nonostante le sue numerose avventure e le soddisfazioni professionali, Totò si sentiva inappagato. Si invaghì di Liliana Castagnola, una provocante e affascinante sciantosa che corteggiò, inviandole mazzi di rose. La storia d’amore fu breve, tormentata e culminò col suicidio di lei, che gli lasciò lo scritto: “Antonio, potrai dare a mia sorella Gina tutta la roba che lascio in questa pensione. Meglio che se la goda lei, anziché chi mai mi ha voluto bene. Perché non sei voluto venire a salutarmi per l'ultima volta? Scortese, omaccio! Mi hai fatto felice o infelice? Non so. In questo momento mi trema la mano... Ah, se mi fossi vicino! Mi salveresti, è vero? Antonio, sono calma come non mai. Grazie del sorriso che hai saputo dare alla mia vita grigia e disgraziata. Non guarderò più nessuno. Te l'ho giurato e mantengo. Stasera, rientrando, un gattaccio nero mi è passato

dinnanzi. E, ora, mentre scrivo, un altro gatto nero, giù per la strada, miagola in continuazione. Che stupida coincidenza, è vero?... Addio. Lilia tua”. Totò non riuscì mai a perdonarsi. Conservò il suo fazzoletto intriso di rimmel e chiamò la figlia, concepita con la sedicenne fiorentina Diana Bandini Rogliani Lucchesini, Liliane, in

10 CURIOSITÀ SUL PRINCIPE DE CURTIS... • Giocava a fare il prete e in casa aveva costruito un altarino con le candele. • Prese un pugno giocando a boxe nel cortile del collegio Cimino e il naso si incurvò. • Era soprannominato “'O spione”. Nel quartiere conosceva tutto di tutti e si divertiva a seguire chi lo incuriosiva. • Nato il 15 febbraio 1898 nel Rione Sanità a Napoli, Totò è stato riconosciuto solamente dopo 30 anni da suo padre, Giuseppe De Curtis, nel 1928. • Nel 1946 il tribunale di Napoli gli riconobbe il diritto dei nomi e titoli di: Sua Altezza Imperiale Antonio Porfirogenito della stirpe Costantiniana dei Focas Angelo Flavio Ducas Comneno di Bisanzio, Principe di Cilicia, di Macedonia, di Dardania, di Tessaglia, del Ponto, di Moldava, di Illiria, del Peloponneso, duca di Cipro e di Epiro, conte e duca di Drivasto e Durazzo. • Prima della recita, spiava il pubblico in sala. • Quando attraversava il palcoscenico si toglieva il cappello per rispetto. • Amava improvvisare e ogni sera modificava qualche sua battuta. • Era pigro. Amava riposare e non iniziava mai a lavorare prima delle 14. • Ha ricevuto un doppio funerale e la folla ha partecipato numerosa ad entrambi!

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sua memoria. Nel 1933, si fece adottare dal marchese Francesco Maria Gagliardi Focas di Tertiveri e da lui ereditò una lunga serie di titoli nobiliari. Nel 1938 Totò fu vittima di un infortunio: ebbe un distacco di retina traumatico e perse la vista dell'occhio sinistro, ma nonostante l'incidente, trovò la forza per continuare. Anna Magnani è stata probabilmente l’unica artista che è riuscita a misurarsi con la sua recitazione. Nel 1952 Totò rimase colpito dalla giovane Franca Faldini e le scrisse: “Mi sono sentito sbottare in cuore a primavera”. Dopo un mese annunciarono il loro fidanzamento e rimasero insieme fino alla morte dell’artista. Con l’avanzare dell’età Totò fece molta beneficenza a ospizi e brefotrofi, prediligendo i bambini, dopo la morte del figlio Massenzio concepito con Franca, e acquistò un canile per ospitare i cani randagi dicendo: “I cani sono meglio di certi uomini!”. Franca nel 1977 scrisse il libro “Totò: l’uomo e la maschera”.• RS


MOVIELAND

di Luca Varani

LE ULTIME PROPOSTE IN DVD E BLURAY PER RIVIVERE A CASA IL FASCINO DEL GRANDE CINEMA WELCOME VENICE

GONE BABY GONE Se amate i drammi criminali, questa riedizione con gli impressionanti Casey Affleck, Morgan Freeman, Ed Harris e una Amy Ryan in stato di grazia fa al caso vostro! Tratto dal romanzo dell'acclamato autore di Mystic Ryver, la storia narra di due giovani investigatori privati che vengono ingaggiati per indagare sulla misteriosa scomparsa di una bambina. Ma il caso nasconde molti segreti e ben presto i due detectivedovranno rischiare tutto per trovarla, anche le loro stesse vite.

Disponibile in dvd, il film racconta dei due eredi di una famiglia di pescatori della Giudecca a Venezia, Pietro e Alvise. I due dovranno fare i conti con le trasformazione che stanno cambiando la vita e l’identità di Venezia e della sua gente. L’impatto del turismo globale ha modificato il rapporto stesso tra città e cittadini, tra casa e vita. Pietro vorrebbe continuare a pescare moeche, Alvise vede invece nella loro casa di Giudecca lo strumento per entrare nell’élite del potere immobiliare che governa la città.

THIRST Premio della giuria a Cannes 2009, il nuovo horror di Park Chan-wook, regista di Oldboy e di tutta la Trilogia della Vendetta, debutta nella colonna Midnight Factory in Limited Edition DVD e Blu-ray + Booklet. In una piccola cittadina coreana, un prete amatissimo dai suoi parrocchiani, accetta di fare da cavia per un esperimento teso a trovare un vaccino per un virus mortale. Durante l’esperimento qualcosa non funziona e il prete riceve del sangue infetto che lo trasforma in un... vampiro!

IL TITOLO SOTTO I RIFLETTORI... IL PADRINO 50° ANNIVERSARIO - Ha la fama di essere uno dei più grandi film della storia del cinema. Per celebrare il 50° anniversario dell'uscita del primo film, l'intera saga de Il Padrino, creata da Francis Ford Coppola, arriva in un'edizione speciale, per la prima volta restaurata in 4K Ultra HD e Dolby Vision. Si tratta di un sontuoso cofanetto da collezione, impreziosito da contenuti speciali inediti e storici. Inoltre, in esclusiva solo per questa release, sono inclusi tre ritratti illustrati e un artbook con copertina rigida con splendide fotografie e un'introduzione di Francis Ford Coppola. Il tutto contenuto in una pregiata scatola con stampa in rilievo. Un vero e proprio monumento, sorta di "Sacro Graal" per i collezionisti. • RS

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ARTE & CO.

Quando il marmo passa

dal sacro al quotidiano...

PALMALISA ZANTEDESCHI INTERPRETA IL MOTIVO GEOMETRICO DEL SAGRATO DELLA BASILICA DI SAN GIORGIO A VENEZIA

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pre a Venezia il 10 aprile (fino al 1° maggio) , la seconda edizione di Homo Faber, l'innovativa iniziativa culturale dedicata ai mestieri d’arte contemporanei, organizzata dalla Michelangelo Foundation. Homo Faber Event 2022, con location in Isola San Giorgio Maggiore a Venezia, è declinato in 15 spazi espositivi, ognuno dedicato a diversi aspetti dell'alto artigianato e ideati da un team di designer, curatori e architetti di fama mondiale. Palmalisa Zantedeschi accoglie l’invito di uno dei curatori dell’edizione 2022 di Homo Faber, il designer tedesco Sebastian Herkner, a partecipare alla sua mostra Pattern of Crafts - Il Motivo dei Mestieri, che sarà ambientata nella Sala Barbantini della Fondazione Giorgio Cini, sull’Isola di San Giorgio Maggiore. Partendo dal motivo geometrico della pavimentazione esterna della Basilica di San Giorgio, Herkner invita una selezione di artigiani

IL SITO

Inquadra il QRcode per il sito ufficiale di Palmalisa Zantedeschi

e atelier provenienti dal Giappone e dall’Europa a interpretare il pattern ottagonale simil pizzo del sagrato, trasferendolo in un’opera grafica da esporre sulla parete della Sala Barbantini. Dall’Italia (da Cavaion Veronese), anche Palmalisa, insieme ai maestri artigiani e astri nascenti europei e giapponesi, è chiamata a mostrare la varietà di materiali e tecniche, origini e competenze necessari per creare eccezionali pezzi decorativi come oggetti di uso quotidiano, e per farlo sceglie il marmo, e crea il pannello decorativo “San Giorgio”. Ecco come spiega il suo progetto: “Il progetto pensato dal curatore e designer Sebastian Herkner di ispirarsi al pavimento esterno della Chiesa di San Giorgio Maggiore, si è rivelato fin da subito molto interessante per

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noi maestri artigiani e atelier, in quanto dava la possibilità di interpretare le forme geometriche componenti il pavimento attraverso altre prospettive. In un primo momento, ho pensato di assemblare dei marmi policromi, ma, attraverso il processo di osservazione costante del progetto e del luogo sacro da dove proviene il pavimento, si è arrivati alla conclusione di togliere, scavare, plasmare le geometrie quasi come se fossero parte di un tessuto bianco sul quale scrivere le forme. Da questo processo di osservazione continua, che mi definisce nel mio essere creativa, nasce San Giorgio, un pannello artistico che si snoda fra bassorilievi ed alto rilievi, fra forme geometriche bidimensionali e tridimensionali di marmo bianco puro proveniente dall’Isola di


di Silvia Arosio

Thassos in Grecia. Nello scorrere delle forme nasce un marmo policromo, la Lumachella ‘mirabilia’, che ha origine dalla trasformazione del mare in terra. La Lumachella veniva usata in tempi antichi come elemento ornamentale all’interno di chiese ed antiche ville. La scelta simbolica di applicarla al manufatto bianco è dovuta alla sua plasticità estetica che bene rappresenta il ciclo infinito della vita”. RITRATTO DELL'ARTISTA Palmalisa Zantedeschi si definisce una “creativa del marmo”. Veronese proveniente da quattro generazioni di scalpellini e scultori vive vicino al Lago di Garda, a pochi passi dall’atelier in cui crea e lavora il marmo e le pietre. Lavorare la pietra è un mestiere di famiglia, fin da bambina Palmalisa inizia a sperimentarne la bellezza. Da artigiana (e da imprenditrice), sviluppa progetti per l’Architettura e di Design, utilizzando la materia prima come prodotto per realizzare pavimenti, rivestimenti, arredi e oggetti. Tutti i giorni osserva i materiali che arrivano da ogni parte del Pianeta a Verona, uno dei più importanti centri di raccolta di materiali lapidei; viaggia nel

mondo alla ricerca di nuove cave, seleziona blocchi e lastre che propone agli Architetti più sensibili alla materia, sviluppando progetti personalizzati e sartoriali. Queste continue osservazioni, lavorazioni, sperimentazioni, conducono Palmalisa ad una scoperta: ogni frammento di materia ha una vita intrinseca che si manifesta attraverso apparenti casualità di colori, proporzioni, dimensioni. Palmalisa inizia così ad osservare la materia con una sensibilità nuova che la accompagna verso percorsi inediti, quello dei collectible objects e quello arti-

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stico, che vivono oggi in armonia con i progetti per l’Architettura. La prima ricerca che Palmalisa avvia è sempre sui materiali (in continuità con l’essere un’artigiana e un’imprenditrice per il Design e l’Architettura), la seconda invece, che è ciò che l’ha portata a una visione più artistica che oggi ha della materia, è sulla lavorazione, che Palmalisa identifica nel gesto fisico della sottrazione, del ridurre all’essenza. La pietra non è solo bella, ma è eclettica, si trasforma attraverso le lavorazioni rivelando i suoi multipli aspetti. Può diventare materia ruvida, solida, morbida, leggera, poetica. Palmalisa intuisce che è materia viva. È da questa scoperta, dallo stupore e dalla meraviglia, che nascono gli oggetti da collezione e le opere litiche. Il nuovo sguardo di Palmalisa si traduce così in Incanto, la sua prima collezione di opere litiche,declinata in pezzi unici in marmi e pietre, e nella realizzazione di oggetti da collezione per uso quotidiano, come il pannello San Giorgio, che sarà presentato a Homo Faber 2022 (Venezia, 10 ap / 1° mag 2022), e il paravento Tiepolo, che sarà esposto durante la Milano Design Week 2022, nell’ambito di 5VIE, dal 6 al 12 giugno 2022.• RS


MOSTRE

La "luce del vero" irrompe nella pittura italiana

L’ESPOSIZIONE ESPLORA IL TEMA, DELLA PITTURA SVILUPPATASI TRA LA FINE DEL XIX E GLI INIZI DEL XX SECOLO

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ino al prossimo19 giugno 2022, il Palazzo delle Paure a Lecco ospita La luce del vero. L’eredità della pittura macchiaiola. Da Fattori a Ghiglia, nuovo appuntamento del ciclo di esposizioni, iniziato nel 2019, che approfondisce la scena artistica italiana del XIX secolo. La mostra, curata da Simona Bartolena, prodotta e realizzata da ViDi – Visit Different, in collaborazione con il Comune di Lecco e il Sistema Museale Urbano Lecchese, esplora, attraverso novanta opere provenienti da collezioni pubbliche e private, il tema finora poco indagato della pittura postmacchiaiola, termine che aiuta a definire quel novero di artisti attivi tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del secolo successivo, cresciuti sull’esempio dei grandi maestri della Macchia, soprattutto di Giovanni Fattori, Silvestro Lega e Telemaco Signorini.

Mario Puccini, Il fienaiolo

La rassegna è l’occasione per avvicinarsi a un gruppo di autori eterogeneo e complesso, dai fratelli Gioli alla famiglia Tommasi, da Llewelyn Lloyd a Ulvi Liegi, da Oscar Ghiglia a Plinio Nomellini, da Mario Puccini a Giovanni Bartolena, uniti dalla vocazione per il vero e per i soggetti tratti dalla vita quotidiana e dalla formazione di ascendenza macchiaiola. Alcuni di loro resteranno sempre fedeli alla lezione dei maestri, altri, invece porteranno la loro ricerca verso ambiti

Francesco Gioli, Contadine in Toscana

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di Daniele Colzani

assai diversi da quelli di origine. Il percorso espositivo si sviluppa come un racconto che, dall’esempio dei maestri - da Giovanni Fattori a Silvestro Lega -, giungerà a risultati più contemporanei con artisti quali Oscar Ghiglia e Lorenzo Viani, intrecciando l’analisi stilistica, il racconto biografico, la lettura iconografica e la ricerca storico-sociale. Il periodo preso in esame si caratterizza come un momento storico dinamico, di grandi cambiamenti, essenziale per comprendere gli eventi che hanno aperto le porte alle novità novecentesche, come i dialoghi con la scena francese e con quella inglese e il passaggio dalla pittura del vero a quella dell’immaginazione e del sogno, tipica della ricerca di tanti artisti di fine secolo. • RS

Guglielmo Micheli, Barche al porto Silvestro Lega, L'etrusca

Ludovico Tommasi Scalpellino al lavoro

Oscar Ghiglia, Calle su fondo rosso

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MOSTRE

Arcaico e moderno dialogano in “Segni Elementari”

LA MOSTRA D’ARTE CONTEMPORANEA FINO AL PRIMO MAGGIO CELEBRERÀ I 25 ANNI DI ALBEROBELLO PATRIMONIO UNESCO

I

CONICA presenta la mostra d’arte Segni elementari, l’invasione di segni, luci, materiali e sguardi di 22 artisti provenienti da tutto il mondo. Quattro siti diversi per moltiplicare la bellezza della creatività di 22 artisti della scena nazionale e internazionale, provenienti da Israele, Argentina, Georgia, Germania e naturalmente Italia. Josè Angelino, Francesco Arena, Pamela Campagna, Francesco Carofiglio, Tiziana Contu, Ada Costa, Alessandro Costanzo, Daniele D’Acquisto, Franco Dellerba, Mimmo Di Caterino, Baldo Diodato, Helmut Dirnaichner, Viviana Fernandez Nicola, Francesco Fossati, Shay Frisch, Nicola Genco, Pietro Guida, Sophie Ko, Loredana Longo, Mimmo Paladino, Pasquale Santoro e Raffaele Vitto sono i protagonisti della mostra Segni elementari. L’arte contemporanea nei trulli patrimonio dell’umanità”. Fino al prossimo primo mag-

Mimmo Paladino, Cavallo

gio 2022 la città di Alberobello si trasformerà in una galleria d’arte diffusa, ospitando una mostra d’arte internazionale, ideata e diretta dall’architetto, artista e scrittore Francesco Carofiglio, e organizzata, nell’ambito del progetto ICONICA, dall’Assessorato alla cultura del Comune di Alberobello, con il sostegno di Regione Puglia e Teatro Pubblico Pugliese. La mostra è curata

Domenico Di Caterino, #Redzone

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dal direttore artistico Francesco Carofiglio, e dagli storici e critici d’arte Concettina Ghisu, Lorenzo Madaro e Brizia Minerva. Un evento per ricordare i 25 anni dell’ingresso dei trulli di Alberobello, simbolo della Puglia e dell’Italia nel mondo, nell’elenco dei siti mondiali Patrimonio dell’Umanità UNESCO. Il progetto ICONICA Alberobello UNESCO 25 vuole celebrare proprio questo importante anniversario con una scelta inedita: mettere in comunicazione la dimensione arcaica della costruzione in pietra a secco con i mondi mobili, variegati, dell’arte contemporanea. Tutto attraverso le azioni e i gesti creativi di artisti di provenienza ed estrazioni culturali differenti. Gli artisti dialogano, ciascuno con la sua lingua, attraverso opere e installazioni, usando materiali differenti, dentro un


di Daniele Colzani

Baldio DIodato, Tappeto in musica

unico tessuto narrativo che si snoda dai Trulli comunali di Via Monte Nero al Museo del territorio “Casa Pezzolla”, passando per Terrazza “Palazzo del Conte” e Casa d’Amore. Circa 120 opere in cartapesta, legno, metallo, foglie, fili di rame, fili di cotone, ferro e lino, pietre, cellulosa, vetro, luminarie, porcellana, vetro, ferro, mattoni, terracotta, radici di vite, dipinti. A raccontare l’esperienza, concreta, materiale, vera, di Segni Elementari, anche un docufilm scritto e diretto dal direttore artistico Francesco Carofiglio e Alessandro Valente. Un docufilm che racconta la genesi della mostra, dalla fase di allestimento all’incontro con gli artisti, dall’analisi del processo creativo sino all’apertura al pubblico. Il documentario cerca di mettere in relazione la dimensione iconica e primigenia della natura, con le opere degli artisti. È anche il racconto della materia, della pietra e di altri elementi naturali, narrati, lavorati e trasformati in opere d’arte. «Con Iconica guardiamo al domani. I 25 anni del riconoscimento Unesco sono allo stesso tempo un punto di arrivo e un punto di partenza. Un punto di arrivo per quella che è stata la

storia di Alberobello e il giusto premio al genio di una Comunità straordinaria che, dal niente e con pochi mezzi, ha costruito un unicum nel mondo. Ma sono soprattutto un nuovo punto di partenza che deve spingerci, nel segno e nel rispetto della tradizione, a rinnovare ogni giorno la bellezza universale di Alberobello. – ha spiegato Alessandra Turi, Assessore alla Cultura e all’Unesco del Co-

mune di Alberobello - Il fulcro del progetto Iconica sono proprio i nostri trulli. Sono loro i protagonisti e li celebriamo riempiendoli di arte, valorizzandoli come beni culturali di altissimo pregio. Non sono solo espressione di storia, ma sono contenitori di contemporaneità che parlano ai giovani non solo delle nostre radici, ma anche di presente e soprattutto di futuro. La realizzazione di Iconica è stato un lavoro di squadra e di incastri perfetti di professionalità. Ringrazio il direttore artistico Francesco Carofiglio per la pazienza, l’impegno, la dedizione, la passione che ha profuso in questo progetto e ringrazio tutte le figure coinvolte nell’allestimento della mostra. Un grande grazie anche alle strutture ricettive di Alberobello per la disponibilità dimostrata nell’ospitalità agli artisti nel segno dei valori di accoglienza e di apertura al mondo che da sempre contraddistinguono la nostra Comunità». • RS Tiziana Contu, Tempo sospeso

Viviana Fernandez, Tempo di carta

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CULTURA

La Via Europea della Fiaba IDEATA E PROMOSSA DALLA FONDAZIONE COLLODI È DEDICATA AI MITI, AL FOLKLORE E ALLE NARRAZIONI ORALI EUROPEE

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er il World Storytelling 2022 (tenutosi il 20 marzo scorso), i contenuti delle narrazioni erano incentrati su storie e personaggi associati alla Via Europea della Fiaba (European Fairy Tale Route), ideata e promossa dalla medesima Fondazione Collodi e dedicata alle fiabe, ai miti, al folklore che oggi fanno parte della letteratura e del patrimonio culturale europei. Grazie alla ricca e diversificata tradizione delel fiabe, la via è dedicata all'educazione

dei bambini e alla trasmissioni di valori fondamentali quali la libertà, la solidarietà, la giustizia e l'equità - come sono espressi nella Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali del Consiglio d'Europa (Roma, 1950) - con tutti i valori connessi come il rispetto per le persone, l'uguaglianza di genere, la natura, l'ambiente e gli animali. La Via Europea della Fiaba è una strada su cui bambini e adulti possono essere ac-

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IL SITO

Inquadra il QRcode per il sito della Via Europea della Fiaba


di Daniele Colzani

compagnati dalla loro cultura specifica a una prospettiva e identità europea più ampia e si propone di rafforzare lo sviluppo economico e sociale delle aree lungo il percorso.

• IBBY (Lituania): la sezione lituana della IBBY (International Board on Books for Young People, organizzazione

GLI ATTUALI MEMBRI • Fondazione Carlo Collodi (Italia): dal 1962 promuove la cultura dei e per i bambini, a partire dal capolavoro di Carlo

Collodi Le avventure di Pinocchio. La Fondazione possiede e gestice il Parco Policentrico Collodi, la Villa e lo storico Giardino Garzoni, la Casa delle Farfalle, e organizza e patrocina costantemente in Italia e nel mondo, numerose attività culturali ed educative. • Museo delle Fiabe (Cipro): gli obiettivi del Museo sono la preservazione di fiabe, leggende, miti e tradizioni di Cipro e della Grecia, la promozione dell'universalità delle fiabe, la conoscenza di altre culture attraverso le loro fiabe e lo sviluppo delle abitudini di

no-profit il cui obiettivo primario è quello di promuovere la letteratura per l'infanzia in tutto il mondo) è responsabile dell'organizzazione di eventi annuali tra cui al celebrazione della Giornata Internazionale del Libro per Bambini (2 aprile), della realizazione di vari progetti culturali (seminari, conferenze e mostre), della nomina di premi come "i migliori libri dell'anno", della pubblicazione della rivista Rubinaitis e della collaborazione con editori e numerose istituzioni come biblioteche, scuole e teatri.

lettura. Il Museo organizza attività di storytelling, mostre tematiche, omaggi a scrittori e illustratori e programmi educativi per bambini, famiglie e scuole.

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• Museo di Pierino il Porcospino (Germania): situato in due belle case nel quartiere della nuova Città Vecchia di Francoforte, è dedicato al libro illustrato The Struwwelpeter del medico di Francoforte Dr. heinrich Hoffman (1809 1894). Attraverso diverse attività (esposizione di libri rari, giochi e mostre), il Museo dimostra la continua popolarità e il successo di qesto libro illustrato famoso in tutto il mondo.

• Associazione del Professor Balthazar ( C r o a z i a ) : le attività dell'Associazione sono ispirate ai valori del Professor Balthazar, un prsonaggio animato e un fenomeno culturale unico che promuove lo sviluppo sostenibile, la comunicazione scien-


tifica e l'educazione dei bambini. da 10 anni l'Associazione organizza il Science Picnic, durante il quale giovani scienziati e innovatori spiegano la scienza in modo divertente ai bambini e ai loro genitori. • Museo Val Verzasca (Svizzera): il Museo valorizza e salvaguardia la storia materiale e immateriale della Verzasca, proponendo attività e mostre che coinvolgono la popolazione e il pubblico nella

sua sede e lungo itinerari etnografici. Uno di questi è il Sentiero delle leggende, un percorso situato a Gerra Verzasca in cui una volpe accompagna i visitatori dentro e fuori i boschi del paese dell'alta valle ra leggende e sculture scolpite nel legno. • Museo del Leprechaun (Irlanda): il National Leprechaun Museum attinge alla mitologia e alle leggende del folklore per creare un viaggio coinvolgente nel cuore dell'immaginazione irlandese. Grazie al Leprechaun, il personaggio

passato ancora molto vivo. • Società Europea delle Fiabe (Germania): l'Europäische Märchengesellschaft e. V. è stata fondata nel 1956 ed è dedicata alle storie tradizionali, in particolare Märchen (fiabe) in ambito scientifico, in attività pratiche e di storytelling. La Società organizza una grande conferenza annuale, offre circa 50 workshop ogni anno in tutta la Germania sulla tradizione delle fiabe e gestisce una biblioteca di circa 16.000 libri con e sulle fiabe.

• Dream Workers (Grecia): è specializzata nella progettazione, creazione e gestione di parchi a tema a livello paneuropeo. Lavorando a grandi eventi negli ultimi 15 anni, sono un team creativo che ha implementato alcuni dei migliori parchi a tema in Grecia. Tra gli altri progetti, hanno ideato e realizzato i Mondi segreti di Eugene Trivizas, Odissea ed Ercole e le 12 fatiche.

più famoso d'Irlanda, i visitatori possono entrare in un affascinante mondo di creature reali e immaginazione. facendo ampio affidamento sulla narrazione orale, il Museo collega i visitatori di oggi con un

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• Società Svizzera delle Fiabe (Svizzera): costituita nell'agosto del 1993 quale sezione della Società Europea delle Fiabe, è un'associazione composta da studiosi e narratori che promuovono la ricerca sulle fiabe e divulgano il patrimonio fiabesco svizzero e non solo. Organizza eventi incentrati sulla narrazione, ma anche conferenze, incontri interdisciplinari e seminari in collaborazione con musei, università ed altri enti.• RS


Autoritratto con cavalletto, 1954 – 1955, olio su tavola di faesite, 199 x 130 cm, collezione BPER Banca, Milano

Antonio Ligabue L’uomo, l’artista

11 febbraio - 1 maggio 2022

REGGIA DI MONZA - Orangerie

In collaborazione con:

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INTERVISTA

Amadeus Quartet,

un cocktail "elettrizzante"

IL QUARTETTO D'ARCHI RUMENO È APPREZZATO NEL MONDO PER IL LORO CROSSOVER TRA CLASSICA ED ELETTRONICA

A

madeus Electric Quarte è uno dei quartetti elettrici interamente femminili più apprezzati in tutto il mondo. La loro costante e ingegnosa combinazione di elementi classici e moderni ha certificato questo gruppo come uno degli artisti più popolari nel regno della musica classica crossover. La loro missione è sempre stata quella di avvicinare i giovani alla musica

classica, ispirandoli a iniziare a imparare a suonare uno strumento. Amadeus è orgoglioso di essere un artista Yamaha Europe. Nel 2000, insieme al B o n d Quartet, sono state l e

BIANCA

prime al mondo a utilizzare una formazione di strumenti completamente elettrici per ottenere una perfetta fusione tra classico e moderno, creando così un nuovo stile musicale. Hann o guad a gnat o popo-

LAURA

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di Daniele Colzani

larità prima in Romania e molto presto sono diventati internazionali. Fino al 2010, hanno pubblicato cinque album con una grande etichetta e si sono esibite in tutto il mondo. Da allora, sono indipendenti. I dieci anni successivi sono stati pieni di tour internazionali e molti video musicali di successo. Questi erano per lo p i ù in-

terpretazioni di canzoni famose. Nel 2020 hanno pubblicato un album di anniversario con musica originale, Joy. Joy è un progetto indipendente al 100%, che ha preso il suo tributo di sacrifici, ma ha anche portato molta felici-

A ANDREE BIANCA 95

tà. Questo significa che ogni canzone contiene parti importanti dell'anima di Amadeus, impaziente di toccare quelle dei fan di tutto il mondo. L'album include le interazioni di Amadeus con migliaia di palchi in centinaia di città di tutto il mondo. Concerti in cui i musicisti hanno sentito che la loro musica è la vibrazione unificante nelle anime di centinaia di migliaia di persone di diversi colori, religioni e background etnici. L'album Joy è uno specchio musicale di ognuno dei quattro membri degli Amadeus. Joy' ha 14 canzoni e appartiene al genere musicale new age, con influenze che sono state presenti per anni nella musica di Amadeus - gospel, new classical e la musica tradizionale di varie culture. Per questo album


esibirsi con grande successo di pubblico. I social media di Amadeus hanno forti fanbase in Europa, Stati Uniti e Sud America. Tra i suoi seguaci, il gruppo ha molti strumentisti di tutto il mondo. I quattro membri di Amadeus

condividono costantemente idee con loro, diventando così lanciatori di tendenze nel loro stile musicale. La loro piattaforma di social media più dinamica è il loro canale YouTube, che raccoglie oltre 150 M di visualizzazioni e 540K abbonati.• RS

© Alex Galmeanu

hanno lavorato con Xenti RunIL SITO ceanu, che è il compositore e produttore del gruppo. L'album contiene due brani con Faizan, un percussionista maldiviano. Tutte e quattro le artiste - Andreea Runceanu (violino), Bianca Gavrilescu (violino), Patricia Cimpoiasu (violoncello) e Laura Lazarescu (piano) - sono musiciste professioniste, strumentiste e anche cantanti. Sono laureate all'Università Nazionale di MuInquadra il QRcode sica di Bucarest, Romania, con per il sito di Amadeus grandi successi nell'esecuzione Electric Quartet della musica classica. Amadeus si esibisce sul palco, come gruppo, da 20 anni. In tutti questi anni, Amadeus non ha mai smesso di avvicinare persone di ogni provenienza alle gioie e alle meraviglie della musica classica. Amadeus ha suonato finora in quattro continenti. La loro musica è molto apprezzata sia in Europa, dove Francia, Spagna, Italia e Regno Unito sono tappe abituali del gruppo, sia in Sud America o in Asia, dove sono stati ripetutamente invitati ad

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49ª Edizione

4 maggio - 13 maggio 2022 Jazz Network - Crossroads 2022 Comune di Ravenna Assessorato alla Cultura Regione Emilia-Romagna Assessorato alla Cultura Ministero della Cultura Con il patrocinio di ANCI Emilia-Romagna

Domenica 8 maggio Ravenna, Mama’s Club, ore 21:30

ALESSANDRO SCALA QUINTET feat. FABRIZIO BOSSO Lunedì 9 maggio

Ravenna, Teatro Alighieri, ore 21:00 “Pazzi di Jazz” Young Project ORCHESTRE DEI GIOVANI, DON MINZONI CORI SWING KIDS & TEEN VOICES

+ ENRICO RAVA, MAURO OTTOLINI & ALIEN DEE

Dir. TOMMASO VITTORINI “My Funny Valentine”

Piangipane (RA), Teatro Socjale, ore 21:30

PAULA MORELENBAUM Bossarenova Trio

Martedì 10 maggio Lido Adriano (Ra), Cisim, ore 21:30

SHAI MAESTRO

Giovedì 5 maggio

Mercoledì 11 maggio

LIONEL LOUEKE HH Tribute to Herbie Hancock

KHALAB LIVE QUARTET

Lido Adriano (RA), Cisim, ore 21:30

Venerdì 6 maggio

Madonna dell’Albero (Ra), Bronson, ore 22:00

75 DOLLAR BILL

Madonna dell’Albero (Ra), Bronson, ore 22:00

Giovedì 12 maggio Piangipane (RA), Teatro Socjale, ore 21:30

SALVADOR SOBRAL

Sabato 7 maggio

Venerdì 13 maggio

PAT METHENY “Side Eye” feat. James Francies & Joe Dyson

“FLY ME TO THE MOON” Omaggio a Frank Sinatra ITALIAN JAZZ ORCHESTRA + special guests SARAH JANE MORRIS & NICK THE NIGHTFLY Direttore FABIO PETRETTI

Ravenna, Teatro Alighieri, ore 21:30

INFORMAZIONI Jazz Network - tel. 0544 405666 97 info@jazznetwork.it - www.jazznetwork.it

Ravenna, Teatro Alighieri, ore 21:00

Direzione Artistica: Sandra Costantini Ufficio Stampa: Daniele Cecchini

Miles Davis, Roma 1982 - foto di Nina Contini Melis

Mercoledì 4 maggio


MANIFESTAZIONI

A Ravenna sono tutti “ Pazzi di Jazz ”

L’EVENTO PIÙ COINVOLGENTE PER I GIOVANI MUSICISTI SI TERRÀ DAL 4 AL 13 MAGGIO NELLA CITTÀ ROMAGNOLA

A

nche quest’anno Ravenna ospiterà dal 4 al 13 maggio il RAVENNA JAZZ, giunto alla sua 49° Edizione. Nato nel 1974, è uno tra i Festival più longevi italiani. L’evento è organizzato da Jazz Network con la collaborazione degli Assessorati alla Cultura del Comune di Ravenna, della Regione Emilia-Romagna e sostenuto dal Ministero della Cultura. Una lunga maratona che comprenderà 10 appuntamenti speciali in differenti location della città e Workshops per appassionati e amatori. L’evento rientra nel programma di Crossroads, Festival itinerante della regione Emilia-Romagna. Sul palco del Teatro Alighieri di Ravenna saranno presenti artisti nazionali e internazionali come Pat Metheny in trio, Sarah Jane Morris e Nick The Nightfly ospiti dell’Ita-

IL SITO

Inquadra il QRcode per il sito ufficiale di Ravenna Jazz 2022

lian Jazz Orchestra e i musicisti Paula Morelenbaum, Lionel Loueke, Shai Maestro, Salvador Sobral, i 75 Dollar Bill, il Khalab Live Quartet, Alessandro Scala con Fabrizio Bosso che si esibiranno con nuove stimolanti proposte nei locali della cittadina nel format Ravenna 49° Jazz Club. Il gran finale sarà dedicato alla colossale produzione didattica corale-orchestrale Pazzi di Jazz Young Project diretti dai Maestri Enrico Rava, Mauro Ottolini, Alien Dee e Tommaso Vittorini. Come tutti gli anni non mancheranno i Workshop di Mister Jazz: protagonisti quest’anno il batterista Roberto Gatto, il chitarrista Roberto Taufic e un incontro dedicato alla fotografia jazz con il fotografo Roberto Masotti. SANDRA COSTANTINI È Direttrice Artistica di Ravenna Jazz. Dal 2014 ha ideato e realizzato l’iniziativa didattica Pazzi di Jazz indirizzata alle scuole della città di Ravenna che annualmente coinvolge centinaia di studenti.

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Quanto è importante coinvolgere i giovani e quali sono le lacune a livello didattico e formativo che possiamo ancora correggere per promuovere la cultura musicale nelle scuole? Coinvolgere i giovani e soprattutto i giovanissimi è fondamentale. È nostro compito gettare i semi per il futuro del jazz, di cui ci occupiamo con passione da lungo tempo (fondammo l’associazione Jazz Network, prima rete telematica al mondo in ambito culturale, nel lontano 1987), non solo per educare i suoi prossimi protagonisti e il suo pubblico di domani, ma anche per formarli come cittadini consapevoli dei tempi a venire. La cultura musicale andrebbe promossa nelle scuole in maniera sistematica, non saltuariamente accogliendo quando e dove si può progetti esterni. La musica dovrebbe rientrare tra le materie obbligatorie, nei piani di studio di ogni istituto, non soltanto di quelli a ramo musicale. In particolare al jazz, arte libera e creativa, oltre all’elevata qualità artistica, è con-


di Christine Grimandi

naturato il valore pedagogico delle implicazioni sociali, formative, politiche e culturali. Il jazz costituisce infatti, coi suoi princìpi e valori universali, metafora eccellente d’ideale convivenza, solidarietà, interrelazione paritaria, quindi insuperabile modello sociale ed educativo e paradigma di comunità ideale. Il jazz è per sua natura inclusivo e vocato alla convivenza fra uguali, condizione basilare per il mantenimento della pace, tema attualissimo ai giorni nostri. Per dirla con le parole di due grandi sassofonisti della storia del jazz: «Io suono per far sì che scenda la pioggia; per abolire le guerre» (Archie Shepp); «Se tutti conoscessero e capissero il jazz, non ci sarebbero più guerre» (Benny Golson). Il DNA del jazz ha in sé geni di basilare centralità: la componente multiculturale e cosmopolita, quindi la comprensione e il rispetto delle diversità, contro ogni forma di razzismo e pregiudizio (il jazz è la prima forma d’arte statutariamente “cosmopolita”, e il primo “luogo di comunicazione” in cui le varie etnie anziché lottare fra loro si trovano a creare insieme); la

HENY T E M T PA 99


© Dave Stapleton

capacità di improvvisare, che prepara agli imprevisti della vita; la dimensione di libertà che deve esprimersi in un contesto collettivo, quindi l’ascolto dell’altro, il dialogo, l’interplay. Non a caso l’Unesco ha dichiarato il jazz Patrimonio dell’Umanità, dedicandogli dal 2012 una giornata celebrativa, il 30 aprile di ogni anno (International Jazz Day). Possiamo quindi dire che il jazz è “strumento” ideale per stimolare la creatività, ma anche per indurre la voglia di condivisione, per insegnare a rapportarsi all’altro, al proprio simile come al diverso: è “cultura universale”, ponte tra i popoli, esperanto contro ogni barriera, ogni pregiudizio, ogni forma di razzismo. E i bambini sono assolutamente ricettivi, sono naturalmente “aperti” ad interiorizzare tutto ciò. Pazzi di Jazz dà loro la straordinaria opportunità di vivere queste importanti esperienze di formazione guidati per mano, nella teoria e nella pratica, da

SANDRA COSTANTINI • Presidente e Direttore Artistico di Jazz Network. • Iniziò negli anni ’80 a dirigere gli uffici stampa di innumerevoli manifestazioni musicali. Nel 1987 è diventata Capo Ufficio Stampa e Relazioni Esterne dell’associazione internazionale Europe Jazz Network, prima rete telematica in campo culturale al mondo e dal 2017 ne è diventata il Presidente. • Oltre a ideare progetti per enti pubblici e privati, cura la direzione artistica delle manifestazioni promosse da Jazz Network. È socio fondatore e consigliere d’amministrazione dell’associazione JIP Jazz Italian Platform costituitasi nel 2019 che annovera 15 promoter di jazz attivi sul territorio italiano. grandi maestri, artisti di fama internazionale, figure di alto spessore anche a livello umano: il celebre compositore e arrangiatore Tommaso Vittorini; Enrico Rava, il trombettista italiano più conosciuto e affermato a livello internazionale; il noto critico, docente e musicologo Francesco Martinelli; Mauro Ottolini, carismatico trombonista; il giovane e pluripremiato rapper-beatboxer Alien Dee. Il percorso, dopo vari incontri e laboratori nelle scuole, sfocia nel concerto My Funny Valentine, omaggio a Chet Baker (Teatro Alighieri, 9 maggio 2022, nell’ambito del festival Ravenna Jazz), protagonista un imponente organico di baby musicisti tra orchestra e

KE E U O L L LIONE

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coro al fianco dei loro Maestri. Perni di questa iniziativa, la maestra Catia Gori (direttrice del coro Swing Kids della primaria Mordani e responsabile dei rapporti con le scuole) e il Prof. Franco Emaldi (direttore dell’Orchestra dei Giovani e dell’Orchestra della media Don Minzoni). Chi si occupa di cultura ha il dovere morale di portarla dentro le scuole, e le scuole dovrebbero avere per statuto il dovere civile di aprire ad essa le loro porte. M° TOMMASO RUGGERO ELIO VITTORINI Maestro Vittorini ogni anno Pazzi di Jazz ricorda un musicista nella ricorrenza della nascita o della scomparsa e dal repertorio scegliete i brani per il concerto, come è già accaduto per Frank Sinatra, Duke Ellington, Ella Fitzgerald, Dizzy Gillespie, Miles Davis. Quest’anno cosa preparerete con i ragazzi? Chet Baker! Il mio lavoro, come arrangiatore, consisterà anzitutto nel trovare la chiave interpretativa per l’orchestra, cosa non scontata perché ogni musicista di riferimento si è distinto per repertorio e stile


© Stefano Bentini

Il Maestro Franco Emaldi sul palco con i giovani musicisti dell’Orchestra dei Giovani

diversi tra loro. Con Ellington o Gillespie ci siamo permessi di scherzare entusiasticamente, con toni caldi, i brani di Sinatra chiedevano un trattamento più romantico mentre Miles Davis più austero. Chet Baker ha rappresentato il “cool jazz”, dunque il suo lascito artistico è improntato a misura e sobrietà privilegiando armonia e contrappunto, rispetto ai contrasti dinamici che di norma caratterizzano le esecuzioni orchestrali. Com’e stato l’incontro con i musicisti in erba de l’Orchestra dei Giovani? I giovani dell’Orchestra sono stati capaci di assimilare partiture difficili con entusiasmo, alternando la dolcezza dei “pianissimo agli ammiccanti fraseggi del blues”. Quest’anno si chiede loro di far comprendere la musica in cui si è ambientato C h e t Baker, fatta di chiaroscuri sottili e contenuta in uno spettro

dinamico ridotto “tra il mezzopiano e il mezzoforte”. Quali brani avete scelto per questa nuova sfida? Sono tutti classici che altri musicisti hanno interpretato indifferentemente come ballad o brani veloci. Gli arrangiamenti devono rinunciare a velleità spettacolari e riflettere il carattere dei brani così come sono stati interpretati da Chet Baker: dunque ci vuole misura e poesia, non strappate improvvise. Chet era fedele alle armonie

originali dei brani, e non posso snaturare questa caratteristica, tuttavia ho dato la caccia a molte note pensate dal suo sodale Gerry Mulligan all’epoca del quartetto senza pianoforte, perciò il contrappunto giocherà una parte importante nel programma. Ogni anno ci prefiggiamo una sfida diversa, e constatare il modo in cui i ragazzi preparati da Franco Emaldi la raccolgono e puntualmente la vincono è per me un’esperienza entusiasmante, e fino ad oggi siamo riusciti a trasmetterla sempre dal palco al pubblico. FRANCO EMALDI Franco Emaldi trombettista, direttore artistico dell’Orchestra dei Giovani APS, docente di tromba e coordinatore presso la Scuola “Don Minzoni” di Ravenna. Com’è nata l’idea di coinvolgere i giovanissimi in un’Orchestra? A scuola con i miei colleghi abbiamo sempre creduto nella valenza educativa e sociale della musica d’insieme, peraltro sancite dalle direttive ministe-

M° TOMMASO RUGGERO ELIO VITTORINII • Compositore, arrangiatore e sassofonista italoamericano, ha iniziato la sua carriera artistica negli anni Settanta suonando insieme a Massimo Urbani, Maurizio Gianmarco, Danilo Terenzi, Enrico Pieranunzi, Danilo Rea e successivamente con Lester Bowie, Kenny Wheeler, Roswell Rudd, Steve Lacy, Enrico Rava e tanti altri. • A fianco di Mario Schianu ha scritto commedie musicali. Ha fondato la Living Concert Big Band”, il Grande Elenco Musicisti. Ha diretto la “Banda della Scuola Popolare di Musica di Testaccio”, l’Eliseo Big Ban, la Filarmonica di Monte-Carlo, la Mosfilm Symphony Orchestra & Choir di Mosca, l’orchestra della RAI e ultimamente la Big O Orchestra” una band tutta al femminile con sede a New York che ha suonato al Symphony Space Theatre e al Blue Note. • Ha collaborato con la Warner Music, EMI, Sony Music, BMG e CAM, Lina Wertmuller, Roberto Benigni, ha scritto sigle e trasmissioni televisive, ha realizzato lungometraggi, serie TV, documentari didattici e industriali, cartoni animati e pubblicità. • Arrangiatore e direttore d’orchestra per la RCA, ha arrangiato brani di Paolo Conte, ha collaborato con Claudio Baglioni, Gianni Morandi, Vinicio Capossela, Dionne Warwick, Chaka Khan e tanti altri..

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FRANCO EMALDI Tromba, intraprende l’attività di musicista viaggiando e incrociando diversi ambiti musicali. Dopo le prime esperienze di musica classica approfondisce la conoscenza nel jazz. Nella musica leggera suona in diverse formazioni con Andrea Mingardi, con il M° Sandro Comini e da anni collabora con il Maestro Rinaldo Strappati. Ha partecipato a produzioni col Teatro la Scala di Milano e dal 1999 al 2012 ha collaborato stabilmente con il Piccolo Teatro di Milano partecipando a tourneè nei più importanti teatri italiani e nel mondo.

riali, pertanto impostiamo fin dall’inizio l’attività didattica dei ragazzi sia sullo studio dello strumento che sull’attività d’assieme. Negli anni abbiamo cominciato a considerare su come avremmo potuto agire per non disperdere le competenze acquisite dai giovani. Nel 2012 in occasione di un evento in collaborazione con Ravenna Festival, è nata l’idea di costituire l’associazione ORCHESTRA DEI GIOVANI APS. Quest’anno festeggiamo dieci anni di attività di promozione, diffusione e sviluppo della cultura musicale dei ragazzi in età scolastica, attraverso l’esperienza dello studio di uno

© Cristiano Frasca

• Completati gli studi musicali in

Da sinistra: il Maestro Simon Lee, Matteo Tiozzo (bassista) e Mattia Mingarini (batterista)

strumento musicale e “del fare musica insieme”. Sono tanti i giovani che seguono il vostro progetto musicale? Sono moltissimi i giovani che in questi anni hanno contribuito alla realizzazione di vari progetti musicali accanto a artisti e musicisti come Mario Biondi, Fabrizio Bosso, Paolo Fresu, Enrico Rava, Flavio Boltro e con i direttori musicali Tommaso Vittorini, Simon Lee, Stefano Nanni, Alessandro Spazzoli, Stefano Pecci ed altri. Il potere educativo della musica è fonda-

mentale e per loro creiamo importanti opportunità di formazione e crescita. Siamo veramente fieri di questi giovani e siamo particolarmente contenti quando, uno tra loro, sceglie la musica per il suo futuro professionale. Il vostro prossimo appuntamento vi vedrà sul palco del Teatro Alighieri di Ravenna? Esattamente. I ragazzi eseguiranno brani con gli arrangiamenti del M° Tommaso Vittorini che da anni insieme a me collabora traendo energia vitale dai nostri giovani musicisti. • RS

FLY T H G I N E NICK TH 102


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MANIFESTAZIONI

Vicenza Jazz nel segno di Charles

Mingus

QUEST'ANNO SI CELEBRA L’ANNIVERSARIO DI UNA DELLE FIGURE PIÙ RILEVANTI DELLA STORIA DELLA MUSICA AFROAMERICANA

O

ltre 100 concerti per i 100 anni di Charles Mingus: la ventiseiesima edizione del festival New Conversations – Vicenza Jazz affronterà con la sua ormai celebre ricchezza di appuntamenti l’anniversario di una delle figure più rilevanti della storia della musica afroamericana. Dopo due edizioni scombussolate dalla pandemia, il festival ritorna nella sua tradizionale collocazione di calendario, dall’11 al 22 maggio, con un programma artistico (ideato da Riccardo Brazzale) esuberante per produzioni originali, omaggi mingusiani e grandi nomi: da Bill Frisell a John Scofield, Joe Lovano, Avishai Cohen, Richard Bona assieme ad Alfredo Rodriguez, David Murray, John Surman, il ritorno dei Doctor 3, Enrico Rava con Fred Hersch e Maria Pia De Vito. Ci sarà inoltre una inedita ripresa estiva del festival: dal 14 al 17 luglio con appuntamenti

IL SITO

Inquadra il QRcode per il sito ufficiale di Vicenza Jazz 2022

di alto rilievo all’aperto: il Cross Currents Trio (con Dave Holland, Zakir Hussain e Chris Potter), Kurt Elling, Vijay Iyer e una serata scientifico-musiCharles cale con MaMingus rio Tozzi ed Enzo Favata. A sostegno dei concerti di prima serata ci sarà un ricco contorno di altre proposte live: un programma che riempirà la città di Vicenza di jazz sounds dal pieno giorno a notte fonda. I concerti non si limiteranno ai teatri, diffondendosi in tutta la città, dai locali (a partire dal Jazz Café Trivellato Bar Borsa) ai palazzi antichi, le chiese, i musei, i cinema, le librerie, le vie e le piazze del centro storico. Il festival New Conversations - Vicenza Jazz 2022 è promosso dal Comune di Vicenza in collaborazione con la Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza, in coproduzione con Trivellato Mercedes Benz, con Aquila Corde Armoniche di Vicenza come sponsor e Acqua Recoaro come sponsor tecnico. NEL VORTICE DI MINGUS Le prime due serate della kermesse jazzistica vicentina saranno caratterizzate dalla fase conclusiva dell’Olimpico Jazz Contest, di sui si svolgeranno le semifinali (l’11 mag-

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gio in trasferta all’Auditorium Fonato di Thiene) e le finali (il 12 al Teatro Comunale di Vicenza). Il programma di queste serate comprende anche i primi live dedicati a Mingus. L’11 il contrabbassista Furio Di Castri rispolvererà il suo ormai storico progetto “Furious Mingus”, eseguendolo con un nuovo quintetto: attenzione alla numerologia mingusiana e agli accostamenti in altorilievo tra composizione e improvvisazione. Il 12, Di Castri affronterà la musica di Mingus da una ben diversa prospettiva: un solo di contrabbasso. È una produzione originale anche il quintetto del sassofonista David Murray (il 17 al Teatro Comunale): il percorso stilistico seguito da questo storico sassofonista nella sua lunga carriera, partito dal free per approdare a un jazz più


‘ecumenico’ che ingloba il mainstream, la world music, la fusion, tenendo saldi i legami con l’Africa, è quanto mai ideale per calarsi nell’universo musicale di Charles Mingus. Mancavano dai palcoscenici da un po’ di tempo e un loro ritorno in scena era quanto mai atteso: parliamo dei Doctor 3 (ovvero Danilo Rea, Enzo Pietropaoli e Fabrizio Sferra), una delle più famose band del jazz italiano degli ultimi venticinque anni. Anche loro aderiranno al tema portante di Vicenza Jazz 2022, inserendo in scaletta musiche di Mingus, un terreno per loro inconsueto (il 19 al Teatro Olimpico, abbinati al trio di Tigran Hamasyan). JAZZ GLOBALE Con l’ampia esplorazione dell’universo mingusiano, il festival vicentino fa un affondo nel cuore della musica jazz di matrice afroamericana. Ma nel cartellone troveranno poi spazio emblematici rappresentanti di altre correnti del jazz statunitense e internazionale. Joe Lovano è uno dei colossi del sax tenore. Vicenza Jazz lo ospiterà col suo Trio Tapestry, la formazione che ha creato nel 2018 per il suo debutto discografico su ECM: con Marilyn

Crispell al pianoforte e Carmen Castaldi alla batteria, questa band sfata il mito del jazz come universo maschile (il 14 all’Olimpico). Bill Frisell è uno dei più ammirati guitar heroes dagli anni Ottanta a oggi. Il trio con cui suonerà all’Olimpico (il 15) è una delle formazioni che gli lascia più libertà d’azione per le sue scorribande musicali, con i loro contrasti espressivi a tinte forti: musica metropolitana a braccetto con sonorità rurali, postmodernismo e primitivismo, un effetto ping pong tra sperimentazione e tradizione. Il 21 all’Olimpico i riflettori saranno ancora puntati su una chitarra di livello assoluto, quella di John Scofield, jazzista tra i più influenti degli ultimi quattro decenni, ferratissimo solista post-bop da sempre sensibile alle seduzioni della fusion, il funky, il soul jazz. E il suo trio è appunto un versatile strumento per muoversi li-

© Paul Joseph

Cross Currents Trio Holland - Hussain - Potter

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© Monica Jane Frisell

di Christine Grimandi

Bill Frisell

beramente in territori stilistici aperti. Il jazz statunitense negli ultimi anni è particolarmente ricettivo nei confronti degli stimoli provenienti dal Mediterraneo e il Vicino Oriente. Portabandiera di questo afflusso di nuove idee e forme sonore è il bassista israeliano Avishai Cohen. Con il suo trio (lo si ascolterà il 16 al Comunale) Cohen lascia emergere con la massima chiarezza gli elementi mediorientali e gli influssi della musica ebraica, intrecciandoli saldamente alla matrice jazzistica afroamericana. Sulla stessa scia è assai rilevante anche il lavoro del pianista armeno Tigran Hamasyan, nella cui musica convivono elementi folklorici del suo paese, ingredienti jazzistici e, sporadicamente, rock. Il progetto in trio che presenterà all’Olimpico (il 19, in abbinamento ai Doctor 3) è la sua prima prova completamente dedicata al repertorio degli standard. E ancora su questa strada si pone il giovane pianista israeliano (trasferitosi negli Stati Uniti) Yaniv Taubenhouse, che il festival farà scoprire al pubblico italiano (il 14 all’O-


limpico, abbinato al trio di Joe Lovano). Ci saranno poi esotismi dal nord e il sud del mondo. Due prestigiatori del ritmo che assieme ridefiniscono i limiti della propulsione sonora: sono il bassista camerunense Richard Bona e il pianista cubano Alfredo Rodriguez (13 maggio, in trio, al Teatro Comunale). John Surman è l’altra faccia del sassofono nordico, quella che meglio si contrappone all’egemonia sonora patinata di Jan Garbarek: lo troveremo in duo con il pianista norvegese Vigleik Storaas (il 18 all’Olimpico, in serata con l’Earth Trio). MADE IN VICENZA JAZZ Audace e propositivo: Vicenza Jazz 2022 ha in cartellone ben cinque produzioni originali. Oltre alle due dedicate a Mingus, ci sarà “Songs from the Heart”, un inedito quartetto creato da Ada Montellanico, voce di riferimento nel panorama jazzistico italiano (sarà protagonista dell’ormai celebre appuntamento di mezzanotte al Cimitero Maggiore, il 12 maggio). Ancora note inedite il 18 (all’Olimpico, nella stessa serata di John Surman) con l’Earth Trio, ovvero il bassista Paolo Damiani, il sassofonista Rosario Giuliani e il batterista Zeno De Rossi: personalità assai diverse che trovano una perfetta quadratura ispirandosi alle vicende musicali dello storico trio Air. L’incontro tra il trombettista Enrico Rava e il pianista Fred Hersch riunisce due storie musicali straordinarie: il loro duo, sbocciato nel 2021, è stato sin da subito una delle principali attrazioni festivaliere. In maniera del tutto speciale per Vicenza Jazz il duetto si amplia grazie alla presenza vocale di Maria Pia De Vito (il 20 all’Olimpico).

Avishai Cohen

VICENZA JAZZ ANCHE D’ESTATE Grande novità di questa edizione è un’appendice di lusso che, per l’importanza degli artisti invitati, costituisce un vero e proprio festival nel festival: quattro serate estive al Parco Querini, dal 14 al 17 luglio. Lo spettacolo del 14 luglio porterà il jazz fuori dai suoi schemi abituali: il sassofonista Enzo Favata creerà una colonna sonora elettro-acustica a sostegno delle parole di Mario Tozzi, scienziato, divulgatore e anche celebrità televisiva. Tra scienza e mitologia, Tozzi darà vita alla pièce “Mediterraneo, le radici di un mito”. Il 15 sul palco all’aperto salirà il Cross Currents Trio, con la sua combinazione di tre leggende dei rispettivi strumenti: Dave Holland è uno dei più importanti bassisti della storia del jazz, Zakir Hussain è il virtuoso indiano delle tabla che più di ogni altro si è confrontato con il

jazz statunitense, Chris Potter è uno dei più apprezzati ‘stilisti’ del sax. Con loro la musica non può che scorrere incontenibile e a stile libero. Il 16 si ascolterà la più carismatica voce jazz maschile degli ultimi venti anni: Kurt Elling. Nel suo nuovo progetto “SuperBlue”, un quartetto con la partecipazione del chitarrista Charlie Hunter, il senso del groove assurge a una nuova dimensione grazie alle basi ritmiche ideate da un team di campioni dell’hip hop. Il 17, Vicenza Jazz 2022 saluterà definitivamente il suo pubblico con Vijay Iyer, uno dei solisti che stanno definendo più chiaramente i contorni del pianoforte jazz contemporaneo. Il suo trio con il batterista Tyshawn Sorey e la contrabbassista Linda May Han Oh è stato da poco immortalato su un disco dell’ECM che è un trionfo di interplay e fertile inventiva. • RS

John Scofield

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ECCELLENZE

Benvenuti nella

Casa del

Rock!

UN LUOGO UNICO IN CUI SI RESPIRA LO SPIRITO DELLA MUSICA CHE HA CAMBIATO IL MONDO

L

A CASA DEL ROCK dove giocare con il flipper di Elton John, indossare il cappello di Tom Petty o un anello di Jimi Hendrix, suonare il basso di Sting, la chitarra di Steve Vai o infilare il jack nell’amplificatore di Jimmy Page... Oltre 45mila pezzi collezionati in 40 anni di passione sconfinata da Mariano Freschi ora a disposizione degli appassionati. Mariano Freschiha deciso di aprire le porte di casa sua, a San Giorgio Piacentino, un piccolo paesino alle porte di Piacenza, per mettere a disposizione di tutti gli appassionati o di tanti semplici curiosi, un patrimonio vastissimo che ripercorre la storia del rock:

dall’amplificatore di Keith Richards, alla batteria dei King Crimson, dall’armonica usata da Roger Daltrey in Quadrophenia all’impianto utiliz-

IL SITO

Inquadra il QRcode per il il sito della Casa del Rock 108

zato dai Free di Paul Rodgers al Festival dell'Isola di Wight del 1970 ma anche decine di migliaia di fotografie, poster, libri e riviste. Per visitare questa collezione straordinaria e ascoltare le incredibili storie che stanno dietro a ognuno di questi pezzi unici, è sufficiente scrivere una mail a info@madeinrock.it Una collezione vastissima quella di Mariano Freschi che comprende la mostra Rock on Stage, oltre 400 oggetti storici tra strumenti, amplificatori, pedaliere, effetti che sono stati sui più prestigiosi palcoscenici internazionali. Ma anche memorabilia varie appartenuti alle più grandi stelle della musica rock e più


di Daniele Colzani

di 45mila pezzi tra fotografie, poster, tour book, picture disc, libri e riviste che il collezionista piacentino ha raccolto nell’arco di oltre 40 anni di passione sconfinata. Tutti questi oggetti costituiscono le fondamenta di un sogno che Mariano Freschi coltiva da tempo, un sogno che si muove a ritmo di rock: creare una vera e propria "Casa del Rock" per poter dare vita a un luogo unico in cui si respiri in ogni momento della giornata lo spirito della musica che ha cambiato il mondo. «Vogliamo parlare a tutti gli appassionati - spiega Mariano Freschi - siano essi ventenni o settantenni, amanti del progressive, di hard & heavy o di una delle innumerevoli anime che compongono la meravigliosa galassia del rock». LA FONDAZIONE MADE IN ROCK Mariano Freschi è anche fondatore di Made in Rock, un’associazione senza scopo di lucro che ha come obbiettivo la promozione e la valorizzazione della musica rock e della cultura ad essa legata. L’associazione opera grazie all’ap-

porto di Stefano Prinzivalli per la parte di Comunicazione e Marketing. Fondamentale ora come negli anni passati, il contributo di Simone Falavigna di Rock and Vintage e Roberto Gandolfi di Vintage Authority, così come quello di tutti gli altri soci che si coordinano su ogni altro aspetto. La missione della fondazione, prima di ogni altra cosa, è conservare la memoria e soprattutto diffondere la conoscenza della musica rock, della sua storia e dei suoi protagonisti presso le generazioni che non hanno potuto vivere direttamente quel ”magnifico” periodo di attività musicali. “Vogliamo parlare a tutti gli appassionati di musica rock , siano essi ventenni o settantenni , amanti del progressive o dell’ hard-rock o comunque di una delle innumerevoli anime che compongono la meravigliosa galassia chiamata rock music; che sia-

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no i Led Zeppelin o Santana, Simon e Garfunkel o i Beatles, The Who o i Rolling Stones dice Mariano Freschi - Il nostro obiettivo è uno solo: far conoscere ai giovani il più grande e variegato panorama musicale mai esistito, dando loro la possibilità di ascoltare ed avere informazioni su questa musica che ha fatto la storia , anche sociale e culturale degli ultimi 60 anni e che molti di noi hanno avuto al fortuna di vivere direttamente”. • RS


ACCADEMIE

di Daniele Colzani

L ’Accademia di canto e musica

moderna Vocal Care® è a Sanremo DIRETTA DA DANILA SATRAGNO, VOCAL COACH DI DAMIANO DAVID (MÅNESKIN) INAUGURA LA SEDE AL TEATRO ARISTON

D

opo il successo riscosso nelle sedi di Savona, Milano e Roma, approda al Teatro Ariston di Sanremo (Imperia) l’Accademia di canto e musica moderna Vocal Care®, diretta da Danial Satragno, vocal coach di grandi artisti come Damiano David (Måneskin), Ornella Vanoni, Jovanotti, Giusy Ferreri, Manuel Agnelli (Afterhours), Giuliano Sangiorgi (Negramaro), Annalisa, Tedua, Bresh e tanti altri. Il 26 marzo si è tenuta l’inaugurazione con il primo workshop interamente dedicata alla voce a cui si aggiunono altri tre appuntamenti (22 aprile, 28 maggio e 4 giugno) nei quali i partecipanti incontreranno autori, produttori, discografici, giornalisti, manager e comunicatori di altissimo livello. A seguito del workshop è prevista la 9a edizione del Vocal Summer Camp, un camp estivo ideato da Danila Satragno, un’esperienza unica per gli allievi dell’Accademia che per l’oc-

IL SITO

casione saranno affiancati dai grandi nomi del panorama musicale. L’Accademia si propone di creare un percorso di formazione all'avanguardia dedicato alla voce, alla scrittura, alla produzione discografica e a tutto ciò che ruota attorno alla voce e alla

canzone. Vocal Care®, sistema di ricerca vocale, sviluppato e brevettato da Danila Satragno, è un metodo codificato per il canto moderno e la voce parlata che insegna ad usare la voce in tutte le sue potenzialità e possibilità espressive. • RS

CHI È DANILA SATRAGNO • Cantante, musicista e vocal coach di grandissimi artisti, è docente al Con-

Inquadra il QRcode per il il sito ufficiale di Vocal Care®

servatorio Verdi di Milano di canto jazz e pop. È stata coach alla Duke University Durham (USA), Amici, X Factor e molti programmi Rai e Mediaset. La sua lunga esperienza a fianco di grandi professionisti e giovani talenti l'ha portata a elaborare il metodo Vocal Care®, descritto in quattro libri editi da Sperling & Kupfer (Mondadori), Voglio Cantare, Accademia di canto, Cantare è facile con il Vocal Care e Tu sei la tua voce. • Nel 2007 Danila ha vinto l’Italian Jazz Award come migliore Best Jazz Singer.

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MUSICA

Grinta, caparbietà e talento: le tessere del loro

Mosaico

UN BELL'ESEMPIO DI POP-ROCK CHE CERCA LA SUA STRADA, SE QUALCUNO AZZARDA UN PARAGONE COI MÅNESKIN. LORO CI RIDONO SOPRA...

U

na chiacchierata a più voci con la band dei Mosaico al gran completo, per capire meglio da parte di tutti e quattro i membri della formazione fidentina aspirazioni, sogni, il punto d’arrivo raggiunto fino ad oggi e le mete desiderate per il futuro. Una cosa è certa: si tratta di musicisti giovani con una gran voglia di arrivare! Raccontateci in sintesi la vostra storia dall’inizio È la storia d’amore più vecchia del mondo: quella di 4 ragazzini delle superiori che si chiudono in un garage per fare tanto chiasso coi loro strumenti. All’inizio è come sempre un gioco, è un passatempo e poco più, ma dopo pochi anni, nel 2019, abbiamo deciso (Simone, Alex, Matteo e all’epoca l’ultimo arrivato Alfredo) di fare sul serio, dedicandoci alla scrittura

IL SOCIAL

Inquadra il QRcode per il profilo FB dei Mosaico

di brani originali, alla cura di una forte immagine, e soprattutto a condividere la nostra musica con più persone possibili. Cosa è successo in seguito? Da allora ci siamo portati a casa parecchi concerti nel nord Italia, in particolare nella nostra amata Emilia, 4 singoli e 3 videoclip ufficiali, e nonostante la difficoltà generale dovuta a questi 2 anni di pandemia (tra cui un piccolo cambio di Line-up), siamo arrivati alla formazione attuale: Simone alla voce, Alfredo alla chitarra, Alex al basso e Jack alla batteria. Tutt’oggi questo progetto rappresenta al tempo stesso il nostro più grande sogno e il nostro primo lavoro. C’è stato un momento nel quale avete pensato di mollare tutto? Abbiamo avuto tanti “alti e bassi”, questo è naturale, ma non abbiamo mai pensato di mollare, nemmeno per un secondo. Il momento invece più esaltante da quando fate musica?

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Decisamente la Milano Music Week del novembre scorso è stata un’esperienza unica. Tra le altre cose ricordiamo anche l’evento Best of Guitars alla Reggia di Colorno, insieme ad alcuni dei più grandi chitarristi italiani, e, perché no, qualche festa nelle nostre province, in cui la gente è particolarmente coinvolta e canta le nostre canzoni, quelle sono le serate migliori! Quali sono i vostri gusti musicali? Simone: abbiamo gusti incredibilmente diversi e ascoltiamo tutti tantissima musica, quindi sarà dura scegliere solamente alcuni generi, però, se devo sbilanciarmi, sicuramente dico il buon vecchio Rock ‘n roll, che mi ha formato fin da piccolo, soprattutto quello che va dagli anni 60 agli anni 80, ma anche la musica folk, l’elettronica, il soul… Alfredo: sono nato con l’idea della chitarra distorta in mano e il rock dei vecchi dischi nelle orec-


di Luca Varani

chie, ma da qualche anno sto approfondendo molto il jazz, genere che sa e ha saputo dare molto per quanto riguarda melodie e canzoni Jack: io negli ultimi anni mi sono avvicinato parecchio al punk-rock e in generale alla musica elettronica, però nutro una grande passione per il macrogenere del pop, in tutte le sue sfaccettature. Alex: anche io mi sono innamorato del jazz in questi anni di conservatorio. Come potete vedere è abbastanza difficile mettere d’accordo tutti e 4, ed è questo il bello. I vostri testi riflettono la vostra età e i contesti che vivete ogni giorno. C’è un argomento, anche piuttosto coraggioso, col quale vi piacerebbe confrontarvi? ALEX: la possibilità di trasmettere un messaggio scritto tramite le canzoni e la musica è sicuramente una delle cose più belle ed affascinanti che di possano fare, quando però si vanno a toccare argomenti delicati bisogno dare attenzione ad ogni minimo dettaglio ed esserne fermamente convinti. Se ad oggi non l’abbiamo ancora fatto è perchè vogliamo aspettare il momento giusto, quando ne valga veramente la pena. Simone: per il momento ci piace molto trattare argomenti il più possibile condivisibili dal nostro pubblico, temi di tutti i giorni e non solo, mentre per quanto riguarda testi socialmente impegnati… per ora non ne sentiamo il bisogno, già tanti artisti li affrontano. Però in futuro, perché no? Come nasce una vostra canzone? Simone: non esiste una formula precisa, dipende dal momento e dalle esigenze. A volte si parte da un testo e gli si cuce addosso una musica, altre volte la musica è già dettata dalle parole, altre volte ancora si parte da una “jammata” in sala prove o da un riff e poi si aggiunge un testo. Alfredo: una canzone nasce da una piccola idea, qualche elemento leggero ma valido, sia musicale

che testuale. Dopodiché viene elaborato e ampliato in sala prove e a casa singolarmente da ognuno di noi per poter ricavare il massimo da una piccola e abbozzata cellula di partenza. Alex: è sempre una novità, e soprattutto siamo sempre noi 4, tutti insieme, a dare vita a un nuovo pezzo. Avete visto Sanremo 2022? Che impressione avete avuto? Alex: personalmente questo festival mi ha “intrattenuto” di più rispetto agli ultimi anni, è stato un bello show, si sono scoperte delle nuove proposte molto valide e finalmente sono tornate a cantare assieme ai big. Alfredo: ho visto dei personaggi nuovi, sia davanti che dietro le quinte (cercandoli sui social ad esempio). C’era tanta energia da parte di chi era nuovo e questo mi ha trasmesso positività e motivazione. Spero che potremo averci a che fare a breve Come vedete il futuro dei Mosaico, ora che un “solco” è stato segnato? Continueremo ovviamente ad aggiungere nuovi pezzi al “mosaico”, altri singoli stanno per arrivare, e perché no, il nostro primo album, sarebbe molto bello. Ah e di sicuro tanti tanti live, suonare dal vivo è la parte più bella di questa avventura. I vostri brani parlano prevalentemente d’amore, visto nelle sue varie sfumature. Pensate che si possa essere ancora credi-

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bili nel farlo? Se ci si guarda intorno sarebbe più facile parlare di odio, vista la negatività che ci circonda… Crediamo che “parlare d’amore” abbia infinite sfaccettature. Ognuno di noi lo vive diversamente e lo ritrova nelle situazioni più personali. Dall’amicizia alla famiglia, da un rapporto a un’avventura, pure l’odio può essere trattato all’interno di un di testo d’amore. Pensiamo quindi che sia impossibile non parlare d’amore nell’arte e nella musica: è ciò che muove la gente, unisce, ha unito e unirà sempre tutti. Qualcuno vi ha paragonato, in termini di atmosfera e di suoni, ai Maneskin: che ne pensate? Simone: i paragoni molto spesso lasciano il tempo che trovano. Però se s’intende un gusto vintage e rock nei suoni e nelle atmosfere… allora può farci solo piacere! Al di là di questo però siamo abbastanza diversi, soprattutto stilisticamente, a livello di immagine e di scrittura. Alfredo: se la similitudine è riferita alla qualità e alla capacità di trasmettere attraverso le canzoni, penso sia davvero un bel complimento. Se dovesse essere riferito ad altro non credo che a qualcuno di noi interessi più di tanto. Per quanto riguarda la chitarra ho ispirazioni sicuramente simili ma anche molto distanti e i nostri pezzi in generale hanno storie e scelte musicali piuttosto diverse dalle loro. • RS


RADIORAMA

Quella volta che Corrado fece un annuncio storico

IN RADIO FU LUI CHE ANNUNCIÒ, CON COMPRENSIBILE ENFASI, LA FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

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nterrompiamo le trasmissioni per comunicarvi una notizia straordinaria: le forze armate tedesche si sono arrese agli angloamericani. La guerra è finita! Ripeto... la guerra è finita"! Fu un giovane Corrado Mantoni con una "erre" roboante ad annunciare in diretta radiofonica la fine del secondo conflitto mondiale. In arte semplicemente Corrado (Roma, 2 agosto 1924 Roma, 8 giugno 1999), è stato un presentatore ed autore televisivo ma anche un amatissimo conduttore radiofonico. Il comunicato è riascoltabile a questo link: https://www.youtube.com/ watch?v=x321nSn-wJk La radio ha accompagnato i momenti più importanti della nostra storia recente, talvolta con dolore, a volte regalando gioia e speranza. L'utilizzo del mezzo cambia completamente la sua funzione durante il periodo della seconda Guerra Mondiale. Non è un caso se oggi molti social media assumono anche il ruolo di denuncia sociale rispetto ad alcune questioni molto sentite dalle persone.

Durante il periodo nazista, a livello mondiale la BBC svolse un ruolo fondamentale nell’incoraggiare l’opposizione all’occupazione tedesca in tutta Europa, assumendo una duplice strategia; innanzitutto si rivolse a quelle organizzazioni che vollero intraprendere un’opposizione attiva contro il regime nazi-fa-

MA GUARDA UN PO' CHI SI RISENTE... • A Maggio torna l’Eurovision Song Contest che per l’edizione 2022 si terrà in Italia, a Torino, grazie alla vittoria, lo scorso anno, dei Måneskin. Nel frattempo sono stati confermati i conduttori su Rai 1 per l’Italia ed anche quelli per Rai Radio2.Coppia che vince non si cambia: Ema Stokholma e Gino Castaldo. I due hanno infatti già raccontato l’Eurovision 2019 e il 2021 alla radio, così come Europe Shine a Light del 2020, che ha sostituito il concorso annullato quell’anno. Bentrovati!

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scista e successivamente utilizzò qualunque tipo di materiale che potesse fungere da propaganda contro il regime, rivolgendosi all'intera popolazione. Il ruolo della radio fu fondamentale anche tra i partigiani italiani; nella memoria di molti anziani i ricordi di quegli anni sono legati a un segnale acustico, quattro colpi di percussione un po’ sordi: era l'inconfondibile “signature tune” di Radio Londra. In particolare l’apertura del fronte in Italia portò una innovazione nei programmi: la lettura dei messaggi operativi, indirizzati a specifici destinatari che aspettavano dall'emittente inglese le parole d’ordine, per operazioni militari da effettuare oltre le linee nemiche. Ora la guerra la seguiamo in diretta tv e sui social network: i tempi cambiano. • RS


di Luca Varani

HEAVY ROTATION Everything To Everyone

Canzoni alla radio, canzoni di pace

UTOPIA RAZIONALE: METTETE DEI "FIORI" NEI VOSTRI PALINSESTI MUSICALI

• Il prolifico chitarrista ed autore Bjørn Riis, parallelamente alla sua attività con la formazione progressive rock dei norvegesi Airbag, ritorna alla produzione solista con un nuovo album per la Karisma. Sei nuove tracce, sei piccole gemme alle prese con il gioco delle emozioni umane, brillantemente tradotte dalle corde della sua chitarra e con un “faro ispiratore” d’eccezione che lo accompagna da sempre: lo stile solistico di David Gilmour dei Pink Floyd. Everything To Everyone esce anche in versione limitata in CD con due bonus track: una versione alternativa della title track e il singolo digitale del 2020 Desolate Place. Se volete regalarvi intense emozioni... non perdete questo disco.

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he bello se nelle nostre emittenti radiofoniche, grandi e piccole, in questo periodo aumentasse la programmazione di brani con tematiche pacifiste! C'è tanta musica cattiva, inutile e a volte pure fastidiosa che potrebbe lasciare il posto a brani opportuni, con testi che spingano a riflettere sui nostri tempi dannati e sul rischio che tutti corriamo. Canzoni che hanno fatto da colonna sonora ai movimenti che si sono opposti alla guerra, riuscendo ad esprimere con la forza della musica, per intere generazioni, il ripudio della cultura militarista. "Give peace a chance" di John Lennon, scritta dall'ex Beatles durante il famoso “bed-in” organizzata con Yoko Ono contro la guerra nel Vietnam. Dalla loro camera da letto,

aperta a tutti i media, parlarono di amore e pace, dando scandalo ai benpensanti che invece approvavano i combattimenti in Vietnam. "Masters of war" di Bob Dylan, nel 1963 denuncia i "padroni della guerra", che si arricchiscono, ripugnanti speculatori sulle sofferenze della gente. Tema simile

anche in "War pigs" dei Black Sabbath, contro i "maiali della guerra". Ne "La guerra di Piero", infine, si condanna senza appello la tragica assurdità della morte del milite Piero, che cade ucciso da un altro soldato, dalla divisa differente. Come un ucraino e un russo... e viceversa. • RS

E' QUASI SEMPRE UNA QUESTIONE DI TEMPO • Il tempo. Quello che infoltisce le cose, una variabile che a volte inganna, una condanna per tutti noi. Ma il tempo è anche la nostra fortuna, per questo motivo non va sprecato. In una storia densa di riferimenti musicali e bibliografici si muovono Giovanni e Blanca, i due personaggi ideati da Giorgio Secchi in "Non c'è tempo per un tango" (Bookabook), dai quali è difficile separarsi. Giornalista e uomo di comunicazione, Secchi ha rivelato una penna ispirata dalla quale speriamo presto giungano nuove storie, vere, tumultuose e coerenti come questa.

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SONAR

di Luca Varani

SURFANDO NEL MARE MAGNUM DELLA MUSICA ALLA RICERCA DELL'ONDA PERFETTA Marillion AN HOUR BEFORE IT'S DARK

The Kingdom CRAFTING ADJUSTING

Disco intenso, a tratti dolente, un grande ritorno della band inglese. maestri della narrativa sonora, appaiono in gran forma, con Rothery sempre tagliente nei soli di chitarra e Hogarth che padroneggia con classe il suo ricco repertorio stilistico. Care è superba! (earMUSIC)

Duo milanese molto interessante, formato da Marco Da Rold – testi, synth, chitarre e programmazione – e Osvaldo Guariglia alla voce. Il oro disco lo trovate, su Bandcamp, riuscitissimo mix fra psichedelia, space rock e musica elettronica. Da testare in versione live.

DeaR OUT OF AFRICA Terzo album per la band savonese, che s'agita nel settore del prog metal... anche se affiorano alcuni rimandi alle dimensioni sonore fiabesche dei primi Genesis e Le Orme. Non manca qualche momento di calo di tensione ma il disco, nel complesso, convince. (AMS)

Forse non lo sai che,,,

QUISQUILIE SEMISERIE E PINZILLACCHERE ROCK

A

lla faccia della rivalsa proletaria nei confronti dei ricchi, del suo ruolo come contributo al diffondersi di movimenti culturali e sociali, come i mod e i rocker nel Regno Unito e la controcultura hippie, che, da San Francisco, si diffuse negli Stati Uniti negli anni sessanta. Senza dimenticare la cultura punk degli anni settanta che ha poi portato alla nascita di goth ed emo. Il rock oggi è purtroppo appannaggio delle classi più abbienti... almeno a giudicare dal costo dei biglietti per il

concerto che i "veterani" Rolling Stones daranno il 21 giugno allo Stadio Meazza di Milano, con punte che arrivano... alla metà di uno stipendio di un lavoratore medio! L'evento che si candida a rappresentare il clou dell'estate musicale 2022, purtroppo rappresenterà anche un'occasione riservata solo ad una ristretta élite di pubblico: mi spiace ma lo spirito, quello vero, del rock... è diametralmente oppo-

sto. • Visti gli accadimenti tragici in Ucraina, vi suggerisco qualche bella canzone pacifista. Nel disco Finardi del 1981 c’è un brano che parla di guerra nucleare; si chiama Prima della guerra, il testo è di Valerio Negrini, storico paroliere dei Pooh. Poi c'è Ciao di Lucio Dalla, che parla della guerra del Kosovo. Fuoco sui giocattoli (1983) di Enrico Ruggeri, mette davvero i brividi ascoltata oggi... • RS

HTTP://SONAR-MUSIC.BLOGSPOT.COM 116


GIORNATA OCCHI FELICI

SIGHT AND SOUND VIBE Vista, suono ed emozione connessi nella vibrazione. Una giornata aperta a tutti per migliorare la vista. Gli esercizi di training visivo neuropsicologico verranno proposti con inedite tavole a colori e strumenti musicali, per sperimentare gli effetti delle vibrazioni sonore e cromatiche sugli occhi.

SABATO 14 MAGGIO 2022 AREA PEGA Foro Buonaparte 57 20121 MILANO

SABATO 28 MAGGIO 2022 STUDIO ZANDONELLA Piazza Umberto Merlin 18 45100 ROVIGO Conducono il corso: Maria Cristina Zandonella Necca - neuropsicologa e psicoterapeuta psicotraumatologa Francesca Bascialli - pianista, musicista e ricercatrice sul suono

Posti limitati: massimo 20 persone

Prenotazioni a: info@rieducazionevisiva.it 117

www.rieducazionevisiva.it


LIBRI

di Andrea Iannuzzi

Un viaggio nella vita dietro le sbarre

MARIA PAOLA GUARINO CI DIMOSTRA CHE IL DETENUTO È UNA PERSONA CHE HA DIRITTO AD UNA SECONDA OCCASIONE

È

uscito da pochi giorni per Vittoria Iguazu Editora, Il Tempo è la Sostanza di cui sono fatto, ultima fatica letteraria di Maria Paola Guarino. Attingendo alle suggestioni che hanno spesso animato la sua vita da docente, da Borges al Renzo Tramaglino de I Promessi Sposi di Manzoni, Guarino racconta la vita dietro le sbarre, l’immane fatica che i detenuti fanno a riempire un tempo improvvisamente vuoto e asfittico, il timore nel lasciarsi andare alle emozioni più pure, la paura che restituisce il sentirsi giudicati e definiti solo attraverso quello che hanno commesso. Il Tempo è la sostanza di cui sono fatto dimostra che oltre la rubrica dei reati che gli sono ascritti, un detenuto è di più: è ancora una persona, vita che vibra, urla alla ricerca di una seconda occasione. Come il Tempo, materia

imprendibile per eccellenza che acquista una definizione solo in base a come lo impieghiamo, anche il libro di Maria Paola Guarino è poco definibile e incasellabile nel sistema di generi che conosciamo: non si può dire propriamente un romanzo epistolare, sebbene la seconda parte della narrazione si snodi attraverso una serie di lettere, ma è forse più un romanzo di formazione. Chi riguardi davvero l’evoluzione, pietra angolare del bildungsroman, sta al lettore scoprirlo: se i detenuti, che attraverso la scrittura (di cui nel corso delle pagine si corrobora il valore umano - sociale ) scoprono un’alternativa al mondo così come lo hanno sempre conosciuto, o Maria Paola che, intervallando i racconti dei suoi alunni - detenuti con spunti squisitamente autobiografici, restituisce al lettore il ritratto di una donna che ha saputo andare oltre, oltre le convinzioni e convenzioni, oltre il dolore, restituendo un senso nuovo alla sua attività lavorativa: formare e riparare. Ridare forza alla curiosità sul campo minato della disillusione. Il Tempo è la sostanza di cui sono fatto di Maria Paola Guarino, in 197 pagine è edito da Casa editrice Vittoria Iguazu Editora, al prezzo di 12 Euro. • RS

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Maria Paola Guarino • È stata docente nella scuola secondaria superiore. Appassionata di sport pratica nuoto e tennis. Studia ed elabora varie tecniche pittorico-grafiche. • Originaria dell’isola d’Elba, da molti anni vive tra Porto Azzurro e Livorno. • Tra le sue pubblicazioni ricordiamo “I poeti contemporanei “, “Viaggi di versi”, “Il Parnaso”. • Per Vittoria Iguazu Editora ha pubblicato nel 2018 la raccolta di poesie “Il contrario di tutto”.

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