RIFLETTORI SU... 11

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MAGAZINE DI CULTURA E SPETTACOLO DIRETTO DA SILVIA AROSIO

Anno II - N. 11 Dicembre 2020 Seguici sui social Riflettori su...

GIGI PROIETTI

Dal baule dei ricordi, gli artisti lo raccontano

EMILIANO TOSO

Un inedito concerto per pianoforte e bisturi

le a t a N l e d La magìa

FILIPPO SARCINELLI Da sarto di vesti sacre a profumiere creativo

UN VIAGGIO TRA I SIMBOLI PER RISCOPRIRE IL VERO GUSTO DELLA TRADIZIONE DELLE FESTE

INTERVISTE●ANTICIPAZIONI●CASTING●PERSONAGGI●TOURNÉE●LIBRI


Guarda in faccia la tua vera Natura.

emozionati, impara, divertiti! 42 ettari di Collina Morenica, oltre 1.500 animali di 250 specie selvatiche provenienti da tutto il mondo, una serra tropicale, uno zoo safari e un percorso dedicato ai giganti del passato. Un grande Parco, vivo ed emozionante, dove conoscere il passato e il presente della Natura e capire come possiamo proteggerla per portarla con noi nel futuro.

B u s s o l e n g o Ve r o n a w w w. p a r c o n a t u ra v i va . i t


SOMMARIO I MAGICI SIMBOLI DEL SANTO NATALE

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I DOLCI DELLA TRADIZIONE

GIGI PROIETTI

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LA MUSICA IN SALA OPERATORIA

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IL REGNO DI BABBO NATALE

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MAGAZINE DI CULTURA E SPETTACOLO Anno 2 - Numero 11 - Novembre/Dicembre 2020 • Supplemento alla testata www.silviaarosio.com (Reg. al Tribunale di Milano n°249 del 21/11/2019) • Direttore Responsabile: Silvia Arosio • Art Director, Grafica & Impaginazione: Daniele Colzani • Contatti: silvia.arosio@gmail.com • Contributors: Federico Bellinzoni - Cristine Grimandi - Simon Lee - Antonello Risati - Agnese Omodei Salè - Angela Valentino - Federico Veratti • Hanno collaborato: Fabrizio Angelini - Emanuela Cattaneo - Andrea Iannuzzi - Noemi Garbo - Donatella Pandimiglio - Marco Simeoli Emiliano Toso - 88 Studio / Ufficio Stampa e Pr - Agenzia Manzo Piccirillo - Associazione Un Sorriso In Più ONLUS - Ella Studio - Maria Chiara Salvanelli Press Office & Communication - Parole & Dintorni Edizione Digitale: www.issuu.com/riflettorisu

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75 ANNI DI FRATE INDOVINO

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TORNA LA MAMMA DI HARRY POTTER

Il magazine Riflettori su... è stampato su prodotti certificati FSC e PEFC

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SOMMARIO LE STAGE SISTERS

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MAURIZIO TAMELLINI

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DA SARTO A PROFUMIERE

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FUMETTI AL MUSEO

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LAVERDI

IL TURISMO DELLO ZODIACO

Le rubriche dei contributors

62 - IL COMPOSITORE 68 - LO SCENOGRAFO 74 - IL DOPPIATORE 64 - LA TRUCCATRICE

70 - LA COREOGRAFA

66 - IL COSTUMISTA

72 - IL FOTOGRAFO 96 - LA LIBRERIA

... e ancora

20 - I NIPOTI DI BABBO NATALE 42 - THE GALLERY SERIE TV 98 - PUFFINS SERIE TV

inserto centrale in regalo...

94 - HOSPITALITY

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CALENDARIO

2021

Un anno di emozioni... 4


LA VOCE DEL DIRETTORE

Un albero di Natale

con le bolle di sapone

IL TEATRO COME FIATO, ANIMA E PENSIERI, PER ARRICCHIRE LE FESTE CON L’ETERNA CADUCITÀ DELL’ARTE

Q

uando ero piccola, le bolle di sapone avevano su di me un grande fascino. Iridescenti, lievi e soprattutto, volanti: si staccavano da me e mi portavano in alto, ampliavano la mia visione e mi facevano sentire leggera! Quando soffiavo per crearle, era come se una parte dei miei pensieri si insufflassero in esse: a pensarci oggi, non ero del tutto lontana da quello che molte religioni hanno descritto nei secoli, compresa la religione cattolica, con il soffio di Dio, che è poi diventato Verbo e quindi parola. D’altronde, la scintilla divina di cui parlò Giovanni Paolo II nella sua lettera agli artisti ne è una prova nero su bianco. Il termine anima viene dal latino animus, con il significato di spirito, che a sua volta corrisponde al greco ἄνεμος (anemos) = vento, fiato. L’anima è quindi qualcosa

di ineffabile, come i nomi dei gatti (da Cats, ineffable name…name… name), qualcosa di leggero come il vento. O come il fiato, quello che si lega ai pensieri e vola nelle bolle di sapone. Non è questo lo spazio adatto per entrare in discorsi filosofici o religiosi sulla differenza tra mente, spirito, anima: ci vorrebbero volumi interi per approfondire e parecchi saggi, filosofi e teologi lo hanno già fatto prima e molto meglio di me. Resto però sempre affascinata dalle bolle. Come quando avevo 6 anni ed ora, con qualcuno in più, ne capisco il motivo. In un’epoca in cui il fiato, come l’ultimo emesso da due amanti eterni e shakespeariani, diventa come qualcosa di pericoloso, di sporco (i droplets…) da trattenere dietro le maschere (ma non teatrali) e da cui non farsi invadere, penso con nostalgia a quel respiro emesso dagli attori in scena, a quello dei danzatori quando ballano, o dai cantanti quando cantano. Sapete, la performance dal vivo è come una bolla di sapone: piena di fiato, di pensieri, di anima. Eterea, colorata, iridescente, lieve, volatile: e tanto, tanto fragile, pronta a scoppiare quando la tensione interna si fa troppa, quando gli elementi esterni sono preponderanti. Pensate alle bocce di vetro soffiato degli alberi di Natale: se artigianali, quanto fiato, quanta anima possono contenere! Arte cristallizzata, anima congelata, soffio fermato in eterno. “Essere affiatati in scena” vuol dire stabilire un legame tra gli attori che poi scende a conquistare il pubblico: l’intreccio di respiri ed anime è fondamentale negli

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spettacoli dal vivo. Nell’editoriale dell’anno scorso (è già passato un anno!), descrissi un albero di Natale composto non solo dagli artisti, ma anche da tutte le maestranze che danno vita e corpo ad un evento dal vivo, dai tecnici alla comunicazione. Ora, dopo questo anno terribile, con tutti questi drammi e con i teatri chiusi, sogno un albero con bolle di sapone, che nascono, scoppiano e si ricreano, in un continuo scambio di energia, di movimento, di fiato. Un albero dove l’arte dal vivo possa rifiorire, sulle radici dei grandi che ci hanno lasciato, da Gianrico Tedeschi a Gigi Proietti, solo per citarne due (e a Proietti dedichiamo largo spazio in questo mese) e che possa stagliarsi alto e luminoso, con tutte le sue bocce appese. Un albero di speranza, beneaugurante come il calendario che trovate al centro del giornale, con tutti i musical, andati in scena e poi fermati, di questo tragico 2020. Le bolle di sapone dell’arte devono tornare a volare e a farci volare con loro, i fiati devono poter tornare a mescolarsi, le luci devono riaccendersi: è quello che ci auguriamo per un nuovo anno, dove questa pandemia possa finire e tutti potremo tornare ad abbracciarci, perché no, anche nei teatri. E per partire al meglio per il nuovo anno, inauguriamo in questo mese una serie di rubriche fisse, tenute da professionisti ed esperti, tra cui il Maestro Simon Lee: una rete di persone “affiatate” per tornare a fare rivivere lo spettacolo dal vivo. • RS

Silvia Arosio


TRADIZIONI

I magici simboli

del Santo Natale

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l 25 dicembre si avvicina a grandi passi, e in tutto il mondo fervono i preparativi per festeggiare il Natale. Dalle vetrine dei negozi e dei centri commerciali fanno capolino i simboli “classici” di questa festa: i pupazzi che raffigurano Babbo Natale, palline e ghirlande per addobbare l’albero e le stauette del presepe. Tutti li acquistano ma pochissimi si soffermano poi sul loro vero significato: chi è veramente Babbo Natale e da dove deriva la sua figura, il perchè si addobba l’albero e la sacralità del presepe.

BABBO NATALE Il personaggio di Babbo Natale, presente nel folklore di molte culture nel mondo, è colui che la notte di Natale solca i cieli a bordo di una slitta per distribuire doni e docliumi ai bambini. Il suo mezzo di locomozione, la slitta appunto, è trainata da

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8 renne i cui nomi italiani sono: Cometa, Fulmine, Donnola, Freccia, Ballerina, Saltarello, Donato e Cupido. Per ricordare tali nomi, in italiano esiste una nota filastrocca che tutti, bambini di oggi e di una volta sanno e ve la proponiamo nel box a lato... la sapevate?


di Daniele Colzani

ALLA SCOPERTA DELLE ORIGINI E DELLE TRADIZIONI CHE RUOTANO ATTORNO A BABBO NATALE, ALL’ALBERO E AL PRESEPE

LA FILASTROCCA DELLE RENNE DI BABBO NATALE “Non solo fanno la slitta volare e in ciel galoppano senza cadere Ogni renna ha il suo compito speciale per saper dove i doni portare Cometa chiede a ciascuna stella dov’è questa casa o dov’è quella. Fulmine guarda di qui e di là per sapere se la neve verrà. Donnola segue del vento la scia schivando le nubi che sbarran la via. Freccia controlla il tempo scrupoloso, ogni secondo che fugge è prezioso. Ballerina tiene il passo cadenzato per far che ogni ritardo sia recuperato. Saltarello deve scalpitare per dare il segnale di ripartire. Donato è poi la renna postino porta le lettere d’ogni bambino. Cupido, quello dal cuore d’oro sorveglia ogni dono come un tesoro. Quando vedete le renne volare Babbo Natale sta per arrivare.”

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città dell’Anatolia) ,famoso per le sue grandi elargizioni a favore dei poveri e, soprattutto, per aver fornito la dote alle tre figlie di un cristiano povero ma devoto, evitando così che fossero obbligate alla prostituzione. Originario di Patara,

sempre in Licia (Asia Minore), scoprì molto presto la sua vocazione religiosa e dedicò interamente la sua vita alla fede cristiana. Le reliquie di San Nicola furono traslate a Bari da alcuni pescatori, e per ospitarle fu

costruita una basilica nel 1087. Il luogo è da allora meta di pellegrinaggi da parte dei fedeli. San Nicola è considerato il proprio patrono da parte di molte categorie di persone: marinai, mercanti, arcieri, bambini, prostitute, farmacisti, avvocati, prestatori di pegno, detenuti. È anche il santo patrono della città di Amsterdam e della Russia. La leggenda di San Nicola è alla base della grande festa olandese di Sinterklaas (il compleanno del Santo) che, a sua volta, ha dato origine al mito ed al nome di Santa Claus nelle sue diverse varianti (Sint Nicolaas, Saint Nicholas, St. Nick o Sant Niklaus). Gli abiti di Sinterklaas sono

simili a quelli di un vescovo; porta una mitra (un copricapo liturgico) rossa con una croce dorata e si appoggia ad un pastorale. Il richiamo al vescovo di Mira è ancora evidente. Sinterklaas ha un cavallo bianco con il quale vola sui tetti; i suoi aiutanti scendono nei comignoli per lasciare i doni (in alcuni casi nelle scarpe dei bambini, lasciate vicino al caminetto); arriva in piroscafo dalla Spagna ed è accompagnato da Zwarte Piet, letteralmente “Pietro il Nero”, l’aiutante dalla faccia nera e dai costumi moreschi coloratissimi. Secondo la leggenda, dopo al vittoria di San Nicola sulle forze del male, il demonio vie-

ne sconfitto, incatenato e reso suo schiavo e questo sarebbe il significato del colore nero che simboleggia le forze oscure. Le strenne che vengono regalate in questa ricorrenza sono spesso accompagnate da poesie, talvolta molto semplici ed, in altri casi, elaborate ed ironiche ricostruzioni del comportamento di chi le riceve durante l’anno trascorso. I regali veri e propri, in qualche caso, sono addirittura meno importanti dei pacchetti in cui sono contenuti, di solito molto sgargianti ed elaborati; quelli più importanti, spesso, sono riservati al mattino seguente. In Grecia San Nicola viene talvolta sostituito da San Ba-

© rovaniemi.fi

LE ORIGINI DI BABBO NATALE Le versioni del Babbo Natale moderno derivano dal vescovo cristiano del IV secolo San Nicola di Mira (antica

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IL BABBO NATALE “MODERNO” All’inizio, Santa Claus veniva rappresentato in costumi di vario colore, ma il rosso divenne presto predominante a partire dalla sua comparsa sulle prime cartoline di auguri natalizie, nel 1885. Il primo artista a raffigurare Santa Claus come noi oggi lo conosciamo, è stato il cartoonist americano Thomas Nast che, nel 1863, illustrò la copertina della rivista Harper’s Weekly. Un’altra immagine che divenne molto popolare è quella disegnata nel 1902 da L. Frank Baum, autore de Il meraviglioso mago di Oz, per il racconto La vita e le avventure di Santa Claus. Nell’immaginario collettivo, le immagini di Babbo Natale hanno preso piede gra-

© 2006-2009 The Coca-Cola Company

silio Magno (Vasilis), un altro vescovo del IV secolo originario di Cesarea. Nei Paesi Bassi, in Belgio e in Lussemburgo, Sinterklaas (Kleeschen in Lussemburgese) arriva due settimane prima del 5 dicembre, data in cui distribuisce i doni. (Il suo compleanno risulta essere il 6 di dicembre). L’equivalente di Babbo Natale in questi paesi è Kerstman (letteralmente: “Uomo di Natale”). In alcuni villaggi delle Fiandre, in Belgio, si celebra la figura, pressoché identica, di San Martino di Tours (Sint-Maarten). In molte tradizioni della Chiesa ortodossa, San Basilio porta i doni ai bambini a Capodanno, giorno in cui si celebra la sua festa.

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zie al suo uso nelle campagne pubblicitarie natalizie prodotte dal colosso americano Coca-Cola Company, realizzate da Haddon Sundblom. La popolarità di tale immagine ha fatto sì che si diffondessero varie leggende urbane che attribuivano alla Coca-Cola l’invenzione stessa di Babbo Natale. È, peraltro, vero che l’immagine della Coca-Cola e quella di Babbo Natale sono sempre state molto vicine, poiché pur non inventandolo viene comunemente rappresentato con i colori bianco e rosso cioè come una lattina di Coca-Cola, se si esclude la campagna del 2005 che ha visto la sua sosti-


L’ALBERO DI NATALE Assieme al presepe, è una delle tradizioni più diffuse. Si tratta in genere di un abete addobbato con sfere colorate, luci, festoni, ghirlande, dolciumi, piccoli regali impacchettati e altro. Può essere portato in casa o tenuto all’aperto, e viene preparato qualche giorno (o qualche settimana) prima di Natale, e rimosso dopo le feste. Soprattutto se l’albero viene collocato in casa, è tradizione che ai suoi piedi vengano collocati i regali di Natale impacchettati, in attesa del giorno della festa in cui potranno essere aperti dai componenti della famiglia e i loro ospiti. La data di allestimento e dismissione dell’albero varia da nazione a nazione: la tradizione più antica prevedeva che l’albero fosse addobbato il 24 dicembre e rimosso all’Epifania; in seguito il periodo si è notevolmente allungato. Gli esercizi commerciali, in particolare, spesso iniziano a esibire alberi di Natale addobbati già nell’ultima settimana del mese di Novembre. In generale, nella maggioranza delle regioni italiane l’albero viene addobbato l’8 dicembre, giorno in cui si festeggia l’Immacolata Concezione. L’immagine dell’albero come simbolo del rinnovarsi della vita risale almeno alla Germania del XVI secolo. Ingeborg Weber-Keller (professore di etnologia a Marburgo) ha identificato, fra i primi riferimenti storici alla tradizione, una cronaca di Brema del 1570, secondo cui un albero veniva decorato con mele, noci, datteri e fiori di carta. La città di Riga è fra quelle

che si proclamano sedi del primo albero di Natale della storia (vi si trova una targa scritta in otto lingue, secondo cui il “primo albero di Capodanno” fu addobbato nella città nel 1510). Precedentemente a questa prima apparizione “ufficiale” dell’albero di natale si può però trovare anche un gioco religioso medioevale celebrato proprio in Germania il 24 dicembre, il “gioco di Adamo e di Eva” (Adam und Eva Spiele), in cui venivano riempite le piazze e le chiese di alberi di frutta e simboli dell’abbondanza per ricreare l’immagine del

Paradiso. Successivamente gli alberi da frutto vennero sostituiti da abeti poiché quest’ultimi avevano una profonda valenza “magica” per il popolo. Avevano specialmente il dono di essere sempreverdi, dono che secondo la tradizione gli venne dato proprio dallo stesso Gesù come ringraziamento per averlo protetto mentre era inseguito da nemici. Non a caso, sempre in Germania, l’abete era anche il posto in cui venivano posati i bambini portati dalla cicogna. L’uso di candele per addobbare i rami dell’albero è attestato già nel XVIII secolo.

© Anastasia Lavrinovich da Pixabay

tuzione con gli orsi polari.

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Per molto tempo, la tradizione dell’albero di Natale rimase tipica delle regioni a nord del Reno. I cattolici la consideravano un uso protestante. Furono gli ufficiali prussiani, dopo il Congresso di Vienna, a contribuire alla sua diffusione negli anni successivi. A Vienna l’albero di Natale apparve nel 1816, per volere della principessa Henrietta von Nassau-Weilburg, ed in Francia nel 1840, introdotto dalla duchessa di Orléans. Ad oggi, la tradizione dell’albero di Natale, così come molte altre tradizioni natalizie correlate, è sentita in modo particolare nell’Europa di lingua tedesca (si veda per esempio l’usanza dei mercatini di Natale), sebbene sia ormai universalmente accettata anche nel mondo cattolico (che spesso lo affianca al tradizionale presepe). A riprova di questo sta anche la tradizione, introdotta durante il pontificato di Giovanni Paolo II, di allestire un grande albero di Natale nel luogo cuore del cattolicesimo mondiale, piazza San Pietro a Roma. D’altronde un’interpretazione allegorica fornita dai cattolici spiega l’uso di addobbare l’albero come una celebrazione del legno (bois, in francese è sia inteso come “albero” sia come “legno”) in ricordo della Croce che ha redento il mondo. Gli alberi di Natale hanno conosciuto un momento di grande diffusione, diventando gradualmente quasi immancabili nelle case dei cittadini del mondo ed è il simbolo del Natale a livello planetario. Oggi il fenomeno ha acquisito una dimensione commerciale e

consumistica senza precedenti, che ha dato luogo, alla nascita di una vera e propria industria dell’addobbo natalizio. IL PRESEPIO La parola presepe (o più correttamente presepio) deriva dal termine latino praesaepe, cioè greppia, mangiatoia, composto da prae (innanzi) e saepes (recinto), ovvero luogo che ha

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davanti un recinto e indica la scena della nascita di Cristo, derivata dalle sacre rappresentazioni medievali. Per capire meglio il significato originario del presepe, bisogna fare luce sulla figura del lari (lares familiares), figura fondamentale nella cultura etrusca e latina. I larii rappresentano gli spiriti protettori che avevavo il compito di vegliare sul buon andamento della famiglia, della proprietà o delle attività in generale.

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Ogni antenato veniva rappresentato con una statuetta, di terracotta o di cera, chiamata sigillum dal latino signum (segno, effigie, immagine). Tutte le statuette venivano collocate in apposite nicchie e onorate con l’accensione di una fiammella. In prossimità del Natale si svolgeva la festa detta Sigillaria (20 dicembre), durante la quale i parenti si scambiavano in dono i sigilla dei familiari defunti durante l’anno. In attesa del Natale, il compito dei bimbi delle famiglie riunite nella casa patriarcale, era di lucidare le statuette e disporle, secondo la loro fantasia, in un piccolo recinto nel quale si rappresentava un ambiente bucolico in miniatura. Alla vigilia del Natale, dinnanzi al recinto del presepe, la famiglia si riuniva per invocare la protezione degli avi e lasciare ciotole con cibo e vino. Il mattino seguente, al posto delle ciotole, i bambini trovavano giocattoli e dolci, “portati” dai loro trapassati nonni e bisnonni. Dopo l’assunzione del potere nell’impero (IV secolo), in pochi secoli i cristiani tramutarono le feste tradizionali in feste cristiane, mantenendone i riti e le date, ma mutando i nomi ed i significati religiosi. Essendo una tradizione molto antica e particolarmente sentita (perché rivolta al ricordo dei familiari defunti), il presepe sopravvisse nella cultura rurale con il significato origi-


© Håkan Stigson da Pixabay

nario almeno fino al XV secolo e, in alcune regioni italiane, ben oltre. Nel presepe si riproducono tutti i personaggi e i posti della tradizione, dalla grotta alle stelle, dai Re Magi ai pastori, dal bue e l’asinello agli agnelli, e così via. La rappresentazione può essere sia vivente che iconografica. I presepi popolari più conosciuti sono quelli di San Gregorio Armeno a Napoli. La tradizione italiana del Presepe risale all’epoca di San Francesco d’Assisi che nel 1223 realizzò a Greccio la prima rappresentazione vivente della Natività. Sebbene esistessero anche precedentemente immagini e rappresentazioni della nascita del Cristo, queste non erano altro che “sacre rappresentazioni” delle varie liturgie celebrate nel periodo medievale.Il primo presepe scolpito è quello realizzato da

Arnolfo di Cambio fra il 1290 e il 1292. Le statue rimanenti si trovano nel Museo Liberiano della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. L’iconografia del presepio ebbe un impulso nel Quattrocento grazie ad alcuni grandi maestri della pittura: il Botticelli nell’Adorazione dei Magi raffigurò personaggi della famiglia Medici. Ben presto questo tipo di simbolismo si diffuse all’interno delle famiglie, per le quali la rappresentazione della nascita di Gesù, con le statuine ed elementi tratti dall’ambiente naturale, diventò un rito irrinunciabile. Nel XV secolo si diffuse l’usanza di collocare nelle chiese grandi statue permanenti, tradizione che si diffuse anche per tutto il XVI secolo. Uno dei più antichi, tuttora esistenti, è il presepe monumentale della Basilica di Santo Stefano a Bologna, che viene allesti-

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to ogni anno per Natale. Dal XVII secolo il presepe iniziò a diffondersi anche nelle case dei nobili sotto forma di “soprammobili” o di vere e proprie cappelle in miniatura anche grazie all’invito del papa durante il Concilio di Trento poiché ammirava la sua capacità di trasmettere la fede in modo semplice e vicino al sentire popolare. Nel XVIII secolo, addirittura, a Napoli si scatenò una vera e propria competizione fra famiglie su chi possedeva il presepe più bello e sfarzoso: i nobili impegnavano per la loro realizzazione intere camere dei loro appartamenti ricoprendo le statue di capi finissimi di tessuti pregiati e scintillanti gioielli autentici. Nello stesso secolo a Bologna, altra città italiana che vanta un’antica tradizione presepistica, venne istituita la Fiera di Santa Lucia quale mercato annuale delle statuine prodotte dagli artigiani locali, che viene ripetuta ogni anno, ancora oggi, dopo oltre due secoli. Con i secoli successivi il presepe occupò anche gli appartamenti dei borghesi e del popolino, ovviamente in maniera meno appariscente, resistendo fino ai giorni nostri. Il presepe è una rappresentazione ricca di simboli direttamente tramandati dal racconto evangelico. Sono riconducibili al racconto di Luca la mangiatoia, l’adorazione dei pastori e la presenza di angeli nel cielo. Altri elementi appartengono all’iconografia dell’arte sacra: Maria ha un manto azzurro che simboleggia il cielo, San Giuseppe ha in genere un manto dai toni dimessi a rappresentare l’umiltà. Nei Vangeli “classici” si tralasciano molti particolari che riguardano sia i personaggi che le ambientazioni, e per questo motivo si ricorre alle tradizioni


“popolari”: il bue a l’asinello, presenti ogni presepe, derivano da un’antica profezia di Isaia che dice “Il bue ha riconosciuto il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone”. L’immagine dei due animali venne utilizzata come simbolo degli ebrei (rappresentati dal bue) e dei pagani (rappresentati dall’asino). Anche la stalla, o la grotta in cui venne alla luce il Messia, non compare nei Vangeli canonici e a Gerusalemme la Basilica della Natività sorge intorno a quella che è indicata dalla tradizione come la grotta ove nacque Cristo. Tuttavia, l’immagine della grotta è un ricorrente simbolo mistico e religioso per molti popoli soprattutto del settore mediorientale: del resto si credeva che anche Mitra, una divinità persiana venerata anche tra i soldati romani, fosse nato in una grotta il 25 dicembre. LA FIGURA DEI MAGI I Re Magi, invece, derivano dal Vangelo dell’infanzia armeno. In particolare, questo vangelo colma le lacune che

invece Matteo non risolve, ovvero il numero e il nome di questi sapienti orientali: il vangelo in questione fa i nomi di tre sacerdoti persiani: Melkon, Gaspar e Balthasar, anche se non manca chi vede in essi un persiano (oro), un arabo meridionale (incenso) e un etiope (mirra). Così i re magi entrarono nel presepe, sia incarnando le ambientazioni esotiche sia come simbolo delle tre popolazioni del mondo allora conosciuto, ovvero Europa, Asia e Africa. Anche il numero dei Magi fu piuttosto controverso. Fu definitivamente stabilito in tre, come i doni da loro offerti, da un decreto papale di Leone I Magno, mentre prima di allora oscillava fra due e dodici. LA TRADIZIONE DEL PRESEPE NAPOLETANO Il presepe napoletano aggiunge alla scena “classica della Natività (Gesù bambino, Maria e Giuseppe) molti personaggi popolari, osterie, commercianti e case tipiche dei borghi agricoli, tutti ele-

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menti palesemente anacronistici. Questa è comunque una caratteristica di tutta l’arte sacra, che, almeno fino al XX secolo, ha sempre rappresentato gli episodi della vita di Cristo con costumi ed ambientazioni contemporanee all’epoca di realizzazione dell’opera. Anche questi personaggi sono spesso funzionali alla simbologia. Ad esempio il male è rappresentato nell’osteria e nei suoi avventori, mentre il personaggio di Ciccibacco, che porta il vino in un carretto con le botti, impersona il Diavolo. Alcuni artigiani producono anche “pastori moderni” che rispecchiano l’attualità quindi non meravigliatevi se, nelle vetrine della caratteristica via San Gregorio Armeno, nel centro storico di Napoli, ce ne siano alcune che raffigurano personalità conosciute come Totò, Pulcinella, Capi di Stato, attori e rockstar o commemorino certi accadimenti.• RS


LA CUCINA DELLA TRADIZIONE /1

Panettone: il

Re

dei dolci natalizi

PRESENTE SULLE NOSTRE TAVOLE, REGGE LA CONCORRENZA DEL SUO PIÙ "ACERRIMO" NEMICO: IL PANDORO DI VERONA

G

ià dal mese di novembre, sugli scaffali dei negozi e nei reparti alimentari dei supermercati, sono apparsi i primi panettoni e pandori, preannunciando sì l’arrivo del Natale ma togliendo il “gusto” dell’unicità della festa. Sì perchè “una volta”, come si è soliti dire, questi dolci erano “riservati” solo ed esclusivamente per festeggiare il Natale ed apparivano proprio in prossimità di quei giorni mentre ora (grazie o purtroppo all’industrializzazione) il tutto viene anticipato creando uno strano effetto di doppia festività, sovrapponendo i dolci e le decorazioni di Halloween a quelli

del Natale lasciando tutti un pò sbigottiti. LEGGENDE E TRADIZIONI Attorno al panettone ruotano diverse leggende che ne rivelano la nascita (quasi per caso) e la sacralità. Originariamente era nient’altro che un grosso pane, alla preparazione del quale doveva sovrintendere il padrone di casa, che prima della cottura vi incideva col coltello una croce in segno di benedizione. Il grosso pane veniva poi consumato dalla famiglia solennemente riunita per la tradizionale cerimonia natalizia “del ciocco”. Il padre, o il capo di casa, fattosi il segno della croce,

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prendeva un grosso ceppo, solitamente di quercia, lo adagiava nel camino, vi poneva sotto un fascetto di rami di ginepro ed attizzava il fuoco. Versava il vino in un calice, lo spruzzava sulle fiamme, ne sorseggiava egli per primo poi lo passava agli altri membri della famiglia che, a turno, l’assaggiavano. Il padre gettava poi una moneta sul ceppo che divampava e successivamente distribuiva altre monete agli astanti. Infine gli venivano presentati tre grandi pani di frumento ed egli, con gesto solenne, ne tagliava solo una piccola parte, che veniva riposta e conservata sino al Natale successivo. Il cep-


di Daniele Colzani

po simboleggiava l’albero del bene e del male, il fuoco l’opera di redenzione di Gesù Cristo; i pani, progenitori del panettone, simboleggiavano il mistero della Divina Trinità. La tradizione milanese fa arrivare fino ai giorni nostri l’abitudine di conservare, in una scatola di metallo, una fetta del panettone consumato il giorno di Natale e di mangiarlo il 3 di febbraio: quel giorno si festeggia San Biagio, protettore della gola. Per la sua festa è diffuso il rito della “benedizione della gola”, fatta poggiandovi due candele incrociate (oppure con l’unzione, mediante olio benedetto), sempre invocando la sua intercessione. L’atto si collega a una tradizione secondo cui il vescovo Biagio avrebbe prodigiosamente liberato un bambino da una

spina o lisca conficcata nella sua gola. Un’altra leggenda che racconta la nascita del panettone racconta che alla corte di Ludovico Sforza e, come ogni Natale, sta per essere servito in tavola, per il signore di Milano e per i suoi magnifici ospiti, un sontuoso banchetto. Verso le ultime portate, il cuoco si accorse che mancava il dolce, ma in forno trovò solo un ammasso bruciacchiato e immangiabile. Le urla e le bestemmie arrivarono fino ai tavoli degli invitati. Era ormai troppo tardi per preparare nuovamente un impasto così elaborato; poco importava chi aveva dimenticato il dolce nel forno, tanto Ludovico se la sarebbe presa con lui e lo avrebbe condannato a morte. Disperato il cuoco si abbandonò su una sedia e cominciò a piangere som-

messamente. Toni, un povero sguattero, gli si avvicinò dicendo che aveva tenuto per sé un po’ dell’impasto del dolce perduto a cui si era permesso di aggiungere un po’ di frutta candita, uova, zucchero e uvetta. Voleva farselo cuocere al termine del lavoro per avere qualcosa da mangiare. Se il cuoco voleva poteva portare quel dolce a tavola. Guidato dalla forza della disperazione il cuoco infilò nel forno quella specie di forma di pane. Nonostante il povero aspetto, non avendo più nulla da perdere, il cuoco fece portare il dolce in tavola. Neanche a dirlo, il pan del Toni (da qui il termine panettone) riscosse un successo strepitoso, tanto che il cuoco fu obbligato a servirlo a tutti i banchetti natalizi degli anni successivi e presto l’usanza si diffuse fra tutta la popolazione. • RS

LA RICETTA DEL PANETTONE TRADIZIONALE Ingredienti: 800 g di farina bianca - 15 g di lievito - 150 g di burro - 2 uova intere - 4 albumi - 400 g.di zucchero - 80 g di canditi assortiti - 50 g di uvetta sultanina - 25 g di zucchero vanigliato - 60 ml di latte - un pizzico di sale Preparazione: il giorno precedente alla preparazione, sciogliere in una ciotola il lievito e un quarto della farina nel latte tiepido. Date all’impasto una forma arrotondata, copritelo con un tovagliolo e lasciatelo lievitare, in un luogo asciutto e non freddo, per tutta la notte. Il giorno dopo riprendete l’impasto, lavoratelo a lungo sulla spianatoia con 100 g di farina e qualche goccia di acqua tiepida; poi copritelo con un tovagliolo e fatelo lievitare al caldo per circa 2 ore. A questo punto ripetere l’operazione usando altri 100 g di farina e aggiungendo acqua tiepida quanto basta per rendere l’impasto morbido ed elastico. Fatelo lievitare per circa 3 ore. Fate rinvenire l’uvetta in acqua tiepida per almeno 20 minuti. Poco prima di riprendere l’impasto fate sciogliere il burro in un tegamino su fiamma molto bassa per evitare che frigga, lasciandone da parte un po’ per ungere la tortiera; poi sciogliete anche lo zucchero e un pizzico di sale in poca acqua, sempre su fiamma molto bassa, aggiungendo, lontano dal fuoco, le uova intere ed i bianchi. Imburrate una pirofila da forno alta e stretta. Riprendete adesso l’impasto e tornate a lavorarlo con il resto della farina aggiungendo, poco alla volta, il burro sciolto e il miscuglio di zucchero e uova. Lavorate a lungo l’impasto inserendoci verso la fine anche le uvette (ben strizzate ed infarinate) e i cubetti di frutta candita. Disponetelo nella pirofila, copritelo con un tovagliolo e lasciatelo lievitare per almeno 3 ore. Accendete il forno e regolatelo su 180° C. Mettete il dolce in forno solo quando la temperatura è quella giusta e cuocetelo per circa 45 minuti o fino a quando si è ben colorato o la superficie è diventata bruna. Fatelo raffreddare a testa in giù per evitare che le uvette e i canditi si depositino sul fondo.

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LA CUCINA DELLA TRADIZIONE /2

Pandoro, il “nobile” sfidante scaligero

IL VIAGGIO DA VIENNA A VERONA PER CONTENDERE AL PANETTONE IL TITOLO DI “UNICO DOLCE DI NATALE”

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l pandoro è un tipico dolce veronese, il cui nome descrive perfettamente il colore della pasta giallo oro conferitogli dalle uova, leggero e soffice come la pasta brioche, ha sapore delicato e un leggero aroma di vaniglia. LEGGENDE E TRADIZIONE DEL DOLCE VERONESE Una tradizione ne fa risalire la nascita ai tempi della Repubblica Veneta, quando sulle tavole delle famiglie ricche venivano serviti dei dolci a forma conica ricoperti da foglie d’oro zecchino, da qui il nome “pan d’oro”. Altri invece sostengono che il pandoro derivi da un antico dolce veronese: il famoso “nadalin” di cui conserva la forma stellare. La versione più recente sull’origine del pandoro lo lega invece alla Casa Reale degli Asburgo, sicuramente fin dal ’700-’800 erano note le due tecniche del croissant e del “Pane di Vienna” che sono rimaste alla base della preparazione del pandoro. In particolare la lavorazione della “brioche” francese consisteva nell’alternare due o tre fasi d’impasto con pause di lievitazione, mentre quella del “Pane di Vienna” prevedeva di completare l’impasto aggiungendo una maggiore dose di burro con il sistema della pasta sfoglia, dove diversi strati di pasta vengono alternati a strati di burro, con

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di Daniele Colzani

il risultato che durante la cottura il dolce acquista volume. In ogni caso c’è una data che sanziona ufficialmente la nascita del pandoro, il 14 ottobre 1894, giorno in cui

Domenico Melegatti depositò all’Ufficio Brevetti un dolce dall’impasto morbido e dal caratteristico stampo di cottura con forma di stella troncoconica a otto punte,

LA RICETTA DEL PANDORO “TRADIZIONALE” Ingredienti: 610 g di farina - 250 g di burro - 175 g di zucchero - 30 g di lievito di birra - 8 uova - 1 limone - 1 dl di panna fresca - un pizzico di vanillina - 50 g di zucchero a velo Preparazione: la sua preparazione e lavorazione sono un pò lunghe: tre fasi di impasto alternate a pause di lievitazione. Setacciate 75 g di farina in una terrina, unite 10 g di zucchero, il lievito precedentemente sbriciolato, ed un tuorlo. Impastate bene il tutto, aggiungendo due cucchiai di acqua tiepida. Coprite l’impasto con un telo di cotone e lasciatelo lievitare per un paio di ore. Unite 160 g di farina setacciata, 25 g di burro ammorbidito, 90 g di zucchero, 3 tuorli ed impastate. Lasciate lievitare l’impasto per sue ore. Unite il resto della farina, 40 g di burro, 75 g di zucchero, 1 uovo intero e 3 tuorli. Impastate a lungo e fate lievitare per la terza volta, sempre coperto ed in luogo tiepido, per 2 ore. Lavorate l’impasto ed incorporatevi il resto del burro ammorbidito, la panna, la buccia grattugiata del limone e la vanillina. Impastate fino ad ottenere un composto morbido. Ricavate dalla pasta due palle e disponetele in 2 stampi precedentemente imburrati e fate lievitare in un luogo tiepido finché la pasta arriverà al bordo degli stampi. Fate cuocere per 40 minuti in forno preriscaldato a 190°. Abbassate il calore a 160° a metà cottura. Fate raffreddare e spolverizzate con lo zucchero a velo.

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opera dell’artista Dall’Oca Bianca, pittore impressionista. • RS


LA CUCINA DELLA TRADIZIONE /3

di Daniele Colzani

Torrone, un "duro" dal cuore dolce

I PRANZI DELLE FESTE SI CONCLUDONO CON IL SUO ASSAGGIO: SCOPRIAMONE I SEGRETI E LA TRADIZIONE

© S. Hermann & F. Richter da Pixabay

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l torrone è un dolce tipico di molte zone d’Italia, composto da un impasto di albume d’uovo, miele e zucchero, farcito con mandorle o nocciole, spesso ricoperto da due ostie. La maggioranza degli esperti è d’accordo nell’attribuire al torrone origini arabe; a supporto di questa tesi vi sarebbe, fra l’altro, il De medicinis et cibis semplicibus, trattato dell’XI secolo scritto da un medico arabo, in cui è citato il turun. Gli Arabi portarono questo dolce lungo le coste del Mediterraneo, in particolare in Spagna e in Italia. La versione spagnola del torrone ha origine nella regione di Alicante e le sue prime attestazioni certe risalgono al XVI secolo. Il torrone a Cremona, invece, pare abbia origini addirittura anteriori, se diamo credito alla

tradizione che dice che il primo torrone sia stato servito il 25 ottobre 1441 al banchetto che si tenne alle nozze, celebrate a Cremona, fra Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti. Quel nuovo dolce, sempre secondo la tradizione, era stato modellato riproducendo la forma del Torrazzo, la torre campanaria della città, da cui sembra

prenda il nome anche il dolce. La prima notizia certa riguardo al torrone a Cremona risale al 1543, anno in cui il Comune di Cremona acquistò del torrone per farne dono ad alcune autorità, soprattutto milanesi. Questo episodio ci mostra come già all’epoca il torrone fosse radicato negli usi delle popolazioni lombarde. • RS

LA RICETTA DEL TORRONE Ingredienti (per 1,5 kg di torrone): 300 g di miele - 300 g di zucchero semolato - 100 g di acqua - 150 g di nocciole pelate e tostate - 550 g di mandorle pelate e tostate - 150 g di canditi tritati (scorze di arancia e di cedro) - 3 albumi d’uovo - 1 busta di vanillina - la scorza grattugiata di 2 limoni - una trentina di grosse ostie da pasticceria. Preparazione: mettete il miele nella pirofila, ponetela a bagnomaria e lasciate cuocere a fuoco basso per un’ora e mezzo o più, mescolando in continuazione con un cucchiaio di legno. Il miele sarà pronto quando, versandone una goccia in poca acqua fredda si solidificherà. Poco prima che il miele sia cotto versate in una casseruola lo zucchero e l’acqua e fatelo cuocere sempre mescolando. Anche lo zucchero sarà pronto quando una goccia versata in un piattino formerà una perla bianca e croccante. Montate a neve ben soda gli albumi, quindi uniteli al miele ormai pronto. Con questa aggiunta il miele si gonfierà, diventando bianco e spumoso, continuate a mescolare per altri cinque minuti, quindi aggiungete anche lo zucchero e mescolate ancora sino a quando il composto, dopo essersi ristretto, comincerà a indurire. Unite allora le mandorle, le nocciole, la frutta candita, la scorza dei limoni grattugiata, la vanillina e mescolate con cura e a lungo, in modo da riuscire ad amalgamare tutto perfettamente. Foderate con metà ostie lo stampo. Versate il composto nello stampo, livellate bene la superficie e coprite con le ostie rimaste. Lo spessore del composto dovrebbe essere di circa 3 cm. Ponete sopra le ostie un tagliere o un’assicella di legno e su questa dei pesi e lasciate riposare così per circa mezz’ora. Solo allora capovolgete lo stampo su un ripiano e, con un grosso coltello, tagliate il torrone a pezzi della misura desiderata. Avvolgete i pezzi ottenuti prima in carta pergamena e poi in fogli d’alluminio e conservateli in luogo fresco e asciutto in una scatola o in un barattolo di vetro a chiusura ermetica.

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INIZIATIVE

di Silvia Arosio

I Nipoti di

Babbo Natale e il

magico Natale degli anziani

L'

edizione di Nipoti di Babbo Natale di quest’anno sarà ancora più significativa, a concludere un 2020 che ha riservato grandi difficoltà e sofferenze, soprattutto alle persone anziane, e ancora di più a chi vive in una struttura residenziale. Nipoti di Babbo Natale rappresenta infatti una delle rare opportunità di accedere virtualmente alle RSA, donando emozioni e calore reali agli anziani. A partire dal lavoro sul desiderio, l’iniziativa promuove un significativo momento di ascolto dell’anziano, e permette di rielaborare i vissuti dolorosi di questi mesi e le paure rimaste per rivolgere uno sguardo fiducioso al futuro, nell’attesa di incontri felici. Il sito www.nipotidibabbonatale.it raccoglie i desideri degli ospiti di strutture per anziani e dà la possibilità a chiunque di realizzarli, così tutti possono davvero rendere reale il sogno di un anziano che vive in casa di riposo: un piccolo gesto che si trasforma in qualcosa di magico. Il prof. Marco Trabucchi, direttore scientifico del Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia e Presidente dell’Associazione

Italiana di Psicogeriatria crede in Nipoti di Babbo Natale: “Nipoti di Babbo Natale funziona anche se tutto si ferma, anche se siamo bloccati. A Natale sarà presente: farà ricordare a chi è all’interno delle case di riposo la generosità di chi sta fuori, farà sentire agli anziani che anche per loro c’è uno spazio di Natale, uno spazio di amore, di affetti e di vicinanza. Il dono farà capire a tutti noi che il blocco del Covid è stato superato dall’affetto e dall’amore intelligente di Nipoti di Babbo Natale”. Le persone che realizzano i desideri degli anziani, diventano nipoti di Babbo Natale, sul portale www.nipotidibabbonatale.it scelgono il desiderio da esaudire, ricercano il regalo perfetto e lo accompagnano con un messaggio, un augurio. Il momento della consegna diventa magico per entrambi:

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© Bob Dmyt da Pixabay

IL PROGETTO PER GLI OSPITI DELLE CASE DI RIPOSO DI TUTTA ITALIA ANCHE IN TEMPI DI PANDEMIA

due sconosciuti si incontrano, seppure virtualmente, e donano l’uno all’altro affetto e calore. Il tempo trascorso insieme è il dono. La relazione che si crea è il vero dono. Nipoti di Babbo Natale è realizzato grazie al sostegno di C. Tessile S.p.A. di Guanzate, Fondazione Cariplo, Fondazione della Comunità Comasca Onlus e Serenity S.p.A. di Fino Mornasco. Media partner: LaCasadiRiposo.it. Durante l’edizione 2019 (la seconda edizione del progetto) 91 case di riposo di tutta Italia hanno raccolto 2.550 desideri che sono stati tutti realizzati grazie al grande coinvolgimento e alla grande partecipazione dei generosi nipoti di Babbo Natale, che sarebbero stati pronti a esaudirne molti di più. • RS


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TRADIZIONI / 2

Babbo Natale vi invita nel suo regno magico

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VIAGGIO A VETRALLA TRA ELFI, ADDOBBI, ALBERI DI NATALE, PRESEPI, LUMINARIE E PUPAZZI

l Regno di Babbo Natale, che sorge a Vetralla, in provincia di Viterbo, continua ad aprire i suoi fatati cancelli tutti i giorni dalle 9.30 alle 19.30 con ingresso gratuito. E non è necessaria la prenotazione. Un viaggio imperdibile in questo mondo dove il vero protagonista è lui, quel signore un po’ d’antan, con la barba bianca e lunga e un vestito rosso. Con la sua slitta, le sue renne, i suoi elfi, i suoi schiaccianoci e tutti i protagonisti della festa più bella dell’anno. Il Natale. Nel Regno, oltre a visitare la Casa di Babbo Natale, il Bosco Incantato, la Fabbrica dei giocattoli degli Elfi e il Tunnel Glaciale tutti i visitatori entreranno in una delle più grandi location al mondo dove si trova tutta l’oggettistica legata a questo periodo meraviglioso:

presepi, alberi di Natale, luminarie, addobbi, pupazzi e ogni sorta di articoli unici da ammirare e non solo. Non di meno importanza la parte culinaria e

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gli outlet, presenti del Victorian Village, dove si trovano anche giochi per i più piccoli e addirittura una slitta virtuale in 3D che vi farà vivere un’e-


di Andrea Iannuzzi

mozione unica come se foste voi trainati dalle renne al posto di Babbo Natale. Poi spazio al food e ai dolciumi, che attraggono sempre grandi e piccini. Per tutto il giorno le mascotte del Regno di Babbo Natale: 100% Elfetto, Rudy la Renna, lo Schiaccianoci e Steve il Candy Cane, animeranno la visita non solo accogliendo tutti i visitatori, ma ballando e cantando a sorpresa nelle varie aree espositive. LA SICUREZZA SEMPRE PROTAGONISTA In tutte le aree del Regno, parcheggi compresi, sono rispettate in modo rigoroso le norme di sicurezza anti-covid con l’obbligo della mascherina, le distanze sociali e gel igienizzanti per le mani messo a disposizione di tutti i visitatori. Ricordiamo che l’apertura 7 giorni su 7 è uno sforzo organizzativo che il Regno ha voluto fare per permettere a tutti di visitarlo anche nelle giornate infrasettimanali, per defluire il massiccio (ma sempre contenuto e controllato) traffico del weekend. Non ci può essere magia senza sicurezza, per questo per il Regno

di Babbo Natale si è organizzato nei minimi dettagli per garantirla. Il Regno di Babbo Natale si trova sulla S.S. Cassia km 62,200 – 01019 Vetralla (VT). Tutte le info possono essere consultate sul sito internet: www. ilregnodibabbonatale.it • RS Giorgio Aquilani, uno degli ideatori del Regno di Babbo Natale

WWW.ILREGNODIBABBONATALE.IT 23


PERSONAGGI

Dal baule dei ricordi, gli artisti raccontano Gigi

Proietti

LA SCELTA DI UN GIOVANE DIPENDE DALLA SUA INCLINAZIONE, MA ANCHE DALLA FORTUNA DI INCONTRARE UN GRANDE MAESTRO. (RITA LEVI-MONTALCINI)

P

er una come me che ama giocare con le parole, la tentazione di conoscere l’etimologia di ogni singolo termine è sempre molto forte. Forse non tutti sanno, ad esempio, che la parola Maestro viene dal latino magister, che si compone dall'unione di magis = grande + il suffisso comparativo -ter. Il significato di Maestro è quindi "il più grande". Come leggerete da questi racconti, molti possono dire di aver chiamato Maestro Gigi Proietti, anche se non sono del tutto sicura che lui ne sarebbe stato felice. Credo che la grandezza di un artista sia soprattutto in quello che trasmette, in quello che lascia, sia sul palco che, come in questo caso, tramandando le proprie “competenze” ai discepoli. Alunni che spesso sono diventati sufficientemente “grandi” da poter a loro volta diffondere il talento e la professionalità e riconoscere, con umiltà, dove sono state gettati le basi del loro lavoro. E farlo con stima ed affetto. Gigi Proietti, come scrissi nel mio editoriale su silviaarosio. com, ci lascia un baule immenso di risate, lacrime, emozioni. Un baule da commedia dell’arte da cui estrarre ricordi e personaggi: ognuno di noi ha il suo preferito. Da quello stesso baule sono emersi tanti nuovi talenti, nella recitazione, nel canto e infine anche nella

danza: ricordiamo che Proietti partecipò a diverse commedie musicali e, pur non essendo nato ballerino, con la sua istrionicità ed il suo fisico longilineo, riuscì sempre a dare voce e corpo a ruoli completi. In questo articolo, troverete

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tanti talenti, creati e cresciuti dalle mani plasmanti di Gigi: quegli artisti che hanno aperto per noi il loro personale baule e che hanno condiviso ricordi - ed anche sonetti - editi ed inediti. Quegli artisti a cui va la mia più sentita gratitudine.


di Silvia Arosio

IL RICORDO DI DONATELLA PANDIMIGLIO Come ogni anno pregustavo il rituale degli auguri del compleanno che questa volta era veramente speciale... Ma tu ci hai spiazzati tutti così... con questa sorpresa amara... Unico anche nel giorno dell’addio... come il tuo amato Shakespeare... In un attimo tutti i ricordi si affollano... Era dicembre del 1988 quando con una esclamazione di apprezzamento che riecheggiò nel Teatro Sistina commentasti il mio provino che ci portò insieme in scena ne I 7 re di Roma... E da quel momento hai cambiato il tracciato della mia vita artistica... nel produrre e dirigere il mio primo recital Melodica e nel

suggerirmi la strada dell’insegnamento passeggiando nel 1990 per via Caracciolo a Napoli. Nella stagione successiva sarei stata nella rosa dei docenti del tuo la-

IL RICORDO DI MARCO SIMEOLI Il mio ricordo di Gigi... parole, come nei primi giorni, faccio fatica a trovarle... parlano i trent’anni che dal suo mitico Laboratorio mi hanno visto accanto a lui fino ai “Cavalli di battaglia” teatrali e televisivi... in molti hanno scritto e dedicato a lui sonetti, pensieri, video e tanti me ne sono arrivati anche a me ed io li ho raccolti tutti. Ma per la prima volta, voglio tirar fuori uno scritto che, invece, riguarda l’inizio di tutto ovvero il provino per

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boratorio... mi hai insegnato tutto quello che il palcoscenico ci permette e ci dona... Mi ricordo un particolare, del periodo in cui insegnavo al tuo laboratorio all’inizio degli anni 90: avevo debuttato con Canti di Scena di Piovani/Cerami e venivo alle tue prove, al Teatro Olimpico, di A me gli occhi, bis dove seguivo i ragazzi della scuola i quali fecero dal vivo per la prima volta il coro per Nun je da’ Retta Roma. Durante le prove, un giorno mi dicesti: “Oh ma che state a ffà ai Satiri? Non se parla d’altro a Roma!”…. Resterai la luce per noi tutti... Per sempre nel mio cuore.


l’ingresso alla sua scuola che tenni nel lontano 1991 e il cui ricordo mi portò nel 2003 a scrivere questo pensiero, non voglio definirlo in altro modo. L’unica premessa che voglio fare è quello che mi portò a scriverlo ovvero l’inatteso arrivo di Gigi alle prime selezioni: lui ci sarebbe dovuto essere solo alle seconde ovvero dopo una prima grande

sfoltita, eravamo quasi 400 dopo le oltre 1000 domande inoltrate. Ma lui passò nei pressi del Teatro Arcobaleno di Roma zona Nomentana ed allora venne a curiosare ed entrò proprio quando fui chiamato io. Incredibile…era veramente destino perché io l’ho sempre pensato che se non ci fosse stato lui, forse, io non sarei

entrato e non sarebbe cominciata una delle più entusiasmanti avventure della mia vita teatrale ed umana.

IL PROVINO Si cumparso all’intrasatta (all’improvviso) chi te sape ‘o ‘mmaginava ma che proprio a chillo punto mbe’, io nun m’aspettavo Nun me so’ ‘mpressionato macchè, me so’ calmato quasi quasi t’aspettavo e a zumpà aggio cuminciato Quanno tutto po’ è fernuto m’è fermato e m’è parlato io nu’ poco aggio capito e chino ‘e speranza so’ partito E’ da allora, ca’ me dai forza pecchè sulo cu’ nu sguardo veco ‘o Teatro, chillo ca me piace a me! 4 gennaio 2003 MARCO SIMEOLI

IL RICORDO DI GABRIELE CIRILLI Gigi Proietti per me è stato un secondo padre. Ho sempre detto nel corso degli anni che lui mi ha regalato una vita. Quando feci il provino per il laboratorio di Proietti, portai Gastone di Petrolini, uno dei cavalli di battaglia di Gigi, però in abruzzese, e non avevo una musicassetta ma una piccola orchestrina: pianoforte, contrabbasso e violino. Lui rimase molto colpito e durante il provino intervenne come se stesse facendo una regia. Appena uscito dalla scuola, Gigi mi utilizzò come spalla. I primi anni della mia carriera li trascorsi al suo fianco. Nel frattempo feci altri spettacoli importanti con Flavio Bucci, Piera Degli Esposti... ma quando Gigi chiamava, io ero sempre disponibile.

Ho imparato tutto da lui stando dietro le quinte... studiavo tutto di lui. Gigi mi diceva sempre di stare dietro al sipario prima dello spettacolo perché dal “chiacchericcio” avrei capito che tipo di pubblico c'e-

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ra in sala. Ma lui aveva anche una grande umanità. Mio padre non credeva molto in questo mestiere e una sera lo portai a vedere I Sette Re Di Roma. A fine spettacolo andammo in camerino a salutarlo e Gigi gli


disse “Sor Cirilli, lasci volare questo ragazzo perchè ce la farà”. In quel momento papà si tranquillizzò. Poco tempo dopo se ne andò. In un'altra occasione invece, sapendo delle difficoltà della fabbrica di mio padre, invece di farsi fare il marmo della cucina a Roma, lo fece fare a mio padre e andammo proprio io e lui a prendere le misure a casa sua. Tuttora il marmo è ancora lì. Grazie alla mia presenza, Gigi si innamorò di Tale e Quale Show e, nella successiva edizione, si mise d'accordo con Carlo Conti e fece il giudice. L'anno dopo mi chiese di fare con lui Cavalli di Battaglia su Rai Uno, e per me fu un grandissimo onore. Un anno e mezzo fa mi chiamò e mi disse “Ti va di venire a fare da spalla, ma senza paga... così, per amore” e tornai dopo tanti anni sul palco con lui all'Auditorium a Roma nella scena di Bruto e Cassio. Ho provato un’emozione così forte e unica, che non potrò mai dimenticare! Se n'è andato un vero e proprio mattatore, forse l'ultimo rimasto. Un amore incondizionato il mio che rimarrà sempre tale e che ha cambiato la mia

vita come artista e come persona. IL RICORDO DI FABRIZIO ANGELINI Sono tanti, tantissimi i ricordi che mi legano a Gigi Proietti, avendo avuto l’onore e il privilegio di collaborare con lui in diversi spettacoli nei trent’anni tra il 1986 e il 2016, e inevitabilmente devo fare una scelta. Il primo ricordo in assoluto riguarda l’audizione per il suo Laboratorio di Esercitazioni Sceniche, nel 1982. Oltre alle

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prove di recitazione e di canto (vide sul mio curriculum che avevo partecipato ad una versione amatoriale di Mary Poppins, e mi chiese di improvvisare lì per lì “Supercalifragilistic…”. Non mi sembrò vero…), c’era una prova di danza facoltativa, e io naturalmente la feci. “Ammazza, tu balli pure?”… Fui preso nel Laboratorio, era il “secondo”, e i miei compagni di corso erano tra gli altri Giampiero Ingrassia, Francesca Reggiani, Salvatore Marino. Purtroppo, però stavo facendo il servizio militare, allora obbligatorio, e potei frequentare in maniera molto limitata. Ma il mio destino era segnato, e nel 1986 mi ritrovai con Gigi e con quegli stessi colleghi nel Cyrano, di Rostand, interpretando uno dei cadetti e un moschettiere. Spettacolo che dunque segnò il mio debutto nel Teatro professionale e al quale sono particolarmente legato. Un ricordo simpatico dello spettacolo è che una sera, credo fossimo al Duse di Bologna dove debuttammo il 6 gennaio 1986, durante una scena in cui lui e noi cadetti eravamo


in scena, le luci si spensero improvvisamente. Ci furono alcuni secondi di silenzio generale, poi si udì la voce di Proietti alla platea. “Forse i signori del pubblico penseranno che si tratti di una trovata scenica, ma qui è proprio annata via la luce”. Ci fu un applauso, poi dopo qualche secondo si accesero le luci di emergenza. Qualcosa si vedeva. “Aoh, annamo avanti così…”. Proseguimmo. Noi cadetti uscimmo, lui proseguì la scena con Cristiano (Vanni Corbellini), poi noi rientravamo e un attore, credo fosse Mario Scaletta, disse la sua battuta che effettivamente era “Non sento nulla…. Non oso guardare…”. E Gigi (che non aspettava altro): “No, nun pòi guardà, perché la luce ancora nun è tornata”. Ci fu un boato in platea… Ricordo poi una sera, forse a Reggio Emilia, verso la fine del tour… Eravamo a cena in un ristorante e c’era un pianoforte. Osai: lo chiamai al piano, mi sedetti e cominciai a strimpellare. “Senti questo come sòna!....” disse. Attaccai “Nina, si voi dormite”, e be’ insomma, una situazione in cui uno suona e Gigi Proietti canta una delle più belle canzoni romane non capita tutti i giorni e non si dimentica facilmente… Di quel Cyrano conservo an-

cora gelosamente un naso finto che Gigi usava in scena, e che cambiava tutti i giorni. Me lo diede la sarta, mi pare si chiamasse Paola Scacchi, dicendomi “Questo vale di più, è dell’ultima replica”. A parte un’apparizione l’anno successivo in tv con i cadetti a Fantastico 7, passarono diversi anni prima che la mia strada incrociasse di nuovo quella del grande Maestro, quando assunse la direzione del Teatro Brancaccio e diversi spettacoli della Compagnia della Rancia, con la quale collaboravo dal 1990, furono ospitati su quel palco e avevano le mie coreografie. In particolare, era rimasto colpito da Sette spose per sette fratelli, e così quando nel 2004 in occa-

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sione dei suoi 40 anni di Teatro mise in scena lo spettacolo Serata d'onore, fui chiamato a curare i movimenti coreografici di un gruppo di attori e cantanti. Ma la grande avventura arrivò nel 2007, con lo spettacolo Buonasera, sempre al Brancaccio. Si trattava di un varietà-contenitore con i suoi numeri di maggior successo e alcune novità, e aveva deciso di inserire anche un corpo di ballo, per cui fui chiamato a curare le coreografie, questa volta con 7 danzatrici e 4 danzatori. Ad un certo punto durante le prove, stava concertando lo sketch detto “Il cassamortaro”, nel quale era presente la figlia Susanna, che sarebbe stata anche sua figlia in scena. Ad un certo punto mi guardò e mi disse “Io te vorei fa’ fa’ la madre de Susanna… Te ‘a senti?” “Certo, assolutamente” risposi. “Però te dovrei senti’ ‘n attimo”. “Va bene”. Presi un copione e in un romanesco abbastanza stretto dissi solamente “Bella de mamma, ma ancora stai così? Ma come, io è tutto er giorno che sto a core come ‘na pazza, e tu stai qua a perde tempo?”. Mi fermò: “Aoh, pe’ me ‘o devi fa’ tu”… Ci fu una grossa risata di tutti i presenti e io dissi “Non posso crederci! Il provino più veloce della mia vita…”. Dunque, non solo ero


il coreografo dello spettacolo, ma sarei stato in scena accanto a Gigi, nel ruolo della moglie, la Signora Lapide, in un vestito verde e fucsia per nulla appariscente!... Inoltre, avrei partecipato a diversi altri numeri, tra cui uno di tip tap ripreso da un vecchio video in bianco e nero, che lo divertiva molto e che mi fece vedere. A Roma si dice: chevvelodicoaffa’? L’emozione, la gratificazione, gli insegnamenti sono difficili da descrivere e raccontare, ma anche il divertimento, la confidenza, l’entusiasmo. Il prima, il durante, il dopo gli spettacoli, le cene insieme in cui Gigi prendeva la chitarra e si cantava, gli aneddoti relativi al Teatro, le massime, le considerazioni… Ci sarebbe tantissimo da raccontare... E l’avventura, grazie al cielo, non terminò con la fine degli spettacoli al Brancaccio. Ci fu una breve parentesi con la conclusione della sua direzione del Teatro, segnata anche da beghe politiche e comunali. Una serata in suo sostegno fu organizzata quasi spontaneamente al Brancaccio e tutti noi accorremmo per dare il nostro contributo. Si parlava già della direzione di Maurizio Costanzo, cosa che poi avvenne. Il Teatro era strapieno, e una gran folla si radunò intorno al Teatro, all’esterno del quale furono allestiti dei maxischermi. Avevamo tutti una maglietta con su scritto “Io sto con Gigi”, che ancora conservo. Oltre a partecipare ad un numero in scena con la figlia Susanna e alcuni colleghi, chiesi a Gigi di poter leggere un sonetto che avevo composto per l’occasione, in omaggio a lui che, come è noto, faceva spesso la stessa cosa in occasioni particolari. Eccolo qua…

ER PASTICCIACCIO DE VIA MERULANA.. Madonna, si che incubo c’ho avuto L’artra mattina che me so svejato Un fatto sconvolgente era accaduto Nun se parlava d’artro, fu un boato… “Giggi scippato der Politeama” Così er tam tam diceva dappertutto Me scriveno messaggi, e c’è chi chiama Chiunque dava contro ar farabutto Ma che se potrà fa? Chi ne sa niente? La situazione è tanto ingarbugliata Ma quello che è sicuro è che la gente Pe ‘na vorta nun resta lì affacciata Vengono organizzate petizioni Su internet o in persona, nun importa Quello che conta è er numero dei nomi De chi vo’ protestà pe’ questa svorta So’ mille, diecimila, è ‘na fiumana De gente assai agguerrita e un po’ incazzata Che se presenta qui a via Merulana O scrive mail de la stessa portata Er risultato lo sapemo tutti Er re sta sempre in vita, e chi l’ammazza? Ce vo ben artro per vedè distrutti Personaggi che c’hanno quella stazza. Si er popolo poi sta dalla sua parte Nun c’è trippa pe’ gatti pe’ er nemico Specialmente si ppoi parlamo d’arte Mejo che resti in “Tele”, quell’amico... Proprio così, che questa è la vittoria De Giggi e de la gente, certamente Ma è tutto er Teatro che oggi è andato in gloria E chi ar Teatro crede veramente Teatro che fa piagne e che fa ride Frutto de sacrifici e de passione No quello dei tronisti e delle sfide Quello che resti lì, in televisione (a questo punto nel Brancaccio ci fu un boato…) Noi volemo er Teatro, quello vero Quello che è vivo e che te dà emozione A Gi’, te vojo dì un grazie sincero A nome mio e de tante artre persone Pe quello che tu hai fatto qua ar Brancaccio E che farai, che passerà alla storia Mo nun pensamo più a quer momentaccio Mo stamo qui pe festeggià... Vittoria!

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CENTOCINQUANTA... Centocinquanta vorte “Bonasera” Centocinquanta… Aoh, me pare ieri La mente va all’indietro volentieri Chi c’è, più o meno m’aricordo c’era Chiamato per coreografa’ la scena Giggi me fa’ (e pe’ me è stata ‘na manna) “Te va de fa’ la madre de Susanna? Però t’ho da sentì” “Nun c’è problema” A fa’ la trans nun so’ certo restio. Ma è er provino più rapido der mondo Giggi nun c’ha girato tanto in tondo Dopo ddu frasi er ruolo era già mio La veste verde e fucsia me la pijo Divento moje der Cassamortaro Se quarcuno la vole, nun so’ avaro Ma deve passa’ sopra ar corpo mio Tante artre cose insieme avemo fatto Da Capri, alle Odalische, ar Portogallo… ‘Na vorta c’era ‘n valzer, che pe’ fallo persino Pallottini ha fatto er matto… Se parte dar Brancaccio tutto pieno Poi com’è annata lo sapemo tutti Nun c’è problema, ndo’ se va so’ botti E er Gran Teatro certo ‘n’è da meno Insieme fino a Pasqua, da Natale Dumilacinquecento pe’ serata Gigi trionfa, aoh, è ‘na cannonata Che prosegui’ diviene naturale Comincia la tournée, se fa ‘n estiva Poi se continua a Napoli, a Milano… Tanti artri posti insieme visitamo Ma Roma c’arivòle. E dico “Evviva!” Giggi c’ha riportato qua ar Sistina E nun c’è storia, st’omo è proprio un mito Che ave’ er Teatro tutto esaurito Nun è cosa da tutti, è ‘n arte fina Da quer diciotto/quattro/zero-sette De acqua n’è passata sotto i ponti Ma stamo ancora qua, contenti e pronti A prosegui’ le repliche suddette Perché, Proie’, sia chiaro il nostro intento: Te piaccia o no, tocca arivà a trecento!

La vittoria però purtroppo non ci fu, e Gigi lasciò il Brancaccio con grande amarezza sua e nostra, ma lo spettacolo era ancora richiesto. Ci spostammo dunque al Gran Teatro, che aveva 2500 posti, e

rimanemmo in scena da Natale a Pasqua, tutto esaurito tutte le repliche. Sono cose che non si possono dimenticare. E dopo un tour estivo (durante il quale recitammo anche al Teatro Greco di Taormina), nelle

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stagioni successive lo spettacolo andò in scena anche al Teatro Sistina ben due volte, e ancora in tour in molte città italiane, Milano in testa. Con il titolo che cambiò nel tempo (Di nuovo buonasera, di nuovo buonasera a tutti, c’e’ gente stasera?) e la scaletta che veniva modificata a volte anche la sera stessa, siamo andati in scena quasi 200 volte in tutta Italia. Uno spettacolo che durava circa tre ore, con Gigi che stava in scena 2 ore e 40’, come di consueto senza risparmiarsi, senza saltare una replica. Il mio amico e collega Gianfranco Vergoni vedendo lo spettacolo una volta disse: “Sembra che Proietti abbia 1000 anni. Sa tutto, può fare tutto, qualsiasi cosa, di qualsiasi epoca”. In occasione della 150esima replica, scrissi nuovamente un sonetto, che affissi sull’Ordine del Giorno (e che trovate qui a lato)... A Gigi divertiva molto cercar di far ridere i colleghi in scena. Io sono uno in genere molto concentrato, e raramente ci si riesce, ma non nego che con lui più di una volta mi sono dovuto girare verso il fondo per non far vedere le lacrime per la risata trattenuta, con sua grande soddisfazione, come mi faceva poi notare divertito alla fine dello spettacolo. Una sera la Signora Lapide si disegnò un vistoso neo sulla guancia. Lui lo vide direttamente in scena mentre recitavamo, e ridendo mi fece dei segni con la mano per farmi capire che aveva notato la novità. La sera dopo cambiai posizione al neo. Ad un certo punto avevo una battuta


che era: “Aoh, stavolta me ce trovi!” E lui (alludendo al neo) “Te trovo, te trovo… Che trovo? Un giorno de qua, un giorno de là, nun ce se capisce niente…”. Fui molto contento quando Gigi mi disse che parlavo molto bene il romanesco stretto. Non posso poi non ricordare la sua generosità e la disponibilità con un episodio: quasi all’inizio dello sketch lui era fuori scena e io, in scena con Susanna, dovevo chiamarlo. “Fulgeeeennziooooo…”. Una sera lui tardò leggermente l’ingresso e io ripetei la chiamata. Nel pubblico scattò una risata. A fine spettacolo andai a chiedergli se potevo tenere la cosa, visto l’effetto, e lui mi rispose “Ma certo! Noi dobbiamo riuscire ad acchiappare tutte le risate possibili e immaginabili”. In una parte delle repliche interpretai anche il ruolo del dottore nell’esilarante farsa La Signora delle Camelie, che concludeva lo spettacolo prima della “passerella” finale. Ecco, lì era veramente difficile rimanere seri, perché lui ogni sera ne inventava una… Al termine dello spettacolo, dopo i ringraziamenti, Gigi concedeva sempre un bis al

pubblico. La maggior parte delle volte si trattava di Toto e la “saùna”; a volte del nonnetto delle favole. Io rimanevo sempre nelle quinte insieme a molti altri, perché davvero era ogni volta una lezione di Teatro. E alla fine, chiuso il sipario, scoppiavamo nel “nostro” applauso a Gigi, che era stima, ammirazione, gratitudine e molto altro. Nel lungo periodo in cui a più riprese fummo in scena con questo spettacolo (tra il 2007 e il 2013) si inserì un’altra splendida occasione: nel 2009 Gigi concluse un accordo con il Teatro di Roma

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per la messa in scena di Pippi Calzelunghe. Lui ne avrebbe curato la supervisione e affidò la regia e le coreografie a me! Era uno spettacolo al quale la famiglia Proietti teneva molto, essendo tratto dal romanzo della scrittrice svedese Astrid Lindgren, come svedese è Sagitta Alter, la moglie di Gigi, promotrice di tutta l’avventura e traduttrice del testo insieme alla figlia Carlotta. Susanna avrebbe firmato le scene (coadiuvata da Gabriele Moreschi, con il quale collaboro da anni) e i costumi. Dunque, tutta la famiglia era coinvolta, e io andai più di una volta a casa Proietti per lavorare sull’adattamento del testo e venire a capo dell’ingarbugliata situazione relativa alle musiche (scoprii che esistevano due versioni, e riuscii a sbrogliare la matassa dopo un bel po’ di tempo e di contatti con l’agenzia che deteneva i diritti). Lo spettacolo era in scena in Svezia, e io fui mandato con Sagitta e Susanna a vedere lo spettacolo. Volammo fino a Copenaghen, poi con una macchina a noleggio raggiungemmo la cittadina svedese dove era rappresentato lo spettacolo. Io e Sagitta ci al-


ternammo alla guida, e io non ci potevo credere: io con la moglie e la figlia di Gigi Proietti in viaggio in macchina dalla Danimarca alla Svezia… Chi me l’avesse mai detto?... Gigi teneva molto a questo progetto. Facemmo dei provini, fu scelto il cast, io allestii lo spettacolo coadiuvato da Gianfranco Vergoni e l’ultima settimana Gigi fu presente alle prove. Fu molto contento del lavoro fatto, anche delle coreografie e delle parti acrobatiche, ma con la sua presenza lo spettacolo acquistò ovviamente un “guizzo” speciale. Furono aggiunte delle gag e delle trovate, ma un episodio ci gelò il sangue. Nella scenografia c’era un grosso baule di legno. Gli attori sapevano che il coperchio, una volta sollevato, non si reggeva da solo ma dovevano tenerlo con una mano, mentre con l’altra rovistavano dentro. Gigi non lo sapeva, e nel dimostrare una cosa della scena sollevò il coperchio, lo lasciò e mentre era piegato a guardare dentro il baule, il coperchio alquanto pesante gli cadde sulla testa. In quel momento pensai che la mia carriera fosse finita. Ovviamente ci avvicinammo tutti, alquanto impauriti. Lui si tirò su con la mano sulla testa e disse “ Ahio…

Aoh, ammazza quanto pesa…”. Per fortuna la cosa non ebbe conseguenze. Lo spettacolo debuttò al Teatro Argentina, e proseguì con grande successo in un tour per due stagioni, superando le 100 repliche. Successivamente collaborai con Gigi per le coreografie di Gigi Proietti a Cracalla, nell’estate del 2013. Il nostro ultimo lavoro insieme fu nel 2016, per lo spettacolo Non c’e’ due senza te, testo e regia di Toni Fornari. Gigi curava la supervisione, e io fui chiamato per i movimenti coreografici. Ancora una volta le prove erano vere e proprie lezioni di Teatro. L’ultima volta ci siamo sentiti quest’anno durante il lockdown, credo fosse aprile. Mi telefonò perché aveva bisogno di un’informazione, mi disse che era stato poco bene, e sentii la voce un po’ stanca.

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Mai avrei immaginato che sarebbe stata l’ultima volta in cui l’avrei sentito… Come si può immaginare da tutto quello che ho raccontato, sono molto orgoglioso e felice di aver avuto tutte queste possibilità di collaborazione con quello che io, come molti altri, considero uno dei miei Maestri, pur avendo frequentato il suo Laboratorio marginalmente. Aver ripercorso questi ricordi con Gigi, dal mio debutto fino a qualche anno fa, mi ha fatto ancor di più rendere conto di quanto io sia stato fortunato e gratificato da tutte le esperienze fatte con lui, per tutto quello che ho imparato standogli accanto o osservandolo in prova e dalle quinte, soprattutto dall’aver riscontrato che Gigi Proietti era esattamente quello che trapelava vedendolo alla televisione: un talento infinito ma anche una persona dalla grande umanità e disponibilità. Ciao Gigi… Ci mancherai… Tanto. • RS


7 6 E DI ZI O NI DI ST R A OR DI N A R I O S U C C ESS O !

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ESPERIENZE

Un inedito concerto

per pianoforte e bisturi

LA MUSICA A 432 HZ DI EMILIANO TOSO HA ACCOMPAGNATO UN DELICATO INTERVENTO NEUROCHIRURGICO

N

ei numeri precedenti di Riflettori su... Magazine, abbiamo approfondito il tema dell’arte come supporto alle cure, sottolineando, ad esempio, come la musica suonata a 432Hz possa essere un valido sostegno al benessere dell’uomo. In questo periodo di pandemia, sempre di più sarebbe auspicabile focalizzarsi sempre di più sulle cure olistiche (dal greco: olos tutto, intero) Oggi, grazie allo studio delle neuroscienze, si sta sempre più rafforzando l’idea di portare la musica negli ospedali. Sulla base di queste premesse si è voluto valutare su al-

cuni pazienti pediatrici i possibili effetti terapeutici delle composizioni musicali del pianista Emiliano Toso, biologo molecolare che compone musica acustica accordata a 432 Hz, di cui abbiamo parlato qualche mese fa. Così il 16 Novembre presso la sala operatoria dell’Ospedale pediatrico “Salesi” di Ancona è stato programmato un intervento neurochirurgico di asportazione di un duplice tumore del midollo spinale in un bambino di 10 anni. L’intervento è stato eseguito da un’equipe multidisciplinare guidata dal Dr. Roberto Trignani, Responsabile del Re-

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parto di Neurochirurgia degli Ospedali Riuniti di Ancona. Durante l’intera procedura Emiliano Toso ha eseguito le sue composizioni musicali con un pianoforte a coda intonato a 432Hz collocato all’interno della sala operatoria. Ho intervistato il Dr.Trignani per capire dal suo punto di vista come è andata l’operazione. Dottore, il suo incontro con Emiliano Toso è avvenuto il 25 settembre al teatro La Fenice di Senigallia, durante il concerto dedicato alla fondazione Ospedale Salesi. Conosceva già questa musica? Cosa l’ha colpita?


di Silvia Arosio

Sono convinto che non sia io ad avere cercato la musica di Emiliano Toso, ma sia la sua musica ad avermi trovato. Mi spiego meglio. Da sempre coltivo l’idea di una medicina attenta alla parte immateriale del malato, anche in un ambito quale quello chirurgico in cui la parte materiale è il suo campo d’azione naturale. Frequentare illustri interpreti della visione olistica delle cure dell’uomo, come il Prof. Franco Canestrari già Direttore della Sezione di Biochimica clinica e molecolare dell’Università di Urbino, mi ha fatto entrare in contatto con il mondo della musicoterapia e quindi delle musiche magiche di Emiliano Toso. Così il 25 settembre al teatro La Fenice di Senigallia, in occasione del concerto organizzato dalla Fondazione Salesi, trasportato e ispirato dalle sue composizioni, ho immagi-

e descriverla con il filtro della mente significa impoverirla. Dr.Trignani, Lei è prettamente un tecnico: in una sala Dott. Roberto operatoria neuroTrignani chirurgica, oggi la tecnologia è chiaramente fondamentale. Cosa vuol dire inserire l’arte in una professione come la sua? Giustamente lei dice che sono un tecnico e io le dico di più: la sala operatoria della neurochirurgia è un concentrato di alta tecnologia. Spesso le acquisizioni nato la sua musica risuonare in campo tecnico-scientifico nell’ambiente in cui mi muovo trovano subito un’applicazioquotidianamente, la sala ope- ne nel campo delle chirurgie ratoria. superspecialistiche, quale la Dietro le quinte, lui a piedi neurochirurgia che da anni si nudi e io vestito dalle emozio- muove per soddisfare il crini, abbiamo condiviso all’uni- terio della mininvasività. Ma sono il progetto del suo pia- tutto questo si esprime su una noforte in sala operatoria. Era materia speciale quella vivencome se la sua musica stesse te dell’essere umano, peraltro lì ad aspettarmi; la sua musica in un momento di estrema frati prende il cuore e ti porta in gilità della sua esistenza. Nelun’altra dimensione; definirla le corsie dell›ospedale, negli

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Emiliano Toso

ambulatori, si realizza naturalmente una commistione di scienze umanistiche e scienze tecniche, quando si ha a che fare con una persona malata, basti pensare al momento della comunicazione operatori sanitari - paziente. La sala operatoria è di per sè un ambiente più «freddo» di altri e allora bisogna trovare vie e mezzi che mantengano la comunicazione con la parte spirituale del paziente: la musica penso sia uno di questi e possa contribuire a rendere meno fredda la lama del bisturi. I genitori del piccolo paziente hanno capito ed accettato il suo progetto? Il nostro piccolo paziente è il primo ad aver accolto con immediatezza l’idea della presenza della musica, ma è una peculiarità del bambino quella di comprendere istantaneamente il significato e aderire con naturalezza a qualunque proposta abbia nel suo DNA un fine buono. I genitori hanno accolto con entusiasmo il progetto del pianoforte e della musica in sala operatoria dopo quel momento “creativo-empatico” del colloquio medico-paziente in cui sono stati fatti partecipi di tut-

ta la convinzione appassionata con cui avevamo edificato il progetto stesso. So che al bambino sono state fatte ascoltare le musiche di Toso precedentemente l’intervento… Che reazioni ha avuto? La patologia al midollo spinale procurava al bambino un dolore persistente alla schiena che la notte lo costringeva a svegliarsi e camminare ed in più assumere farmaci antalgici. Lui, amante della musica Rock metal, ha accolto immediatamente la proposta di ascoltare la musica di Toso durante la notte che precedeva l’intervento chirurgico; forse ha percepito istintivamente l’intenzione di cura insita nella proposta. Così si è addormentato subito e si è svegliato solo la mattina senza necessità di assumere farmaci contro il dolore. Non ci ha risparmiato tuttavia la sua impressione sbarazzina al risveglio: “una musica un po’ noiosa”. Materialmente, come è

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stato inserito il pianoforte? Cosa ha chiesto di eseguire ad Emiliano Toso? Si tratta di un pianoforte a coda che occupa un discreto spazio. Pertanto con il supporto della Fondazione Salesi, infermieri e dirigenti del Blocco operatorio dell’Ospedale Pediatrico, sono state fatte tutte le valutazioni di fattibilità logistica del progetto; è stato così individuata l’area della sala operatoria in cui collocare il pianoforte la cui posizione doveva mediare i bisogni operativi della sala operatoria e la necessità della vicinanza al bambino della sorgente musicale. Il giorno prima dell’intervento chirurgico il pianoforte è stato smontato e rimontato in sala, sanificato e pronto per entrare nell’equipe chirurgica. Emiliano Toso lavora con il cuore e al cuore non si comanda; è entrato in sintonia con il bambino e con l’ambiente di sala e ha cominciato a produrre le sue musiche in parte dettate dai suoi spartiti, in parte ispirate dalle emozioni del momento. Sono state modificate le dosi di anestetico? I nostri colleghi anestesisti,


sentinelle sensibili e preziose dei parametri vitali del piccolo paziente, sono riusciti a mantenere il piano anestesiologico con dosaggi farmacologici inferiori a quelli comunemente utilizzati in assenza della musica. La musica di Toso ha lavorato come un farmaco oppioide antidolorifico che ha trovato con immediatezza il suo spazio di compatibilità con la chimica dei farmaci padroni da sempre delle procedure anestesiologiche. Durante l’intervento, sono stati registrati parametri funzionali e avete dosato markers bioumorali del bambino per documentare gli effetti terapeutici della musica sull’asse dello stress e sui sistemi di regolazione della risposta immunitaria ed infiammatoria. Avete già i risultati? Assieme ai colleghi oncoematologi, anestesisti, medici di laboratorio del nostro Ospedale abbiamo pianificato una serie di prelievi ematici per testare alcune sostanze ormonali, neurotrasmettitori e citochine durante le varie fasi pre-intra e post-operatorie in presenza ed in assenza delle musiche di Toso. I risultati sono in corso di verifica; verranno cercati eventuali effetti della musica nel confronto tra i vari momenti dell’intera procedura ed anche con altri pazienti che non potranno giovarsi della vicinanza del pianoforte di Toso. L’elettroencefalogramma ha inoltre risposto alle sollecitazioni… Un’evidenza chiara intraoperatoria è la sensibilità del tracciato elettroencefalografico alla presenza della musica; il tracciato si modificava in presenza o in assenza delle vibrazioni sonore provenienti dal pianoforte. Il bambino era in anestesia generale, il bam-

bino dormiva nella sua parte materiale ma la musica utilizzava i suoi canali preferenziali per raggiungere la sua parte immateriale. Ha recentemente dichiarato che il suo potrebbe essere il primo ospedale pediatrico in Italia a inserire stabilmente la musica: ripeterete questo tipo di operazioni? Penso che la musica sia uno strumento presente dalla notte dei tempi, a costo zero ed anche “ergonomico”, cioè capace di integrare magicamente tutte le numerose figure professionali e le stesse con le

infermieri, chirurghi, anestesisti, neuroradiologici, oncoematologici, tecnici di radiologia e di neurofisiologia, neuropsichiatri infantili ognuno per esprimere la sua competenza e con l’ausilio della sua tecnologia; il fine era curare il bambino, il mezzo era tutto questo. La musica è stato uno straordinario strumento ergonomico che ha saputo creare armonia e farci sentire tutti un corpo unico umano e tecnico finalizzato unicamente a guarire il nostro piccolo paziente. Con queste premesse e sulla

tecnlogie di cui sono circondate in un contesto complesso come la sala operatoria. Teniamo conto che nella sala operatoria in cui si è realizzato l›intervento chirurgico del bambino, erano presenti

scorta delle emozioni che ancora avvertiamo sulla pelle, come possiamo non far entrare a pieno merito la musica a 432 Hz nell’armamentario terapeutico dei futuri interventi pediatrici. • RS

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ANNIVERSARI

L ' Almanacco di Frate

Indovino compie 75 anni UN’OPERA DI EVANGELIZZAZIONE CHE PORTA SPERANZA ED UNA BUONA PAROLA PER LA VITA DI OGNI GIORNO

T

utti identificano Frate Indovino con l’iconica figura del simpatico fraticello, sempre sorridente, ritratto sul frontespizio del famoso Almanacco. In realtà l’inventore di quest’opera ormai famosa ad ogni latitudine è Padre Mariangelo da Cerqueto che, dopo il liceo, gli studi di teologia e l’ordinazione sacerdotale, dirige il periodico francescano Voce Serafica.

Padre Mariangelo da Cerqueto

IL PRIMO ALMANACCO È in occasione del Natale del 1945 che Padre Mariangelo regala ai suoi lettori un Almanacco nel quale venivano riportate le previsioni meteo-

rologiche per tutto l’anno seguente. Sono solo 2.000 copie, offerte in omaggio, ma è l’inizio di un’avventura editoriale di un imprevisto successo. Da subito sono soprattutto gli agricoltori a consultare le previsioni metereologiche per programmare il lavoro nei campi: semine, potature,

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raccolti iniziano ad essere decisi in base al tipo di tempo atmosferico previsto nell’Almanacco Frate Indovino, anche perché in quegli anni non c’erano i satelliti o le applicazioni sui cellulari a dire quali sarebbero state le condizioni atmosferiche in un futuro più o meno prossimo. Ed è proprio


di Daniele Colzani

CURIOSITÀ • “O Signore, fa di me un istrumento della tua pace”. Iniziano con le parole di san Francesco d’Assisi, nel 1946, le pagine del nostro primo Calendario. Mese dopo mese, la Preghiera Semplice francescana accompagna i lettori dell’Almanacco, che spiega storia e carismi degli ordini che si ispirano al “poverello”. • È nella bisaccia da Cappuccino e nel bloknotes che Padre Mariangelo nascondeva nelle tasche del suo abito. Passavano da lì tutti gli appunti, le annotazioni, le informazioni, i detti e le curiosità, che ascoltava nelle conversazioni o leggeva su libri e giornali. Il tutto sapientemente miscelato con le vicende vissute nei conventi per secoli e le tradizioni popolari frutto della quotidiana presenza dei frati in mezzo alla gente.

da questo che nasce l’aggettivo di “Indovino”... nessun’arte divinatoria ma una grande abilità nello sfruttare al meglio delle osservazioni sulla meteorologia, ricerche supportate da osservazioni sulle macchie solari e su altri fenomeni celesti, unite allo studio statistico delle cronache che si trovano nei conventi. È seguendo quest’idea semplice ma allo stesso tempo geniale, che ora siamo arrivati a pubblicare almanacchi per quasi tutte le famiglie italiane e la nostra gioia più grande è di saperli appesi al chiodo nelle cucine di amici e sostenitori che ci scrivono da ogni parte del mondo! Un’opera di evangelizzazione che porta speranza ed una buona parola per la vita di ogni giorno e che è, nel contempo, strumento di concretizzazione della reciprocità evangelica. I proventi economici dell’attività editoriale sono infatti investiti nelle opere caritative e di evangelizzazione sostenute dai Frati Minori Cappuccini.

Tra queste, di particolare attualità è il sostegno delle missioni in Amazzonia, il polmone verde del pianeta, zona che i Cappuccini custodiscono dal lontano 1909 attraverso una presenza fattiva nella zona che parte da Manaus e arriva, lungo il fiume Solimões, fino al confine con la Bolivia.

occhi più attenti. Un osservatorio più identitario è invece il periodico Voce serafica, che ci racconta più da vicino la realtà cappuccina. L’approfondimento culturale viene invece lasciato al marchio editoriale Edizioni Francescane Italiane, che con agili volumetti, vuole rileggere nell’ottica del Poverello di Assisi le questioni più importanti. Ma non solo editoria. Recuperando l’arte tramandata nelle nostre fraternità cappuccine, Frate Indovino consiglia e crea prodotti per il benessere della persona, producendo e commercializzando una linea di tisane e mieli di altissima qualità, abbinandoli a unguenti e altri rimedi frutto della lunga tradizione dei conventi. Tutto questo è Frate Indovino: da 75 anni uno strumento voluto dalla Provvidenza per portare conforto e speranza in tutte le famiglie e a chi vive nelle periferie della nostra società. • RS

ALTRE PUBBLICAZIONI E INIZIATIVE BENEFICHE Con il passare degli anni, all’Almanacco si sono via via affiancate molte altre iniziative di successo. Rimarchevoli, per l’accoglienza registrata, la serie di pubblicazioni promananti dalle tradizioni dei conventi, come Il nuovo segreto della salute. Come curarsi con le erbe, L’orticello di casa, Il Giardino in casa, La buona cucina casalinga, Come fare se... Segreti, consigli, rimedi di Frate Indovino, Vigna, Vino e Cantina e tanti altri. Ma sono anche le produzioni legate ai tempi forti della Chiesa, in primis Il calendario dell’Avvento, a creare una straordinaria sinergia tra la nostra casa editrice e i suoi affezionati sostenitori. La visione francescana dell’attualità e il commento alle questioni importanti che la nostra società affronta sono la linea editoriale del periodico mensile Frate Indovino, che stimola i suoi circa 180.000 abbonati a guardare WWW.FRATEINDOVINO.EU il mondo con

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DISCHI

Una fiaba inedita dalla

mamma di

Harry Potter

"A

lto come due cavalli, occhi infuocati, artigli affilati come rasoi. L'Ickabog sta arrivando... C’era una volta un regno chiamato Cornucopia. Una minuscola nazione ricca e prospera, famosa per i suoi formaggi, gli ottimi vini, i dolci deliziosi e le salsicce succulente. Sul trono siede un sovrano benevolo, Re Teo il Temerario, le cui giornate trascorrono pigre, tra banchetti sontuosi e battute di caccia, con la fida compagnia dei suoi lord, Scaracchino e Flappone. Tutto è perfetto… O quasi. Secondo la leggenda, infatti, un terribile mostro è in agguato nelle Paludi del Nord. Ogni persona di buonsenso sa che l’Ickabog è solo una leggenda inventata per spaventare i bambini. Ma le leggende sono strane e a volte prendono una vita propria…Quando questo accade, toccherà a due giovani amici, Robi e Margherita, affrontare un’incredibile

avventura e svelare una volta per tutte dove si nasconde il vero mostro. Solo così speranza e felicità potranno tornare a Cornucopia". Una fiaba straordinaria, scritta da una delle più grandi narratrici di sempre, sul potere della speranza, dell’amicizia e della verità e il loro trionfo a dispetto di ogni sventura. Una storia che piccoli e grandi lettori vorranno leggere e rileggere in un’edizione regalo, arricchita dalle illustrazioni a colori dei giovani vincitori del Torneo per le illustrazioni de L’Ickabog. IL SIGNIFICATO DI ICKABOG L’Ickabog narra dell’omonimo essere che assume forme sempre diverse a seconda di chi lo descrive. L’autrice ha spiegato il significato del suo nome. Esso deriva da “Ichabod”, un’esclamazione inglese ormai in disuso che significa “the glory has departed”, ovvero “la gloria se n’è andata”. L’Ickabog è quindi un essere “senza gloria”, che viene dipinto in maniera più o meno mostruosa da chi lo incontra, aprendo svariate riflessioni sulle forme del male e come sconfiggerlo.

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Photography Debra Hurford Brown © J.K. Rowling 2018

J.K. ROWLING DONERÀ TUTTI I DIRITTI D’AUTORE PER AIUTARE LE PERSONE COLPITE DAL COVID IN INGHILTERRA E NEL MONDO

LA PAROLA ALL’AUTRICE “Ho avuto l’idea per L’Ickabog molto tempo fa e ogni sera, mentre ci lavoravo, l’ho letto ai miei due bambini più piccoli, capitolo per capitolo. Tuttavia, sono stata molto impegnata in altri progetti, ed è così che L’Ickabogè finito in soffitta. Poi però è iniziato il lockdown per Coronavirus. È stato un momento davvero difficile, per i bambini in particolare, così ho deciso di riprendere L’Ickabog dalla soffitta, e l’ho riletto per la prima volta dopo anni, l’ho riscritto e poi l’ho letto di nuovo ai miei figli. […] Ed ora eccoci qui!” J.K. Rowling è l'autrice dei sette libri della saga di Harry Potter, che sono stati venduti


di Daniele Colzani

in più di 500 milioni di copie, tradotti in ottanta lingue e trasposti in otto film di successo planetario. Ha scritto anche i tre libri della Biblioteca di Hogwarts, per beneficenza: Il Quidditch attraverso i secoli e Gli Animali Fantastici: dove trovarli (a sostegno di Comic Relief e Lumos) e Le Fiabe di Beda il Bardo (a sostegno di Lumos). È co-autrice dell'opera teatrale Harry Potter e la Maledizione dell'Erede, che ha debuttato a Londra nel 2016 e a Broadway nel 2018, e autrice della sceneggiatura dei film della serie Animali Fantastici, ispirati al racconto del Magizoologo Newt Scamander. Ha scritto anche un romanzo per adulti, Il seggio vacante, oltre a una serie di gialli sotto lo pseudonimo di Robert Galbraith. È stata insignita dell'Ordine dell'Impero Britannico (OBE) per il suo prezioso contributo alla letteratura per ragazzi, e ha ricevuto numerosi altri premi e onorificenze, tra cui la Legion d'onore francese e il Premio Hans Christian Andersen. LA PAROLA ALL’EDITORE “Emoziona questo atto di restituzione di J.K. Rowling – commenta Mariagrazia Mazzitelli, direttore editoriale di Salani - con il suo stile inconfondibile, imprime in questa fiaba un segno di speranza senza precedenti, è sempre dalla parte dei bambini, dipinge il Male come solo lei sa farlo e anche il Bene, dolce e per tutti i buoni e i giusti. Una storia che fa ridere e con un finale che commuove. Un libro che rimane vivo nel pensiero di piccoli e grandi. IL TORNEO DELLE ILLUSTRAZIONI L’autrice, allo scopo di intrattenere bambini e famiglie durante un momento difficile e unico nella nostra storia, ha de-

ciso di serializzare online i capitoli della sua fiaba e di invitare i bambini tra i 7 e i 12 anni a partecipare a un Torneo delle illustrazioni. I ragazzi hanno avuto la possibilità di leggere ogni giorno dei capitoli nuovi della storia e di disegnare ciò che i vari capitoli li ispiravano, inviare il loro disegno sul sito dedicato e partecipare così al Torneo delle illustrazioni. Ogni Paese avrà un’edizione unica e speciale con i disegni dei bambini-illustratori del Paese di appartenenza. Il Torneo si è aperto il 3 giugno 2020 e ha visto la pubblicazione di nuovi capitoli ogni giorno lavorativo della settimana fino al 24 luglio, termine

lozzo Della Puppa, Libreria Baobab, Porcia (PN), Nicola Magrin, artista e illustratore, Mariagrazia Mazzitelli, direttore editoriale di Salani, Chiara Valerio, scrittrice, si è riunita virtualmente e ha esaminato con attenzione le illustrazioni di tutti i bambini partecipanti e ha scelto i 34 vincitori, divenuti quindi illustratori dei capitoli de L’Ickabog Ogni vincitore, oltre alla pubblicazione della propria illustrazione nell’edizione italiana del libro, riceverà una copia autografata dall’autrice. Salani effettuerà, inoltre, una donazione di libri del valore indicativo di 500 euro a una scuola o una biblioteca che

della disponibilità in rete del testo e data di scadenza della partecipazione al Torneo. Una giuria di esperti, composta da Claudio Strinati, critico d’arte, presidente della Giuria, Matteo Bussola, scrittore e illustratore, Ivan Canu, direttore Mimaster Illustrazione, illustratore, Francesca Crescentini (@Tegamini), traduttrice e content creator, Alice Madda-

sarà indicata da ciascuno dei 34 vincitori. L’Ickabog è stato pubblicato il 10 novembre 2020 in edizione cartacea (19,80 €) e in ebook (11,99 €). L’audiolibro in italiano sarà disponibile in esclusiva su Audible. Per ulteriori informazioni circa la donazione delle royalties a The Volant Trust è possibile consultare: www. ickabog.com. • RS

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SERIE TV

di Emanuela Cattaneo

" The Gallery”, la serie tv sul mercato dell ’arte

UN MIX DI COMMEDIA E SENTIMENTO, SULLO SFONDO DELLA VITA DI UNA GALLERIA D’ARTE CONTEMPORANEA ITALIANA

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he Gallery è una serie televisiva che mostra, con ironia e leggerezza, il dietro le quinte del mercato dell’arte. Concepita da Antonio Orler e Laura Galigani durante il lockdow, la serie è stata interamente girata all’interno della Galleria Orler di Venezia Mestre e va in onda ogni sabato, alle ore 18.00, su Orler Tv (canali 867 di Sky e 144 del digitale terrestre). The Gallery mescola commedia e sentimento, sullo sfondo della vita di una galleria d’arte contemporanea italiana. Il mondo del mercato dell’arte è complesso e stratificato, The Gallery lo racconta in modo vivace, colorato e spiritoso, giocando coi suoi usi e costumi, ironizzando sui suoi stereotipi e regalando al pubblico aneddoti e curiosità su opere e artisti. Giovanni Faccenda, Catone Biasioli, Davide Basilico e Cesare Orler - presentatori nel palinsesto sull’arte moderna dei canali Orler Tv - intervengono, nelle diverse puntate, con uno

speciale cammeo; mentre Giorgio Regali, apprezzato attore di teatro oltre che presentatore della Galleria Orler, partecipa alla serie con il ruolo di Gilberto Bonomelli. Un motivo in più, per gli amanti dell’arte, di seguire la serie prodotta da Orler Tv. LA TRAMA Una galleria d’arte nei pressi di Venezia… non esattamente affollata di clienti. Un po’ a causa del clima sonnacchioso della zona, un po’ per la simpatica indolenza del personale: Manuel, il barista che sogna di diventare una popstar e Fuxia, giovane addetta alle pulizie e aspirante artista, non sono precisamente due stakanovisti e la vita della galleria procede tranquilla e monotona. Ma le cose sono destinate a cambiare con l’arrivo della nuova gallerista: Linda Tagliapietra,

plurilaureata e fresca di master a New York. Dura, esigente, perfezionista, in poco tempo Linda rivoluziona la galleria e mette in riga Manuel e Fuxia, non proprio entusiasti della novità. Con Linda arriva anche il suo assistente, Ferdi, viziato e capriccioso “figlio di papà” costretto dalla famiglia a rimboccarsi le maniche e mettersi a lavorare una volta per tutte. Magicamente, le cose iniziano a funzionare: fioriscono mostre, eventi, vernissage frequentatissimi. Persino gli aperitivi migliorano, come può constatare Carla, la cliente “affezionata”, più interessata al bar che alle opere. Tra Ferdi e Fuxia – diversi tra loro come il giorno e la notte – scatta una buffa e tenera competizione, mentre Manuel si accorge che Linda non è lo sciacallo intransigente che sembra. Dopotutto, ognuno di noi ha debolezze e fragilità. Dal canto suo, Linda è sempre più incuriosita dall’animo creativo e genuino di Manuel… che sia vero che gli opposti si attraggono? • RS

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Un anno di emozioni...

2021

CALENDARIO

MAGAZINE DI CULTURA E SPETTACOLO DIRETTO DA SILVIA AROSIO

Riflettori su...


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NOTRE DAME DE PARIS


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SINGIN’ IN THE RAIN

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CHARLIE E LA FABBRICA DI CIOCCOLATO


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PINOCCHIO RELOADED

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MARY POPPINS


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LE CIRQUE WORLD’S TOP PERFORMERS

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LA PICCOLA BOTTEGA DEGLI ORRORI


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LA DIVINA COMMEDIA

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Ottobre

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PRISCILLA - LA REGINA DEL DESERTO

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Dicembre

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TOTEM - CIRQUE DU SOLEIL

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INTERVISTA

La danza è stata la mia compagna di vita

MAURIZIO TAMELLINI: DAI PALCHI PIÙ PRESTIGIOSI AI SOGNI NEL CASSETTO NON ANCORA REALIZZATI ché hai voluto raccontarti in questo volume? Si, tutta la mia vita ne è stata influenzata e mi accompagna ancora adesso e penso non mi lascerà mai. In fondo, la danza è una specie di malattia genetica, forse siamo persone destinate, siamo scelti o predisposti a questo. In questo mio primo libro sottolineo anche la strada difficile e impervia, fatta di sacrifici e soprattutto di rinunce, dalla vita privata agli affetti rapiti. Nonsola(mente)danza non vuole essere un libro sulla danza accademica o sulla danza in generale, ma una finestra sulla vita, un coinvolgimento in un lasso di tempo dove è scritto il cammino di una persona che ha creduto fermamente in quello che la vita 46 anni fa gli ha proposto. Cosa possiamo leggere in questo libro? Ci vuoi citare qualche personaggio che ne fa parte o qualche aneddoto? Certamente, gli aneddoti in queste pagine si possono trovare un po’ nascosti, spetta al lettore scovarli. Molti miei colleghi si ritroveranno nelle righe e nei 25 capitoli che ho scritto di proposito. Molti personaggi

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sono stati accennati, ma ognuno di loro ha contribuito alla realizzazione di un importante tassello di vita. Come mai hai scelto in copertina il Cubo di Rubik e non un danzatore, una sbarra o delle scarpe con le punte? Già…questa domanda è molto ricorrentemente e mi è stata fatta da molte persone. Ecco, il cubo di Rubik l’ho scelto, cioè mi si è presentato nella mente all’improvviso, una domenica mattina mentre stavo parlando con mia figlia Susanna. Erano giorni, se non settimane che cercavo qualche cosa di diverso, che non fosse legato diret-

© Anna La Naia

M

aurizio Tamellini, già ballerino della Scala, è autore del libro Non sola(mente) danza, che vede la prefazione dell’étoile Luciana Savignano. Il racconto appassionato e vero di un ragazzo semplice, della sua passione per la danza, della sua determinazione. Che lo ha portato a ballare con i più grandi, sui palchi più prestigiosi, sulle note più famose. Un viaggio nel mondo della danza per chi lo ama e lo vive, ma anche per chi ne è solo incuriosito, raccontato da chi lo ha vissuto in prima persona. Maurizio, un testo che parla della tua vita e che si lega a doppio filo a tutti i personaggi che hai incontrato. Da dove sei partito? Volevi da subito fare il danzatore? Diciamo subito che fare il danzatore non era veramente nei progetti della mia vita, anche se ero abbastanza adulto quando ho iniziato il mio primo “pliè “alla tenera età di 17 anni, meno qualche mese, a Verona, mia città natale. Sono partito in sordina, con una grande passione per la pittura e poi scoprendo quest’arte che mi ha cambiato veramente la vita, nella forma e nell’essere. Strana la vita e meravigliosa nel contempo, dove ci si rispecchia in personaggi da imitare e da raggiungere, da seguire e da osservare finché non si possiede una propria identità. La danza classica ha accompagnato tutta la tua vita, ma, come dice il titolo del libro…non sola(mente): per-


Pubbliredazionale

tamente alla danza. Ho cercato nei libri di danza, nei nuovi e vecchi manuali dove non ci fosse una foto di danza, macché… foto della danzatrice che presentava il libro, vecchi disegni di posizioni di danza ecc....e poi, volevo che questo libro, sempre che fossi stato in grado di stamparlo, non finisse nella biblioteca dedicato alla danza, ma in un posto qualunque dove tutti fossero curiosi e attratti a sfogliarlo. Il cubo rappresenta la mia vita, in bilico, in rotazione costante e le piccole finestrelle lasciate bianche e vuote ancora da riempire saranno una finestra sul lavoro e sulla vita. Oggi sono 46 anni di carriera artistica: secondo te, come è cambiato, se è cambiato, lo studio della danza? Gli anni volano e non ci accorgiamo apparentemente della dimensione del tempo, ma la vita va e il tempo, che è il padrone di tutto, ci ricorda e ci circonda di sensazioni bellissime. Pensare ad oltre 46 anni trascorsi e ricordarsi di come la danza sia evoluta, basta guardare i vecchi video e le locandine degli spettacoli che furono per accorgersi che molto, se non moltissimo è cambiato. I fisici soprattutto e la tecnica elevatissima, una grande facilità nell’eseguire i passi. I maestri, quelli veri, non improvvisati, che sanno stare dietro all’allievo e non davanti, che riescono a dimostrare che non solamente con il talento e le possibilità si può raggiungere grandi traguardi. Un tempo si cercava un interprete, adesso si cerca il tecnico. Non dico che sia sbagliato, ma manca l’anima, manca il sapere perché di un gesto, di una storia...Ora si guarda all’esteriorità, a chi riempie il teatro o i grandi spazi all’aperto, chi è di moda in quell’anno. Purtroppo, pochi artisti hanno qualcosa da dire ultimamente e ce li trovia-

mo, sempre gli stessi, dappertutto. È vero che la danza è sacrificio? Senza sacrificio niente si ottiene, soprattutto nell’arte della danza il sacrificio è enorme, sia fisico che intellettuale. Dobbiamo sempre essere all’altezza delle nostre aspettative per riuscire a farcela. Cosa può insegnare ai giovani la danza oggi? La danza insegna a essere disciplinati, diventare grandi in fretta ed essere consapevoli che l’arte non lascia spazio all’improvvisazione, che siamo coscienti di quello che abbiamo scelto. Essere danzatori è una scelta, non un lavoro, ma passione e cultura, bellezza e soprattutto gioia. In questa pandemia, cosa pensi possano fare i danzatori con i teatri chiusi? Per noi è stato veramente tragico, lo studio della danza deve essere fatto in sala. Posso dire che il contatto esiste, che fare la sbarra da soli va bene, ma solo al fine di scaldarsi prima di uno spettacolo, ogni danzatore conosce il proprio fisico, ma la realizzazione di uno spettacolo è fatto di partecipazione fisica per una vera compagnia. Ho visto ultimamente produzioni di balletti creati on -line. Diciamo

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che tutto è lecito e possibile, come le lezioni on-line. Penso che ci sia un limite ed una ragione a tutto. Non tutto giustifica .... Secondo te, come e quando i teatri potranno riaprire? Riapriranno tra poco, ma il senso del teatro, se prima era accennato, con questa pausa forzata sarà tutto diverso, molte cose saranno cancellate per la nostra salute e molte cose non avranno più senso, se il teatro lo intendiamo come è nato e come lo abbiamo concepito in questi anni. Tornassi indietro, ripercorreresti gli stessi passi? Qui andiamo in un campo minato dove si mette in gioco una vita. Ci ho riflettuto molto su questo, non so... l’alternativa però quale era? Cosa consigli a chi volesse intraprendere una carriera come la tua? Quanto contano il talento e quanto lo studio? Il consiglio che posso dare è che ognuno di noi ha un percorso e che bisogna seguire il proprio perché e il proprio cuore. Io l’ho seguito, mi è costato, mi ha reso felice, gratificato e tranquillamente responsabile. Ognuno di noi è un universo da scoprire. Dove possiamo acquistare il libro? Il libro si può acquistare su Amazon: in 2 giorni arriva a casa, facilissimo da reperire, da regalare, un libro che si legge a mio avviso in serenità. Un libro che può far pensare, che fa avvicinare le persone in questo nostro mondo un po’ fatato e per niente superficiale, vero e semplice. Un sogno di Maurizio Tamellini? Molti sogni, spero si avverino sia nella vita privata che nel lavoro: che i sogni nel cassetto che ho ben custodito mi possano ancora far sognare ancora a lungo. I sogni son desideri! • RS


IL COMPOSITORE

Incontriamo Simon Lee e

David Grindrod

UNA NUOVA RUBRICA CHE DÀ SPAZIO A VOCI AUTOREVOLI DEL PANORAMA INTERNAZIONALE DEL MUSICAL

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a un quarto di secolo, David Grindrod è il più importante Casting Director UK e del West End e, il Maestro Simon Lee, è tra i più riconosciuti Music Supervisor. Entrambi hanno lavorato, insieme o separati, a tantissimi progetti teatrali, musicali e cinematografici. Ricordiamo gli Show nel West End: Jesus Christ Superstar, Joseph and the Amazing Technicolor Dreamcoat, Evita (Edizione 2006), The Beautiful Game, The Woman in White, The Sound of Music, Love Never Dies ed ora, il nuovo Musical di Andrew Lloyd Webber’s Cinderella (debutto Primavera ‘21 – West End Londra). Simon e David hanno lavorato per alcune produzioni teatrali della English National Opera ed alla realizzazione delle produzioni dei Film di The Phantom of the Opera, Cats e Jesus Christ Superstar. Quando il Lockdown è entrato nelle nostre vite, per tanti artisti è iniziato un “malessere”. Abbandonati, defraudati, sbigottiti, in tanti hanno percepito una realtà che sta-

David Grindrod

va frantumando piccoli e grandi sogni. Insieme ci siamo sentiti sperduti, quasi perduti. Il mio primo pensiero è volato verso i ragazzi e immediatamente dopo, ai giovani performer, musicisti… cosa avrei potuto fare? Ho iniziato a collaborare con Astralmusic, Giordano Tittarelli e Simon Lee, collega e amico di vecchia data, alla neonata www.musiclife.live. Con Simon abbiamo riunito delle eccellenze artistiche e tecniche nell’Accademia Online Global Arts. Ringrazio Silvia Arosio e Daniele Colzani che ci hanno coinvolti e, onorati, condivideremo la rubrica dedicata a musicisti, direzione d’orchestra, script musicali e musical. LE AUDIZIONI Cosa servirà non appena potremo riempire nuovamente le piazze, i teatri, le sale concerti, i cinema e riconquisteremo i nostri spazi creativi e artistici? • David Grindrod - Casting Director UK e West End: ho iniziato come Casting Director alla fine degli anni ’90, ero Assistente Stage Manager nella Royal Shakespeare e successivamente Company/General Management nel West End. Andrew Lloyd Webber mi ha dato fiducia e iniziai a fare il Casting per la seconda compagnia del Musical Sunset Boulevard a Londra. Da allora continuo a fare i Casting per Andrew! Vent’anni fa nel West End, ho creato il mio Ufficio Casting, la David Grindrod

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CDG. Negli anni ho lavorato in tantissimi Musical, incluso “Mamma mia” che mi ha portato in giro per il mondo e ho fatto casting di numerosi Film. Trovare giovani talenti da proporre ai Team Creativi è molto interessante, intrigante e allo stesso tempo frustrante. La buona preparazione degli artisti è fondamentale per provare che i performer hanno la capacità e la formazione idonea per riuscire a fare otto spettacoli alla settimana. Una vera e propria maratona vocale. • Maestro Simon Lee: probabilmente, l’audizione è la parte più difficile di questo lavoro e se sei nuovo nell’ambiente, dovrai esibirti di fronte a completi sconosciuti e, molto probabilmente, avendo sentito pronunciare i loro nomi, conoscerai tutti i componenti seduti all’altro lato del tavolo. Non saprei dire quale, tra le due opzioni, sia la più complicata da affrontare e superare. In entrambi i casi, ti troverai in piedi di fronte a loro, metaforicamente nudo, “dicendo!” (cantando) “Voglio piacerti!”. La prima cosa importante da sapere e ricordare, è: l’audizione non è il vostro nemico, perché, è il suo esatto opposto. Loro, la commissione, vogliono che tu sia bravo/a, per essere la risposta alla loro domanda. Potresti essere proprio tu quello/a che stanno cercando! • Christine Grimandi: presentarsi sempre con rispetto e determinazione. Per migliorarsi, dovete comprendere i vostri limiti perchè possano essere supe-


di Cristine Grimandi

Cristine Grimandi e il maestro Simon Lee

rati. L’arte cerca differentemente ciascuno votato al mestiere. La regola: riconoscere le proprie qualità per costruire il proprio futuro artistico. COS’E’ IMPORTANTE? • Maestro Simon Lee: naturalmente troverete sempre salite e discese, ma non serve arrendersi... Con David Grindrod, affronteremo diversi argomenti nel Seminario di Giovedì, 21 gennaio 2021 Online su www. musiclife.live. Chi vuole fare il mestiere, dovrebbe prendere in seria considerazione questo appuntamento dove, insieme, chiariremo diversi punti e risponderemo alle vostre domande.” • Christine Grimandi: “Perfezionare costantemente il repertorio e arrivare all’audizione preparati! Gli insegnanti sono importanti, fondamentali, sono le guide perché con voi potranno condividere le esperienze, ma, soprattutto, avranno il compito di indirizzarvi verso “la VOSTRA luce”!”. • David Grindrod: quando mi chiedono qual è la magia che crea un protagonista, rispondo… il TALENTO!” IL RACCONTO DI CHRISTINE GRIMANDI Non smettere MAI di crederci!”: “Amavo uno spettacolo e da anni studiavo le musiche,

cantando quasi quotidianamente i suoi brani convinta che sarei stata l’interprete perfetta! Partecipai all’audizione in tre Stati differenti, in Francia, Olanda e infine Germania dove, la Casting Director, non appena uscii dall’aula, sorridendomi mi disse: “Non sei abbastanza

miserabile…!”. Rientrai a casa profondamente offesa da quelle parole, a mio parere, inopportune. Affranta, mi raggomitolai su un divano e piansi. Molto! Mi sentivo, mio malgrado, VERAMENTE “miserabile”. Tre giorni dopo mi alzai di buon’ora per prepararmi a un’altra audizione. Mi sforzai, ascoltando e riascoltando la musica dello spettacolo, ricercando in me, la perduta positività! Mi ero vestita dignitosamente, presi un taxi e infine, varcai “la soglia”. I componenti della commissione erano davanti a me, allineati, sorridenti. LORO, cercano gli artisti migliori e quando TU sei quel talento, diventi perfetto/a! Non ero stata abbastanza “miserabile” per Les Miserables, ma quel giorno incontrai, tra gli altri, David Grindrod che mi diede fiducia e il contratto per il Musical Sunset Boulevard! • RS

ONLINE FREE In compagnia di Silvia Arosio e i Docenti GLOBAL ARTS: • 18 Dicembre 2020 – “Dalla musica Classica, al Pop… al Jazz!” con Andrew Crowley Direttore artistico London Brass - Uno dei trombettisti di più di alto profilo al mondo che ha registrato centinaia di colonne sonore: Il Gladiatore, Harry Potter, 007… e ha suonato con Quincy Jones, Sir Paul McCartney, Peter Gabriel… e tanti altri, Andy Mc Glasson ha suonato con Lady Gaga, Beyonce, One Direction, Lionel Richie, Josh Groban, Seal, Dame Shirley Bassey, Michael Bublé, Jon Bon Jovi, Andrea Bocelli, Annie Lennox, Michael Bolton… e tanti altri (Drums) e il jazzista John G Smith MD di Hamilton e The Tina Turner Musical West End London (Compositore e Pianist). • 19 Dicembre 2020 – “Opera e Interpreti” con David Freeman Regista e Fondatore Opera Factory: ha inserito le tecniche di Peter Brook e Jerzy Grotowski nel dramma musicale, Manuela Ochakovski Soprano internazionale e Insegnante del “Portamento” e Marie Angel Soprano drammatico internazionale e Insegnante di canto. • 20 Dicembre 2020 – “Parliamo di Musica” con Simon Lee, Jonathan Hill Solista di fama internazionale, ha partecipato ad oltre 2.000 registrazioni - Concert Master delle più importanti orchestre, Andy Findon uno tra i musicisti più ascoltati al mondo, definito "Pearl Flutes International Artist", ha suonato, tra altri, con Stevie Wonder, Joni Mitchell, Tony Bennett e per i film 007, Lord Of The Rings, Star Wars, Harry Potter... e David Lee musicista strepitoso che ha lavorato con Sir Paul McCartney, George Michael, Vangelis, Henry Mancini, Jerry Goldsmith, Morricone, Andrew Lloyd Webber... – Horn. • 21 Dicembre 2020 – Lighting Designer: “La luce… la sua importanza” con Maurizio Montobbio Lighting Designer e Formatore in lighting design al C.F.P.T.S. di Parigi. Maurizio ha lavorato nei teatri più importanti al mondo e non solo!

• 1° SEMINARIO GLOBAL ARTS - Con David Grindrod e Simon Lee 21 gennaio 2021 – “Parliamo dell’Audizione: David e Simon vi aspettano Online e alla prossima… audizione!” - www.musiclife.live - Iscriviti e partecipa insieme a noi!

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LA TRUCCATRICE

Il trucco prostetico e gli

effetti cosmetici avanzati

IN VIAGGIO CON LA MAKE UP ARTIST ANGELA VALENTINO NEL MONDO DEL TRUCCO ARTISTICO

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na volta ci chiamavano Truccatori. Oggi siamo i MUA, ovvero i Make Up Artist. E’ una professione che richiede molte competenze. Non è cambiato solamente il nome della professione ma con il tempo anche il trucco stesso, in tutti gli ambiti: cinema, moda e teatro. Se in origine era qualcosa riservato alle alte classi sociali, nell’epoca moderna è diven-

tato un metodo per la donna di abbellirsi e affermare la propria femminilità Ma cosa fa realmente un make up artist soprattutto un truccatore artistico ed effettista? Manualità e creatività sono alla base di ogni professionista nel settore del trucco, che dovrà quindi diven-

Fantasy make up face off

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tare abile nel maneggiare i vari prodotti di make up ed ovviamente dovrà essere altrettanto abile nell’applicarli al volto del soggetto. Uno dei punti fondamentali di questa professione è il rispetto dei tempi assegnati, per esempio durante una sfilata di moda o durante la rappresentazione teatrale. Un truccatore deve essere in grado di interpretare il volto del soggetto, sviluppando per ognuno una tecnica ed una strategia precisa e personalizzata. Ogni volto è un mondo a sé, con caratteristiche fisionomiche differenti. Ovviamente questa era solo una piccola introduzione di quello che fa parte del mio lavoro ma vorrei approfondire in particolare quello degli effetti speciali e del trucco teatrale. Gli effetti speciali è un complesso percorso di tecniche o trucchi utilizzati in ambito scenico per creare un’illusione di realtà. Invecchiare un attore, piuttosto che renderlo somigliante ad un determinato personaggio, richiedendo competenze complesse. È un mestiere che presuppone approfondite


di Angela Valentino

BIOGRAFIA

• Angela Valentino una giovane

Gelatina per effetti speciali

conoscenze dei materiali, soprattutto quando parliamo di Make up Prostetico e delle cromie estetiche del viso in cui si interviene. Il trucco prostetico, ma chiamato anche protesi FX è il processo che viene usato per le protesi scolpite, stampate o fuse per creare effetti cosmetici avanzati. Ma come avviene la creazione di un make up prostetico?

scultura viene creato un secondo stampo. Tutta la creta viene rimossa e il materiale protesico versato nella cavità dello stamEsempio di gomma siliconica

LE FASI DEL MAKE UP PROSTETICO Il tutto inizia con il processo di lifecasting, che serve a produrre una copia tridimensionale di parti del corpo, quasi sempre il viso, da usare come base per scolpire le protesi. Per gli stampi lifecast si utilizza l’alginato, o negli ultimi tempi, la gomma siliconica. Lo stampo inizialmente è debole e flessibile infatti viene fatto uno stampo più solido sovrapponendolo a quello già esistente di gesso o bende in fibra di vetro. Una volta creato lo stampo negativo viene subito riempito di gesso, per fare quello positivo. La forma della protesi viene modellata in creta sopra a questo stampo. Completata la

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Make up artist italiana con una forte inclinazione per le arti del makeup. • La sua passione è iniziata con le arti dello spettacolo durante il liceo artistico. Laureata in Scenografia e costume per lo spettacolo all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano e diplomata in Truccatore artistico alla BCM Cosmetics di Milano. Successivamente, ha lavorato per diversi teatri, televisione , cinema e moda. • Ha vinto due premi come miglior truccatrice a Los Angeles e a New York. Ora vive da sei anni a New York.

po. Come materiale protesico si può usare il lattice, gelatina o silicone. Quando è asciutto, si può applicare e truccare. • RS


IL COSTUMISTA

Costumista o stilista?

“ Questo è il dilemma”

FEDERICO VERATTI RACCONTA LA STORIA E L'EVOLUZIONE DEL COSTUME TEATRALE

I

n un periodo di profonda crisi dove il teatro e moda si trovano in difficoltà, vorrei prendere in analisi due figure che rappresentano questi mondi dove riuscire a rendere la realtà impossibile è il primo scopo o come avrebbe potuto dire il grande Gigi Proietti: "Benvenuti a teatro. Dove tutto è finto ma niente è falso". Costumista e stilista riescono a raccontare e a descrivere una realtà “artistica”; due figure che possono sembrare molto simili, ma allo stesso

tempo diverse. Il primo con conoscenze di storia del costume, riesce a rappresentare attraverso tessuti e passamanerie il “carattere” del personaggio e a collocarlo in un dato periodo storico, lo stilista invece pone come obbiettivo il fare tendenza e vederne il futuro. Il processo creativo sempre coadiuvato da un gruppo indispensabile di persone, sarti, truccatori e parrucchieri

Bozzetti Missoni per Lucia di Lammeroor

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riescono a dare forma al bozzetto iniziale. Lo spettacolo necessità anche di queste persone qualificate per far sì che la resa sia ottimale. Non solo la figura del costumista si oc-


di Federico Veratti Abiti Versace per Josephlegende con Luciana Savignano

IL SOCIAL

Inquadra il QRcode e guarda il suo profilo Instagram cupa di creare per il teatro o il cinema, ma nel susseguirsi degli anni molti famosi stilisti e cotourier hanno preso parte alla creazione di tali spettacoli. Sin dalla fine dell’Ottocento come Mariano Fortuny che vestì le danzatrici come Eleonora Duse e Isadora Duncan, successivamente nel 1924 l’Alta Moda entra nel luogo teatro con Coco Chanel, che su invito di Sergej Diaghilev, disegna i costumi per Le Train Bleu di Cocteau. Questo episodio segna nel corso del XX secolo l’incontro sempre più assiduo tra teatro e moda. La famosa stilista Biki creò per la grandissima Maria Callas e successivamente negli anni ottanta la presenza di stilisti nelle sartoria teatrali aumenta sempre più. Gianni Versace per la Scala di Milano nel 1983 disegna gli abiti per Josephslegende con Luciana Savignano . Il teatro diventa un vero e proprio mezzo pubblicitario per la moda, riuscendo anche nel lancio di un profumo (Versace l’Homme) durante la rappresentazione di Don Pasquale diretta da Maurice Bejart al Piccolo di Milano nel 1983. Molti altri stilisti si susseguirono come Missoni

in Lucia di Lammermoor al Teatro alla Scala (Pavarotti e Luciana Serra), Roberto Capucci, Ungaro, Antonio Marras, Valentino, Giorgio Armani, Enrico Coveri e Alberta Ferretti per Carmen di Bizet alle Terme di Caracalla. Le sorelle Fendi riuscirono a portare pellicce in scena, come nella famosa scena de La Traviata con Raina Kabaivanska e il suo manto di pelliccia color rosa cipria.

BIOGRAFIA

• Federico Veratti, ex primo ballerino del Balletto di Milano, insegnante e coreografo freelance, dopo diversi anni nel mondo della danza, decide di specializzarsi in costume e sartoria teatrale. • Ha sempre avuto una passione per la moda e la storia del costume:questa è stato il via che lo ha spinto ad aprire una sua sartoria/ atelier. • Grazie alla possibilità offertagli da Carlo Pesta e Agnese Omodei Salè nel 2016 ho intrapreso la carriera da costumista, disegnando e dirigendo la sartoria per il SAAREMA OPERA FESTIVAL in Estonia e successivamente lavorando per teatri, privati e case di moda.

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Oggi potremmo paragonare una serata a teatro come una “storia su Instagram“, un‘imperdibile luogo dove sfoggiare le nuove tendenze. Un grandissimo patrimonio realizzato da mani esperte che ancora oggi sono lo staff di sartorie teatrali italiane, che oltre a realizzare, custodiscono. grandi archivi si trovano presso le sartorie Tirelli, Cerratelli, Annamode e tante altre. La tradizione della confezione e l’intramontabile fascino del made in italy che tutti cercano di accaparrarsi tranne noi italiani. Perchè? Domanda che purtroppo non trova risposta e credo che non ci sia momento migliore per tornare ad amare il proprio paese guardando al futuro e ricordandosi il passato. Vorrei chiudere con una domanda tratta dallo scritto di Bruna Niccoli : “Come definire effimeri questi artefatti che, da un secolo all’altro, evocano emozioni, feticci quasi simbolici dell’arte scenica, sopravvissuti a insostituibile memoria storica e visiva del grande spettacolo?”. • RS


LO SCENOGRAFO

L’ eterno Gigi Proietti e il Globe Theatre

IL PRODUCTION DESIGNER E "ARCHITETTO DELL'EFFIMERO" RACCONTA IL SUO LAVORO

I

n questo funesto 2020 purtroppo le notizie oscure di si susseguono, tra cui la perdita di Gigi Proietti, uno dei più grandi attori teatrali e per noi romani una persona molto vicina... Rispecchiava i nostri usi e costumi quotidiani e li esportava nella fantastica macchina teatrale, cinematografica e televisiva con la sua semplicità e immediatezza! Le sue performance note a tutti, hanno creato emozione e momento di fantastica ilarità e felicità nelle nostre vite e continueranno ad essere presenti per molto tempo, solo come i grandi attori immortali sanno fare... Grazie a lui e alla fondazione Silvano Toti è stato costruito e riprodotto il Globe Theatre nella fantastica cornice di Villa borghese a Roma, nel 2003, proprio nella ricorrenza dei suoi 100 anni come

parco cittadino. Questo spazio culturale che offre la possibilità di vivere emozioni, diventerà Gigi Proietti Globe Theatre. Il primo di questi famosi teatri fu costruito a Londra nel periodo Elisabettiano insieme ad altri fantastici edifici teatrali. Era a forma di O con una capienza di 3200 persone, per i posti in piedi a ridosso del palco nella parte centrale, il costo era di 1 penny e di 2 per i posti a sedere nelle tre gallerie, altri edifici di quel periodo erano a pianta quadrata, circolare e a forma di uovo, le pareti laterali avevano una specie di tetto ricoperto di paglia. Questi edifici costruiti prima in legno e poi in muratura, era costellati di decorazioni, colonne, stucchi, pitture,

sculture e le entrate potevano essere presenti sulla facciata principale e nelle parti laterali. Tornando al Globe Theatre costruito a Londra nel 1599 dalla compagnia teatrale Lord Chamberlain’s Men a cui apparteneva William Shakespeare, oltre alla struttura in legno come dicevamo a forma ottagonale, il teatro aveva un’apertura centrale per far entrare la luce naturale. Gli spettacoli iniziavano di giorno e duravano fino a sera inoltrata, gli interpreti erano sempre di sesso maschile per-

TRA I SUOI LAVORI

• Assistente Scenografo: 2000 teatro Buonanotte Mamma regia L. Salveti; 2001 teatro Otello regia G. Del Monaco; 2002 teatro Tancredi regia M. Gasparon; 2003 teatro Proserpine regia M. Gasparon; 2003 teatro Orfeo regia M. Gasparon; 2015 teatro Una coppia in provetta regia G. Corsi; • Scenografo: 2006 Premiere del film animato The Wild (Disney), 2017 Design Area Kids Family Hotels, 2018 teatro Romeo e Giulietta regia M. Iacopini. 2019 teatro La leggenda di Thor regia A. Ronga

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di Antonello Risati

IL VIDEO

Inquadra il QRcode e guarda i suoi lavori

ché fino al 1660 alle donne era vietato comparire sulle scene, si usavano delle pericolosissime torce che potevano provocare incendi, infatti proprio un incendio lo distrusse a causa di una palla di cannone sparata

durante uno spettacolo era il 29 giugno del 1613. Purtroppo l’originale teatro non ebbe una vita lunga, fu ricostruito nel mese di giugno del 1614 e poi chiuso nel 1642, infine demolito due anni

Bozzetto per Otello di W. Shakespeare

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dopo. Insomma una triste storia avvolge la magia di questo famoso teatro, ma nel 1997 fu ricostruito il Globe Theatre nelle vicinanze dell’originale. Come abbiamo visto a Roma e a Londra, sono stati ricreati due spazi per far rivivere la magia del teatro e delle grandi opere di William Shakespeare. In attesa che tutto ripartirà e che finalmente una nuova luce si cominci a vedere alla fine di questo lungo tunnel, non ci abbattiamo e cerchiamo di pensare alle stupende serate che ci aspetteranno proprio in questi fantastici teatri! Alla prossima..... • RS


LA COREOGRAFA

Il balletto che "Ci manca", specchio della realtà

AGNESE OMODEI SALÈ E IL SUO PROGETTO NATO DURANTE I DIFFICILI GIORNI DEL LOCKDOWN

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a danza è entrata nella mia vita prestissimo. È una storia, forse come tante, di una bambina piccolissima che muove i suoi primi passi in una scuola di danza e una madre, melomane e ballettomane, che trasmette la sua passione ai propri figli portandoli a teatro già da bambini, nutrendoli anche di arte e bellezza. Avevo dieci anni quando al Teatro alla Scala vidi per la prima volta Giselle con la superlativa coppia Margot Fonteyn / Rudolf Nureyev: fu una folgorazione! Trascorrevo pomeriggi interi danzando, interpretando, trascinando spesso fratelli ed amici nel mio universo creativo e dedicandomi allo studio del pianoforte. Poi la professione, il privilegio di trasformare la passione nel proprio lavoro

e la fortuna di esercitarlo come danzatrice con grandi artisti e coreografi. Dal palcoscenico al dietro le quinte il passo è breve e arrivano le prime creazioni per la lirica e tanti progetti, soprattutto per il Balletto di Milano che dirigo con mio marito Carlo Pesta. Sono nati balletti, coreografie per serate di gala o per eventi speciali ma, in questo 2020 che nessuno di noi dimenticherà, mi sono ritrovata a dover percorrere un diverso processo creativo, esplorando per la prima volta il mondo della video creazione coreografica, per di più a distanza. Era un giorno qualunque di aprile, in piena emergenza Covid-19 e i ragazzi della Compagnia erano sparsi per l’Italia poiché avevano raggiunto le fa-

Alcuni frame estrapolati dal video Ci manca

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miglie rimanendo poi bloccati dal lockdown. Lontani tra loro, ma tutti accomunati da mille sensazioni: paura e rabbia, tristezza e agitazione per l’incertezza sul futuro. E tanta nostalgia, per tutto ciò che dall’oggi al domani era venuto a mancare. L’idea di riuscire in qualche modo ad esprimere tutto questo ha pian piano preso forma, partendo dall’osservazione dello spazio e cercando di visualizzare ciò che potevo solo imma-


di Agnese Omodei Salè

BIOGRAFIA

• Dopo il diploma in danza classica presso Istituto Civico Musicale Brera e si è perfezionata in varie tecniche con professeur di fama mondiale tra cui R. Hightower, C. Zingarelli, M. Popescu, E. Villella, M. Mattox, T. Beatty. Ha iniziato la carriera professionale nel 1978 e ha fatto parte di importanti corpi di ballo (Teatro alla Scala, Arena di Verona, Teatro Comunale di Bologna) dove ha ricoperto anche ruoli solistici e dove ha avuto modo di lavorare con grandi coreografi e interpreti. • Ha preso parte a numerose produzioni liriche nonché produzioni di danza contemporanea, trasmissioni televisive di successo, convention, pubblicità e sfilate per importanti aziende. Direttrice, maître e coreografa del Balletto di Milano per la Compagnia ha creato numerose coreografie tra cui i balletti Verdi in Danza, rappresentato con successo in Italia, Marocco, Estonia e Lettonia e Carmen. Ha inoltre al suo attivo numerose collaborazioni per i balletti in ambito lirico anche per importanti festival internazionali come La Perla (Pfäffikon, Svizzera), Saaremaa Opera Festival (Estonia), nonché per serate di gala, convention e spettacoli per ragazzi. • Nel 2017 ha firmato le coreografie per La Vedova Allegra prodotta dall’Orchestra Filarmonica del Marocco a Rabat. È spesso invitata in commissioni di concorsi di danza, giurie, incontri e convegni. è direttore di redazione del periodico tuttoDanza e cura progetti ed iniziative dedicate alla danza.

ginare (e non sperimentare) a livello coreografico. In generale nei miei lavori mi interessa molto l’aspetto introspettivo ed emozionale ed ho subito pensato a Tchaikovsky, compositore in cui mi ritrovo. “Valse sentimentale” esprimeva esattamente ciò che avevo in mente, dalla tristezza perché chiusi tra le mura, alla felicità nel pensare ad una corsa in libertà danzando nella natura, alla nostalgia legata al quotidiano. Creato lo storyboard, ventiquattro scene in poco meno di

cinque minuti di musica, il mio primo progetto video era al via. Accolta l’idea con entusiasmo e nonostante tutta la limitazione dei mezzi a disposizione, i ragazzi hanno cercato di seguire le indicazioni sulla storia, le riprese da realizzare, le sensazioni da esternare in un intreccio tra passi di danza, azioni quotidiane e brevi coreografie su tempi musicali ben precisi. Pur non avendo idea dei vari contesti ho suggerito la cura delle ambientazioni, abbigliamento, trucco e i loro familiari

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sono diventati i nostri operatori video nel rispetto del “io resto a casa”. Ho voluto realizzare in prima persona anche taglio e montaggio, poi perfezionati da un esperto, guardando, selezionando e memorizzando quasi ogni singolo fotogramma degli oltre 100 video ricevuti. “Ci manca”, oggi nuovamente specchio della realtà che stiamo vivendo, ha registrato oltre 50.000 visualizzazioni nel mondo ed è solo una piccola testimonianza di come si possa, quando la tristezza prende il sopravvento, cercare di essere felici anche se si è costretti a restare a casa e interrompere ogni contatto sociale. • RS

IL VIDEO

Inquadra il QRcode e guarda il progetto Ci manca


IL FOTOGRAFO

I segreti per fotografare la danza e i ballerini

"LA DANZA È LA CREAZIONE DI UNA SCULTURA CHE È VISIBILE SOLO PER UN MOMENTO": IL MIO COMPITO CONSISTE NEL CATTURARLO IN UNA FOTOGRAFIA , RENDENDOLO ETERNO

M

i chiamo Fabio Bellinzoni e sono un fotografo di balletto. Sono fotografo da diversi anni e come tutti ho cominciato occupandomi di matrimoni per poi specializzarmi nella fotografia di danza abbandonando totalmente l'ambiente dei fiori d'arancio. Ritrovatomi quasi per caso, ho fatto di questa passione la mia attività. Inizialmente immortalavo i saggi delle scuole locali per poi raggiungere, dal punto di vista lavorativo, il più importante dei miei traguardi: essere il fotografo ufficiale dell'Accademia Ucraina di Balletto di Milano, ruolo che tuttora ricopro e che per me è fonte di grande orgoglio. Le prime sette scuole di danza, di cui curavo la parte fotografica, alla fine del primo

anno sono diventate quasi 30 e, ad oggi il numero complessivo sfiora i 60. Tutto questo non è merito mio, ma dello studio costante quasi frenetico della danza classica e dell'ambiente che la circonda, dei sacrifici, delle ore passate nelle sale di ballo ad osservare ed imparare, della sempre presente voglia di migliorarsi . La fotografia di balletto è un genere un po' a sé, che evade dai più comuni canoni legati a questo mondo; lo scopo principale non è ottenere una "bella foto" ma bensì una "foto corretta" immortalando la ballerina il ballerino nelle giuste posizioni e movimenti; un arabesque perfetto in esibizione deve essere altrettanto perfetto nella fotografia che lo ritrae.

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Come ho anticipato, lo studio della danza classica è fondamentale al fine di ottenere una giusta fotografia: io stesso ho preso lezioni di danza classica per un anno con lo scopo di ampliare al massimo il mio bagaglio culturale, imparando le terminologie, i nomi dei passi, riuscendo a capire quando è il momento giusto per scattare una foto durante uno spettacolo . In questa rubrica parlerò del mio percorso professionale, dei progetti futuri e mi soffermerò sul fornire, di volta in volta, qualche consiglio utile ad ogni lettore che avrà intenzione di intraprendere questa faticosa ma infinitamente soddisfacente carriera fotografica. Il primo consiglio è quello di specializzarsi. La fotografia di balletto è un genere che richiede un numero indefinito di ore di studio e di conseguenza, per poter ottenere un risultato ottimale, bisogna concentrarsi solo ed esclusivamente su di essa, abbandonando altre tipologie di settore come, per esempio, quella di matrimonio. I primi tempi mi ricordo che, dal punto vista logistico, la mia


di Fabio Bellinzoni

IL SOCIAL

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vita lavorativa era un disastro; mi ritrovavo a dover gestire matrimoni e spettacoli a tempo con date che si sovrapponevano, appuntamenti con sposi o wedding planner rimandati più volte, commissionare ad altri colleghi dei servizi che avrei potuto seguire tranquillamente io, fotografare un matrimonio al mattino e "catapultarmi" in un teatro la sera per poi fare un altro matrimonio. Il giorno dopo, mi-

lioni di immagini da sistemare che mi portavano costantemente ad un fastidiosissimo ritardo nelle consegne; ero arrivato al punto che l'uno logorava l'altro e viceversa, prendendo quindi la decisione di abbandonare il settore del wedding. Una volta che si intraprende questo percorso lo si fa a 360 gradi, mantenendo uno studio quotidiano costante proprio come fanno i ballerini, consapevoli che non sarà tutto

all'acqua di rose e le porte in faccia saranno tante, soprattutto all'inizio. Ricordo che uno dei miei primi lavori non era stato per niente apprezzato e fu cestinato. L'insegnante che mi aveva commissionato il servizio, comunque, era stata molto gentile regalandomi un consiglio che tutt'oggi è per me la base di tutto: "Queste sono bellissime foto! I colori belli accesi! Il bianco e nero mi ha colpito perché molto forte, di impatto! Però sono bellissimi scatti, se visti con un occhio da fotografo; da ballerina ti dico che sono tutte completamente sbagliate, quindi non vanno bene". Per fotografare la danza bisogna ragionare prima da ballerini, poi da fotografi. • RS

Gli scatti sono tratti dal Gran Gala della Danza di Accademia Ucraina di Balletto in scena all'Ecoteatro

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IL DOPPIATORE

Tutte le emozioni

che regala la voce

NOEMI GARBO RACCONTA LA SUA ESPERIENZA DEL MONDO DEL DOPPIAGGIO

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ara Silvia e cari lettori di Riflettori su...magazine, prima di tutto Vi ringrazio per l’attenzione e per la bellissima opportunità di raccontare in questo prestigioso spazio una parte importantate di ciò che faccio nella vita, un lavoro che ha origine dal mio amore per lo spettacolo e da una necessità specifica: acquisire gli strumenti per esprimere e comunicare a mio modo ciò che sono, la mia storia, ciò che provo, le mie esperienze, attraverso un veicolo potentissimo e straordinario, ovvero la Voce. Con questo intento, nel 2007, mentre frequentavo l’università e lezioni private di canto, decisi di iscrivermi a un corso professionale triennale, dove imparai i primi rudimenti di recitazione e doppiaggio, che ho poi continuato ad approfondire e a sviluppare con altri corsi,

laboratori, seminari e stage di speakeraggio, recitazione, canto e, soprattutto, in seguito attraverso l’esperienza lavorativa e lo studio continuo. L’esigenza principale per me era inizialmente vincere una forma di timidezza che mi contraddistingue ancora oggi e “pulire” la mia parlata, ma con l’esercizio empirico, la costanza dello studio e molto lavoro su me stessa, tutto ciò è sfociato nella professione che sognavo. Nel tempo, infatti le competenze acquisite durante la formazione dedicata al doppiaggio si sono rivelate fondamentali e complementari insieme al canto e alla recitazione teatrale, diventando un tutt’uno per ciò che faccio e che sono. Durante

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tutti questi anni la mia attenzione e le mie energie si sono maggiormente concentrate e incanalate verso lo spettacolo dal vivo, ma, sebbene in maniera meno evidente, non ho mai smesso di lavorare alla realizzazione di prodotti audio, quali speakeraggi per jingle e spot TV e radiofonici, per documentari, audioracconti, audiopoesie e audiolibri: un corollario di produzioni che si diramano e hanno origine dal doppiaggio “puro” (quello specializzato a dar voce a innumerevoli personaggi di film, serie TV, cartoni animati e videogiochi, per intenderci). Il doppiaggio è un mondo particolarissimo, ricco di incredibili sfumature e sfaccettature, che dà spazio a tantissime varietà di lavoro con la Voce, nelle sue variegate modalità di espressione, parlata e cantata; si tratta di una disciplina specializzata nel trasmettere sentimenti, emozioni, stati d’animo, interi vissuti, sottili messaggi al di là e oltre le parole pronunciate, assaporate nella bellezza del loro suono, per mezzo di potenti vibrazioni, fisiche ed emotive insieme. La


di Noemi Garbo

Voce è infatti per me un universo affascinante, sorprendente e prezioso, che non si finisce mai di scoprire...come una magia potente che non smetterò mai di esplorare. In questo periodo molto particolare che stiamo attraversando, ho avuto la fortuna di potermi dedicare ad alcuni lavori audio grazie all’attrezzatura che nel tempo mi sono procurata per allestire un home-studio, con cui ho registrato le tracce con la mia voce, che ho poi inviato ai rispettivi studi, dove i tecnici hanno curato la pulizia del suono e il mixaggio. In particolare ho a cuore le fiabe animate realizzate per RSI, Radiotelevisione Svizzera Italiana, e un audiolibro fresco fresco di pubblicazione, prodotto da BeAudiCast – Audiolibri: due lavori molto significativi per me, sia per il contenuto e il prestigio intrinseco sia per il modo e il momento in cui sono arrivati, come segnali importanti. Il libro a cui ho prestato la mia voce si intitola: Anatomia della guarigione. I sette principi della medicina integrata. scritto dalla Dottoressa Psichiatra e psicoterapeuta Erica Francesca Poli ed edito da Anima Edizioni. Devo rivelare che questa è stata per me una grande prova, perché è stata la mia prima esperienza di audiolibro quasi completamente con la mia sola voce: dico quasi, perché arricchito di alcuni cameo vocali del bravissimo Fabio Giua, produttore di BeAudiCast e curatore dell’audiolibro. Sono solita riconoscere che tutte le mie esperienze lavorative mi insegnano o mi hanno insegnato qualcosa di importante (nel bene e nel male) e sono grata per la bellezza di questa opportunità, occasione di crescita a livello sia professionale sia personale, grazie ai contenuti del testo originale. Per citare lo stesso Fabio: “Quando il libro originale con-

tiene così tanta magia, il lavoro va curato al meglio perché la stessa magia rimanga intatta”, una grande responsabilità che mi ha accompagnata lungo le circa 400 meravigliose pagine di questo volume, sperando di essere riuscita a mantenere l’intenzione dell’autrice. Attraverso riflessioni, esempi e casi reali incontrati durante il suo percorso formativo e professionale, la Dottoressa racconta e fornisce risposte scientifiche sull’importanza delle sinergie dell’unità psiche-soma. Il corpo, la mente e la parte più complessa da spiegare, riconosciuta come “anima”, “energia vitale”, sono uniti in un’interazione tanto potente da essere in grado di migliorare la vita quotidiana di ciascuno e, in numerosi casi, di determinare la guarigione completa anche

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da patologie gravi, per mezzo di terapie di medicina integrata affiancate alla medicina tradizionale. Corpo e cervello parlano fra loro attraverso le emozioni e si influenzano reciprocamente, nella salute come nella malattia. Questa convinzione, già ben chiara nei saperi delle antiche medicine, che collegavano la sfera spirituale a quella fisica, trova oggi fondamento nelle scienze più innovative e appurate. L’audiolibro è disponibile su numerosi store digitali, quali Il giardino dei libri, Google, Storytel, ilnarratore.com e molti altri. E adesso? Tante belle novità bollono in pentola... ma ogni cosa a suo tempo, ora sto nel presente e mi godo la sua bellezza. • RS


INTERVISTA

Le Stage Sisters e

la loro voce al quadrato ELISA CIPRO E VALENTINI GARAVINI RACCONTANO LA LORO ESPERIENZA ARTISTICA

S

tage Sisters è un duo artistico, due cantanti e attrici, che sono riuscite a fare della loro passione un lavoro, dopo studi ed esperienze hanno poi deciso di trasferirsi all’estero. Loro sono Elisa Cipro che attualmente si esibisce a Londra e Valentina Garavini che invece si esibisce in Germania Come vi siete conosciute? Noi siamo Valentina Garavini ed Elisa Cipro, ci siamo incontrate nel 2013 e da allora abbiamo formato un duo di musical comedy, un po’ in stile Stanlio e Ollio e che abbiamo chiamato Stage Sisters. Ci siamo esibi-

te fin da subito e tutte le nostre performances hanno una forte impronta delle nostre personalità e della nostra unione: cioè come siamo sul palco siamo anche dietro le quinte, anche se... la vera protagonista del Duo è la nostra Voce al quadrato. Perchè avete scelto di trasferirvi all’estero? Non è stata esattamente una scelta ma piu una necessità lavorativa. Negli ultimi anni le nostre strade si erano separate, ma non artisticamente, trovando nelle nuove destinazioni nuovi spunti e nuovi stimoli. All’inizio di questo 2020 abbiamo quindi

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deciso di continuare a far vivere il duo contaminandolo con le nuove esperienze. Come è stato il vostro lockdown? Qual'è stata e la vostra evoluzione? Il lockdown è stato un imprevisto per tutti. Noi abbiamo approfittato del momento difficile per continuare la nostra passione ed abbiamo creato, assieme ad altri colleghi, spettacoli che abbiamo portato in scena quest’estate e che hanno dato ottimi risultati. Viaggiare spesso fra l’Italia e il Paese che ora è la nostra nuova casa non ci è pesato poi tanto.. soprattut-


di Silvia Arosio

to perché si trattava di lavoro. Poi il secondo lockdown...Beh, come si dice, piove sempre sul bagnato.. ma noi abbiamo deciso di lavorare con le piattaforme online, che sono gli strumenti più innovativi. Costruiamo momenti di intrattenimento mettendo insieme colleghi con diverse arti, spaziando da performance cantate, musicali, letture e anche linguaggio dei segni per non udenti. Vorremmo in futuro creare dinner shows arricchendoli con circus acts. Il variety show è ciò in cui siamo specializzate grazie anche alle esperienze all’estero. Inoltre cerchiamo di trasmettere il nostro bagaglio artistico alle nuove leve con collaborazioni e lezioni private o di gruppo. La nostra risposta È stato un momento molto difficile e lo è tutt’ora. Per noi artisti all’estero essere Italiani è un vanto. Essere artisti in Italia significa spesso avere difficoltà economiche perché il Bel Paese non ci sostiene. Ecco perché poi tanti artisti, bravi artisti, si trasferiscono all’estero. In molti Paesi la nostra cultura è graditissima e la nostra arte riconosciu-

ta e pagata. È dunque possibile vivere essendo artisti sia in Germania che a Londra. In Germania ed in Regno Unito il governo ha dato un aiuto ai lavoratori rimasti senza stipendio/introiti e quindi anche agli artisti perché egualmente considerati. La cosa importante è ovviamente essere regolari e questo, come sappiamo, è un aspetto un po’ scottante per l‘Italia. Un lavoratore che non paga le tasse non dovrebbe avere pretese bensì dovrebbe quanto prima adoperarsi per fare sì che il proprio lavoro assuma un aspetto burocratico più digni-

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toso e rassicurante. Sappiamo anche che questa è una problematica complessa che non riguarda solo il singolo artista. L’italia ci manca, ma noi la portiamo sempre nel cuore e per entrambe è motivo di lustro. Tante delle nostre esibizioni sono in lingua italiana, sia i britannici che i tedeschi stimano la nostra musica anche se le canzoni sono quasi sempre quelle del passato ma a loro non importa. Per noi è sempre un immenso piacere vedere l'entusiasmo e la gioia che la nostra cultura porta nel mondo. • RS


PAROLE D'ARTISTA

Avida Dollars

e l’immagine multipla NELLE SUE OPERE, IL PITTORE SPAGNOLO, RIUSCIVA A FARCI VEDERE DIPINTI UNA DOPPIA FIGURA

Swans Reflecting Elephants (Cigni che riflettono elefanti), 1937

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uesta nuova rubrica tratterà di artisti in modo diverso, attraverso le loro parole e la loro arte, vedremo come venivano visti dai propri contemporanei e come vivevano il presente, quindi sarà un po’ come vivere nel loro stesso attimo la magia della loro arte! Cominciamo questo mese con Avida Dollars o come e’ più conosciuto da tutti con il nome di Salvador Dalí, il simpatico soprannome anagramma gli è stato dato da André Breton, poeta francese e teorico del surrealismo: corrente artistica di cui faceva parte Dalí. Proprio lo stesso Breton lo bandi dal gruppo per la sua

bramosia di successo, anche se poi a dirla tutta, l’arte la fanno gli artisti non le correnti artistiche. A Dali invece quello che dava fastidio di Breton, era l’impostazione politica, per lui era “un cancro che rodeva la poesia”. Salvador si doveva sentire libero di esprimere la propria arte senza vincoli di alcun genere. Questo si evidenzia nell’immagine multipla, attraverso la sua arte sopraffina, potrei azzardare rinascimentale, riusciva a farci vedere nei suoi dipinti una doppia figura, a volte più celata altre più evidente! Lui

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lo spiegava così: “secondo un metodo nettamente paranoico è stato possibile ottenere un’immagine doppia, in altre parole la rappresentazione di un altro oggetto assolutamente diverso che, senza la minima modificazione figurativa e


di Antonello Risati

anatomica, sia al tempo stesso la rappresentazione di un altro oggetto assolutamente differente.” Tramite la sua arte e il suo metodo paranoico critico, riusciva a trasformare dei cigni che riflettevano elefanti o un viso di donna in un villaggio come nell’opera “faccia paranoica”. Un altro simpatico aneddoto che ci riporta ai suoi famosi orologi molli lo leggeremo direttamente dalle sue parole: “il giorno in cui decisi di dipingere degli orologi, li dipinsi molli. Ciò avvenne in una sera in cui ero stanco. Avevo l’emicrania, il che mi accade raramente. Volevamo andare al cinema con alcuni amici e all’ultimo momento decisi di restare a casa. Gala uscì con loro, mentre io mi coricai presto. Avevamo concluso la nostra cena con un camembert eccezionale e, allorché fui solo, rimasi ancora per un momento seduto a tavola pensando ai problemi che mi poneva il “supermolle” di questo formaggio. Mi alzai e mi recai nel mio studio, per gettare un ultimo sguardo al mio lavoro, come era mia abitudine. Il quadro a cui stavo lavorando raffigu-

La persistenza della memoria, (Gli orologi molli), 1931

rava un paesaggio nei dintorni di Port Lligat, le cui rocce sembravano illuminate dalla luce trasparente del crepuscolo. In primo piano avevo dipinto un ulivo, dei rami tagliati e senza foglie. Questo paesaggio doveva servire di sfondo ad una nuova idea, ma quale? Cercavo un’immagine sorprendente, ma non riuscivo a trovarla. Spensi la luce, e uscii dalla stanza e in quel preciso momento “vidi” letteralmente la soluzione: due orologi molli, uno dei quali pietosamente appeso a un

ramo dell’ulivo. Malgrado l’emicrania, preparai la mia tavolozza e mi misi all’opera. Due ore dopo, allorché Gala tornò dal cinema, il quadro, che sarebbe diventato una delle mie tele più famose, era finito…” Il quotidiano influenza gli artisti come l’arte influenza la nostra vita di tutti i giorni! Alla scoperta di nuove parole di artisti, che ci faranno capire e vivere al meglio come nasce un’opera d’arte e quali sono i suoi segreti! Alla prossima! • RS

Visage paranoïaque (Rostro paranoico), 1935

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PERSONAGGI

Da sarto di vesti sacre a profumiere

LA STORIA DI FILIPPO SORCINELLI: DAL BORGO DI MONDOLFO AL MONDO DELL'ARTE A 360 GRADI

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n viaggio attraverso la spiritualità e l’armonia, nella costante e audace ricerca della bellezza. È questa la sintesi del percorso di vita e professionale di Filippo Sorcinelli, artista a 360°, ma anche imprenditore che da quasi 20 anni propone un nuovo concetto di bellezza, una contaminazione tra le arti e uno stile di vita che abbraccia diversi aspetti della contemporaneità. Nel 2001 fonda l’atelier di vesti sacre LAVS, arrivando a vestire i papi Benedetto XVI e Francesco, e nel 2013 nasce UNUM casa di profumi d’arte. Da sempre coltiva le sue passioni: la musica, suonando l’organo a livello internazionale, l’arte, la fotografia. Filippo Sorcinelli è un marchio di lifestyle, è un mondo da scoprire, è una contaminazione tra le arti che ha trovato nel profumo la sua sintesi. Ma dove ha origine e come si alimenta questo percorso e personalità unici?

A Mondolfo, borgo incantato nella provincia di Pesaro Urbino, Filippo Sorcinelli nasce nel 1975. All’età di 5 anni nella chiesa del paese, tra l’odore di incenso - che sarà poi una costante dei suoi profumi - e i paramenti sacri che sbircia in sacrestia, nasce la sua fascinazione per il sacro. Dalla zia sarta invece, inizia ad osservare e ad apprendere l’arte della sartoria e del ricamo. Più tardi sceglie l’arte anche nel suo percorso

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di studi e, dopo la Licenza di Maestro d’Arte e la maturità di Arte Applicate, si diploma al Conservatorio Rossini di Pesaro perfezionandosi al Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma e diventando nel corso degli anni, organista titolare presso le cattedrali di Fano, Rimini e San Benedetto del Tronto, e particolarmente apprezzato a livello internazionale per le sue capacità di improvvisazione all’organo. Disciplina ferrea, all’interno della quale si esprime la libertà, è questo il segreto di Filippo Sorcinelli, simboleggiato


di Daniele Colzani

IL SOCIAL

Inquadra il QRcode e guarda il suo profilo Instagram anche dai tatuaggi che solcano il suo corpo e che tracciano linee rette come la coerenza del suo percorso. ATELIER LAVS Filippo Sorcinelli nel 2001 ha realizzato la sua prima casula per un amico che doveva prendere i voti. Il desiderio di fare un regalo significativo ad un amico, ma anche la voglia di sperimentare un territorio inesplorato, insieme all’aiuto della zia e della sorella sarte e a un lavoro incessante durato mesi, hanno dato vita alla prima opera di LAVS, acronimo di Laboratorio Atelier Vesti Sacre, ma anche Lode, in latino, che l’uomo rende a Dio attraverso l’opera delle proprie mani. L’atelier, con sede a Santarcangelo di Romagna, si occupa dello studio, della progettazione e della realizzazione di vesti sacre, di suppellettili ed accessori per la sacra liturgia cattolica e in pochi anni è diventato un riferimento nel settore sia in Italia che all’estero, tenendo costanti rapporti con gran parte delle diocesi e lavorando in stretta collaborazione con l’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice. Sue opere sono state realizzate per la mostra Saint

Jérome di Georges de La Tour, organizzata nel 2013 dal Musée Départemental Georges de La Tour e il Coseil Géneral de la Moselle in collaborazione con il Louvre di Parigi. E sempre nel 2013 gli viene affidato il compito della ricostruzione dei paramenti sacri in occasione della Ricognizione delle spoglie di Papa Celestino V a L’Aquila. I PROFUMI Dalle vesti sacre ai profumi il passo è stato breve, perché Filippo Sorcinelli decide di profumare le confezioni che custodiscono i paramenti sacri al momento di essere spedite e così nel 2013 nasce il marchio Filippo Sorcinelli con la prima collezione olfattiva: UNUM.

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Anche questo termine, che significa “unico”, viene preso dal credo cattolico, volendo esemplificare l’unicità del viaggio di Sorcinelli intenso e sincero, sofferto e spirituale, la sua storia raccontata attraverso le essenze, per regalare un’esperienza sensoriale completa. Nascono tante fragranze in questi anni, che traggono ispirazione delle esperienze, dai sentimenti, dagli incontri di Filippo, una su tutte Io_non_ ho_mani_che_mi_accarezzino_il_volto che celebra uno dei fotografi italiani più importanti del XX secolo, Mario Giacomelli. Ultima creazione è Scusami _“non dimenticarti di chiedere perdono”, che riflette la società attuale che interpreta


l’atto di chiedere scusa come un segno di debolezza, ma che invece in questa fragranza si esprime potentemente come simbolo di dignità e miglioramento individuale. ARTE E NON SOLO… Filippo Sorcinelli nel suo percorso artistico è sempre partito dal presupposto che l’arte si misura con le emozioni che fanno parte della nostra esistenza e che, attraverso i cinque sensi, aprono le porte alla liberà. Per questo non si è limitato a dipingere o a fotografare, ma ha sentito l’esigenza di fare di più e di mettere in relazione e dialogo le varie esperienze sensoriali, attraverso la musica, i profumi, la moda, ma non solo.

Nel 2018 infatti crea e promuove il Synesthesia Festival che porta durante l’estate nel borgo di Mondolfo performance, concerti, degustazioni, mostre, incontri, dibattiti e che nel 2020 è stato arricchito da un progetto di arte per-

manente open air - Mondolfo Galleria Senza Soffitto - un percorso delle memorie storiche e sociali del paese, raccontate attraverso impressioni fotografiche permanenti affidate al genio di Mario Giacomelli e interventi di street art che saranno fruibili e visibili per sempre e si arricchiranno nel corso del tempo. • RS Le fragranze Scusami e Io_non_ho mani_che_mi accarezzino_ il_volto (nel tondo)

Mondolfo, Galleria Senza Soffitto - Mario Giacomelli - Io non ho mani che mi accarezzino il volto

Mondolfo Galleria Senza Soffitto - Simone Travigli - Uomo Vitruviano Contemporaneo

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WWW.FILIPPOSORCINELLI.COM


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EVENTI

LaVerdi celebra il premio Oscar Ennio Morricone

L'ORCHESTRA SINFONICA IN STREAMING CON IL MAESTRO MAURIZIO BILLI E IL SOPRANO FEDERICA BALUCANI

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ontinua lo streaming dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi. Dopo aver cominciato con Pierino e il Lupo, dedicato ai bambini, domenica 29 novembre, e proseguito venerdì 4 dicembre con Interpretazioni, una lezione-concerto su Rendering (Schubert-Berio) insieme al musicologo Fabio Sartorelli, le attività online proseguono con un omaggio a Ennio Morricone, insieme al Maestro Maurizio Billi e al soprano Federica Balucani, venerdì 11 dicembre, sempre alle ore 21. “Il mio rapporto con il ma-

estro Morricone è stato un dono e un privilegio unico che ha arricchito il mio lavoro, trasmettendomi un senso di umanità e umiltà che sempre si dovrebbero avere in questa

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professione. Quel senso di umanità che ha reso possibile la sua vicinanza a me e alla polizia di Stato, mostrata in più occasioni anche nella sua vita piena di impegni. Un uomo e un musicista che ha lasciato un patrimonio immenso in cui la storia non solo musicale troverà sempre un riferimento imprescindibile.” Parola del Maestro Billi, che testimonia così la vicinanza umana e professionale col grande compositore, determinante rispetto al diventare indubbiamente un punto di riferimento per l’interpretazione delle musiche del Premio Oscar. Ed è così che il Maestro Billi, già


a cura della Redazione

Direttore della Banda musicale della Polizia di Stato, ha ordito un programma estremamente interessante, che passa in rassegna la produzione di Morricone, offrendo al pubblico virtuale dell’Auditorium di Milano un evento ricco di spunti, arricchito dalla presenza di Federica Balucani, una solista d’eccezione, apprezzatissima dal decano della musica da film. Dalla meravigliosa My Heart and I (nell’arrangiamento di Maurizio Billi stesso), alla colonna sonora del film La Califfa (arrangiata da Enrico Blatti), splendido film del 1964 con Romy Schneider e Ugo Tognazzi ambientato nella Parma degli anni Sessanta, diretto da Alberto Bevilacqua, e I Knew I loved You, che ci proietta immediatamente nelle fumose atmosfere di C’era una volta in America. Capolavori che abbiamo ascoltato nelle versioni cantate da Amii Stewart o Dulce Pontes, altre due grandi interpreti della musica del Maestro. Completano il programma due speciali “raccolte”. La prima intitolata Celebrating Morricone, arrangiata da Roberto Granata, che riassume in

sé gli indimenticabili temi tratti da Gli intoccabili, Nuovo Cinema Paradiso, Marco Polo, e La Leggenda del Pianista sull’Oceano. La seconda, intitolata Omaggio a Morricone, arrangiata da Roberto Granata e Maurizio Billi stesso, in cui richiamo le melodie di C’era una volta il West, Saharan Dream, e Mission. Il terzo grande evento in streaming dell’Orchestra Verdi avvicina il pubblico virtuale alla musica straordinaria di un orgoglio italiano, rendendo omaggio alle indimenticabili melodie senza tempo che hanno reso grande nel mondo la tradizione musicale e cinematografica del nostro paese. L'INIZIATIVA #DONAEMOZIONI Il concerto s’inserisce nell’ambito dell’iniziativa #DonaEmozioni – Le emozioni risvegliano la musica, la campagna di raccolta fondi che l’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi ha lanciato a partire da martedì 24 novembre per mantenere

saldo il legame col suo pubblico. Le donazioni sono effettuabili online sul sito dona. laverdi.org. In Streaming sul sito www. laverdi.org, sul canale Youtube e sulla pagina Facebook dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi. Esattamente come accade per i concerti dal vivo, laVerdi non rinuncia agli approfondimenti. Ed è così che, insieme ai concerti, anche i programmi di sala approdano online, e diventano consultabili sul sito www.laverdi.org. Un ulteriore modo di rendere la fruizione musicale ancor più completa e consapevole, una strategia per avvicinare ancor di più la modalità di ascolto online a quella dei concerti dal vivo. • RS

IL PROGRAMMA

• Celebrating Morricone: musiche da The Untouchables, Nuovo Cinema Paradiso, Marco Polo, La Leggenda del Pianista sull’Oceano (arr. Roberto Granata) • My Heart and I (arr. Maurizio Billi) • La Califfa (arr. Enrico Blatti) • I knew I loved you (da C’era una volta in America) • Omaggio a Morricone musiche da C’era una volta il West, Saharan Dream, Mission (arr. Maurizio Billi/Roberto Granata)

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PROGETTI

di Daniele Colzani

I fumetti per raccontare

le realtà museali italiane L'INIZIATIVA È STATA PREMIATA COME MIGLIORE INIZIATIVA EDITORIALE FESTIVAL LUCCA COMICS & GAMES

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inquantuno fumetti raccontano la contemporaneità dei musei italiani tramite la matita di alcuni tra i più celebri fumettisti del panorama nazionale. Fumetti nei musei promuove un nuovo dialogo tra studenti e istituti culturali italiani per avvicinare bambini e ragazzi ai luoghi della cultura: i fumetti sono pensati per i giovani, che li ricevono gratuitamente partecipando alle attività educative organizzate nell’ambito dei laboratori e delle visite guidate dei musei dello Stato. L'iniziativa Fumetti nei musei ha vinto il premio Gran Guinigi come migliore iniziativa editoriale dell'anno al Festival Lucca Comics & Games 2018. "Un'operazione che raccoglie i migliori nuovi talenti della scena italiana con un'impeccabile veste editoriale. Un prodotto di altissimo

scaricare il template e utilizzare le 6 vignette previste dallo storyboard per scrivere e disegnare con la tecnica che si preferisce. Sul canale Youtube del Mibact sono anche disponibili dei bellissimi mini-documentari della serie I mestieri del fumetto. • RS

livello che sposa le intenzioni educative all'amore per la narrativa sequenziale". CREA IL TUO FUMETTO È anche prevista l’iniziativa Crea il tuo fumetto che consente ai ragazzi di raccontare la loro storia a fumetti ambientata in un museo: basta

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TURISMO

Anno nuovo: sì, viaggiare...

in base al segno zodiacaale DIFFICILE FARE PREVISIONI PER IL 2021, NIENTE CI VIETA PERÒ DI SOGNARE E PIANIFICARE UN PICCOLO VIAGGIO IN ITALIA

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ai come quest’anno è grande la speranza che le congiunzioni astrali siano favorevoli per il 2021, e ancor più grande è il desiderio di concedersi una piccola fuga dalle mura di casa e dallo stress. Ecco 12 luoghi perfetti, in Italia, tarati sul segno zodiacale, per scegliere a colpo sicuro la propria, spensierata, vacanza del cuore. ARIETE Per l’Ariete il 2020 è stato durissimo, perché è il segno zodiacale che ama meno le attese: quando vuole una cosa si impegna al massimo e senza sosta per ottenerla. Col suo carattere testardo spende molte energie nel corso della giornata ma, alterna a momenti di grande intensità, periodi sotto tono. Quello che gli serve per affrontare l’anno nuovo è tanto equilibrio, che solo il lago è capace di donare. Il Lido Palace di Riva del Garda (TN), che si affaccia

Lido Palace Riva del Garda Vista dalla Suite

sul Lago di Garda, offre un servizio impeccabile, splendide camere con vista sul parco secolare o sull’immenso specchio d’acqua, cucina gourmet e l’esclusiva CXI SPA, eletta “Best Spa Experience” 2021 dal prestigioso Condé Nast Johansens. Tra i 1500 mq dedicati al benessere, gli altalenanti Ariete possono dedicarsi l’Andaman Sea, la Cerimonia che ripercorre le tappe della

© Emanuele Scocchera

Borgotufi di sera a Castel del Giudice (IS)

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tradizione indiana - terra della ricerca dell’armonia fra mente e corpo - immersi tra le fragranze di un’India misteriosa che avvolge i sensi, in un massaggio che dedica le sue attenzioni alla testa, soffermandosi a calmare la mente. Per info: 0464-02.18.99 www.lido-palace.it TORO Il Toro, da buon segno di terra, bada alle finanze, vuole avere sempre le spalle coperte, tuttavia è anche un segno romantico, sentimentale e generoso con chi ama. L’ideale è una vacanza di coppia per gratificare la propria dolce metà, in un luogo intimo e di grande fascino, con prezzi però contenuti. Ecco perché Borgotufi di Castel del Giudice (IS), con centro benessere, ristorante e case in legno e pietra che si affacciano sui boschi dell’Alto Molise, è quello che fa per loro. Case e stalle in disuso


di Daniele Colzani

della parte antica del paese sono state trasformate nell’incantevole albergo diffuso: strutture ricettive in legno e pietra locale perfettamente integrate nel paesaggio, a cui si affiancano interventi di architettura contemporanea. Un piccolo borgo nel borgo. Tra le splendide casette, che si affacciano sul verde dei boschi, Borgotufi custodisce il ristorante Il Tartufo, in cui lo Chef Marco Pasquarelli, allievo di Niko Romito, propone menu basati sulla tradizione locale reinterpretati in chiave moderna. Borgotufi ospita, inoltre, un intimo centro benessere che si affaccia sui boschi, con piscina idromassaggio riscaldata panoramica, cascate a getto, sauna, bagno turco, docce emozionali con cromo e aromaterapia, sala massaggi. Per info: 0865-94.68.20 www.borgotufi.it GEMELLI Col suo spirito dinamico e intraprendente detesta stare chiuso in casa e ha bisogno di nuove idee per sentirsi attivo. Ama stare in mezzo alla gente e co-

Excelsior Dolomites Life Resort - Excelsior Dolomites Lodge - Dolomites Sky Spa

noscere persone nuove, ecco perché l’Excelsior Dolomites Life Resort di San Vigilio di Marebbe (BZ) è il posto che fa per i Gemelli, grazie all’alta qualità del servizio a 360° in montagna. Il resort immerso nel Parco Naturale di Fanes-Sennes-Braies, offre un ricchissimo programma di assistenza completa e di attività giornaliere guidate tra le Dolo-

Corte di Gabriela a Venezia - Area lounge

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miti, sia d’inverno sugli sci o sulle ciaspole, sia d’estate a piedi e in mountain-bike. E al ritorno dalle attività nella natura, ad attenderlo un paradiso di 2500 metri quadrati di wellness in cui sbizzarrirsi tra piscine, idromassaggi, saune e trattamenti di benessere esclusivi. Per info: 0474- 50.10.36 www.myexcelsior.com CANCRO Forse, anzi certamente, il segno più tenero dello zodiaco, tra le priorità del Cancro amare e farsi proteggere. La vacanza perfetta per il 2021 è ovviamente nella meravigliosa Venezia, la città degli innamorati, da vivere però in modo esclusivo e intimo, in un boutique hotel raffinato, appartato ma nel cuore del centro storico. Corte di Gabriela è un lussuoso palazzo ottocentesco che si trasforma in boutique hotel ma conserva l’anima della casa contemporanea con l’ambizione di offrire l’esperienza dello straordinario, tra il soggiorno nelle raffinate


Solea Boutique & Spa Hotel Esterno notturno

camere con soffitti affrescati o a cassettoni, elementi di design, trame preziose, camini e una colazione luculliana preparata espressamente dal padrone di casa. Per i più romantici l’hotel 4 stelle superior organizza il tour guidato notturno per le calli della Serenissima. Per info: 041- 52.35.077 www.cortedigabriela.com LEONE Il Leone brilla di luce propria. Generoso, affettuoso, autoritario, orgoglioso, esigente, tende a voler sempre distinguersi, esercitare un continuo controllo su stesso e sugli altri e decidere tutto da solo. Per il segno dominato dal sole niente di meglio del Solea Boutique & Spa Hotel, dove concedersi un bellissimo soggiorno secondo la filosofia del relax concepito nel rispetto della natura, tra benessere, eccellente gastronomia e stile impeccabile, che compongono la dimensione unica del Boutique Hotel a Fai della Paganella (TN). Un piccolo gioiello fra le montagne, dove lasciarsi andare tra piscine,

idromassaggio, il mondo saune (la sauna ad infrarossi, il bagno turco, la finlandese, la fontana di ghiaccio, le docce emozionali), e le zone relax, una con lettini classici e sospesi, l’altra con i lettini ad acqua e i trattamenti esclusivi della SPA. Per info: 0461-58.10.65 www.hotelsolea.com

VERGINE Metodo, ordine e grande senso critico sono i mantra del segno più inquadrato dello Zodiaco, la Vergine, che va conquistata lentamente. I perfetti filari dei vigneti che formano affascinanti geometrie nel paesaggio che si apre dalle vetrate di Haller Suites & Restaurant, a Kranebitt (BZ) sulla collina di Bressanone, sono la vista rassicurante e ideale per questo segno così amante della precisione. È uno spettacolo unico da ammirare dalle nuove 18 camere di questa struttura totalmente integrata nella vigna. Il ristorante AO, rinomato e gourmet, è espressione di una cucina contemporanea e puristica, che riflette la storia del luogo e il suo terroir, rendendo protagonisti i prodotti della regione. Nelle suite ad angolo, si può godersi di un bagno caldo nella vasca con vista sui vigneti, le montagne e la città dall’alto. Per info: 0472 - 83.46.01 www.byhaller.com/it/

Haller Suites & Restaurant Relax

© Tim Schardt

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Aurina (BZ). Il raffinato 5 stelle nella sua SPA The Art of Beauty by La Prairie, su oltre 3mila mq, offre un mondo di saune, piscine, vasche idromassaggio, la spa salina, un giardino spa di 30mila mq e trattamenti di bellezza deluxe agli estratti di caviale, gocce d’oro o platino. Giorni di benessere alpino è l’offerta che comprende 2 pernottamenti con trattamento di mezza pensione, utilizzo dell’area Wellness & Spa, massaggio viso “libertà di pensiero”, massaggio completo “il massimo del piacere” e programma di relax ed esercizio. Per info: 0474- 67.02.30 www.alpenpalace.com

Alpenpalace Luxury Hideaway & Spa Retreat in Valle Aurina (BZ)

BILANCIA Il senso del bello accompagna i Bilancia per tutta la vita, che hanno bisogno di sentire intorno a sè eleganza e sobrietà. Tengono molto alla propria persona, curare l’aspetto

fisico è una necessità, presentarsi sempre al meglio infonde loro sicurezza. I nati sotto questo segno possono recarsi a occhi chiusi all’Alpenpalace Luxury Hideaway & Spa Retreat in Valle

Skyview Chalets © Martin Lugger

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SCORPIONE Attrazione per il mistero, per le situazioni inesplorate, e per tutto ciò che è molto lontano, come le stelle che ama studiare: la vacanza magica per lo Scorpione è negli Skyview Chalets, 12 innovativi glass cube sul Lago di Dobbiaco (BZ), a pochi chilometri dalle maestose Tre Cime di Lavaredo. Il soffitto della camera da letto può diventare trasparente e consente di ammirare il Firmamento stando comodamente sdraiati a sognare a occhi aperti. Gli Chalets sono dotati di letto matrimoniale nel glass cube con vista sul cielo, di un terrazzo panoramico, hanno un soggiorno con divano e bagno con doccia emozionale. Nella versione Superior ospitano una sauna a raggi infrarossi, in quella Deluxe rivelano anche una vasca idromassaggio Jacuzzi. Al mattino, la colazione a base di prodotti biologici e regionali viene servita direttamente in “camera”. Mentre il ristorante Il Fienile delizia i palati con piatti altoatesini reinventati con prodotti di qualità a chilometro zero. Per info: 0474 - 973138 www.skyview-chalets.com


SAGITTARIO Il Sagittario è il segno più intraprendente e imprevedibile, ama i viaggi, i piaceri della vita e soprattutto della tavola. Ecco perchè il suo luogo del cuore è il Romantik Hotel Stafler di Vipiteno (BZ) albergo con ben 700 anni di storia, incorniciato da un grande parco e dalle vette della Valle Isarco e che offre una cucina celestiale. Merito dello Chef Peter Girtler, premiato con 2 stelle Michelin e 4 Cappelli Gault Millau, ideatore di piatti di altissimo livello che esprimono ed esaltano le sue origini altoatesine e nello stesso tempo celebrano l’alta cucina internazionale, con le materie prime prodotte direttamente dalla famiglia Stafler. Con la proposta “1 notte – 2 stelle”, soggiorno di 1 notte con esclusivo menu degustazione gourmet, con la possibilità di prenotare un abbinamento di vini. Per info: 0472 - 77.11.36 www.romantikhotels.com CAPRICORNO Meditativo e amante della solitudine, il Capricorno tro-

Romantik Hotel Stafler di Vipiteno (BZ)

verà nell’Hotel Weihrerhof, sull’Altopiano del Renon, a Soprabolzano (BZ), la meta ideale per rilassarsi e rigenerarsi. L’hotel sorge sulle rive del Lago di Costalovara (uno dei laghi d’acqua dolce più puliti d’Italia), e fonda la sua filosofia sul Laxn - ovvero, su un relax strettamente connesso con l’armonia tra la natura e l’essenza di ciascuno. Un piccolo mondo

Hotel Weihrerhof a Soprabolzano (BZ)

raccolto, pensato come luogo in cui rifugiarsi, nel calore della sauna panoramica realizzata nella rimessa per le barche, direttamente sulle sponde del lago e nella SeaSpa, che si apre sulle acque, tra la piscina coperta panoramica, il bagno a vapore salino e la sauna finlandese. Qui ci si può concedere il trattamento Laxn á la Weihrerhof per staccare la spina, fare un pieno di energia e ritrovare la pace interiore. Per info: 0471- 345102 www.weihrerhof.com ACQUARIO Fin da bambini emerge lo spirito innovatore dell’Aquario. Da sempre impegnati a inventare, spesso sviluppano interesse per la meccanica e le cose elettriche. Di indole serena e tranquilla possono unire carattere e passioni, regalandosi un’esperienza con Slow Drive, azienda di Padenghe sul Garda (BS) specializzata nel noleggio di vetture d’epoca senza conducente. Sul sito si sceglie il modello dell’auto e si

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Slow Drive a Padenghe sul Garda (BS)

prenota il buono (valido per 12 mesi). Si riceve un elegante cofanetto che contiene il voucher del noleggio insieme agli irrinunciabili accessori per un’avventura on the road: guantini in pelle, occhiali da sole anni ‘60 oltre alle mappe con i più bei tour consigliati. Avverare un sogno a quattro ruote su Alfa Romeo Giulietta, Maggiolino Karmann, Fiat Cabriolet, Triumph Spitfire, Mini Cooper e tante altre splendide vetture, è molto semplice. Il costo per una giornata di noleggio è a partire da 200 euro e include una mini degustazione di prodotti tipici del territorio gardesano. Per info: 030 - 99.07.712 www.noleggioautodepoca.eu

to per loro, che sa conciliare total relax con avventurosi sport acquatici. Sabbia bianca finissima, fondali bassi e acqua cristallina sono il biglietto da visita della località Spartivento, sulla costa sud-occidentale della Sardegna. Tra le spiagge più belle spicca Su Giudeu, a pochi passi dalla quale sorge l’hotel, immerso in un grande giardino tra bouganville, ulivi e palme che incorniciano la piscina Aquadulci a Chia (CA)

PESCI La vacanza migliore per i Pesci? Ça va sans dire: nel meraviglioso mare della Sardegna. I nati sotto questo segno sono gran lavoratori, ma nel tempo libero amano sia dormire molto sia cercare forti emozioni. Ecco perché l’Aquadulci a Chia (CA) è il posto perfet-

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con idromassaggio e l’oasi benessere ricavata in un gazebo di bambù dove concedersi massaggi. Ogni giorno in questo luogo unico, si può vivere una nuova avventura tra passeggiate lungo le spiagge, escursioni a cavallo, gite in barca a vela, tour in mountain bike, corsi di windsurf, kitesurf e paddle surf. Per info: 070- 92.30.555 www.aquadulci.com • RS


HOSPITALITY

Diamonds Athuruga,

la magìa delle Maldive

PER UN’AUTENTICA ESPERIENZA MALDIVIANA TRA NATURA INCONTAMINATA E SERVIZI SU MISURA DELL’OSPITE

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e Maldive rappresentano da sempre il concetto di vacanza per eccellenza, e mai come in questo momento organizzare un soggiorno in questo angolo di paradiso per immergersi in un relax totale all’insegna del “no shoes, no news”, può rappresentare la concretizzazione di un sogno Diamonds Athuruga sorge nell’incontaminato atollo di Ari Nord circondato dalle acque cristalline dell’Oceano Indiano ed è caratterizzato da spiagge candide di sabbia corallina e lussureggiante vegetazione tropicale, protette da una barriera che ospita infinite specie di creature marine. Un luogo incantato dove vivere un’autentica esperienza maldiviana, fatta di calda ospitalità e contatto con la natura, protagonista assoluta di un soggiorno in questo resort sia che si scelga un luminoso e funzionale Beach

Bungalow sulla spiaggia, una spaziosa Junior Suite o una elegante e total white Water Villa, sospesa su un giardino di coralli. Eccellente l’offerta enogastronomica ad iniziare dal Maakeyn buffet restaurant che soddisfa anche i palati più esigenti dalla ricca colazione internazionale,

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alla notevole varietà del pranzo - pizza, pasta, insalate, pesce e carni cotti al barbecue - per finire con sorprendenti cene, senza dimenticare proposte vegetariane e vegane. Perfetto per una cena romantica, preceduta da un aperitivo nell’area lounge con uno spettacolare tramonto


a cura della Redazione

tropicale, l’over water restaurant Thari, che ospita anche, durante tutto l’anno, alcuni degli chef stellati della prestigiosa associazione dei “Jeunes Restaurateurs” per deliziare i sensi con percorsi di gusto e creatività davvero unici e irripetibili. Sono infine disponibili anche vere e proprie esperienze culinarie come il Kakuni sea food restaurant, cene a base di pesce freschissimo servito direttamente sulla spiaggia, e il Thila Japanese Restaurant per un’esperienza gastronomica coinvolgente, con selezionate materie prime alla base di prelibatezze della cucina tradizionale giapponese. Originalissime le serate dedicate alla tradizione locale con piatti preparati dagli chef maldiviani: l’occasione per avvicinarsi alle usanze e alla cultura del luogo. Il viaggio in questo meraviglioso paradiso terrestre offre inoltre ad ogni ospite la possibilità di scegliere tra un ventaglio di numerose attività tra cui, davvero imperdibile, lo snorkeling guidato dai biologi marini alla scoperta della barriera corallina, per imparare a conoscere le tantissime forme di vita di questo

ecosistema unico al mondo che Diamonds Athuruga ha deciso di preservare incoraggiando un turismo consapevole attraverso il “Coral Conservation Project”. Grazie a questo progetto, ciascun ospite ha la possibilità, con una piccola donazione, di adottare un corallo e aiutare la rigenerazione di questo organismo fondamentale per l’ecosistema maldiviano e per la sopravvivenza delle isole stesse. E dopo intense giornate di mare e di sole niente di meglio di un trattamento a base di erbe, olii, spezie e fiori alla Serena Spa, per coinvolgere tutti i sensi in un abbraccio rilassante e ritemprante.

Diamonds Athuruga è facilmente raggiungibile con voli diretti da Zurigo, Roma, Londra e Francoforte. Diamonds Athuruga fa parte di Planhotel Hospitality Group, società leader nella gestione di resort e hotel nell’area dell’Oceano Indiano. Diamonds Hotels & Resorts è il luxury brand del gruppo presente in top location, con strutture caratterizzate dall’attenzione alle diverse esigenze dei propri ospiti per garantire servizi personalizzati e standard qualitativi altissimi, in grado di rendere ogni soggiorno straordinario e indimenticabile. Planhotel anche in questo momento garantisce la sicurezza di tutte le sue destinazioni grazie a rigidissimi protocolli di sanificazione di tutti gli ambienti, degli impianti di ventilazione e della biancheria, e alla adeguata formazione di tutto il personale. • RS

INFO & CONTATTI • DIAMONDS ATHURUGA • info.athuruga@diamondsresorts.com • www.diamondsresorts.com

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LA LIBRERIA LE NOVITÀ DELLE CASE EDITRICI E I NOSTRI CONSIGLI PER SCEGLIERE IL TITOLO GIUSTO PER VOI Claire Berest NULLA È NERO

Elvira Siringo LA FELICITÀ SULLA PORTA DI CASA Il 25 dicembre Hope, sulla porta di casa, trova un barattolo di vetro pieno di monete, avvolto in un grande fiocco rosso. Nessuna traccia del mittente, nessun biglietto. Quando Hope scopre di non essere l’unica persona ad aver ricevuto un «barattolo di Natale» da parte di un benefattore anonimo, non riesce a crederci. Si trova di fronte a una vera e propria gara di solidarietà, un’iniziativa ispirata da sentimenti di amore e gentilezza. (Garzanti - 144 pg - €16,00)

Tutto è allegria, tutto è politica. Tutto abbatte i pudori e i tabù alle serate mondane di Tina Modotti. Frida l'ha conosciuta quando, liberatasi del busto ortopedico in cui, dopo l'Incidente, era racchiusa come una crisalide, ha cominciato a bazzicare la sede del PCM, il partito comunista messicano. A una serata particolarmente festosa della fotografa italiana, Frida vede per la prima volta Diego Rivera, el gran pintor del Messico, (Neri Pozza - 224 pg - € 18,00)

Kira Shell - KISS ME LIKE YOU LOVE ME vol. 5 Dopo tanta burrasca, finalmente Selene e Neil sono riusciti a costruirsi una vita insieme. Tra le mura della villa da sogno in cui abitano, sono sia genitori affettuosi e presenti per i loro due figli, Nicole e Julian, sia amanti passionali e ardenti. Tuttavia la stabilità famigliare è sempre appesa a un filo che minaccia di spezzarsi a ogni alito di vento e Selene è costretta a lottare in continuazione per non perdere tutto ciò che ha conquistato a fatica nel corso del tempo. (Sperling&Kupfer - 192 pg - € 9,90)

IL VOLUME SOTTO I RIFLETTORI... AVVENTURA A TOYLAND. UNA STORIA PER BAMBINI - RAGAZZI (John More) La vigilia di Natale, Simone, un bambino di sette anni, è coinvolto in una fantastica avventura che lo porterà a Toyland, il Paese dei Giocattoli. Babbo Natale, entrato nella sua cameretta, è sconsolato perché ha dimenticato lassù Désirée, la collana fatta con una stella cadente che si illumina quando i bambini non dormono. Simone si offre di aiutarlo e, grazie alla magica filastrocca pronunciata da Babbo Natale, si troverà a Toyland. Qui incontra Teddy l'Orborsetto, che lo accompagnerà in questa incredibile avventura. Ma durante la ricerca della collana troveranno qualcosa di ancora più prezioso… Sogno o realtà? Il volume non è solo una bellissima favola, ma è impreziosito da elementi di riflessione, test di valutazione, numerosi esercizi di vari livelli e gradazioni, e molto altro. (Fabbrica dei Segni - 136 pg.)

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di Daniele Colzani

PER GLI APPASSIONATI DI SERIE TV Dopo il successo mondiale del primo ricettario ufficiale, è in arrivo un nuovo libro di cucina su Downton Abbey, la serie di culto che ha fatto del blasone inglese un’icona aspirazionale. Prendete posto alla tavola di Lord Grantham con una rassegna di tradizionali ricette inglesi delle feste. Dai biscotti di pan di zenzero al classico pudding natalizio, immergetevi nell’atmosfera più magica dell’anno attraverso un libro ricco di foto di scena, aneddoti legati agli speciali natalizi della serie e approfondimenti sulle tradizioni inglesi del periodo! Il ricettario ufficiale di Downton Abbey presenta oltre 100 ricette che illustrano la cucina della famiglia Crawley e porta un’autentica fetta di Downton Abbey nelle cucine moderne e ai fan della serie. La storica del cibo Annie Gray offre uno spaccato affascinante sui piatti che erano popolari tra il 1912 e il 1926, periodo storico in cui è ambientato la serie – un periodo di tremendi cambiamenti e conflitti, oltre che di sviluppo culinario. (Panini Comics - 240 pg - € 35,00)

Carlotta Perego CUCINA BOTANICA

Ragnar Jónasson LA DONNA DEL FARO Sono passati molti anni dall'ultima volta in cui Ásta ha messo piede a Kálfshamarsnes, la piccola lingua di terra sulla penisola di Skagi, nel Nord dell'Islanda. In quei luoghi isolati ha trascorso parte della sua infanzia insieme alle persone che ora trova ad accoglierla. C'erano tutti anche allora, quando fu costretta ad andarsene. Tre giorni prima di Natale, il cadavere di Ásta viene ritrovato ai piedi della scogliera. Una disgrazia? Oppure si tratta di suicidio? (Marsilio 307 pg - € 19,90)

L’autrice Carlotta Perego accompagna il lettore in un viaggio attraverso le stagioni e i sapori di Cucina Botanica. La seconda parte del libro è infatti dedicata alle ricette. Da non perdere il pan brioche, le variazioni sull’hummus, la pasta fresca senza uova, i fusilli al pesto di broccoli e noci, le polpette di lenticchie, i cookies al doppio cioccolato o il magico gelato al mango. Carlotta ci porta per mano attraverso le stagioni e i sapori della sua cucina. (Gribaudo - 256 pg - € 17,90)

Floriana Rullo CAN YAMAN, I LOVE YOU FOREVER. LA VERA STORIA. 100% NON UFFICIALE Bello da far perdere la testa grazie al fisico da urlo, il sorriso sbarazzino, lo sguardo magnetico, ma anche al suo carisma. Can Yaman è diventato in breve tempo l’unico vero divo dei giorni nostri. Ma chi è l'uomo che si nasconde dietro il protagonista delle serie TV che lo hanno reso celebre? Ecco finalmente svelato tutto quello che avreste voluto sapere sul Kral turco. (Vallardi - 206 pg - € 16,00)

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SERIE TV

di Emanuela Cattaneo

Puffins, web series animata con Johnny Depp

L'ATTORE PRESTA LA VOCE AL PERSONAGGIO JOHNNY PUFF. PREVISTI 250 EPISODI DA 5 MINUTI CIASCUNO

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ervolino Entertainment, società attiva nella produzione di contenuti cinematografici e televisivi per il mercato internazionale e quotata sul mercato AIM Italia di Borsa Italiana, annuncia da domani il debutto online della web series Puffins con Johnny Depp, che presta la sua voce per il personaggio Johnny Puff. 250 episodi da 5 minuti della web series animata. La produzione di short-content, principalmente rivolti allo streaming e al mobile, è per Iervolino Entertainment una nuova linea di business sulla quale saranno concentrate grandi risorse. Le prime due collection saranno disponibili su Apple TV e Amazon Prima dal 27 novembre. Puffins è lo spin-off del film d’animazione Arctic

– Un’avventura glaciale. In USA il film, uscito nelle sale lo scorso anno con il titolo Arctic Dogs, è attualmente al terzo posto tra i titoli più visti su Netflix US. Puffins segue le avventure di un gruppo di simpatici uccellini, aiutanti dello scaltro tricheco Otto. I protagonisti della serie sono cinque: Johnny Puff, Tic e Tac, Didi e Pie, che abitano con la loro tribù di Puffin nella vasta e tecnologica Tana di Otto (abile ingegnere e collezionista inveterato). Le storie spaziano da audaci missioni a situazioni legate ai piccoli problemi della vita quotidiana e affrontano in modo adatto ai più piccoli temi quali l'uguaglianza

di genere, la lotta contro l'inquinamento e la protezione dell'ambiente. Argomenti importanti e universali che trovano un contesto ideale in cui poter essere trattati: la comunità dei Puffin e l’ambiente artico in cui si svolge la serie. Il tutto senza mai perdere di vista l'obiettivo principale: intrattenere il pubblico con una successione di situazioni assurde e gag esilaranti. La serie Puffins”vede il coinvolgimento di molti professionisti dell’animazione del panorama italiano: autori, registi, storyboardisti, animatori, autori delle grafiche, compositori, montatori. Questo può ulteriore prestigio al nostro Paese, che potrà accrescere il proprio know how di settore lavorando in maniera continuativa a serie animate Made in Italy, in formato short destinate al mercato globale. • RS

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