IlBelViaggio Giugno 2025

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Bagno Vignoni

La piazza d’acqua che ti affascina

Il Tempio della Fraternità (dei popoli) di Cella di Varzi - Le Colline Moreniche del Garda - Offida la città del sorrisoLa Garfagnana verace: Gallicano e Trassilico - A Monreale il più bel tempio del mondo - A Dolceacqua lo stupore è di casa - La Madonna del libro di Sandro Botticelli - BelcastroLanzarote - Kotor

Barolo,LaMorra,Benevento,MagnanoinTeverina,Monselice, Egna,Montagna,Ora,Anterivo,Caldaro,BadiaaPassignano, SanGrottaGigante,MercatoTrionfale,CibianadiCadore,Isoladi GiorgioMaggiore. N.5

ITINERARI INASPETTATI

più bel tempio del mondo - A Dolceacqua lo stupore è di casa - La Madonna del libro di Sandro Botticelli - BelcastroLanzarote - Kotor BagnoVignoni Lapiazzad’acqua chetiaffascina

Il Tempio della Fraternità (dei popoli) di Cella di Varzi - Le

Colline Moreniche del Garda - Offida la città del sorriso -

La Garfagnana verace: Gallicano e Trassilico - A Monreale il

Riceverai a casa, ogni trimestre, una copia della rivista cartacea. Quattro numeri all'anno: 40 euro. per maggiori informazioni: info@ilbelviaggio.it N.4

SOMMARIO

4 Il turismo è davvero il futuro dell’Italia? - LuigiFranchi

6 Bagno Vignoni - LuigiFranchi

12 Il Tempio della Fraternità (dei popoli) di Cella di Varzi - Simona Vitali

22 Le Colline Moreniche del Garda - Guido Parri

30 Offida la città del sorriso - LuigiFranchi

40 La Garfagnana verace: Gallicano e Trassilico - Simona Vitali

48 A Monreale il più bel tempio del mondo - GiuliaZampieri

56 A Dolceacqua lo stupore è di casa - JacopoFranchi

64 La Madonna del libro di Sandro Botticelli - Maria Cristina Dri

68 Belcastro - LuigiFranchi

74 Il tocco raffinato di Antonio Balestra e il dipinto nella Pieve che non ti aspetti - Maria Cristina Dri

80 FuordItalia - Lanzarote - GiuliaZampieri

88 FuordItalia - Kotor, Cattaro -LuigiFranchi

94 Melting Pot - la redazione

98 Libri - LuigiFranchi

N° 5 giugno 2025

EDITORE

Edizioni Catering srl Via del Lavoro, 85 40033 Casalecchio di Reno (BO) Tel. 051 751087 – Fax 051 751011 info@ilbelviaggio.it - www.ilbelviaggio.it

PRESIDENTE

Benhur Mario Tondini

DIRETTORE RESPONSABILE

Luigi Franchi luigi.franchi@ilbelviaggio.it

COLLABORATORI

Maria Cristina Dri, Jacopo Franchi, Guido Parri, Simona Vitali, Giulia Zampieri

ilBelViaggio n.5 - supplemento a sala&cucina n. 94

PUBBLICITÀ

Tel. 331 6872138 info@ilbelviaggio.it www.ilbelviaggio.it

PROGETTO GRAFICO

Gabriele Adani - www.gabrieleadani.it

STAMPA

EDIPRIMA s.r.l. – www.ediprimacataloghi.com

Costo copia trimestrale: 12,00 euro abbonamento annuo 40,00 euro Per abbonarsi: info@ilbelviaggio.it

Bagno Vignoni
La piazza d’acqua che ti affascina

Il turismo è davvero il futuro dell’Italia?

Il turismo è il futuro dell’Italia; lo sentiamo ripetere a ogni piè sospinto, a ogni convegno, in ogni minuscola occasione. Per fare in modo che ciò sia vero, o che si avveri rapidamente, è necessario cambiare: mentalità, prima di tutto. Per accogliere persone che arrivano da ogni parte del mondo ci vogliono cuori e menti aperte, non solo tecnologia.

Ci vogliono sorrisi sinceri, non retro-pensieri. Ci vuole cultura, conoscenza delle abitudini degli altri popoli, per far stare a proprio agio qualsiasi ospite. Ci vogliono infrastrutture efficienti in quei luoghi, penso al nostro bellissimo Appennino, per evitare spopolamento e incuria.

Solo così potremo davvero affermare che il turismo è il nostro futuro!

Con questo progetto vogliamo sostenere questa sfida, vogliamo credere che il turismo per l’Italia possa essere un’opportunità nel momento in cui intorno alle nostre vite si sta trasformando il mondo; non sappiamo cosa ci riserverà questo cambiamento epocale di cui stiamo vedendo solo l’inizio con l’affermazione, sempre più dirompente, dell’intelligenza artificiale.

Di certo, però, sappiamo che l’uomo deve governare questo processo. Sappiamo che lo può fare perché ha una cosa che l’AI non potrà mai avere: l’anima, la coscienza, le emozioni.

Tre cose che con il turismo c’entrano e molto. Le persone, quando scelgono una meta, sempre più spesso, utilizzano anima, coscienza ed emozione perché vogliono che quella destinazione, quella vacanza, quella fuga dalla quotidianità sappia soddisfare i bisogni reconditi dell’animo umano. Per questo crediamo che offrire informazioni su luoghi non particolarmente presi d’assalto o su opere d’arte che devono essere capite per apprezzarle, sia un lavoro importante e utile. Raccontare itinerari inaspettati (e in questo numero ce ne sono parecchi: dal Tempio della Fraternità (dei popoli) di Cella di Varzi a Porpetto (UD), dalle merlettaie di Offida alla piazza d’acqua di Bagno Vignoni) è ciò che ci piace di un’Italia che offre una stagionalità estesa, oltre i periodi del turismo di massa, dove rispetto e condivisione diventano le parole più importanti nell’incontro tra abitanti e visitatori.

Andremo anche oltre i confini perché siamo convinti che non esistano confini per chi ha il viaggio come metafora di vita e conoscenza. Lo abbiamo detto quando abbiamo presentato il progetto de Ilbelviaggio e, in questo numero, cominciamo a parlare anche di luoghi al di fuori del nostro Paese, andremo infatti a Lanzarote e a Kotor. Sceglieremo sempre, in ogni numero, qualche meta straniera ma con il cuore e la testa orientati a dare un servizio a chi ci legge.

ITINERARI INASPETTATI

Emilialandof theslowmix

PIACENZA, PARMA e REGGIO EMILIA

Abbiamo realizzato un numero speciale de ilBelViaggio e di sala&xucina per raccontare le province di Piacenza, Parma e Reggio Emilia

Primavera 2025
Emilia, la terra dello slow mix
Emilia, la terra dello slow mix
Emilia land of the slow mix

Vignoni

Autore: Luigi Franchi Bagno
La piazza d’acqua che ti affascina
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La vidi, per la prima volta, al cinema durante la proiezione di Nostalghia, un film del regista sovietco Andrej Tarkovskij, con la sceneggiatura di Tonino Guerra. Restai affascinato da quella grande vasca che sorgeva, come una piazza, al centro del paese. Era il 1982 e subito volli andare a vedere con i miei occhi se era una finzione cinematografica. Arrivai in quel modo a Bagno Vignoni, nel cuore della Val d’Orcia in Toscana.

Era tutto vero, la vasca era lì da tempo immemore, forse dai Romani, o ancor prima dal tempo degli Etruschi, visto che raccoglieva acque termali che sgorgano ancora oggi. Una piazza d’acqua, incredibile! Tutt’intorno il minuscolo borgo di Bagno Vignoni, frazione di San Quirico d’Orcia, provincia di Siena. In una manciata di minuti lo si visita ma il richiamo è costante, quella piazza d’acqua ti entra dentro,

Deve avere avuto lo stesso effetto su Papa Pio II, il fondatore di Pienza, su Lorenzo De’ Medici, signore di Firenze, persino su Caterina da Siena, proclamata santa proprio da Pio II, ventitreesima su 25 figli di Lapa di Puccio di Piagente, moglie del tintore di panni, il senese Jacopo di Benincasa.

Tutti ospiti di Bagno Vignoni, insieme alle decine di artisti che, nel corso dei secoli, sono passati da queste parti. Complice il senso di pace che qui si respira a pieni polmoni!

Le Terme naturalli di Bagno Vignoni

Puoi girarci intorno decine di volte a questa grande vasca, a ogni passaggio scopri un dettaglio, senza sosta. E quando ci passeggi sembra che tutto il mondo sia concentrato lì.

Una magia straniante e bellissima; l’ho vissuta ad ogni ora, all’alba come di notte, avvolto nel silenzio e nei fumi che si sollevano dall’acqua.

Le acque della vasca si dirigono verso la ripida scarpata del Parco naturale dei Mulini; vi si trovano quattro mulini medievali scavati nella roccia che furono importanti per l’economia locale, dal momento che le acque termali garantiva il loro funzionamento anche in estate, quando gli altri mulini della zona erano fermi a causa dei fiumi in secca.

Sotto il loggiato che chiude un lato della vasca c’è una piccola cappella dedicata a Santa Caterina da Siena. È ciò che rimane della chiesa dedicata a lei, risalente al XV secolo. A pochi passi dal loggiato troviamo la chiesa dedicata a San Giovanni Battista che conserva un affresco di Cristo risorto: si tratta di un dipinto del Settecento che raffigura Santa Caterina da Siena con il borgo di Bagno Vignoni sullo sfondo. Questo affresco prima era nella cappella del Loggiato.

Oggi non ci si può più immergere nella piazza d’acqua e neppure, dal 2010 quando venne emesso il divieto di balneazione, nelle vasche delle antiche terme romane che si trovano nel Parco dei Mulini ma le piscine termali dell’Albergo Le Terme vi daranno un indimenticabile sollievo di benessere.

Dove dormire

HOTEL LA POSTA

Un’oasi di tranquillità e serenità, dove il riposo si fonde con l’atmosfera unica della Toscana. Le camere, eleganti e accoglienti, sono il luogo perfetto per rigenerarsi dopo una giornata immersi nel benessere dell’acqua, per vivere un’esperienza di puro relax.

Via Ara Urcea 43

Bagno Vignoni (SI)

Tel. +39 0577 887 112 info@lapostahotel.it www.lapostahotel.it

ALBERGO LE TERME

Scegliere Le Terme Spa & Resort significa esplorare una terra ricca di emozioni, sapori e allo stesso tempo sentirsi in una casa calda e accogliente, come il sorriso di un caro amico.

Piazza delle sorgenti 13

Bagno Vignoni

Tel. +39 0577 887150

info@albergoleterme.it www.albergoleterme.it

Dove mangiare

OSTERIA DEL LEONE

Un locale storico di Bagno Vignoni, una location molto suggestiva, arredamento semplice e di gusto, qualità dei piatti ottima (carciofo alla giudea, pappardelle ai porcini, ribollita).

Via dei mulini 3

Bagno Vignoni (SI)

Tel. +39 0577 887300

www.osteriadelleone.it

ANTICA TRATTORIA AL VECCHIO FORNO

Qui si rivive la dimensione storico culturale del luogo in uno spazio che accolga l’ospite facendolo sentire a casa e offrendogli un momento di gioia in un ambiente informale ma raffinato.

Via Poliziano 18

San Quirico d’Orcia (SI)

Tel. +39 0577 899028

www.palazzodelcapitano.com

Dove comprare

LIBRORCIA

Un po’ libreria, un po’ biblioteca. Sicuramente un posto incantevole dove trovare libri interessanti conditi da un’atmosfera rilassante.

Via delle Sorgenti, 38

Bagno Vignoni (SI)

Tel. +39 392 184 4090 info@librorcia.com www.librorcia.com

TOSCANA LOVERS

Il miglior artigianato toscano, i vini di Casato Prime Donne, tessuti lavorati a mano per la casa, ceramiche, saponi e candele, capi d’abbigliamento artigianali.

Piazza delle Sorgenti 33

Bagno Vignoni (SI)

Tel. +39 0577 662108 www.toscanalovers.it

Il Tempio Fraternitàdella (dei popoli) di

Cella di Varzi

Nel nome di una ricostruzione della fratellanza umana

Autrice: Simona Vitali
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Una coltre fittissima di margherite, che nascono spontanee ogni anno a primavera, è il benvenuto che riserva il prato antistante il Tempio della Fraternità di Cella, piccolissima frazione del comune di Varzi (PV), che oggi conta non più di una sessantina di abitanti, tutti benevoli verso quest’opera visionaria, unica nel suo genere, ancora capace di richiamare gente fin quassù, dove si giunge attraverso un dedalo di stradine da percorrere con prudenza. C’è stato anche il tempo in cui le  rondini entravano nel Tempio, volando e cinguettando e pure nidificando indisturbate, protette da quel prete di montagna amico di tutti,  don Adamo, che ammoniva i bambini a non disturbarle perché: “Provengono da Paesi lontani e sono messaggere di fraternità”. Simboli, se vogliamo, segnali di quella vita che è più forte di ogni bruttura.

Che fare per il ritorno della concordia fra gli uomini e le nazioni

Ne sapeva qualcosa il don che, al rientro dell’esperienza di guerra come cappellano militare, aveva chiesto al Vescovo di essere mandato in un posto isolato, lontano dalle atrocità che aveva dovuto vedere, per ritrovarsi. Nel suo cuore il proposito, appena gli fosse stato possibile, di fare qualcosa per il ritorno della concordia fra gli uomini e le nazioni. Quando ormai il suo pensiero si era assestato sull’idea che null’altro avrebbe potuto che educare

fanciulli e giovani a quegli ideali, oltre che pregare, è accaduto che alla fine del 1951 abbondanti piogge abbiano reso franosa la zona e quindi inagibili chiesa, casa del parroco e campanile, già gravemente lesionati da una scossa di terremoto. Da qui il dilemma se intervenire su quelle strutture o ricostruire. Le macerie della vecchia chiesa richiamavano alla mente di don Adamo quelle tante rovine di guerra che si sarebbero potute raccogliere da ogni dove (nel mondo) per inglobarle, nel vero senso della parola, nella realizzazione di un nuovo tempio, come a simboleggiare la ricostruzione della fratellanza umana. Un segnale - è il caso di dirlo - che la vita gli ha messo davanti in quel periodo - perché è questo che capita in certi frangenti - come per incoraggiarlo a fare quella scelta.

Di cosa può essere capace un “semplice” parrochetto di montagna

Gliel’aveva predetto Dino Buzzati, incontrato al Corriere della Sera: “Guardi, se lei fosse qui a Milano o in qualche altro grosso centro la sconsiglierei. Così pure la sconsiglierei se lei fosse un monsignore, un prelato avente una forza propria… ma proprio perché è un semplice parrochetto di campagna, e di campagna sui monti, quello che sembra la sua debolezza sarà la sua forza, perché sarà preso in considerazione da molti, e sarà aiutato”. E così è stato come ci raccontano  Matteo e  Giancarlo, che in certo senso hanno raccolto insieme ad altri affezionati abitanti del luogo il testimone da don Adamo, continuando a prendersi cura del tempio - oggi anima esclusiva di questa piccola frazione che a suo tempo è stata un’impor-

Tempio della Fraternità

tante rocca difensiva - onorando la straordinarietà di un don con cui sono cresciuti: aperto a tutti, mai giudicante e capace di buttarsi con le sue esili forze in un’avventura più grande di lui, con la fiducia di chi si lascia guidare da un certo sentire. Come, a fronte del dubbio sul che fare, quell’aver preso “d’istinto” un treno che lo ha condotto a Torino e da lì essersi imbarcato per Parigi senza una ragione ben precisa, finché per una serie di fortuiti incontri non si è trovato davanti all’allora Nunzio

Apostolico  Angelo Roncalli,  poi divenuto Papa Giovanni XXIII. Questi non ha solo accolto favorevolmente l’iniziativa ma l’ha pure incoraggiata e si è premurato di inviare  la prima pietra per la costruzione del tempio - prelevata da una chiesa nei pressi di Coutances, distrutta durante lo sbarco in Normandia -, togliendo ogni dubbio su quale fosse la strada da percorrere.

La deposizione della prima pietra del

Tempio della Fraternità

È il 7 settembre 1952 quando si organizzano slitte (carri senza ruote) trainate da buoi per portare sul sagrato della chiesa diroccata una piccola delegazione proveniente da Parigi e procedere con la deposizione della prima pietra. Ha inizio così, ufficialmente, la costruzione del Tempio, che si ispirerà alle chiese francesi, con il campanile incorporato nella facciata. Don Adamo si spende senza riserve per far conoscere il progetto e fa arrivare il messaggio ovunque perché si inviino pezzi delle rovine delle guerre nel mondo (che nel 1951/52 erano ancora tante). “Tutto questo in anni in cui il paese si stava spopolando. Un atto doppiamente coraggioso” - ci tiene a sottolineare Giancarlo, che insieme a Matteo ripercorre con noi quegli anni intensi, surreali per alcuni aspetti, ma

Paracadute militare Interno del Tempio

veri, vitali e di senso. Un senso più che mai attuale, bruciante.

Rovine di guerra diventano simboli di vita

Sono giunti aiuti oltre che dall’Italia, anche dall’estero, dove don Adamo aveva instaurato contatti con Corpi diplomatici, uffici culturali delle ambasciate, associazioni di reduci, missionari, comunità italiane (“Cerchi di non avere il molto da pochi ma il poco da molti, così avrà più amici legati al suo Tempio” così si era raccomandato a don Adamo un gruppo di italiani emigrati e in effetti così è stato). E oltre agli aiuti hanno iniziato a pervenire pure le  rovine di guerra richieste un po’ ovunque. Se all’inizio  erano pietre informi, blocchetti di cemento, addirittura calcinacci che al loro passaggio dagli uffici doganali lasciavano qualche perplessità

(temevano trappole) e che il don aveva poi cura di far incastonare nel muro in costruzione, in un secondo momento invece, grazie ad articoli giornalistici e servizi televisivi, hanno iniziato ad arrivare anche  resti artistici, veramente da tutto il mondo, che sono stati utilizzati per arredare il Tempio, inaugurato nel 1958 secondo una concezione ben precisa.

Un luogo che vuole essere per tutti

Niente marmi, dipinti e arredi preziosi ma  pezzi di guerra alquanto evocativi trasformati in simboli di vita, per mano dello stesso don Adamo, sono andati via via a significare quel  luogo unico che voleva essere per tutti   e che di fatto era anche una chiesa parrocchiale che stava risorgendo. Ecco il significato delle tante  bandiere nazionali allineate

alle pareti, a fare da sfondo a un altare, composto da materiali provenienti da  un centinaio di località diverse dove la guerra ha maggiormente infuriato (Berlino, Londra, Dresda, Varsavia, Montecassino, El Alamein e pure Hiroshima e Nagasaki). Sopra lo stesso altare è calato dal soffitto un  paracadute aperto, 90mq di seta, a gravitare il messaggio che qualsiasi cosa ci possa succedere nella vita Dio ci concede un ideale paracadute che ci salvi, pur ammaccandoci.

Un altro elemento di forte significato è il tabernacolo  costituito da un  proiettile di cannone 305, dono della Marina Militare, e non da meno il fonte battesimale realizzato dentro un otturatore di cannone 305 della corazzata Andrea Doria, divenuto da strumento di morte a simbolo di vita.  Messaggi forti, profondi, si rincorrono. E quanto ne abbiamo bisogno di raccoglierli, tutti quanti noi, nessuno escluso, su quella strada di valori universali che trascendono la religione, per chi non crede, ma trovano punti di incontro e coincidenza, anche in luoghi come il tempio in oggetto. Questa almeno è stata la volontà di  don Adamo, così  benevolo

verso tutti, pronto ad accogliere chiunque senza distinzioni.

Ogni pezzo è frutto di pensiero

Dicevamo che sono tanti i simboli su cui soffermarsi come quel gigante  Cristo a muro, composto con armi insanguinate, tutte con una storia particolare e pervenute da ogni dove, che intende esprimere un Cristo costituito dai nostri dolori (prendiamo l’aureola, che circonda il capo di Cristo, per esempio. Questa non è che una “forca” che viene dal Congo, ossia un anello di ferro apribile che i predoni arabi mettevano al collo dei negri).

E pure quel  pulpito  realizzato con i  resti di due navi inglesi che hanno partecipato allo sbarco in Normandia, come simbolo di pace che naviga nell’agitato mare dell’oggi. Oppure le  sabbie dei fiumi principali e più significativi  del globo (giusto i fiumi e non i mari proprio per la loro maggiore varietà) raccolte in tasche di legno allineate sulla balaustra per significare una  riva ideale di pace per tutti

E potremmo continuare ad oltranza perché lì dentro  ogni minima cosa è frutto di pensiero, ha un senso ben preciso. Il nostro

Tabernacolo di proiettile di cannone 305

consiglio è di approcciare con mente libera e materiale informativo, in dotazione all’ingresso, alla mano…sempre che non si abbia la fortuna di imbattersi in qualcuno degli angeli custodi che si stanno prendendo cura di questo luogo. Come Nadia e la sua famiglia, nel suo infaticabile ruolo di aprire e chiudere il tempio. E con lei altri si adoperano per mantenerlo vivo.

L’inusuale allestimento esterno

Ma non finisce qui. Uscendo sul sagrato verde di prato c’è tutto l’allestimento esterno con i pezzi più voluminosi, i mezzi pesanti dislocati come a dare a ciascuno il suo spazio di attenzione: da un altare allestito con bombe e missili della Marina a un carro armato M7 Seaxton a un un cannone modello 57/50 a una scialuppa di salvataggio per citare alcuni pezzi…  fino alla scalinata della Civiltà, che porta a un parco dove si trova velivolo F104 e diversi suoi componenti.

Il Tempio della Fraternità (dei popoli) nel 2020 è stato completamente ristrutturato grazie a don Luigi Bernini, rettore per ben 20 anni. Poi il testimone è passato a

don Francesco Favaretto, parroco di Varzi (PV), don che ha il suo bel da fare nel gestire l’intero e sfaccettato comune, con tutte le sue frazioni, ma la messa della domenica, fino ad ora, è stata sempre garantita. Speriamo vivamente che possa esserlo anche in futuro.

È di nuovo il tempo del Tempio della Fraternità

Ci sono  luoghi senza tempo per la potenza del messaggio che gravitano  ma ci sono tempi, come questo che stiamo vivendo,  in cui è più necessario che mai ricordarci che questi luoghi esistono. Mettiamo il più al corrente possibile la gente di questo, facciamolo sapere, che la voce arrivi ben in alto – dove si possono prendere decisioni - , perché è troppo attuale il messaggio gravitato. Manteniamoli vivi, luoghi come questo, con la nostra presenza, usiamoli per instillare nelle nuove generazioni il ribrezzo per la guerra e l’anelito alla pace. I ragazzi sono molto più sensibili di quanto immaginiamo. Ma il lavoro dobbiamo farlo a partire da noi adulti…

Pulpito da prua di una nave inglese Sabbie dei fiumi del globo

Tante volte  don Adamo ha raccontato questo  progetto che spingeva forte dentro di lui, come se sentisse che sarebbe servito come monito ben oltre quel dopoguerra. Tante volte con pazienza lo ha raccontato per portare chi lo ascoltava su quel disegno che poteva apparire folle ma aveva una forza così prorompente da riuscire a imporsi. E lo ha fatto con la  spiazzante

semplicità di un prete di montagna che ti dice: “Sediamoci qui all’ombra di questo grande abete che ti racconto…” abete che si trova proprio di fronte a quella distesa di margherite che compare a primavera - e qui la vita si manifesta dirompente - davanti a bombe e missili che compongono l’altare della Marina.

Scalinata della Civiltà

Dove dormire e mangiare

Dove mangiare

LA GINESTRELLA

Nonostante le sue piccolissime dimensioni Cella di Varzi conta un albergo e ristorante a conduzione familiare, che consente di vivere l’atmosfera essenziale di quel luogo, dove trovare un immancabile salame di Varzi di propria produzione, i tipici ravioli di brasato ma anche gnocchetti di castagne o piatti di zone limitrofe come la bagna cauda… tutto all’insegna della semplicità di una famiglia bendisposta ad accogliere A pranzo il menù è fisso.

Frazione Cella, 32, Varzi (PV)

Tel. +39 0383 52150

LA PRIMULA BIANCA

Pranzare di gusto, seppur a menù fisso, e sublimare l’esperienza la sera o nelle giornate di festa quando la scelta dei piatti, tutti curati e piacevoli, si amplia. Anche il buon bere ha un suo spazio di tutto rispetto. La cordialità è di casa in quest’altro ristorante storico, in auge dal 1969. Per chi intendesse rimanere qualche giorno in zona, la struttura dispone anche di stanze per il pernottamento.

Frazione Castellaro, 30 Castellaro (PV)

Tel. +39 0383 52160

www.primulabiancavarzi.it

RISTORANTE BUSCONE

Ristorante storico, sito in un caratteristico e curatissimo borgo di case in pietra, a pochi km da Cella di Varzi, impegnato da 50 anni nella produzione (non mancare il salame Varzi) e ricerca di prodotti locali di qualità, che propone piatti della tradizione della Valle Staffora. La guida Michelin lo ha nominato fra i ristoranti bib gourmand della propria guida, per l’ottimo rapporto qualità-prezzo.

Località Bosmenso Superiore, 41, 27057 Bosmenso Superiore, Varzi (PV)

Tel. +39 0383 52224

info@ristorantebuscone.it www.ristorantebuscone.it

Dall'1 aprile al 30 ottobre tutti i giorni ore 9 - 18,30

Negli altri mesi invernali sabato e domenica ore 9-17 e, preavvisando, anche negli altri giorni. +39 348 0449423 Matteo - +39 3331061550 Nadia

Le Colline Moreniche del Garda

Qui c’è pace e bellezza

Autore: Guido Parri
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A percorrere le Colline Moreniche del Garda, a soli quindici minuti d’auto da Sirmione e Desenzano, si prova un senso di pace assoluta; grazie al paesaggio dove la mano dell’uomo ha modellato con cognizione di causa: ai borghi che si rincorrono raccontando la storia con le loro architetture; alle persone che si muovono tranquille rispetto alla confusione che c’è sul lago. Un territorio disposto ad ampi cerchi concentrici che risale a quando il Garda era ancora un enorme ghiacciaio che, poco alla volta, si è ritirato lasciando il posto a un ambiente verde, del “più bel smeraldo” per citare il mantovano Virgilio.

Ma qui ci sono stati anche i momenti più duri della guerra d’indipendenza che ha tracciato il percorso di un’Italia indipendente e ha dato vita a un senso di solidarietà super-partes con la creazione della Croce Rossa internazionale, avvenuto proprio in questi luoghi durante il Risorgimento.

Solferino

Il nostro viaggio inizia proprio da qui, dal Memoriale della Croce Rossa che si trova a poca distanza dalla rocca chiamata Spia d’Italia. Fu eretto nel 1959 in memoria del Premio Nobel per la pace Jean Henry Dunant che ebbe l’idea di dar vita alla Croce Rossa dopo aver assistito al pietoso spettacolo della battaglia di Solferino che produsse 2492 morti e 12.500 feriti tra i franco-piemontesi, 3000 morti e 10.800 feriti fra gli austriaci. Nel piazzale ci sono le targhe delle oltre 130 nazioni che hanno aderito via via alla Croce Rossa. Da qui, ogni 24 giugno parte una fiaccolata della pace a cui partecipano centinaia di persone. Dal Memoriale alla Rocca, costruita nel 1022, il passo è breve e vale davvero la pena di entrare e salire all’ultimo piano da cui lo sguardo spazia ovunque: dal Monte Baldo a Sirmione, dalla vicina Cavriana a tutto l’entroterra delle colline. Questo torrione di epoca medievale fu osservatorio privilegiato della battaglia del 1859, di cui troviamo evidenti tracce nella chiesa dell’Ossario che conserva molti resti dei caduti nella battaglia (1713 teschi e più di 7000 resti di scheletri). È uno spettacolo terribile e af-

Memoriale della Croce Rossa a Solferino

fascinante allo stesso tempo, che vale la pena di visitare perché pone diverse domande alle nostre menti. La più potente è: ancora non abbiamo capito, continuiamo a fare le guerre! Ma Solferino non è solo la battaglia. Ai piedi del torrione c’è una delle più belle piazze del territorio: Piazza Castello che, insieme al resto, è valsa il conferimento al borgo di Bandiera Arancione da pate del Touring Club Italiano, con questa motivazione: “Il valore, la varietà e la fruibilità dei numerosi monumenti uniti al contesto naturalistico delle colline moreniche e alla vivacità della località sono punti di forza importanti. Buona è anche la presenza di bacheche e pannelli informativi che permettono di avere informazioni su cosa fare e vedere sul territorio ed efficiente è la segnaletica di indicazione che permette di individuare con facilità le strutture ricettive e ristorative e gli attrattori”.

San Martino della Battaglia

Prima di visitare la torre che sovrasta tutto il paesaggio circostante, conoscevo San Martino della Battaglia solo per un particolare: era il territorio che ospitava la più piccola DOC vinicola italiana: il Tocai liquoroso, un vino che si sposa alla perfezione con i formaggi di tutto il mondo.

Quella torre dalla cui terrazza, raggiungibile con una rampa di circa 400 metri, si osserva l’intera sponda sud del Lago di Garda, il Monte Baldo, il bellissimo GardaGolf Country Club e le antiche cascine coinvolte nella battaglia risorgimentale, ospita affreschi che rievocano le tappe fondamentali del Risorgimento italiano.

Nei pressi della torre si trova, ospitato all’interno della cappella gentilizia dei conti Treccani, l’ossario che raccoglie 1.274 teschi e le ossa di 2.619 soldati dell’Armata Sarda e dell’VIII Corpo d’armata dell’Imperial regio Esercito austriaco.

Chiesa dell'ossario

Castiglione delle Stiviere

Appena arrivati ci ha colpito uno strano monumento che raffigura un manipolo di donne: “È in ricordo delle donne di Castiglione che si presero cura delle migliaia di feriti, di entrambe le parti, delle battaglie risorgimentali, il cui coraggio fu apprezzato da Jean Henry Dunant che, grazie a loro, maturò l’idea della Croce Rossa” mi racconta Claudia Morselli, guida d’eccezione e coordinatrice dell’associazione delle Colline Moreniche del Garda di cui fanno parte undici comuni.

Castiglione è famosa per diversi motivi: è il cuore del distretto della calza, è nota per essere la “città delle fontane” perché un tempo era ricca di fontane e lavatoi, è la città che ha dato i natali a San Luigi Gonzaga, patrono mondiale della gioventù. Camminare per le sue vie è piacevole, sostare a lungo nella chiesa che accoglie le reliquie del santo (il teschio) ti permette di riflettere sulla vita di questi personaggi che, spinti da una fede incrollabile, lasciano tutti gli agi per stare accanto ai più bisognosi, ai giovani che hanno necessità di una guida.

Morì all’età di 23 anni, nel 1591 a Roma, per aver portato a spalla un appestato fino al più vicino lazzaretto. Nel centro del paese, in Via Garibaldi 50, trova spazio il Museo Internazionale della Croce Rossa dove si possono consultare le testimonianze scritte, i libri, i documenti che ricordano la nascita e lo sviluppo del progetto. Sono visibili anche le lettighe in legno della metà dell’Ottocento e le prime ambulanze a motore del 1930.

Sulla strada che porta a Desenzano, a pochi chilometri dal paese, si arriva al piccolo

Eremo della Ghisiola, un autentico luogo di riflessione e silenzio che trova il suo apice nella piccola chiesa immersa nel verde paesaggio collinare. Qui Marta Tana, madre di S. Luigi, si recava per pregare davanti all’affresco della Madonna della Rosa.

Il Convento di Santa Maria, invece, (situato a un km da Castiglione) è la ex dimora di campagna della famiglia del Santo. La storia racconta che Luigi Gonzaga si ritirò qui, dopo che il padre tentò di proibirgli la vita religiosa. Il convento è anche un rilevante sito archeologico di epoca etrusca, periodo in cui venne fondata Castiglione.

Castiglione_delle_Stiviere-Convento_Santa_Maria Foto Massimo Telò

Cavriana

La cittadina sorge su un colle da cui si domina la vallata, e questa posizione fu particolarmente favorevole durante la seconda guerra d’indipendenza all’esercito franco-piemontese per sconfiggere definitivamente gli austriaci e dare il via al processo di libertà e unificazione dell’Italia, ma Cavriana ebbe anche tanta parte nel Rinascimento italiano per grazia, magnificenza e bellezza. Fu, infatti, con Isabella d’Este, “liberale e magnanima” come scrisse Ludovico Ariosto, che Cavriana ebbe un ruolo importante come centro culturale, d’arte e di delizia. Ne è testimonianza Villa Mirra, nel centro del paese, dove Isabella soggiornava nella sua venuta estiva a Cavriana. Le mura, di un rosso pompeiano, raccontano anche degli usi che questo edificio subì nel corso dei suoi lunghi anni. La villa, oggi di proprietà del comune, ha visto nei suoi grandi locali la presenza di Napoleone III e degli ufficiali che condussero vittoriosi le battaglie della seconda guerra d’indipendenza; ma anche la troupe, negli anni Settanta, di Paolo Pasolini che vi girò Salò o le 120 giornate di Sodoma, ultimo film del grande intellettuale. E la presenza, nel 1959, a cent’anni dalla battaglia, dei due presidenti della repubblica, italiana e francese, Giovanni Gronchi e Charles De Gaulle, venuti a ratificare il trattato d’ami-

cizia tra i due popoli.

Cavriana è anche una Città del Vino, perché qui il vino è storia, come dimostrano i vinaccioli trovati nelle palafitte di Bande, come testimoniano gli scritti di Virgilio e le grandi cantine di Villa Mirra. Siamo nella zona a denominazione di origine controllata Colli Mantovani e i vigneti compongono il paesaggio che circonda Cavriana.

Ma la visita, nel centro storico del paese non può esimersi dai resti del castello gonzaghesco, riportato alla luce da Giorgione Tondini e dai suoi amici che lo liberarono dai rovi in cui era ormai avvolto.

Infine le mandorle! Cavriana è circondata dai mandorleti, ma quelli che ci hanno colpito li abbiamo visti nei pressi di un luogo magico: la Pieve di romanica di Santa Maria, da cui la vista spazia sull’anfiteatro morenico. Questo è un luogo molto amato dai cavrianesi, dove il viale costeggiato da pini e cipressi contorna uno dei posti più belli di tutta la cittadina.

Le Colline Moreniche ci riservano, però, ancora molte sorprese: Castellaro Lagusello, Volta Mantovana, Ponti sul Mincio, e ancora Monzambano, Pozzolengo, Medole, Guidizzolo, Goito, Marmirolo. Ognuno con una storia particolare, con un paesaggio delicato, di cui parleremo in un secondo articolo. Promesso!!

Il Monte Baldo e il Lago di Garda visti dalle Colline Moreniche

Dove dormire

ALBERGO ALLA VITTORIA

L’albergo è immerso nelle colline Moreniche, nel centro di Solferino a pochi chilometri dal lago di Garda, ti propone un ambiente rilassante e confortevole dove concederti una pausa o un soggiorno business. Via Ossario, 27 - Solferino (MN)

Tel. +39 0376 854051 info@darenato.it www.darenato.it

JHD DUNANT HOTEL

Un “contenitore d’arte” di 78 camere uniche ed esclusive, dedicate a Jean-Henri Dunant, fondatore della Croce Rossa. Le particolarissime stanze sono insonorizzate, arredate in stile moderno e adeguate a standard alberghieri di categoria e dispongono di aria condizionata, minibar, cassaforte, TV Lcd 40”, connessione internet Wi-Fi Fibra.

Via Donatori di Sangue,2 Castiglione delle Stiviere (MN)

Tel. +39 0376 673449 www.dunanthotel.it

HOTEL ALLA CORTE DEI BRICCHI

Hotel Alla Corte dei Bicchi mette a disposizione un giardino, un parcheggio privato gratuito, una sala comune e un ristorante. Dieci camere splendidamente arredate, ognuna con pavimenti in parquet e dotate di tutti i comfort di casa quali bagni privati, servizi igienici impeccabili. L'alloggio è interamente non fumatori ed è ubicato a 18 km da Terme Virgilio di Sirmione.

Via Guidizzolo, 10 Cavriana (MN)

Tel. +39 0376 815024 info@allacortedeibicchi.it www.allacortedeibricchi.it

VILLA VERONESI

Sei camere esclusive, ognuna con una palette di colori unica che caratterizza gli arredi, i pavimenti e i tessuti. Materiali naturali, design e tecnologia, insieme per circondarti di attenzioni e per regalarti esperienze ogni volta diverse. Dotazione di Wifi in tutta la struttura e presenza di domotica.

Località Colombara Peretti, 1

San Martino della Battaglia (BS)

Tel. +39 030 763 0074 www.villaveronesi.it

Dove mangiare

DA RENATO ALLA VITTORIA

La cucina vi offre la tipicità del territorio, genuina e tramandata in famiglia sulle ricette storiche. Troverete la pasta fresca e tutta la bontà e la varietà dei piatti tipici mantovani. Una ricercata carta dei vini del territorio da degustare al pasto.

Via Ossario, 27

Solferino (MN)

Tel. +39 0376 854051 info@darenato.it - www.darenato.it

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L’offerta prevede una vasta scelta di menu adatti a tutte le esigenze dei nostri ospiti e ad eventuali intolleranze. Il menù viene aggiornato periodicamente per garantire un’esperienza sempre nuova agli ospiti e assecondare la stagionalità della materia prima. Via Guidizzolo, 10 Cavriana (MN)

Tel. +39 0376 815024 - info@allacortedeibicchi.it www.allacortedeibricchi.it

RISTORANTE CORTE DELLE ROSE

Deliziosa corte ben curata, dall'aspetto raffinato e familiare, due mani esperte di cucina accurata e di qualità, personale gentile e uno chef di quelli che vorresti come vicino di casa, accogliente e di buon gusto.

Via Santa Maria delle rose

Castiglione delle Stiviere (MN)

Tel. +39 0376 944135 bertini.lu@tiscali.it

RISTORANTE DA RENATO

Ristorante rinnovato e moderno con una cucina buona e di qualità. Il pesce sempre freschissimo e la carne molto buona. Il buffet di verdure è un valore aggiunto. Personale sempre gentilissimo e pronto a soddisfare ogni richiesta. Rapporto qualità-prezzo ottimo.

Via Unità D'Italia, 73

San Martino della Battaglia (BS)

Tel. +39 030 991 0117

Offida la città del sorriso

E dei merletti a tombolo… e del vino… e della qualità della vita

Autore: Luigi Franchi

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Ci si arriva piano a Offida, lo sguardo si perde nel paesaggio circostante e, in una delle prime mattine di primavera, il verde si confonde con il bianco accecante delle nevi che coprono la punta di Monte Vettore. È un viaggio lento, come quelli che piacciono a me, mentre guido penso a cosa troverò in quel borgo che mi si è parato davanti agli occhi la sera prima leggendo le pagine di un quotidiano locale. Ci arrivo alle otto di un sabato mattina, in mezzo al silenzio. Negozi chiusi, ante delle finestre anche, i musei non parliamone. Bene, mi dico, vuol dire che qui il tempo ha ancora un significato

Me ne vado per la strada principale del centro storico ascoltando solo lo scalpiccio dei miei passi e decido di camminare ancor più lentamente posando piano i piedi sulle pietre e sull’asfalto, come a non disturbare il sonno

o la tranquillità delle case che mi circondano. C’è una via principale nel centro storico che attraversa tutto il borgo fino alla chiesa di Santa Maria della Rocca, che sorge su uno sperone roccioso e domina tutta la valle circostante. La percorro apprezzandone ogni particolare, gli ingressi dei musei e delle botteghe dove entrerò alla loro apertura, le insegne artistiche che indicano i luoghi facenti parte del patrimonio storico architettonico della cittadina, il paesaggio che ogni tanto appare tra una casa e l’altra, la piazza centrale che è la summa di ciò che si dice di questa cittadina: Nobilis interius laetis iacet Aufida campis Urbs munita loco, divitiisque potens. (Francesco Panfilo, “Picenum”, 1575)

Internamente a lieti campi in mezzo, sta la nobile Offida; adorna e forte di rocca e muri, e che potente fanno le sue ricchezze e il cittadin valore. (Traduzione di Ab. Carlo Arduini 1815-1881).

Sullo sperone di Santa Maria della Rocca

In pochi minuti arrivo davanti a Santa Maria della Rocca. Chiusa anch’essa ma circondata da una piccola area verde da cui lo sguardo può spaziare. Mi siedo su una panchina e lascio libera la mente. Da quanto tempo non vivevo questa sensazione di serenità e di vuoto positivo. Alle dieci la chiesa apre e mi avvicino cercando di capirne la datazione, all’incirca del 1300, ma, appena dentro, scopro, grazie alla spiegazione della signora che è alla biglietteria, che la chiesa sorge su un’antica chiesuola risalente all’anno 1039. L’interno è stupefacente, con affreschi di una bellezza straordinaria. Peccato

che sia in parte ancora sottoposta alle opere di sostegno del dopo terremoto.

Sulla strada del ritorno mi fermo a Palazzo De Castellotti, sulla via principale, che racchiude il polo museale di Offida, quale miglior occasione per capire meglio questo splendido borgo; la via che all’andata era silenziosissima ora ferve di persone, le botteghe sono aperte, si respira quell’aria tipicamente italiana che ci fa apprezzare in ogni parte del mondo.

Sulla panchina avevo letto di una bellissima opera artistica e letteraria fatta dai bambini di Offida: una guida di Offida fatta con gli occhi e le mani dei bambini, questo il titolo che mi consente di muovermi con più comprensione tra le vie, scoprendo ancheOphys, il serpente dorato che pare sia sepolto sotto la via che sto percorrendo Cosa c’entra un serpente con la storia di questo borgo? Il racconto dei bambini è chiarissimo al riguardo:

“Tanto tempo fa Offida era governata da un re molto cattivo e, per questo, era odiato da tutti. I re dei paesi vicini decisero di fargli guerra, quando egli si accorse che era in pericolo, fece fondere tutto l’oro che possedeva, gli diede la forma di un serpente e lo seppellì nelle viscere della terra. Si comincia a parlare del Serpente Aureo per la prima volta verso la fine del 1700, durante il rinnovamento culturale avvenuto nel periodo dell’Illuminismo. Il serpente rappresenta il Male, ma è anche legato alla ragione, rappresenta la vita, l’eterna giovinezza (infatti cambia la sua pelle con la muta). Tra il 1700 e l’Unità d’Italia il gruppo dei Carbonari, per non farsi scoprire dal Papa, usava dei codici, il Serpente era uno di quelli. In seguito è stato assunto come simbolo del paese dallo storico Guglielmo Allevi (che faceva parte della Carboneria)”.

Oggi il Serpente Aureo è il nome che hanno dato a uno dei teatri più belli delle Mar-

Chiesa di Stanta Maria della Rocca
Affreschi nella Chiesa di Stanta Maria della Rocca

che, regione che ha fatto di questi edifici un progetto turistico di grande impatto, e che si trova all’interno del Palazzo Comunale. Costruito nel 1820 venne ampliato nel 1862, un anno dopo l’Unità d’Italia, e decorato con i colori della bandiera nazionale. Dal momento che sono da queste parti approfitto del fatto che Offida è anche Città del Vino per degustare e comprare dell’ottimo Pecorino alle cantine Ciù Ciù che hanno aperto un punto vendita in Piazza del Popolo.

A questo punto non mi resta che il Polo Museale per capire davvero tutto di questo luogo. Palazzo De Castellotti è la dimensione ideale per un museo che racchiude diverse anime: quella archeologica, quella artistica con la pinacoteca, quella delle tradizioni popolari e quella del merletto a tombolo.

Nel museo archeologico sono custoditi i reperti delle campagne di scavo di Guglielmo Allevi (1834-18969) che datano la nascita di Offida al tempo degli etruschi, in particolare vi è conservato quasi intatto il nucleo fondamentale della Officina litica, delle due importanti necropoli Picene di Offida e Spinetoli, assieme alla decorazione fittile templare di epoca repubblicana attribuita al leggendario Tempio dell’Ophys.

In quello delle tradizioni popolari, istituito nel 1986 come Museo della civiltà contadina ed artigiana per iniziativa di alcuni professori della locale scuola Media “G.Ciabattoni” a scopo didattico. Nelle sale ci sono ricostruzioni reali di botteghe artigiane, l’esposizione degli attrezzi che hanno fatto a storia dell’agricoltura in questi luoghi.

La Rocca di Offida

Le merlettaie di Offida

Quello che, però, colpisce di più è il museo del merletto a tombolo, un’arte tutta offidana che risale al 1350, secondo le testimonianze dovute agli affreschi della collegiata dove sono ritratte tovaglie a merletto, ancor oggi conservate nella sagrestia.

Si apre un mondo guardando questi capolavori di artigianato, fatti esclusivamente da mani femminili, da madri che hanno insegnato alle figlie, generazione dopo generazione, come testimonia il monumento alle merlettaie posto all’ingresso del paese, realizzato dallo scultore offidano Aldo Sergiacomi.

Madri che non vollero mai la nascita di una scuola del merletto, tanto erano gelose del loro fare artigianale, tranne che,

nel 1910, quando inaugurò la scuola di merletto per le bambine delle elementari. In quell’occasione il direttore didattico, Giuseppe Serantoni, scrisse una lunga lettera al sindaco dove, tra le altre cose, affermava: “Nessuno esclude che ogni donna di Offida sappia fare il merletto, ma è fuori di dubbio che la scuola ne disciplina l’insegnamento graduale con metodo progressivo, dal facile al difficile, su disegni artisticamente stampati, raggiungendo col tempo la perfezione sulla esecuzione di lavori anche con disegni più complicati e difficili”. Ma anche questa scuola avrà vita breve perché le madri non accettarono che fossero altre ad istruire le figlie sull’arte e sui segreti del tombolo. L’arte del merletto, dal vivo, l’ho vista nella sede dell’associazione delle merlettaie di

Monumento alle merlettaie

Offida, sempre sul corso principale, dove è possibile comprare anche le loro creazioni che vanno dai braccialetti alle tovaglie e a tutto ciò che si riesce a fare con i fili intrecciati del merletto a tombolo.

I fili utilizzati sono generalmente di lino, canapa, cotone e seta, uniti a fili d’oro e d’argento che vengono attorcigliati attorno a fuselli di legno di ciliegio. Questi fuselli generano, durante il lavoro, un suono ritmato che accompagna il tempo delle merlettaie. Sono simpatiche le signore dell’associazione Il Merletto di Offida, ho conosciuto Giuliana e Marisa che mi hanno spiegato

come si utilizza il tombolo. Ti accolgono con un buon bicchiere di vino, con i dolcetti tipici, raccontano quest’arte antica che loro tengono viva. Un bel modo di vivere Offida, oltre a quello del periodo di carnevale dove il borgo si anima di questo evento storico risalente al 1524.

Che dire? Mi manca solo una cosa a cui nessuno degli abitanti ha saputo darmi una risposta certa: perché Offida viene definita la città del sorriso? Ma forse la risposta sta proprio nelle cose, nel sorriso con cui si è accolti in questo borgo marchigiano!

Giuliana, la merlettaia
Il tombolo per il meletto

Dove dormire

RESIDENZA AUREA

Si trova nel centro storico di Offida. Le camere in un ambiente tranquillo ed accogliente sono dotate di un ampio bagno privato con doccia, tv a led e impianto di riscaldamento/raffreddamento autonomo. Wi-fi gratuito.

Via San Francesco, 20 Offida (AP)

Tel. +39 333.4531639 www.residenzaaurea.it residenza.aurea@outlook.it

LA NEVIERA NEL POZZO

Nel centro storico una tipica dimora ristrutturata mantenendo le caratteristiche architettoniche originarie, come le volte, le travi in legno e i pavimenti in cotto.

Via San Martino 33 Offida (AP)

Tel. +39 0736 810109 info@offidanelpozzo.it

Dove mangiare

OSTERIA OPHIS

Una cucina saldamente ancorata alla tradizione locale che si basa su materie prime di altissima qualità. Legumi, verdure di stagione, olio extravergine d’oliva, polli ruspanti e carni di allevamenti certificati sono la prima ispirazione di questi piatti. Pasta e pane sono fatti in casa con farine vive di grani antichi.

Corso Serpente Aureo, 54/B Offida (AP)

Tel. +39 0736 889920 info@osteriaophis.com www.osteriaophis.com

OSTERIA CANTINA OFFIDA

L’Osteria Cantina Offida nasce dall’idea di creare un punto di ristoro dove assaporare e degustare il cibo e il buon vino della tradizione offidana.

Via della Repubblica 70 Offida (AP)

Tel. +39 0736 880104 info@cantinaoffida.it www.cantinaoffida.com

RISTORANTE VILLA SAN LAZZARO

Villa San Lazzaro è il luogo ideale dove ogni ricevimento assume il carattere della festa.

Nasce dalla volontà di inventare sempre nuovi modi di ricevere guardando il futuro con gli occhi di chi ha fatto tesoro del suo passato e non dimentica le tradizioni.

Villa San Lazzaro è ubicata in aperta campagna nell'immediata periferia di Offida, splendido comune della provincia di Ascoli Piceno.

Contrada Lava, 181

Offida (AP)

Tel. +39 0736 889399 info@villasanlazzaro.it www.villasanlazzaro.it

Dove comprare

IL MERLETTO DI OFFIDA

Bel negozio situato all'inizio dello splendido borgo di Offida, qui assai ben rappresentato da raffinatissimi manufatti dell'antica arte locale: quella del merletto a tombolo.

Molto ampia la scelta a prezzi diversi, con le tipologie e i disegni più vari, dagli intramontabili classici alle estrose creazioni moderne, ma sempre nel rispetto della tradizione e del buon gusto.

Incantevole e interessante osservare le donne all'opera, in negozio o sulla via, pazienti e laboriose testimoni di una sapienza antica eppure sempre attuale.

Corso Serpente Aureo 31

Offida (AP)

Tel. +39 0736 888642 info@ilmerlettodioffida.it www.ilmerlettodioffida.it

CIÙ

CIÙ SHOWROOM

Un vero e proprio viaggio alla scoperta delle tipicità di Offida, un percorso che comincia con la visita delle cantine storiche e della barricaia sotterranea del palazzo Mercolini Tinelli in Piazza del Popolo ad Offida, sede dello showroom, dove sarà possibile godere dei sapori del buon vino e del buon cibo.

Piazza del Popolo, 20

Offida (AP)

Tel. +39 0736 618024 www.ciuciutenimenti.it

La Garfagnana verace: Gallicano e Trassilico

Il bello di partire senza avere prenotato

Autrice: Simona Vitali
Ponte canale dell'acquedotto irriguo
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Partire battezzando una zona da visitare ma senza una meta ben precisa. Si può. A maggior ragione se la scelta cade nei luoghi ben lontani dalle prese d’assalto dei turisti.

Muoversi, letteralmente spostarsi, da un punto all’altro lasciandosi guidare dal proprio sentire e cogliendo prontamente i segnali, come indicatori di direzione, ci porta ad assaporare quell’ebbrezza della sorpresa che nella nostra mania di organizzare tutto ci concediamo sempre meno.

Basta poco: un piccola valigia con il necessario per vivere in completa libertà e bendisporsi a quello che si incontrerà.

Con questo spirito mi sono calata, questa volta insieme a un’amica, nel cuore della Garfagnana, un’intimistica valle verde su cui sono disseminati tanti piccoli centri abitati, o meglio, borghi di rara integrità.

Ci portiamo sulla nominata Barga, che pure è stata citata tra i Borghi più belli d’Italia, pensando di pernottare eventualmente lì ma l’indisponibilità di posti data anche da segreterie telefoniche attivate (e quando si parla di ospitalità non va bene!) ci fa virare verso Gallicano, abbarbicato su un colle che domina il fiume Serchia, dove, già al suo primo impatto, è tutta un’altra cosa.

È qui che il “caso” orienterà la nostra attenzione.

“Non correte”, si raccomanda il proprietario di Eliseo, l’albergo a conduzione familiare, a cui comunichiamo che lo avremmo raggiunto in tarda serata. “Che bel modo di accogliere!” – ci diciamo. Non solo. Al nostro arrivo una ragazza del luogo che sta transitando davanti l’hotel, si preoccupa di accompagnarci al primo parcheggio

Chiesa di San Jacopo Madonna col Bambino in terracota invetriata

utile. Così, con gratuità, senza che nulla le sia chiesto.

È curioso come lo spirito di certi luoghi si delinei da subito, prim’ancora di saperne di più.

Gli incontri, quelli belli

Sarà un incontro all’indomani - di sabato mattina - con un uomo che porta il cane a passeggio, a disegnarci il percorso che subito abbiamo sentito nostro.

“Adesso visiteremo Gallicano ma poi dove possiamo andare?” gli chiediamo con quell’impertinenza che prende quando si cercano informazioni.

E lui, incuriosito, ci domanda: “Da dove venite?” “Da Parma” ci affrettiamo a rispondere. A questo punto inizia a snocciolare idee: “Potreste salire a Trassilico, piccolo borgo abbarbicato sulla montagna che si può vedere anche dalla parte alta di Gallicano. Scendendo potreste raggiungere l’eremo di Calomini, incastonato nella roccia, e anche quello merita. E se può essere di vostro gradimento, in quella zona c’è anche la Grotta del vento da visitare. Già così vi riempite la giornata ma ci sono altri percorsi interes-

santi. E li cita.

Una signora di passaggio interviene nella nostra conversazione: “Questo è il nostro sindaco!”. A quel punto ne approfittiamo attaccando con altre domande… “Dalle 10,45 sono di turno al rifugio di Trassilico, se volete raggiungermi parliamo ancora” risponde lui prontamente.

Scendendo lungo il piccolo corso di Gallicano ci imbattiamo in vetrine che ospitano iniziative a carattere sociale (tra cooperative e associazioni di aggregazione). Più oltre, sul fondo, due fontane a muro da cui sgorga “acqua buona che viene dalla montagna” (le Alpi Apuane) – si premura di dirci un’abitante del luogo. “Vedete - aggiunge- quel piccolo tondo sopra le fontane? È in terracotta invetriata e rimanda a un’importante famiglia di scultori, i Dalla Robbia, sulla scena fiorentina del ‘400 e ‘500. Rappresenta una copia della Madonna col Bambino, posta sotto il Loggiato del comune. La incontrerete risalendo il borgo medioevale.

Un’esperienza di pace interiore

Prima però ci imbattiamo in un ponte alquanto singolare per la sua funzione. Tec-

Cimitero Ottocentesco di Gallicano

nicamente lo chiamano il Ponte canale dell’acquedotto irriguo e scopriamo che è stato progettato nel XIX secolo per risolvere i problemi di siccità. Captando le acque del torrente Turrile consentiva di irrigare i campi, in quell’epoca in cui l’agricoltura era l’attività dominante. Un vero e proprio gioiello architettonico e ingegneristico che, per la sua storia, è espressione della caparbietà dei gallicanesi (nel loro volerlo a tutti i costi) e di fatto è divenuto simbolo della cittadina. Visitabile attraverso tour organizzati, consente una visione di Gallicano dall’alto.

Inizia così un percorso culturale che si snoda attraverso un borgo che nel portare su è esso stesso un’esperienza di pace interiore, un luogo che non vorremmo lasciare più, un tempo che vorremmo si dilatasse… finché non arriviamo nella parte più vecchia di Gallicano, chiamata il Castello (di cui oggi restano le rovine), dove troviamo la chiesa di San Jacopo con la sua preziosa Pala d’altare, attribuita a Luca della Robbia, e accanto il cimitero ottocentesco che tanta storia racconta, per poi chiudere – salendo - alla Rocca lucchese, che nel tempo ha sùbito trasformazioni. Di questa oggi resta la torre campanaria, struttura molto antica che probabilmente risale al primo sistema difensivo. L’ha portata alla luce da pochi anni il proprietario di quella terra, Fabrizio Riva, nello sradicare rovi. Don Fiorenzo, che è parroco di Gallicano da 40 anni, non si sorprende di tutto il ben di Dio che si sta rinvenendo con gli scavi della rocca: “Gallicano è uno scrigno di opere straordinarie ma in passato la gente doveva mangiare (ossia aveva questa priorità) e ha trascurato il fatto culturale e religioso.

E ora c’è chi con cura si sta preoccupando di farlo riemergere (e salvaguardarlo)”. Per inciso, solo di chiese a Gallicano ce ne sono 7!

Verso Trassilico

Recuperiamo l’auto e ci avviamo, come pensato, verso Trassilico, dove non lo sappiamo ancora ma ci torneranno i conti, riusciremo meglio a collocare ciò che abbiamo raccolto o anche solo percepito.

Quell’isola verde della Toscana, come qualcuno ha definito la Garfagnana, ci appare in tutta la sua autenticità nell’affrontare i tornanti che separano Gallicano da Trassilico.

A rompere quel floridissimo verde boschivo una sorta di cuore giusto al centro della parete e l’Eremo di Calomini aggrappato e scavato nella roccia, che raggiungeremo al ritorno, con una piccola deviazione.

E continuando a salire troviamo cartelli che indicano percorsi: via della seta, via dei mulini…interessante…

L’arrivo a Trassilico è fortunato. Ci affianca una signora che sta uscendo di casa insieme col marito. Con loro varchiamo la porta di ingresso al borgo. Tempo di portarci all’altezza del rifugio e già abbiamo incamerato diverse informazioni, come solo chi è addentro sa dare.

Non ci vorrà molto a scoprire, da alcuni compaesani, che quella è la “sindaca”, l’assessora al turismo e il centro informazioni del luogo! Sa davvero tutto e tiene il polso della situazione. Ama il suo borgo e se ne prende a cuore. Con Marinella, questo è il suo nome, entriamo in confidenza da subito. Fino al 2000 ha avuto una bottega di generi alimentari: sa come si fa con la gente.

Le confidiamo che stiamo per raggiungere il sindaco vero, David Saisi, che è lo stesso di Gallicano: “Ci tiene tanto il sindaco a questo borgo!” esclama orgogliosa Marinella.

Pensando alla sua collocazione, là dove finisce la strada, Trassilico non te lo immagini così ben tenuto, curato. Evidentemente è davvero amato dalla sua gente, 76

persone stabili e il pieno d’estate con i ritorni di chi è andato altrove e l’afflusso dei turisti che dalla Versilia arrivano nell’entroterra.

Il rifugio, come è chiamato, è di agevolissimo accesso, non abbarbicato su di un cucuzzolo come accade di solito ma lungo il corso. Entriamo e, guarda caso, troviamo il sindaco intento ad allestire la sala per il pranzo, con un occhio al bancone del bar: quello è l’unico punto, in tutto il borgo, in cui è possibile fare consumazioni o pranzare, oltre ad avere funzione di ospitalità, sotto il cappello di cooperativa di comunità. Diciamolo pure che è il luogo deputato alla sopravvivenza di Trassilico e questo un sindaco che ci si impegna in prima persona lo sa bene. Pranziamo lì e attendiamo che la sala si svuoti per requisire sia lui che Luca, il gestore del rifugio

Il sindaco, uno di noi

“Partiamo da Gallicano – chiediamo al primo cittadino -. Sa che ci siamo sentite accolte bene, fin dal nostro arrivo? C’è qualche motivazione che avvalora questa nostra percezione?”

“Gallicano è riconosciuto in Garfagnana come un paese accogliente, questo è dovuto al fatto che è un territorio di confine perennemente invaso da modenesi, lucchesi, fiorentini, una volta governava l’uno una volta l’altro, quindi luogo di continuo incontro/scontro, in ogni modo aperto alle genti provenienti un po’ da tutte le parti. Pensate che si dice che chi beve l’acqua dalla nostra fonte si innamora del luogo e torna.

Nella nostra storia più recente, giusto sotto la giurisdizione del sindaco che mi ha preceduto, quando negli anni ’80 c’è stato lo sbarco degli albanesi Gallicano li ha accolti e oggi sono integrati e radicati, tanto per rimarcare la vostra percezione. Questo è un paese di comunità, molto attivo, con le sue associazioni impegnate per il prossimo, come avete rilevato anche voi. Già 40 anni fa faceva fiaccolate per il mondo…”.

“E di Trassilico, sindaco, cosa ci dice?”, incalziamo. “Trassilico è un nostro gioiello, diventato frazione del comune di Gallicano nel 1946, perché prima era un comune a sé stante. Noi lo abbiamo accolto volentieri e da lì, negli anni ’60, è stata fatta la strada di collegamento, perché in quan-

La Rocca estense di Trassilico

to comune estense era collegato con Castelnuovo di Garfagnana pure estense) e non con Gallicano (lucchese). Per noi gallicanesi Trassilico diventa ben presto una meta turistica, si riempie di turisti d’estate, e venire qui - se penso alle mie estati da studente - significava trovare ragazzi e ragazze che venivano da tutta la Toscana. C’è un legame forte con questo borgo. Avete visto, prima di entrare nel borgo, un piccolo edificio tutto aperto a mo’ di porticato? È il Fontanino, una fontana/lavatoio ad uso pubblico con fregi e iscrizioni in pietra come quella che recita, in un italiano misto a spagnolo:“non es fuogo che mas arda come lingua che mas habla” (un invito alle donne a tenere a freno la lingua) che fa risalire al soggiorno di truppe spagnole avvenuto a Trassilico nei primi decenni del XVI secolo. Anche a Trassilico le chiese non mancano! Ce ne sono quattro, quella di San Pietro è la più grande. All’apice del borgo c’è la Rocca estense, che dopo la donazione da parte di un privato, è stata restaurata nella cinta muraria e nel torrione, grazie a un fondo voluto dal Ministero della cultura”.

La cooperativa di comunità

E poi c’è questa cooperativa di comunità, che vuole essere la linfa di questo luogo. E qui non possiamo non parlare con chi di quel rifugio ci ha fatto la scelta di vita propria insieme alla compagna, Luca - no cognome, no foto “tanto chi mi deve conoscere mi conosce” - , ci dice.

La sua storia è significativa, passa per le esasperazioni della ristorazione per cui ha lavorato per 23 anni poi il covid ha stoppato tutto. “In quel periodo – racconta Luca – senza stipendio, senza alcun paracadute sociale, mi sono trovato del tempo per pensare, cosa mai avuta prima perché in quelle situazioni devi continuare a correre. Mi sono reso conto che le necessità per un essere umano sono poche, mangiare, avere un posto dove dormire… mentre sono tanti gli accessori che ti attaccano in quella società lì, dove non mi riconoscevo più. Sono venuto qua perché non volevo più mettere la maschera che si deve indossare davanti alla gente. Se sto simpatico o no sono fatto così, non sto più a nascondermi. Avevo necessità di riconnettermi con la natura. Sono arrivato qua perché invitato dal precedente ge-

Il Fontanino

store, di Desenzano come me. Sono rimasto quattro giorni insieme alla mia compagna e qui abbiamo deciso che saremmo rimasti. Nel giro di un mese abbiamo iniziato a gestire la cooperativa, che si prefigge nella sua idea originaria, non solo di attrarre gente, mettendo a disposizione posti letto (8+ gestione di 2 case vacanze) e un servizio bar/ristorazione, ma anche ricreare lavoro in loco (vedi riportare qui l’agricoltura, riattivare la filiera della farina di castagna con i suoi metati – casotti in pietra nel bosco, essicatoi per castagne - e i suoi mulini, per ricavarne la farina). Personalmente ho dovuto iniziare a misurarmi con quelle conoscenze primarie non coltivate prima (fare legna, coltivare la terra, potare gli alberi…) per cui mi sono attaccato a Modesto, custode delle tradizioni, che mi ha insegnato molte cose. Chi passa di qua deve cercare di intercettare Basilio, memoria storica, che noi chimiamo Enciclopedia! A quanti di noi, a quante nostre aspirazioni sta dando voce, Luca, persona liberata e libera!…

Ma torniamo al sindaco, che nel vederlo in azione in modo pragmatico, fattivo, è diventato un po’ anche il nostro sindaco e

gli chiediamo come sia maturata questa sua vocazione.

“Non mi sono mai occupato di politica poi, nel 2009, da un interessamento insieme ad amici circa la possibilità di realizzare una centrale di biomassa, ci siamo trovati a creare “Gallicano c’è”, una lista civica davvero che è riuscita a vincere.

Vogliamo fare il bene della nostra comunità e ci proviamo, standole vicino dove c’è bisogno di far crescere o di non far morire o di creare qualcosa di nuovo. Non abbiamo nessuno dietro di noi, facciamo quello che crediamo più giusto. In questa fase di passaggio per la cooperativa, nata da una visione importante di una persona che ora è andata via, la mia/nostra preoccupazione è di dare una mano in questa gestione che è piuttosto complessa, perché resti fedele agli intenti per cui è nata”.

Quanti ne vorremmo di sindaci così? Il nostro Bel Paese ci riserva anche queste piacevoli scoperte, a far ricchi i nostri racconti come una bella spolverata di Parmigiano Reggiano su un già ricco e allettante piatto di pasta!

Rifugio La Mestà Eremo di Calomini

Dove dormire

BED & BREAKFAST ELISEO

Sito nel centro storico di Gallicano, stupisce per la garanzia dei basilari: stanze grandi e linde, che sanno di pulito. Merce rara persino in strutturati hotel.

Via Camillo Benso Conte di Cavour 28 55027 Gallicano (LU) - tel +39 0583 74031 eliseo@eliseo.info

RIFUGIO LA MESTÀ

Direttamente sulla via principale del borgo medioevale di Trassilico, il rifugio/ostello offre 4 camere doppie per 8 posti letto con il bagno in comune.

Via Antonio Vallisneri 30, 55027 Trassilico - tel. +39 0583 1310683 rifugiotrasillico@hotmail.com

Dove mangiare

ELISEO

Il calore di una famiglia che propone, senza fronzoli, i capisaldi di una cucina garfagnina genuina, con la sua antica zuppa di farro, zuppa di erbe e verdure garfagnine, Ravioli di noci ai funghi, Tortelli al ragu, carne di qualità e trote locali. Tutto nel rispetto di quella tradizione che non si intende tradire.

Via Camillo Benso Conte di Cavour 28 55027 Gallicano (LU) - tel +39 0583 74031 eliseo@eliseo.info

RIFUGIO LA MESTÀ

Il luogo per eccellenza che garantisce la vitalità di Gallicano con un suo bar per una pausa caffè o merenda, la bottega per qualche acquisto di prodotti locali selezionati e la sala pranzo dove degustare piatti tipici. Eccellente punto informazioni dove raccogliere consigli da chi il borgo lo abita.

Via Antonio Vallisneri 30, 55027 Trassilico - tel. +39 0583 1310683 rifugiotrasillico@hotmail.com

Fra i diversi prodotti garfagnini ne consigliamo due in particolare, degni di nota per la loro qualità: - Farina di castagne macinata a pietra, Mulino di Piezza - miele di acacia, azienda agricola Roberto Franchi (due gocce d’oro al concorso Tre Gocce d’Oro premiati mieli d’Italia)

Reperibili nei punti vendita in zona.

Un meritato patrimonio UNESCO

Autrice: Giulia Zampieri
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Un sussulto, seguito da una sensazione di assoluta pace. È questo ciò che si prova varcando la soglia del Duomo di Monreale, dopo aver attraversato le viuzze e la piazza principale della cittadina normanna, Patrimonio UNESCO, ambita meta di fedeli e appassionati d’arte.

Monreale è situata ad appena otto chilometri da Palermo ma la distanza parrebbe decisamente maggiore: qui si abbandonano i frastuoni cittadini per accogliere una dimensione nuova, silenziosa, di raccoglimento e ammirazione. Qui, c’è da dire, di fronte a tanta bellezza e complessità anche chi è laico si ritrova ad assumere una posa spirituale, introspettiva.

Le origini

Monreale è sorta nel 1172, sopra le falde del Monte Caputo, per volere di Guglielmo II detto Il Buono, dapprima come abbazia benedettina. Attorno al Complesso Monumentale - il cui nucleo è costituito dalla Cattedrale - troviamo il Palazzo Reale (oggi sede del Comune), la Fontana del Tritone (opera dello scultore palermitano Mario Rutelli, simbolo della vittoria dell’uomo sulle forze brute), e tante

Il Chiostro del Duomo di Monreale

piccole caratteristiche abitazioni.

L’arrivo a Monreale sembra un’ascesa leggera verso una condizione di quiete assoluta. Se si arriva dal capoluogo siciliano si sale lentamente, percorrendo le bianche stradine addobbate di piante, fino a che, tutto d’un tratto, si scopre il Duomo. La sensazione che qualcosa di nuovo ci sia ad attenderci non dissipa lo stupore che si prova appena varcata la soglia, entrando dal lato di Piazza Vittorio Emanuele.

“Ciò che si può vedere di più completo, di più ricco e di più impressionante per quanto concerne la decorazione a mosaico su fondo dorato” disse Guy de Maupassant dopo aver fatto visita a questo luogo.

Quel sussulto che si avverte appena si accede dal portone antistante la piazza, e che si legge negli occhi delle centinaia di visitatori ogni giorno, è dovuto alla raffinatezza e all’imponenza dell’arte bizantino-normanna (o siculo-normanna) che ha disegnato gli interni della cattedrale. Ovunque si posi lo sguardo c’è un elemento da ammirare, da interpretare, da fissare nella memoria.

Il mosaico

Dopo aver abbandonato qualsiasi rumore di sottofondo all’esterno ci accoglie un grande navata centrale, contenuta in due file di colonne in granito di derivazione romana (ad eccezione solo di una, costituita da marmo cipollino). Il fondo è occupato dalla grande abside maggiore, protetto da una volta a ogiva; le due absidi sono sovrastate, invece, da una semicupola.

La grandezza, la conformazione e la magnificenza della basilica è fuori discussione, ma sono i mosaici a rendere davvero ineguagliabile questo edificio. Si tratta di una decorazione mosaicata a fondo dorato estesa per 6.340 metri quadrati!

I mosaici sono organizzati rispettando precise logiche figurative e raccontano svariati eventi narrati nell’Antico e nel Nuovo Testamento.

Per la costruzione si sono adoperate le maestranze siciliane affermate nell’arte musiva, unitamente ad artisti provenienti da Co-

stantinopoli. Contribuirono anche i monaci benedettini, che dopo appena quattro anni dalla posa della prima pietra, abitavano l’abbazia.

Per quale ragione si è scelto uno stile così minuzioso e dispendioso per decorare la Cattedrale di Monreale? L’obiettivo di Guglielmo II era realizzare un sito artistico senza precedenti e dare prova della magnificenza raggiunta dalla città di Palermo nell’epoca normanna.

Conoscere il Duomo “segreto”

La visita al Duomo, volendo, include anche la possibilità di percorrere tutto il perimetro dell’edificio osservando Monreale da un punto di vista privilegiato: dall’alto. Dietro a una porticina che si scova in una delle due navate laterali, ci si può arrampicare fino alle due Torri normanne asimmetriche, differenti per forma e altezza. Con un po’ di pazienza, facendosi guidare dalla curiosità, si raggiunge la cima da cui si può ammirare

lo splendido chiostro del convento romanico, in stile benedettino. Non bisogna fermarsi: la lunga camminata che costeggia la cattedrale dall’alto, intrapresa da pochi, porta ad un’inaspettata e piacevolissima rivelazione interiore. La stessa che rende Monreale uno dei luoghi più indicati per nutrire lo spirito.

La Ciambra, il quartiere nato con la cattedrale

La Ciambra deriva, probabilmente, dal francese chambre dal momento che qui c’erano alcune stanze reali dove vivevano i francesi ai tempi della dominazione dei D’Angiò. Il quartiere è antico quanto la cattedrale e vi risiedevano le maestranze occupate nella costruzione. I suoi vicoli e la struttura stessa delle vie lo fanno assomigliare a una piccola kasbah araba. Oggi queste strade sono state riqualificate con l’inserimento del verde urbano e l’apertura di numerose botteghe artigianali.

Il quartiere della Ciambra

Dove

dormire

OPERA BOUTIQUE ROOMS

In questo hotel a 3 stelle ogni alloggio ha una vista sulla città e gli ospiti possono fruire di una terrazza e della sauna. Tutte le unità comprendono aria condizionata, TV a schermo piatto con canali via cavo, frigorifero, macchina da caffè, doccia, set di cortesia e scrivania.

Via G. Verdi 4

Monreale (PA)

Tel. +39 351 939 9476

Dove mangiare

OSTERIA PEPER’S

Piccola osteria a lato della cattedrale. Personale giovane, simpatici e cordiali. Cibo ottimo e in sala sono molto accoglienti. Locale molto caratteristico.

Via Cappuccini Palermo, 6 Monreale (PA)

Tel. +39 091 752 5157 osteriapepers@gmail.com

A Dolceacqua lo stupore è di casa

Andar per carugi e scoprire la gentilezza

Autore: Jacopo Franchi

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Dolceacqua nel 1300 era dominata dalla famiglia Doria, come del resto gran parte dell’odierna Liguria, e un crudele marchese della famiglia decise di introdurre la Jus Primae Noctis, secondo a quale una novella sposa doveva giacere con il padrone delle terre.

Lucrezia, bellissima fanciulla, decise di sposare in gran segreto, per sfuggire a quella orribile usanza, il suo ragazzo ma le guardie scoprirono tutto e fecero irruzione nella casa degli sposi durante i festeggiamenti per rapire la giovane e portarla al marchese.

Lucrezia si ribellò e venne rinchiusa nella torre del castello dove si lasciò morire di fame e di sete.

Il suo giovane sposo si vendicò varcando di nascosto, sotto un carro carico di fieno, la porta del castello. La notte entrò nella camera del marchese e, puntandogli il coltello in gola, gli ordinò di scrivere un editto che annullava la Jus Primae Noctis. Uscito dal castello consegnò il documento ai canonici. Le donne del paese, saputa la notizia, decisero di festeggiare preparando un dolce a ricordo degli avvenimenti.

Impastando la farina con uova, zucchero ed olio crearono varie forme fino a quando venne alla luce la michetta. Preparato l’impasto e cotte le michette si precipitarono in piazza gridando: “Omi, au, a michetta a damu a chi vuremu nui (uomini, adesso la michetta la diamo a chi vogliamo noi)”.

Dopo settecento anni si festeggia ancora la michetta il 16 agosto a Dolceacqua e Lucrezia, che aleggia come un fantasma tra le mura del castello, osserva felice.

Mi hanno raccontato questa storia non appena sono arrivato a Dolceacqua, un borgo che avevo sempre e solo visto in fotografia e che mi affascinava da anni. Non mi sbagliavo!

Arrivando ti appare all’improvviso, con il suo imponente castello e il ponte ricurvo che divide in due la cittadina. La parte più antica

Il Castello Doria a Dolceacqua

del borgo è dominata dal Castello dei Doria e viene chiamata dagli abitanti Terra (Téra nel dialetto locale). È quella che mi attira di più e, una volta superato il ponte, mi inerpico tra gli antichi caruggi dove il sole non riesce a penetrare.

“…il luogo è superbo, vi è un ponte che è un gioiello di leggerezza…”, così Monet descrisse Dolceacqua durante la sua permanenza nel 1884, dopo un primo viaggio in compagnia di Renoir e la sua opera Le Château de Dolceacqua nel 2019 è rimasta esposta per qualche mese nel Castello dei Doria.

Appena entrato nel borgo antico una curiosa bottega attira la nostra attenzione; non è la solita bottega di souvenir, piuttosto la definirei una galleria d’arte povera dove ogni oggetto esce dalle mani e dalla straordinaria fantasia creativa della

signora che lo gestisce; si chiama Laura Carpine e ha aperto questo luogo di delizie tutto da sola. Vi dedica ogni giornata della sua vita creando.

Il Visionarium in 3D

Proseguendo ci imbattiamo in uno strano cartello che recita Visionarium in 3D. Il titolare di questo incredibile teatrino interamente in legno è un falegname, Eugenio Andrighetto, con la passione del viaggio che lo ha portato in ogni parte del mondo che oggi, grazie ai filmati che ha realizzato, condivide con tutti quelli che vogliono vederli. Appena si entra il nipote di Eugenio ti offre un paio di occhiali per la visione in 3D e, se non c'è confusione, ti fa scegliere dall'infinito catalogo di video quello che più ti interessa. Bellissimo quello dedicato alla Val Vernia, la valle

I caruggi

di Dolceacqua. Ma il bello viene alla fine quando il signor Eugenio ti porta nel suo laboratorio di falegnameria, a pochi metri dal teatrino costruito con le sue mani, per raccontarti come gli è venuta questa idea. Quello è un momento di emozione che consigliamo a tutti di provare.

Dolceacqua

Ma da dove deriva questo nome elegante? La tesi più accreditata lo lega a un fondo rustico romano appartenente a un certo Dulcius, ma non ci sono dati certi al riguardo. I ritrovamenti dei castellari, fortificazioni esistenti intorno al V secolo avanti Cristo.

Salendo ancora e ancora arriviamo alla sede dell’Enoteca Regionale della Liguria dove assaggiamo il Rossese, il vino che ha reso famosa Dolceacqua nel mondo. Infine arriviamo al castello Doria, quello di Lucrezia. L’imponente struttura risale al

1177 e importanti lavori di restauro l’hanno reso ancor più agibile. Dal giardino parte un percorso panoramico consente di ammirare l’intera valle, dal mare alle vigne di Rossese di Dolceacqua alle piantagioni di olivi fino alle Montagne Azzurre, quelle da cui si vede il mare. Nelle sale viene narrata la storia del castello e di Dolceacqua; particolarmente interessante è il breve filmato d’epoca che illustra la visita di Monet a Dolceacqua.

È l’ora di pranzo ma non vogliamo andare in un ristorante per quanti buoni ce ne siano, nel pomeriggio dobbiamo metterci in auto e quindi scegliamo di stare leggeri. Mai scelta fu più felice, in un bar della piazza in basso paese troviamo un autentico campionario di gentilezza da parte delle signore che gestiscono il locale. Focacce e michetta, con un buon Rossese chiudono questa visita veloce ma preziosa.

L'ingresso del castello Doria
Eugenio Andrighetto, l'ideatore del Visionarium in 3D

Dove mangiare Dove dormire

STECADÒ – PREA RUNDA

L’appartamento è di 65 mq e si trova nella centrale piazza Garibaldi, con il suo stile classico e raffinato, lo rende accogliente e romantico. È composto da due camere da letto matrimoniali, bagno con doccia, cucina abitabile, soggiorno con divano e un piccolo balcone.

Via Barberis Colomba, 5

Dolceacqua (IM)

Tel. +39 346 6880272 stecado@hotmail.com

LA CICALA STONATA

Dall’ incantevole valle di Dolceacqua, lassù quasi al margine della collina si estende l’agriturismo La Cicala Stonata. Immersa nel verde della natura con i suoi colori in contrasto con l’azzurro del cielo dove i secolari ulivi disegnano uno scenario unico e spettacolare con vista mare.

Regione Barbaira

Dolceacqua (IM)

Tel. +39 329 3129124 lacicalastonata@gmail.com www.lacicalastonata.com

OSTERIA DI CATERINA

Piatti della tradizione ligure cucinati secondo le giuste regole. Ottimo il coniglio alla ligure con le olive taggiasche e la torta di lavanda come dessert. Posto semplice ma ottima cucina.

Piazza Mauro 9

Dolceacqua (IM)

Tel. +39 0184 205052

RISTORANTE A VIASSA

Il menù è composto da piatti tipici liguri ed altri più fantasiosi, ma sempre comunque legati alla stagionalità, sia che si tratti di verdure o di altri prodotti come ad esempio il pesce.

Via Liberazione, 13

Dolceacqua (IM)

Tel. +39 0184 206665 info@ristoranteaviassa.it www.ristoranteaviassa.it

Dove comprare

Per

ENOTECA RE

Un posto pieno di cose buone, prodotti particolari come le confetture e le conserve del Monastero delle Carmelitane di Sanremo. La scelta di diversi produttori di Rossese offre un puntuale scenario di questo straordinario vino.

Via Patrioti Martiri 19 Dolceacqua (IM)

Tel. +39 0184 205051 enotecare@libero.it

SOGNI PER DAME E CAVALIERI

Se si entra si compra per forza tanto sono belle e creative le composizioni artistiche realizzate da Laura. Temi di scuola su fogli di quaderno di una volta che diventano quadretti, ovetti di legno per rammendare le calze trasformati in coniglietti, mappe acquerellate... In ogni opera, perché di opere si tratta, c'è una bella concettualità.

Via Castello

Dolceacqua (IM)

Tel. +39 348 9888284 sogniperdame@gmail.com

www.visitdolceacqua.it

La Madonna del libro di Sandro Botticelli

Un piccolo capolavoro dei tanti custoditi al Museo Poldi Pezzoli di Milano

Autrice: Maria Cristina Dri

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…Deo Gratias…mel comedet….contra moe combattes… Deus in auditorio… sono alcune delle parole che si leggono sul grande Libro d’Ore, usato per la preghiera quotidiana; Maria le contempla, le medita, le ha appena finite di leggere al suo bambino, il quale, desta il capo verso di lei ma i loro sguardi non si incrociano.

È uno spazio di vita familiare, è il tocco di Sandro Filipepi detto il Botticelli (1445-1510) che con la sua raffinatezza ed eleganza ci mostra un momento amorevole tra madre e figlio.

Sandro Botticelli realizza questo dipinto da cavalletto tra il 1480 e il 1481, è un’opera destinata alla devozione privata; non conosciamo il committente ma sicuramente doveva essere benestante, visti i materiali che sono stati sapientemente dosati per la sua esecuzione come l’oro zecchino nelle dorature delle aureole e dei capelli, mentre il blu, di cui è ricco il mantello è ottenuto dal lapislazzulo.

Maria e Gesù sono nel loro studiolo, la finestra è aperta sullo sfondo e fa intravedere un paesaggio alberato in una giornata di sole. La luce che illumina la scena ed in particolare i loro volti, non arriva dall’esterno è piuttosto una luce spirituale, divina, che irradia il volto della Vergine come il bambino che a Lei guarda.

La bellezza e la simbologia in questo dipinto non mancano anzi è un’opera che racconta e che coglie gli aspetti della narrazione più profonda della fede.

Il libro diviene significato di saggezza, di conoscenza divina, di sacra scrittura, è appoggiato su un panno bianco che richiama il sudario, sotto il quale si trova un cuscino che lo sorregge come un leggio elegantemente decorato con tonalità dorate.

Davanti a Maria e Gesù riecheggiano queste parole …questo infatti avvenne… perché si compisse la scrittura… e con la mano il bambino stringe i chiodi e la corona di spine, preludio della passione e della sua morte in croce (questi due elementi sembrano essere stati aggiunti successivamente da un altro autore vista la semplicità dell’esecuzione); mentre la mano della madre semi aperta indica il numero due come la seconda persona della trinità quale Padre Figlio (Gesù) e Spirito Santo.

Nel contesto dello studio ci sono altri oggetti di uso quotidiano come dei libri, una scatola in legno per i dolci e una ciotola in maiolica fiorentina bianca e azzurra, finemente decorata che contiene frutti quali le ciliegie, prugne gialle e fichi che simboleggiano rispettivamente: la passione, l’affetto tra madre e figlio e la Resurrezione. Il volto di Maria è assorto, le sue palpebre sono semi chiuse e la sua

Particolare Madonna del Libro
Sandro Botticelli - La Madonna del Libro

bellezza ne enfatizza grazia e sensibilità. Indossa un mantello blu simbolo della divinità che la avvolge mentre il bordo nero fa riferimento al lutto che la attenderà. La veste rossa è annodata a croce sul seno, nuovo richiamo alla passione.

Un velo leggero, trasparente le copre il capo, quale sposa di Dio che l’ha resa madre di Gesù. I capelli dorati e morbidi sono in parte raccolti da una sciarpa azzurra che scende e cinge a sé il figlio donandogli la sua protezione e rafforzandone il legame.

Trentatré sono i soli che decorano l’aureola dalla trama dorata della Vergine come saranno gli anni terreni della vita del figlio e dieci i raggi che richiamano i 10 comandamenti. La stella dorata a 14 punte sulla spalla rappresenta il numero delle generazioni da Abramo a Davide, da Davide alla deportazione in Babilonia a Gesù Cristo come è narrato nel vangelo di Matteo vr.1-17 ( Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo.  Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe,... In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.).

Dalla stella a 14 punte si irradiano altre otto stelle tripartite che rappresentano il sigillo della Nuova Alleanza, il completamento della Creazione, secondo l’Antico Testamento ….dopo essere stato circonciso a otto giorni dalla nascita (Lc 2,21), viene portato al Tempio di Gerusalemme in occasione della purificazione della madre ““secondo la Legge di Mosè” (Lc 2,22; Lv 12,2-4) e gli ultimi raggi tripartiti sono simbolo di Dio, uno e trino.

Lo sguardo dolce e amorevole del figlio è in contemplazione del volto della madre; le labbra sono carnose e semi aperte quasi a voler dire qualcosa; i suoi piedi si appoggiano solidi sul manto della Vergine mentre le mani sovrapposte in segno be-

nedicente ne imitano l’una il gesto dell’altra.

Le atmosfere morbide e armoniose che Sandro Botticelli ha saputo infondere in questo dipinto si possono ammirare al Museo Poldi Pezzoli in centro a Milano. Il museo Poldi Pezzoli a Milano

Gian Giacomo Poldi Pezzoli (1822-1879) è stato un collezionista d’arte nella Milano dell’Ottocento. Cresciuto in una famiglia da sempre sensibile al clima artistico, culturale e letterario fu attorniato da opere di grande bellezza.

Impegnato in politica e attivamente durante le Cinque Giornate, fu esiliato come molti altri aristocratici del tempo ma il suo esilio gli permise di fare innumerevoli viaggi e incontri tra Londra, Parigi, l’Italia e la Svizzera grazie ai quali raccolse idee per la realizzazione di un museo strepitoso.

Gian Giacomo Poldi Pezzoli ha saputo radunare importanti opere di autori famosi quali il Botticelli, Andrea Mantegna, Francesco Guardi, Giovanni Bellini e molti altri. Le sue volontà furono di inaugurare il museo nel 1881 perché tutti potessero godere delle bellezze custodite al suo interno e vivere in ogni stanza un’esperienza unica.

Per saperne di più

Museo Poldi Pezzoli

Via Alessandro Manzoni 12 Milano

Tel. +39 02 794889 info@museopoldipezzoli.org www.museopoldipezzoli.it

Belcastro

Le favole dipinte che vi fanno tornare bambini

Autore: Luigi Franchi

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Alle pendici orientali della Sila Piccola sorge Belcastro, un comune di circa 1200 abitanti. Di origine neolitica (5000 a.C.), come testimoniano i reperti ritrovati nel corso di diversi scavi archeologici e del lavoro dei contadini nel rimuovere la terra con gli aratri, fu poi magnogreca (1100 a.C.), poi Romana (300 d.C.) e bizantina (900 d.C.) per poi diventare nel 1330 Bellicastrum, da Re Roberto d’Angiò per gratificare i meriti del conte Tommaso d’Aquino che si distinse per gagliardia e sete di libertà. Costui era il pronipote di Tommaso D’Aquino, il ben noto Santo che nacque nel castello di Belcastro nel 1226, anche se molti altri luoghi ne rivendicano la nascita.

Per arrivarci si sale velocemente dal mar Ionio, da Capo Rizzuto nel Crotonese o da Catanzaro Lido, tra distese di ulivi. Noi ci siamo venuti perché lo abbiamo scoperto sui social, grazie a un post che faceva vedere degli splendidi murales e lo definiva Il Borgo delle favole.

Una volta arrivati in paese vi consigliamo di salire al castello da cui si domina tutto il golfo di Squillace. Quando vi siete arricchiti della bellezza del paesaggio scendete fino al quartiere di Castellaci dove Matteo Lupia, un giovane designer del posto, ha accolto l’invito del sindaco Antonio Torchia per il grande progetto di riqualificazione urbana lanciato nel 2021.

“Abbiamo ridato vita, ordine e bellezza a questo storico quartiere che adesso gode di immagini allegre, tratte dalle fiabe di Alice nel paese delle meraviglie e di Pinocchio, ma il progetto dei murales era partito già nel 2021 con i dipinti dedicati alle tradizioni di Belcastro, alle canzoni di Rino Gaetano, al ruolo che ebbe Papa Wojtyla nelle sorti del mondo” mi racconta Matteo Lupia.

Girare tra questi vicoli mette di buon umore, non c’è che dire; leggere le frasi che raccontano d’amori, di amicizie, di buon senso nelle cose fa sperare in un mondo nuovo, fatto di condivisione, di buone pratiche. Quello di Belcastro è un viaggio che consigliamo.

“Nel 2023 e nel 2024 ho lavorato, da solo, per creare tutto questo. Il sindaco, gli amministratori, gli abitanti mi hanno sostenuto, ne sentivano la necessità. Non potevamo lasciare che questo borgo, così carico di storia, scomparisse dalla memoria. A novembre 2024 abbiamo inaugurato la fine di questo stralcio del progetto con quattro weekend di festa. Nel primo c’erano duemila persone, nel quarto erano in quindicimila. Arrivano, per il 70% da tutta la Calabria, il restante dai posti più impensati: Corea, Giappone, Irlanda, Stati Uniti. Dagli Stati Uniti ci stanno regalando un sito che parla del Borgo delle Favole. - prosegue Matteo, visibilmente soddisfatto del successo dell’iniziativa – Pensa che, nel quartiere delle favole, Castellaci, ha riaperto un’osteria che ha 120 anni di storia ma che

aveva chiuso. Non lo avrei fatto senza questa riqualificazione, mi ha detto il titolare”. Muri che raccontano storie positive, stravaganti pavimentazioni, un sindaco che firma un’ordinanza che vieta agli abitanti di ammalarsi (una provocazione per portare l’accento sulle difficoltà di avere un’assistenza sanitaria adeguata), tutti fattori che stanno cambiando la storia di Belcastro che, da paese a rischio di di-

menticanza, ogni fine settimana vede in giro decine, centinaia di famiglie con i loro bambini e, ogni giorni in primavera, gite scolastiche che prendono contatto con la dimensione dei sogni che solo le fiabe e le canzoni di Rino Gaetano sanno esprimere. C’è ancora una frase che dà il significato di tutto, è sempre Matteo Lupia che parla: “per me è semplicemente amore per la propria terra e voglia di farla rivivere”.

Dove mangiare

BIOFATTORIA ANTONIA E GIORGIA

Angolo di Paradiso nel cuore della Calabria, tra gli ulivi secolari di Belcastro.

Un'esperienza autentica, fatta di natura, tradizione e passione.

SP 5 KM. 9

Belcastro (CZ)

Tel. 339 171 2287

LA CASA DEI GOLOSI

Si trova dove parte il percorso dei murales e non solo di questo bel paese

Il locale vi colpirà per la genuinità del proprietario Romualdo, un calabrese doc accogliente e vero come la Calabria, che vi farà sentire a casa.

Via Lucio d’Orso

Belcastro (CZ)

Tel. +39 0961 422112

Il tocco raffinato di Antonio Balestra e il dipinto nella Pieve che non ti aspetti

Autrice: Maria Cristina Dri
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Antonio Balestra fu un importante pittore e incisore attivo nella Repubblica di Venezia.

Il granduca di Toscana, Cosimo III de’ Medici, né apprezzò il talento tanto da volere il suo autoritratto per la celebre Galleria degli Uffizi. Balestra si raffigurò con una folta parrucca bianca, in linea con i canoni estetici del tempo; nella mano destra un pennello, chiaro riferimento alla sua professione, la camicia bianca e la giacca gialla, lasciando intenzionalmente il laccio blu sciolto. Il suo sguardo dolce e spontaneo, rende la consapevolezza di chi ha raggiunto una certa maturità professionale.

Nacque a Verona nel 1666 (Verona 1666 - Verona 1740) da una famiglia di mercanti. Si dedicò inizialmente agli studi letterari per poi avvicinarsi alla pittura sotto la guida di Giovanni Zeffio. In seguito approfondì la pratica artistica nella bottega veneziana di Antonio Bellucci, dove rimase per circa tre anni. Nel 1690 si trasferì a Roma da Carlo Maratti, dove ebbe modo di studiare i grandi maestri come Domenichino, Raffaello, Carracci, e Guido Reni affinando così il suo stile classico. Proseguì il suo percorso formativo a Napoli, dove si confrontò con la pittura barocca.

Nel 1725 divenne membro dell’accademia di San Luca, una delle istituzioni artistiche più prestigiose, vincendo il premio per un disegno a matita dal titolo: La caduta dei giganti.

Le sue raffigurazioni riguardarono principalmente la pittura religiosa, ritrattistica e mitologica e le sue opere ammirate in Italia, Inghilterra, Danimarca, Germania e Olanda lo portarono a lavorare per gli ordini ecclesiastici ma anche per raffinati committenti privati.

Parrocchiale di S.Vincenzo a Porpetto (UD)

Tra i numerosi capolavori realizzati dall’artista, ricordiamo L’Adorazione dei pastori, oggi conservata a Venezia, nella chiesa di San Zaccaria; Teseo scopre la spada del padre, esempio eloquente della sua capacità narrativa mitologica (Inghilterra collezione privata); e un suo dipinto, meno noto, custodito nella Pieve di Porpetto in provincia di Udine, un gioiello artistico ignorato dai percorsi turistici tradizionali che attende di essere valorizzato e riscoperto.

Teseo scopre la spada del Padre. –olio su tela – cm 287x159 collezione privata Inghilterra

È un episodio ispirato alla mitologia greca: Teseo scopre la spada e i sandali del padre

spostando un masso molto pesante e segue le istruzioni della madre Etra la quale indica al figlio la strada verso Atene. La scena è molto teatrale, armoniosa nei colori e nei volti dei personaggi che sono illuminati da una luce intensa quasi divina; la spada, simbolo di identità e destino è lo strumento con il quale Teseo libererà Atene dal Minotauro. Il tema del dipinto si colloca nel contesto del settecento che proponeva i miti della Grecia con lo scopo morale ed educativo.

L’adorazione dei pastori a Venezia, nella chiesa di San Zaccaria

L’adorazione dei pastori è un dipinto olio su tela realizzato nel 1707 (misura 564cmx261), custodito nella chiesa di San Zaccaria a Ve-

Teseo scopre la spada del Padre I sette santi fondatori dei servi di Maria

nezia. Balestra illustra il passo del vangelo di Giovanni (8:12-20), in cui Gesù afferma: “Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”. La prima impressione che colpisce è la forza della luminosità che proviene da Gesù. Egli è tra le braccia di Maria, ritratto come un bambino dalle forme quasi indefinite. Questa luce intensa spinge i personaggi in un semicerchio attorno al neonato creando un effetto realistico e prospettico. I pastori si avvicinano con riverenza e timore quasi abbagliati, in penombra San Giuseppe con il braccio indica il bambino mentre gli angeli fanno da coreografia e cornice a questa natività.

I sette santi fondatori dei servi di Maria – Pieve di San Vincenzo Martire a Porpetto (UD)

Bonfiglio dei Monaldi, Bonagiunta Manetti, Manetto dell’Antella, Amideo degli Amidei, Uguccio degli Uguccioni, Sostegno dei Sostegni e Alessio dei Falconieri sono loro i protagonisti del dipinto che articolato con ricchi particolari rende omaggio alla storia di questi grandi uomini.

Erano tutti mercanti nella Firenze del 1230 e particolarmente devoti alla Vergine Maria. Condividendo questo spirito decisero di abbandonare la vita mondana e ritirarsi a vita

comunitaria sul Monte Senario alla periferia di Firenze, perseguendo la contemplazione e dedicandosi all’aiuto del prossimo. Nel 1233 fondarono l’ordine dei Servi di Maria. Furono canonizzati da Papa Leone XIII nel 1888.

Balestra raffigura la Madonna avvolta in un manto rosso e blu, simbolo dell’unione tra umano e divino, che consegna l’abito religioso ai Sette Santi. Maria, con entrambe le mani, regge la veste nera e la porge a uno dei confratelli. La scena è solenne: la Vergine appare tra le nuvole, risplendendo al centro della scena, irradiata da una luce celestiale. È seduta su un carro trainato da un leone e un agnello riferimento rispettivamente alla regalità e alla passione; con lei gli angeli che la circondano e uno di loro regge la croce e la corona di spine richiamo al sacrificio del Salvatore. Sul nastro scorrono le parole mei svscipite servi — accogliete, o Servi.

Gli sguardi dei Santi sono in estasi e le loro posture rivolte verso l’alto conferiscono un’intensa spiritualità alla scena, ma anche un movimento carico di contemplazione ed emozione. Balestra riesce a trasmettere la forte tensione interiore con la potenza dell’immagine che racconta la rivelazione, il momento della chiamata che accomuna questi uomini, divenuti Santi.

L’adorazione dei pastori a Venezia

In origine, questa pala apparteneva alla chiesa dell’Addolorata di Gradisca D’Isonzo, dove rimase fino al 1810 quando, in seguito al decreto napoleonico i frati furono costretti a chiudere il convento e ad andarsene dalla città.

La chiesa venne chiusa e destinata a diventare un magazzino; gli altari laterali e le altre opere furono vendute ed è così che il dipinto giunse nella Pieve di Porpetto.

La storia della Pieve di Porpetto

La Pieve di Porpetto, consacrata nel 1753 dal vescovo di Gorizia Carlo Michele conte di Attems, fu dedicata ai Santi Vincenzo e Anastasio. Ma appena sette mesi dopo, un devastante incendio la ridusse in rovina. Gli abitanti, animati da profonda devozione, decisero allora non solo di ricostruirla, ma di ampliarla e donarle un’eleganza architettonica degna della sua importanza. La nuova consacrazione avvenne il 16 ottobre 1909, a cura del vescovo Zamburlini.

Un tempo circondata dall’acqua, alla quale si accedeva tramite un pontile, la pieve sorge ancora oggi in posizione sopraelevata,

Dove dormire

come a voler vegliare sul paese circostante. Un affresco sulla volta dell’abside ne conserva l’immagine originaria, assieme a rare e preziose fotografie d’epoca.

All’esterno, la facciata in stile neoclassico accoglie i visitatori con il suo imponente frontone, su cui svetta il mosaico di San Vincenzo, realizzato dalla celebre Scuola Mosaicisti di Spilimbergo.

L’interno custodisce autentici tesori: un raffinato altare policromo dedicato alla Madonna, una preziosa icona bizantina del Quattrocento e, sul soffitto, un grande dipinto che racconta con pathos il martirio di San Vincenzo.

Oggi, la Pieve è avvolta da una cornice di vegetazione rigogliosa. Nelle giornate ventose il fruscio degli alberi accompagna il silenzio sacro del luogo con melodie sottili e misteriose. Visitare questa chiesa vale il BelViaggio perché non è solo un tuffo nella storia: è un viaggio nell’anima di un luogo, dove l’arte, la fede e la natura si incontrano con grazia silenziosa. Perché, a volte, la bellezza si nasconde proprio dove meno ce l’aspettiamo.

NAC SUITES

Le camere sono ispirate a un design moderno e pensate per il massimo comfort e riservatezza. Dotate di sistemi all’avanguardia per la gestione autonoma della stanza in fase di check-in e check-out.

Via Garibaldi, 11 Porpetto (UD)

Tel. +39 327 8486666 www.nacsuites.com

AGRITURISMO BRAIDANOVA

Offre un ambiente dove rilassarvi e godere della tranquillità dell’aperta campagna insieme a cibi genuini e vini speciali prodotti da uve delle loro vigne. I locali sono dotati di tutti i confort.

Via Madonna Missionaria, 7 Porpetto (UD)

Tel. +39 0431 60025 info@braidanova.com www.braidanova.com

Dove mangiare

LÀ DA FRUTIS

Nel cuore della campagna di Porpetto, Là da Frutis è un agriturismo che profuma di tradizione e accoglienza genuina. Tra piatti rustici come frico, salumi artigianali e una griglia da ricordare, ogni pasto è un omaggio alla cucina friulana. L’atmosfera è conviviale qui si viene per mangiare bene e sentirsi a casa con la possibilità di comprare i prodotti di loro produzione.

Via Madonna Missionaria, 8 Porpetto (UD)

Tel. +39 0432 60532

LA TAVERNETTA DA ALIGI

Un ristorante accogliente dove la cucina segue il ritmo delle stagioni e valorizza i sapori autentici del territorio. Le ricette nascono da ingredienti locali selezionati con cura, trasformati con passione e rispetto per la tradizione. Una cucina sincera che esalta i sapori locali con creatività e rispetto.

Via G. Matteotti, 16 Porpetto (UD)

Tel. +39 0431 60201 clia.grop@gmail.com www.allatavernettadaaligi.com

RISTORANTE PIZZERIA VILA DE ASARTA

Un locale storico, punto di riferimento per chi ama la buona cucina. Propone ottime pizze cotte nel forno a legna e piatti tipici della tradizione italiana, preparati con ingredienti genuini. Un’atmosfera dove gusto e tradizione si incontrano da sempre.

Via Pre Zaneto, 2 Porpetto (UD)

Tel. +39 339 4268404 villadeasarta.porpetto@gmail.com www.villadeasarta.com

FUORDITALIA

Lanzarote

Un’isola che insegna la convivenza. Tra terra nera, vento atlantico, verde audace e persone che si accordano a tutto questo

Autrice: Giulia Zampieri

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Estrecho del Río visto da Mirador del Rio

Amalia è una signora di origini argentine che ha girato buona parte dell’Europa come guida turistica. Ha la pelle mulatta, dei lunghi capelli castani con inframezzi argentei, una cadenza spagnola addomesticata.

Dopo aver viaggiato a lungo, spinta dalla sete di cultura e da un’indole socievole, ha trovato il suo luogo di decantazione e mitezza. L’isola spagnola - una delle maggiori delle Canarie - che è per pochi ma affascina tutti: Lanzarote.

Non dovremmo raccontarvi la nostra modalità di incontro, avvenuto ai bordi di una strada, nei pressi di Los Hervideros (un complesso di cunicoli e rocce laviche disegnati dall’azione delle onde); ma lo faremo perché rende l’idea della postura di quest’isola, caratterizzata da una naturale confidenza che si instaura tra le persone e la natura, ma anche tra le persone e le persone.

Amalia aveva camminato per diversi chilometri sotto al sole e, si augurava di rientrare con uno strappo in auto nel borgo che la ospita da qualche mese, El Golfo. Si tratta di un grumo di case, storicamente popolato da pescatori, che scopriamo - con non poca amarezza - rischia di essere demolito per una legge spagnola che prevede lo smantellamento delle abitazioni situate a meno di cento metri dal mare. L’atipico bagnasciuga roccioso qui è un tutt’uno con le case e le cose, in effetti; il suo smembramento per salvaguardare i residenti sarebbe comprensibile.

Ma non è, evidentemente, ancora il momento di infrangere la vita di un luogo così speciale, in cui silenzio e mare la fanno da padroni. Amelia e gli altri abitanti possono godersi l’andamento quieto del borgo, augurandosi che il saper convivere e preservare che abita l’isola resista anche qui.

Sul nero un’ineguagliabile vitalità cromatica

“Le persone hanno spesso un pregiudizio ‘di colore’ su Lanzarote” ci confessa Amalia, nel breve tratto in auto che percorriamo assieme, costeggiando i rilievi deserti sotto un cielo terso, a cui non ci si dovrebbe abituare vista la rapidità con cui si affacciano le nuvole in quest’isola.

“L’immagine della terra lavica, nera, è un deterrente per tanti turisti. Ci vedono malinconia, tristezza… finché non decidono di fare visita a Lanzarote”.

All’atterraggio, dopo la prima boccata d’aria tiepida, è subito stu-

pore per l’esatto contrario: è un’isola che nel filtro color lava ha un elemento di unicità e incanto. È proprio nel contrasto con le note brune del suolo, delle rocce e dei rilievi, che emergono con vigore tutti gli altri colori. Qui pare più verde il verde, più azzurro l’azzurro, più bianco il bianco.

A proposito di colori, accanto a El Golfo c’è un ritaglio di paesaggio che lascia sbigottiti: è un lago verde brillante, disposto a mezza luna, che dimora tra la sabbia nera, il blu intenso dell’oceano e le rocce color mattone. È il lago Charco de Los Clicos, che deve la sua colorazione ad un’alga speciale, e la sapidità elevatissima a un’intensa attività di evaporazione.

A pochi chilometri di auto dal lago Charco de Los Clicos c’è il cuore vulcanico dell’isola, il Parco Nazionale di Timanfaya. Ancora prima di farvi ingresso un paesaggio lunare, nel senso più autentico della parola, catapulta la mente in una dimensione ultrater-

rena ma pure estemporanea.

La storia di questo sito - a cui si può far visita solo affidandosi ai tour organizzatiracconta una delle catastrofi naturali più gravi della storia recente: la successione di eruzioni vulcaniche che, dal 1730 al 1736, stravolsero irreversibilmente l’isola ricoprendone oltre un quarto lasciando morte, immensa desolazione e costringendo buona parte dei lanzaroteñi all’emigrazione.

Furono tante, tantissime, e brusche, le trasformazioni morfologiche e paesaggistiche. Lanzarote in quei sei anni si ridisegnò complessivamente, adattandosi lentamente a una nuova vita, senza forzare l’attività di rinascita dei vegetali, senza compiere abnormi interventi di riordino geologico e strutturale. Un passo alla volta, com’è nella sua genetica.

Tornando alle cromie… prima di perdersi tra le impressionanti masse di magma e detriti

Parco Nazionale di Timanfaya

che compongono il Parco Nazionale di Timanfaya è difficile comprendere che il nero possa esistere in più tonalità. Qui, invece, se ne scopre la varietà espressiva: a seconda della composizione delle rocce, della luce solare e del tipo di eruzione si scrive un gioco di colori e forme che non sembra certamente appartenere a questo pianeta. Ma a quest’isola sì.

Cesar Manrique

Prima di trasferirsi ad El Golfo, Amelia, la nostra inaspettata (quando ideale) guida, si era stabilizzata ad Harià, la piccola cittadina dell’entroterra in cui è custodita l’eclettica dimora di Cesar Manrique. Per chi trascorre anche solo un giorno a Lanzarote non c’è bisogno di presentazione: Cesar Manrique è il nome più conosciuto dell’isola, colui che l’ha definita sotto l’aspetto artistico e architettonico, preannunciando una sensibilità multiforme e ambientalista che ha segnato il passo di molte scuole e a cui tanti ancora oggi si ispirano.

Cesar, vissuto tra 1919 e 1992 è infatti con-

siderato un pioniere dell’ecologismo. Non servono biografie o elogi di altri artisti per intuirlo: basta recarsi proprio nella dimora di Harià, oppure al Miraodr del Rio (da cui si ammira l’isola la Graciosa), o al Jameos del Agua per farsi accarezzare dalla sua straordinaria visione del rapporto tra la natura e l’uomo. Le linee sinuose, mai impattanti, ma piuttosto dolci e comprensive dei tratti della natura; la gestione della luce, veicolata da eleganti squarci architettonici appostati sul soffitto per illuminare al meglio gli ambienti; e poi ancora l’abbondanza di piante, che sono protagoniste dei luoghi (come al Jardin de Cactus, che ospita 1200 specie di cactacee): in ogni cosa c’è una linea continua che contorna l’impronta avanguardista di Manrique, tanto da rimanerne ammaliati.

Proprio come avviene all’uscio del bagno del la camera da letto padronale ad Harià: oltre la porta si apre un intreccio tra intimità e luce, edificato e spontaneo, dallo stile primitivo ma al contempo raffinato. Cesar Manrique lo ribadisce in ogni sua opera: la

Lo stile architettonico di Cesar Manrique Jardin de Cactus

natura e la sfera intima umana possono, anzi dovrebbero, coesistere!

Il vino e le produzioni

Può l’uomo coltivare su una terra arida e asciutta come questa?

Prima di entrare in confidenza con l’isola, di scorgere le viti ad alberello, le aiuole, gli alberi da frutto e i piccoli orti che punteggiano le distese nere, è difficile pensare che sia possibile. Poi, man mano che si consumano le strade e si penetra nell’anima tenace di Lanzarote, si ha modo di apprendere che c’è del rigoglio vero che si insinua tra i lapilli e i rilievi conici. Noi l’abbiamo incrociato marciando, inerpicandoci nell’area montuosa del nord, ma anche costeggiando le punte più dolci situate nel cuore dell’isola.

A La Vegueta, nel comune di Tinajo, a nordest rispetto a La Geria, ha sede Bodega Cohombrillo 4/24, la cantina di Eamonn e Laura, fondata nel 2018. Un progetto nato e

rimasto in famiglia, come si evince dalla loro ospitalità calda e spontanea; dal 2021 però la viticoltura è la loro prima fonte di sostentamento e i loro vini compaiono nei migliori ristoranti dell’isola. Eamonn accoglie con lo sguardo di chi non ha dubbi su cosa sia giusto per sé nella vita. Infila sotto braccio alcune bottiglie a allunga il passo verso gli appezzamenti, caratterizzati da muretti a secco che custodiscono le piccole vigne ad alberello, difendendole dal vento dell’Atlantico che spinge dal nord. “Non c’è modo migliore di capire un vino che assaggiarlo mentre si osserva il paesaggio da cui proviene. E poi dovete annusare la sua terra” ci suggerisce Eamonn. E la terra, a quel punto, tra una sorsata di Malvasia Volcanica e una di Listan Negro, finisce sulla mano per rivelarsi in tutta la sua ricchezza. È profumata, fine, fertile. Ma non c’è da stupirsi, come rimarca il produttore: “se si lavora in un certo modo, avendo rispetto della

Eamonn di Bodega Cohombrillo 4/24

natura, limitando al minimo gli interventi, avendo a cuore l’equilibrio, allora lei sarà profumata e piena di nutrimento”. I vini di Bodega Cohombrillo 4/24 raccontano la complessità e l’armonia di quest’isola senza filtri. Il valore aggiunto delle ore trascorse in casa di Eamonn e Laura è che si fanno sintesi di un’isola che sa trattenere e marchiare a fuoco il momento. I loro vini non vengono esportati a destra e manca per ovvie ragioni quantitative… ma non abbiamo dubbi: anche per scelta. Le ragioni le abbiamo recepite anche parlando con altri produttori radicati. Quello che si vive qui, si comprende qui.

Il peso leggero della misura

Sessanta chilometri separano Punta Fariones (a nord) e Punta de Papagayo (a sud), le due estremità dell’isola. Lanzarote non è dunque contenuta in spazi enormi ma se il desiderio è quello di conoscerla davvero le tappe da concedersi sono tantissime. A cominciare dalla centralissima Teguise, la prima città coloniale fondata nelle Canarie, in cui famiglie nobiliari fecero erigere i loro palazzi. È la meta di riferimento per il mercato della domenica mattina, ma vederla nei giorni ordinari, con i suoi edifici caratteristici e le sue chiese tutte avvolte dall’intonaco bianco, fa balzare indietro nel tempo!

Harià, dicevamo, è un’altra meta imperdibile. Oltre che per la visita alla casa di Marrique l’antico borgo situato nella Valle delle Mille Palme merita una passeggiata lenta per scoprire usanze popolari e piccole botteghe artigiane. Anche qui ha luogo un mercato memorabile, il sabato mattina, ma se volete intrattenervi senza fretta con un artigiano, magari un ceramista coinvolgente, guardate oltre alla chiesa Nuestra Señora de la Encarnación: scoverete un laboratorio-bottega che vi cambierà la giornata.

Harià - e non potrebbe essere altrimenti visto il suo legame con l’artigianato - è anche nota per un grande presepe natalizio, che

occupa la Piazzetta della Costituzione fino alla fine delle festivitàE poi, ancora, per una vista singolare ci si può spingere a Le Saline di Janubio, possibilmente al tramonto, per sfiorare quello che per anni fu il bene essenziale per l’economia dell’isola, il sale, ammirando i cumuli bianchi che raggiungono, ordinati a scacchiera, l’oceano.

Decidiamo di concludere qui questo itinerario contrassegnato da luoghi magici, apparentemente ultraterreni, ma anche da persone tenaci, che vivono nel rispetto e nella cura, come di rado s’incontra. Qui le proporzioni tra esseri umani e natura, strade e distese inermi, pieni e vuoti, spazi liberi e geometrie, sono sempre rispettate. È il peso leggero della misura… che ormai appartiene solo a pochi: questo rende Lanzarote davvero unica.

Vigneti vulcanici
giugno

Dove dormire

HEKTOR

Un indirizzo in cui respirare l’essenza di Lanzarote in ogni cosa: dal particolarissimo arredo alla genuina colazione, passando per la vicinanza con il contesto naturale.

C. San Isidro Labrador, 65 Teguise, Las Palmas (Spagna)

Dove mangiare

MURA

Un chiosco-bottega, in pieno centro a Teguise, in cui fermarsi per una pausa caffè o per un pranzo memorabile, tra golosissimi sandwich, cookie e torte home made, usufruendo dei pochi tavolini o degli angoli d’appoggio della città.

Pl. Clavijo y Fajardo

Teguise, Las Palmas (Spagna)

Tel. +34 638 58 83 10

MIRADOR DE LAS SALINAS

L’indirizzo ideale in cui assaggiare un’ottima paella di carne, pesce o vegetariana (e non solo, la cucina è ben fatta e autentica) concedendosi una vista a perdita d’occhio sulle saline.

Dove comprare

ATELIER DI JOAQUIN REYES BETANCORT

Una bottega artigiana in pieno centro ad Haria, dove ammirare l’urdido, tecnica millenaria e autoctona di lavorazione dell’argilla, osservando le abili mosse di Betancort.

2 Calle Fajardo, Haria

I MERCATI

I mercati settimanali di Teguise, Haria ed Arrecife sono una tappa obbligata per chi desidera premiare la creatività e lo stile dell’isola acquistando abiti, oggetti e altre specialità isolane.

FUORDITALIA

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Kotor, Cattaro

La città più affascinante del Montenegro

Autore: Luigi Franchi

Quando ci si arriva non sembra vero, appare all’improvviso dopo un viaggio che è sembrato lunghissimo: dalla Bosnia-Erzegovina dove abbiamo visto una Sarajevo ancora scossa dalla lunga guerra degli anni Novanta siamo scesi fino al Montenegro per approdare a Cattaro, o Kotor se vogliamo pronunciarlo in serbo-negrino. Una città che coinvolge tutti i sensi, almeno questa è stata la sensazione che ho provato non appena ho messo i piedi per terra. Qui Venezia ha lasciato un segno indelebile. Lo avevamo già notato percorrendo le coste della Croazia e della Dalmazia, quella sponda di Mar Adriatico che possiamo definire balcanica dove l’architettura, a differenza della sponda occidentale italiana è ricca di rimandi architettonici risalenti alla Repubblica di Venezia. A Kotor tutto questo è portato all’ennesima potenza!

La città sorge in una baia, chiamata Bocche di Cattaro, che rappresenta un porto naturale, forse il più grande porto naturale d’Europa.

La storia di Kotor

I primi insediamenti risalgono al periodo dell’Impero Romano, quando questi territori furono oggetto, prima di conquista poi parte integrante dell’Impero Romano d’Oriente, noto anche come impero Bizantino, che prolungò l’esistenza e la potenza dei Romani anche

Le Isole di San Giorgio e della Madonna dello Scalpello

se la capitale non era più la Città Santa ma Costantinopoli.

Resasi indipendente nel 1392 per non soggiacere all’impero ottomano, Kotor chiese più volte di essere annessa alla Repubblica di Venezia, ma quest’ultima declinò l’invito per ben sette volte, a causa degli oneri che suddetta annessione avrebbe comportato. Fino al 1420 quando il Senato Veneziano accolse la città tra i suoi possedimenti. Fece costruire un ampio e massiccio muro di cinta in difesa degli abitanti che, ancor oggi, si può vedere tutt’intorno alla città. E vi trasferì la cultura della bellezza che, da sempre, contraddistingue Venezia lasciando un’impronta marcata negli edifici, nelle strade, nell’assetto urbano che è tuttora visibile ad ogni passo. I documenti ufficiali, gli atti pubblici, l’insegnamento erano eseguiti in italiano.

Oggi perché Kotor è così affascinante È una sensazione! Ne respiri il fascino senza chiederti il perché, ne apprezzi la bellezza come se fosse la cosa più naturale della ter-

ra, ogni cosa ti appare come originale, persino i negozi di souvenir sembrano diversi da quelli che trovi in ogni parte del mondo, con le calamite per i frigo, con i ventagli da poco con la scritta I love Kotor.

Ma c’è anche la bellezza autentica: quella del mare azzurrissimo delle Bocche che racchiude la cittadina; quella del centro storico che si snoda in un labirinto di stradine acciottolate, palazzi antichi e chiese. E lungo il percorso decine di locali pubblici dove ti puoi fermare per il tempo che vuoi, leggendo un libro o semplicemente osservando le persone a passeggio.

La centrale Piazza della Farina è uno degli emblemi della città. Prende il nome, è scontato, dal fatto che, per decenni, su questa piazza sorgevano i magazzini per stoccare la farina.

Ma Kotor è anche chiamata la città dei gatti al punto che esiste persino un Museo dei gatti; il Cats Museum è nato grazie a una ricchissima donazione di immagini, scatoline, francobolli e tanti altri oggetti lasciata al Centro Internazionale Adozione Gatti Badoer di Venezia, da parte della contessa

La torre dell'orologio

Francesca Montereale Mantica. Da qui l’idea di un museo e Kotor è sta scelta come luogo ideale dal momento che, essendo una città portuale le navi che vi attraccano lasciano poi a terra questi mici che arrivano da ogni parte del mondo.

Oppure la Torre dell’orologio, costruita nel 1602 dal governatore veneziano Antonio Grimaldi che, da quattro secoli, scandisce la vita del borgo.

Infine il Museo Marittimo che celebra la storia marittima della città che, dalla fine del Medioevo fino al XVIII secolo, ha conosciuto la sua epoca d’oro ponendo il Montenegro come punto d’incontro tra Oriente e Occidente.

Il Mediterraneo

Ed è con il mare che chiudiamo questa concentratissima descrizione della città più bella della costa montenegrina. Quel mare

che, a poca distanza, accoglie due isolette deliziose: quella di San Giorgio e quella della Madonna dello Scalpello.

L’isola di San Giorgio è un’isola naturale che prende il nome dal monastero benedettino del XII secolo dedicato a San Giorgio.

L’isola della Madonna dello Scalpello, invece, nasce artificialmente su un baluardo di rocce dove vennero affondate decine e decine di navi. L’isola fu creata dopo che su quelle rocce semisommerse fu trovata, nel 1452, un’immagine di Madonna con il Bambino. L’icona fu portata a Kotor dove scomparve per essere ritrovata sulle rocce. Gli abitanti, allora, decisero di costruirvi un santuario.

Il mare, questo Mediterraneo che, molte volte, ricordiamo soltanto quando viene alla luce un naufragio di migranti. Eppure quel Mediterraneo ci ricorda che è, per dirla citando Fernand Braudel, “mille cose

Visione notturna di Kotor

insieme. Non un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi. Non un mare, ma un susseguirsi di mari. Non una civiltà, ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre.

Dove dormire

È un crocevia antichissimo, dove da millenni tutto vi confluisce, complicandone e arricchendone la storia”. Come questa di Kotor, città veneziana.

CASA DEL MARE MEDITERRANEO BOUTIQUE HOTEL

Piccolo, raffinato e situato in una posizione privilegiata nella Baia di Kotor, il 5 stelle Casa del Mare Mediterraneo offre un'esperienza di soggiorno impareggiabile. La struttura dispone di 17 tra camere e suite elegantemente arredate, un'area benessere completa di piscina interna, sale trattamenti, sauna, bagno turco e palestra attrezzata.

Kamenari bb

Kotor

Tel. +382 69 700 702 mediterraneo@casadelmare.me www.casadelmare.me

Dove mangiare

CHE NOVA

Questo locale di ispirazione italiana ha una serie di gustose opzioni tra carne, pasta, pizza e pesce. Mentre la terrazza esterna è luminosa, ariosa e confortevole, l’interno è raffinato ed elegante, fornendo la miscela perfetta per una lussuosa ma casual esperienza culinaria.

Dobrota donji put

Kotor

Tel. +382 069 446 232

La spiaggia privata di Casa del Mare Mediterraneo Boutique Hotel

Melting Pot

a cura della redazione IlBelViaggio

Il Bob Fest a Roccella Ionica il 29 e 30 giugno

Due giorni dedicati all’enogastronomia, alla musica, alla cultura e alla solidarietà: il Bob Fest torna con una nuova tappa nella splendida cornice di Roccella Ionica, cuore della Riviera dei Gelsomini.

29 giugno 2025 Il festival prende il via dalle 19:00 presso il Porto delle Grazie, trasformato per l’occasione in un vero e proprio villaggio del gusto. Stand enogastronomici, talk, esibizioni live, aree musicali, laboratori e masterclass: ogni angolo racconta la Calabria con autenticità e passione. Un evento aperto a tutti, dove i sapori incontrano le storie dei produttori e la musica accompagna le serate tra il mare e il cielo.

30 giugno 2025 L’appuntamento più atteso è la Cena di Gala presso l’elegante Tenuta Torre Vedera: protagonisti saranno chef stellati, pizzaioli e cuochi contemporanei uniti per una causa comune. Ogni piatto sarà un omaggio alla terra calabrese, in un dialogo continuo tra tradizione e creatività.

Info: www.bobfest.it

La Biennale d’architettura a Venezia

Sarà aperta al pubblico da sabato 10 maggio a domenica 23 novembre 2025, ai Giardini, all’Arsenale e a Forte Marghera la 19° Mostra Internazionale di Architettura dal titolo Intelligens. Natural. Artificial. Collective., a cura di Carlo Ratti, organizzata dalla Biennale di Venezia.

“L’architettura rappresenta da sempre una risposta alle sfide poste dalle condizioni climatiche. Fin dalle “capanne primitive”, la progettazione umana è stata guidata dalle necessità di ripararci per sopravvivere: le nostre creazioni hanno cercato di colmare il divario tra ambienti ostili e quegli spazi sicuri e vivibili di cui abbiamo tutti bisogno”, ha affermato Carlo Ratti introducendo la sua mostra.

“Nell’età dell’adattamento, l’architettura rappresenta un nodo centrale che deve guidare il processo con ottimismo. Nell’età dell’adattamento, l’architettura deve attingere a tutte le forme di intelligenza: naturale, artificiale, collettiva. Nell’età dell’adattamento, l’architettura deve rivolgersi a più generazioni e a più discipline, dalle scienze esatte alle arti. Nell’età dell’adattamento, l’architettura deve ripensare il concetto di autorialità e diventare più inclusiva, imparando dalle scienze. L’architettura deve diventare flessibile e dinamica, proprio come il mondo per cui sta progettando”.

Info: www.labiennale.org

Musica sulle Apuane, fino al 14 settembre

Le note della musica, i rumori della natura, le emozioni di chi suona e di chi ascolta. "Musica sulle Apuane" è il festival che unisce trekking e concerto in una formula innovativa dove natura e arte si intrecciano, dove il contatto col pubblico è informale e la divulgazione della musica si raggiunge attraverso nuove strade. Teatro del Festival sono le vette aspre e bianche delle Alpi Apuane che offrono agli occhi dei visitatori il bianco accecante delle cave di marmo e l'azzurro brillante del mare all'orizzonte. Un paesaggio ricco di sentieri e suggestioni, tra prati verdi, boschi di castagni, faggi e abeti, dirupi e grotte, da attraversare per raggiungere la meta finale. Ogni giornata del festival prevede infatti un'escursione (con accompagnatori CAI o in autonomia con coordinate GPS fornite), un pranzo al rifugio di riferimento o pranzo al sacco, e un concerto gratuito, di solito nel pomeriggio; il rientro avviene in serata o con pernottamento al rifugio o in tenda, se l’escursione lo richiede. Gli artisti raggiungono insieme al pubblico il luogo dell’evento. Info: www.musicasulleapuane.it

Viaggio nel Medioevo a Finalborgo, dal 21 al 24 agosto

Finalborgo, in provincia di Savona, è circondata dalle mura medievale che le conferiscono un’aurea austera ma non è così. La cittadina ligure è una piacevolissima meta estiva e culturale. Infatti, percorsi gli stretti vicoli, ogni piazza è una conquista e una sorpresa, in grado di esibire meraviglie nella "pietra del Finale", l´ardesia che adorna portoni, si modella in colonne, diamanti, ornamenti. In questo contesto, ogni anno, sul finire d’agosto, dal 21 al 24, la città si trasforma tra botteghe e locande popolate da avventori in costume d’epoca. Le vie e le piazze di Finalborgo sono animate da dame e cavalieri. Concerti di musica celtica medievale e spettacoli di giullari, giocolieri e mangiafuoco si alternano per stupire turisti e abitanti del luogo, giovani e meno giovani, creando un clima festoso senza pari. Attraversando le porte di Finalborgo si ha la sensazione di varcare le porte del tempo ed essere immersi in un sogno medievale. In tutto il paese rifioriscono antiche botteghe dove i commercianti e gli artigiani del paese, cogliendo lo spirito della festa medievale, accettano il finarino, la moneta del Marchesato del Finale.

Info: visitfinaleligure.it

Melting Pot

a cura della redazione IlBelViaggio

Popoli Pop Cult Festival a Bagnara di Romagna

Dal 26 al 29 giugno 2025 il Popoli Pop Cult Festival anima l'antico borgo fortificato di Bagnara di Romagna, nel territorio di Ravenna, con danze e musiche da tutto il mondo che diventano occasione di incontri tra popoli e condivisione culturale in un’atmosfera internazionale di amicizia, portando mediamente un pubblico di oltre 20.000 persone.

Ogni luogo, edificio storico, spazio aperto ospita stand gastronomici, spettacoli di danze, musiche etniche e mostre con, quest'anno, un focus speciale sull'Africa mediterranea!

È un viaggio intorno al mondo tutto da vivere grazie ai sapori delle specialità culinarie e ai numerosi spettacoli che creano un'esperienza piacevolmente immersiva.

Info: www.bassaromagnamia.it

Macerata Opera Festival

Dal 18 luglio al 10 agosto 2025 Macerata torna a essere capitale della lirica con la 61nesima edizione del Macerata Opera Festival, uno degli appuntamenti più attesi dell’estate culturale italiana. Nella scenografica cornice dello Sferisterio, capolavoro neoclassico unico nel suo genere, l’opera si fonde con l’architettura e la magia delle notti marchigiane per regalare agli spettatori un’esperienza indimenticabile.

L’edizione di quest’anno propone un cartellone di grande fascino, capace di coniugare la tradizione del melodramma con nuove esperienze artistiche, in un perfetto equilibrio tra potenza scenica, emozione musicale e suggestione visiva. Tra i grandi titoli in programma spiccano due capolavori di Giuseppe Verdi, Rigoletto e Macbeth, opere intense e drammatiche che trovano nello Sferisterio una cornice ideale per amplificare la forza dei loro temi universali.

Info: www.sferisterio.it

Il Festival dei Due Mondi a Spoleto

Dal 27 giugno al 13 luglio torna a Spoleto il Festival dei Due Mondi che quest’anno celebra l’edizione numero 68.

Conosciuto anche con il nome di Spoleto Festival, questa manifestazione internazionale è un appuntamento imperdibile soprattutto per gli amanti della lirica ma prevede anche sezioni dedicate a musica, teatro musicale, spettacolo, danza, teatro e arte. Ad attendervi c’è un fitto programma di appuntamenti, incontri con importanti ospiti internazionali e sezioni dedicate al cinema, ai più piccoli e a progetti speciali. Info: www.festivaldispoleto.com

Il Salone del Camper a Parma, dal 13 al 21 settembre

Il camper e la caravan sono già vere e proprie case viaggianti con ogni comfort a disposizione, ma ci sono alcune dotazioni che li possono rendere davvero speciali, e si possono trovare nei mezzi in vendita negli stand degli espositori presenti al Salone del Camper, che si svolgerà nei cinque padiglioni della Fiera di Parma dal 13 al 21 settembre prossimi.

1. I grandi serbatoi (fino a 300 litri per le acque chiare, 200 litri per le acque grige): c’è una vasta gamma di serbatoi sagomati e da chassis, ideali per ottimizzare lo spazio. Si possono trovare quelli rigidi di diverse capacità e materiali, privi di BPA che garantisce che l'acqua rimanga sicura e priva di contaminanti chimici durane il viaggio. Ne sono un esempio Arto 77 e 78 del gruppo Niesmann.

2. La piastra a induzione offre notevoli vantaggi, come cottura rapida e consumo energetico ottimizzato, soprattutto se si dispone di una buona alimentazione elettrica. Esistono modelli specifici progettati per camper.

3. Il letto basculante che si integra nel soffitto, è sospeso e può essere abbassato elettricamente o manualmente per l'uso notturno, mentre durante il giorno si ripiega contro il soffitto, liberando spazio per altre attività (come nel caso dell’America H745GLG di Arca). Alcuni modelli possono essere regolati in altezza per creare spazio aggiuntivo sotto di esso.

5. La zona living con cornice luminosa a led: ottimizza l’efficienza energetica, dona luce e crea un'atmosfera accogliente.

7. Il ripostiglio nel doppio pavimento, facilmente accessibile e ben organizzato: può contenere attrezzature sportive, ricambi, persino una piccola cantina per i vini.

Info: www.salonedelcamper.it

Libri

Italia ad altra velocità

Un libro bellissimo questo di Fabio Bertino! Perché? Per la sua capacità descrittiva che ti fa viaggiare restando fermi in poltrona ma con le gambe che fremono e la testa immersa nella bellezza di questo Paese. Fabio la racconta con uno sguardo originale, partendo dalle stazioni ferroviarie, con la loro storia e le persone che vi si incontrano, per poi allargare lo sguardo sulle città, sui paesi, sulle piazze e i bar che restano luoghi di incontro e di conversazione. Leggendo questo libro non sembra nemmeno che viviamo nell’epoca degli incontri virtuali, tanto è pieno di persone, di storie, di immagini di vita autentica. A Campomarino, nel Molise, le signore del posto che lo avvisano di correre perché il treno ferma solo un minuto e rischia di perderlo, è la summa di tutta quella gentilezza che esiste in Italia ma che è sempre più nascosta. Vorrei tanto che i terrapiattisti, e tutti quelli che urlano a sproposito ogni giorno leggessero questo delizioso libro. Forse si accorgerebbero che esiste un’Italia reale che va salvaguardata!

Italia ad altra velocità

Fabio Bertino

Youcanprint editore

191 pagine

14 euro

L’Italia che ho visto

Peppone Calabrese è un personaggio che, in pochi mesi, è entrato nei cuori degli italiani grazie ad Angelo Mellone, capostruttura della RAI che lo ha pescato nella sua osteria, Cibò a Potenza, per fargli fare Linea Verde.

“La mia, in fondo, è la storia di una persona normale con il cuore aperto, pronto ad accogliere quello libero degli altri” scrive nell’introduzione del suo libro L’Italia che ho visto.

Parole di una semplicità disarmante che invitano a leggere perché sapremo già che, in quelle pagine, troveremo un grande concentrato di empatia, la stessa che lui mette in video, senza finzione. È il racconto di questi anni in cui lui ha girato l’Italia in lungo e in largo, l’ha rappresentata nella sua forma migliore, ne ha tirato fuori il succo identitario: quello di chi tutela i luoghi in cui vive. Questa è l’Italia che lui ha visto, dalla Val d’Aosta alla Sicilia, e che racconta in modo efficace, semplice, come dev’essere.

Carlo Petrini, nella prefazione, scrive: “Il successo delle storie che da sempre riporta risiede, infatti, nell’autenticità delle relazioni che lo stesso Peppone ha saputo costruire con i produttori e le produttrici, le cuoche e i cuochi di tutta Italia… ciò che va riconosciuto a Peppone è che, grazie alla sua empatia, è sempre riuscito a trasmettere al grande pubblico la parte più genuina del cibo”. Ogni italiano dovrebbe essere come lui!

L’Italia che ho visto

Peppone Calabrese

RaiLibri

206 pagine

19 euro

Castiglione delle Stiviere

e Solidarietà Cammino di Fede

“La vita non si spiega, si vive” Luigi Pirandello

www.collinemoreniche.it

Monzambano
Ponti sul Mincio
Peschiera del Garda
Castellaro Lagusello Solferino
Goito
Guidizzolo
Medole
Cavriana
Pozzolengo
Marmirolo
Pozzolo sul Mincio
Desenzano del Garda
Volta Mantovana

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IlBelViaggio Giugno 2025 by Siglacom - Issuu