virtuale

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“Core Glossary for Polytechnic Research” cross-disciplinary course VIRTUALE

SARA RADICE * *PhD candidate in Design, Dipartimento INDACO, Scuola del Design, Politecnico di Milano. E-mail: sara.radice@mail.polimi.it Abstract: Quando ci si riferisce al virtuale, si pensa spesso a un qualcosa che, in opposizione al reale, si situa in una dimensione immateriale non ben definita, ma “altra” dalla realtà fisica in cui viviamo. Il termine, usato come aggettivo, viene comunemente associato al concetto di realtà virtuale, e a causa dell’apparente ossimoro presente nell’espressione, viene sottolineata questa presunta separazione netta fra lo spazio reale e lo spazio virtuale. Ritengo sia utile fare chiarezza circa il significato dei termini virtuale e reale, e sostenere una prospettiva d’analisi dei fenomeni sociali e culturali legati alle nuove tecnologie dell’informazione, che includa lo spazio virtuale fra le entità del reale, in quanto parte integrante della cultura umana. Partendo quindi da una riflessione filosofica sul significato del lemma, viene messo in luce come virtuale non sia l’opposto di reale, bensì di attuale, e come gli strumenti tecnologici legati alla virtualità, generando nuovi spazi, non abbiano la funzione di sostituirsi alla realtà naturale, ma di introdurre nuove possibilità di esperienze, influenzando profondamente il modo di intendere lo spazio, il tempo, le relazioni sociali, il modo di apprendere e di lavorare. Parole chiave: potenziale, reale, attuale, artificiale, materiale, immateriale, ciberspazio, realtà virtuale, comunità, spazio, tempo, linguaggio, conoscenza, relazioni, web, architettura virtuale, progetto, virtualizzazione, attualizzazione, rete, immagine, rappresentazione

1 INTRODUZIONE Quando si parla di virtuale, nel linguaggio comune, spesso ci si riferisce a qualcosa di simile all’artificiale, di ricreato dall’uomo per uno scopo essenzialmente ludico, e da questa prospettiva, il virtuale viene associato alle immagini ricreate con il computer per consentire l’immersione in un mondo artificiale, chiamato appunto realtà virtuale.

virtuale si oppone all'attuale: il possibile è ciò che si realizza o che non si realizza, e il reale è l'immagine del possibile che si realizza. Il virtuale, al contrario, non deve realizzarsi, ma attualizzarsi.

Un secondo errore, più deviante, riguarda la natura filosofica del termine, che spesso viene erroneamente contrapposto al termine reale indicando l’assenza di una presenza tangibile e concreta. La fonte del concetto di virtuale sembrerebbe la traduzione del termine greco δυνατόν (dunaton), possibile, definito da Aristotele in senso logico come «ciò che non è né necessario né impossibile» e in senso ontologico come «ciò che è in potenza». 1 Virtuale è detto ciò che è solo in potenza, che potrebbe manifestarsi, ma non si è mai manifestato concretamente. 2 La parola deriva dal latino medievale virtualis, derivato a sua volta da virtus nel significato di forza, potenza; nella filosofia scolastica è virtuale ciò che esiste in potenza e non in atto.

2 VIRTUALE VS ATTUALE Da queste prime definizioni appare chiaro come il virtuale non si contrapponga al reale, e come sia necessario fare chiarezza tra i termini virtuale/attuale e possibile/reale.

FIGURA 01: Schema liberamente adattato da Lévy, P. (1997), Il virtuale, Raffaello Cortina, Milano, pp.132-136.

Per Gilles Deleuze 3, il possibile è il contrario del reale, mentre il

Come schematizzato in Fig. 01, Pierre Lévy 4 riprende questa differenziazione tra virtuale e possibile e tra reale ed attuale e

1

Aristotele, Analitici primi, A 13, 32 a 18-20.

2

Cfr. Gabrielli, A. (2008), Dizionario Hoepli Italiano, Hoepli, Milano, tramite eLexico.

3

Gilles Deleuze (Parigi, 1925 - 1995) è stato un filosofo francese, ritenuto tra i più influenti del XX secolo e tra i più prestigiosi esponenti della Nietzsche-renaissance che, insieme allo strutturalismo e al pensiero di Jean-Paul Sartre, caratterizzò il pensiero filosofico francese del secondo dopoguerra.

4 Pierre Lévy (Tunisi, 1956) è un filosofo francese, titolare di una cattedra di intelligenza collettiva all'università di Ottawa, studioso delle implicazioni culturali dell'informatizzazione, del mondo degli ipertesti, e degli effetti della globalizzazione. Si interessa di computer e Internet, come strumenti per aumentare le capacità di cooperazione della specie umana nel suo insieme e delle collettività.


individua nella virtualizzazione, cioè il passaggio dall’attuale al virtuale, il processo creativo per eccellenza, in quanto generatore di nuove problematiche. Se l’attualizzazione procede da un problema alla sua soluzione, la virtualizzazione passa da una soluzione data a un (altro) problema. Il reale, il possibile, l’attuale e il virtuale sono quindi complementari: realizzazione e potenzializzazione appartengono all’ordine della selezione, mentre attualizzazione e virtualizzazione appartengono all’ordine della creazione e del divenire poiché l’attualizzazione inventa una soluzione al problema sollevato dal virtuale. Il virtuale non è quindi il contrario del reale, ma un modo di essere «fecondo e possente, che concede margini ai processi di creazione, schiude prospettive future, scava pozzi di senso al di sotto della piattezza della presenza fisica immediata.» 5

3 SPAZI VIRTUALI Quando una persona, un atto, un’informazione si virtualizzano, si staccano dallo spazio fisico e geografico consueto, ma continuano a dipendere dallo spazio-tempo di riferimento perché devono rifarsi a supporti fisici per attualizzarsi. Il processo di virtualizzazione, come abbiamo visto, non mette in discussione il concetto di realtà, ma i concetti di pubblico e privato, proprio e comune, soggettivo e oggettivo 6: quando i computer vengono messi in rete diventano strumenti di collegamento macchina-macchina, macchina-uomo e uomo-uomo.

3.1 Ciberspazio e comunità virtuali La prima comunità virtuale fu l’ARPAnet 7, progettata in origine per permettere a più ricercatori di disporre degli stessi dati e successivamente usata anche per scambiare messaggi, creando così un senso di comunità tra i vari centri, geograficamente lontani tra loro. Il ciberspazio è oggi considerato quel luogo digitale in cui è possibile interagire con altri utenti e il termine, di derivazione greca, si riferisce alla navigabilità di questo spazio senza luogo. Questo concetto appare per la prima volta nel romanzo Neuromante di William Gibson 8 nel 1984, ed è descritto come «un’allucinazione consensuale» indicando il punto i cui i media confluiscono insieme e ci circondano. Con questa definizione Gibson estende a tutta le rete di comunicazioni il concetto anticipato nel 1965 da Ivan Sutherland 9 nel suo lavoro accademico The Ultimate Display, in cui è descritto il primo esempio di 5

Lévy, P. (1997), Il virtuale, Raffaello Cortina, Milano, p. 2.

6

Cfr. con l’«effetto Moebius» descritto in Lévy, P. (1997), Il virtuale, Raffaello Cortina, Milano, pp. 5-15. 7

L’ARPAnet (acronimo di "Advanced Research Projects Agency NETwork), venne realizzata nel 1969 dalla DARPA, l'agenzia del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti responsabile per lo sviluppo di nuove tecnologie ad uso militare. Si tratta della forma embrionale dalla quale poi nel 1983 nascerà Internet.

8

William Ford Gibson (Conway, South Carolina, 1948) è uno scrittore e autore di fantascienza statunitense, considerato l'esponente di spicco del filone cyberpunk. Tra i sui romanzi più conosciuti Gibson, W. (1984), Neuromante, (trad. it. 2004), Nord, Milano.

9

Ivan Edward Sutherland (Hastings, Nebraska, 1938) è uno scienziato e informatico statunitense, pioniere di Internet, vincitore del Premio Turing nel 1988 per l'invenzione del software Sketchpad, predecessore delle interfacce maggiormente utilizzate nella computer grafica. Crf. Sutherland, I. E. (1965), The Ultimate Display, Information Processing Techniques Office, ARPA, OSD.

simulazione di oggetti fisici in un territorio chiamato il «Paese delle meraviglie matematico». Negare l’esistenza del ciberspazio come dimensione del reale, significherebbe negare l’esistenza di una cultura di Internet e dunque delle comunità e delle condotte che attorno ad esso si sono sviluppate. Al contrario, valorizzando la dimensione del virtuale e dandole dignità in quanto dimensione del reale, si possono cogliere i caratteri dei fenomeni multidimensionali, che interessano differenti sfere del reale. 3.1.1 Nuove forme di linguaggio Negli anni Novanta, fu il cinema di fantascienza ad intuire la portata innovativa, dal punto di vista culturale e dell’immaginario collettivo, del cyberpunk e delle tecnologie della comunicazione. Blade Runner e Tron di Steven Lisberger, già nel 1982 avevano anticipato, con le loro ambientazioni, le tematiche cyberpunk e negli anni successivi altri film diedero forma a quello che si pensava potesse diventare la realtà delle comunicazioni nel futuro. Tra questi, Il Tagliaerbe (1993) di Brett Leonard; Johnny Mnemonic (1994) di Robert Longo, tratto dall’omonimo racconto di William Gibson; Nirvana (1996) di Gabriele Salvatores e la trilogia di Matrix (1999-2033) di Andy e Larry Wachowski che seppur con quindici anni di ritardo, è la visualizzazione di quanto teorizzato dagli scrittori cyberpunk. Semplificando, uno dei temi centrali della trilogia, è che la realtà non è altro che una stimolazione neurosensoriale. Se si considera questo aspetto, i film dei fratelli Wachowski anticipano la realtà sociale del Web 2.0, in cui fenomeni come Wikipedia, i social network, Youtube, Twitter, ecc., stanno scardinando i rapporti sociali tra gli individui, mettendo in connessione chiunque ed ovunque, annullando le distanze spazio-temporali, in un modo che la fiction, in parte, aveva previsto. 3.1.2 Nuove forme di relazione Gli strumenti che la società dell'informazione ci mette a disposizione hanno cambiato anche il nostro rapporto con la conoscenza grazie a forme di apprendimento cooperativo e di scambio culturale inimmaginabili per il passato. Nicholas Negroponte 10, nel best-seller Being Digital del 1995 rilevava che l’informazione viene sempre più diffusa in modo immateriale e sempre meno in modo materiale. Nelle potenzialità del digitale, Negroponte vedeva il passaggio dal tipico rapporto con i Media, nel quale tutta l’intelligenza è concentrata nel punto di origine (da chi seleziona i programmi di una emittente televisiva o dal redattore di un giornale) a un nuovo tipo di rapporto in cui l’intelligenza si trova anche nell’apparato ricevente, che seleziona le informazioni in arrivo in base agli interessi della persona. Questo non significava solo un miglioramento nell’erogazione di ciò che già esisteva, ma sanciva la nascita di una comunicazione di tipo completamente nuovo. Ogni rivoluzione significativa nei mezzi di comunicazione, non si limita infatti a riformulare in modo nuovo i contenuti delle culture precedenti, ma porta con sé la nascita di nuove culture. Negli ultimi anni, l’immaginario legato alle nuove tecnologie 10

Nicholas Negroponte (New York, 1943) è un informatico statunitense celebre per i suoi studi innovativi nel campo delle interfacce tra l'uomo e il computer. Tra i suoi più importanti lavori vi sono gli studi sul Computer Aided Design (CAD), la fondazione dell’Architecture Machine Group, un gruppo di pensatori dedicato allo studio e allo sviluppo di nuove interfacce uomo-macchina. Nel 1985 fu co-fondatore insieme a Jerome Wiesner del MediaLab MIT di Boston.


dell’informazione, ha progressivamente eliminato l’idea di macchina e di strumentazioni complesse, avvicinando ai territori virtuali anche i non esperti in ambito tecnologico: usando le parole di Mario Gerosa, si sta probabilmente assistendo ad un «Rinascimento virtuale» 11 in cui sempre più persone con un approccio meno tecnologico e più umanistico contribuiscono a formare una nuova cultura e nuovi saperi condivisi in rete. Il nuovo spazio del sapere che sta emergendo spinge a reinventare il legame sociale in funzione delle sinergie delle competenze di una nuova «intelligenza collettiva». 12 Infatti parallelamente a un nuovo universo tecnico, si inventano nuove forme di relazione tra le persone con la mediazione del ciberspazio. Il rapporto con le tecnologie è analizzato in modo più critico da Giuseppe O. Longo ne Il nuovo Golem, in cui sostiene che il modo di pensare sta cambiando modo radicale e irreversibile: «Non più apprendere ma documentarsi, non più studiare ma consultare, non più organizzare il sapere intorno a concetti e idee di fondo, ma accumulare dati relativi a parole chiave» 13. Longo comunque non cerca di classificare questo fatto come qualcosa di sbagliato, in quanto sostiene che, dopo l’introduzione di una tecnologia nuova, la società cambia a tal punto che non è più possibile confrontarla con la precedente. Egli accetta la situazione come qualcosa a cui stiamo già partecipando, cercando però di non rassegnarsi a seguire tutto incondizionatamente, ma cercando invece di guidare questo fenomeno nella direzione ritenuta migliore.

3.2 Realtà virtuale Il termine fu coniato da Jerome Lanier, pionere nella ricerca in questo campo, secondo cui «Per reale che possa essere il mondo fisico, il mondo virtuale è altrettanto reale, e si è guadagnato pari stato; ma al tempo stesso possiede anche un grado infinito di possibilità». Il fenomeno fu discusso per la prima volta in una seduta intitolata “Ambienti virtuali e interattività: finestre sul futuro” al SIGGRAPH 14 del 1989, dove dimostrazioni di sistemi di realtà virtuale inaugurarono qualcosa di simile a ciò di cui disponiamo oggi e crearono enormi prospettive per il futuro. L’apice di questo entusiasmo per la realtà virtuale si raggiunse l’anno successivo, con due congressi organizzati sul tema: il SIGGRAPH del 1990 e il Cyberthon 15, a cui parteciparono tutti i personaggi di spicco dell’ambiente scientifico e anche diversi psicologi e studiosi di scienze della comunicazione, attratti dalle promesse fatte un anno prima. In un intervento Myron Krueger 16 rivendicò la paternità del termine realtà virtuale, avendolo usato nel 11

Gerosa, M. (2008), Rinascimento virtuale. Convergenza, comunità e terza dimensione, Meltemi, Roma, pp. 12-17.

12

Lévy, P. (1996), L'intelligenza collettiva. Per un'antropologia del ciberspazio, Feltrinelli, Milano.

13

Longo, G. O. (1998), Il nuovo Golem: come il computer cambia la nostra cultura, Laterza, Roma-Bari. 14

Special Interest Group, Graphics, congresso annuale dedicato alla grafica computerizzata organizzata dall’American Association of Computing Machinery fondato nel 1967 come studio sulle possibilità dell’utilizzo della grafica computerizzata.

libro Artificial Reality scritto negli anni Settanta e pubblicato nel 1983. Argomento del libro è ciò che Krueger chiama «ambienti responsivi», 17 installazioni d’arte in cui suoni e luci mutano a seconda dei movimenti delle persone che le visitano. L’esperienza di realtà virtuale ideata da Krueger, definita anche «Third Person» o «Artificial Reality», consisteva in un sistema di telecamere e algoritmi di elaborazione immagini per cui l’utente, senza indossare nulla, si vedeva immerso in un ambiente bidimensionale proiettato sullo schermo. Oggi, si possono distinguere tre categorie di realtà virtuale:  immersiva, che isola i canali percettivi del soggetto “immergendolo” sensorialmente nell’ambiente artificiale, attraverso l’uso di dispositivi quali casco e sensori di posizione;  non immersiva, in cui l’impressione dell’utente è di vedere l’ambiente virtuale attraverso il monitor;  semi-immersiva, in cui gli schermi o “cave” permettono la riproduzione di adeguati indici di profondità dell’immagine. Riporto di seguito due definizioni che aiutano a chiarire cosa sia la realtà virtuale: «Virtual Reality: a computer system used to create an artificial world in which the user has the impression of being in that world and with the ability to navigate through the world and manipulate objects in the world.» 18 Un ambiente virtuale non si può certo considerare equivalente ad un ambiente della realtà naturale, e così nessuno ha mai prospettato di sostituire i molti mondi di finzione che ci vengono proposti dalla narrativa, dal cinema e dalla televisione, con la realtà in cui siamo situati, allo stesso modo ritengo che chi utilizza sistemi di realtà virtuale è consapevole di usare uno strumento che non ha la funzione di sostituirsi all’esperienza fisica delle cose, ma di introdurre nuove possibilità di esperienze. Come nel caso del teatro, l’ingresso in questa realtà è definito da una atto ben preciso, ovvero dall’accesso attraverso un terminale. A riguardo delle diffuse perplessità su una eventuale “sostituzione” di realtà che a volte viene prospettata come possibile in un prossimo futuro, vorrei mettere in evidenza un esempio contrario: negli ultimi decenni la moltiplicazione dei media e l’aumento dei flussi di comunicazione non si è sostituito alla mobilità fisica (che anzi è aumentata) e che le persone che passano più tempo al telefono sono anche quelle che incontrano il maggior numero di persone in carne ed ossa. 19 A questo proposito Berger e Luckmann affermano: «Paragonate alla realtà della vita quotidiana, altre realtà appaiono come sfere di significato circoscritte, situate inevitabilmente, all’interno della realtà dominante, contrassegnate da significati e modi di esperienza limitati. La realtà dominante li avvolge, per così dire, da tutti i lati e la coscienza fa sempre ritorno ad essa come da una escursione.» 20

3.3 Rappresentazione virtuale Per rappresentazione virtuale si intende la riproduzione di un 17

Krueger, M. (1992), Artificial Reality, Addison Wesley, Milano.

18

15

Evento culturale sul tema della realtà virtuale, organizzato a San Francisco nel 1990, che si proponeva di essere “the Acid Test of the nineties" e fu chiamato "Nerdstock”.

Manetta, C. e Blade, R. (1995), in "Glossary of Virtual Reality Terminology" in the International Journal of Virtual Reality, Vol.1 Nr.2. 19

16

Myron Krueger (Gary, Indiana, 1942) già nei suoi primi studi, degli anni Sessanta, si occupa di ambienti interattivi e di interfacce uomo-computer.

20

Cfr. Lévy, P. (1997), Il virtuale, Raffaello Cortina, Milano, p.13.

Berger, P., e Luckmann, T. (1969), La realtà come costruzione sociale, Il Mulino, Bologna.


aspetto della realtà mediante la creazione di un modello informatico tridimensionale. La rappresentazione virtuale trova impiego nella progettazione, in settori quali l’architettura, il design, l’ingegneria, in cui è utile a comunicare in modo esaustivo le caratteristiche del progetto. La realtà virtuale, anche se non è propriamente uno strumento di progetto, ma ha l’obiettivo di visualizzare una data realtà, viene sempre più spesso usata anche nel processo di progettazione, per ottenere rapidamente e a costo limitato simulazioni interattive che permettono controllo e possibilità di modifica del progetto in ogni sua fase di avanzamento, tramite il processo di Virtual Prototyping. La cultura digitale ha generato un ampliamento dello spazio del disegno (e quindi del progetto) ed è quindi un ambito di sperimentazione privilegiato per l’architettura che assimila sempre più spesso le strategie estetiche del digitale, come la contrapposizione tra profondità e superficie, la smaterializzazione delle pareti e la loro integrazione con l’informazione visiva digitale.

3.4 Rappresentazione del virtuale Se da un lato la diffusione delle tecnologie legate al virtuale ha profondamente modificato le modalità di comunicazione, dall’altro sono pochi i tentativi di introdurre negli spazi virtuali una modificazione sul piano figurativo di pari portata. Di fronte a un’interfaccia che potenzialmente potrebbe introdurre una forma di comunicazione non solo interattiva e multimediale, ma anche figurativamente innovativa grazie alle possibilità di nuove profondità di campo e nuovi scenari dimensionali, le forme tradizionali della comunicazione sembrano resistere. Manca in sostanza nello spazio virtuale una struttura della comunicazione più coerente con la nozione di spazio, che con quella di pagina. Significativi per sottolineare questo attaccamento alla realtà fisica sono gli esempi che ci vengono forniti dall’architettura virtuale, ovvero l’area dell’architettura che ha nell’immaterialità il proprio elemento costruttivo. Pur svincolata da leggi fisiche naturali, l’architettura virtuale è quasi sempre intesa come simulazione della realtà, come duplicazione di ciò che già esiste ed è rappresentata utilizzando le leggi della rappresentazione prospettica tipiche dello spazio fisico; un esempio emblematico in questo senso, sono la maggior parte delle architetture e delle configurazioni spaziali virtuali (ma del tutto tradizionali) di Second Life. 21 Uno dei settori della rete in cui è stata maggiormente esplorata invece l’interazione in spazi tridimensionali, progettati per la fruizione di un pubblico, è quello dei musei e delle gallerie d’arte, con risultati che spesso hanno deluso le aspettative proprio per il loro essere dei semplici duplicati del corrispettivo fisico, che nulla aggiungevano all’esperienza di fruizione. 22 Ciò è comprensibile se si pensa che nella storia dell’interazione uomo-macchina c’è sempre stato il tentativo di continuare ad usare per le nuove tecnologie gli schemi percettivo-motori già conosciuti. 21 22

http://secondlife.com

Un caso diverso è il recente Google Art Project che permette di esplorare i musei d'arte allo stesso modo in cui Google Street View permette di esplorare strade delle città. Sul sito http://www.googleartproject.com è possibile fare un tour virtuale delle gallerie d’arte e selezionare le opere di interesse per vederle in alta definizione: in questo caso la possibilità di generare dei confronti tra opere normalmente non visibili simultaneamente che permette di completare e non imitare l’esperienza dell’opera d'arte che si può avere di persona, è probabilmente il fattore innovativo e di successo del progetto.

Un esempio su tutti è la modalità di organizzazione dei dati caratteristica di tutti i sistemi operativi, e le modalità con cui questi si possono spostare e archiviare, che si basano su una metafora di orientamento spaziale e di coordinamento del movimento trasposta dalla corporeità e dalle regole che la caratterizzano. Generalizzando, vengono creati ambienti virtuali in cui l’informazione è collocata secondo metafore spaziali, 23 che diventano la «protesi virtuale» 24 che permette al soggetto utilizzatore di orientarsi tra i dati disponibili. Un esempio in direzione contraria è il lavoro dell’architetto Marcos Novak 25 che con il termine transArchitetture descrive una trasformazione o una trasmutazione dell’architettura verso la rottura dell’opposizione di fisico e virtuale e la proposta di un continuum che conduca da un’architettura fisica a un’architettura del ciberspazio. Visualizzare l’immateriale è uno dei compiti dei cartografi della rete che hanno cercato modelli e astrazioni per costruire un'immagine compiuta di parti della rete stessa, ricreata con o senza una prospettiva tridimensionale, di cui i teorici Martin Dodge e Rob Kitchin ci restituiscono diversi approcci nel volume Atlas of Cyberspace del 2001. 26 Ad esempio si possono vedere le opere dell’artista Mark Napier che con i suoi antibrowser concepisce forme alternative di visualizzazione del web, in cui testi e immagini si costruiscono sullo schermo in un modo molto differente dal solito, 27 o di Ben Fry, che realizza delle sculture topografiche che utilizzano contenuti di un sito web. 28 Quasi tutti gli esempi di rappresentazione di dati e flussi d’informazione nel ciberspazio sono il risultato di elaborazioni artistiche, dove la rete viene rappresentata da segni e da livelli diversi, con piani che si sviluppano o contraggono a partire dalle idee dei rispettivi autori e dimostrano l'anarchica e spontanea struttura fisica della rete che riflette in pieno le sue imprevedibili dinamiche sociali.

23

Uno dei primi esempi di “navigazione” tra i dati, è il prototipo Spatial Dataland del 1977 progettato dal Media Lab del Mit. In Dataland, testi, immagini e filmati erano presentati come se fossero distribuiti su un piano sul quale si organizzavano spazialmente e formavano aree e regioni riconoscibili e memorizzabili: questo territorio virtuale dell’informazione poteva essere “sorvolato” a diverse quote e “atterrare” sul dato ricercato utilizzando lo strumento virtuale simulato di un elicottero. Sebbene Dataland rimase un’esperienza pilota, l’idea della “navigazione” nei dati si è da allora diffusa e consolidata. 24

Manzini, E., “Tra materialità e virtualità. Superfici comunicative e oggetti interattivi” in Ferraro, A. e Montagano, G. (1994), La scena immateriale. Linguaggi elettronici e mondi virtuali, Costa & Nolan, Milano, pp.72-76. 25 Marcos Novak, architetto, artista e musicista, sviluppa algoritmi matematici per costruire spazi virtuali, ibridi e intelligenti. È impegnato in una ricerca sugli spazi non euclidei nel laboratorio virtuale che ha creato alla Architecture School of the University of Texas. 26

Dodge, M. e Kitchin, R. (2001), Atlas of Cyberspace, AddisonWesley. 27

http://www.potatoland.org

28

http://benfry.com/tendril


4 CONCLUSIONI A mio parere quale sia o quale debba essere la forma dei «corpi virtuali» 29 e quali le possibili forme di accessibilità ai dati, sono questioni sino ad ora trattate solo in termini di schemi concettuali, che non hanno ancora una trasposizione figurativa che renda lo spazio virtuale effettivamente riconoscibile perché interpretato con una sua propria forma di rappresentazione innovativa. Non esiste una convenzione su come il ciberspazio debba essere immaginato e visualizzato e ci sono grandi opportunità di sperimentazione ed innovazione. A causa della rapidità dei mutamenti che caratterizzano la natura stessa dell’ambiente digitale, è praticamente impossibile fissare nuovi trend e fenomeni originali, ma proprio per questo, pur essendo un ambiente problematico da interpretare, potrebbe essere proprio il luogo ideale per la nascita di nuovi fermenti e idee rivoluzionarie.

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