Che fine ha fatto lazzaro

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Sebastiano A. Patanè-Ferro

che fine ha fatto Lazzaro estensione poetica 2015


©”che fine ha fatto Lazzaro” by Sebastiano A. Patanè-Ferro Catania 2015 Progetto grafico e introduzione di Ilaria Giacobbi Roma 2015

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Introduzione di Ilaria Giacobbi

Era allora malato un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella. Maria era quella che aveva cosparso d'olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, il tuo amico è malato». All'udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato» (...) Lazzaro è morto. Tuo fratello risusciterà: Io sono la risurrezione e la vita. che fine ha fatto Lazzaro… 3


ogni giorno muore qualcosa dentro e ogni mattina una resurrezione che imbarazza un po’ per quelli (sospiro) che non ce l’hanno fatta… dietro i sogni non ci puoi correre sempre ne comunque fermarti Un confronto titanico tra l’uomo e il cosmo. Sebastiano A. Patanè Ferro riesce a rendere con grande efficacia, attraverso strumenti stilistici estremamente essenziali, una drammatica condizione individuale quasi un attacco di panico sintomo di un profondo travaglio psichico che si trasforma in pertinente simbolo di un malessere epocale e universale. Il poeta analizza la realtà contemporanea, e personale, attraverso la lente di una sensibilità gotica, quasi inquietante. Così come Munch che fa un uso soggettivo del colore, pennellate vibranti e violente, nel Lazzaro di PatanèFerro si fonde in un’ unità turbinante l’uomo, i suoi sentimenti, i suoi affanni e la visione che ne emerge è quasi allucinata. Quando l’essere umano si trova nell’impossibilità di comprendere la realtà attraverso la ragione attinge all’arte, il poeta cerca rifugio in essa così come un pittore. 4


Quanta verità può conoscere un uomo si chiedeva Nietzsche senza trovare risposta e quanta menzogna gli si schianta contro quando decide sulla sincerità pensiamo al sortilegio della vita e all’artificio della morte mettiamo riserve […] “Lazzaro, vieni fuori” di più, più forte? “Lazzaro, vieni fuori” (gridato) sarebbe stato meglio rimanere cibo e poi ombra (spegne la sigaretta) Al pari di Munch il poeta dipinge, simbolicamente, con le sue parole una condizione umana: un essere agonizzante, un cadavere e proietta la propria mortale angoscia su tutto il reale. Ma per fortuna un poeta muore e risorge ad ogni verso per fortuna, per fottutissima fortuna.... Lazzaro spegne la sigaretta, sulle note di “Grazie dei fior”, recupera un cappello, un cappello a cilindro e

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noi... possiamo continuare a sognare perché un “sogno è vita, se non ti svegli più.”

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che fine ha fatto Lazzaro‌ Catania 2015

grazie a Gisella Torrisi e a Luisa Longo, per il loro contributo artistico e scenico, ormai indispensabile nella rappresentazione di “Lazzaro� come piccolo teatro da camera. 7


a Walter che sarebbe contento di questa scrittura a tutti quelli che non ce l’hanno fatta

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che fine ha fatto Lazzaro…

ogni giorno muore qualcosa dentro e ogni mattina una resurrezione che imbarazza un po’ per quelli (sospiro) che non ce l’hanno fatta… dietro i sogni non ci puoi correre sempre ne comunque fermarti ma (un sorso di vino) proviamo a ricordare insieme tutti gli anni tutti, dal primo all’ultimo e senza trascurare le frazioni e gli aneddoti dimenticati (breve sorriso) le bambole ignoranti le scelte artefatte dal cuore e dalla stirpe dei falsi cugini… (serio) parliamone, parliamone anche senza ricordarli

quanta verità può conoscere un uomo si chiedeva Nietzsche senza trovare risposta e quanta menzogna gli si schianta contro quando decide sulla sincerità pensiamo al sortilegio della vita e all’artificio della morte mettiamo riserve: dov’è Lazzaro che fine ha fatto e quanta strada

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potrebbe insegnarci innumerevoli alberi e pietre ma forse ha maledetto quel giorno‌ per fortuna un poeta muore e risorge ad ogni verso per fortuna (altro sorso di vino) (drammatico) per fottutissima fortuna

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“grazie dei fior…”

una finestra chiusa vuol dire: non ci sono anche se la musica scivola dalle fessure con tutte le sue delicatezze con tutte le sue delicate armonie: “grazie dei fior, tra tutti gli altri li ho riconosciuti…” (cantato) oh la regina… (accende una sigaretta) a lei è andata male (cenni col capo) nessun cristo le ha chiesto di venir fuori si, a lei è andata male ma forse a nessuno che conosca è andata bene aspettate (guarda dei fogli) no, il segno non è leggibile la sanatoria è scaduta ed il segno non è leggibile e vorrei capire quando sono cadute le ali e quando la lingua si è sciolta nel gioco dei perché “Lazzaro, vieni fuori” di più, più forte? “Lazzaro, vieni fuori” (gridato)

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sarebbe stato meglio rimanere cibo e poi ombra (spegne la sigaretta)

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il controcanto dei papaveri

non essere riusciti a cambiare il mondo dovrebbe essere il solo rimpianto di ogni uomo la stupidità oppone resistenza al flusso e infine ne gode solo la gendarmeria c’è un momento che scorre lungo cloache e sarebbe meglio non impedire al gelo di trasformarsi in musica non pronunciata che rimanga vortice nel pensiero rotante e da li vada pure a sbattere contro porte chiuse c’è anche il coraggio dell’assassinio che risolve e normalmente chi uccide è un balordo che non conosce il gioco della mente quando inventa persino i perché giustificando quella stirpe che è rimasta meno che scimmia

ti hanno sparato, amico mio, si hai un buco 15


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da dove si vedono parole bruciacchiate anche a Piero spararono per essere gentile e a vegliarlo sono solamente i papaveri che ne avrebbero di cose da raccontare

nel loro controcanto

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la simmetria delle controparti

sembra che si stacchi un pezzo di cielo per ogni giuramento e si sta riempiendo il mondo di un azzurro falso come la parola di che diavolo è fatta la lealtà in che materia si muove la comparsa e come si contorce nel ricordo delle rovine appena coda di lucertola

fedele quanto Eva sottratta e poi moltiplicata furba ispirazione di medaglie nel girotondo d’angeli di zucchero filato sacra come la dentiera

del vecchio serpente costruttore di pensiero ah, la mossa, vince la regina dal costato ancora vergine e non martirizzato vince la regina della mela

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con una laurea puoi moltiplicare i pesci senza bisogno della simmetria o del disagio armonico delle controparti che si vedono ripetere

un sogno è vita, se non ti svegli piÚ

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la stirpe dei falsi cugini

sai quanta carne sprecata quante fiducie lasciate al vento bugiardo dei cento chilometri, di misure rubate al tempo che non ha frontiere ma decide: mai piĂš lontani di dove arrivano gli occhi

(si alza) sai quante parole per definire amore quello che ti senti un grido fermo in gola senza vocali mentre una pioggia minima non risolve alcuna speranza e proprio quando sei riuscito a mettere un cuore pulsante dentro un blocco di numeri e poliuretani (lungo sospiro)

la stirpe dei fratelli vuoti, di chi vuole vendicarsi dell’ultimo amore, dei cugini falsi che propongono nuove famiglie e ne rosicchiano i piedi (con voce rotta) come topi senza comando e senza ragione (pausa lunga) 21


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delle sorelle ambigue che non lasciano intendere e sai, tutte le volte che si chiede una carezza è un fallimento il fallimento del sentirsi e dovremmo domandarci dove abbiamo sbagliato quale è stato l’attimo che ha determinato l’elemosina di un bacio

(sorriso ironico) ma non eri il più grande amore non eri mio cugino mio fratello la nipote bivalente il padre, la mamma la sorella ambigua che non lasciava intendere…? Lazzaro, vieni fuori, vieni fuori…(ironico) (esce canticchiando) Grazie dei fior, tra tutti gli altri li ho riconosciuti…

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nota

Lazzaro, vuole essere un canto al continuum della vita anche quando questa non è più. Chi è “resuscitato” rimane in eterno e può solo insegnarci a vivere senza barriere difensive. Sebastiano A. Patanè-Ferro

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Lazzaro, vieni fuori… vieni fuori….

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