Sfoglialibro La Compagnia delle Indie

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1. Conquiste

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cultura europea, la scuola di perfezionamento per i maschi dell’élite britannica. La meta più importante era Roma, luogo d’incontro dell’antichità e del Rinascimento, dove dozzine di mercanti d’arte offrivano ai giovani inglesi qualunque cosa ambissero a portare a casa, dai quadri manieristi alle stampe di Piranesi, dai vasi etruschi ai busti romani. Decine di artisti si guadagnavano da vivere dipingendo ritratti adulatori di quei giovani in pose espressive con qualche antichità in mano e un po’ di rovine sullo sfondo, a imperitura memoria del loro «io ci sono stato».47 Al giovane Robert Clive, a suo tempo, erano mancati sia il denaro sia il tempo per permettersi un Gran Tour, e quell’esperienza era rimasta ben al di là delle sue possibilità. La scoperta dell’arte e della cultura continentali sarebbe arrivata per lui solo più tardi nel corso della vita; si premurò però di far fare il Gran Tour al figlio Edward, quando questi raggiunse la giusta età. All’epoca in cui Clive cominciò a interessarsi d’arte, le opportunità di collezionare rimanendo a Londra erano molto superiori rispetto al passato. Nei dieci anni tra il 1765 e il 1774 furono portati dal continente in Gran Bretagna più di diecimila dipinti, quasi il doppio di quelli importati durante la decade precedente (che a dire il vero era stata straziata dalla guerra).48 A testimonianza, e incoraggiamento, dell’espansione del mercato dell’arte continentale in Gran Bretagna, nel 1766 fu fondata la casa d’aste Christie’s (Sotheby’s era stata fondata nel 1744 ma trattava principalmente libri). In tutta Londra, tra il 1710 e il 1760, ci furono forse dalle cinque alle dieci aste d’arte l’anno. A fine Settecento Christie’s batteva da sola ogni anno dalla mezza dozzina alla dozzina di aste importanti dedicate alla pittura europea.49 Aristocratici, intenditori e ogni genere di mediocri appassionati si radunavano nel gran salone di James Christie a lustrarsi gli occhi e a fare offerte per le tele dei più ammirati pittori europei: Nicolas Poussin, Claude Lorraine, Sebastien Bourdon, Guido Reni, Salvator Rosa, Pieter Paul Rubens, David Teniers. Robert Clive non sapeva nulla di pittura, ma sapeva che i quadri erano qualcosa da possedere. Confessò apertamente di «non saper giudicare il valore o l’eccellenza di un quadro [...] e di lasciare la scelta e il prezzo dei dipinti ad altri che se ne intendessero». Se quadri «adatti alla mia collezione possono essere selezionati da gentiluomini di fiducia, non ho obiezioni».50 Nel 1771 Clive chiamò vari esperti al suo fianco: Benjamin West, un intenditore scozzese di nome William Patoun e forse il cugino Charles, egli stesso pittore.51 Poi, con la stessa prodigalità fulminea con cui investiva in terre, case e nella sua persona (ordinava duecento camicie alla volta), Clive formò la sua collezione di quadri quasi dal giorno alla notte.52 La documentazione degli acquisti effettuati da Clive nella prima metà del 1771 soltanto è strabiliante. Tra febbraio e marzo spese millecinquecento sterline in quadri da Christie’s, recandosi egli stesso alle aste o incaricando agenti di fare acquisti per lui.53 A maggio si accordò per


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