DA QUALCHE PARTE C'È UN BRICIOLO DI FELICITÀ, Svenja Leiber

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i suoi pantaloni corti, le gambe dritte come bastoni e giù fino ai piedi nudi. A quel punto si fa il segno della croce, la Klunkenhöker è cattolica, e spedisce Ruven a casa. Gli uccelli morti oziano a testa in giù acanto alla sua gonna. A casa Ruven si rannicchia sotto la finestra e cerca di capire com’è l’umore dentro. Spesso non è buono. Mamma Preuk e Gesche, la sua pupilla, non sono quasi mai d’accordo. Gesche ha diciassette anni, sa quel che vuole e, soprattutto, quel che non vuole. «Che strilli a fare?! Sembri una tenaglia in cerca di marito» dice la madre. «Metti la pentola in tavola e vieni qui!» Si toglie il grembiule, porge al marito il mestolo e lancia uno sguardo rassicurante a John, il figlio maggiore, perché sa bene quanto lui tiene a Gesche. Ma quello non fa che mugugnare, resta lì impalato e non si siede. Nils Preuk posa il mestolo e si alza in piedi in modo talmente lento e minaccioso che mamma Preuk ha molto tempo per pensare. «Ragazza!» dice Nils. E allora Gesche si siede e piega la schiena, ma continua a piagnucolare, perché le sarebbe tanto piaciuto andare in paese a sentire la musica insieme a Werner, il bracciante, e perché lui adesso forse pensa che lei preferisce andarci con un altro. La schiena di Gesche è scossa dai singhiozzi. Anche la treccia si agita, pesante come una corda e così lunga che Gesche ci si può sedere sopra. «Non devi curarti di quello che penserà Werner» dice mamma Preuk e poi: «Amen». E anche Nils si rimette seduto, silenzioso, e svuota il piatto una volta e poi una seconda. «Quel Werner non pensa proprio niente» dice, e aggiunge: «ma dov’è finito il ragazzo?»

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