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La deriva dell’egocentrismo

La deriva dell’egocentrismo

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Negli Stati Uniti, negli ultimi dieci anni, le diagnosi di disturbo narcisistico della personalità sono aumentate di circa il 27 per cento, cresciute in proporzione quanto quelle di obesità.

Sarà colpa dei social network, che ci forniscono nuovi e facili opportunità di metterci in vetrina? Se l’è chiesto di recente il Guardian, se lo chiedono sempre di più gli psicologi, che hanno moltiplicato le ricerche sul tema. Di narcisismo non si muore, per fortuna. Però un po’ si soffre, e molto danno il narcisista lo fa alle persone a lui vicine.

Ogni giorno, più di 1,6 miliardi di persone pubblicano dettagli della propria vita su Facebook e sono 3,5 miliardi i nuovi like, mentre le foto caricate su Instagram sono più di 80 milioni. Su Twitter gli utenti attivi sono 320 milioni. economy produce quotidianamente a ciclo continuo e su scala planetaria, senza soste: ogni secondo di orologio vengono immessi in rete 1.000 selfie. In buona sostanza, una vera e propria fabbrica del narcisismo.

Il quarto d’ora di celebrità teorizzato da Andy Warhol è ormai un quartino di celebrità a flusso continuo, ma per tutti. Se c’è chi si limita a un post ogni tanto, c’è chi sui social vive anche di notte, chi si sveglia per controllare se ha un follower o un like in più. E c’è chi non si riaddormenta se la sua foto su Instagram non sta avendo il successo che si aspettava.

«Il narcisismo ha due livelli. Il primo, sano, è l’amore per stessi, che è una componente fisiologica: un po’ d’amor proprio fa bene», spiega il professor Paolo Crepet, psicoterapeuta, psichiatra, autore di 16 libri e presto di un diciassettesimo, per Mondadori, La Trappola, dedicato proprio agli effetti collaterali della tecnologia digitale.

«Al secondo livello, si sconfina nell’eccesso: il narciso patologico crede che il mondo giri intorno a lui, ha un bisogno abnorme di affermazione, apprezzamento, attenzioni, accudimento. I narcisi sono così attaccati a se stessi che perdono di vista l’altro, e il confronto con gli altri è invece essenziale e salutare. Parliamo invece di persone altere, che si sentono superiori agli altri, visti solo in funzione dell’ammirazione, dell’affetto, dell’amore e dell’accudimento che possono loro tributare, e di cui i narcisisti non sono mai sazi».

Questi bulimici dell’attenzione altrui hanno trovato il loro habitat ideale sui social network: «I narcisi sono sempre esistiti, ma finché non sono stati inventati i selfie avevano poche occasioni di dare dimostrazione di sé», sintetizza Crepet.

Perché assistiamo alla crescente invasione di ego ipertrofici? Alcune autorevoli ricerche ne attribuiscono la colpa alla Società che spinge l’acceleratore sull’individualismo anziché sui doveri sociali. E ogni stile di vita centrato sull’ego anziché sulla comunità favorisce la tendenza al narcisismo. Ne sarebbero responsabili anche i genitori sempre più iperprotettivi; con l’idea che la bassa autostima possa danneggiare la riuscita dei figli nella vita, mamme e papà hanno preso a difendere a spada tratta i propri figli in ogni circostanza per proteggerli da qualsiasi commento negativo, tesi a convincerli del loro altissimo valore. I numerosi maestri, educatori e professori presi a pugni da genitori inferociti per una aver dato un basso voto al pargolo ne sono una sempre più frequente dimostrazione.

Un disturbo della personalità, innescato dal narcisismo, consiste nell’egocentrismo che con crescente frequenza si incontra nel management delle nostre imprese. Esso è caratterizzato da:

• sentimenti di grandiosità

• bisogno di ammirazione

• mancanza di empatia.

In particolare, l’individuo affetto da egocentrismo mostra un senso smanioso di autostima, cioè considera eccellenti i propri successi e i propri risultati, aspettandosi che gli altri facciano altrettanto nei suoi confronti, mentre svaluta tutto ciò che riguarda le altre persone.

L’egocentrico ricerca continuamente il successo, il potere, la bellezza e l’ammirazione da parte degli altri. Tutto ruota attorno alla sua immagine e alle sue prestazioni.

1/4 PROFILO DELL’EGOCENTRICO MAPPA COMPORTAMENTALE DI UN CAPO EGOCENTRICO TARGET – Costruire in modo continuativo e sistematico la propria forza ed influenzare gli altri facendoli sentire deboli. ASPIRAZIONI • Compiere azioni di grande impatto • Nutrire sogni irrealistici, basati su sete disperata di gloria • Controllare, influire, condizionare gli altri • Produrre forti emozioni sugli altri, positive o negative • Preservare la propria immagine, reputazione, posizione, privilegio, prestigio. COMPORTAMENTI • Essere coercitivi e spietati • Agire guidati dalla libertà di perseguire i propri obiettivi in modo aggressivo, incurante dei costi umani che ciò comporta • Controllare e manipolare gli altri • Escalare verso il top accreditando costantemente una superiore immagine di sé invece che gestire e far crescere i propri collaboratori • Preservare i propri interessi e la propria continuità • Fissare obiettivi esageratamente ambiziosi; stimare in modo irrealistico ciò che occorre per raggiungere il target • Sentirsi in obbligo solo verso se stessi, non verso l’Organizzazione • Fuga dalla realtà, dalla verità, dalla critica.

I grossi problemi che l’egocentrico può creare in azienda sono piuttosto evidenti, nonché molto costosi:

• l’egocentrico non solo non cresce perché evita il confronto con gli altri, ma non fa crescere gli altri per evitare di allevare pericolosi concorrenti in Azienda

• l’egocentrico non evolve perché privo di senso di autocritica. Se poi è un capo, richiede obbligatoriamente ammirazione per sé, assenza di concretezza e di obiettività. Egli è interessato al potere, non all’obiettivo

• lavora costantemente per sé, non per l’Azienda che considera un contenitore di possibili ammiratori

• coltiva l’invidia nei confronti del successo altri, con effetti potenzialmente molto disgreganti per l’ambiente ed il clima.

Ci sono soluzioni all’egocentrismo?

Il più efficace antidoto è la diffusa autoconsapevolezza in ogni livello dell’Azienda.

L’autoconsapevolezza è il baluardo contro lo sviluppo e la propagazione delle emozioni negative e dell’egocentrismo.

L’autoconsapevolezza ci permette di distinguere tra la distorsione e la realtà, tra come le cose sembrano, o come vorremmo che fossero, e come sono veramente.

L’autoconsapevolezza, proprio perché rende consci ed emotivamente più maturi gli individui, ostacola la propagazione di conflittualità, ansia e stress.

L’autoconsapevolezza significa adozione di comportamenti responsabili, ad elevata sostenibilità sociale, a favore della soddisfazione, del rispetto e del benessere di tutti gli shareholder dell’Azienda.

Fabrizio Favini

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